UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA DIPARTIMENTO DI STUDI UMANISTICI Lingue, Mediazione, Storia, Lettere, Filosofia CORSO DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE LINGUISTICHE, FILOLOGICHE, LETTERARIE E STORICO- ARCHEOLOGICHE CICLO XXVIII CURRICULUM INTERPRETAZIONE, FILOLOGIA DEI TESTI, STORIA DELLA CULTURA TITOLO DELLA TESI Al di là e al di qua dell’Adriatico: la rappresentazione dell’Albania e dell’Italia tra XX e XXI secolo. Scrittori e scrittrici albanesi in lingua italiana a confronto RELATRICE DOTTORANDA Chiar.ma Prof.ssa Carla Carotenuto Dott.ssa Flora Shabaj COORDINATORE Chiar.mo Prof. Massimo Bonafin ANNO 2017 1 INDICE Parte I La letteratura italiana della migrazione Introduzione p. 5 Capitolo I Genesi e sviluppo della letteratura della migrazione I.1 Verso la letteratura della migrazione p. 14 I.2 L’ospite (in)desiderato nella letteratura italiana contemporanea p. 16 I.3 Una questione di definizioni p.20 I.4 Testi, generi e forme letterarie p.24 I.5 Il caso della letteratura della migrazione in Italia p. 31 I.6 Critica ed editoria p. 34 Capitolo II Letteratura della migrazione: attualità e prospettive future II.1 Una società transculturale? P. 38 II.2 Il canone letterario: definizione e riformulazione p. 43 II.3 Per una legittimazione della letteratura della migrazione p. 50 II.4 L’educazione interculturale p. 58 Parte II Italia e Albania: Mito e realtà Capitolo III Il paese delle aquile tra passato e presente III.1 L’altra sponda. Dalle radici dell’albanesità al nazionalmarxismo p. 64 III. 2 Contatti e confronti tra le due sponde p. 69 III.3 (Dis)Incanto p. 74 III.3.1 Albanesi e italiani: il percorso di interazione p. 79 2 Capitolo IV Voci dell’Adriatico IV.1 Scrittori albanesi tra XX e XXI secolo p. 84 IV.2. Autori e poetiche p. 89 IV.2.1 Ornela Vorpsi: l’autrice dalla «scrittura visuale» p. 89 IV.2.2 Artur Spanjolli: il romanziere silente p. 94 IV.2.3 Ron Kubati: lo scrittore dell’«altrimenti nell’altrove» p. 99 IV.2.4 Anilda Ibrahimi: la narratrice dell’universo femminile p. 103 IV.3 Il parlar [non] materno p. 107 IV.4 L’italiano degli scrittori di origine albanese p. 113 IV. 4.1 Forestierismi p.114 IV.4.2 Fenomeni fonetici p.117 IV.4.3 Neologismi e risemantizzazione di elementi lessicali p. 119 IV.4.4 Onomastica e toponimia p. 120 IV.4.5 Fenomeni morfologici e sintattici p. 123 Parte III Al di là e al di qua dell’Adriatico Capitolo V Il richiamo delle radici V.1 La mitologizzazione della terra natia p. 127 V.2 Big brother Albania p. 134 V.3 La condizione femminile fra tradizione ed emancipazione p. 142 V.4 La distanza prospettica e il (non) ritorno p. 154 Capitolo VI Il sogno dell’Occidente VI.1 Con lo sguardo verso l’altrove p. 159 VI.2 Dall’illusione alla delusione: l’altra sponda dell’Adriatico p. 164 VI.3 La parola metaletteraria del migrante p. 176 Conclusioni p. 180 Glossario p. 186 Bibliografia p. 199 3 PARTE I LA LETTERATURA DELLA MIGRAZIONE 4 INTRODUZIONE Just as none of us is outside or beyond geography, none of us is completely free from the struggle over geography. That struggle is complex and interesting because it is not only about soldiers and cannons but also about ideas, about forms, about images and imaginings.1 (Edward Said) Il discorso sulla geografia presentato da Said sfrutta un’immagine caratterizzata da uno scenario ben delineato da confini e barriere. Confini che limitano, impediscono, bloccano, fermano. Dall’altra parte, però, grazie anche al forte desiderio di varcare qualsiasi confine, si potrebbe pensare ad un’area che invece di limitare indica e invece di bloccare si trasforma in una porta di accesso. Questa battaglia tanto complessa oggi è un dato di fatto che caratterizza la nostra società sempre più liquida.2 Una battaglia che coinvolge, come sostiene Said, non solo soldati e cannoni, ma anche idee, forme, immagini e storie immaginate. In questo vortice di agenti rientra anche quella che è comunemente definita «letteratura della migrazione» (cfr. capitolo I). Infatti tale letteratura si pone al di fuori e oltre qualsiasi confine oscillando tra lingue, culture e paesi diversi. Il XX secolo è stato caratterizzato non solo dalle grandi guerre, dal processo di decolonizzazione e dalla caduta dei regimi totalitari, ma anche dal fenomeno migratorio che con le varie ondate ha fatto del migrante il protagonista dei nostri tempi. Tale fenomeno, infatti, continua senza sosta mettendo in crisi i concetti di patria, di identità e di appartenenza. Trasformazioni che non solo hanno influenzato il mondo, ma anche il modo di rappresentarlo. Nella miriade di avvenimenti che sono alla base di tali modifiche rientra la letteratura della migrazione che interroga e chiede al lettore di considerare e ripensare paesi, popoli, lingue e poetiche, una in relazione all’altra. È noto che il dibattito intorno a questa letteratura è alquanto controverso. La sua esistenza continua ad essere plasmata da divisioni e distinzioni, costruendo un discorso critico sulle definizioni piuttosto che sul valore letterario. In tal senso questo lavoro si propone come un contributo al dibattito sul riconoscimento del valore letterario di alcune opere migranti nell’ambito della letteratura contemporanea. 