maria accascina e il giornale di sicilia 1938-1942 salvatore sciascia editore Maria Accascina e il Giornale di Sicilia 1938-1942 Cultura tra critica e cronache II a cura di Maria Concetta Di Natale Salvatore Sciascia Editore Un particolare ringraziamento al Direttore dott. Gaetano Gullo, alla dott.ssa Giuseppina Sinagra e al personale tutto della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana “A. Bombace”. Si ringrazia il prof. Gianni Puglisi, Presidente della Società Siciliana di Storia Patria, e il personale tutto. Un sentito ringraziamento al Direttore dott. Giovanni Pepi, alla dott. Giada Li Calzi, al dott. Francesco Marotta e al personale tutto del Giornale di Sicilia. Si ringrazia l’arch. Giuseppe Rotolo e la famiglia Morreale-Rotolo. Si ringrazia sentitamente il prof. Salvatore Fodale, Direttore del Dipartimento di Studi Storici e Artistici dell’Università di Palermo. Redazione Salvatore Anselmo, Filippo Gerbino, Rosalia Francesca Margiotta. con la collaborazione di Lucia Ajello, Erica Di Garbo Santolo, Iolanda Di Natale, Caterina Federici, Antonella Fogliani, Valeria Manno, Valentina Messina, Gabriele Romeo, Mara Truncali, Carmela Zizzo. Progetto grafico e copertina Enzo Brai, Palermo Impaginazione Aldo Latino e Rosario Notaro Stampa Officine Tipografiche Aiello & Provenzano, Bagheria (Palermo) Copyright © 2007 by Salvatore Sciascia Editore Corso Umberto I, 111 93100 Caltanissetta Telefono 0934 21946 - 0934 551509 Fax 0934 551366 E-mail: [email protected] Maria Accascina e Il Giornale di Sicilia 1938-1942 : cultura tra critica e cronache / a cura di Maria Concetta Di Natale. – Caltanissetta : Sciascia. – v. 1. Accascina, Maria. I. Di Natale, Maria Concetta <1951-> 700.92 CDD-21 SBN Pal0208972 2 – Caltanissetta : Sciascia, 2007. ISBN 978-88-8241-268-5 CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace” Dalle pagine del Giornale di Sicilia: l’osservatorio culturale di Maria Accascina 1938-1942 Maria Concetta Di Natale Maria Accascina negli articoli del “Giornale di Sicilia” dimostra le sue alte doti di scrittrice, affascinando i suoi lettori, ai quali offre importanti notizie, relative alla storia dell’arte siciliana e alle scottanti problematiche di conservazione e restauro, in una prosa semplice e accattivante, con uno stile immediato e vivace, come se scri- vesse un avvincente romanzo, sebbene dal taglio divulgativo. Nella seconda parte di questa raccolta di articoli dal 1938 al 1942, che comple- ta la serie già edita dal 1934 al 1937, si rafforza l’immagine di una studiosa impe- gnata nella ricerca, che crede nel giornale come efficace mezzo di divulgazione cul- turale e di sensibilizzazione del lettore per la conoscenza e la salvaguardia del patri- monio storico-artistico locale, con finalità, dunque, educative e di tutela. Una personalità impegnata nella realtà storica dell’epoca in cui vive e di cui con- divide gli ideali impregnati di forte spirito nazionalistico. La studiosa con vibrante spontaneità espressiva tratta i più svariati argomenti, dalle recensioni di libri, di mostre, a quelli di arti decorative, per le quali lascia tra- sparire il suo spiccato interesse, insieme ad una particolare attenzione per le opere e gli artisti siciliani. La sua metodologia di ricerca e di studio si caratterizza per l’imprescindibile conoscenza diretta delle opere d’arte, per la ricerca sul campo, che affianca quella condotta in biblioteca e negli archivi. Emerge dunque da diversi articoli il suo appassionato interesse ad esempio per la pittura e l’arte in genere dell’Ottocento, e specialmente per quella siciliana, segnalandosi con i suoi studi in questo settore, campo di ricerca pionieristico, come molti altri affrontati dalla stu- diosa e in particolare quello dell’oreficeria e delle arti decorative in genere, nelle più svariate articolazioni. Settori artistici tutti, ancora, non a caso, ignorati dalla critica del tempo. A proposito della pittura dell’Ottocento siciliano notava le peculiarità degli artisti isolani rispetto a quelli peninsulari: “In Sicilia vi fu invece la scuola, la coesione, l’or- goglio di apparire e sentirsi siciliani”1, pur se aprendosi alle istanze nazionali, lascia- vano spesso l’isola. L’articolo sulla Galleria municipale di Palermo nell’opera di Empedocle Restivo offre ulteriori spunti all’argomento così caro alla studiosa2.A pro- posito della Galleria, inauguratasi nel maggio del 1910, scrive infatti nel 1938 “Si 5 pensava fin da allora di porre al centro di ogni sviluppo le opere di artisti siciliani moderni, opere d’arte però, non tentativi, non promesse, non tormenti, non sospi- ri, opere d’arte colme di vita eterna; da un lato poi le opere del primo ottocento per ricordare la tradizione con il culto degli artisti scomparsi, garanzia di ricordo agli artisti operanti e dall’altra parte, quadri