ARCHIVIO CAFFARELLI 15 16 https://inventari.san.beniculturali.it/ Profilo storico familiare Nei primi decenni del Seicento Dirk van Amayden - più noto come Teodoro Amayden - avvocato, letterato ed erudito di origini fiamminghe, naturalizzato romano, nonché fine conoscitore della società romana di quel tempo, definì “la nobilissima famiglia Caffarella [...] antica in Roma per lo spazio di molte centinaia d’anni, senza origine forestiera e divisa in più rami...”. Le prime attestazioni sicure dei Caffarelli risalgono infatti al XII secolo e vantano nomi “legati alla conservazione dell’autorità del Senato romano, al libero reggimento del Comune, alle forze che pur in mezzo ad errori e a violenze valsero a sorreggere in quelle oscure età l’autorità di Roma”. Si ricordano tra gli altri, per questo periodo, Parenzo, che ricoprì la carica di senatore così come il figlio Giovanni, il nipote Filippo ed altri che seguirono, i quali si distinsero nell’arte della politica e della mediazione diplomatica - in particolare nei complessi rapporti tra i pontefici e vari sovrani, per lo più francesi e tedeschi - nonché nell’esercizio delle armi, ad alto livello, come ad esempio Giovanni che a metà del secolo XIV fu designato soprintendente militare della Città. Intorno alla metà del secolo successivo Antonio Caffarelli, che fu principalmente avvocato concistoriale e maestro di diritto alla Sapienza, sviluppò anche la mercatura della lana. Tale attività rappresentò per generazioni e generazioni uno dei cespiti dei proventi familiari, sebbene inferiore alla coltivazione dei terreni di proprietà familiare, ubicati in Agro Romano, via via acquisiti o pervenuti grazie ai matrimoni e alle eredità che ne seguirono. La famiglia diede i natali anche ad illustri canonici e a valenti prelati come Giovan Luca e Prospero, vissuti entrambi in pieno XV secolo. Quest’ultimo, tra l’altro, fu vescovo di Ascoli Piceno - che abbellì di opere d’arte - e nunzio apostolico in Ungheria ed è a tale personaggio che si richiama il documento più antico conservato in archivio, datato 1439 anche se pervenuto in copia del 1692. Sul finire del Quattrocento da Pietro, che fu protonotaro capitolino, discese il secondo ramo della famiglia che si chiuse nel 1633 con la figura assai nota del cardinale Scipione (Borghese), nipote di Paolo V, in riferimento al quale in archivio è rimasta documentazione in quantità assai limitata e a carattere per lo più amministrativo-contabile. Si sa inoltre che gli antichi beni rustici di Casa Caffarelli passarono, alla morte del porporato avvenuta nel 1633, al cugino Marcantonio Borghese suo erede universale. Fu all’inizio del Cinquecento che i Caffarelli consolidano la loro presenza in seno al Campidoglio e riescono, grazie all’apporto di Scipione (dopo di lui il figlio Francesco), di Bernardino e soprattutto di Giovan Pietro Conservatore dell’Urbe, secondo quanto riportano le fonti, a mitigare le scelleratezze del Sacco di Roma (1527) e ad alleviare le condizioni della popolazione, ottenendo detto Giovan Pietro da papa Clemente VII, per la propria condotta, la conferma della carica di Prefetto dell’alveo del Tevere e di Ripa. Fu sotto Giovan Pietro che si aggiunse nel 1520 ai feudi d’Abruzzo, ereditati dal padre Nicolò, la baronia di Torano poi trasmessa al figlio Ascanio con titolo marchionale; e risalgono a questo stesso periodo ulteriori importanti acquisizioni di proprietà fondiarie e immobiliari, quali quelle che rientrano nel parco oggi detto della Caffarella, a sud della capitale. Secondo una tradizione ampiamente condivisa Giovan Pietro ospitò nel 1535, di sua iniziativa, nel palazzo del cugino Bernardino, l’imperatore Carlo V, allo scopo di riconciliare quella parte della nobiltà romana a quest’ultimo ostile, nel quadro generale di una politica tesa al miglioramento dei rapporti tra la Chiesa e l’Impero. Giovan Pietro, sotto il quale si raggiunse l’estensione massima del patrimonio della Casa, morì nel 1547. Ascanio, figlio primogenito di Giovan Pietro nato nel 1521, fece una brillante carriera militare al seguito dell’imperatore ricevendo, oltre ad altri riconoscimenti, quello dei possessi paterni sul 17 https://inventari.san.beniculturali.it/ Campidoglio, ovvero il luogo sul quale fu poi edificato, a fine Cinquecento, palazzo Caffarelli “ubi pulcherrimus patet in Urbem prospectus”. Ascanio ricoprì inoltre le cariche di Caporione e di Conservatore di Roma (1569) e Priore dei Caporioni (1570), promosse una legislazione suntuaria per il Comune di Roma e prese parte alla fondazione della Stamperia camerale della quale assunse la direzione. Morì nel 1575, lasciando i propri averi alla moglie Giulia di Onofrio Santacroce e di Vittoria dei Massimi, sposata nel 1560, la quale dispose che l’eredità fosse destinata non solo ai figli di Ascanio ma anche a Gaspare