comunità cristiane di base n. progr. 322 progr. n. , , La Condivisione della memoria Incontro per la inaugurazione dell’Archivio Storico della Comunità dell’Isolotto Firenze 6 novembre 2004 Atti Notiziario della Comunita dell Isolotto N. 2 2005 settembre dell IsolottoNotiziario della Comunita N. Comune di Firenze1 - Q4 Commissione Cultura La foto di copertina propone il gesto simbolico con cui gli abitanti dell’Isolotto, al termine dell’incontro per l’inaugurazione dell’Archivio, hanno voluto restituire al mondo, carica dei loro messaggi di solidarietà, la chiave degli alloggi del nuovo villaggio, ricevuta dal sindaco Giorgio La Pira e dal card. Elia Dalla Costa il 6 novembre 1954. 2 Notiziario Comunità 2 della Comu cristiane 2005 nità dell’ settembre Isolotto di base n. progr. 322 La condivisione della memoria Il 6 novembre 2004 è stato inaugurato l’Archivio storico della Comunità dell’Isolotto con un incontro significativo. Di tale evento diamo conto nel presente Notiziario dopo che il n.3-2004 era stato dedicato alla Mostra fotografica-documetaria sulla storia dell’Isolotto, aperta anch’essa in occasione dell’Incontro del 6 novembre. Il tema della memoria ha molto a che fare con il significato di fondo della comunità cristiana di base e della eucaristia che ne è il fulcro. Ci troviamo insieme per condividere alcuni segni di vita: pane e vino, ma anche altri prodotti della natura, e condividiamo il segno della parola, della poesia e qualche volta anche della musica e del canto. Sono segni con cui vogliamo esprimere il desiderio di condividere la nostra vita con gli altri. Condividere oltre ogni confine: oltre il confine della porta di casa, oltre il confine delle relazioni di sangue, oltre il confine della proprietà, della nazionalità, della cultura e della religione. E crediamo che sia proprio questo condividere che genera sempre la comunità. Il nostro è poco più di un desiderio, la nostra eucaristia è poco più di un segno del desiderio di condividere e forse la nostra stessa comunità è poco più che un desiderio di comunità. Siamo molto limitati e pieni di contraddizioni. Ma forse è proprio questo “poco più” del puro desiderio, queste nostre piccole pratiche di condivisione, sono loro che danno un minimo di autenticità alla nostra eucaristia. Fra il segno, il rito, le parole e la pratica concreta c’è sempre una distanza. Siamo in bilico fra coerenza e incoerenza. La distanza cerchiamo di colmarla con le piccole cose che riusciamo a fare concretamente sia come singoli sia come comunità sia nelle rete di relazioni sociali. Il senso dei nostri incontri comunitari però è legato alla memoria e in particolare alla memoria di Gesù: “fate questo in memoria di me”. 3 Ma non solo di Gesù. La nostra è una pratica che resta legata al Vangelo e alla tradizione cristiana, non la rinnega, non se ne separa, la nostra pratica non vuol restare isolata. Ma vuole anche indicare e vivere una memoria più ampia. Creare un varco e seguire un sentiero di apertura. Rendere l’eucaristia una memoria di condivisione che include tanti altri aspetti della storia umana, della sapienza umana, con pari dignità. Eucaristia è una parola greca che vuol dire ringraziamento. Per noi è una pratica di gratitudine a tutti e a tutte coloro che hanno aperto sentieri di solidarietà e condivisione, oltre tutti i confini. L’eucaristia che facciamo è una pratica di gratitudine a quanti e a quante nella storia vicina e lontana hanno spezzato il pane dicendo “questo è corpo e sangue mio, è la mia vita”. Dunque eucaristia e memoria sono una cosa sola. Per questo, forse, possiamo considerare un momento eucaristico anche la raccolta delle orme, la cura dedicata ai documenti, cioè l’Archivio storico della Comunità. L’Archivio: un sentiero stretto fra le ambiguità della memoria Il percorso del nostro Archivio è però un sentiero stretto attraverso le ambiguità insite nella memoria, ambiguità che del resto sono presenti in ogni aspetto della realtà. Prima ambiguità: la memoria tende ad aprire la storia, gli dà continuità e spessore, offre l’orientamento, alimenta il senso della vita; al tempo stesso però la memoria tende a imbalsamare la storia e la vita, crea grandi monumenti che nutrono il sogno d’immortalità, mitizza fatti, persone, cose, sottraendole al flusso vitale e ipotecando attraverso i miti il futuro. Assolutizzare le tradizioni, imbalsamarle in dogmi senza storia, seppellirle in riti senza eventi, irrigidirle in norme morali spietate come il processo di putrefazione, non è altro che fare alleanza con la distruttività. Seconda ambiguità: la memoria traduce la storia nel linguaggio e nell’immaginario dell’oggi rendendola fruibile, ma al tempo stesso la tradisce perché dà per scontato che la sua traduzione sia una specie di resurrezione dei fatti mentre è sempre solo la loro