N.15 Novembre 2015

N.15 Novembre 2015

prima di tutto Magazine del Comitato Tricolore per gli Italiani nel Mondo Italiani Anno II Numero 15 - Novembre 2015 ONORE ALL’ITALIANA CHE HA PERSO LA VITA NEGLI ATTACCHI DI PARIGI IL FONDO Il politicamente WWW.PRIMADITUTTOITALIANI.COM corretto che non sconfigge l’Isis di Roberto Menia ome ha fatto ogni uomo giusto e libe- POLEMICAMENTE Cro, abbiamo pregato Ciao Valeria per Parigi e per le vittime Irpinia, una vergogna innocenti della follia islami- sta. Attoniti, ci siamo chiesti lunga 35 anni cosa sia giusto dire. E cosa di Francesco De Palo sia giusto fare. Se l’aggressio- e 19,34 è l’orario in cui il 23 no- ne all’Occidente, alla nostre vembre del 1980 la terra tremò libertà, ai nostri costumi, alle in Campania e Basilicata, con nostre leggi, alla nostra tradi- L epicentro in Irpinia. Novanta inter- zione, dovesse farci cambiare minabili secondi al termine dei quali il nostro modo di essere e di il bilancio fu di tremila morti, novemi- vivere avrebbero vinto loro, i la feriti, trecentomila cittadini rimasti terroristi fanatici. Ha ragione senza tetto e centocinquantamila abi- Papa Francesco a rispedire tazioni distrutte, senza contare interi al mittente i consigli di qual- paesi isolati per giorni e giorni. La ver- che “benpensante” che lo gogna italiana e di chi amministrava il consiglia di annullare il Giu- paese si rinviene in due dati. I ritardi bileo della misericordia che allucinanti dei soccorsi: tardivi, imba- si apre a Roma l’8 dicembre. razzanti e da terzo mondo a cui fece Non solo “maledetti” quel- da contraltare l’impegno epico dei vo- li che uccidono “in nome di lontari. Le promesse, lunghe e imba- dio”, ma soprattutto guai razzanti, della politica che ancora una per noi ad arretrare. Anche volta usò una tragedia immane per se Roma, la nostra Roma, tornaconti elettorali e biechi interes- potrebbe essere un bersa- si di facciata. Nel mezzo, un manipolo glio, e lo sappiamo da tem- di italiani, lasciati soli. Sono loro i veri po. Deve vincere il coraggio eroi di un mezzogiorno che porta ad- contro la paura, la fede con- dosso ancora oggi i segni di quel si- tro la follia, l’identità contro sma. Ma non nelle strade interrotte o il nulla, la vita contro la mor- nei paesi isolati, non in scale devasta- te. La nostra risposta, quella te o in murature da puntellare: bensì dell’Italia e dell’Europa all’ag- n grande dolore, doppio, anzi quadruplo. Una giovane vita spezzata dalla barba- rie “nazi-islamista”, una studentessa modello che aveva deciso di cercare fortu- nelle anime di chi credeva in qualcosa gressione islamista richiede e si è visto abbadonato. I trentacinque l’adozione di una strategia di Una in un’università straniera, una figlia che oggi manca tantissimo alla sua fami- glia e ai suoi amici. E, aggiungiamo, un’italiana che ha pagato con il bene più prezioso anni del terremoto in Irpinia devono alto profilo. E’ in gioco il fu- servire alla politica per guardarsi allo turo delle società europee, e questa follia omicida. La veneziana Valeria Solesin è il simbolo di questo “11 settembre europeo”, quando una notte buia e volgare ha portato via sospiri e sguardi, braccia e specchio, scoprirsi incapace e bugiar- occorrono “pensieri lunghi”. da. E chiedere “scusa”, una frase che Non bastano il giro di vite menti. Tutte cancellate dall’odio ideologico. Dedicare la nostra prima pagina a Valeria è sintomo di compostezza e dolore, ricordo e profondo rispetto. E’il momento del non dice più nessuno mentre invece sui controlli alle frontiere dovrebbe essere il rosario da recitare esterne dell’Ue e flessibilità profondo raccoglimento, questo, e dell’unità, della condivisione attorno ad un dolore e della consapevolezza di essere comunità. Italia, Francia, Europa, Mondo: unite come tutti i giorni. Compresi quelli in cui si di bilancio nelle spese per la chiedono i voti. sicurezza. Servono coraggio, una grande famiglia per onorare Valeria e altri centoventinove innocenti. visione lungimirante e, per- ché no, una grande risposta culturale. Bisogna compren- QUI FAROS di Fedra Maria dere che è dovere di tutto il mondo libero e civile an- osa fare di fronte ad mente “c’è la consapevolezza a criteri assoluti ed incontro- Ipse dixit nientare l’Isis e non si deve un concorso per infer- che certe situazioni produco- vertibili, insomma nel pieno aver paura di creare per dav- Cmieri che prevede la no soprattutto scoraggiamen- rispetto della legge (non ne vero una grande coalizione, messa a disposizione ave- fino ad oggi mai vista, che di ottantuno posti, di vamo «Nel mondo unisca Europa, Usa, Russia, questi settantacinque dubbi). Paesi Arabi. Ed è questa una a diplomati del grup- Ma la guerra da vincere non solo po linguistico tedesco, legge è si raccoglie sul terreno laggiù, ma anche