Gli Idronimi Della Lucchesia

Gli Idronimi Della Lucchesia

Tesi di Laurea in Linguistica Generale Corso di Laurea Specialistica in Lingua e Letteratura Italiana UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA Gli idronimi della Lucchesia Analisi dei nomi dei corsi d’acqua della provincia di Lucca Candidato: Gabriele Panigada Relatore: Chiar.ma Prof.ssa Maria Giovanna Arcamone Anno Accademico 2012/2013 In copertina, rappresentazione cartografica databile al 1717 dei confini tra Gello e Fabbriche di Vallico, sul- la quale sono evidenziati il torrente Turrite Cava e alcuni suoi affluenti di destra. Da MARTINELLI R. (a cura di), Terre di confine. La cartografia della Val di Secrhio tra dominio lucchese ed estense nei sec. XVI-XVIII. Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, 1989, p. 59. Acqua corrente ci beve il serpente ci beve Iddio ci posso bere anch’io.1 1 Formula recitata fino allo scorso secolo dagli abitanti di Villa Basilica qualora, trovandosi assetati nel bosco, fossero stati costretti a bere nei rii o nei bozzi: temendo che l’acqua potesse essere inquinata, per rendersi immuni da tale pericolo, prima di abbeverarsi ripetevano tre volte la breve strofa. Cfr. C. GABRIELLI ROSI , Dal Linchetto al Monello. Racconti, storie, leggende, lavori e tradizioni popolari nel comune di Villa Basilica. Lucca, Istituto Storico Lucchese, “La Balestra” n. 46, p. 65. Indice Introduzione pag. 7 Le parole dell’acqua pag. 17 I corsi d’acqua della provincia di Lucca pag. 21 Classi lessicali pag. 283 Antroponimia pag. 285 Fitotoponimia pag. 291 Zootoponimia pag. 297 Geotoponimia pag. 301 Acqua e dintorni pag. 309 Confini pag. 319 Opere e mestieri pag. 321 Folclore pag. 327 Attributi pag. 329 Et mysteria permanebunt pag. 335 Fonetica, morfologia e sintassi pag. 337 Fonetica pag. 339 Prefissi e preposizioni pag. 349 Suffissi pag. 353 Composti e sintagmi pag. 391 Conclusioni pag. 395 Tabella degli idronimi pag. 401 Abbreviazioni bibliografiche pag. 433 5 Bibliografia generale pag. 437 Tavole pag. 441 6 Introduzione Lucca: una città sull’acqua Il presente lavoro si propone di indagare una porzione limitata dei toponimi della Lucchesia, ovvero i nomi dei corsi d’acqua, gli idronimi. Occuparsi di toponomastica in un contesto geograficamente e culturalmente complesso come quello della provincia di Lucca può apparire una scelta avventata, soprattutto se, proprio attraverso questo lavoro, si muovono i primi passi sul terreno accidentato dello studio dei nomi di luogo. Inoltre, se si getta lo sguardo all’indietro, le grandi figure di Silvio Pieri e Riccardo Ambrosini − solo per citare i maggiori studiosi di toponomastica lucchese − non possono che acuire la sensazione, anzi il timore, di apportare un contributo pressoché inutile e inadeguato alla disciplina, quasi fossimo stati accecati da un eccesso di hybris nello scegliere un simile campo d’indagine. Al di là di ogni esagerazione retorica il rischio è reale e concreto, per questo chi scrive non lo fa con la pretesa di affermare certezze ma con l’umile volontà di tornare a discutere su questioni irrisolte o di provare a riconsiderare dati acquisiti da un diverso punto di vista anche utilizzando metodi recenti. In fin dei conti lo studio della toponomastica è un lavoro mai concluso. Un nome che fino a oggi appariva chiaro nel suo primo significato, alla luce di nuove acquisizioni può essere interpretato in maniera del tutto diversa e le varie ipotesi di lettura etimologica possono trovarsi a convivere sti- molando il dibattito, ognuna forte del suo essere possibile al pari dell’altra. In questo, un nome di luogo può essere molto simile a un reperto archeologico; come un frammento ceramico, una pietra incisa, una statuetta più o meno mutila che affiora casualmente in mezzo ai sassi e agli sterpi, è un’evidenza di superficie alla quale si deve togliere opacità e, ricercando la sua origine primigenia, ci si deve spesso accontentare di ipotesi. È un lavoro di analisi stratigrafica, ma nelle condizioni peggiori: un toponimo, infatti, non ha quasi mai una soddisfacente e chiara sedimentazione sopra di sé ma si presenta così, affiorante in superficie o in stratigrafie confuse, sconvolte, illeggibili. C’è di peggio: un toponimo (fatta eccezione per quelli recenti) è più simile a un sasso scritto che a un reperto fittile, è una sorta di palinsesto su cui l’uomo ha scritto e riscritto nei secoli; su di esso, di- stinguere la prima mano dall’ultima può essere davvero arduo. E ovviamente l’opacità matura col tempo, si solidifica come calcare e può snaturare il nome a tal punto da renderlo incomprensibile persino a chi ogni giorno lo “vive”; in un attimo un parlante può tirare un fregio sul palinsesto e ri- scrivervi ex novo, magari indotto da un suono, dal ricordo di un nome più familiare − l’etimologia popolare è forse più subdola