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ARMI IN PUGNO 22_7_10 2-09-2010 11:53 Pagina 1 ARMI IN PUGNO di PINO CASAMASSIMA ARMI IN PUGNO 22_7_10 2-09-2010 11:53 Pagina 2 PINO CASAMASSIMA giornalista e scrittore di lungo corso, collabora con la trasmissione “La storia siamo noi” di Giovanni Minoli. Autore teatrale, è stato opinionista del network statunitense CBS e consulente per Rizzoli. Nella sua bibliografia compare una ventina di titoli, tra cui Il libro nero delle Brigate Rosse (Newton&Compton), 68, l’anno che ritorna con Franco Piperno (Rizzoli) e Il sangue dei rossi. Morire di politica negli anni Settanta (Cairo). Ha inoltre curato Il dizionario della musica leggera (Le Lettere). © 2010 Pino Casamassima © 2010 Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri Questo libro è rilasciato con licenza Creative Commons-Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Ita- lia. Il testo integrale della licenza è disponibile all’indirizzo http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/. L’autore e l’editore inoltre riconoscono il principio della gratuità del prestito bibliotecario e sono contrari a norme o direttive che, monetizzando tale servizio, limitino l’accesso alla cultura. Dunque l’autore e l’editore rinunciano a ri- scuotere eventuali introiti derivanti dal prestito bibliotecario di quest’opera. Per maggiori informazioni, si consulti il sito «Non Pago di Leggere», campagna europea contro il prestito a pagamento in biblioteca <http://www.nopa- go.org/>. ARMI IN PUGNO 22_7_10 2-09-2010 11:53 Pagina 3 INTRODUZIONE La fame, la miseria, l’indigenza: altro che Nord Est dei tanti miracoli. Per decenni i veneti hanno dovuto lasciare le loro terre e raggiungere il Nuovo Mondo: quell’America che accoglieva anche lombardi e friulani, calabresi e pugliesi. Fughe di stomaci, non di cervelli. Nel suo libro Gli ultimi veneti, Gianfranco Cavallin sostiene che, tra le regioni del Nord, il Veneto ha subito i maggiori danni dall’unificazione d’Italia, della quale nel 2011 si celebreranno i 150 anni. Cavallin può sostenere questa tesi perché, in effetti, prima del 1861 il Regno Lombardo-Veneto era il più ricco e prosperoso della penisola, dopo quello delle due Sicilie. Nell’arco di dieci anni la situazione dei veneti precipitò drammaticamente: dal 1876 al 1976, cento anni di storia italiana hanno registrato – in una regione che non ha mai superato i cinque milioni di abitanti – l’emigrazione di oltre tre milioni persone. Trevigiani e veronesi, padovani e vicentini e veneziani scampati alla povertà provocata dall’Italia sabauda. Una nuova e drammatica situazione tratteggiata in una filastrocca che recitava: «Co San Marco comandava/ se sisnava e se senava/ Soto Franza brava gente se disnava solamente/ Soto casa de Lorena non se disna e no se sena/ Soto casa de Savoia de magnar te ga voja». 3 ARMI IN PUGNO 22_7_10 2-09-2010 11:53 Pagina 4 ARMI IN PUGNO Il dopoguerra era stato caratterizzato da Porto Marghera, il polo chimico destinato a diventare uno dei siti produttivi più importanti d’Europa, ma, a partire dagli anni Ottanta, la decadenza della grande industria fu compensata da un esponenziale incremento di piccole imprese. Questa rivoluzione determinò in breve tempo una crescita economica formidabile della regione, fino ad assegnarle il primato economico non solo in Italia, ma in tutta Europa, tanto da mutare il Veneto da terra di emigrazione a terra di immigrazione. Nell’arco di pochi decenni, il Veneto era dunque passato dalla miseria alla ricchezza. Nuove generazioni crescevano in un’opulenza senza memoria, mentre esplodevano inevitabilmente contraddizioni destinate ad avere inquietanti riverberi politici di natura eversiva e sovversiva. Ecco perché non raccontiamo solo storie di criminali, ma anche di brigatisti, neofascisti e mafiosi: non mafiosi “importati” dalle regioni del Sud, Sicilia in primis, ma autoctoni con tanto di nome, come “la mafia del Brenta”. Basta pensarci per non meravigliarsi. Per non stupirsi che sul territorio di una regione passata dalla miseria al primato economico poteva solo germogliare un’associazione a delinquere con tutti i connotati mafiosi al loro posto. Così come non potevano che trovare “naturale” sviluppo eccentricità politiche pericolosissime e devastanti, come i terrorismi di diversa natura e colore. Nella terra politicamente “bianca” per eccellenza, hanno così trovato acqua in cui nuotare non solo piovre mafiose, ma anche 4 ARMI IN PUGNO 22_7_10 2-09-2010 11:53 Pagina 5 pesci rossi delle Brigate Rosse e seppie plumbee dei vari ordini nuovi e neri. Tutto ciò contestualmente, contemporaneamente e specularmente a una criminalità comune finita sui giornali con episodi assolutamente inediti per ferocia e amoralità. 