L-Art/03 Storia Dell'arte Contemporanea

L-Art/03 Storia Dell'arte Contemporanea

Dottorato di ricerca in Studi umanistici. Tradizione e Contemporaneità ciclo XXXIII S.S.D: L-ART/03 STORIA DELL'ARTE CONTEMPORANEA PLINIO NOMELLINI (1866-1943). ICONOGRAFIE DEL LAVORO. DAL REALISMO SOCIALE AL SIMBOLISMO (1885-1908) Coordinatore: Ch.mo Prof. Francesco Tedeschi __________________________ Elia Siddharta Gaetano Matricola: 4713236 Anno Accademico 2020 / 2021 1 Introduzione 2 Ringraziamenti 15 Premessa Firenze e Parigi: tra Macchia, Impressionismo e Naturalismo (1875-1885) 16 i. Macchiaioli, postmacchiaioli e «pittura de’campi» 21 ii. La svolta stilistica dei maestri della macchia 26 Parte prima Da Livorno a Firenze: da Natale Betti a Giovanni Fattori (1885-1889) 57 Capitolo primo Nomellini a Livorno: una nota storico-artistica 58 Capitolo secondo Nomellini a Firenze: iconografie del lavoro 75 2. I. La prima partecipazione all’Esposizione Promotrice di Firenze (1886) 81 2. II. Nella Maremma: un percorso per Il Fienaiolo (1887) 89 2. III. Nina Van Zandt: da Chicago a Firenze (1888) 100 2. IV. Sciopero: pittura e ideali libertari (1889) 117 Parte Seconda Genova: Divisionismo e Simbolismo (1890-1900) 132 Capitolo primo Nomellini a Genova: una nota storico-artistica 133 Capitolo secondo Nomellini a Genova: iconografie del lavoro 164 2. I. Nuove considerazioni sulla Promotrice di Firenze del 1890-1891 175 2. II La Triennale di Brera 1891 197 2. III. Nomellini divisionista (1892-1893) 209 2. IV. Il processo per anarchia e il Simbolismo ligure (1894-1895) 218 2. V. Dai Notturni a La Sinfonia della luna (1896-1900) 227 Parte Terza Ritorno in Toscana (1900-1908) 240 Capitolo primo Nomellini a Torre del Lago e in Versilia: una nota storico-artistica 241 Capitolo secondo Nomellini a Torre del Lago: iconografie del lavoro 266 2. I. Il mito della natura (1900-1904) 271 2. II. Simbolismo eroico (1904-1908) 284 Bibliografia delle opere citate 305 2 Introduzione Tra il 1915 e il 1920 Plinio Nomellini (Livorno, 1866 – Firenze, 1943) fu probabilmente il pittore più celebre in Italia. Durante il «radioso maggio» il suo Garibaldi (1907), accompagnato dai versi di Gabriele D’Annunzio, era riprodotto in manifesti affissi nelle principali città e distribuito in formato di cartolina nelle scuole. L’esperienza artistica di questo pittore incontrava l’interesse sia della critica specializzata che del popolo, richiamando inoltre in più occasioni l’attenzione di alcune delle personalità più insigni del panorama culturale italiano, in ambito non solo pittorico ma anche letterario e musicale1. Nel 1920 in occasione della XII Biennale di Venezia si tenne una mostra personale di Nomellini che poteva contare più di quaranta opere. Anche se può sembrare paradossale, la parabola discendente di Nomellini prende avvio proprio da questo momento, anche se il declino sarebbe divenuto evidente soltanto durante il Ventennio fascista. E ciò nonostante il fatto che Nomellini avesse aderito precocemente al fascismo con una fiducia e un entusiasmo ben evidenti nei suoi dipinti di storia fascista, a esempio il rutilante Incipit Nova Aetates (1924) (conservato insieme al Garibaldi presso il Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno). L’altisonante e dannunziana retorica di questi dipinti non trovava però rispondenze né nell’estetica futurista né in quella novecentista, isolando di fatto Nomellini dal dibattito critico-artistico più aggiornato. E tuttavia, nel quadro del «pluralismo estetico» fascista Nomellini godeva non solo dell’approvazione di Benito Mussolini, ma anche delle committenze di potenti gerarchi e dell’interesse del mercato2. Al termine della Seconda guerra mondiale, la figura di Nomellini, troppo compromessa con il regime fascista, scomparve così dalla letteratura critica; e le sue tele furono accantonate nei depositi dei musei3. 1 Secondo Carlo Ludovico Ragghianti, «sino a dopo la prima guerra mondiale», la fama di Plinio Nomellini non era «eguagliata da nessun’altra di artisti contemporanei». Cfr. C. L. RAGGHIANTI, Plinio Nomellini in Plinio Nomellini, a cura di G. Nudi, R. Monti, cat. della mostra (Livorno, Villa Fabbricotti, 30 luglio-21 agosto 1966, Firenze, Palazzo Strozzi, 1-15 settembre 1966), Formatecnica, Firenze, 1966, p. 1. 