Università Degli Studi Di Padova

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Sede Amministrativa: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Dipartimento: ITALIANISTICA Scuola di Dottorato di Ricerca: SCIENZE LINGUISTICHE, FILOLOGICHE E LETTERARIE Indirizzo: ITALIANISTICA Ciclo: XX IPPOLITO PINDEMONTE EPISTOLE E SERMONI (EDIZIONE COMMENTATA) Direttore della Scuola: CH.MO PROF. FURIO BRUGNOLO Supervisore: CH.MO PROF. GUIDO BALDASSARRI Dottorando: SALVATORE PUGGIONI DATA CONSEGNA TESI 31 GENNAIO 2008 INTRODUZIONE Epistole e Sermoni: un lungo e laborioso iter compositivo. L’iter compositivo delle Epistole e dei Sermoni del Pindemonte risulta tutt’altro che pacifico e lineare: dietro la semplice data di pubblicazione delle raccolte si nascondono, in realtà, una lunga e tortuosa meditazione sul progetto generale di elaborazione, una serie di prime stesure ripensate e riproposte con notevoli varianti in momenti successivi, questioni quanto mai controverse legate alla circoscrizione cronologica dei singoli testi, il probabile ripudio successivo di alcune composizioni, il giudizio dei più cari amici letterati ed eruditi dell’autore e i continui e rigidi controlli di una censura imperiale, in quegli anni quanto mai severa e difficilmente incline al compromesso. Fra le finalità che la presente edizione vorrebbe raggiungere rientra, in effetti, anche quella, per quanto possibile, del riordino e della giustificazione cronologica di una cospicua serie di testi, sino ad oggi rimasta al di fuori degli interessi della filologia e della critica storiografico-letteraria. Nel 1778 (ma è molto incerto il mese: si può, tuttavia, presumere durante la seconda metà) il Pindemonte intraprende un importante e fecondo viaggio lungo la penisola: dopo un soggiorno a Firenze (che non è al momento possibile determinare cronologicamente con certezza), il 4 marzo dell’anno successivo viene solennemente accolto in Arcadia con il nome di Polidete Melpomenio1 e con la pubblica presentazione delle Stanze2, dedicate all’amatissima Paolina Secco Suardo Grismondi3 (Lesbia Cidonia in Accademia). Il soggiorno romano si rivelerà, al di là della prestigiosa 1 Melpomene, non è superfluo ricordarlo, è la Musa preposta alla composizione tragica. Il Pindemonte, infatti, si propone, al principio della sua carriera letteraria, come tragediografo: solo in un secondo momento opterà per la poesia prevalentemente in verso sciolto. Sulla produzione giovanile dell’autore siamo, purtroppo, poco informati: sappiamo che nel 1775 (non si dimentichi che nel 1771 ritorna a Verona, dopo sei anni di formazione presso il Collegio modenese “S. Carlo”) porta a compimento e pubblica la traduzione della Berenice di Racine, corredata di un’Ode sulla tragedia – già letta alla veronese Accademia dei Filarmonici – e di due discorsi sull’Arte tragica e sulle Maschere, al momento non rintracciabili. Risale al 1778, invece, la tragedia Ulisse, dedicata a Paolina Grismondi, data alle stampe, anonima, a Firenze e presentata, senza particolare successo (fatto che Pindemonte non dimenticherà facilmente), al celebre concorso di Parma, organizzato dal Du Tillot. Nel 1779, durante il suo viaggio lungo la penisola, compone anche due tragedie, I fratelli nemici e Geta e Caracalla, entrambe andate perdute. 2 Il titolo completo è il seguente: Stanze del cavalier Ippolito Pindemonte fra gli Arcadi Polidete Melpomenio recitate nel giorno della sua venuta ed aggregazione all’Arcadia, pubblicate sempre a Roma, nel medesimo anno. 3 Per un buon inquadramento della poetessa bergamasca e per la storia della sua complessa vicenda sentimentale con il Pindemonte si rimanda al lavoro monografico del Tadini, Lesbia Cidonia, ecc., cit. - 5 - aggregazione accademica, un periodo particolarmente proficuo dal punto di vista delle relazioni sociali: è qui, infatti, che gli si apre la possibilità di entrare in diretto contatto con personaggi di elevata statura culturale, tra cui Vincenzo Monti, Angelica Kauffmann, Raimondo Cunich, Giannantonio Selva, Maria Pizzelli. Il viaggio del poeta veronese prosegue successivamente lungo una direttrice prestabilita che lo conduce nei luoghi più significativi da un punto di vista storico-culturale: Napoli4, dove, in un contesto massonico5, avrà principio una solida e duratura amicizia con il celebre abate Aurelio De’ Giorgi Bertola, Malta6 e, infine, la Sicilia7, terra di Archimede e di Teocrito8, frequentemente rievocata con affetto. Poi un lungo viaggio di ritorno verso il Veneto, che riconduce il giovane Ippolito a Napoli9, forse a Roma10, ma con certezza a 4 La scarsa disponibilità di documentazione non permette un preciso inquadramento cronologico del viaggio di Pindemonte: possiamo, tuttavia, confermare la sua presenza a Napoli nel mese di giugno, come risulta da una lettera inviata all’abate Amaduzzi, datata «Napoli 1. Giugno 1779». 