IL RASTRELLAMENTO DEGLI UOMINI A Castelforte si diffonde la voce che i tedeschi si stanno preparando per eseguire rastrellamenti di massa degli uomini per adibirli alla costruzione delle strutture difensive o per trasferirli in Germania. Di conseguenza, gli uomini, in età a rischio di cattura, si nascondono come possono; molti si rifugiano in collina. Intanto, il comando militare tedesco, il 18 settembre 1943, intima ai cittadini di consegnare tutte le armi in loro possesso. La prima avvisaglia dell’attuazione dei rastrellamenti degli uomini si ha il 19 settembre: è domenica e a Castelforte si tiene il consueto e importante mercato settimanale con la presenza di tanti venditori e numerosissimi avventori, affluiti da tutto il circondario. Improvvisamente, alle 10:00 circa, si diffonde in un baleno la notizia che i tedeschi in alcune zone stanno effettuando un massiccio rastrellamento di uomini. Si determina un grande panico generale: le strade si svuotano immediatamente, la popolazione si barrica in casa, gli uomini si nascondono in paese o raggiungono le colline circostanti. È un tentativo che fallisce per la mancanza dell’effetto sorpresa. Francesco Di Paola (Ciccillo) di quella triste giornata conserva ancora, a distanza di moltissimi anni, un nitido e indimenticabile ricordo, che si riporta: Tutto accade di domenica, giorno di mercato, propizio, secondo le intenzioni teutoniche, per attuare il loro piano. La voce corre, il mercato si spopola, gli uomini di ogni età riparano in montagna. È l’inizio di un calvario che avrà termine solo nella notte del 12 maggio 1944. I monti che sovrastano Castelforte, in un baleno, si popolano di vite umane. Le località Ortali, Caprareccia, Reali, Pozzari, Tamburriello, Ceschito, La Noce e La Valle degl’Jacino (dell’Acero) riecheggiano delle voci di uomini sfuggiti alla rappresaglia teutonica. Il tempo è splendido in montagna e promette un autunno soleggiato. I pensieri di tutti corrono allo sbarco a Salerno, sperando che gli americani arrivino presto. È un sogno infranto! Purtroppo, nessuno intuisce la tragedia che incombe. I tedeschi, dopo aver valutato il fallimento dell’operazione, ritengono opportuno rinviarla. La situazione torna alla normalità e in paese riprendono le abituali attività, pur con qualche timore e giustificata apprensione. L’allarme, però, è un segnale foriero di tragiche e dolorose conseguenze per la popolazione maschile di Castelforte. Purtroppo, l’operazione è solo rimandata di qualche giorno. Infatti, il 23 settembre 1943, alle 10:00 circa, il comando militare tedesco emana un drammatico Proclama, portato a conoscenza della popolazione mediante affissione 1 nella principale via del paese, davanti al negozio Coletta. Dalla lettura si evince che ormai il territorio nazionale, dal fiume Garigliano al Nord dell’Italia, è sotto il controllo assoluto delle forze tedesche di occupazione, sul quale impongono la legge di guerra con l’avallo della Repubblica sociale italiana. È scritto in italiano sgrammaticato e molto approssimativo e lascia intendere che il testo è stato redatto senza consultare le autorità alleate italiane. Con tale proclama si intima a tutti gli uomini, tranne alcune eccezioni, di radunarsi, dalle 15:00 alle 17:00, in località San Lorenzo, minacciando rappresaglie anche nei confronti delle loro famiglie, in caso di disubbidienza. Si riporta integralmente il delirante e sconclusionato testo: Proclama della popolazione italiana Nell’accordo del Governo italiano Fascista sono stati richiamati nel settore italiano tutti gli uomini delle classi 1900-25 che sono capaci a portare le armi e lavorare per fare servizio di lavoro e precisamente lavorare nell’interesse dell’economia di guerra. Loro saranno condotti in altro luogo. Il senso di questa è il seguente che nel settore presente non è prestato più la garanzia di un esercizio regolare della professione atto a lavorare e a portare le armi in seguito a situazione militare, soprattutto per la minaccia dell’aviazione nemica. Col richiamare e condurre è incaricato l’esercito germanico. L’esecuzione avrà luogo in tutta la località. Per le persone in questione si tratta dei seguenti: 1) sono obbligate a fare servizio di lavoro; 2) sono sottoposti subito alle leggi di guerra; 3) sono mantenute conforme ai principi Germanici, pagate e nel punto liberamente provviste; 4) loro famiglie ricevono delle sovvenzioni familiari. Per il trasporto dei membri sui posti di lavoro si sta preparando nuove regolamentazioni. Le persone che sono obbligate a lavorare e le sue famiglie stanno sotto la direzione dell’esercito Germanico. Il trattamento si regola secondo il contegno loro e delle famiglie. Nel caso di resistenza si prende misure coercitive che si stendono anche sulle famiglie e suoi beni. Il richiamare e condurre non è una cosa disonorata, ma