Storia Comparata Degli Usi Nuziali in Italia E Presso Gli Altri Popoli Indo-Europei

Storia Comparata Degli Usi Nuziali in Italia E Presso Gli Altri Popoli Indo-Europei

Angelo De Gubernatis Storia comparata degli usi nuziali in Italia e presso gli altri popoli indo-europei www.liberliber.it Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so- stegno di: E-text Web design, Editoria, Multimedia (pubblica il tuo libro, o crea il tuo sito con E-text!) http://www.e-text.it/ QUESTO E-BOOK: TITOLO: Storia comparata degli usi nuziali in Italia e presso gli altri popoli indo-europei AUTORE: De Gubernatis, Angelo TRADUTTORE: CURATORE: NOTE: Il testo è presente in formato immagine sul sito The Internet Archive (http://www.archive.org/). Realizzato in collaborazione con il Project Gutenberg (http://www.gutenberg.org/) tramite Dis- tributed Proofreader (http://www.pgdp.net/). CODICE ISBN E-BOOK: non disponibile DIRITTI D'AUTORE: no LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/libri/licenze/ TRATTO DA: Storia comparata degli usi nuziali in Italia e presso gli altri popoli indo-europei / A. De Gubernatis - Milano : F.lli Treves, 1878 - 283 p. ; 20 cm. CODICE ISBN FONTE: non disponibile 2 1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 23 luglio 2012 INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità media 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima DIGITALIZZAZIONE: Distributed Proofreader, http://www.pgdp.net/ REVISIONE: Emanuela Piasentini Barbara Magni IMPAGINAZIONE: Claudio Paganelli, [email protected] PUBBLICAZIONE: Claudio Paganelli, [email protected] Informazioni sul "progetto Manuzio" Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associa- zione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque vo- glia collaborare, si pone come scopo la pubblicazio- ne e la diffusione gratuita di opere letterarie in formato elettronico. 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Ma, poichè il libro, com'è nato, non dispiacque e non fu trovato inutile, prendo coraggio a lasciarlo stare qual è, aggiun- gendo solo qua e là alcuna notizia che m'è venuta alle mani da sè stessa dopo pubblicato il lavoro e che può contribuire a renderlo manco imperfetto, lieto intanto che esso abbia servito ad avviare in Italia un nuovo genere di ricerche sopra i nostri usi popolari. In appendice si troveranno pure riprodotte alcune notizie speciali so- pra gli usi corsi e veneziani, venute alla luce alcuni anni dopo la pubblicazione della presente operetta, che ha forse, in parte, de- terminato i loro autori a raccoglierle. Io non ho ora, in ogni modo, a far altro se non ringraziare l'intelli- gente editore che m'ha procurato un primo pubblico indulgente ed augurarmi che egli possa trovarmene ora in Italia un secondo non meno benevolo, il quale non trovi superflua la ristampa d'un libro che tratta di un uso il quale può trasformarsi, ma che si rinnoverà sempre fin che ci saranno nel mondo un Adamo, un'Eva ed un serpente seduttore che faccia da procolo e da paraninfo. ANGELO DE GUBERNATIS. [7] 5 AL CONTE GEZA KUUN IN UNGHERIA Mio carissimo Geza. Questo libretto che fu pubblicato, per la prima volta, senza alcuna dedica, nell'anno in cui ci siamo conosciuti, vuol essere ora dedi- cato a te, come pubblico pegno di un'amicizia la quale non mi ha procurato fin qui altro se non grandi e soavi consolazioni, e che io mi auguro possa, fin che vivremo, recarci conforto. Gli anni che passano fanno invecchiare ogni cosa intorno a noi, ma non i senti- menti, che, quanto più mettono radice nel tempo, più gagliardi crescono. Possa il tuo nome messo sulla prima pagina di questo libretto fortunato ricordare per molto tempo ed a molti il bene che ti vuole Firenze, primavera del 1877. il tuo ANGELO DE GUBERNATIS. [9] 6 PREFAZIONE alla prima edizione Non so se io dico una grande eresia; ma parmi che la storia si scriva molto più che non si faccia. Sopra le miriadi d'uomini che vengono ogni secolo a popolare e fecondare, da vivi e da morti, la terra, infimo è al certo il numero de' privilegiati, che, per lu- stro od infamia, sono eletti all'immortalità. Mentre il grosso degli uomini nasce, lavora e si estingue, martire uniforme, ne' periodi veloci di oscure generazioni, io non so se come fiore o come cru- sca, alla superficie, si agita e dà spettacolo di sè un'aristocratica famiglia di benefattori e di tiranni che rimorchia, in parte, le moltitudini e seco le trascina a dividere la sua pubblica fortuna. Ma, come nella prospera