dei migliori artisti italiani. Era già tutto il programma di vita della Galleria stabilito in modo chiarissimo da uno statuto com- pilato con estrema intelligenza di uomini e di cose e fatto da un uomo già convin- to dei principi educativi dell’arte, della sua altissima funzione sociale, che diceva, dinanzi alla Maestà del Re venuta ad inaugurare la galleria che «all’arte bisogna chiedere l’educazione progrediente del popolo» all’arte che raccoglie ed esprime tutte le bellezze intellettuali e tutte le supreme bontà umane e diceva ancora che «più aumenteranno i visitatori delle gallerie e dei musei più resteranno deserte le bettole»”3. Palese è la condivisione degli intenti programmatici di Empedocle Restivo per il programma culturale della Galleria d’arte moderna di Palermo, che non certamente a caso venne poi intitolata proprio con il suo nome, che consente all’Accascina di esprimere quei concetti relativi alla funzione educatrice dell’arte in cui credeva fermamente, insieme alla difesa della tradizione, alla tutela e alla valo- rizzazione del patrimonio artistico siciliano. Appare chiara la sua volontà di valorizzare l’arte e gli artisti siciliani, con predile- zione verso i linguaggi tradizionali, pur con una equilibrata attenzione alle più avan- zate innovazioni, ma con evidente trasporto verso il realismo, in cui riconosce le più peculiari radici dell’arte della Sicilia. Registra tutti i più svariati fermenti culturali dell’articolato panorama isolano con l’immediatezza e i conseguenti limiti del criti- co d’arte militante, fortemente partecipe e coinvolto dal momento storico in cui vive e opera. Sostiene fermamente la specificità culturale dell’isola, animata da una pro- fonda consapevolezza e da un forte legame alle radici locali. Il passato non viene rivi- sitato nostalgicamente, ma rivissuto come stimolo per il presente. La non celata pre- dilezione per il realismo costituisce, tuttavia, un ostacolo per un’apertura verso le più innovatrici correnti artistiche, dalle avanguardie agli sperimentalismi. Così, sempre nel 1939 a proposito delle Mostre d’Arte al Teatro Massimo offre chiarimenti genera- li “come gli architetti dimostrano di lasciare i tecnicismi, per lasciare permeare la loro anima dall’afflato epico o lirico della spiritualità presente, considerando l’arte ade- rente alla vita e ai suoi fondamentali valori, così la pittura e la scultura siciliana mostrano anch’esse, nella loro totalità, un ritorno alla realtà, alla schietta natura, al paesaggio, al ritratto, ad alcuni tra i più eterni valori dell’arte. E mostrano anche di abbandonare i vuoti e sterili tecnicismi per una più modesta e sentita attenzione alla natura, mostrano di intendere la serietà del loro assunto, la serietà del loro compito. La loro volontà, almeno, è protesa verso il meglio, assai spesso raggiunge il segno”4. 6 Esemplificativo della soddisfazione per i successi dei Pittori nostri dell’Ottocento è quanto scrive nel 1939 a proposito degli affreschi di Sciuti: “A Sassari, il pittore Giuseppe Sciuti di Zafferana Etnea, al concorso del 1877 per la decorazione del palazzo Provinciale architettato dall’ingegnere Sironi: la vinse su tutti. E la vince anche oggi. Non si può ricordare in tutta Sassari e forse in tutta la Sardegna, stra- namente legata per tutto l’800 ad un barocchetto superficialmente scenografico zeppo di romanticismi pittorici goticheggianti, un’opera che possa rispecchiare la complessa erudizione pittorica, che contemporaneamente si era formata in Italia con l’aiuto della poetica, anche se a volte torbida fantasia di Domenico Morelli, e della erudizione storica scenografica dei maestri romani, una decorazione così com- plessa come questa di Sciuti”5. Dello stesso pittore ancora torna a scrivere: “Grande studioso di greco e di latino, familiare con Tucidide, Livio e Plutarco, studioso degli immensi ruderi greci di Sicilia, Giuseppe Sciuti etneo, sognò una pittura monu- mentale in funzione storica e archeologica, una pittura fatta per ornare palazzi imperiali romani. Scenografia aveva studiato da fanciullo con Giuseppe De Stefani e scenografo fu sempre, per il bisogno di crearsi spazialità immense, mondi irreali e scene eroiche e mitiche. La piccola Catania non bastò al suo spirito anche se, in fondo, biancheggiasse l’immensità nevosa dell’Etna; si recò allora a Firenze nel ‘60 dopo avere fatto per molti anni a Giarre, il decoratore provinciale retorico e festo- so”. Conclude: “Il sipario di Palermo fu la conclusione eccellente dell’arte di Giuseppe Sciuti, primo siciliano d’Italia, primo rievocatore delle glorie nazionali, magnifico temperamento di artista, pittore esperto di tutte le tecniche, erudito geniale, pittore veramente di razza”6. La pittura di Sciuti, che esalta attraverso
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