27CUL01A2701 ZALLCALL 11 23:16:20 01/26/98 Martedì 27 gennaio 1998 2 l’Unità2 CULTURA E IDEE L’artista è morto ieri a Roma, aveva 64 anni. Un infarto sembra sia stata la causa del decesso Mario Schifano, così lo schermo divenne oggetto mitico della pittura Era nato a Homs in Libia e si era trasferito a Roma nel 1948. Aveva lavorato come restauratore al museo etrusco di Valle Giulia, poi, negli anni Sessanta, la ricerca pittorica: cascate di colore ottenute con emulsioni smaltate. E, infine, i film. Il ricordo Intorno alle ore 18,30 di ieri è morto mo televisivo in movimento, si voci- il pittore Mario Schifano. A quanto si ferava.Comunqueerapittura. è appreso,ha avuto un malorein casa Comunque l’opera di Schifano ed è stato trasportato al Santo Spirito s’incamminavavelocementeversola Le foto, con un’autombulanza del pronto in- storia. tervento cittadino. In un primo mo- Il colore di Schifano agguantando mento, l’artista era stato ricoverato marchi e marche, paesaggi romani, il pasticciere nel reparto accettazione, ma la gravi- Veneri di Milo o omaggi a Balla che tà delle sue condizioni ha indotto i dir si voglia, enucleava nello spazio medici a trasferirlo nel centro di ria- «fantasie» contemporanee quasi vo- e gli amici nimazione. «Quando è arrivato in lesse descriverne la loro visionarietà ospedale era in condizione gravissi- mitica. «Coca Cola», del 1960, «Ve- me e non c’è stato nulla da fare», così nere di Milo» del 1960, «Roma» del FULVIO ABBATE unodeimediciditurnochehaassisti- 1961 ne sono un esempio. Schifano to l’artista ha spiegato la situazione al non descriveva ma rappresentava. momentodelricovero. Eral’irruenzadelcoloreches’attarda- Non amava che si parlasse Mario Schifano non illustrava nul- va ad asciugarsi e si autodefiniva del suo lavoro di pittore. Me- la che non fosse rappresentazione «opera» ad entusiasmarlo. In quegli glio: non voleva essere defini- dell’apparizione del colore sulla tela. anni non si dovrà dimenticare che la to. In nessun modo. Del suo Ossia, più che definire l’immagine semiologia aveva rapito il cuore ai lavoro, che molti critici, per descrivendo l’oggetto del contende- più, compreso Schifano che aveva a abitudine, definivano Pop, re(in poche parole il referentechesul sua disposizione anche una diretta unavoltahadetto:«èampioe quadro veniva descritto dal segno e conoscenza della filmografia di Jean insoluto». Gli ero amico, gli volevo bene, e certi giorni lo dal tono), raccontava l’irruenza del Luc Godard. Anche Schifano in que- andavo a trovare. Mario stava colore, quando a contatto del sup- gli anni aveva filmato, sceneggiando lì, disegnava, scarabocchiava porto quasi si accartoccia, più che una personale idea di film, originale su pezzetti di carta con i pen- stendersi in campiture smaltate. ed autonomo. L’artista immortalò in narelli e gli smalti. E intanto Schifano veniva da lontano, aveva sequenze tonali il poeta Sandro Pen- guardava la tv. E intanto si fa- frequentato tecniche che negli anni na. Poi sperimentò segnali d’allarme ceva raccontare la vita da tutti Sessanta sembravano troppo smac- tonale, marchi consumistici, rivisi- noi che andavamo a trovarlo. catamente compiaciute, grandi spazi tandosulleteleesullapellicolaperso- Non amava il bel tempo, una ottenuti con la tecnica emulsionata nali riflessioni sul Futurismo e, so- volta mentre il cielo brontola- servendosi della polaroid o del dia- stanzialmente, sulla trasposizione va l’arrivo di un temporale, scopio.Sfruttandomaterialicomete- del dinamismo pittorico in una epo- mi ha detto: «mi piace quan- le emulsionate, carta, plexiglas. ca che aveva rimosso le avanguardie do il tempo è così, perché così Sfruttando tecniche diverse, soprat- storiche alle quali peraltro lui non di- ho la sensazione di non per- tutto fotoimpressioni, per le sue ope- sdegnavadiappartenere. dere nulla di quello che acca- de fuori». Amava stare in casa, re, spesso sviluppate in cicli come A detta di storici dell’arte, Schifano Mario. Era pieno di idee, Ma- ”Tutte le stelle”, “Paesaggi tv”, “Gigli negli anni ottanta e oltre si era un po‘ rio. Di storie da raccontare. d’acqua”. come inflazionato, aveva disperso in Era molto curioso. Sapeva tut- In quegli anni feroci, in pieno in- mille rivoli troppo colorati il proprio to del mondo. Aveva un fi- formel dilagante, Mario Schifano, as- talento, dedicandosi leziosamente glio: Marco Giuseppe, e gli vo- sieme ai suoisodali, compagnidibar- all’accostamento di più toni colori- leva bene più d’ogni altra cosa ricata di quegli anni, Tano Festa e stici, decorativi e senza qualità. Ave- Mario Schifano con suo figlio, sotto una sua opera e in alto a sinistra nel suo studio al cosmo. Era, in assoluto, l’o- Franco Angeli - definiti tutti e tre da- va tappezzato lo studio pera di cui andava più felice, gli storici d’arte « Pittori di Piazza del di televisori in quantità