solo tre per italiani e sempre a casa nostra. La strage di altri tre per ladini? Se giusta?” quel che si Parigi, figlia del diffondersi lo chiede il consiglie- Per il m nel vecchio continente del re regionale di L’Alto omento proselitismo jihadista presso Adige nel cuore, Ales- Urzì ha semina» i giovani musulmani cittadini- sandro Urzì, che sul presen- di seconda o terza generzio- proprio profilo facebook rac- to fra i giovani in cerca di tato una interrogazione ur- ne dei nostri paesi, dimostra conta la questione. E si pone occupazione, bravi, bravissimi gente. Ma al di là degli atti Luigi Settembrini che la politica di oscuramen- alcuni quesiti. Quale senti- ma appartenenti al gruppo burocratici, resta tanta ama- to della cultura... mento nasce? Indignazione, linguistico sbagliato. Ci viene rezza per quel concorso che (Continua a pag. 8) rabbia, fastidio? Più concreta- detto che tutto corrisponde si tinge di becera esclusione. 2 Prima di tutto Italiani n.15 Nov.’15 IL RACCONTO - La testimonianza di una voce dell’emigrazione, che dopo mezzo secolo è tornata nella sua Cropalati Dalla Calabria a Buenos Aires, la storia di Ida con l’Italia e l’Argentina nel cuore di Ida De Vincenzo aro Direttore, ho tanti ricor- di della mia infanzia e anche Cse qualche immagine si è can- cellata col passare del tempo, altre sono rimaste profondamente incise nella mia anima. Le voglio trasmet- tere affinché non siano dimenticate. Sono piccole storie, cose quotidiane, ma non per questo meno importanti. Sono le cose che ci aiutano a com- prendere la vita ed il carattere di una famiglia. Ogni storia ha una grande valore, molte sono simili ma nessu- na uguale. Potrei dire tante cose di mio padre, fu un uomo semplice e sensibile. Gli piaceva la natura, stare all’aperto e soprattutto la terra. La lavorava non tanto per necessità ma per l’amore che lo legava ad essa. Per lui ogni seme aveva valore. Lo cura- va con tanto amore e dedizione. Per contribuire all’economia familiare, coltivava dall’umile lattuga alle piante più preziose. Allevava conigli e maiali- ni d’India, e noi ragazzi ci affezionam- mo tanto a questi animaletti che non volevamo più mangiarli. Quindi mio padre smise di allevarli. Chissà se mio padre si privò di mangiare ciò che gli piaceva per non vedere le nostre la- crime? Ha sofferto tanto le conseguenze del- la guerra, evitava l’argomento dicen- do che erano cose tristi. Diceva sem- pre “maglio dimenticare”. Tuttavia il comune come operaio. Lavorava nella casse e bottiglie. Mio padre alle volte quando arrivò la linea 47 del pullman, suo atteggiamento cambiava quando manutenzione delle strade. E quando si sedeva su una di quelle casse e si ci fu una rivoluzione. Facevano tanto gli chiedevano della sua ferita di guer- lo prtendevano in giro, rispondeva metteva a scrivere alla famiglia in Ita- rumore che alle volte non si pote- ra. Era stato ferito in combattimento, sempre: “Voi non sapete che cosa si- lia, e gli raccontava quanto era bello va dormire, mio padre diceva che lo al gomito. Io mi sentivo orgogliosa gnifichi lavorare all’aperto: in inverno vivere qui. In certi momenti nei suoi facevano di proposito, e molte notti di avere un papà veterano di guerra. il freddo ti congela le ossa e d’estate il occhi traspariva una grande tristezza, dovette alzarsi e andare a protestare, Ma allo stesso tempo non riuscivo a catrame caldo sotto il sole inclemen- gli tornavano ricordi lontani: i suoi e ricordargli che anche lui lavorava capire come avesse potuto sparare a te ti brucia finanche l’anima”. monti, i costumi secolari, le leggen- e che si alzava alle 4,30 del mattino. un altro uomo. Un giorno, vincendo Avevamo anche un alimentari, che ci de; era abituato alle difficoltá della Ciononostante, spesso portava loro la mia timidezza, e senza misurare le aiutò tanto economicamene. La no- vita, e si difendeva dall’irremidiabile bevande fresche d’estate e calde d’in- parole gli chiesi come avesse potuto stra clientela era molto varia e tal- idealizzandolo. Quando gli mancava- verno. Quando si ammalò tutti veni- fare una cosa del genere. Mi guardò volta era difficile comunicare, spesso no poche righe alle fine della lettera, vano a trovarlo, non fu mai solo. Fu e vidi nei suoi occhi una grande ras- ci intendevamo a segni. Succedevano mi chiamava: “Vieni, vieni”. Voleva che un uomo molto rispettato; il suo ca- segnazione. Allora con grande convin- anche cose curiose, ricordo una con- scrivessi anch’io qualcosa alle zie, ma rattere aveva la semplicità di chi vive zione e parole semplici mi rispose: “Se versazione tra mia madre e una signo- all’epoca io ero troppo piccola e non la realtá, consapevole che non si può non gli avessi sparato io mi avrebbe ra paraguaiana che lavora lì vicino.

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