solamente aver luogo per la ragione sopradetta e sta nell’interesse stessa. Il posto di lavoro sarà fuori del 2 territorio di guerra. Tutti gli radunati hanno da portare con sé una o più coperte come tascapane e una valigetta con roba più necessaria. È proibito severamente di lasciare il posto di raduno. La roba sopradetta sono da portarsi immediatamente dai familiari presenti. Ognuno radunato che fa tentazione di fuga ed esporsi viene immediatamente fucilato. Gli uomini incaricati di sorvegliare il filo telefonico si presentino con la fascia coll’iscrizione “LEITUNCHESWASCH” al capo reparto tedesco. Il trasporto sarà eseguito da camion dell’esercito tedesco. Esenzioni. Sono esenti: 1) Ammalati; 2) Impiegati Ospedali; 3) Impiegati Comunali, compreso il personale dell’acquedotto; 4) Impiegati della Tesoreria Comunale; 5) Sacerdoti; 6) Carabinieri. Nota bene: per quelli appartenenti alle classi ora cadenti a quella del 1900 sono ammessi arruolamenti volontari. Adunata dalle ore 15 alle ore 17 di oggi in piazza S. Lorenzo. Sanzioni contro coloro che si rendessero latitanti il comando Germanico verrà la forza delle armi. Castelforte il 23 settembre 1943. Il comandante N. B.: Il testo è riportato con tutte le sue scorrettezze, senza alcuna modifica. Il 23 settembre è giovedì, un triste, doloroso e indimenticabile giorno per Castelforte: iniziano i rastrellamenti degli uomini, che per i tedeschi costituiscono una irrinunciabile forza lavoro da utilizzare in Germania nella produzione industriale e agricola, nella manutenzione delle linee ferroviarie, nella costruzione di fortificazioni, nello sgombro delle macerie provocate dai bombardamenti aerei, nel carico e scarico di navi e treni, nonché nelle miniere. 3 Inoltre, il loro impiego è ritenuto indispensabile, poiché consente la sostituzione degli operai tedeschi chiamati a rafforzare gli organici della Wehrmacht, dopo la defezione dell’Esercito Italiano, conseguente alle vicende dell’8 settembre. Il proclama ingiunge a tutti gli uomini, militari e civili, delle classi appartenenti alla fascia 1900-1925, “capaci a portare le armi e lavorare”, di radunarsi, dalle 15:00 alle 17:00, nella piazza di San Lorenzo, zona periferica. I tedeschi, preventivamente, fin dal mattino, controllano le vie di uscita dal paese. Nel primo pomeriggio iniziano un massiccio e sistematico rastrellamento di tutti i quartieri, che si conclude con la cattura di centinaia di uomini; alcuni si presentano spontaneamente. Molti dei rifugiati nelle colline adiacenti al paese, essendo stati informati del contenuto del bando, rientrano e si consegnano ai tedeschi, per timore delle minacciate ritorsioni o rappresaglie anche nei confronti delle loro famiglie. LE TESTIMONIANZE DEI RASTRELLATI Si riportano alcune testimonianze dei protagonisti di quella triste giornata. Francesco Cimino, uno dei cittadini catturati quel giorno, così nel suo libro racconta la sua triste avventura: È il 19 settembre, domenica, giorno in cui da sempre si svolge il mercato settimanale. La Piazza Vittorio Emanuele è piena di venditori ambulanti e acquirenti, quando verso le 10:30, improvvisamente, inizia un fuggi fuggi. Sono insieme a mio padre, nei pressi del mercato: noto questo spettacolo. Cerco di rendermi conto e, mentre domando a una persona cosa sta succedendo, intravedo due tedeschi che rincorrono alcuni giovani. Corriamo anche noi verso casa, dove apprendiamo, però, che i tedeschi, visto fallire il colpo, sembra che rinuncino alla razzia. Le strade si svuotano ugualmente e tutti, specie noi giovani, cerchiamo scampo nelle vicine colline. […] All’alba del 23 settembre, puntualmente, prendiamo la via della montagna. Rimaniamo in collina fin verso le ore 14:00 e in quel lasso di tempo ci raggiunse un mio parente che ci informò su quanto stava accadendo in paese e ci mostrò una ordinanza del comando militare tedesco che ingiungeva ai giovani di presentarsi al comando stesso per accertamenti. Chi avesse trasgredito l’ordine avrebbe subìto conseguenze con rappresaglie verso la propria famiglia e la distruzione dell’abitazione. Ci consultammo e decidemmo di rientrare in paese in ordine sparso, ma senza alcuna speranza di essere protetti, in quanto non c’era alcuna nostra autorità in grado di farlo. Il podestà, unico che poteva esercitare una qualche pressione, era stato preso in ostaggio. Così tornammo in paese e io e mio fratello entrammo in casa da due usci diversi e trovammo tutti riuniti in sala da pranzo. Io riferisco il contenuto dell’ordinanza dei tedeschi e questo rende l’atmosfera ancora più drammatica. […] Lascio casa e mi reco, con mio fratello, nei pressi del ristorante Tucciarone, dove trovo già molte persone “razziate” alle quali se ne aggiungono altre, a mano a mano, che l’operazione
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