Quaderni di Centro Ricerca Sicurezza e Terrorismo Direttore Ranieri Razzante Elena Canopoli Il coraggio di opporsi Tutela e protezione nei confronti di chi denuncia la criminalità organizzata Pacini Quaderni di 1. Dante Gatta, Africa occidentale e Sahel: problematiche locali dalla valenza globale 2. Miriam Ferrara e Dante Gatta, Lineamenti di counter-terrorism comparato 3. Alessandro Lentini, Selected Issues in Counter-terrorism: special investigative techniques and the international judicial cooperation Focus on the European Union 4. Michele Turzi, The effects of Private Military and Security Companies on local populations in Afghanistan 5. Ilaria Stivala, Hezbollah: un modello di resistenza islamica multidimensionale 6. Alessandro Anselmi, Onion routing, cripto-valute e crimine organizzato 7. Fabio Giannini, La mafia e gli aspetti criminologici 8. Giuseppe Lana, Si Vis Pacem Para Ludum. Ping Pong Diplomacy: When Sport Breaks Walls 9. Costanza Pestarino, Permanent Structured Cooperation (PESCO). Opportunities and Risks for the italian military Sector 10. Fabio Giannini, Terrorismo internazionale. Aspetti criminologici e normativi 11. Alessandro Anselmi, Polizia e popolo. Dall’assolutismo allo stato di diritto tra il XVIII e il XIX secolo 12. Antonio Rosato, Profili penali delle criptovalute 13. Giuliana Milone, Recupero e valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità or- ganizzata 14. Alessia Pietrantuono, Sanzioni internazionali individuali e compliance come stru- mento di lotta al terrorismo 15. Elena Canopoli, Il coraggio di opporsi. Tutela e protezione nei confronti di chi denun- cia la criminalità organizzata © Copyright 2021 by Pacini Editore Srl Realizzazione editoriale Via A. Gherardesca 56121 Pisa Responsabile di redazione Gloria Giacomelli Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume /fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. “Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta, muore una volta sola.” Giovanni Falcone INDICE Introduzione 5 Capitolo I - Definizione e distinzione delle figure di testimone e collaboratore di giustizia 1.1 La nascita del pentitismo 7 1.2 Il riconoscimento dei non mafiosi che decidono di denunciare 17 Capitolo II - Evoluzione normativa in materia di protezione e tutela nei confronti di chi collabora con la giustizia 2.1 Il percorso della normativa premiale sui collaboratori di giustizia 25 2.2 L’importanza del contributo di Giovanni Falcone 30 2.3 I requisiti delle dichiarazioni e le misure speciali di protezione 35 2.4 La collaborazione processuale della “nuova disciplina” 42 Capitolo III - Riconoscimento e tutela del testimone di giustizia 3.1 Voltare le spalle all'omertà 49 3.2 La tutela e la protezione dei testimoni nelle proposte legislative 56 3.3 La Legge 6/2018: cambiamenti e criticità 63 Capitolo IV - Rompere il silenzio 4.1 Le interviste qualitative 72 4.2 Le vicende 75 4.3 Gli episodi che hanno portato alla denuncia 78 4.4 Le opinioni sulla disciplina normativa 87 4.5 Esempio per gli altri 93 Conclusioni 98 Riferimenti bibliografici 103 Siti web 107 Fonti normative consultate 109 Introduzione I primi interventi normativi emanati in materia di collaborazione con la giustizia si sono rivelati incapaci di operare una distinzione che sia inequivocabile tra la figura del pentito mafioso e la vittima di intimidazioni perpetrate dalla criminalità organizzata. Soltanto recentemente, si è giunti alla creazione di una legislazione più nitida in materia, ma continua a persistere nell’immaginario comune la difficoltà nel distinguere il collaboratore di giustizia dal testimone di giustizia. Risulta dunque essenziale provare a chiarire tale malinteso, purtroppo ancora oggi molto frequente, che esige una precisazione sia in ambito definitorio che in materia di tutela e protezione delle figure in questione. Allo stesso tempo, è bene analizzare da vicino le vicende di chi ha subìto e continua a subire le minacce e le violenze mafiose senza ottenere alcun riconoscimento per il proprio nobile gesto: l’opposizione convinta alla criminalità organizzata. Due figure completamente antitetiche che provengono da due mondi del tutto opposti: i collaboratori di giustizia operano in un ambiente malavitoso e sono i più grandi promulgatori di illegalità; i testimoni di giustizia conducono una vita all’insegna della legalità, in alcuni casi hanno avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, diventando spettatori oculari dei crimini perpetrati dai clan mafiosi; in altri casi, a causa della loro professione, sono proprio loro stessi ad esercitare una sorta di attrazione nei confronti di un clan mafioso, divenendo così vittime di reati di ogni genere. I primi sono ex mafiosi che dopo