Meuccio Ruini

Meuccio Ruini

MEUCCIO RUINI Il Consiglio Na zionale dell’Economia e del Lavoro Scritti e discorsi (1947-1959) Coi saggi di M. RUINI: Per un movimento radicale e socialista (1906) e Il Consiglio Nazionale del Lavoro (1920) Prefazione di Silvano Veronese Introduzione a cura di Paolo Bagnoli 2013 2 INDICE Al lettore pag. 5 Prefazione pag. 7 Introduzione pag. 11 Nota bibliografica pag. 29 Scritti e discorsi: pag. 31 1 – Sul progetto di Costituzione della Repubblica Italiana (a proposito del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) pag. 33 2 – Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, commento all’art. 99 della Costituzione pag. 37 3 – Sul disegno di legge “Ordinamento e attribuzioni del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro” pag. 57 4 - Discorso d’insediamento della Prima Consiliatura del CNEL pag. 63 5 – Che cos’è il CNEL? pag. 73 6 – Il CNEL e la funzione legislativa pag. 81 Saggi: pag. 87 1 – Per un movimento radicale-socialista pag. 89 2 – Il Consiglio Nazionale del Lavoro pag. 119 3 4 Al lettore Per iniziativa dell’ “Associazione Articolo Novantanove” che raccoglie coloro che sono stati consiglieri del CNEL è stato promosso questo volume in ricordo di Meuccio Ruini che del CNEL può considerarsi un po’ il padre e di cui fu, pure, il primo presidente. Il libro si articola in due parti: nella prima vengono riportati discorsi e scritti di Ruini sul CNEL; nella seconda sono ripubblicati due saggi, assai lontani nel tempo tra loro, essendo il primo del 1906 e il secondo del 1920, che costituiscono, nell’ambito della ricchissima bibliografia ruiniana, i testi che ci dicono come l’idea di dotare il Paese di un organismo quale il CNEL, costituzionalizzato poi nell’art.99 della nostra Carta, abbia in Ruini radici lontane, motivate e ben salde in tutto il corso della propria esistenza. Nel congedare queste pagine al curatore corre l’obbligo di ringraziare, per gli aiuti ricevuti, in primo luogo l’”Associazione Articolo Novantanove” per la fattiva collaborazione ricevuta e la disponibilità il suo segretario, Elio Ciaccia; il dott. Lauro Rossi, vice-direttore della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea di Roma nonché il personale della Biblioteca del CNEL, della Biblioteca del Senato e della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia che custodisce l’Archivio di Meuccio Ruini. Un caro grazie anche al dott. Lapo Bagnoli, al dott. Mirco Bianchi e alla dott.ssa Tatiana Naldi. Infine, ci sia consentito di formulare l’augurio che queste pagine non rappresentino solo un omaggio a Meuccio Ruini, la cui figura appartiene oramai alla vita culturale, politica e istituzionale del nostro Paese, ma anche l’occasione per germogliare una riflessione più ampia di natura civile e istituzionale dati gli spunti e i motivi che gli scritti presentano per la sorprendente consonanza con temi e problemi del nostro presente. Paolo Bagnoli Associazione Articolo Novantanove Villa Lubin Roma, autunno 2012 5 6 PREFAZIONE Il pensiero e l’opera di una personalità poliedrica di grande spessore culturale e politico, un “padre” della Repubblica e statista illuminato come Meuccio Ruini sono stati trattati in una ricchissima bibliografia. E non potrebbe essere diversamente considerato il Suo alto contributo ed il Suo lungo impegno al servizio del Paese. Meuccio Ruini è stato, tra i tanti prestigiosi incarichi pubblici ricoperti prima e dopo il ventennio fascista e nell’Italia repubblicana, il primo Presidente del CNEL voluto nel 1958 dal Governo Zoli, anche perché – quale Presidente della Commissione redigente la Costituzione (detta dei “75”) – fu il “padre” della norma (l’art.99) che istituì il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. L’Associazione dei già Consiglieri del CNEL ha voluto, in questo periodo straordinariamente impegnativo per la democrazia e la coesione sociale del nostro Paese, rendergli un doveroso omaggio ripercorrendo le ragioni istituzionali, economiche e sociali che su suo determinante impulso ispirarono la scelta di dotare la Repubblica italiana di questa Istituzione. Paolo Bagnoli nel breve, ma puntuale ed approfondito saggio, ci inoltra nel complicato percorso istituzionale, ma anche nella analisi del pensiero e della sensibilità politica e sociale del Presidente Ruini che ispirarono la scelta di introdurre nella Costituzione alcuni Organi definiti “ausiliari” tra cui il CNEL. Parliamo di percorso complicato poiché non pochi erano i contrari o i diffidenti in quanto vedevano erroneamente in questo nuovo organismo la continuazione della decaduta e fascista Camera delle Corporazioni. Ma poi Paolo Bagnoli lascia “parlare” l’illustre personaggio con i suoi scritti e interventi parlamentari sull’argomento, lascia spazio al “ragionare” di Meuccio Ruini - che data dagli albori del secolo scorso, quindi ben