Davanti a un’ingiustizia si soffocava nel cuore PARTE SECONDA Voci di donna e territori della memoria. Un percorso di storia orale al femminile tra fascismo, guerra e Resistenza Non più la guerra neh! La miseria ma non la guerra! Maddalena Draghi, Menconico 237 Davanti a un’ingiustizia si soffocava nel cuore Le testimoni e le interviste Il campione delle donne intervistate è stato abba- stanza ampio, più di una sessantina di pensionate(1), a cui si devono aggiungere le testimonianze raccolte da Luciana Fiammenghi, da Pierangelo Lombardi o dai ricercatori dell’Istituto per la storia dell’età contem- poranea di Sesto San Giovanni e quelle da noi regi- strate prima di questa ricerca(2). Certo rispetto all’uni- verso femminile, che ha vissuto il periodo storico in esame, e alle stesse iscritte al sindacato pensionati (Spi) provinciale, il nostro è soltanto un piccolo cam- pione. Si vuole comunque sottolineare come si sia ten- tata una strada per ora non ancora percorsa nella nostra provincia, almeno in queste dimensioni. Inoltre si è cercato di rendere il campione stesso più rappresenta- tivo possibile, innanzi tutto documentando il diverso contesto provinciale. Si sono raccolte interviste da donne residenti in trenta diversi comuni: Albuzzano, Broni, Canneto, Casorate Primo, Cassolnovo, Casteggio, Ceretto, Cervesina, Cilavegna, Cozzo, Ferrera, Gambolò, Gravellona, Linarolo, Mede, Menconico, Mortara, Ottobiano, Pavia, Pieve Porto Morone, Pizzale, Romagnese, Rosasco, San Giorgio, Sannazzaro De’ Burgondi, Santa Maria della Versa, Stradella, Vigevano, Voghera e Zeme. La fascia d’età più numerosa è stata quella collocata negli anni Venti, la testimone più anziana è nata nel 1910 e le più gio- vani nel 1934. Tutte le testimonianze sono state regi- strate e sono depositate nell’Archivio fonti orali dell’Istoreco di Pavia. Le interviste sono state individuali, salvo il caso 239 Davanti a un’ingiustizia si soffocava nel cuore di sorelle, cognate o donne presenti in gruppi già strut- turati, come in una casa di riposo (Casorate), un cen- tro Auser (Gravellona), una Università del tempo li- bero (Cilavegna). In quattro casi, come quello di sfol- late da Milano, ci siamo serviti delle registrazioni per- ché il trasferimento nella nostra provincia era stata causata dalla guerra. Quattro signore sono nate in al- tre zone del Nord Italia, ma sono immigrate da picco- le in cascine della Lomellina, divenendo testimoni del- le vicende locali. Queste presenze hanno comportato degli inevitabili sconfinamenti nei territori evocati dal- la loro memoria, d’altronde, specie per il periodo bel- lico, non è possibile affrontare la vita anche delle don- ne in ambito esclusivamente locale. La variabile età è stata la più condizionante: le po- che adulte negli anni Trenta e la consistente presenza di giovani, ha implicato una maggior accuratezza dei ricordi relativi alla guerra. Questo ha comportato la necessità di spostare il focus della ricerca, che in ori- gine aveva l’obiettivo di indagare le varie fasi del con- senso e poi di crisi del regime fascista. Come scrivo- no Giovanni Contini e Alfredo Martini: “se ogni pro- getto storiografico si modifica nel corso della ricerca, nel caso di una ricerca con fonti orali questa trasfor- mazione è certa e molto più radicale” (3). È quindi emer- sa una memoria che si è concentrata, anche se non esclusivamente, negli anni del conflitto. Il punto di vi- sta che le testimoni esprimevano al presente era lega- to alla percezione che esse avevano del ruolo giocato dalle donne in quella fase drammatica della storia ita- liana. Si tratta di una chiave di interpretazione del pas- sato che ogni testimone ha fatto propria. “Chi parla in- 240 Davanti a un’ingiustizia si soffocava nel cuore fatti, è costruito dalle sue esperienze successive, pro- prio per questo, difficilmente riesce a comunicarci il senso del suo vissuto antico: dove parti del passato so- no cancellate, altre sono state metabolizzate nel pro- cesso di crescita dell’individuo” (4). A livello sociale, il campione delle nostre infor- matrici appartiene al ceto popolare, con una scolariz- zazione medio-bassa, come testimonia anche il fre- quente ricorso al dialetto. Le professioni più rappre- sentate sono quelle legate al mondo contadino, poche le operaie e le impiegate. Alivello politico rare le don- ne che potevano vantare una militanza nei partiti clan- destini, nessuna è stata partigiana in armi (anche se al- cune delle intervistate sono state poi attive nell’Anpi). Per mettere a loro agio le testimoni, spesso incon- trate per la prima volta (pur in presenza di mediatori), si sono organizzate le interviste nelle case private, sal- vo casi particolari dei gruppi prima citati; inoltre si è permesso, anzi incoraggiato, l’uso del dialetto, anche se alcune di loro si sono sforzate di esprimersi in ita- liano, ma quasi sempre con la comparsa di lemmi e di espressioni dialettali. Questo ha permesso di racco- gliere anche un repertorio di discreto interesse lingui- stico ed etnografico, aspetti spesso