Danza in Video Forme E Modelli Della Danza Televisiva Dal 1954 Ad Oggi

Danza in Video Forme E Modelli Della Danza Televisiva Dal 1954 Ad Oggi

Danza in video Forme e modelli della danza televisiva dal 1954 ad oggi Facoltà di Lettere e Filosofia Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo Corso di laurea magistrale in Spettacolo, Moda e Arti Digitali Cattedra di Ricerche di storia del teatro e della danza Candidata Caterina Giangrasso 1679306 Relatrice Correlatore Prof.ssa Annamaria Corea Prof. Andrea Minuz A. A. 2016/2017 Indice Introduzione 2 1. La danza e il video: definizioni e destinazioni 1.1 La danza sullo schermo 7 1.2 Gli esordi della danza al cinema: tra avanguardia e musical 10 1.3 La videodanza: una definizione inafferrabile 23 1.4 La videodanza italiana. Esempi e occasioni di confronto 28 1.5 Repertorio in video 32 2. La danza nella televisione italiana 2.1 La danza in Italia nella seconda metà del Novecento 36 2.2 La danza nella televisione italiana 42 2.3 In principio fu il varietà 46 2.4 L’infotainment per divulgare la danza 72 2.5 Il talent show: breve storia e mutamenti 86 3.La danza e le pratiche di comunicazione in video oggi 3.1 La danza di serie A e la danza di serie B: una questione di gusto? 97 3.2 Lo spettatore, la popolarità dei divi, l’evento di danza 104 3.3 Una riflessione sull’uso del corpo danzante in televisione 111 3.4 Forme della danza tecnologica e digitale 114 3.5 Regie a confronto 120 Appendice Conversazione con Francesca Pedroni 126 Catalogazione ore di trasmissione di danza e relativi dati d’ascolto 141 Catalogazione materiale filmato e trasmesso da Maratona d’Estate 155 Appendice iconografica 177 Bibliografia 199 Ringraziamenti 205 1 Introduzione Analizzare criticamente i rapporti intercorsi tra danza e televisione è l’obiettivo che si prefigura questo lavoro e che prende vita e spunto dalla constatazione che anche studiare la danza in una prospettiva storica e teorica senza praticarla come esperienza corporea può essere un’avventura fatta di scoperte, coinvolgimento e passione. Un aspetto, questo, che all’inizio del mio percorso di studi universitari di II° livello non avevo considerato e che non mi aspettavo. In particolare, il corso di Ricerche di Storia della Danza, tenuto dalla Professoressa Annamaria Corea, ha stimolato il desiderio della ricerca storica, da effettuare in prima persona, per stabilire un legame ancora più profondo con gli studi effettuati. L’interesse per questo specifico ambito di ricerca è spinto dalla curiosità di storicizzare e riflettere su un tema ancora poco esplorato dagli studi di danza italiani. La motivazione mai velata del presente lavoro, infatti, è quella di voler legittimare storicamente qualcosa che tuttavia non è mai stato ritenuto all’altezza degli studi di settore sulla danza, i quali non hanno contemplato l’intrattenimento come parte integrante di un processo che ha contribuito allo sviluppo di stili e tendenze dell’arte tersicorea. Dalle ricerche condotte in fase preliminare risulta che oltre alle puntuali ma brevi disamine più specifiche sulle circostanze televisive, firmate da studiosi quali, ad esempio, Alessandro Pontremoli e Elisa Vaccarino, si è – specialmente negli ultimi tempi – privilegiato un campo di ricerca volto a contestualizzare gli esiti dell’uso della tecnologia digitale all’interno dell’arte della danza, come testimoniano gli studi di Enrico Pitozzi, Pietro Montani, Letizia Gioia Monda e Armando Menicacci, per citarne alcuni a titolo esemplificativo. Altro motore di attrazione che ha contribuito ad alimentare la mia curiosità nei confronti di questo settore è il fascino che ha esercitato su di me la figura di Vittoria Ottolenghi, la sua dote comunicativa orale e scritta, il suo punto di vista sul mondo della danza, anche quando è traslitterato in video e in televisione. Non di meno, ha avuto la sua influenza nel determinare la scelta di questo argomento, la base dei miei studi universitari, quelli che mi hanno permesso di conseguire la laurea triennale in 2 Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Salerno (con peculiare indirizzo orientato a fornire maggiori strumenti teorici sulla sociologia, i processi culturali e i mass media), la quale ha vincolato la chiave di lettura di alcuni passaggi e ha decretato il mio personale bisogno di attribuire alla danza una funzione comunicativa concreta e di tipo divulgativo, oltre che innegabilmente culturale. Nell’affrontare questo argomento si è rinunciato a cercare di trattare tout court tutte quelle connessioni fra danza e video, decidendo di escludere alcuni esiti cinematografici, come possono essere quelli del cinema narrativo e di fiction, e ci si è concentrati su quelli che hanno avuto maggiori intersezioni con i format televisivi. Nel primo capitolo si è esaminato, all’interno dei confini dettati storicamente dalla nascita del cinema, l’originario collegamento tra l’arte del movimento del corpo e l’arte del movimento della macchina, con un focus incentrato sulle correnti del cinema d’avanguardia e del musical. Altresì, si è resa necessaria l’estensione ad una definizione più ampia e dettagliata del termine “videodanza” e delle sue concatenate esperienze, in particolare riferite alle