Marco Giuseppe. Mi ricordo il Popolo» - fondava un nuovo modo industriale, riproduce- IL COMMENTO giorno del battesimo del suo d’essereartista. va sutelaimmaginiche bambino, in una chiesa sulla I tre artisti indirizzarono la loro ri- la Polaroid fissava sulla via Flaminia. C’era lui, c’era cerca verso lidi popolari, raccontan- pellicola. Contempo- Monica, la mamma di Marco do per cicli l’ineluttabile apparire de- raneamente più appa- Quei felici anni Sessanta Giuseppe, i nonni, e c’era Mo- gli oggetti mitici della pittura: Schifa- recchi televisivi tra- ravia, che lui chiamava «il ENRICO CRISPOLTI mio Alberto». Scattò scattò fo- no gli schermi monocromi; Festa im- smettevano immagini to per tutto il tempo della ce- poste, persiane e frammenti dellepit- da ogni dove che l’arti- rimonia. Il prete sorrideva. ture della Cappella Sistina; Angeli ve- sta instancabilmente Oggi che è inopinata- Sono sostanzialmente tre, credo, i dionisisticamente gettato in partico- Amava scattare sempre foto, li risibili, trasparenti che idolatrava- frammentava sulla tela mente conclusa, si può momenti creativamente più signifi- lare nella seconda metà degli anni Mario. Noi, i suoi amici, lo no le trasparenze del blu, l’Aquila del investendole di colori. ben dire che Schifano cativi del suo essere pittore. Quel Ottanta, soprattutto in paesaggi vor- sappiamo. Diceva sempre che dollaro americano, giocattoli aerei. Fu così che la polaroid abbia giocato d’azzardo tempo di formulazioni non-figurati- ticosamente partecipati quali rinno- prima o poi ne avrebbe fatto Schifano era nato a Homs in Libia nel diventò tavolozza, la propria avventura di ve d’un certo dominante integrali- vate occasioni emotive di dimostra- un libro, un libro gigantesco, 1934. Aveva un percorso in più ri- nuova sacerdotessa del pittore, mettendone smomonocromaticoche,proprioin- zionedivitalismoesistenziale. con tutte le foto del mondo, spetto ai suoi coevi:il restauro. Aveva colore che emetteva a troppo presto a rischio tornoal1960-62,spegnevatuttaviail Ne rimane complessivamente ap- una specie di Guida Monaci di lavorato presso il Museo nazionale ritmo frenetico fanta- un’indubbiavocazione, rigore integralista e «sublime» di una puntounsensodiautenticaavventu- tutte le immagini che veniva- etruscodiVillaGiuliaesieradedicato sie immaginifiche ma- per viverne poi in più conclamata «astrazione post-pittori- ra a rischio, umanamente prima che no dal mondo: i suoi amici, i satelliti, le nuvole, gli animali, alla pittura; le nevralgie che si anni- nipolate continua- occasioni e in modi di- ca» nordamericana in una seducente culturalmente, e stagioni di pittura le piante, i baci dei film. Spes- dano tra i marmi tufacei e le irruenze mente. versi la riconquista, a esplicitazione sensibile, affabilmen- cheneportanoisegniassaipersonali, soevolentieri(Marioeramol- pacate dell’arte murale etrusca nella L’artista, divenuto volte faticosa quanto tecorsiva. fra lirismo felicemente evocativo, in to generoso) regalava ai suoi loro aprospettica monocromia, lo succubedelmodernoattrezzoallego- tuttavia felice negli esiti. Pur se com- E poi la felice stagione immediata- un certo incanto di sensibilità poeti- amici, ma anche ai suoi visita- avevano affascinato a tal punto che rico,nonabbandonòcomunqueuna plessivamente può rimanere il dub- mente seguente, lungo in particolare ca, e poi furore vitalistico, quasi a vo- tori, le foto che amava ritoc- non resistette un minutodi più, deci- straordinaria visionarietà collettiva. bio se veramente abbia del tutto rea- i centrali anni Sessanta, d’una figura- ler rincorrere unapienezzacheconti- care con i pennarelli. Ora, ora se di raccontare l’al di là del segno e Lo prova il sito internet che Schifano lizzato quanto la sua sensibilità e le zione«leggera»,garbatamenteallusi- nuamentesentissesfuggirgli. che Mario non c’è più, me ne del colore nella rappresentazione aveva creato mettendolo a disposi- suedotipromettevano. va, liberamente evocante, che costi- Resta insomma il profilo dell’au- viene in mente una, tratta da della cromia e non nella descrizione zione di tutti, www. stet.it/schifano/; Certamente infatti già fra i cinque tuì l’alternativa ottimistica e quasi tenticità del dramma di momenti ri- un programma sui cento anni dellastessa. invitando collettivamente al proprio giovani (gli altri: Angeli, Lo Savio, Fe- spensierata ai crucci sociologici della scattati contro una tendenza altri- del cinema, dove compare Fu, per Schifano, inevitabile dissi- uragano di immagini e colore si leg- sta e Uncini) che nel 1960 si erano giovanile «nuova figurazione» italia- menti dissipatoria che caratterizza una frase di Lumiere. Una fra- pareilmisterodelfared’ognitempoe ge:«Com’è splendido il
Details
-
File Typepdf
-
Upload Time-
-
Content LanguagesEnglish
-
Upload UserAnonymous/Not logged-in
-
File Pages27 Page
-
File Size-