G. B. ARNAUDO CUNEO SOTTERRANEA Scene del VI assedio 1744 Il romanzo venne pubblicato nella: Rivista Subalpina di Scienze, Lettere, Arti, Industrie e Commercio Anno I - 1874 n. 1 e successivi; Anno II - 1875 n. 1 e successivi. La Rivista, periodico settimanale, edita dalla Tipografia Galimberti di Cuneo, venne fondata e diretta dal veneto Filippo Mazzoni nel 1874; l'Arnaudo, caporedattore, fu certamente tra coloro che maggiormente contribuirono ed animarono le pagine della rivista. Il periodico non ebbe lunga vita, cessò le pubblicazioni nel 1882. Nel 1928 ci fu una sorta di “rinascita”, con nuova veste grafica, arricchita di tante illustrazioni, ma dopo appena tre anni, la parola fine ebbe il sopravvento. *** La Sentinella delle Alpi del 28.6.1874 così informava i lettori: RIVISTA SUBALPINA Sappiamo che la Rivista Subalpina giornale ebdomadario di scienze, lettere ed arti, di cui abbiamo giorni sono annunziato la nascita pel 4 venturo luglio, nel suo primo numero, insieme a scritti di pregio, darà principio alla pubblicazione di un romanzo interessantissimo intitolato: CUNEO SOTTERRANEA, scritto dall'egregio nostro amico il sig. Gio Batt. Arnaudo. Il fecondo narratore, toccherà uno dei punti più memorevoli della storia cuneese e lo farà, siam certi, con quella bravura che oramai tutti gli riconoscono. Abbiamo quindi la certezza che la Rivista sarà benevolmente accolta, e noi le auguriamo fin d'ora lunga e prospera vita. Sul finire del 1915, il giornale medesimo annunciava che il romanzo sarebbe stato ri-pubblicato nell'anno successivo, arricchito di note da parte di Tancredi Galimberti, note che avrebbero mostrato in particolare le differenze e i cambiamenti della città dai tempi dell'assedio. Nel 1922, il 7 giugno, sempre sullo stesso quotidiano, è scritto che Maria, una delle figlie dell'Arnaudo, aveva fatto dono alla redazione di una copia del romanzo, annunciandone l'imminente pubblicazione (sul quotidiano). In entrambi i casi, le intenzioni rimasero tali e il romanzo non venne mai pubblicato. un'idea di Marco Bellone 2 PRELIMINARI Nelle pagine più gloriose e luttuose ad un tempo della storia del Piemonte sono registrate, esempio ammirando di costanza e di valore, le gesta dell’illustre Città di Cuneo, la quale, con diploma del 31 gennaio 1559, dichiarata una delle Città primarie del Piemonte da Emanuele Filiberto, si mantenne poi sempre fedele alla fama acquistata di essere l’inespugnabile baluardo del Piemonte. Questo suo merito incontrastato fu detto da un celebre nostro storico “privilegio quasi celeste” Sul finire del secolo XVII, cioè sei secoli appena dopo la sua fondazione, Cuneo contava già cinque assedi portati contro di essa dalle armi francesi, ed a cui sempre resistette vittoriosamente, aggiungendo una nuova palma ad ogni nuova prova. Cinque volte la potenza francese ebbe, ma invano, urtato contro le sue mura. Francesco I nel 1512, Enrico II nel 1557, Luigi XIII nel 1639 e 1641 per le guerre della reggenza, Luigi XIV nel 1691, impararono a loro spese che una piccola città può sfidare gli sforzi d’una nazione! Quando in essa battono generosi cuori in gagliardi petti. Lo storico Brantome aveva già scritto di Cuneo che essa era una città fatata e fatale alla Francia . Per una città di confine è il più grande elogio che essa potesse meritare. Nel 1744 Cuneo doveva subire un altro cozzo contro le forze unite di Francia e Spagna. Resistette eroicamente, e non cadde. Per quanto le deboli forze del nostro ingegno ce lo permettano, noi ci proponiamo di illustrare, sul filondente d’un romanzo storico, gli episodi più gloriosi di quel gloriosissimo assedio. Molti nomi che, a quel tempo, suonavano illustri e lodati, usciranno dall’ignobile oscurità dei poco noti manoscritti, per ricomparire nella luce più degna d’un pubblico racconto. 1 Sarà nostra cura di dare il voluto rilievo ai più interessanti particolari. Per l’esatta intelligenza di quanto imprendiamo a narrare, è necessario premettere alcuni preliminari storici. Non a tutti i nostri lettori incombe l’obbligo di sapere quali ragioni spinsero gli eserciti collegati di Francia e Spagna a rivarcare le Alpi, per opporre al baluardo antemurale del Piemonte le rovinose bocche delle loro artiglierie, e l’opera indefessa di un assedio sapientemente condotto per parte degli uni, eroicamente sventato per parte degli altri. Saremo brevi. Nei tempi anteriori alla Rivoluzione Francese era un sacrosanto canone politico universalmente ricevuto, considerare gli Stati come patrimonio universalmente ricevuto, considerare gli Stati come patrimonio dei principi. Tale funesto principio di diritto fu spesso cagione di scellerate guerre, le quali, mentre alimentavano le insaziabili cupidigie dei regnanti, dissanguavano ed impoverivano i popoli. Il secolo XVIII fu segnatamente celebre per le così dette guerre di successione. I primi anni del 1700 registrano nei loro annali la guerra per la successione di Spagna, non lunga per tempo, ma atroce pel sangue versato, e grave per le mutazioni prodotte. L'Italia, come al solito, fu l'arena prescelta per la cruenta lotta, ed il Piemonte, messo fa i due contendenti, se ne risentì più di qualunque altra parte della penisola. Ma la piccola nazione subalpina, educata da secoli a spiriti battaglieri, e da lungo tempo abituata alle abnegazioni, seppe venirne fuori con profitto ed onore. I nomi di Vittorio Amedeo II e di Eugenio di Savoia, l' abatino , rifulsero di maggior splendore, ed aggiunsero lustro alla casa dei fortunati nipoti di Beroldo. I trattati di Utrecht e Radstadt chiusero la guerra per la successione spagnola; alla quale venne dietro quella per la successione di Polonia terminata nel 1735. 