Carriere, Famiglie E Proprietà Di Nobili Friulani in Austria Tra Seicento E Settecento

Carriere, Famiglie E Proprietà Di Nobili Friulani in Austria Tra Seicento E Settecento

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE XXIV CICLO DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE UMANISTICHE, INDIRIZZO STORICO E STORICO ARTISTICO AL SERVIZIO DEGLI ASBURGO: CARRIERE, FAMIGLIE E PROPRIETÀ DI NOBILI FRIULANI IN AUSTRIA TRA SEICENTO E SETTECENTO Settore scientifico-disciplinare: M-STO/02 - Storia moderna DOTTORANDA VANIA SANTON DIRETTORE DELLA SCUOLA PROF. GUIDO ABBATTISTA COORDINATORE DELL’INDIRIZZO PROF. GIUSEPPE TREBBI RELATORI PROF. GIUSEPPE TREBBI PROF. ANDREA ZANNINI ANNO ACCADEMICO 2010 / 2011 Sommario. Introduzione ...................................................................................................................... p. 7 Capitolo 1. Corteggiare la corte. I nobili friulani in Austria tra Cinquecento e Seicento. Porcia, Colloredo, Della Torre: dalle origini ai primi spostamenti in Austria .................. p. 17 1.1. Felix Austria: meta d’attrazione per la nobiltà friulana ............................................ p. 17 1.2. I Porcia del Colonnello di Sotto ................................................................................ p. 25 1.2.1. Ermes Porcia .......................................................................................................... p. 28 1.2.2. Giovanni Sforza Porcia .......................................................................................... p. 38 1.2.3. Giovanni Ferdinando Porcia .................................................................................. p. 45 1.3. I Della Torre Valsassina ............................................................................................ p. 62 1.4. La famiglia Colloredo-Mels ...................................................................................... p. 68 Capitolo 2. Le carriere ..................................................................................................... p. 72 2.1. Hannibal Alphons Emanuel, Fürst von Portia .......................................................... p. 72 2.2. Il cursus honorum dei Della Torre Valsassina .......................................................... p. 100 2.3. La tiepida carriera di Camillo Colloredo .................................................................. p. 110 Capitolo 3. Famiglie ......................................................................................................... p. 114 3.1. I Porcia ...................................................................................................................... p. 114 3.1.1. La rete di parentela ................................................................................................. p. 114 3.1.2. Il matrimonio di Annibale Alfonso Porcia e l’affaire Lodron ............................... p. 128 3.1.3 Figli e discendenza del principe Annibale Alfonso Porcia ..................................... p. 138 3.2. La famiglia Della Torre Valsassina .......................................................................... p. 143 3.3 Il lignaggio di Giambattista di Colloredo-Mels ......................................................... p. 153 Capitolo 4: Proprietà ........................................................................................................ p. 156 4.1. I possedimenti dei Porcia da Giovanni Ferdinando al principe Annibale Alfonso ... p. 156 4.2. La Signoria di Duino e l’eredità di Luigi Antonio Della Torre ................................ p. 168 4.3. I possedimenti austriaci di Camillo Colloredo .......................................................... p. 175 Conclusione ...................................................................................................................... p. 179 Appendice ........................................................................................................................ p. 186 Bibliografia ...................................................................................................................... p. 190 Stemmi ............................................................................................................................. p. 203 Alberi genealogici ............................................................................................................ p. i Introduzione. «La grande et haute noblesse […] consiste dans une tradition de vertu, de gloire, d’honneurs, de sentiment, de dignité et de biens, qui s’est perpetué dans une longue suite de races». La citazione, tratta dal volume Mémoire sur la noblesse du roïaume de France, è attribuita allo storico delle istituzioni francesi, il conte Henri de Boulainvilliers, vissuto tra il 1658 ed il 1722, nella stessa epoca di Luigi XIV. Secondo la sua teoria, la nobiltà francese discese dal popolo franco stabilitosi in Francia