di un tombarolo: riporta alla luce ma alla rinfusa, confonde e cancella per sempre il “vero” passato. Per questo riconsiderare alcuni aspetti della toponomastica della Lucchesia può essere utile a tracciare nuovi percorsi seppure attraverso nomi già noti alla critica, per provare a fare un po’ più di luce sui casi irrisolti e per fornire nuovi dati a sostegno di ipotesi già formulate, comparando costantemente i nostri risultati con quelli proposti per analoghi toponimi attestati in altre parti della Toscana e d’Italia. Un aspetto da non sottovalutare è la pressoché illimitata possibilità di condivisione dei dati e dei risultati offerta oggi dal web, il quale non soltanto è interrogabile come una sterminata banca dati a livello primario, cioè di reperimento di toponimi (ricerca da condurre, ovviamente, con le dovute precauzioni), ma è utilizzabile − c’è da auspicarselo per il futuro della disciplina − come mezzo di condivisione di metodi e strumenti al servizio della toponomastica. Qualora in futuro fosse possibile strutturare un database con caratteristiche standard per la catalo- 7 gazione dei nomi di luogo e delle relative informazioni linguistiche, navigabile in maniera trasver- sale e interdipendente dai vari centri di studio, la toponomastica potrebbe avvalersi − solo per fare un esempio − di uno strumento in più, tipico della linguistica computazionale, ovvero il computo su base statistica delle occorrenze. Nel caso specifico si potrebbe cioè condividere un corpus il più ampio possibile (more data is better data) di toponimi associati alle relative interpretazioni eti- mologiche, ovvero attribuendo a ognuno la propria categoria lessicale di base (a un primo livello: toponimo derivato da un antroponimo, da un fitonimo, da uno zoonimo ecc.; a un secondo livel- lo: toponimo derivato da un antroponimo etrusco, da un antroponimo latino, da un antroponimo germanico, ecc., e così via verso livelli di interpretazione sempre più raffinati) e calcolando per ognuna di esse la percentuale in termini di occorrenze all’interno del corpus; i dati così ottenuti potrebbero poi essere utilizzati per attribuire, su base statistica, i nomi di origine incerta all’una o all’altra categoria lessicale, superando l’impasse della compresenza di varie ipotesi di lettura tutte allo stesso modo possibili per un nome considerato singolarmente. È superfluo dire che un sistema del genere dovrebbe tenere conto della provenienza dei toponimi, a livello sia diatopico sia diacro- nico, e utilizzare questi dati come ulteriori discriminanti utili al calcolo probabilistico delle relative ipotesi di lettura etimologica. Proprio all’interno di un’ottica di questo tipo è stato scelto il corpus di toponimi analizzati dal presente lavoro. Si è attinto, cioè, da una banca dati che rispondesse il più possibile alle caratte- ristiche sopra descritte, ovvero che avesse una certa “istituzionalità” traducibile in un modello standard e che fosse fruibile liberamente tramite il web. La base di partenza è stata dunque scelta nel database di toponimi del Sistema Informativo Regionale per l’Ambiente (SIRA) della Regione Toscana,2 gestito a livello locale dall’ARPAT e basato sui sistemi informativi della Provincia di Lucca e dei suoi Comuni; a livello sovraregionale, il sistema di catalogazione delle informazio- ni del SIRA è concepito per essere applicato all’intero territorio nazionale e in questo sta il suo indiscusso punto di forza, al quale dovrebbe necessariamente rifarsi un ipotetico futuro database toponomastico di livello più avanzato. A tale massa di dati sono state affiancate le varianti riscon- trate direttamente sul territorio o tramite parlanti oriundi e si è proceduto a consultare le carte del territorio (a uso militare o escursionistico) in scala 1:25.000 facilitati in questo dal SIRA stesso, che offre un riferimento GPS per ogni nome di luogo catalogato all’interno della banca dati. È mancata invece una ricerca di tipo archivistico, ma del resto questo lavoro si propone soltanto quale step iniziale di una possibile rivisitazione globale della toponomastica lucchese e, per dirla con Pieri, “una ricerca di codesta maniera, se estesa a tutta la nostra zona, richiederebbe, tacendo delle particolari difficoltà di vario genere, quasi intiera la vita d’un uomo! E il profitto, in comples- so, non sarebbe forse proporzionato alla fatica”.3 È pur vero che il celebre studioso scriveva così alle soglie del Novecento e oggi, per fortuna, disponiamo di più numerosi e dettagliati strumenti in grado di facilitarci il lavoro, non ultimi L’archivio delle acque e delle strade di Beatrice Romiti e il Prospetto della toponomastica lucchese dal 1861 al 1980 di Rodolfo Vanni, editi entrambi per i tipi dell’Accademia Lucchese di Scienze, Lettere e Arti. Dunque,

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