una lunga carriera criminale, connotata da delitti di ogni genere, decidono di fare un passo indietro, di riprendere in mano la propria vita e raccontare alle forze dell’ordine tutte le informazioni inerenti all’organizzazione mafiosa di appartenenza. C’è chi sceglie questa strada per rimorso, un pentimento spontaneo che matura in seguito ad un’autoanalisi interiore. C’è chi invece cerca di ottenere soltanto l’attenzione dell’autorità giudiziaria, per guadagnare benefici e premialità in cambio di dichiarazioni infondate e mendaci: un dare e avere che viene sancito dalla legge. In entrambi i casi, si tratta di una scelta utilitaria, mai genuina, non certamente paragonabile a quella di chi, la mafia, la sperimenta sulla propria pelle. Il testimone di giustizia è una figura totalmente estranea da uno stile di vita criminale, è un cittadino comune, una persona onesta che conduce la sua vita tenendosi alla larga dall’ambiente delinquenziale circostante. Ad un certo punto della sua esistenza, il suo cammino si incrocia con quello di alcuni affiliati del clan mafioso radicato nel suo stesso territorio di residenza e da quel momento in poi il suo equilibrio di vita è destinato a svanire. Nonostante divenga vittima 5 di estorsioni, minacce, soprusi e violenze di ogni genere, sceglie di non piegarsi al patto del silenzio, dando del filo da torcere al mafioso di turno con le sue incessanti denunce e richieste di aiuto allo Stato. Per evitare di incorrere in un errore tanto comune, è bene dunque non far coincidere queste due figure, in modo da evitare di riservare un trattamento ingiusto nel riconoscimento di chi, davvero, si impegna nella lotta all’illegalità, offrendo un onorevole servizio allo Stato italiano. 6 Capitolo I Definizione e distinzione delle figure di testimone e collaboratore di giustizia Ormai da quasi trent'anni i testimoni e i collaboratori di giustizia, mediante il loro contributo dichiarativo, costituiscono un significativo punto di partenza per combattere la criminalità organizzata, permettendo alla magistratura e alle forze dell'ordine di penetrare nel sistema mafioso per conoscerne le caratteristiche principali: la struttura, gli interessi economici, i riti di affiliazione e i meccanismi di azione. Rispetto alle strategie d’azione d’un tempo, le organizzazioni mafiose hanno migliorato la loro capacità imprenditoriale, infiltrandosi laddove l'economia appariva più florida, insinuandosi negli apparati amministrativi che operano nella legalità e stringendo importanti legami con varie figure professionali ben integrate all'interno della società civile, che hanno permesso loro di raggiungere i vertici più alti senza macchiare di illegalità il loro percorso. Si è così differenziata dalla mafia di un tempo, che si serviva piuttosto di ben altri strumenti, quali la violenza, l'intimidazione e la corruzione delle persone comuni. Per questo motivo, l'azione di contrasto da parte dello Stato ha incontrato sempre maggiori difficoltà, non riuscendo a identificare con chiarezza i punti di infiltrazione e di azione delle organizzazioni criminali e di conseguenza le indagini ad essa relazionate sono diventate sempre più impegnative, rendendo così queste organizzazioni in parte impermeabili dall'esterno. L'ordinamento giuridico italiano è riuscito ad ottenere un risultato importante con l'introduzione della figura del collaboratore di giustizia, che è l'unico soggetto in grado di sfaldare la struttura del sistema mafioso di appartenenza, denunciando tutte le informazioni e notizie di cui è a conoscenza; ma anche del testimone di giustizia, riconoscendo tale status a tutti coloro che sono stati vittime dei soprusi mafiosi. 1.1 La nascita del pentitismo Durante la seconda metà degli anni Sessanta in gran parte del territorio italiano si manifestarono gravi episodi di violenza contro la società civile che crearono un profondo allarme pubblico e una percezione sempre maggiore di pericolosità sociale. Non si trattava più di crimini commessi da un singolo individuo, ma da vere e proprie organizzazioni, che si servivano di strumenti sempre più innovativi e fuori dagli schemi, come il sequestro di persona a scopo di estorsione o l'uso di attentati terroristici. Queste nuove strategie d’azione spinsero il legislatore e i magistrati alla formulazione di una corposa normativa che fosse atta a contrastare l'attività criminale e che facesse riferimento alle 7 varie organizzazioni di criminalità organizzata che si stavano diffondendo in tutta Italia. L'obiettivo era proprio quello di creare una serie di norme che andassero a spodestare queste organizzazioni partendo dall'interno, disgregando il vincolo associativo mediante
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