FERRARI 330 P4 E' certamente riduttivo considerare la Ferrari 330 P4 una semplice auto da corsa. Essa è divenuta col passare degli anni un'autentica icona dell'automobilismo sportivo, entrando a pieno diritto nel ristretto novero delle “Cult Car” in compagnia di altre poche leggendarie vetture come la Ford GT4O e la Porche 917. Presentata ufficialmente il 26 gennaio 1967 a Maranello nel cortile della fabbrica, la Ferrari 330 P4 era la logica evoluzione della 330 P3 del 1966, vettura validissima ma sfortunata in più di un'occasione. Esteriormente ne ricalcava i concetti costruttivi di base, affinandone alcuni aspetti: le linee tondeggianti della carrozzeria, con l'avvolgente parabrezza emisferico, la coda tronca e le originali prese d'aria ricavate nelle portiere, erano comuni ad entrambe le macchine. Il passo, di 2400 mm, era identico, ma la P4 era leggermente più lunga, larga ed alta della sua progenitrice. Le carreggiate erano state allargate per accogliere le nuove coperture Firestone, ben più larghe delle precedenti Dunlop. I nuovi pneumatici americani erano montati su cerchi in Elektron di disegno inedito prodotti dalla Campagnolo, e proprio questi ultimi permettevano di distinguere al primo sguardo la P4 dalla P3. La macchina del '66 risultava anche più leggera (720kg contro 792) del nuovo prototipo, ma le innovazioni erano tutte celate dalla splendida carrozzeria in alluminio realizzata da Piero Drogo: il motore 12 cilindri a V di 60° di 3989 cc. Era dotato di nuove testate con tre valvole per cilindro (due di aspirazione, una di scarico), provate dalla Ferrari in Formula 1 nel vittorioso Gran Premio di Italia 1966 ma mai viste prima su di una vettura Sport-Prototipo. Ciò fornì a parità di regime di rotazione un sensibile aumento di potenza disponibile (450 cv contro i 420 della P3), e quindi un rapporto peso- potenza pressoché identico (1,777 kg/cv e 1,714 per la P3). L'alimentazione era fornita da un nuovo impianto di iniezione indiretta Lucas, l'accensione era doppia, con due spinterogeni e quattro bobine. La trasmissione, a cinque rapporti più retromarcia, era completamente nuova, interamente progettata e realizzata a Maranello dall'equipe tecnica capeggiata da Mauro Forghieri, mentre la P3 era dotata di un cambio ZF di fabbricazione tedesca, fonte dei principali problemi della vettura. I freni posteriori, a disco autoventilati, vennero tolti dai lati del cambio e ricollocati sulle ruote. La somiglianza tra le due vetture era comunque notevole. A distinguerle, a parte il disegno dei cerchi, erano le carenature dei fari più piccole nella P4, il numero di feritoie di ventilazione ai lati della coda (sette per la P4, otto per la P3), il pannello di coda (nella P4 un'unica apertura a differenza delle due della P3), la calandra più piccola nella nuova vettura. Il primo esemplare di 330 P4 recava il numero di telaio 0846, ed era in realtà uno chassis P3 modificato nella struttura e nelle sospensioni. Carrozzato da Drogo in versione spider, fu spedito in dicembre in Florida per effettuare dei collaudi finanziati dalla Firestone sulla pista di Daytona, teatro della prima prova valevole per il Campionato Mondiale Marche 1967. Al volante della macchina si alternarono Lorenzo Bandini, Ludovico Scarfiotti, il pilota- ingegnere Mike Parkes ed il neo assunto Chris Amon, strappato alla concorrente Ford con la quale aveva vinto a Le Mans nel '66. La nuova P4 rivelò subito le proprie qualità, girando a Daytona con regolarità e abbassando tutti i precedenti records. Pur trattandosi di test a porte chiuse (e la Ferrari si guardò bene dal pubblicizzarne gli ottimi riscontri) gli exploit velocistici della P4 trapelarono ugualmente, allarmando non poco gli ambienti Ford, che così decisero di potenziare le proprie Mark II in attesa dell'ultimazione del nuovo prototipo, la Mark IV, nata dalle ceneri del discusso “J Project”. Il 4 febbraio la squadra Ferrari tornò in Florida per disputare la 24 ore di Daytona, affiancando allo spider 0846 la berlinetta 0856 , la prima vera P4 presentata a Maranello pochi giorni prima. La Ferrari decise, inoltre, di vendere alle scuderie private alcune P3 aggiornate al '67, utilizzando la carrozzeria ed i cerchi Campagnolo delle nuove P4 e conservando il motore a 24 valvole ed il cambio ZF della vecchia vettura. Denominate ufficialmente 412P, ma note anche come “P3/4”, erano esteriormente pressoché identiche alle P4: unici particolari discriminanti, una sola, piccola feritoia sulla calandra ed un'accennata carenatura alla base del tergicristallo. I primi due esemplari della 412P, con i telai ex-P3 0844 e 0850, vennero ceduti rispettivamente al NART e all'Ecurie Francorchamps per esordire a Daytona. Successivamente, altre due vetture, la 0848 e la 0854, furono allestite per la Scuderia Filipinefti e la Maranello Concessionaires. Alla 24 ore di Daytona la compagine Ferrari era, quindi, costituita da due P4 ufficiali, uno spider per Amon-Bandini ed una berlinetta per