1 Mi corre qui il dovere di ringraziare l’egregio signor Sindaco cav. Moschetti che mi permise di frugare negli archivi municipali, nonché l’erudito signor Bertano che mi indirizzò, facilitandomi la ricerca. 3 L'Europa ebbe tregua. Ma una nuova terribile guerra era presentita da tutti per la risoluzione della successione d'Austria, e le nazioni, nel minaccioso silenzio della breve sosta, affilarono le armi. Carlo VI imperatore d'Austria, lasciando offuscata la gloria della corona che aveva ricevuta dal suo fratello Giuseppe I splendida e possente. La cura massima del suo regno fu di assicurare sul capo di sua figlia Maria Teresa l'avito retaggio, con manifesta violazione dei patti di famiglia decretati nel 1703 da Leopoldo I e ratificati da Giuseppe e Carlo suoi figli; pei quali patti, le figliole del primogenito Giuseppe dovevano succedere nei domini ereditari a preferenza di quelle del secondogenito Carlo. Ma Carlo VI, non appena pervenne al trono per la morte di Giuseppe I, aveva decretato nel 1713, e pubblicato nel 1714 un ordine di successione, detto Sanzione Prammatica, per cui l'intiera monarchia doveva devolversi a Maria Teresa sua figlia maggiore, che andò poi sposa a Francesco duca di Lorena. L'unica cura della diplomazia imperiale, e l'oggetto primario dei negoziati fra le Corti fu il riconoscimento della Sanzione Prammatica. Carlo l'ottenne da pressochè tutte, ma il principe Eugenio colla sua franchezza gli diceva: “Sire, ad assicurare la successione, centomila uomini in armi valgono meglio di centomila trattati”. Ed il principe Eugenio mostrò di conoscere i suoi tempi. Maria Teresa salì al trono, e ben presto sorsero i pretendenti, contro i quali fu poi difesa dalla nobile nazione ungherese. Carlo Alberto di Baviera, Augusto III di Sassonia, Filippo V di Spagna, Federico II di Prussia, e finalmente Carlo Emanuele III duca di Savoia, succeduto a Vittorio Amedeo II che aveva abdicato, invocarono tutti la soddisfazione dei loro diritti. L'ambizioso Federico II, il fondatore della potenza prussiana, inaugurava il bellicoso suo regno entrando improvvisamente nella Slesia. Non è certamente nostra intenzione fare un racconto delle vicende della guerra per la successione austriaca. Ci limiteremo a narrare come il Piemonte si trovò ravvolto nella lotta. A casa Savoia competevano diritti sul ducato di Milano, derivanti da Catterina figlia di Filippo II di Spagna, stabiliti nel testamento di Carlo V. A far riconoscere e valere tali diritti ostavano però grandi difficoltà, perchè atti posteriori annullavano quasi il diploma di Carlo V, e, quel ch'è più, la regina Elisabetta di Spagna ambiva la corona lombarda per il principe Don Filippo suo secondogenito. Vi furono tentativi di negoziati e d'alleanze col Piemonte, finchè finalmente Carlo Emanuele III, considerando che non era nelle sue convenienze trovarsi prigioniero fra Borboni di Francia da una parte e Borboni di Spagna dall'altra, dopo avere alquanto temporeggiato, chiuse l'orecchio alle profferte di Francia della quale temeva l'ascendente, e si dichiarò, con stupore generale, per Maria Teresa. Avviò l'esercito sopra Piacenza, e mandò truppe a guarnire Pavia, Parma, ed i luoghi circostanti sgombrati dalle soldatesche imperiali. Don Filippo di Borbone pretendente al ducato di Milano, traversata la Francia, assalì con un esercito spagnolo la Savoia: Carlo Emanuele tornò in Lombardia, e lo respinse. Questi fatti appartengono al 1742. Nel febbraio seguente ebbe luogo la cruenta battaglia di Camposanto, senza risultato. Nel settembre del 1743, Carlo Emmanuele III, nel trattato di Worms, promise di difendere con quarantacinquemila uomini la Lombardia; l'Austria in contraccambio gli promise il Novarese, Piacenza, il marchesato di Finale, e quattro milioni annui di sussidio per tutto il tempo della guerra. Francia e Spagna mandarono contro Carlo Emmanuele III un nuovo esercito capitanato dal principe Don Filippo di Borbone e dal principe Conti nipote del gran Condè. Questi operò sulla lunga catena delle Alpi Marittime, comparendo ad un tempo nelle valli di Queyras e Briançon, per minacciare insieme le valli di Oulx, Po, Varaita, Macra, Stura e Gesso. L'entrata della valle di Stura, il cui sbocco domina Cuneo, era chiusa da trinceramenti conosciuti col nome di Barricate. Questi trinceramenti che si stendevano dalla Montagnetta fino alla Lubiera, erano coperti da un grande fossato, al di là del quale si erano costrutte 4 alcune frecce unite da palizzate, e protette da una batteria posta sopra un argine a sinistra.
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