e a Baldassarre, figli di Giovan Pietro fratello primogenito di Ascanio. Giovan Pietro iuniore ricevette la carica della Deputazione di Camera e di Ripa - con brevi di Clemente VIII (1597) e di Paolo V (1611) - e di Conservatore di Roma nel 1603, nonché di Soprastante alle fabbriche di Campidoglio per i lavori architettonici elaborati da Michelangelo Buonarroti, eseguiti in quegli anni. Fu per sua iniziativa che si diede corso all’importate iniziativa di riordinamento dell’archivio capitolino. Inoltre, avendo egli fatto parte per venti anni del Collegio dei notari capitolini e approfittando dell’esistenza di un pregevole archivio familiare, il proprio, “raccolse preziose notizie sulla storia della città ed ampi riferimenti sulle maggiori famiglie romane”. Compì infine un’ambasceria a Parma, dal duca Alessandro Farnese, perché questi facesse ritorno in Italia dopo il suo matrimonio con Maria di Portogallo (1567); assunse poi il ruolo di guardiano della Compagnia del Ss. Salvatore ad Sancta Sanctorum, si recò per motivi diplomatici in Spagna nel 1623 e in quell’occasione prestò giuramento in forma privata nelle mani di Filippo IV. Alla sua morte i possedimenti, al culmine dell’estensione e della consistenza, comprendevano vasti “tenimenti” in Agro Romano e in Abruzzo, via via accresciuti, la cui regolazione tra i discendenti diede origine a controversie patrimoniali e a lunghe liti in ragione del fedecommesso primogeniale. Prospero iunior, fratello minore di Ascanio Caffarelli, fu nominato cavaliere del popolo nel 1558, conservatore di Roma nel 1574 e notaro capitolino come risulta da atti del 1575. Da Prospero nacquero due femmine e i figli Alessandro (m. 1616) e Curzio che abbracciarono, conseguendo ottimi risultati, la carriera militare in concomitanza con la Guerra dei Trent’anni. Fausto, figlio di Alessandro, fu avvocato concistoriale e referendario apostolico rispettivamente sotto i pontefici Paolo V e Urbano VIII, vescovo a Santa Severina e in seguito nunzio apostolico a Firenze e poi a Torino, ed ebbe parte decisiva per l’annessione del Ducato di Urbino alla Santa Sede (1631); morì nel 1651. Suo fratello Prospero ricoprì la carica di uditore generale della Reverenda Camera apostolica e fu creato cardinale da Innocenzo X; fu insigne giurista e lasciò il proprio patrimonio a favore del fratello Pietro, conservatore di Roma nel 1648, in un momento particolarmente delicato per l’amministrazione della Casa: a tale proposito si richiama l’attenzione sull’istituto del fedecommesso in ordine di primogenitura attraverso il quale, tra Cinque e Seicento, il patrimonio familiare nel suo complesso fu mantenuto costantemente integro. Dei quattro figli di Alessandro i primi due indossarono l’abito religioso, i rimanenti due - Gianandrea e Francesco Antonio - seguirono invece la carriera militare, sotto la bandiera dell’impero. Dei figli di Giovan Pietro iuniore si ricordano il primogenito Ascanio Maria (1591-1658) che fu nominato canonico di San Pietro, vice cancelliere di Sacra Romana Chiesa e che svolse il compito di maresciallo delle strade; Gaspare, secondogenito (m. 1676), ereditò dal padre il titolo di marchese di Torano, ricevette dal re Filippo IV di Spagna il titolo di duca di Assergi e, anche grazie ad accordi con il fratello Baldassarre, fu in grado di recuperare e di riunire varie proprietà della famiglia: tuttavia va ricordato che le vertenze che ne seguirono trovarono una soluzione solo a metà del secolo XVIII. Invece Baldassarre, che compì la carriera militare ed esercitò la carica di Conservatore del Popolo Romano tra il 1650 e il 1658, morì senza eredi nel 1670. Dall’unione di Gaspare con Angelica Monaldeschi nacquero ben 16 figli tra maschi e femmine. Fra questi, Giovan Pietro, il primogenito, dovette affrontare numerose vertenze riguardanti l’amministrazione del patrimonio fino al momento della morte, avvenuta nel 1694; anche su Alessandro, terzo duca d’Assergi, ricaddero le questioni ereditarie e quelle relative alla 18 https://inventari.san.beniculturali.it/ assegnazione di vitalizi alle sorelle monacate; tuttavia, avendo egli carattere mite, manifestò maggiore propensione al mecenatismo. Ebbe 12 figli e morì nel 1709. Infine Francesco, vissuto nella seconda metà del Seicento, abbracciò la carriera ecclesiastica e politico-amministrativa e fu inviato a reggere varie città dello Stato pontificio (Rimini, Città di Castello, Fano) fino a raggiungere la carica di custode di Cancelleria, di governatore di Roma e di segretario della Reverenda Fabbrica di San Pietro, proprio nella fase esecutiva della costruzione della basilica vaticana. Baldassarre e Costanza Mattei, donna che morì in odore di santità, generarono sette figli di cui cinque maschi: il primo, Alessandro (1727-1799),
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