LIBERTA' E RICOSTRUZIONE Tutti i paesi della vallata del Santerno il 12 aprile 1945 furono finalmente liberi. Liberi di uscire dai rifugi e dalle cantine a goderci le belle giornate di sole e l'aria pura; regnava in tutti la grande voglia di fare, di ricostruire tutto ciò che l'orrore della guerra aveva distrutto. Ma qualche pericolo esisteva ancora, le mine antiuomo e anticarro provocavano invalidi e morte distruggendo anche intere famiglie. Le mine anticarro cosparse nella piana di Prato e nell'argine del Santerno fino a Campola. Le forti piogge e le piene del fiume asportavano il terreno dove erano state seppellite e alcune affioravano allo scoperto come bellissime cassettine rettangolari di lamiera colore giallo terra, lunga circa 1 mt. larga circa 10 - 12 cm. un vero invito e occasione per i contadini per farne una mangiatoia o abbeveratoio per i loro polli, conigli ecc. fu proprio così che i fratelli Bianconi, contadini di Campola, vennero attratti da questo bell'oggetto e si misero a lavorare per togliere il coperchio, ma all'improvviso uno scoppio tremendo uccise i due fratelli: Evaristo, Innocenzo e la moglie Ferri Giuseppina che aspettava un bambino di sei mesi. Tanti inesperti fecero la stessa fine. I contadini di Prato invece si improvvisarono sminatori, avevano imparato da qualche esperto e si dettero da fare per rendere di nuovo sicuri i loro campi, scavavano una fossa ne mettevano dentro una decina alla volta e ci davano fuoco; il fiume divideva i due poderi Ca' Di Per (Cadiperro) e Campola, in linea d'aria erano vicinissime e quindi, per evitare pericoli, preavvisavano sempre mio zio Augusto e noi familiari che eravamo a raccogliere la frutta: andavamo a proteggerci dentro il canale del mulino in attesa del grande boato e spostamento d'aria che ci passava sopra la testa togliendoci per un attimo il respiro. Ogni tanto qualche carro o mezzo pesante passava sopra a una di quelle che erano sepolte e questo fu proprio il caso di una trebbiatrice trainata da un trattore che passava da Prato per andare a trebbiare il grano in un podere vicino a Gesso. Anche il territorio di Borgo Tossignano era cosparso di mine antiuomo nei poderi di Marcina, la Compagnia e tanti altri posti inimmaginabili, queste purtroppo creavano tanti invalidi. I fratelli Dall'Osso Gianni e Mario erano i contadini della Compagnia, (podere dell'Opera Pia di Tossignano) che era tutto minato e loro con grande coraggio si improvvisarono sminatori, erano riusciti a capire che in piccoli spazi rotondi dove era sepolta la mina non cresceva l'erba e provvedevano a farla scoppiare sul posto. Gianni mi ha sempre raccontato che suo babbo all'improvviso sentì del terreno molle sotto i piedi e si accorse di essere sopra a una mina, Gianni che era lì vicino gli gridò: “Stai fermo lì!!! Non ti muovere”! Prese una corda e lo legò stretto stretto alla cintura e disse: “Quando ti do l'urlo e lo strappo buttati a terra”. La mina esplose ad un'altezza di mezzo uomo e così salvò la vita a suo padre. Un altro pericolo lo creavano alcuni personaggi che si erano impadroniti di armi abbandonate, fucili, fucili mitragliatori e altro che dalle colline di Budriolo ogni tanto si divertivano a sparare delle sporadiche sventagliate di proiettili; noi eravamo costretti a nasconderci per non rischiare la pelle. La sera si divertivano ad illuminare il cielo e il sottosuolo con pistole lanciarazzi; eravamo arrivati fino al punto che a Borgo Tossignano, un certo Barbieri Carlo si era portato a casa un autoblindo (Cingoletta) che teneva dentro al garage, che forse poi sperava di trasformarla per l'agricoltura. Questo abuso di armi fu protratto finché non si costituì di nuovo il corpo dei Carabinieri, che cominciarono a sequestrare queste armi pericolose e illecite. Qualcuno ebbe a che fare con la giustizia e finì in carcere. C'era tanto bisogno di costituire nuove regole pubbliche, si formarono comitati per avviare la scuola, la gestione del magazzino chiamato “Stracci America” capi di abbigliamento provenienti dall'America che venivano distribuiti alle famiglie più bisognose e dove c'erano bambini. Anche a noi vennero date maglie intime, un cappottino e un giubbetto. Un comitato gestiva la distribuzione alimentare: scatolette, latte in polvere, burro, cioccolato ecc. , aiuti provenienti dagli alleati. Nell' autunno 1945 fu riaperta la scuola elementare; l'unica che esisteva era allora la scuola “GIUSEPPE MENGONI” un vanto per Fontanelice, ma era stata resa inagibile dagli eventi bellici per cui optarono per la ex stazione ferroviaria dove faceva capolinea il trenino della S.A.F. Esternamente era segnata da qualche esplosione di granate alleate, all'interno si utilizzarono le aule meno scalcinate, perché l'intonaco si sgretolava e ogni tanto cadeva qualche calcinaccio. Ricordo che i ragazzi ripetenti più attempati 14-16 anni (uno lo chiamavamo babbo) quando l'insegnante era un po' distratto gli tiravano i calcinacci sulla cattedra oppure sul