don Floriano Pellegrini Beretìn Forni Avoltri: una comunità zoldana in Carnia dal 1328 Pubblicazione © del Libero Maso de I Coi Prima edizione giugno 2011 n. 19 della serie 1 INDICE . La diocesi di Zuglio Carnico, p. 2 Dopo la soppressione della diocesi propria, il continuare dei rapporti, p. 3 Ancora nel 1328 e dopo le dedizioni, p. 5 L’investitura del 1328, p. 7 Traduzione dell’investitura, p. 8 *** Il 6 giugno 1328 due intraprendenti tecnici della lavorazione del ferro, giunti dal- la lontana valle di Zoldo, agli estremi confini occidentali dell’antico municipio di Zuglio Carnico, si presentarono al patriarca di Aquileia, allora nel castello di Tolmezzo (sua re- sidenza carnica) ed ottennero l’investitura della conca di Forni Avoltri. La carnica Forni Avoltri è, pertanto, una comunità d’origine zoldana. Quei due zoldani, Nascimbene e Pietro, con tutta probabilità erano stati prece- dentemente contattati da emissari del Patriarca, alla ricerca di persone adatto al ripristino del forno per la fusione di ferro che il Patriarcato possedeva ad Avoltri e che, forse a se- guito di un’alluvione, era stato abbandonato. Se gli emissari del Patriarca erano giunti fi- no in Zoldo, sarebbe segno della buona fama che godevano i forni zoldani, i loro tecnici e le loro maestranze. Al Patriarca, signore politico e militare oltreché ecclesiastico, il for- no fusorio di Avoltri interessava soprattutto per motivi militari, poiché ne ricavava an- nualmente 1500 libbre di ferro per la cavalleria: aveva bisogno che riprendesse a funzio- nare! *** LA DIOCESI DI ZUGLIO CARNICO . Tra la valletta di Zoldo, quelle più ampie del Cadore e le dirupate della Carnia e- sistono legami antichissimi. Essi risalgono all’epoca romana, quando quest’area costitui- va un unico municipio, quello di Zuglio Carnico o, meglio, di Forum Julium Carnicum. Dopo l’avvento del cristianesimo ad Aquileia, gli Zugliocarnici ebbero in Forum Julium Carnicum oltre che il capoluogo civile, quello ecclesiastico, con la costituzione di una loro diocesi, suffraganea della Chiesa metropolitana di Aquileia, seconda città per importanza dell’Occidente e capoluogo della provincia romana di Venezia e Istria. 1 Quando avvenne ciò, con precisione, non lo si sa. «Non ci sono documenti anteriori al III secolo […]. Una sorta di legame affettivo tradizionale col Principe degli Apostoli, sbarcato ad Aquileja con San Marco, sarebbe [provato], dal III secolo, con la nascita del culto per San Pietro, che farà sorgere numerose cattedrali a lui dedicate, tra cui San Pie- tro di Carnia, San Pietro di Castello a Venezia e San Pietro di Salisburgo». 2 1 La prima menzione del titolo di patriarca si avrà soltanto in un documento del febbraio 559, che è una lettera di papa Pelagio I. 2 Così scrive (e qui è riassunto) Giovanni Canciani sul sito www.cjargne.it al link dedicato alla diocesi di Zuglio. 2 Secondo l’opinione più accreditata, primo vescovo sarebbe stato, nel 490, certo Januarius o Gennaio. 3 Al primo, che fosse o meno Januarius, dovrebbero essere seguiti altri sei vescovi: Acceptus,Theodorus, Asterius, Maxentius, Fidentius e Amator. 4 Sappiamo per certo che la cattedrale di Massenzio, del VI secolo, era la basilica cimiteriale di Zuglio e che, dopo la distruzione della cittadina, la cattedrale di San Pietro venne riedificata, nell’VIII secolo, sul monte, forse all’interno di una struttura fortificata. Sappiamo, altre- sì, che essa fu sede di Amatore, ultimo vescovo zuliocarnico. Egli, infatti (è doloroso so- lo il dirlo) nel 732 venne cacciato dalla sede, per azione violenta del patriarca Callisto. Amatore trovò riparo a Cividale, ma il patriarca nel 744 lo cacciò anche da lì. Da allora non si hanno più notizie di una Chiesa zugliocarnica; soppressa con atto d’imperio, ven- ne annessa a quella patriarcale, il suo territorio venne ridotto ad una prepositura, la sua cattedrale ad una chiesa collegiata (successivamente suffragata da un Capitolo di otto canonici). 5 Fa una dolorosa impressione questa soppressione di una Chiesa locale, da parte della sua Chiesa madre, che tale non fu; e, ciò, per rozzi motivi di supremazia poli- tica, senza nessuna avvertenza di natura pastorale, nei riguardi dei fedeli ad essa apparte- nenti! *** DOPO LA SOPPRESSIONE DELLA DIOCESI PROPRIA, IL CONTINUARE DEI RAPPORTI . Povera Carnia, povero Cadore, povero Zoldo: la loro antica unione non avrebbe più mostrato il suo volto luminoso sotto il sole! Le tre comunità avrebbero preso strade diverse! Ancora una volta i «grandi» della politica avrebbero diviso e non unito le comu- nità ad essi affidate, facendone brandelli più o meno grandi, peggio dei soldati assassini di Cristo, che, mentre egli innocente dava gli ultimi strazianti sospiri, non si curavano d’altro che d’occupare le ore del servizio militare d’un pomeriggio qualsiasi, giocando a dadi, e di ricavarne un qualche beneficio materiale distribuendosi le vesti e tirando a sor- te a chi di loro fosse toccata la bella tunica del Figlio di Dio! Voglia Dio che questa unità possa ricostituirsi! 