5 ARMI IN PUGNO 22_7_10 2-09-2010 11:53 Pagina 6 ARMI IN PUGNO 22_7_10 2-09-2010 11:53 Pagina 7 I ROSSI OPERAZIONE TRAMONTO: E IL VENETO SI RITINSE DI ROSSO BRIGATISTA Galdino è in pensione da quasi cinque anni. Da quando ha smesso di lavorare, si alza con comodo, ma mai trop- po tardi, e dopo aver fatto colazione con la Rita esce di casa e in pochi minuti raggiunge l’edicola di viale delle Grazie. Lui abita in via Friburgo. Due passi. Prende “Il Mattino”, il suo giornale da sempre, e poi va al bar, dove lo aspettano Dino, Raniero e il Carletto, il suo ex-collega, anche lui in pensione, ma da più anni, almeno una deci- na. Due commenti sulle notizie del giorno e poi, via con la briscola. Quella mattina però le discussioni erano sta- te più lunghe del solito. Sì, perché Dino aveva iniziato a pontificare sulle differenze fra la vecchia e la nuova 500, lanciata sul mercato proprio il giorno prima con una mes- sinscena spettacolare organizzata dalla FIAT sul Po, ma poi aveva troncato subito quell’argomento mettendone sul piatto uno ben più serio: gli arresti avvenuti lì, a Pa- dova. «Brigatisti». «Padovani?». «Padovani…». Il 6 luglio 2007 Padova s’era infatti svegliata con un in- cubo che arrivava da lontano, da quando «la città del Santo» s’era trovata al centro di trame eversive e sov- versive. Un incubo che sembrava non dover più torna- re. E invece… Invece erano stati arrestati due padova- ni con l’accusa di appartenere alle nuove Brigate Ros- 7 ARMI IN PUGNO 22_7_10 2-09-2010 11:53 Pagina 8 ARMI IN PUGNO se1. Un’altra volta, le nuove Brigate Rosse. Nuove erano state anche quelle della Lioce, quelle che avevano am- mazzato Massimo D’Antona e Marco Biagi2. Adesso ce n’erano ancora di “nuove”. «E chi sono questi padovani?», aveva chiesto Dino. «Il cinquantaduenne Andrea Tonello, detto Zebb, e Giusep- pe Simonetto, che di anni ne ha solo 19», aveva letto a voce alta Galdino dal giornale. «L’accusa a loro carico è di concorso esterno in banda armata e associazione terrori- stica, mentre il troncone dell’inchiesta è quello partito il 12 febbraio scorso e che aveva portato all’arresto di quin- dici persone pronte a colpire una sede dell’Eni, il giusla- vorista Piero Ichino, l’abitazione milanese di Silvio Berlu- sconi, oltre alla redazione del quotidiano “Libero”: azione prevista prima di Pasqua». Quando aveva smesso di leggere, gli amici avevano guarda- to Galdino come fosse uno scolaro che non aveva finito i compiti. Così era andato avanti e dalle pagine del giornale erano arrivate le altre informazioni. Agli arresti di Padova – spiegava “Il Mattino” – si era giunti anche grazie alle dichia- razioni di uno degli arrestati di febbraio, Valentino Rossin. A febbraio, oltre cinquecento poliziotti avevano preso par- te a un’operazione condotta dalle questure di Milano, Tori- no e della stessa Padova che aveva portato all’arresto di quindici persone accusate di banda armata: di appartenere 1. Il 6 luglio 2007 finiscono in carcere i padovani Andrea Tonello, detto Zebb, 52 anni, e Giuseppe Simonetto, 19 anni, il primo iscritto alla Cisl, il secondo vicino (secondo gli investigatori) al Pcdl di Marco Ferrando e ambedue attivisti del centro sociale “Gramigna”. Questi nuovi arresti allungano la lista dei presunti militanti dell’organizzazione riconducibile alle vecchie Brigate Rosse Seconda Posizione. Il 12 febbraio, un’operazione di polizia fra Veneto, Lombardia e Piemonte aveva fatto scattare le manette attorno ai polsi di quindici persone. 2. Massimo D’Antona, consulente del Ministero del Lavoro del governo D’Alema, fu ucciso il 20 maggio 1999 a Roma. Marco Biagi, che svolgeva la stessa funzione nel governo Berlusconi, fu assassinato il 19 marzo 2002 a Bologna. A compiere i due omicidi, le nuove BR-PCC fra i cui leader spiccava Nadia Desdemona Lioce. 8 ARMI IN PUGNO 22_7_10 2-09-2010 11:53 Pagina 9 cioè alle Brigate Rosse. «Nuove», s’intende. Ora, la storia si ripeteva con questi nuovi arresti. Da quel che diceva il giornale, Andrea Tonello, 52 anni, era accusato di essere stato presente alla collocazione di armi in un casolare nel padovano, oltre ad avere ospitato nella propria abitazione Latino e Ghirardi, due degli arre- stati di febbraio. Giampiero Simonetto, che di anni ne de- nunciava invece solo 19, si sarebbe reso disponibile ad acquistare munizioni nuove. Fra le armi rinvenute nel pa- dovano, una mitraglietta Skorpion, una pistola Sig Sauer e una carabina Winchester provenienti dalla storica co- lonna milanese del partito armato, la Walter Alasia3: se- gno di una continuità che faceva sbiadire la qualifica di “nuove” alle attuali Brigate Rosse. A confermare che quelle armi appartenevano alla Walter Alasia, era stato Calogero Diana, brigatista condannato all’ergastolo an- che per l’omicidio del maresciallo Francesco Di Cataldo4. Nomi e sigle che insomma riportavano indietro le lancet- te della storia. Di oltre un quarto di secolo. Cioè, un tem- po precedente alla nascita di quel ragazzo che, a 19 anni, s’era ritrovato con l’accusa di partecipazione a banda ar- mata contro i poteri costituiti dello Stato.

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