Irredentismo

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I percorsi dell’ Irredentismo e della Grande Guerra nella Provincia di Trieste a cura di Fabio Todero Volume pubblicato con il contributo della Provincia di Trieste nell’ambito degli interventi in ambito culturale dedicati alla “Valorizzazione complessiva del territorio e dei suoi siti di pregio” e con il patrocinio del Comune di Trieste Partner di progetto: Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Trieste Deputazione di Storia Patria per la Venezia Giulia Istituto regionale per la cultura istriana, fiumana e dalmata Associazione culturale Zenobi, Trieste © copyright 2014 by Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia Ricerche fotografiche: Michele Pupo Referenze fotografiche: Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte del Comune di Trieste; Michele Pupo; Archivio E. Mastrociani, F. Todero; Archivio Divulgando Srl Progetto grafico: Divulgando Srl Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia Villa Primc, Salita di Gretta 38 34136 Trieste Tel. / fax +39 040 44004 www.irsml.eu e-mail: [email protected] I percorsi dell’ Irredentismo e della Grande Guerra nella Provincia di Trieste a cura di Fabio Todero 2| Indice Introduzione I percorsi dell’Irredentismo e della Grande Guerra di Fabio Todero 1. Le Rive di Fabio Todero 2. Il Palazzo della Prefettura di Diego Caltana 3. Il Colle di San Giusto di Fabio Todero 4. Il Civico Museo del Risorgimento e il Sacrario Oberdan di Fabio Todero 5. Il Liceo-ginnasio Dante Alighieri di Fabio Todero 6. I cimiteri di S. Anna e di Servola di Fabio Todero 7. I cimiteri austroungarici di Prosecco e di Aurisina di Roberto Todero 8. La Grotta Azzurra di Samatorza di Roberto Todero 9. Il comprensorio del Monte Hermada di Roberto Todero 10. Il comprensorio di San Giovanni di Duino di Fabio Todero |3 4| Introduzione I percorsi dell’Irredentismo e della Grande Guerra di Fabio Todero La città di Trieste – all’epoca una delle più importanti del vasto Impero austroungarico – fu da subito coinvolta insieme al suo territorio nella tragedia della Grande guerra, scoppiata nella torrida estate del 1914. La città aveva potuto assistere a un macabro antefatto del conflit- to quando, la sera del 1° luglio, nel golfo della città giuliana giunse la squadra navale che scortava le salme di Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria Ungheria e della consorte Sofia, assassinati a Sarajevo il 28 giugno. Il giorno dopo, di primo mattino, in un clima di lutto genera- lizzato, un corteo funebre accompagnò i feretri delle illustri vittime at- traverso la città per raggiungere la stazione della Ferrovia meridionale; da qui sarebbe continuato il loro viaggio per Vienna, dove si sarebbero svolte le esequie ufficiali, e poi per Arstetten, loro ultima dimora. Alcune settimane dopo, il 28 luglio 1914 fu la volta della dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia, e ben presto il conflitto si allargò alle maggiori potenze del continente. In tutto l’Impero vennero perciò emanati i ban- di della mobilitazione generale che investì anche il territorio di Trieste: i suoi uomini furono avviati verso il lontano fronte galiziano e quello bal- canico, e sin dai primi giorni di guerra si fecero sentire le conseguenze economiche e sociali del conflitto. Un ulteriore aggravamento della si- tuazione fu determinato dall’entrata in guerra dell’Italia, nel maggio del 1915. L’avvicinarsi delle operazioni militari portò infatti a una più ampia militarizzazione del territorio – ma il porto di Trieste era stato minato |5 già nell’estate del ’14 – e anche il Carso triestino ne subì le conseguen- ze: la popolazione civile dei villaggi della cintura carsica più prossimi al fronte – come ad esempio Ceroglie o Malchina – dovette abbandonare le proprie case; furono approntate opere di difesa; antichi manufatti fu- rono trasformati in osservatori d’artiglieria; siti un tempo utilizzati da piccole comunità di cacciatori preistorici come la Grotta Azzurra di Sa- matorza furono riscoperti, in quella prima guerra della modernità, quali improvvisati ospedali: non a caso alcuni storici hanno confrontato le condizioni di vita dei soldati della Grande guerra a quelle degli uomini delle caverne. In quella drammatica primavera del 1915, caratterizza- ta tra l’altro da moti e proteste, un numero consistente di cittadini del Regno d’Italia abbandonò la città allora ancora austriaca. Sin dall’estate del 1914 un certo numero di giovani – e meno giovani – triestini e giulia- ni affascinati dall’irredentismo, avevano varcato il confine per arruolarsi volontariamente nelle file dell’esercito italiano. Ciò aprì in diverse fami- glie dolorose lacerazioni. Una consistente zona dell’attuale Provincia di Trieste fu trasformata in un’autentica fortezza naturale come il monte Hermada; contro di essa le truppe italiane furono reiteratamente e inutilmente mandate all’as- salto. Altri luoghi come San Giovanni di Duino, dove il Timavo rivede la luce terminando il suo corso in gran parte sotterraneo, assistettero a imprese sanguinose e compiute da soldati dell’una e