5 Per la questione si rimanda a Luzzitelli, Ippolito Pindemonte e la fratellanza con Aurelio De’ Giorgi Bertola, ecc., cit. 6 La presenza del Pindemonte a Malta è confermata da una lettera inviata all’Amaduzzi in data 3 luglio 1779. 7 Così si legge nelle Memorie autobiografiche del Gargallo: «Ippolito Pindemonte nel 1779, dopo aver dato il nome all’Ordine Gerosolimitano, reduce da Malta recossi a Siracusa donde incominciò il suo viaggio di Sicilia», in Opere, ecc., cit., vol. I, p. 10. In Sicilia il Pindemonte si fermò più a lungo: lo confermano due lettere inviate all’Amaduzzi, da Catania e da Palermo, rispettivamente nelle seguenti date: 27 luglio 1799 e 17 settembre 1779. Abbiamo, inoltre, a disposizione una lettera del Torelli al Pindemonte, inviata da Verona verso la Sicilia (ma non si conosce la città), in data 18 agosto 1779. Per questo documento si rimanda alla nota n. 24 del sermone La mia apologia. Interessante, infine, l’articolo Ricordi siciliani del Pindemonte del Di Carlo: «[…] Fonte assai preziosa per la ricostruzione del suo viaggio sono tre lettere, rimaste pressoché ignorate. Esse nel 1779 videro la luce sull’Antologia Romana. La prima è del giugno di detto anno ed è scritta da Malta al Signor C.; riguarda l’isola ed il vulcano di Stromboli. […] Più importanti le altre due lettere, dirette a due cari suoi amici: la prima al Consigliere Giovanni Ludovico Bianconi, bolognese, collaboratore dell’Antologia – e fondatore delle Effemeridi letterarie; la seconda all’architetto veneziano Giannantonio Selva […]. Scritte da Palermo portano la data 17 settembre 1779. Trattano rispettivamente dell’ascensione sull’Etna, compiuta dal Pindemonte in quell’estate, e dei resti archeologici della Sicilia. Pertanto si possono considerare come una relazione vera e propria di parte del viaggio, la sola che il poeta veronese abbia lasciato, per quanto accenni a detto viaggio, ma radi, non manchino in alcune sue lettere ed in qualche poesia. […] Scrive ancora il poeta del piacere grandissimo provato nell’ascensione, ma non può astenersi dal rilevare essere state grandissime le difficoltà incontrate. Lo spettacolo della notte, e poi la levata del sole goduta da quell’altezza fecero su lui un’impressione incancellabile. “La prosa – egli scrive – non basta a farne una descrizione che ne sia degna”. Occorre, dice, la lingua dei Poeti. Ed egli trae occasione per ricordare Pindaro, come il poeta più antico che abbia cantato l’Etna, e ne traduce in versi un brano dell’Ode prima dei Pizi, che, secondo lui, è la descrizione più antica e più bella dell’immane montagna», «Idea. Settimanale di cultura», VIII, 9, Roma 26/02/1956. 8 Cfr. serm. La mia apologia, nota n. 24. 9 Indicativamente tra settembre (fine mese) e ottobre del 1779. 10 Solo in via ipotetica: al momento nessuna lettera attesta un secondo soggiorno romano. - 6 - Firenze11: raggiungerà finalmente la sua Verona durante la prima settimana del gennaio 178012. È proprio a questa lunga e significativa esperienza fuori casa che si lega la genesi di alcune epistole in versi, confluite successivamente nei Versi di Polidete Melpomenio, usciti a Bassano, nel 1784, per i tipi di Remondini, a cura del Bertola. Quest’ultimo, curatore di indiscusso prestigio, nella dedica iniziale All’ornatissima Signora Donna Caterina Cito, nobildonna napoletana, incontrata dal Pindemonte durante il suo soggiorno nella città partenopea, riferisce che «il successor degno dell’autor della Merope13, dopo aver dato all’Italia una tragedia classica14, in quella età, in cui gl’ingegni anche più felici ne danno appena de’ buoni sonetti, egli è andato poi scorrendo diverse provincie poetiche» e che «a fatica» ha potuto «strappargli di mano la parte inedita di questo libro»15: risulta sufficientemente chiaro che il Bertola alluda ad alcune epistole che l’autore, a un certo punto, pare abbia ripudiato16, proprio come sostiene il Cimmino nella sua monografia pindemontiana: …di questi undici componimenti17 soltanto tre furono accettati dall’autore ed accolti in ulteriori pubblicazioni18: il poemetto La fata morgana, e le due epistole, A Girolamo Lucchesini e Ad Antonio Selva. Le restanti otto19 epistole furono ripudiate, né videro più la luce, ad eccezione delle dodici ottave componenti l’Inno ad Albione intonato da Calliope, con le quali si chiude il poemetto Gibilterra salvata20. Sull’effettivo ripudio delle epistole in questione, a ben vedere, permangono ancora alcune incertezze legittimate da una notevole carenza di documentazione scritta. 11 Il secondo soggiorno fiorentino è invece confermato da due lettere all’Amaduzzi, datate rispettivamente 20 novembre 1779 e 18 dicembre 1779. 12 Informazione confermata dalla lettera all’Amaduzzi, inviata da Verona il 6 gennaio 1780. 13 Pindemonte, successore

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