Cahiers De Recherches Médiévales Et Humanistes, 25 | 2013 Il Fantasma Di Teocrito 2

Cahiers De Recherches Médiévales Et Humanistes, 25 | 2013 Il Fantasma Di Teocrito 2

Cahiers de recherches médiévales et humanistes Journal of medieval and humanistic studies 25 | 2013 Le droit et son écriture Il fantasma di Teocrito Osservazioni sulla ricezione della bucolica greca nel Quattrocento Claudia Corfiati Edizione digitale URL: http://journals.openedition.org/crm/13100 DOI: 10.4000/crm.13100 ISSN: 2273-0893 Editore Classiques Garnier Edizione cartacea Data di pubblicazione: 30 juin 2013 Paginazione: 295-326 ISSN: 2115-6360 Notizia bibliografica digitale Claudia Corfiati, « Il fantasma di Teocrito », Cahiers de recherches médiévales et humanistes [Online], 25 | 2013, online dal 30 juin 2016, consultato il 10 décembre 2020. URL : http://journals.openedition.org/ crm/13100 ; DOI : https://doi.org/10.4000/crm.13100 Questo documento è stato generato automaticamente il 10 décembre 2020. © Cahiers de recherches médiévales et humanistes Il fantasma di Teocrito 1 Il fantasma di Teocrito Osservazioni sulla ricezione della bucolica greca nel Quattrocento Claudia Corfiati 1 All’interno della ‘scuola ferrarese’, sotto la guida del maestro Guarino, un gruppo di giovani poeti maturò un approccio più corretto dal punto di vista filologico ai versi bucolici di Virgilio, anche attraverso « la découverte de Théocrite », e produsse negli anni cinquanta del Quattrocento una serie di pastoralia, che mostrano caratteristiche originali e innovative rispetto alla tradizione allegorica medievale e petrarchesca : così affermava nel 1978 Antonia Tissoni Benvenuti, partecipando al convegno internazionale Le genre pastoral en Europe du XVe au XVII e siècle1. Il testo di quell’intervento dalle forti connotazioni propositive fu pubblicato poi nel 1980 per i tipi dell’Université de Saint-Etienne, ma ancor prima, nel 1979, uscì in un volume In ricordo di Cesare Angelini un saggio che in parte riproponeva la medesima teoria, ma che conteneva in appendice un vero e proprio censimento di quelle opere bucoliche ‘ferraresi’, accuratamente schedate con la collaborazione di un gruppo di giovani studiosi. Da quella data nulla è stato scritto a comprovare o a contestare le pagine di Tissoni Benvenuti : eppure in esse è posta una questione di estrema importanza, anche e soprattutto dal punto di vista metodologico, che investe, pur partendo da un’angolatura molto particolare, il significato stesso del classicismo nell’Umanesimo italiano e poi per osmosi nel Rinascimento europeo. 2 Leggendo le pagine che alla fine degli anni sessanta Thomas G. Rosenmeyer dedicava al rapporto tra Teocrito (inteso da lui come modello) e la lirica pastorale europea e in particolar modo britannica si avverte la presenza di un forte e forse innaturale iato tra gli antichi scrittori e i modernissimi poeti del Cinque e Seicento2, distanza che potrebbe essere colmata da una riscrittura della storia della poesia bucolica italiana nel Quattrocento, in una prospettiva diversa da quella del volume, compilativo per lo più, oltre che datato, di Enrico Carrara, pubblicato per Vallardi nel 19053. Questo obiettivo tuttavia è ben lontano dal poter essere perseguito oggi, dato che per la maggior parte degli autori segnalati dal Carrara (e naturalmente altri bisognerebbe aggiungerne) non esiste ancora un’edizione, nonché una traduzione e un commento, che nel caso del genere pastorale non sono orpelli, ma strumenti indispensabili4. Cahiers de recherches médiévales et humanistes, 25 | 2013 Il fantasma di Teocrito 2 3 L’intento di questo saggio sarà necessariamente limitato al tentativo di riconsiderare con uno sguardo critico e verificare quanto a suo tempo proposto da Tissoni Benvenuti : partendo dai testi di quella medesima scuola ferrarese e sondando luoghi e autori più o meno noti e studiati della tradizione bucolica italiana andremo alla ricerca di indizi concreti o semplici tracce, che rivelino una presenza se non di Teocrito, almeno del suo fantasma che, come il Quintiliano della famosa lettera di Poggio Bracciolini indirizzata a Guarino5, rivendichi dalle oscure carceri delle biblioteche umanistiche la meritata libertà. 