Luciano Ligabue Fuori e dentro il borgo Bastarono i nostri quindici anni. Bastò un trasmettitore da 5 watt preso a centomila lire. Bastò un vecchio giradischi Philips, un microfono da dieci carte e un mixerino con due fader. Bastò l'estro di un amico diciassettenne che faceva l'Istituto tecnico. Bastò una stanza di casa sua e una antennazza sui suoi tetti. E avemmo la nostra radio. Non sto parlando dei tempi di Marconi: era il 1975. Luciano Ligabue (Correggio, Reggio Emilia, 1960) è il più importante cantautore rock della scena italiana. L'ultimo album è il doppio live «Su e giù da un palco» e questo è il suo primo libro. Instancabile, la Grande Pianura continua a generare storie, miti, leggende. E se la colonna sonora è quella del rock perché davvero «l'Emilia è un sogno rock», come ha detto qualcuno - la scrittura è quella del racconto popolare, della «storia orale», mentre i protagonisti sono personaggi che costruiscono da soli il proprio mito e spesso trovano da se stessi anche i propri cantori. Non importa se compagni di bevute o grandi scrittori o magari grandi registi o cantanti e scrittori insieme. Il Grande Miracolo è che questo retroterra così riconoscibile riesca a far scaturire scritture sempre nuove, originali, e storie sempre diverse. Tutti i «narratori delle pianure» hanno il loro timbro inconfondibile e nello stesso tempo partecipano di un'atmosfera assolutamente unica. Nel nostro caso, il cantante, quando torna al borgo, trova Virus e Savana, Spiura e Genova, Fiuto e Cosmo, Cico, Tondo e il Condor, e Athos «prugna», il boss del liscio, come dire l'altra faccia della musica (e della cultura) popolare di questa incredibile terra «tra la via Emilia e il West»; ma trova anche finalmente i ritmi giusti per concentrarsi su se stesso. Il cantante sa che non sarebbe diventato quello che è senza l'Ines e il geometra Bodoni, senza Bonanza e senza la prima radio libera-ma-libera-veramente, senza i giardinetti in cui ha consumato il proprio «romanzo di formazione». Per questo il racconto sfuma nel diario e il diario (quando il cantante è su un palco lontano dal borgo.) Nota Con alcune varianti, Tatiana col mappamondo è apparso su Smemoranda » Altro giro altro regalo, col titolo In tour, è stato pubblicato su « "Dire fare baciare" » insieme a Dovreste vederlo, Cico, Ho fatto un giro e Capo danno da Jim Qualcuno tre piani sopra è compreso nel volume collettivo Tondelli e la musica il testo di Pier Vittorio Tondelli alle pagine 164-165 è tratto da Altri libertini (Feltrinelli, 1991) Non ce la fanno i belli non resistono. Charles Bukowski Il jazz aveva proprio la forma del buco della serratura così è passato attraverso, il blues era smilzo e condizionato a soffrire, così, dai e dai, ce l'ha fatta ma il rock era grosso come una salsiccia ed è rimasto incastrato nell'orecchio medio verso terra. Tom Robbins Adesso Grazie a Muffa, Minola, Zeo, James, Chele, Trico, Cecio e Ciupi per avermi regalato un po' di storie. Adesso? E adesso? Adesso che questa fine d'anno si è consumata con un bellissimo raduno che nemmeno la giornata più nevosa del secolo ha potuto mandare a monte e gli iscritti al fan club, splendidi, ci hanno raggiunto da ogni parte d'Italia facendosi mazzi indescrivibili su strade impossibili pur di dire « presente » all'ennesimo pomeriggio insieme e con un capodanno in piazza a Modena sotto una fioccata impressionante che durante A che ora è la fine del mondo? sembrava che qualcuno ci prendesse in parola mandandoci giù fiocchi che parevano stracci e la copertura del palco non poteva niente e le chitarre non tenevano l'accordatura e la bocca mi s'ingolfava di neve mentre cantavo o tentavo di cantare e nel frattempo godevo come un pazzo e ragazzi fradici sotto tormenta da ore pretendevano da noi il miglior spunto per questo anno nuovo tutto da giocarsi? Adesso che l'ennesimo bisestile è dietro alle spalle con ciò che mi ha portato e ciò che mi ha portato via fra concerti e interviste e terremoti e premi e traslochi e morti e aerei e ritardi e televisioni e partite, incontri e show di beneficenza e fotofotofotofotofoto e andate e ritorni e gli autogrill in mezzo e network e feste e articoli e prove e missaggi e riunioni e domandecomepiovessero e richiesteabusso e brindisi e litigi e pacifatte e silenzioqua-simai e chissà quant'altro ancora in questa ruota fra tutte le ruote che giravano intorno? Luciano Ligabue Adesso ho tolto la spina della giostra. Che troppe luci troppo a lungo fanno male agli occhi. Adesso la mia voglia di tranquillità la sfogherò in breve, e a breve mi mancherà tutto quel correre. Adesso ho 118 libri che mi aspettano, pile di Cd da ascoltare con l'attenzione che meritano, parecchi film da recuperare. Adesso ho davanti la bella lista dei miei