Atti Dell'accademia Pontaniana Anno 2018

Atti Dell'accademia Pontaniana Anno 2018

ATTI DELLA ACCADEMIA PONTANIANA ISSN 1121-9238 ATTI DELLA ACCADEMIA PONTANIANA NUOVA SERIE - VOLUME LXVII ANNO ACCADEMICO 2018 DLXXVI DALLA FONDAZIONE GIANNINI EDITORE NAPOLI 2019 Il presente volume è stato pubblicato grazie al contributo di COINOR Università “Federico II”, COINOR Centro di Ateneo per la Comunicazione e l ’Innovazione Organizzativa del MIUR, dell’Istituto Banco di Napoli - Fondazione, della Regione Campania, REGIONE CAMPANIA del Banco di Napoli SpA Atti Accademia Pontaniana, Napoli N.S., Vol. LXVII (2018) pp. 5-60 Il possibile contributo alla filosofia ermeneutica del pensiero filosofico dell’Europa dell’Est Nota di FRANCESCO DE CAROLIS Presentata dai Soci ordinari PIERO DI VONA E MAURIZIO CAMBI 1. Ermeneutica ed attualità: una lettura non pacificata e plurale Unità complessa e articolata, l’Europa presenta un panorama storico-antropolo- gico caratterizzato dall’incontro di popoli e tradizioni molto diversi che hanno dif- ferentemente interpretato e reinterpretato una ricca e frastagliata geografia storica. Vi è una non trascurabile connessione tra storia socio-politica e quella filosofica: ciò vale per l’Europa nel suo senso più ampio, ma anche per le tradizioni filoso- fiche dell’est europeo1. D’altra parte, quando l’indagine si sposti nei territori del mito, l’immaginario dell’antichità ricorda la venuta di Zagreo-Dioniso dalla Tracia ed il viaggio di Giasone e degli Argonauti nelle lontane terre della Colchide, regione asiatica sulla costa orientale del Mar Nero2. Il pensiero va subito alla figura mitica di Prometeo che fu incatenato da Zeus sul Caucaso a causa delle sue trasgressioni3. 1 «Dobbiamo ancora prendere piena coscienza della riflessione filosofica e della ricchezza spirituale dell’area centro-orientale, perché solo quest’ acquisizione ci permetterà di avvicinar- ci non soltanto formalmente a un mondo, filosofico ma anche culturale in senso ampio, che abbiamo per lo più visto da lontano e che non abbiamo mai potuto capire sino in fondo». Cfr. la Premessa di R. Cristin a Dahm e Ignatov 2005, p. XVII. 2 Questo sguardo sino ai confini del mondo è un noto tópos letterario: «se nell’antichità pensavano di aver raggiunto qualcosa di degno quei grandissimi uomini che avevano visto l’imboccatura del Mar Nero e quegli spazi ristretti attraverso cui era penetrata la prima e fa- mosa nave Argo, o quelli che avevano scorto lo stretto dell’Oceano, dove l’onda furiosa teneva divise tra loro l’Europa e la Libia, quale spettacolo dovremo aspettarci, se fosse possibile guar- dare insieme tutta la Terra, la conformazione, la forma, la circonferenza e la sua bellezza?». Cfr. Manetti 2018, p. 195. 3 Il principio prometeico può essere visto come principio eterno della natura spirituale dell’uomo. Lo stesso si può dire del mito di Dioniso e della sua origine. Da questa considera- zione, si può e si deve partire per una rilettura di una filosofia, come quella di Schelling. Anche per Berdjaev, quando pretenda di liberarsi definitivamente dai miti religiosi, la conoscenza finisce per sottomettersi ad altri miti, tra cui quelli antireligiosi. Né si dovrebbe aver rincresci- mento di una ricca mitologia cristiana. Tra i miti attuali, ha un posto rilevante la religione del progresso, alla quale non si deve contrapporre una dottrina statica e fissa: ogni parola spiritua- le è da considerare un germe latente di un infinito processo di sviluppo spirituale. Né a caso, Berdjaev intendeva cogliere la interconnessione tra autori come Newman e Solov’ëv, per cui si poteva dire che il loro modernismo era espressione non superficiale di esigenze profonde e antichissime. Cfr. Berdjaev 1947, pp. 116-117. 6 FRANCESCO DE CAROLIS (2) Anche verso i lontani territori del Mar Nero fu rivolta la colonizzazione greca. Per vari motivi e per esigenze strategiche, le armi romane furono portate nell’Euro- pa orientale. I paesi dell’Oriente europeo vanno ricordati come istmi di tipo storico- culturale tra regioni e continenti. Quando si considerino epoche più recenti, emerge l’importanza del mondo slavo, che si estende dall’Adriatico sino al Baltico. Tale va- sta estensione riconduce sino a Costantinopoli e alle grandi linee della spiritualità, della mistica e della teologia ortodossa. Si pensi al percorso dal Baltico al Mar Caspio ed al Levante che allettò l’Inghilterra e la Francia in età moderna o agli itinerari che andavano da Danzica sino a Costan- tinopoli, antica sede dell’omonimo Patriarcato cristiano e poi di quell’espansionismo ottomano che assorbì in sé parte dell’Europa orientale. Esso costituì una delle grandi ipoteche per l’Occidente intero, spesso incapace di reagire ad un’avanzata che mise in pericolo l’intera Europa cristiana. L’Est europeo riconduce all’Oriente e alle grandi linee dell’evangelizzazione cristiana4. In effetti, l’Europa non è solo quella delle grandi compagini nazionali, ma anche quella di paesi che hanno dovuto combattere con feno- meni di polverizzazione e scissione politica e religiosa5. H. A. Winckler ha giustamente