banco di qualche bella ragazzina cui facevano il filo. Terminai l'anno scolastico 1945-1946 con la maestra PASOTTI e il maestro MARTELLI, completando gli studi elementari. Ai miei genitori fu consigliato di continuare con la scuola; mi trovai di fronte a due scelte: il seminario o l'Avviamento Professionale che mi dava la possibilità di imparare un mestiere. Ero un bravo chierichetto e il mio parroco don Giuseppe Pifferi di S. Giovanni, sarebbe stato molto lieto se fossi entrato in seminario, ma ho riflettuto molto su questa scelta e ho pensato che poi un giorno volevo diventare babbo. Era diventata una battuta e quando me lo chiedevano si mettevano a ridere (ed oggi sono orgoglioso di essere diventato padre di due figlie: Carmen e Pamela). Nell'autunno 1946 scelsi l' Avviamento Professionale. Ora c'era un gran bisogno di lavorare e tutti in base alle proprie capacità cercavano un'occupazione, quasi tutte le famiglie avevano finito i loro risparmi. La vecchia moneta anteguerra era stata dichiarata fuori corso dalle forze alleate, le quali avevano messo in circolazione su tutto il territorio nazionale nuove banconote dette d'occupazione; tutti i guadagni da lavoro e da merci venivano pagati con questa moneta. In questo periodo arrivò l'arte del sapersi arrangiare, chi onestamente, altri in forma disonesta si dedicavano al mercato nero con il commercio di grano, bovini e tanti alimentari di prima necessità. Ricordo un commerciante di legna e carbone di Borgo Tossignano (che aveva avuto la fortuna di salvare il suo camion di media portata); una sera venne a parlare con babbo che conosceva molto bene come ex mugnaio ed esperto nel trattare quella merce; pregandolo, gli chiese se era disponibile nella tarda notte per scaricare i sacchi di grano dal suo camion proveniente dalla Toscana, certamente un carico non legale; mio babbo non seppe dire di no, ma accettò a malincuore. Babbo dipendente di Ravaglia Telemaco, dopo il conflitto sperava di riprendere il suo lavoro, ma non fu possibile perché il mulino era tutto danneggiato e non era più fornita la corrente industriale, i motori elettrici erano stati sabotati, l'unica energia elettrica disponibile era la 125 watt. per uso domestico e illuminazione pubblica che veniva erogata da una piccola centrale di Coniale (frazione di Firenzuola). Perciò dovette rinunciare al lavoro che amava tanto e scelse di fare l'operaio agricolo, perché da giovane era stato contadino con la sua famiglia nel podere Campola, dove sono nato anch'io, di proprietà dello stesso suo ex datore di lavoro. Il mulino venne poi affittato a un mugnaio di Sassoleone che si assunse tutti gli impegni tecnici e finanziari per rimetterlo in funzione. Stavano emergendo nuovi lavori e mestieri che davano degli ottimi guadagni; per esempio il famoso stracciaio ora anche raccoglitore di ottone, rame, ferro, pelli che passava alle case col suo sidecar e nelle frazioni specialmente dove c'erano state piazzate batterie di cannoni alleati che avevano lasciato nelle varie postazioni migliaia e migliaia di bossoli in ottone, prima proiettili sparati di vario calibro; una vera fortuna per i proprietari del fondo che li vendettero e grandi profitti per lo stracciaio. Nella nostra Vallata io ne ho conosciuto tre: Zuffa Armando e figli di S. Giovanni, Garavini Augusto (detto Mezzograno) di Borgo Tossignano e Dent Tun Bus (conosciuto solo col soprannome “Dentro a un Buco”) di Fabbrica (frazione di Imola). Anche per l'artigiano: muratore, fabbro, idraulico, falegname, imbianchino stava arrivando tanto lavoro; case nuove da costruire, tante da ristrutturare, tutto intorno un paese da ricostruire, semidistrutto dalla guerra. A Borgo Tossignano c'era una grossa cooperativa di muratori; il capo mastro era Zaccherini Ermanno, il presidente si chiamava Isaìa, col passare del tempo per vari motivi la cooperativa si sciolse, ma in seguito nacquero nuove imprese che voglio ricordare: ditta Poggi Luciano & Cesare Ronchi, Gigli Angelo & socio, Poggi Giovanni e figlio Giulio, Betti Gaspare, tutte imprese di ottimo livello che contribuirono alla ricostruzione edilizia della nostra vallata. Anche i miei genitori si davano da fare cercando sempre lavoro, mamma andava a raccogliere la frutta, babbo vangava il frutteto di Zuffa Arturo e con quei soldi riuscivano a mantenere la famiglia dando a me e a mio fratello Alvaro tutto quello che necessita a un ragazzo che va a scuola per non metterlo in stato d'inferiorità. Nel doposcuola e nel periodo delle vacanze 1945-1946 anche noi ci impegnavamo per dare il nostro contributo, ci organizzavamo coi nostri compagni e andavamo in cerca di spolette di ottone (ogive) che erano in cima ad ogni granata sparata dal cannone da Sud verso Nord; nello scoppio apriva un cratere rotondo e la spoletta rovente partiva proiettata in avanti di 30-40-50 cm.
Details
-
File Typepdf
-
Upload Time-
-
Content LanguagesEnglish
-
Upload UserAnonymous/Not logged-in
-
File Pages13 Page
-
File Size-