Parkes-Scarfiotti, e due 412P, quella rossa del NART per Rodriguez-Guichet e la gialla della scuderia belga per Mairesse-”Beurlys”, oltre a due vecchie 365P. Lo schieramento avversario contava sei Ford Mark II ufficiali e due Chaparral, che faceva esordire la sua nuova 2F, oltre all'agguerrita squadra Porsche, che portava al debutto il modello 910. In gara solo la nuova Chaparral 2F diede del filo da torcere alle P4 finché un incidente non la costrinse a dare forfait. Per le Ford fu una disfatta totale: l'unica macchina ufficiale al traguardo giunse settima, mentre le altre cinque furono costrette al ritiro per il cedimento della trasmissione. La vittoria arrise alla P4 spider di Amon-Bandini, seguita dalla berlinetta ufficiale e dalla 412P NART: i tre prototipi tagliarono il traguardo in formazione, in un arrivo ben orchestrato dal neo- direttore sportivo Franco Lini, restituendo alla Ford l'onta della sconfitta di Le Mans del giugno '66. La foto ufficiale dell'arrivo in parata delle Ferrari fece il giro del mondo e la vittoria a Daytona delle P4 rimane tutt'oggi tra le più memorabili nella lunga storia della Casa di Maranello. Affrettando i tempi, la Ford fece esordire a Sebring la nuova Mark IV, che vinse agevolmente non essendo presente la squadra ufficiale Ferrari. Infatti il Costruttore modenese, su suggerimento di Forghieri, preferì disertare la dodici ore di Sebring per preparare al meglio due nuovi esemplari di P4, recanti i numeri di telaio 0858 e 0860: così facendo, con quattro esemplari della nuova vettura, due sarebbero sempre stati disponibili per le competizioni mentre, gli altri due, potevano tranquillamente essere revisionati. Il primo confronto fra la nuova Mark IV e la P4 avvenne il 9 aprile 1967 in occasione delle prove preliminari della 24 ore di Le Mans. Carroll Shelby, a capo del team americano, rimase sbigottito dai tempi registrati dai prototipi modenesi: Bandini alla guida dello spider 0846 stabilì il nuovo record sul giro in 3 '25”5, quasi cinque secondi più veloce del precedente primato di Dan Gurney su Mark Il, mentre Mike Parkes al volante della berlinetta fu secondo con 3 '27”6. Monza fu teatro della terza prova del campionato mondiale. Alla 1000 km del 25 aprile le due P4 ufficiali, entrambe in versione berlinetta (0856 e 0858), colsero una nuova affermazione, facilitate dall'assenza delle Ford ufficiali. Oltre alla 412P del NART, venne iscritta alla classica monzese anche la nuova vettura della Filipinetti (0848) per Vaccarella-Muller, quarta al traguardo dopo aver perso il terzo posto per un testacoda del pilota siciliano. Probabilmente la 1000 km di Spa fu sottovalutata dal team Ferrari: poiché gli avversari in campo si riducevano all'unica Chaparral 2F ed a due Mirage 5700 di John Wyer, la squadra italiana mandò in Belgio un solo esemplare di P4 (la berlinetta 0856) per Parkes-Scarfiotti dopo una prestazione opaca fin dalle prove, si classiflcò solo quinta, attardata da noie al cambio, mentre a vincere sul bagnatissimo circuito delle Ardenne fu la Mirage di Jacky Ickx. Meglio dell'unica P4 ufficiale fece la 412P della Maranello Concessionaires (0854) di Bianchi-Attwood, terza al traguardo, mentre la gialla dell'Ecurie Francorchamps (0850) guidata da Willy Mairesse finì interamente distrutta da un incidente mentre dava la caccia alla Mirage battistrada. Partecipò alla Targa Florio ancora un solo esemplare di P4 per Vaccarella-Scarfiotti: pochi giorni prima la Ferrari aveva perduto Lorenzo Bandini, imprigionato nel rogo della sua 312 F1 nel GP di Monaco. La possibile vittoria della P4 in terra siciliana venne vanificata da un errore di guida di Nino Vaccarella che, urtando un marciapiede a Collesano, distrusse due ruote e sospensione posteriore. L'unico altro prototipo Ferrari in gara, il 412P Filipinetti di Guichet-Muller era al comando quando il francese finì in testacoda, per poi ritirarsi a causa della rottura di un giunto. Il successivo appuntamento del campionato mondiale, la 1000 km del Nurburgring, venne disertato, oltre che dalle Ford ufficiali, anche dalla Ferrari per preparare al meglio la corsa più importante della stagione: la 24 ore di Le Mans. La Ford aveva deciso di sacrificare la partecipazione a quasi tutte le gare valide per il campionato proprio per confermare indiscutibilmente la propria superiorità nella classica francese, ma anche la Ferrari pur senza le capacità economiche del colosso di Detroit non lesinò sforzi ed impegno per essere competitiva con i suoI prototipi 4 litri contro le 7 litri americane. Allo schieramento statunitense, che contava quattro nuove Mark IV e tre Mark IIB, più due Mirage Ford e quattro GT4O private, la Ferrari contrappose quattro P4 ufficiali (anche se la 0856 risultava iscritta dall'Ecurie Francorchamps) e tre 412P private, ulteriormente aggiornate e dotate quindi anch'esse, come le P4, del cambio Ferrari in sostituzione del Vecchio ZF, da sempre fonte di problemi.
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