realtà italiane. In ultimo si è fornito brevemente un quadro sull’uso del video come strumento utile alla creazione e conservazione di un repertorio, con riferimenti con cui si è entrati in contatto la prima volta in occasione del Convegno Internazionale Immaginare la danza. Corpi e visioni nell’era digitale, a cura del Professor Vito Di Bernardi, tenutosi il 3 e il 4 dicembre 2015 presso il nostro Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo dell’Università La Sapienza. Il secondo capitolo propone una suddivisione basata sui format di riferimento individuati nella storia della televisione italiana: varietà, infotainment e talent show. Questa divisione per generi si è operata tenendo conto di un ordine cronologico, a partire dal 1954 ai giorni nostri, e di un elevato tasso di ibridazione che da un certo punto in poi ha inciso sui diversi prodotti proposti dai palinsesti televisivi. Il varietà, con le sue origini teatrali, si è imposto come genere fin dagli albori della televisione, raccogliendo successo e contribuendo all’affermazione di personaggi televisivi fortemente radicati nell’immaginario collettivo, come le gemelle Kessler e Raffaella Carrà, e rilevando l’importanza di registi come Antonello Falqui ed Enzo Trapani e di coreografi prestati alla regia come Gino Landi e Franco Miseria, fino al suo decadimento negli anni ’80 quando si sono sovvertite alcune logiche dell’intrattenimento. Oggi, potremmo dire, il varietà vive in saltuarie occasioni come 3 gli show a serata unica o fa la sua degna incursione in altri generi di format dalla natura ibrida e mutevole. L’infotainment, quel particolare format televisivo che unisce all’aspetto dell’informazione quello dell’intrattenimento, vede, per quel che riguarda la danza, nella trasmissione Maratona d’Estate, ideata, curata e condotta da Vittoria Ottolenghi, la sua migliore rappresentazione. Con un modello assimilabile sia al documentario, sia al modello dell’infotainment, sono nate emittenti – come Tele +3, Classica, Rai 5 – che hanno prodotto e trasmesso format in cui si sono mescolati e sommati l’infotainment televisivo e il documentario cinematografico per dare vita a programmazioni specifiche non solo sulla danza, ma anche sul teatro di prosa, l’opera lirica e tutti quei prodotti artistici che in televisione hanno avuto spazi esigui. Infine, la breve storia e i mutamenti del talent show, con un intervento esclusivamente destinato a inquadrare un fenomeno che, radicato nella contemporaneità, abusa di linguaggi e codici – per quel che spetta alla danza – non da considerare illusori perché creatori di mondi inesistenti, ma in quanto creatori di “altri mondi” dalle sembianze reali che eppure sono effettivamente tali solo all’interno delle dinamiche della macchina televisiva e non sempre al di fuori. La tesi è costituita, poi, da un terzo capitolo all’interno del quale vengono tracciate e discusse le pratiche della divulgazione della danza attraverso il video sempre in riferimento alla suddivisione di generi effettuata nel capitolo precedente. Si va a trattare, per questo, la questione del gusto per la danza maturato grazie all’ampia diffusione garantita dalla televisione e di qui una serie di riflessioni e analisi sulla dimensione dello spettatore, sul concetto di popolarità per la danza in tv e sull’uso del corpo danzante in questa precisa circostanza. Per completezza si è voluto inserire anche un’indagine riguardo le forme più avanzate e affermate della tecnologia video-digitale ai giorni nostri, che nella danza individua un’interlocutrice speciale con cui dialogare su un doppio binario: quello in cui la tecnologia video-digitale è coadiuvante l’esito performativo sulla scena e quello in cui essa stessa è solamente risoluzione funzionale. Da ultimo, un paragrafo sull’aspetto registico, per individuare anche qui le peculiarità specifiche della danza, anche oltre la sua diffusione attraverso il video e la televisione, senza dimenticare il cinema. 4 L’appendice comprende una lunga intervista da me condotta a Francesca Pedroni – giornalista, critico, autrice e regista – una delle più autorevoli voci in grado di esprimersi sulla danza televisiva, perché grazie al successo dei suoi documentari Danza in Scena, prodotti dall’emittente Classica dell’azienda Sky, è arrivata a firmare la regia del film per il cinema Roberto Bolle. L’Arte della Danza, distribuito da Nexo Digital e finalista dei Nastri d’Argento 2016, ricevendo ampi consensi di pubblico e di critica sia cinematografica che di danza. In coda, poi, a testimoniare quanto esplicitato nel testo una catalogazione di dati, rinvenuti negli archivi: dal materiale filmato per Maratona d’Estate, fino ad un estratto esemplificativo delle ore di trasmissione della Rai dedicate alla danza, passando per una campionatura di dati d’ascolto ufficiali. Per le ricerche effettuate, al fine di avere uno sguardo il più completo possibile sugli esiti effettivamente prodotti della danza in televisione, è stato indispensabile usufruire dell’archivio video-multimediale Rai Teche e di quello dell’ente pubblico della Discoteca di Stato, ora Istituto per i Beni Sonori e Audiovisivi, entrambi situati a Roma.

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