sorte de' così detti grandi, il pubblico beneficio, il più delle volte, è, in realtà, assai poco, per la ragio- ne medesima, precipitando essi, il popolo alla sua volta non muo- re mai tutto; egli non è stato il solo autore della sua così detta nazionale grandezza, e però, quando questa appare più gloriosa, egli la gode assai male; per altro verso, egli prende pure una mi- nima parte alla sua rovina; e, però, continuerà facilmente a vive- re anche dopo che questa, o per suo vizio organico, o per alcuna [10] violenza di interni ed esterni nemici, sia cessata. I protagoni- sti della storia raccomandano il nome loro alla posterità col mo- numento, ma periscono come le loro istituzioni; il popolo a cui nessuno innalza monumenti, per compenso e quasi direi per ven- detta della natura, vive immortale come le sue tradizioni e le sue patriarcali consuetudini. Mi pare poi che se volgessimo soltanto lo sguardo intorno a noi medesimi, per osservare come la storia odierna vada intessendo le sue fila, a traverso le quali presumeranno le generazioni future 7 giudicare la nostra, come noi giudichiamo, senza appello, le pas- sate, io non credo che seguiremmo con tanta passione il racconto delle gesta consegnate da autenticissimi, se si voglia, ma poco sinceri documenti, alla storia; delle gesta, io dico, le quali, per essere state pubbliche, immaginiamo universali, per essere state pompose, supponiamo importanti, per essere antiche, veneriamo. Certo, quando si ritenga per fermo che l'arte meretricia, la quale converte spesso la ragione dell'individuo o della parte in solenne ragione di Stato, non imbelletti mai la vergogna de' grandi, quando si ritenga per fermo che lo storiografo non sia mai con- dotto nè da vezzo rettorico, nè da vigliacca assentazione ad esa- gerare, a travestire, ad inventar nulla di ciò ch'ei narra, ha pure la sua importanza la narrazione delle pubbliche vicende di un popolo costituito in proprio Stato; ma, come nello studio della natura, prima del fenomeno, vuole osservarsi la legge, così ra- gion vuole che si ricerchi la vita intima ed immutabile di un po- polo, innanzi di rappresentarcelo nelle sue esteriori, più aperte bensì, ma assai [11] meno complete e assai più combinate manife- stazioni. Il più delle volte, il fenomeno non è la legge in atto, che appare, ma l'eccezione della legge, l'anomalia; così la storia ci riferisce della vita di un popolo molto più che il suo modo di es- sere costantemente, il suo modo di apparire in alcune circostanze eccezionali. A costo pertanto di lasciar parere che io dica qui una seconda eresia, piglio la parola nel suo senso etimologico e più nobile e non chiamo la così detta storia d'un popolo altrimenti che la sua caricatura, quando pure esso non sia qualcosa di peggio, destina- to a mascherarlo. Poichè, eziandio facendosi una distinzione molto larga fra la storia delle democrazie e quella delle monar- chie, oligarchie e teocrazie, non può sfuggire come presso le pri- me ancora non di rado avvenga che il popolo, per affermarsi in- sieme e per consentire fiducioso con tutti, nasconda e neghi indi- vidualmente sè stesso o sia ci sottragga la sua propria e vera 8 parte di originalità. Per fare la storia e per dare degno soggetto al filosofo di medi- tarla è necessario adunque qualche cosa di più profondo e di più saldo che il vago e mobile tessuto degli avvenimenti esterni, i quali esprimono imperfettamente il carattere d'un popolo come le escandescenze o le imposture quelle d'un individuo. Negli indivi- dui molte delle azioni loro si attribuiscono alla loro eccitabilità nervosa od a ragioni segrete; anche ai popoli si vuole tener con- to di cosiffatta eccitabilità e di certe ragioni occulte; ma, eviden- temente, nè quella nè queste non bastano di certo a lasciarci in- tendere quello che un popolo abbia potuto essere o quello che sia. [12]Ma, sotto la storia pubblica o civile o politica o convenzionale che addimandar si voglia, vi è una storia viva e perenne che si potrebbe forse chiamar domestica, poichè vive della vita delle fa- miglie, nel loro intimo focolare e nelle loro mutue relazioni d'o- gni giorno. Questa storia accetta o subisce dalle vicende e dalle istituzioni politiche quello che le conviene o quello che non può evitare; ma conserva, a traverso le fasi della storia esterna che hanno potuto alterarla, un fondamento tradizionale, il quale è tanto più solido e puro quanto meno varia e accidentata riuscì la vita pubblica.

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