prima dell’avvento del fascismo - sulla “democrazia integrale” (che oggi chiameremmo una democrazia compiuta) quale opportuno allargamento della democrazia politica al campo della rappresentanza organizzata degli interessi economico-produttivi e sociali. La discussione, la definizione e l’approvazione dell’art. 99 fu uno dei passaggi “caldi” affrontati nei lavori della Costituente, prima nella Commissione redigente “dei 75” e successivamente nel dibattito in Assemblea. La saggezza e la sensibilità politica e istituzionale del Presidente Ruini permise di giungere ad una mediazione equilibrata tra le relazioni e le proposte (spesso molto divergenti tra di loro) di 7 eminenti costituenti quali erano Mortati, Fanfani, Clerici, Di Vittorio, Paratore, Lussu, Casati, Morandi, Terracini, Parri e altri ancora. La soluzione – per certi versi obbligatoriamente di linee generali – lasciava alla successiva legge istitutiva il compito di esplicitare e puntualizzare al meglio in una visione dinamica delle trasformazioni dell’economia e del lavoro funzioni e poteri del CNEL. La prima legge di attuazione dell’art.99 procurò in Ruini non poche delusioni e preoccupazioni circa il futuro dell’Organo (come dargli torto viste le vicende degli anni a seguire che hanno investito il CNEL ?). Il dibattito in Parlamento fu sostanzialmente dominato da indirizzi non favorevoli al nuovo organismo, erano mutate rispetto al clima della Costituente le condizioni politiche, culturali e sociali e le spinte “tecnicistiche” erano più accentuate rispetto alle istanze “partecipazionistiche” tanto che molti parlarono “di svuotamento, deviazione e burocratizzazione” della norma costituzionale. Ma c’è anche nel pensiero del Presidente Ruini (si leggano attentamente il discorso di insediamento della prima consiliatura e i due scritti sul “cos’è” il CNEL) una attualissima indicazione per affrontare questioni che ricorrono negli odierni problemi. Colpisce l’attualità dei suggerimenti e moniti su vari aspetti istituzionali: sulla deriva “partitocratica”, sulla crisi della rappresentanza, sul decentramento e sul federalismo, sulla necessità della coesione sociale e, quindi, sul valore – in questo contesto – del ruolo e della funzione di un organo quale il CNEL. Al riguardo, con la moderazione ed il buon senso proprio del suo particolare “riformismo” democratico Ruini ammette, nel contempo, che la Costituzione non è perfetta perché segnata dal momento storico in cui è stata partorita. Da ciò discende per Ruini che la Carta non è intangibile ed immodificabile, ma che se occorre porvi mano occorre farlo con la sensibilità, con lo spirito, con la cognizione di merito, con il rispetto dei valori universali con cui la definirono i Padri fondatori della Repubblica. E tutto questo – aggiungiamo noi – vale anche per il CNEL. Fin dal 1906, Meuccio Ruini diede il suo contributo di studioso e di uomo politico per la la nascita di un organismo similare, nel quadro di un riordinamento più moderno dello Stato di allora per “favorirne l’evoluzione anche in relazione alle mutate condizioni sociali” per dirla con le parole del Presidente del Consiglio dell’epoca Zanardelli, ma – secondo Ruini – anche per dare alle forze vive del lavoro e dell’economia la possibilità di partecipare all’attività delle Istituzioni. Dal 1902 esisteva un Consiglio superiore del Lavoro che si era aggiunto ad un preesistente Consiglio dell’Industria e del Commercio, ma secondo alcuni uomini politici (Abbiate, Beneduce, 8 Labriola e lo stesso Ruini) detti organismi erano inadeguati a raggiungere gli scopi sopraricordati. Nel maggio del 1919, in qualità di Sottosegretario al Lavoro del Governo Nitti, Meuccio Ruini – nel solco di suoi precedenti saggi – si attivò affinché si creasse un Organo che – attraverso la rappresentanza organica degli interessi – potesse allargare gli spazi di partecipazione democratica fino ad ipotizzare che tale organismo potesse sostituire (quale 2^ Camera) il Senato, allora di esclusiva nomina regia. Meuccio Ruini si sentiva riformista-prampoliniano, ma non si iscrisse mai al Partito socialista perché non ne condivideva le posizioni delle correnti massimaliste ed estremiste che propugnavano la lotta di classe. Era convinto che le battaglie di avanzamento sociale dovevano essere rapportate all’interesse generale o bene comune e in forme democratiche (oggi si direbbe attraverso le politiche di concertazione). Guardava ad un nuovo corso economico e sociale nel quale il proletariato operaio si faceva “Stato”, si accordava o cooperava con la piccola e media borghesia produttiva per una “nuova e moderna idea dell’Italia”. La cooperazione tra i ceti produttivi e i lavoratori atta all’accrescimento della produzione e del benessere nazionale era per Ruini condizione inevitabile per il miglioramento

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