La Bibbia Dei Villani

La Bibbia Dei Villani

la società La Buoncostume e i segreti di Parigi La ANAIS GINORI Domenica cultura Sibilla Aleramo, la passione per Togliatti SIBILLA ALERAMO e ENZO GOLINO DOMENICA 21 MARZO 2010 di Repubblica La Bibbia dei villani Il libro sacro filtrato e riletto dalla tradizione popolare Un tu-per-tu intimo e schietto con la Divinità che Dario Fo ha trasformato in letteratura e teatro DISEGNO DI DARIO FO ERRI DE LUCA DARIO FO spettacoli a scrittura sacra, detta Bibbia, non è letteratura. Non l Deo Segnór gh’avéa un amor esageràt pe’ l’Abra- La New York visionaria di Ara Gallant vuole accattivarsi il lettore, farlo accomodare nella mo. E ghe créo bén, dopo ol schérso-spavento che ANJELICA HUSTON e GIUSEPPE VIDETTI storia e invitarlo a identificarsi con qualche protago- gh’ha fàito catàr col sacrifìssio del sòo fiòl Isacco. nista. Non vezzeggia il lettore, anzi se ne infischia. Una istòria tereménda che squàsi nisciün cognòsse Contiene la vicenda chiusa e sigillata di una divinità in la sòa veretà pruofùnda e scarcagnàda. Tutto l’è che vuole rivelarsi alla specie umana. Si manifesta pri- comenzàt co’ l’encòntro del Deo Patre col demòni. i sapori Lma agli animali, nel giorno quinto della sua creazione, poi nel sesto OL’era ‘na mügia d’ani che no’ se parlàveno, ma in ‘sto ziòrno, ol Deo, Il piacere di mangiare al mercato aggiunge alle viventi quella specie umana. Quella divinità, oppo- a l’era in bòna, e lo salüda. LICIA GRANELLO e CHEF KUMALÈ sta a tutti i culti precedenti, vieta di sé ogni immagine, che è ridu- «Come la va, demòni d’un marpión?» zione a idolo. Si specializza invece nella comunicazione a voce. «E «Bon, se tira enànze…e ti Deo?» disse»: la scrittura sacra brulica di questo inizio di frase, dove il sog- «A dirte la veretà, no’ son màsa contento». l’incontro getto, la divinità, ha meno importanza e dà la precedenza al verbo. «De facto, Deo, te végo un puóco stufegà!» Perché conta la sua strepitosa urgenza e volontà di dire, di rivol- «Ziùsto, son stùfego, annuiàt pe ‘sto eterno che se repèt all’en- Adriana Asti, la noia e l’allegria gersi. Si riduce così a una voce, a una grammatica, a un alfabeto. fenìto a strâza cojón». SILVANA MAZZOCCHI (segue nelle pagine successive) (segue nelle pagine successive) Repubblica Nazionale 38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 21 MARZO 2010 la copertina Bibbia e villani Dopo anni di ricerche nelle tradizioni di contadini, artigiani, povericristi Dario Fo e Franca Rame hanno scritto un libro che è il racconto teatrale e pittorico dalla Genesi ai Vangeli. Con il linguaggio degli umili. Quelli che non temono di dare del tu a Nostro Signore perché sanno che non si offende Quando il popolo parla con Dio ERRI DE LUCA per i libri. La notizia da cui proviene è do, dove la provvidenza fa da levatrice e che d’inghiottire il mio sputo?» (7,19). E tutt’altra. Durante la micidiale occupa- da contrabbandiera di una vita da subi- appena dopo si sente affibbiare da Giob- (segue dalla copertina) zione militare romana, gli ebrei sono co- to accerchiata. be il nomignolo di «Sbirro dell’Adàm». È stretti a un umiliante censimento fisca- Il Natale delle luminarie e dell’abete abituata quella divinità ai bruschi impe- on è letteratura, la Bib- le. Una giovane coppia (sì, è giovane an- addobbato è il rito che di più fraintende rativi dei salmi di Davide che senza osse- bia, ma la lunga stesura che Giuseppe, nessun vangelo scrive di la sua origine, che di più ne fa uso buono quio e riverenza gli sbattono contro for- di un contratto tra una lui anziano) si sposta da nord a sud, in a tutt’altro. Però così fa la tradizione po- mule come: «Liberami dai sangui». divinità responsabile viaggio faticoso. Lei è incinta dell’ultimo polare che rimpasta la notizia sacra e le Tutt’altra e micidiale è l’irriverenza e dell’infinito universo e mese, lui è un meridionale andato a la- dà un suo formato locale, un suo guizzo la bestemmia di chi impugna la religio- una minuscola, inade- vorare al nord. Sta rientrando al suo po- d’interpretazione. Da noi in epoca re- ne per giustificare una discesa in guerra. Nguata specie vivente. Si compone di ar- sto di nascita per il censimento. Anche a cente si sono voluti occupare di Bibbia, Bestemmia è «In hoc signo vinces» (Con ticoli di legge, di canti, di istruzioni mi- quel tempo c’era un sud operaio emi- da non credenti, un paio di ottimi: Fabri- questo segno-di-croce vincerai) di Co- nuziose, di interventi soprannaturali a grante a nord. La Galilea era una specie zio De André e Dario Fo. L’intento è quel- stantino e il «Gott mit uns» (Dio con noi) fianco e contro la persona umana. Agi- di Lombardia, stava sotto il