proponimenti che sfumeranno implacabilmente in pochissimo tempo. Adesso quasi tutti quelli che incontrerò, non avendomi visto in televisione per quindici giorni, mi chiederanno inesorabilmente: « Ma sei fermo? » preoccupati (forse) che non sia per sempre e sarà così decine di volte al giorno fino alla ripresa del giro. Adesso ho da far sedimentare quasi due anni fitti, intensi, di corsa. Adesso farò un po' di conti con la mia presunta normalità senza poter contare sulle vacanze da lei che, cantare, ogni tanto mi concede. Adesso me ne sto qui con la spina della giostra in mano. Ogni tanto la infilerò per poi staccarla di nuovo. Finché qualcuno non cambierà la presa. Una delle storie d'amore di via Cairoli Il fan club è a due passi da via Cairoli. Le cose che « contavano » in via Cairoli, a due passi dal fan club, erano piazza Padéla, un negozio d'antiquariato che si chiamava « Ai tempi che Berta filava », uno spicchio di giardinetto pubblico di dieci metri quadri la cui panchina era puntata da file di coppiette e la lavanderia comunale. Di fronte alla lavanderia comunale, in piena via Cairoli, a due passi dal fan club c'era un gruppo di case. In questo gruppo di case di fronte alla lavanderia comunale di via Cairoli a due passi dal fan club ce n'era una a due piani. In uno dei due piani di questa casa che faceva parte di un gruppo di fronte alla lavanderia comunale a metà via Cairoli e quindi a due passi dal fan club, abitava mia nonna materna con tanto di zii e cuginetto. Nell'altro dei due piani di questa casa facente parte di un gruppo di case dall'altro lato della strada rispetto alla lavanderia comunale e comunque in via Cairoli e di conseguenza a due passi dal fan club, c'erano l'Ines e il geometra Bodoni. Conviventi. È una zona che ricordo bene perché i fine settimana dei miei 6-8 anni li passavo quasi sempre lì da mio cugino, tutt'e due affidati a nonna Barbara così che i miei e gli zii avessero un po' di libertà. Luciano Ligabue In piazza Padéla ci furono naturalmente grandi partite di calcio e gare in bicicletta giù per la discesa che allora ci sembrava ripidissima; nel giardinetto andavamo a spiare le coppie e, grandissime faccediculo, con espressioni innocenti chiedevamo informazioni nei momenti più caldi rimediando, un paio di volte o tre, schiaffoni e scappellotti; nel negozio d'antiquariato facemmo scoppiare un paio di petardi che per poco Bice non ci lasciò le penne dietro il suo banco; nella lavanderia comunale giocavamo a nascondino e una volta quasi non ci lasciai un occhio, per un disperato « "tana" », contro uno dei fili di ferro su cui stendevano il bucato. Al primo piano di questa casa in pieno gruppo di case in faccia alla lavanderia comunale in via Cairoli e per forza a due passi dal fan club c'erano parecchie cose: c'era la stufa a legna con cui mio cugino si strinò una volta e per sempre; c'era la camera senza riscaldamento ma col braciere sotto le coperte che andare a letto d'inverno era una goduria come poche altre; c'era Canzonissima e il nostro tifo per Gianni Morandi che Claudio Villa e gli altri non si azzardassero a vincere; c'erano i fiammiferi per la stufa con cui ci divertivamo sempre e una sera la facemmo grossa che prese fuoco una tenda e se non era svelta la nonna a tirarla giù e spegnerla chissà cosa succedeva; c'era la bontà e l'infinita pazienza della Barbara che anche quella volta cercò di difenderci ma una tenda non sparisce da sola e si venne a sapere e ne beccammo un barile; c'erano il pettine, la brillantina, le braghe corte e il cravattino per la messa in San Quirino e durante la messa in San Quirino c'era Rossana fra i banchi delle ragazze che mi metteva una strana agitazione addosso e non riuscivo a vedere o sentire altro se non, poi, gli strattoni di un catechista che mi marcava sempre perché stessi attento; c'era la tappa in edicola al ritorno dalla chiesa dove con le nostre cento lire compravamo « "Vitt » di Jacovitti & C. e poi c'erano gli gnocchi di patate irripetibili della Barbara; e poi c'era il cesso in comune. Che per me era un grosso problema. Non si trattava soltanto di dover affrontare quasi al buio una turca dalla puzza impossibile, dove fra muschio e funghi e licheni poteva vivere tranquillamente Belfagor; il peggio era che ogni volta che avevo bisogno d'andarci saltava fuori l'Ines. Una donnona di ottanta chili che appariva in corridoio e mi acciuffava, mi sollevava e urlava con occhi sbarrati che belputein, che belputein sbaciucchiandomi a labbra aperte, stringendomi fra un paio di tette che la tabaccaia di Amarcord era piatta, ed emanando miscele d'ascella e cipolla e pesce e..
Details
-
File Typepdf
-
Upload Time-
-
Content LanguagesEnglish
-
Upload UserAnonymous/Not logged-in
-
File Pages124 Page
-
File Size-