Università LUISS “Guido Carli” Facoltà di Scienze Politiche Corso di Laurea in Scienze Politiche Dopo la Ragione. Eric Voegelin e Michael Oakeshott fra crisi del liberalismo e rinascita del pensiero conservatore. Relatore: Prof. Sebastiano MAFFETTONE Tesi di Laurea di: Tommaso MILANI Matricola: 057462 Anno Accademico 2008/2009 Indice Generale Avvertenza relativa alle indicazioni bibliografiche……………………………….. p. 4 Cap. I. Introduzione. Conservatorismo: uno, nessuno, centomila par. I: Un secolo conservatore? ………………………………………………. p. 6 par. II: Il potere delle idee ……………………………………......................... p. 8 par. III: La definizione situazionale e i suoi limiti ………………………......... p. 12 par. IV: Alle radici dell’ideologia conservatrice ……………........................... p. 14 Cap. II. La vita e i tempi dell’ordine liberale par. I: Capire il New Deal: il ruolo delle idee ………………………………… p. 17 par. I.1: Contro l’economia classica: Adolf A. Berle e Rexford G. Tugwell ….. p. 26 par. I.2: Rinnovare il liberalismo: John Dewey e John Maynard Keynes ............ p. 32 par. I.3: La scienza politica al servizio della trasformazione: Charles E. Merriam ………………………………………………………………………… p. 38 par. II: L’entrata in guerra: declino e tramonto della «Old Right» ……………. p. 44 par. III: Il secondo dopoguerra: il trionfo delle scienze sociali e l’esaurimento del riformismo ………………………………….................................................. p. 50 par. IV: L’eredità del New Deal: il “liberal consensus” ……………………….. p. 56 Cap. III. Liberalismo rivisitato: Berlin, Talmon, Hayek, Niebuhr par. I: Liberalismo realista e liberalismo critico ……………………………….. p. 73 par. II : C’est la faute à Rousseau: la critica all’Illuminismo giacobino ……… p. 80 par. II.1: Isaiah Berlin e i nemici della libertà umana ………………………… p. 80 par. II.2: Jacob L. Talmon e la democrazia totalitaria ………………………… p. 84 par. III: Commercianti contro ingegneri: Friedrich A. Von Hayek …………… p. 87 par. IV: Il disincanto di una superpotenza: Reinhold Niebuhr ………………... p. 93 par. V. Conclusioni …………………………………………………………….. p. 102 2 Cap. IV. Verso un ordine post-liberale: Eric Voegelin e Michael Oakeshott par. I: Le ragioni di un confronto ………………………………… …….. p. 106 par. II: La cecità della scienza politica contemporanea …………………. p. 109 par. III: La rappresentanza distorta ……………………………………… p. 118 par. IV: Razionalismo e liberalismo ……………………………………… p. 127 par. V: Gnosticismo e politica della fede ………………………………… p. 137 par. VI: Gli spazi perduti della politica: balzo nell’essere e conversazione … p. 145 par. VII: Epilogo: un breve incontro …………………………………………. p. 151 Cap. V. Conclusione. Il conservatorismo fra stabilità e reazione par. I: Preservare o rifondare? ..………………………………………………. p. 153 par. II: Ideologia debole contro ideologie forti ……………………………… p. 161 *** Bibliografia ……………………………………………………………………………. p. 167 3 Avvertenza relativa alle indicazioni bibliografiche Nel corso di questa ricerca si è fatto ampio ricorso a testi in lingua non italiana, gran parte dei quali non tradotti. È opportuno segnalare che, laddove il titolo del testo riportato è esclusivamente quello originale, la traduzione dei passi citati è stata realizzata dall’autore del presente lavoro. Laddove, invece, il titolo originale si accompagna al riferimento alla traduzione italiana, il testo riportato coincide con quest’ultima. 4 Alla loro felicità quel governo lavora volentieri, ma vuo- le essere l’unico agente e il solo arbitro di quella felicità; esso provvede alla loro sicurezza, previene e sopperisce alle loro necessità, li aiuta a conseguire i loro piaceri, si occupa dei loro principali problemi, dirige le loro indu- strie, regola le successioni e spartisce la loro eredità; perché non dovrebbe risparmiare loro tout court la fatica di pensare e il fastidio di vivere? ALEXIS DE TOCQUEVILLE, 1840 Oggi assistiamo a una trasformazione di grande impor- tanza nella società, a un’enorme espansione del Potere. Le rivoluzioni e i colpi di Stato che punteggiano la no- stra epoca non sono altro che episodi insignificanti, che accompagnano l’avvento del protettorato sociale. Una potenza benefica veglierà su ogni uomo, dalla culla alla tomba, una potenza che porrà riparo ai mali che lo affliggono, anche a quelli originati da lui, dirigerà il suo sviluppo individuale e lo orienterà verso l’uso più appro- priato delle sue forze. Per un corollario necessario, essa dovrà disporre di tutte le risorse della società al fine di portarle al più alto grado di rendimento e di moltiplicare, così, le sue opere benefiche. Il Potere assume in qualche modo il compito di realizza- re la felicità pubblica e privata; una clausola indispensa- bile di questo contratto sarà che tutte le proprietà, tutte le forze produttive, tutte le libertà gli dovranno essere con- cesse; i materiali, cioè, e la