trascurati dalle ri- cerche storiche classiche (5). Per motivi di leggibilità si è scelta una trascrizione in italiano lasciando pochi af- fioramenti dialettali, ma cercando di conservare la sin- tassi e l’andamento del discorso orale. Si è proceduto a interviste poco strutturate, con do- mande aperte. Ciò ha comportato la focalizzazione di alcuni episodi o periodi. Si è cercato di ricomporre suc- cessivamente il carattere non lineare della rievocazio- 241 Davanti a un’ingiustizia si soffocava nel cuore ne che fatica a disporre i fatti in ordine cronologico. Nel ricomporre gli stralci delle testimonianze, abbia- mo cercato di mantenere i ricordi più carichi di valo- re emotivo, anche se spesso simili tra loro. La soggettività femminile che si coglie nella nar- razione orale ha nella famiglia un punto fermo, con al suo interno figure “rammemoranti” o significative che aiutano la bambina a crescere e a maturare. Si riscon- tra in molte interviste la quasi totale dissociazione dal fascismo, “senza rimettere in discussione né se stessi né il proprio rapporto con l’autorità” (6). È anche per questo che abbiamo esteso il campione a donne di di- verso orientamento politico, laddove donne fasciste hanno fatto emergere evidenti forme di censura e di autocensura della memoria. Certo, nel recuperare il sedimento della memoria, c’è stata per tutte non solo l’emergere di ricordi vivi- di di episodi e di situazioni, comunque emblematici di condizioni e di sentimenti, ma anche rielaborazione e riflessione (ad esempio frequenti sono state le proie- zioni sul “dopo”, in un intreccio indissolubile tra guer- ra e dopoguerra). Dopo aver accennato al versante psicologico e nar- rativo delle testimonianze, resta da fare un breve ac- cenno alla loro valenza come fonte storica. L’intento non era quello di colmare acquisizioni storiografiche ormai consolidate per la nostra provincia (grazie so- prattutto al lavoro svolto e ai documenti raccolti dall’Istoreco di Pavia), quanto quello di gettare luce sulla mentalità delle donne e sulle sue trasformazioni in un periodo di forti tensioni e cambiamenti. D’altra parte lo scopo della ricerca era appunto quello di met- 242 Davanti a un’ingiustizia si soffocava nel cuore tere a fuoco il maturare della crisi del regime attraver- so il venir meno del consenso, letto attraverso l’uni- verso femminile (obiettivo difficile da raggiungere, ma anche solo da inquadrare, con altri strumenti me- todologici, prescindendo dalle fonti orali). Questo cambiamento non sembra essere stato né univoco né contemporaneo per tutte le intervistate, ma ha visto catalizzarsi con la guerra e con la violenza che essa ha comportato (anche quando è stata provocata dagli Alleati) la discriminante per la condanna del re- gime, sia da parte delle donne che provenivano da fa- miglie antifasciste che per le altre. Quali le specificità di genere delle testimonianze? Quelle già riscontrate in altre ricerche basate su fonti femminili(7), come la radicale estraneità alla guerra, una complessa e non pregiudiziale visione del nemi- co, insieme alle “virtù quotidiane” esercitate dalle don- ne a largo spettro e sempre all’altezza delle emergen- ze, nonostante siano state affrontate in giovane età. In ogni caso è emerso un ventaglio di esperienze che arricchisce senz’altro il quadro storico della pro- vincia sotto il fascismo, almeno dal punto di vista del- la vita quotidiana, dei rapporti familiari e comunitari, e dell’intreccio tra storia personale, familiare e locale con la grande storia. Le testimonianze, nonostante le diverse soggetti- vità emerse, hanno permesso di cogliere un’autorap- presentazione abbastanza condivisa delle donne du- rante il regime. Soprattutto rivelano e rivendicano un protagoni- smo femminile per molti versi inaspettato. 243 Davanti a un’ingiustizia si soffocava nel cuore I “ERANO APPENA ANDATI VIA...”. L’AVVENTO DEL FASCISMO Le nostre informatrici erano in genere molto gio- vani o non ancora nate all’avvento del fascismo. I ri- cordi di quella fase storica sono stati molto rari, non impedendo, comunque, che la stessa si configurasse nella memoria non solo come un ribaltamento di cli- ma politico, ma anche come vera e propria fine di un’e- poca. Nelle testimonianze di alcune donne c’è una con- tinuità ideale nel modo di considerare il fascismo. Il consenso non c’è mai stato, poiché la loro era una fa- miglia socialista. Nei ricordi che risalgono alla loro infanzia il fascismo è sovente identificato con lo squa- drismo della prima ora. È interessante prendere le mos- se dall’autobiografia di un donna d’eccezione, l’ono- revole Pina Re(8). Nella narrazione di Pina c’è uno scar- to e un brusco passaggio fra il passato precedente al fa- scismo e quello che prelude al fascismo stesso. La sua famiglia assumeva i caratteri di laboratorio politico di cui la madre, con i bambini “che trascinava dietro”, era coprotagonista insieme al padre.
Details
-
File Typepdf
-
Upload Time-
-
Content LanguagesEnglish
-
Upload UserAnonymous/Not logged-in
-
File Pages180 Page
-
File Size-