UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA Dipartimento di Scienze Politiche, della Comunicazione e delle Relazioni Internazionali Corso di dottorato di ricerca in HUMAN SCIENCES Curriculum HISTORY, POLITICS AND INSTITUTIONS OF THE MEDITERRANEAN AREA Ciclo XXX LE STRAGI E LO STATO. NARRAZIONI SU CARTA DELLO STRAGISMO ITALIANO: CRONACA, MEMORIA E STORIA. Relatore Dottoranda Chiar.mo Prof. Angelo Ventrone Dott.ssa Claudia Sbarbati Coordinatore Chiar.mo Prof. Angelo Ventrone ANNO 2018 Indice Introduzione p. I Capitolo I. 12.12.1969. “Dice la gente che in Piazza Fontana forse è scoppiata una caldaia …” 1.1 La strage di Milano e gli esiti giudiziari. p. 1 1.2. “Bombe, sangue e anarchia”. Immaginari di violenza anarchica alle soglie del 12 dicembre. p. 7 1.3. Le prime interpretazioni all’indomani della strage. p. 13 1.4. “La furia della bestia umana”. Ritratti di violenza anarchica. p. 20 1.5. Dubbi: «le prime crepe nell’informazione quotidiana e settimanale». p. 26 1.6. Primo anniversario e interrogativi aperti (1970-1971). La strage è di Stato? p. 32 1.7. Il racconto giornalistico sino alla prima sentenza (1972-1979). p. 40 1.8. “Piazza Fontana: nessuno è Stato”. La ricezione pubblica delle sentenze. p. 58 1.9. La storiografia e la memoria oltre le sentenze. p. 80 Capitolo II 28.05.1974. “Piazza alla Loggia, mattino alle dieci, fine di maggio, fine di tutto…” 2.1. La strage di Brescia e gli esiti giudiziari. p. 84 2.2. “Barbara strage fascista”. Le prime analisi sulla stampa. p. 90 2.3. “La trama è bianca”. La Destra all’indomani della strage. p. 100 2.4. Il racconto giornalistico sino alla prima sentenza (1974 – 1979). p. 105 2.5. “In questo luogo il 28 maggio 1974 non è successo niente”. p. 129 La ricezione pubblica delle sentenze. 2.6. La storiografia e la memoria oltre le sentenze. p. 155 Capitolo III 02.08.1980. “Il giorno che il cielo cadde su Bologna piovvero pietre, fiamme e vergogna”. 3.1. La strage di Bologna e gli esiti giudiziari. p. 158 3.2. Le prime ipotesi investigative e i funerali delle vittime. p. 162 3.3. “Sono N.A.R. (terroristi di destra)”. Un anno di cronaca nera fra arresti, omicidi e scarcerazioni. p. 169 3.4. “Bologna un anno dopo: spezzare la trama feroce”. Il primo anniversario. p. 178 3.5. Il racconto giornalistico in attesa del primo processo. (1981 – 1988). p. 183 3.6. Una strage punita. La ricezione pubblica delle sentenze. p. 199 3.7. La storiografia e le piste alternative: oltre le sentenze. p. 218 3.8 La memoria della strage. p. 227 Capitolo IV Stragi a memoria d’uomo. 4.1. Leggi di Memoria: l’obbligo di ricordare. p. 232 4.2. I neri fra autobiografie e libri-intervista. p. 240 4.3. Le vittime, la Memoria, la Giustizia. p. 261 4.4. La post-memoria: figli e nipoti delle vittime. p. 273 4.5. La necessità di comprendere: oltre la memoria e la pacificazione. p. 283 Indice dei quotidiani e dei periodici consultati. p. 292 Bibliografia di riferimento p.293 Introduzione. L’interesse per la narrazione pubblica delle stragi degli anni Settanta, realizzata attraverso il filtro della carta stampata di ieri e di oggi, nasce dalla percezione di un vuoto. Più esattamente, il “non discusso” che ha affascinato chi scrive è quello relativo all’“impressione di realtà”, quindi all’immaginario, che quotidiani e periodici hanno costruito nel corso dei decenni rispetto al fenomeno stragista. In relazione agli anni Settanta, l’immaginario collettivo in cui le stragi trovano tristemente spazio è comunemente e diffusamente associato agli “anni di piombo”, tanto da far scrivere allo storico Giovanni De Luna che «tutto è stato appiattito su quella definizione, tutto è precipitato nel vortice del terrorismo».1 Ma il decennio è stato ben altro. Anche, altro. È in questa decade che alla violenza diffusa, allo stragismo neofascista, al terrorismo rosso, ai torbidi intrecci fra apparati dello Stato, organizzazioni eversive e criminalità comune, si affiancano l’inedita vivacità della partecipazione alla cosa pubblica, le importanti conquiste sociali, l’emergere di nuove identità protagoniste di una vera e propria rivoluzione culturale e sociale. La ricerca storica, che ama le distinzioni, analizza gli scarti ed è nemica di ogni “reductio ad unum”, ha quindi l’onere di studiare, comprendere e raccontare gli anni Settanta e le loro stragi emancipandosi da tutte quelle posizioni che finiscono per sclerotizzare l’immaginario del decennio nella grigia e opprimente rappresentazione degli anni di piombo, nella trappola degli enigmi insolubili e degli eventi incomprensibili o, ancora, nell’edulcorata convinzione che non ci sia più nulla da dire e da indagare. Di fronte a tanta complessità il decennio è stato oggetto di numerosi e notevoli studi di cui si renderà conto, producendo rispetto alla violenza politica e al terrorismo una vasta bibliografia. L’importante mole di studi scientifici e l’altrettanto copiosa produzione pubblicistica realizzata in misura preponderante da giornalisti, magistrati e giudici, risultano, però, maggiormente orientate verso il terrorismo di sinistra e quello che è divenuto il cosiddetto “caso Moro”, mentre l’eversione di destra – come si vedrà oggetto di preziosi studi - è stata comunque meno analizzata rispetto alle 1 G. De Luna, Le ragioni di un decennio. 