dell’altra parte: migliaia di vite travolte dall’uragano della prima guerra di massa della storia. Il territorio della Provincia di Trieste ospita numerosi resti di quei drammatici eventi: trincee, camminamenti, cavità naturali e artificiali segnano ancora il paesaggio carsico e costituiscono i muti testimoni di una guerra di posizione aspra e sanguinosa, combattuta in un terreno inospitale e per lo più privo di acqua. Moltissimi sono però anche i segni 6| della memoria della Grande guerra: ne sono testimonianza monumenti, cimiteri, lapidi, istituzioni museali, scuole e ricreatori dedicati a figure di volontari irredenti. Allo stesso tempo però quella memoria, della quale ben presto il fascismo si appropriò, escluse dal ricordo collettivo la re- altà delle migliaia e migliaia di figli di questo territorio, italiani e slove- ni, che avevano prestato servizio nelle file dell’esercito o della marina asburgici, non di rado senza far ritorno dai fronti o dalle unità sui quali erano stati impiegati. L’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, grazie alla collaborazione della Pro- vincia di Trieste, in occasione del centenario dello scoppio della Grande guerra, ha così ritenuto di proporre alcuni dei molti possibili percorsi le- gati all’irredentismo – inteso come uno dei fattori che formarono parte dei giovani di questo territorio, inducendoli alla scelta del volontariato nelle file dell’esercito italiano – e al primo conflitto mondiale. L’intento è quello di offrire a scolaresche, operatori del mondo dell’informazione, turisti, appassionati e curiosi uno strumento per accostarsi a luoghi che spesso sfuggono all’attenzione o che sono visti con occhi distratti o in- consapevoli. Monumenti, lapidi, cimiteri, caverne o trincee, pur nella loro diversità costituiscono invece altrettanti testimoni di un avvenimento che mutò per sempre le sorti di queste terre e della memoria che ne venne costruita: sono altrettanti luoghi della memoria e punti di so- sta di un potenziale grande museo diffuso, capaci di parlare alla nostra intelligenza e alla nostra sensibilità. Luoghi e nomi che rimandano ad altrettante tragedie, passaggi emblematici del faticoso cammino della storia del ventesimo secolo al quale proprio la Grande guerra impresse una svolta decisiva. |7 Le Rive, monumento ai Bersaglieri e alle ragazze di Trieste 1. Le Rive di Fabio Todero Le rive, il tratto di strada compreso tra i moli del Porto nuovo (il Porto vecchio di oggi) e quello della Lanterna, sono state e continuano ad es- sere uno dei luoghi più frequentati dai triestini per le loro passeggiate. Lo spettacolo che se ne può ammirare è in effetti straordinario tanto nelle giornate invernali, rese limpide dalla bora, quando all’orizzonte si staglia il profilo delle montagne, quanto d’estate, quando vi si può apprezzare la frescura della brezza che spira dal mare. Splendidamente cantate da Scipio Slataper come luogo di lavoro e di amore, le rive furono allargate dalle autorità cittadine tra il 1906 e il 1919; a percorrerle era una linea ferroviaria ferroviaria che congiungeva i due porti cittadini. Pochi anni dopo queste innovazioni, esse furono involontarie testimoni di eventi che avrebbero cambiato per sempre il destino della città e di queste terre. Tutto ebbe inizio nella serata del 1° luglio 1914, quando in porto attraccò una piccola flotta di navi da battaglia dell’imperial regia marina accompagnate da alcune altre unità. Vi era, tra quelle navi, la corazzata «Viribus Unitis», sulla quale giacevano le bare dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria Ungheria, e della consorte Sofia Chotek, assassinati a Sarajevo il 28 di giugno. Con un rito macabro e lento, nella mattina del 2 luglio, da una maona vennero sbarcati i due sarcofaghi, successivamente issati sui catafalchi posti sul tratto delle rive antistante Piazza Grande – oggi piazza Unità d’Italia –; dopo la be- nedizione impartita alle salme dal vescovo di Trieste, monsignor Andrea |9 Karlin, un imponente corteo si mosse attraverso una città parata a lut- to, tra una folla carica d’ansia per un futuro che si presentava denso di ombre e che tale si sarebbe rivelato alla fine di quel mese drammatico. Infatti, allo scoppio della guerra, da Trieste come dalle altre località del Litorale austriaco e dell’Impero, partirono in migliaia per combattere nelle file dell’esercito austroungarico sul lontano fronte della Galizia e su quello dei Balcani. Con l’ingresso nel confitto dell’Italia, avvenuto nel maggio 1915, la guerra si avvicinò. Essa poteva essere ascoltata e vista dalle rive cittadine: sul golfo infatti si compivano le evoluzioni dell’asso dell’aviazione asburgica Goffredo de Banfield, «l’aquila di Trieste», che a bordo del suo idrovolante duellava in aspri combattimenti con gli aerei italiani che spesso si affacciavano sulla città, recandovi talora la morte. A fare la sua comparsa nel cielo del golfo fu anche Gabriele D’Annunzio, che il 22 agosto del ’15 lasciò cadere sul capoluogo alcune bombe, ban- dierine tricolori e messaggi di propaganda patriottica.

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