L'ideale E L'impegno Giuseppe TAMAGNINI Pioniere

L'ideale E L'impegno Giuseppe TAMAGNINI Pioniere

e ONAL h I E c G r a E R M O e l I l L e d G I a S v N i O t C la s A gi ssemblea le QUADERNI DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLE MARCHE In copertina: Immagine grafica apparsa sul «Bollettino della C.TS.», del 7 no- vembre 1951 riproducente i protagonisti dell'incontro di Fano del 4 novembre per l'atto costitutivo ufficiale della Cooperativa. Vi sono riprodotti da sinistra in alto: Anna Arlotti (Rimini), Giuseppe Tamagnini (Fano), Carmela Mungo (Roma), Marina Manzoni (Rimini), Lidia Biagini (Rimini), Anna Fantini (Fano), Aldo Pettini (Firenze), Enrico Uguccioni (Fano), Maria Luisa Bigiaretti (Roma) e Toto (il caricaturista Vittorio Corsaletti, di Fano; vedi nota 58 alle pp. 208-209). Dei partecipanti all'incontro manca solo Rino Giovanetti (Fano). Le Marche hanno, per loro merito, un posto nella storia della scuola e del pensiero pedagogico in Italia a partire dal secondo dopoguerra del secolo scorso. Ciò è dovuto all’azione tenace e instancabile di un figlio di questa terra, Giuseppe Tamagnini, originario di Apiro, il quale fece proprie le correnti dell’attivismo pedagogico, in particolare il pensiero e l’azione del maestro francese Celestine Freinet, quando in Italia il panorama era contrassegnato ancora dal lascito del pensiero idealistico gentiliano, nella versione artefat- ta dal fascismo che, nel tempo, accentuò la funzione servente della scuola alle esigenze di perpetuazione del regime. La rottura storica, sociale, politica e culturale introdotta nel nostro pa- ese dalla lotta antifascista e dalla vittoria della democrazia, suggellata dalla nascita della Repubblica e dalla Costituzione, attendeva che anche la scuo- la compisse il passo decisivo verso una prospettiva nuova. Giuseppe Tamagnini, nel dopoguerra professore di tirocinio presso l’I- stituto Magistrale “G. Carducci” di Fano, si fece protagonista, insieme ad un ristretto gruppo di maestre e maestri di quella città, di avviare una sto- ria nuova, indipendentemente da qualsiasi decisione che legittimamente poteva essere presa dalle forze politiche democratiche, radicando il cam- biamento in un pensiero pedagogico che poneva al centro il soggetto che apprende, le sue risorse intellettuali, la sua condizione sociale, l’ambiente di vita e di lavoro, la pluralità dei linguaggi dentro un contesto che faceva della cooperazione tra allievi, e tra allievi e maestra o maestro, la cifra della relazione educativa e la condizione della maturazione civile delle nuove generazioni. Una scuola di libertà, quindi, esattamente l’opposto della scuola tra- smissiva e autoritaria ereditata dal fascismo. In questo libro l’autore ci consegna l’esito di un lungo lavoro d’inda- gine sulla vita, il pensiero, l’azione di un personaggio di cui è possibile apprezzare tutta la complessità, ma anche la trasparente volontà democra- tica maturata nel corso di una esistenza difficile, che aveva formato il suo carattere schivo e insieme deciso e le certezze culturali e politiche costruite e consolidate nella durezza dello scontro tra democrazia e dittatura, che pretendeva l’impegno personale, diretto e irrinunciabile, fino al sacrificio della vita. Intorno a Giuseppe Tamagnini, lo spirito cooperativo s’invera attra- verso la partecipazione e la presenza sul versante della scuola attiva (una “scuola di vita”, come viene qui detto) di una schiera di educatrici ed edu- catori che, dapprima a Fano e in seguito in altre città d’Italia, sentono la medesima, irrinunciabile urgenza. Intorno a lui si raduna sempre più numerosa la base di un pensiero ed un’azione educativi che esprimeranno il meglio della pedagogia laica, progressista e riformatrice del Paese. Sono da ricordare qui, a suggello dell’importanza dell’impresa di Ta- magnini per la nostra scuola marchigiana, le figure di Augusto Scocchera, Direttore didattico in Ancona aderente al M.C.E., amico di Tamagnini, fondatore e Direttore della rivista “Educazione e scuola”, il Maestro Ar- mando Novelli, anch’egli di Ancona, figura eminente della pedagogia co- operativa, Giovanna Legatti, che di Tamagnini fu consorte dopo la morte della prima moglie e che portò le “tecniche Freinet” e la pedagogia coope- rativa nell’importante esperienza di “Coldigioco” nella frazione di Frontale del comune di Apiro. Tamagnini fu anche Sindaco della sua cittadina nativa e qui sperimentò quanto sia decisivo, oltre l’impegno, anche la coerenza delle idee nel mo- mento in cui occorre realizzarle davvero. Questo libro, che abbiamo voluto pubblicare nella collana dei “Qua- derni”, ci invita a questa coerenza attraverso la conoscenza di una perso- nalità che ci fa essere ancor più orgogliosi di essere cittadini delle Marche. Antonio Mastrovincenzo Presidente del Consiglio regionale Marche Lo confesso, non conoscevo la figura di Giuseppe