Libano, la lo antico di scambiare con la divinità un dei nazisti. sce attraverso la bocca riarsa di profeti Svizzera di allora. tupertu intimo, schietto, saltando la me- Peggio che irriverente è l’uso di tra- spediti allo sbaraglio, ringhia nella gola Così quel loro figlio nasce a Betlem- diazione della liturgia e dei ministri del durre: «Con dolore partorirai figli», attri- del leone, strepita nel chiasso di tempe- me, in Giudea, sud d’Israele. Ieshu/Ge- culto. Così fuori di ortodossie si rinnova buendo alla divinità la malintenzione di sta, viaggia dentro il vento salito dal de- sù per nascita è un meridionale e anche il racconto di una relazione tormentata far soffrire Eva e il corpo delle donne. Il serto, irrompe nell’udito con verbi im- per temperamento, perché se la faceva tra divinità e creature. Non si respira in- dolore di parto, come il mal di denti, non perativi. Il «Vai vattene» della divinità in- con i pescatori. Nasce in una baracca, censo, a volte invece addirittura sterco, è sentenza emessa a punizione dalla di- veste Abramo, l’istiga a staccarsi dal pa- sua madre, una ragazza appena, se la però c’è intera e spalancata l’apertura di vinità. Lo sanno bene proprio i tradutto- dre, dalla casa, dall’origine, per farsi va- sbriga da sola, senza aiuto. Nasce profu- credito e di credo della creatura verso ri, che in altri passi della scrittura sacra gabondo. Non è letteratura, nessun let- go, clandestino, da subito un persegui- l’impossibile. Intero e commuovente si rendono quella medesima parola ebrai- tore può immedesimarsi in uno di tato: il re del posto fraintende una profe- Gesù per nascita rinnova il suo bisogno di tutela. ca con «sforzo», «affanno», «fatica». Ma questi uomini, donne, travolti e rigirati zia e manda a ucciderlo. Giuseppe gioca In Fo e in De André prevale il rispetto qui contro Eva e le donne inventano il da una voce. d’anticipo, emigra in occidente, va in è un meridionale invece dell’irriverenza. Per istinto sanno falso di una condanna della divinità. Co- La tradizione popolare accoglie da Egitto con la moglie e il neonato, che co- che la divinità non è permalosa, non se la sì stanno le cose: sulla scrittura sacra la molte generazioni le storie sacre e se le ri- sì diventa il più giovane latitante di tutti i Nasce profugo, prende per un tu rivolto a lei con piglio scienza dei dottori ha esercitato l’arbi- pete inventando riti, feste che si disco- tempi. Dietro la loro fuga si consuma scanzonato ma sincero. Nella scrittura trio, mentre la tradizione popolare ha stano dalla notizia di origine. Una per una strage a casaccio di marmocchi coe- clandestino, sacra sopporta insolenze frontali, come trovato in quelle storie nuova energia di tutte, il Natale, nostra festa di acquisti, tanei. Che c’è da festeggiare? È una delle perseguitato quella di Giobbe: «Come non ti disto- applicazione e ascolto. vertice mercantile dell’annata, perfino tante nascite inguaiate in mezzo al mon- glierai da me, non mi permetterai nean- © RIPRODUZIONE RISERVATA Repubblica Nazionale DOMENICA 21 MARZO 2010 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 39 E il Padreterno si arrabbia in dialetto DARIO FO (segue dalla copertina) e créo, Deo! E po’, tàgache de giònta ol cognósser già en àntes, tütto quel che ‘rìva dopo. Ma che sotisfasión a l’è? No’ te gh’hai più surprìsa, né en- «T cantamént!». «Bravo, ti te ghe l’hàit ben dito dimònio! Ma scòvrem un fatto de ti, diavolòn! Co- me l’è che te végo en costante alégro, co’ ’sta ridàda de sgiàffi pintàda in su la fâzza?» «La resòn l’è che mi, Segnór, me deverto ‘me un màto a far tomborlàr le tòe creadü- re in del pecàt!» «Te dà sì tanto gusto?» «Orco! Ti no’ te pol savér Segnór, che godeménto sfezióso ol sébia andàrghe entór- no a i cristiani e ‘endùrli en tentasión… e sbàterli in del male… e così sia!» «Esageràt!» «No’ ti ghe credi? Bon Deo, mi te stravèsto a ti de diavolo, al méo rempiàsso e cos- sì te potrà pruovàr che sagragnón de gusto se proùva: roba de Paradìs!» «Vàde retro… sporcazòn malégno! Ti te sbàte tanto i tambùr pe’ quei quatro de- sgrasió che ti riéssi a trufuldàrme con gran trüchi e tràpule!» «Trüchi e tràpule? Te ziùro Segnór che no’ fago nisciùna fatìga! Gh’è dele volti che i biastémia contra de ti al naturale con de le litanìe così blasfemàde, orénde, che a mi me tóca de farme ol segno de la crose!» (Ride divertito) «Ah, ah, che bela cialàda… Ad ogne manéra, caro demòni fitentón, son stàito mi a darghe ai òmini la libertà de biastemàrme quando i sta per st- ciopàr…per darghe un poch de drissón! Ma po’, statte següro che, emmantinénte, i se torna in genogiön a dimandàrme perdón-pietà.

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