1Edward Said, Culture and Imperialism, Vintage, New York, 1994, p. 7. 2Zygmunt Bauman ha elaborato il concetto di società liquida in quanto considera l’esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si o decompongono e ricompongono in modo fluido. Cfr. Zygmunt Bauman, Modernità liquida (2000), tr. di Sergio Minucci, Laterza, Bari, 2002. 5 Ripercorrendone il discorso critico si può constatare la tendenza diffusa alla categorizzazione con l’uso di etichette in cui gli scrittori non si riconoscono. In questo scenario una domanda nasce spontanea: è possibile circoscrivere una letteratura la cui definizione comuneme contiene la parola migrazione? Per rispondere al quesito è opportuno riflettere sul vocabolo migrante, che deriva dal latino migrantem (participio presente di migrare) e significa partire, andare da un luogo all’altro. Una parola che ci ricorda milioni di persone in viaggio verso mondi (mis)conosciuti e terre promesse fin dall’antichità. Un simile scenario si è verificato anche in Italia, ma con un interessante fenomeno che ha visto la trasformazione dei movimenti migratori. Infatti da paese di emigrazione tra ’800 e ‘900 la penisola è diventata anche paese di immigrazione già nella seconda metà del XX secolo. Il fenomeno assume caratteristiche notevoli soprattutto nel nuovo millennio trasformando il bel paese, in questi ultimi anni, in una porta verso l’Occidente, una terra di passaggio dove i migranti arrivano ma non vogliono fermarsi; contemporaneamente prosegue l’emigrazione che raggiunge numeri sempre più consistenti. Sul finire del secolo scorso, però, molti migranti si sono stabiliti in Italia costituendo così una buona percentuale della popolazione attuale. È importante ricordare che il migrante porta con sé un bagaglio di valori, usi e costumi diversi da quelli del paese ospitante. Prende vita così un complesso processo di interazione al punto che l’immigrato si trova a vivere in-between, situazione in cui è prevista una fase di integrazione da una parte ed alienazione dall’altra. Una dimensione inter-stiziale o inter- media in cui si distinguono nuove soggettività alternative. Homi K. Bhabha sostiene che viviamo «in the realm of beyond», un regno che non è un nuovo orizzonte, né una vita all’ombra del passato, ma «we find ourselves in the moment of transit where space and time cross to produce complex figures of difference and identity».3 Bhabha considera innovativi, invece, the need to think beyond narratives of originary and initial subjectivities and to focus on those moments or processes that are produced in the articulation of cultural differences. These ‘in-between’ spaces provide the terrain for elaborating strategies of selfhood-singular or collective- that initiate new signs of identity, and innovative sites of collaboration, and contestation, in the act of defining the idea of society itself.4 In questo spazio, spesso, l’immigrato si chiede come viene visto dal paese di arrivo e come egli stesso vede questa società. Non esiste un’unica risposta, anzi, se ne possono 3Homi K. Bhabha, The Location of Culture, Routledge, London, 1994, p. 1. 4 Ivi, pp. 1-2. 6 trovare tante e diverse: dal rifiuto all’accettazione, dal pietismo all’altruismo, dall’ignoranza alla conoscenza. E l’immigrato come vede la nuova società? Una risposta si potrebbe rintracciare proprio nella letteratura della migrazione, più precisamente nei testi letterari di autori non di madrelingua italiana. Il lavoro di rappresentazione nasce dall’incontro con l’altro, con i testi stranieri; tale incontro rientra nell’ambito dell’imagologia che Yves Chevrel definisce come lo studio comparatistico incentrato sull’analisi delle immagini culturali dell’altro. Secondo lo studioso, «le term imagologie tend à s’imposer pour regrouper une importante partie des études comparatistes consacrées aux images culturelles representant l’étranger».5 È proprio nell’immagine che si realizzano l’incontro e la rappresentazione del sé in relazione all’altro, delle identità di chi osserva e chi viene osservato. Formazione di un immaginario che ha come oggetto i paesi e i loro abitanti e che scaturisce dall’incontro con il turista, l’immigrato, dalle notizie o, come nel caso dell’Albania e degli albanesi, soprattutto dalle immagini televisive. Anche la letteratura della migrazione gioca un ruolo importante nella costruzione dell’immaginario poiché tali espressioni diffondono la consapevolezza delle trasformazioni sociali che le migrazioni avviano e che possono ricondurre ad una maggiore coscienza collettiva dell’interculturalità. In questo «nuovo immaginario italiano», come indicano le studiose Maria Cristina Mauceri e Maria Grazia Negro,6 prende vita la rappresentazione letteraria e l’immaginario che le opere costruiscono.
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