rappresentazione. Terza ambiguità: la memoria ha sempre un contenuto di liberazione perché è solo ricordando che si può elaborare in positivo il lutto, si può superare la paura, si possono volgere in positivo i conflitti, si può dare senso e forza alla lotta per la pacificazione nella giustizia; mentre l’oblio offre solo illusioni, fascia le ferite rendendole invisibili, ma produce cancrene profonde. Al tempo stesso però la memoria ha in sé un limite che la rende facilmente 4 strumentalizzabile: non si ricorda mai tutto ma solo ciò che ci serve. E’ su questo limite che il sistema del dominio epoca per epoca seleziona la memoria sociale e anche personale piegandola alle proprie esigenze di potere, imponendo solo la trasmissione dei fatti funzionali al potere stesso. L’Archivio nostro oltre a dover affrontare le sfide poste da queste contraddizioni deve anche confrontarsi con le contraddizioni proprie della Comunità. Una fra tutte: la tensione fra creatività e conflitto. Tutti i processi di trasformazione profonda vivono una tale tensione. Il nuovo che nasce è sempre avvertito come destabilizzante per le abitudini consolidate, per i ritmi consueti, per le sicurezze acquisite. Produce reazioni di difesa. I sistemi di dominio si sentono minacciati e sfruttano paure e angosce alimentando e infuocando il conflitto, sia il conflitto personale, interiore, quello che viviamo dentro fra vecchio e nuovo, sia il conflitto sociale e politico. La realtà nuova è sottoposta a una grande tensione: può affrontare il conflitto arroccandosi in una reazione di fanatismo e al limite tentando di rispondere alla violenza con altrettanta violenza o al contrario arrendendosi e spengendosi. E la memoria è in pieno dentro tale tensione, pressata fra due poli: la mitizzazione del nuovo e l’oblio. Ambedue sono sbocchi distruttivi. Una terza possibilità è la gestione positiva del conflitto che porti al superamento delle paure e conduca a una serena accettazione del nuovo. La memoria è indispensabile anche per questa terza opzione. E’ significativa una affermazione di Paolo Prodi, professore di storia moderna all’Università di Bologna, in un Convegno sulla creatività che si è svolto qui a Firenze nel 2004: “La creatività della storia non consiste nella ricostruzione del passato ma nel liberarci dall’oppressione del presente, nel conoscere le molteplici e intricate strade che abbiamo percorso: questo ci aiuta a capire dove stiamo andando e almeno ci dimostra che domani saremo ancora diversi”. La memoria dunque come aiuto ad accettare il più serenamente possibile la trasformazione come condizione perenne, compresa la trasformazione estrema della finitezza della esistenza, quella che si chiama morte, sia quella personale sia quella delle costruzioni umane con le quali tentiamo e c’illudiamo di sopravvivere. Ma è un sentiero molto stretto e aspro. L’Archivio nostro è nato, si è sviluppato e vive nel tentativo di trovare un tale passaggio. Ci sembra che spunti di significato, difficoltà, contraddizioni ed esperienze legate all’Archivio storico della Comunità dell’Isolotto possano interessare le comunità di base italiane e i destinatari del Notiziario. 5 6 L’incontro per l’inaugurazione dell’Archivio storico della Comunità dell’Isolotto È stato partecipato da almeno duecento persone. Il locale, le “Baracche” di via degli Aceri, era corredato dai 38 grandi pannelli della Mostra fotografica-documentaria, rimasta aperta per due mesi. La Mostra è stata visitata da non meno di duemila persone, tanto che la, grande affluenza di visitatori ci ha obbligato a prolungarne l’apertura fino al 31 dicembre 2004 e a provvedere alla ristampa dei cataloghi. Va rilevato in particolare l’interesse mostrato dalle scuole. È stata visitata da quindici classi, elementari, medie, superiori, per un totale di circa 300 alunni. Molte di queste classi hanno impostato la ricerca storica sulla base della mostra e di altri documenti dell’Archivio storico oltre che con interviste dirette agli abitanti dell’Isolotto e con il contributo della sezione di storia locale della Biblioteca Comunale dell’Isolotto. È stato quasi unanime, anche da parte di storici, l’apprezzamento per l’elevato grado di completezza e obiettività della mostra nonostante la particolare complessità del contesto storico a cui essa si riferisce: un risultato che è stato raggiunto col contributo anche critico di molti. Resta comunque un documento aperto a ulteriori contributi. L’incontro si è aperto con la visione collettiva del video di Stefano Dei “Le Cascine fra le case”. Un documento anch’esso coinvolgente ma molto obiettivo: “non solo molto emozionante – lo ha definito il Presidente del Quartiere - ma anche molto significativo, leggero nel modo di porre le cose, intelligentemente leggero
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