parlato del lungo e difficile cammino nei secoli della Germania verso l’Europa6. Situa- zioni altrettanto o ben più complesse dal punto di vista etnico e della convivenza di popoli riguardarono l’Europa orientale7 . Eppure, l’Europa non è solo la terra dell’oc- 4 «Un tardo racconto tramandato solo da fonti russe, narra che S. Andrea nel viaggio dal Mar Nero a Roma attraversò la Russia passando per «la strada dai Varaghi ai Greci». La più antica notizia sulla diffusione del Cristianesimo fra gli Slavi orientali viene da Bisanzio. Il pa- triarca Fozio, in una lettera circolare agli arcivescovi dell’Oriente, scrive che anche i «Rhos», dopo una incursione brigantesca, si sono convertiti ed hanno accettato un vescovo. Già avanti il regno di Vladimiro, il Cristianesimo non era sconosciuto agli slavi orientali; tuttavia, solo sotto il regno di questo principe giungerà a predominare tanto giuridicamente che di fatto». La storia dell’Oriente cristiano è strettamente legata all’evangelizzazione e all’azione pastorale e culturale di Cirillo e Metodio e dei loro successori; inoltre la storia dei paesi dell’Europa orientale è ricca di sovrani spesso ritenuti e venerati come santi (da Stefano presso i Magiari a Vladimiro nel regno di Kiev). Cfr. Ammann 1948, p. 9. 5 «L’Europa è sempre stata caratterizzata dalla sua varietà linguistica, che l’ha costretta in ogni tempo alla dura scuola della convivenza. Essa ha così conservato la sua molteplicità linguistica e culturale, e la sua tradizione storica è giunta alla propria piena autocoscienza proprio attraverso la ricchezza dei suoi patrimoni locali». Gadamer coglie una contraddizione che si muta in complessità e in un difficile ecumenismo e in un problematico riconoscimento reciproco. Lo sfondo è però segnato dalla tentazione nichilista che giustifica una cultura anco- ra troppo settaria ed anche tendenzialmente violenta. Il richiamo gadameriano ad Heidegger, Platone ed Hegel non deve far dimenticare che furono proprio le sue letture di Kierkegaard e Dostoevskij che lo portarono verso il radicalismo di Heidegger, il cui maggiore insegnamento fu quello di riportare il linguaggio alla vita e alla profondità della parola. Tra i suoi interessi giovanili vi furono Jean Paul, Hölderlin, Stefan George e Rainer Maria Rilke. Cfr. Gadamer 1991, pp. IX e 138. 6 Si è trattato di un processo di demitizzazione (ad es., dal mito dell’impero germanico). Cfr. Winkler, 2004, vol. I, p. X. 7 Nel 1920, gli stati dell’Europa centrale erano più multinazionali di oggi. Ad esempio, le minoranze censite in Romania erano 23. Fra di esse avevano una significativa incidenza gli ebrei, che risultavano numerosi in Polonia (7,8 %). I polacchi erano il 69,2% degli abitanti del paese nel 1921, i romeni erano il 70,8% degli abitanti della Romania nel 1930. Vennero ad (3) IL POSSIBILE CONTRIBUTO 7 caso8, ma è o può essere la terra dell’incontro tra popoli e culture. Basti pensare, per quanto riguarda la storia russa, all’incontro con l’elemento scandinavo o al confronto con i mondi tatarico ed ottomano9. Del resto, persino i confini dell’Europa non sono facilmente ed univocamente definibili rispetto agli altri continenti. La complessità di una definizione geografica permette di identificare una ricchezza storica e culturale notevole. La storia della Russia si colloca tra vocazione europea e fascino dell’espansione asiatica. I conflitti e le perplessità, l’articolarsi di scelte e di prospettive non univo- che, fanno parte costitutiva di tutta la storia europea nelle diverse epoche. Tale com- plessità si scorge nei miti storici e nelle loro frantumazioni. Si possono fare alcuni acuirsi questioni come quelle della violenza di tipo etnico e religioso e delle ricorrenti “pulizie etniche”. Il destino dei vinti è stato molto spesso migrare per non arrendersi al nuovo potere. I Sassoni di Transilvania, i Valacchi di Grecia e Serbia furono pressoché in via di estinzione. Dopo la II guerra mondiale, il fenomeno migratorio riguardò pure i tedeschi. Anche l’impero ottomano mostrava un vasto mosaico etnico-religioso (ortodossi, cattolici, armeni, giacobiti, copti). Gli sconvolgimenti subiti sottolineano anch'essi come una necessaria riflessione sull’in- contro tra popoli debba passare per la pratica del perdono e della riconciliazione. Cfr. Bocchi e Ceruti 1994, pp. 168-169; Ricoeur 2007, pp. 93-94. 8 Contro questo pessimismo si è lottato in nome della speranza nella coesistenza pacifica, nella collaborazione e nel progresso umano, culturale e sociale. Il problema era ritrovare un posto nel mondo: la questione era dare un senso nuovo ai rapporti tra i cosiddetti primo, se- condo e terzo mondo. Cfr. Sakharov 1975, p. 170-175. 9 Si può far cominciare la storia russa con la venuta di popolazioni normanne e con la costituzione della Rus’ di Kiev. L’antico regno di Kiev gravitò intorno a due centri, Novgorod, sul Volchov, e Kiev, all’estremità meridionale del medio Dnjepr. Anche quando Kiev fu centro indiscusso, Novgorod riuscì a mantenere una particolare preminenza.

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