alla caduta dell’impero romano. A quell’epoca, i signori erano liberi ed avevano il diritto di amministrare la giustizia. Il sovrano, primus inter pares, li coadiuvava come un semplice magistrato civile, eletto per arbitrare le controversie popolari. Tutti i nobili erano posti sullo stesso piano, nessuno eccettuato. Per il Boulainvilliers, questa condizione paritaria venne meno a partire dalle crociate, ossia quando degli «ignobili», plebei agiati, acquistarono il titolo nobiliare iniziando un processo di corruzione di valori. Questa nuova nobiltà, indicata con la comune espressione di noblesse de robe, venne etichettata dallo storico come una «mostruosità»1. Per il Boulainvilliers la vera nobiltà si basava invece sulla nascita e sulla trasmissione biologica dello status. Nel trattato Essais sur la noblesse de France, risalente agli inizi del Settecento, ma pubblicato nel 1735, il conte francese difese la teoria razziale sostenendo che la condizione nobiliare era garantita dalla conservazione della specie mediante una perpetuazione genetica del sangue aristocratico. Il carattere nobiliare era inoltre qualificato dalla manifestazione di virtù che si esplicava soprattutto nel carisma politico e militare della classe privilegiata. A sua volta la virtù riluceva solo mediante la fortuna, ossia il ruolo sociale assegnato dal destino ad un uomo, in questo caso la nobiltà di nascita: «Une naissance noble est donc le moien le plus commun de 1 D. VENTURINO, Le ragioni della tradizione. Nobiltà e mondo moderno in Boulainvilliers (1658-1722), Università degli Studi di Torino, Casa Editrice Le Lettere, 1993, p. 291. 7 faire valoir et de faire honorer la vertu»2. Dunque è la nobiltà di nascita unita ad una precisa coscienza del proprio rango, che permette la differenziazione dei veri nobili dagli altri uomini3. Solo la nobiltà di razza è infatti in grado di portare e trasmettere i valori della tradizione, del proprio casato e delle gloriose gesta degli avi. Tale congenita naturalezza consente al ceto privilegiato di comprendere intimamente i meccanismi della propria storia politica e sociale: i nobili divengono così gli unici soggetti in grado di amministrare correttamente lo stato e la comunità di appartenenza. L’elevata politicizzazione della nobiltà crea il presupposto per la formazione di una classe dirigente in grado di formare una «monarchia nobiliare» che possa penetrare ogni organo istituzionale ed equilibrare la direzione politica del sovrano, altrimenti soggetta al rischio di una degenerazione dispotica4. Henri de Boulainvilliers non fu l’unico teorico della nobiltà a difendere i valori della tradizione e dell’origine biologica del ceto aristocratico. Altri esponenti della cosiddetta nobiltà di spada – noblesse d’épée – perorarono le virtù del sangue e della trasmissione genetica dello status nobiliare5. Secondo l’analisi di Claudio Donati, fu proprio nel corso del Seicento che sedimentò un modello di nobiltà tendente a sottolineare la superiorità della nobiltà di sangue rispetto alle famiglie di recente cooptazione. In particolare la polemica della noblesse d’épée si cristallizzò contro la politica monarchica che troppo facilmente concedeva titoli nobiliari come compenso per i servizi prestati alla corona6. 2 R. ASCH, Europäischer Adel in der Frühen Neuzeit. Eine Einführung, Köln, Böhlau Verlag, 2008, p. 14. 3 Ibidem. 4 VENTURINO, Le ragioni della tradizione, cit., p. 274 e segg. 5 Un autore schieratosi a favore della nobiltà di spada fu il giureconsulto e poeta francese Florentin de Thierrat, nato a Mirecourt nel 1509. Nel trattato De la noblesse civile scrisse: «I contadini nella cernita scelgono il grano più bello per seminare, e quale è il grano più bello tale lo raccolgono. Noi cerchiamo la razza nelle giumente e nei cani, per avere puledri e levrieri di buona indole e adatti al servizio. E se aggiungiamo un po’ di nutrimento e di cure nell’allevare la prole, questa segue facilmente la bontà e la destrezza della razza dalla quale è derivata. Ma se sono bestie di razza bastarda, o che nutriamo coi resti di cucina senza addestrarle, danno luogo soltanto a bastardi indegni della caccia e delle prestazioni delle prime. Analogamente il gentil – homme nato da una buona e antica razza, ben nutrito e educato, mostra le sue virtù con ben altro splendore dei nuovi nobili. Per acquistare gloria e reputazione è un gran vantaggio essere annoverati nei ranghi della nobiltà fin dalla nascita: è molto più facile fare azioni virtuose quando si ha questa base sotto i piedi che quando bisogna farsi strada con mezzi diversi e con l’aiuto dei beni che si possiede […] la nobiltà di razza è un bene della natura, è un ornamento che rende tutte le azioni del gentil – homme piacevoli, mentre la nobiltà civile […] è un sole d’inverno che si nasconde ai nostri occhi a causa delle nebbie che si sono levate con lui».

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