Tamagnini. E questa è una mancanza di cui chiedo venia perché questo libro consegna alla no- stra riflessione un personaggio di tutto rilievo nel panorama non solo della scuola, ma del pensiero pedagogico nazionale. Non un pensiero accademi- co ma costruito nel pieno dell’azione e della pratica educativa a contatto con la realtà sociale e politica dell’Italia giunta al giro di boa della metà del secolo scorso, nel momento della ricostruzione postbellica, quando alla scuola si chiedeva di realizzare le basi culturali della rinascita democratica. A Fano, nella mia città, il 4 novembre del 1951 un gruppo di docenti si riuniva nella casa di una maestra elementare, Anna Marcucci Fantini e lì, sotto la guida di Giuseppe Tamagnini, iniziava un’avventura che continua tutt’ora, innescando un vivace percorso di cambiamento della didattica e dell’insegnamento nel segno di quella che l’autore di questo affascinante racconto chiama “pedagogia popolare”. Una pedagogia, dunque, che na- sceva dalle esigenze e dalla sensibilità per i figli del popolo, di quella parte della nazione senza il cui riscatto culturale nessuna rinascita democratica sarebbe stata possibile. Quella casa c’è ancora. Accanto a uno dei più im- portanti segni monumentali di Fano, la porta Maggiore, all’ingresso della città storica. Nell’epoca del digitale e delle tecnologie informatiche è davvero inim- maginabile come, con i mezzi che solo fino a ormai qualche decennio fa abbiamo tutti utilizzato, sia stato possibile costruire quella “rete” di rela- zioni da cui tutto iniziò, tenere i contatti con tanti maestre e maestri, con insegnanti di vari gradi di scuola sparsi nelle città del nostro Paese. E con quelle figure di giovani docenti universitari che costituirono poi il nerbo della migliore pedagogia attivistica in Italia e che dal contatto e dalla colla- borazione, diremmo “cooperazione”, con Tamagnini e i suoi primi maestri sperimentatori trassero i contenuti del loro pensiero, delle loro ricerche e delle loro proposte. Una “rete” che nasceva con la elaborazione di bollet- tini ciclostilati, stampati in centinaia di copie e spediti con indirizzi scritti a mano e francobollati uno per uno nella casa di Anna per raggiungere educatori che avvertivano il bisogno di farsi comunità professionale sicura dei propri fondamenti pedagogici e della “missione” di cui si sentivano in- vestiti. Le diverse componenti del suo pensiero e della sua azione, insieme pedagogiche, culturali e politiche convivono in una personalità complessa che aveva vivo il senso di come tutto debba tenersi insieme in modo coe- rente se si vogliono raggiungere traguardi importanti. Non sarà un caso se Mario Lodi, Bruno Ciari, lo stesso Gianni Roda- ri, ma anche il siciliano Danilo Dolci e l’esperienza straordinaria di Don Lorenzo Milani, pedagogisti del calibro di Raffaele Laporta, Aldo Visalber- ghi, Fracesco De Bartolomeis, solo per citarne alcuni, sono stati nel corso della loro vita amici e collaboratori di Tamagnini, ovvero in uno stato di profonda colleganza educativa e di vita con lui e con il suo pensiero. Piace qui ricordare che “Pino”, come veniva amichevolmente chiamato, fu anche Direttore, dal 1948 al ’52 della più importante istituzione storico-culturale della città, la Biblioteca Federiciana. E come gli sviluppi successivi della città di Fano, a cui mi onoro di appartenere, abbiano potuto trovare nella nascita della “Città delle bambine e dei bambini” per opera di un altro concittadino, Francesco Tonucci, la più coerente espressione in campo educativo del pensiero di Giuseppe Tamagnini. A cui, prima o poi, tutta la città di Fano dovrà il riconoscimento che merita. Renato Claudio Minardi Vicepresidente del Consiglio regionale Marche Rinaldo Rizzi L’IDEALE E L’IMPEGNO Giuseppe TAMAGNINI pioniere pedagogico della Cooperazione Educativa in Italia Movimento Cooperazione Educativa INDICE Prefazione Andrea Canevaro Far crescere la cittadinanza anche a scuola .................................... p. 17 Introduzione Tamagnini, una figura esemplare di Maestro e di Cittadino .......... p. 29 – Parte prima – Un’infanzia breve e un’educazione precoce al lavoro ..................... p. 45 Nuovi impegni, interrogativi e difficoltà: maestro, come tanti ...... p. 52 Dalla parentesi ‘bellica’ alla scelta ideale e politica ......................... p. 59 L’esperienza del tirocinio all’Istituto Magistrale ............................. p. 67 Alla scoperta di pratiche educative nuove, diverse dal consueto tran tran trasmissivo e ripetitivo quotidiano ......................................... p. 74 La scoperta di un maestro innovativo francese d’impostazione po- polare .......................................................................................... p. 82 – Parte seconda – Primo tentativo in classe con il complessino tipografico

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