1969-1979. Militanza, violenza, sconfitta, memoria, Feltrinelli, Milano 2009, p. 8. I sue manifestazioni e caratterizzazioni precipue, perché sovente stigmatizzata come subalterna allo Stato e quindi priva di una sua dimensione particolare2. È in questo spazio che la presente ricerca vuole inserirsi, guardando alla storia d’Italia attraverso il racconto pubblico dello stragismo offerto dalla carta stampata. Ciò che rileva per questo studio è quindi la ricostruzione degli immaginari che la stampa ha edificato, consolidato o magari decostruito rispetto alla stagione delle stragi3. Gli attentati che dal 1969 al 1980 hanno scandito gli anni della Repubblica - nello specifico di questo studio quelli di Milano nel ‘69, di Brescia nel ’74 e di Bologna nell’agosto ’80 – hanno alimentato una vera e propria narrazione nazionale. L’informazione nell’immediatezza delle stragi e in concomitanza con le svolte giudiziarie, così come gli articoli di cronaca e di commento negli anniversari e nelle commemorazioni degli attentati, sono specchio di differenti modi di concepire e raccontare all’opinione pubblica il ruolo dello Stato nella difesa dei diritti, della libertà e della democrazia; la sua vicinanza o meno rispetto ai cittadini; l’efficienza o l’incapacità delle Istituzioni di far fronte al conflitto e alle emergenze; il buono o il cattivo funzionamento della macchina giudiziaria; il grado di coesione nazionale e di fiducia nello Stato; l’identità nazionale e l’appartenenza politica come categorie esistenziali. Gli editoriali di commento e gli articoli di cronaca, che ben si prestano alla drammatizzazione, agiscono efficacemente sulle rappresentazioni collettive, «delimitando il territorio del proprio e dell’altrui, del vicino e del lontano, del bene e del male, attraverso l’utilizzo di suggestioni e parole d’ordine; attraverso lo slittamento dei significati in direzioni evocative più che descrittive; pittoriche più che indicative.”.4 L’analisi nel tempo del racconto dello stragismo diviene così anche un’indagine sul discorso pubblico relativo ai caratteri propri degli italiani e dello Stato, un discorso che si presenta quale 2 Interessanti riflessioni a riguardo sono elaborate da G. M. Ceci, Il terrorismo italiano. Storia di un dibattito, Carocci, Roma, 2014 3 Nel definire la categoria di “strage” il legislatore italiano non ha previsto un numero minimo di vittime per la configurazione del delitto che ha invece ricondotto agli «atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità» compiuti «al fine di uccidere» (art.422. C.p.) e agli atti compiuti «allo scopo di attentare alla sicurezza dello stato» (art. 285 c.p.). Fra il 1969 e il 1974 sono state compiute in Italia sei stragi (Piazza Fontana, 1969; treno Freccia del Sud, 1970; Peteano, 1972; Questura di Milano, 1973; piazza della Loggia, 1974; treno Italicus, 4 agosto 1974), costate la vita a 50 persone (346 rimangono ferite) Del 1980 è invece la strage alla stazione di Bologna (80 morti e 200 feriti). 4 F. Sgaggio, Il paese dei buoni e dei cattivi. Perché il giornalismo, invece di informarci, ci dice da che parte stare, Minimum fax, Roma, 2011, cit. p. 26, corsivo dell’autrice. II «complesso di idee e di narrazioni ricorrenti»5 costitutive dell’immagine di Sé e utile a produrre e riprodurre la dimensione nazionale formando un senso e un sentire comuni6. L’autorevolezza di alcune delle penne che hanno descritto e commentato l’orrore delle bombe interrogandosi sullo Stato e sugli italiani, è tale che se «gli anni settanta del secolo passato furono un periodo decisivo della storia mondiale da cui scaturirono i problemi più acuti dei nostri giorni, la storia della cultura italiana di quel decennio appare essenziale per risalire alle narrazioni egemoniche che condizionano la nostra esperienza attuale».7 Nella narrazione delle stragi trovano spazio rappresentazioni che, con andamenti temporali irregolari, fra rielaborazioni e trasposizioni concettuali, riemergono come fiumi carsici dal passato più o meno recente del Paese, raccontando la storia di uno Stato che appare alternativamente – e talvolta contemporaneamente - in pericolo, opaco, compromesso, distante, nemico. Rispetto allo stragismo si rileva un giudizio spesso negativo dell’operato statale, facilitato da una diffidenza degli italiani nei confronti di chi è preposto al governo e al controllo della cosa pubblica, e suffragato dalle risultanze processuali che indicano inequivocabilmente, con sentenze passate in giudicato, il coinvolgimento diretto e indiretto di alte cariche dello Stato, dei corpi armati o dei servizi segreti, nella buia parentesi della stagione stragista firmata dai gruppi neofascisti. Nella complessità degli intrecci fra Politica, eversione nera, Forze armate e strutture statali, le coperture istituzionali e le deviazioni alle indagini della Magistratura hanno intralciato i percorsi della Giustizia in maniera così incisiva da tracciare un impietoso ritratto della stessa.
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