4 Partiamo dunque da un postulato : il ricordo del Teocrito bucolico non è stato mai cancellato nella cultura latina occidentale, dal momento che i commentatori di Virgilio, Servio in primis6, lo segnalavano come l’inventore del genere, e colui che ne aveva rispettato, più del suo emulo, le regole. E buona parte della critica moderna sulla poesia pastorale latina ha indagato per l’appunto e continua ad indagare, sulle orme del commentatore tardo antico, i rapporti indiscutibili e strettissimi tra l’autore latino e il suo modello greco : per questo motivo oggi possiamo verificare, con l’ausilio di una buona bibliografia, quanto il Mantovano coscientemente si sia attenuto al genere e quanto abbia innovato, e i luoghi dove abbia riproposto in gara con l’originale moduli e stilemi di Teocrito7. E se noi moderni non avessimo avuto l’opportunità di conoscerlo e di leggerlo in edizioni che nel tempo – grazie all’apporto delle testimonianze papiracee – si sono fatte sempre più attendibili e corrette8, del poeta siracusano sapremmo comunque qualcosa, sapremmo esattamente quello che sapevano Dante, Petrarca e Boccaccio quando per ragioni diverse e con finalità diverse si adoperarono per la rinascita del genere bucolico9. Non bastò tuttavia che tra la metà del Trecento e gli inizi del secolo successivo essi e molti altri autori loro seguaci rileggessero Virgilio e fossero coscienti della possibilità di rinunciare all’allegoria in favore di versi più schietti e leggeri, perché si generasse un cambiamento. 5 Solo a partire dagli anni cinquanta del XV secolo infatti da una semplice ‘rinascita’ si passò alla ‘restaurazione’. Se qualcosa deve essere intervenuto a modificare la formula del genere bucolico, è probabile che si sia trattato di una concomitanza di fattori, nessuno dei quali decisivo o imprescindibile. La riscoperta del greco Teocrito insieme al desiderio di emularlo, la lettura degli altri autori bucolici latini antichi, come Calpurnio e Nemesiano10, ma anche moderni come Petrarca e Boccaccio, più semplicemente un atteggiamento diverso nei confronti di Virgilio, letto non più come l’auctor medievale, la guida dell’Alighieri nell’oltretomba cristiano, ma come una delle tante eccellenze di quella latinità classica di cui gli umanisti avidamente cominciarono a conoscere i dettagli: questi furono gli ingredienti alchemici principali, cui si può aggiungere ancora la ricostruzione del contesto linguistico, storico, culturale, la migliore conoscenza di altri poeti contemporanei a Virgilio, il desiderio di impadronirsi di quella lingua e delle sue regole per farne moderna espressione di humanitas, e infine la messa in campo di una emulazione capace di superare l’elemento della pura riproposizione di stilemi del modello, con l’orgoglio della propria modernità. Chi legge i Pastoralia del Boiardo 11 trova tutto questo, la sua è una poesia bucolica completamente rinnovata che non rinuncia all’allusività, anche un po’ allegorica, di Virgilio, ma capace di costruire una struttura alternativa per le sue dieci ecloghe, alternativa e nello stesso tempo continuamente ammiccante al modello. L’opera del conte di Scandiano è il frutto maturo di un percorso che altri prima di lui avevano avviato, ma che si concluderà a fine secolo con il tormentato (dall’autore e dalla critica) capolavoro sannazariano : la Cahiers de recherches médiévales et humanistes, 25 | 2013 Il fantasma di Teocrito 3 presenza costante del motivo encomiastico, cui almeno un’ecloga di tutta la raccolta è interamente dedicata, e del motivo erotico-elegiaco puro (non sottomesso alle ragioni dell’allegoria)12, rappresentano infatti una costante della produzione pastorale degli anni sessanta cui si aggiunge inevitabilmente l’ascendenza autobiografica, per cui il poeta rappresenta volentieri sé stesso e la sua storia, e soprattutto il contesto cortigiano, che – come sottolineava a suo tempo Maria Corti – finisce per pervadere di sé e modificare di senso anche i topoi più classici e letterari. C’è sì l’Eden arcadico con i Tirsi, i Melibei, i Dameta, che gareggiano in suoni di flauto e in canzoni, con le belle Fillidi e Amarillidi, che li fanno spasimare, ma, il centro di gravitazione è mutato, mutati sono il significato e la simbologia di tali presenze, ormai strettamente legate a un mondo cortigiano e umanistico13. 6 Corti naturalmente descrive in queste righe il contesto più ampio dell’Italia quattrocentesca entro cui nasce il progetto dell’Arcadia di Jacopo Sannazaro, un’opera dove sono ben presenti, come ha recentemente mostrato Carlo Vecce14, non solo il fantasma di Teocrito, ma la sua carne e le sue ossa : siamo però a metà degli anni Ottanta del secolo, e oltre15. È sempre più facile naturalmente, man mano che ci si sposta verso il Cinquecento riconoscere i segni di una lettura sistematica dei suoi idilli, e non solo di quelli pastorali, è sempre più frequente riscontrare la presenza di traduzioni e di allusioni al mondo del poeta siracusano, laddove solo una quarantina di anni prima egli era oggetto di prime e timide indagini e rare incursioni da parte dei più raffinati conoscitori della lingua greca classica. 7 Ma come trovare le tracce di un poeta che il suo emulo latino ha del tutto eclissato nel tempo, metabolizzandone i tratti essenziali e trasformando in un classico e in un genere quello che non era che un aspetto dello sperimentalismo fresco e nello stesso tempo altamente letterario del poeta ellenistico, nelle pagine di intellettuali che devono difendere lo studio della lingua greca come strumento

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