6 3 Così scrive (e qui è riassunto) Pieri Pinçan , riprendendo il libretto «La diocesi di Zuglio» (da p. 12), sul sito www.cjargne.it ; egli osserva che il prof. Nazzi, nel suo «Dizionario Biografico Friu- lano», parla di un Januarius vescovo però di Aquileia, dal 441 al 449. 4 E’ quanto afferma il prof. mons. Franco Quai nel suo «La sede episcopale del Forum Julium Carnicum ». 5 Il Capitolo venne soppresso solo nel 1810, ad opera del governo napoleonico; quindi da un’autorità civile e militare d’occupazione, non dall’ente ecclesiastico superiore. Commenta il Canciani: «Sarebbe tempo che San Pietro post cinerem resurgat, magari a piccoli passi, incomincian- do a ricostituire quel piccolo senato del Capitolo di otto canonici, che potrebbe forse fermare l’attuale deriva religiosa e morale della Carnia». Condivido caldamente il suo auspicio. 6 Nel 1964 la Santa Sede ha ripristinato, quale sede titolare (cioè solo nominale, non reale e resi- denziale) la diocesi di Zuglio Carnico. Tale iniziativa rappresenta un fatto spiacevole e, per quan- to attiene alla cura d’anime, che sempre deve (o, meglio, dovrebbe essere) la suprema lex , una contro-testimonianza. Infatti, come tutte le formalità, ha il solo scopo di creare un’apparenza, nel nostro caso di cura d’anime, ma non l’effettiva cura d’anime indicata. Formalità di tal fatta, sempre disdicevoli, lo sono ancor più nella Chiesa! Ricordo che anche il Patriarcato di Aquleia venne soppresso, per motivi politici, nel 1751 e che a nulla giovò allora la nobile lettera del pa- triarca Daniele Delfino. Ricordo che tutto l’arcidiaconato di Cadore venne infine staccato dall’arcidiocesi di Udine e unito alla diocesi di Belluno nel 1846 per compromesso tra 3 Sarebbe lungo presentare le vicende delle tre Comunità (Cadore, Carnia e Zoldo) dal 744 in poi, né lo credo qui necessario. Basti l’accenno ad alcuni fatti che, pur macro- scopici, sono stati completamente e colpevolmente ignorati dalla storiografia ufficiale e che è nell’interesse di tutti conoscere, amare e, anche istituzionalmente, valorizzare: I) E’ certo, in base alla Bolla di papa Lucio III del 1185, che allora Zoldo era una pieve della diocesi (nel testo papale è scritto ancora «parrocchia», sinonimo di dioce- si) di Belluno, e pieve dedicata a San Floriano di Lorch. Ebbene, è stato notato che, nell’arco delle Alpi, a San Floriano, ufficiale romano di servizio nel Norico (attuale Au- stria) e martire, sono dedicate tre pievi storicamente collegate: quella di Illegio (ora in comune di Tolmezzo), quella di Zoldo, e quella d’Oltrechiusa di Cadore (poi inglobata nella pieve di San Vito), alla quale affluivano, oltre che dai paesi ora del comune di San Vito, le primissime popolazioni di Ampezzo e della Val Fiorentina. Risulta dai docu- menti che la pieve di Zoldo comprendeva, oltre al proprio «contado» (così nella citata Bolla), quello di Lavazzo (da Castello a Fortogna inclusi). – Si tratta di un dato storico di primaria importanza, quando solo si consideri che, in tal modo, San Floriano risulta es- sere stato il patronus (un militare) del territorio di confine, su ogni lato, del municipio romano di Zuglio Carnico e delle sue popolazioni, i Carni, i Cadorini e gli Zoldani. – L’esistenza nel 1185 della pieve florianea di Zoldo, porta inoltre con sé il vantaggio di una datazione della chiesa omonima di Oltrechiusa, dove recentemente, per grande me- rito delle Regole, si è provveduto al recupero dei preziosi resti della chiesa di San Floria- no; è pressoché certo, infatti, che la chiesa di Zoldo venne fondata da persone dei paesi cadorini d’Oltrechiusa e, dunque, la chiesa cadorina non può essere che antecedente. II) Lo storico Giorgio Piloni ricordava, nel 1607, che Zoldo deriva il nome da quello della Carnia e che in antico era un castello, poi conquistato dai Bellunesi: «…Zaurnia Castello da loro [=i Norici, non i Bellunesi] edificato, qual si chiama hora Zaudo». 7 III) La pieve di Zoldo conserva alcune tracce materiali, che, per quanto minu- scole, sono preziosissime, non fosse altro che per la loro antichità, nel parlarci del colle- gamento con la Chiesa madre (in greco «metropoli») di Antiochia, il Cadore e Zuglio Carnico. Prima di queste tracce credo debba essere considerato il frammento che si nota sul lato sinistro del portale principale della pieve, tra le pietre del livello più basso: ne compare una, purtroppo mutila, con un motivo ornamentale (un semiarco e una specie di uccello o galletto) che richiama molto da vicino i plutei di Aquileia e le incisioni alla base del trono del patriarca Poppone (1019-1042); tale prezioso frammento ben si spiega con il fatto che l’attuale chiesa di San Floriano venne edificata, a partire dal 1300, con i materiali della precedente, del 1113, e che il Piloni (1607) ricorda essere stata un «tempio sontuoso»; il frammento notato è uno, ma è evidente che nelle mura e sotto gli intonaci ce ne sono altri (un lavoro di ricognizione, se anche possibile, non è mai stato fatto).
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