manodopera senza i quali es- so non potrà adempiere a un compito tanto gigantesco. Si tratta, dunque, di costruire un immenso patriarcato o, se si preferisce, un matriarcato, dal momento che ci viene detto che la potenza collettiva deve esser animata da sen- timenti materni. BERTRAND DE JOUVENEL, 1945 Il socialismo può servire a insegnare in modo assai bru- tale e incalzante tutti i pericoli delle accumulazioni di potere statale, e in questo senso ad ispirare diffidenza contro lo Stato stesso. Quando la sua voce rauca pro- romperà nel grido di guerra: “Quanto più Stato possibi- le!”, in un primo momento questo grido diverrà così più fragoroso che mai; ma tosto proromperà, con forza tanto maggiore, anche l’altro grido opposto: “Quanto meno Stato è possibile!”. FRIEDRICH NIETZSCHE, 1878 5 I. Introduzione Conservatorismo: uno, nessuno, centomila I. Un secolo conservatore? Nel dicembre 1999 Robert S. Redmond dava alle stampe un articolo significativamente inti- tolato «A conservative century». Il Novecento si chiudeva, sosteneva Redmond, con il partito con- servatore inglese «al nadir delle sue fortune», ma ciò non poteva oscurare il fatto che «per due terzi del ventesimo secolo i Tories avevano governato il Paese, in solitudine o alla guida di una coalizio- ne1». L’analisi di Redmond era corroborata da ulteriori dati empirici, che avevano da qualche tempo attirato l’attenzione degli studiosi. In quattordici delle ventisei tornate elettorali, il partito di Salisbury e MacMillan aveva conseguito una robusta maggioranza parlamentare, e in altre otto ave- va comunque beneficiato di una maggioranza relativa. Solo in quattro occasioni – 1906, 1945, 1966 e 1997 – la sua sconfitta poteva dirsi netta, e in appena tre casi la percentuale dei voti ottenuti era scesa sotto il 40%. Non a caso Anthony Seldon e Stuart Ball, nel 1994, avevano impiegato l’etichetta di «conservative century» per sintetizzare il “secolo breve” inglese2. L’espressione ha conosciuto un certo successo anche in ambito statunitense. Gregory Schneider, ad esempio, ne ha fatto il titolo di un suo recente lavoro, evidenziando come una conce- zione inizialmente impopolare ed elitaria, fatta propria da ristretti gruppi di intellettuali, si sia tra- sformata nel collante ideologico di un imponente movimento di massa3. Ma già nel 1993 Irving Kristol (probabilmente il vero ideatore della formula) riteneva di poter scorgere un nuovo «secolo conservatore» all’orizzonte4. Di primo acchito, la definizione, se applicata retrospettivamente, appare meno calzante al caso americano che a quello britannico. Dall’osservatorio privilegiato di fine secolo, non si può dire che il Grand Old Party – la formazione più sensibile ai valori del conservatorismo5 – abbia goduto 1 R. S. REDMOND, A Conservative Century, in Contemporary Review, vol. 275, 1999. 2 Cfr. A. SELDON, S. BALL, A Conservative Century: the Conservative Party since 1900, Oxford, Oxford University Press 1994. Cfr. anche E. H. H. GREEN, Ideologies of Conservatism: Conservative Political Ideas in the Twentieth Cen- tury, Oxford, Oxford University Press 2004, p. 1. 3 Cfr. G. SCHNEIDER, The Conservative Century: from Reaction to Revolution, Lanham, Rowman & Littlefield Pub- lisher, 2008. 4 I. KRISTOL, The Coming ‘Conservative Century’, “Wall Street Journal”, 1 febbraio 1993; ora in I. KRISTOL, Neocon- servatism: the autobiography of an idea, Chicago, Ivan R. Dee Publisher 1999, pp. 363-368. 5 Il Partito Repubblicano non può comunque essere definito come un partito conservatore, né come il partito conserva- tore americano. È corretto dire, semmai, che storicamente il conservatorismo è stato una delle anime del Partito Repub- blicano, sia pure tra le più influenti. Sul punto, cfr. M. C. BRENNAN, Turning Right in the Sixties: The Conservative 6 di un predominio paragonabile a quello dei Tories. Esso ha espresso, fra il 1901 e il 2000, undici presidenti su diciotto, ma i democratici hanno controllato entrambi i rami del Congresso dal 1933 al 1947, dal 1955 al 1981 e dal 1987 al 1995. Nel XX secolo, un solo presidente repubblicano eletto dopo il New Deal – Ronald Reagan – ha goduto dell’appoggio del Senato per un intero mandato. E quando il Partito dell’elefante, dopo un quarantennio, è riuscito a strappare la Camera ai rivali, nel 1994, opinionisti e commentatori hanno descritto l’evento in termini quasi miracolosi. Uomini schierati su posizioni conservatrici hanno quindi guidato il Paese, ma il più delle volte lo hanno fat- to in condizioni di «governo diviso»6. Una simile impostazione, tuttavia, ci rivela una porzione assai ridotta di verità, e nemmeno la più importante. Va anzitutto precisato che il conservatorismo americano ha storicamente goduto di una cospicua rappresentanza anche all’interno
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