2 L’appoggio di Mussolini nei confronti di Nomellini, e l’utilizzo propagandistico dei suoi dipinti, è anche testimoniato dalla diffusione delle sue opere in formato di cartolina. In particolare, la cartolina che riproduce Incipit Nova Aetates (dipinto esposto per la prima volta alla Biennale del 1924) reca l'iscrizione mussoliniana: «Plinio Nomellini, artista degno della “Nova Aetas” Mussolini, Roma, maggio 1924». Durante gli anni Venti uno dei maggiori collezionisti di opere di Nomellini fu il gerarca fascista Lelio Ricci. Cfr. T. PANCONI, Plinio Nomellini. Corrispondenza inedita, Mediarte, Montecatini Terme, 2001. A proposito delle esposizioni in gallerie private si veda: Pittori italiani dell'Ottocento nella raccolta di Enrico Checcucci di Firenze, Bestetti-Tumminelli, Milano-Roma, 1929. Plinio Nomellini Mostra personale, Lucca, 1935. 3 Valga come esempio il caso di Incipit Nova Aetaes: dal 1925 esposto presso il Palazzo Comunale di Livorno, e a seguito della caduta del fascismo, riposto nei depositi della caserma Lamarmora fino al 1994. 3 La storia della riscoperta di Nomellini inizia nel 1966, quando Carlo Ludovico Ragghianti, spinto da ciò che egli stesso definì un sentimento di aprioristica «ripulsa» e di «negazione totale del passato» condiviso da parte della nuova generazione di critici, organizzò una mostra su Plinio Nomellini affidandone la curatela a due suoi allievi: Giacinto Nudi e Raffaele Monti4. La mostra rivelava un percorso artistico fino ad allora praticamente sconosciuto, avviato nel solco degli insegnamenti fattoriani e approdato in seguito a un paesaggismo di tipo lirico e intimista, che sta a testimoniare una produzione “altra” rispetto a quella ufficiale. La ragione principale di questa mostra era certamente quella di ricollocare la personalità artistica di Nomellini dal punto di vista storico critico, ma per Ragghianti rappresentò anche l’occasione di mettere in evidenza un processo storico- culturale che nel Secondo dopoguerra sembrava in procinto di essere rimosso dall’orizzonte critico: l’evoluzione estetico-ideologica che aveva portato diversi artisti inizialmente ispirati a ideali sociali umanitaristi dapprima verso una «significazione idealista» di carattere dannunziano e poi all’adesione a un mitografismo nazionalista e «immaginifico» espresso in un primo momento dalle istanze interventiste e in seguito dalla retorica fascista. Nel corso degli anni Sessanta e Settanta la ricostruzione della personalità artistica di Nomellini proseguì su due ulteriori fronti: il filone di studi sui postmacchiaioli aperto dalle ricerche di Jolanda Pellegatti e di Riccardo Tassi e successivamente perfezionato dagli studi di Raffaele Monti, e la ricostruzione storico-critica del Divisionismo italiano culminata nella pubblicazione degli Archivi del Divisionismo (1968) e nella mostra sul Divisionismo nel 19705. Bisogna in effetti tener conto del fatto che il giudizio storico-artistico sull’esperienza di Nomellini fu a lungo condizionato, oltre che dalla damnatio memoriae che colpì il pittore per la sua compromissione con il regime fascista, da una comprensione a lungo parziale e incompleta del Divisionismo italiano. Nel 1985 Gianfranco Bruno curò un’importante mostra dedicata a Nomellini presso il Palazzo della Permanente di Milano. Attraverso l’esposizione di più di centocinquanta opere era così ricostruito quasi per intero il lungo iter artistico del pittore livornese6. Bisogna però notare come lo sforzo di Bruno volto a definire uno sviluppo coerente della pittura di Nomellini, abbia indirettamente distolto l’attenzione dal problema di carattere prettamente storico-culturale su cui aveva invitato a ragionare Ragghianti. Nelle successive mostre su Nomellini curate da Bruno, il discorso storico 4 Cfr. Plinio Nomellini, a cura di G. Nudi, R. Monti, cat. della mostra (Livorno, Villa Fabbricotti, 30 luglio-21 agosto 1966, Firenze, Palazzo Strozzi, 1-15 settembre 1966), Formatecnica, Firenze, 1966. 5 Cfr. J. PELLEGATTI, R. TASSI, I postmacchiaioli, Centro editoriale Arte e Turismo, Firenze, 1962. R. MONTI, Le mutazioni della macchia, De Luca, Roma, 1985. R. MONTI, G. Matteucci, I postmacchiaioli, De Luca, Roma, 1991. I postmacchiaioli, a cura di R. Monti, G. Matteucci, De Luca, Roma, 1993. Per quanto riguarda gli studi sul Divisionismo: Archivi del Divisionismo, a cura di F. Bellonzi, T. Fiori, I-II, Officina Edizioni, Roma, 1968. Mostra del Divisionismo Italiano, a cura di F. Bellonzi et alii (Milano, Palazzo della Permanente, marzo-aprile 1970), Arti grafiche Gualdoni, Milano, 1970. 6 Plinio Nomellini, a cura di G. Bruno, cat. della mostra (Milano, Palazzo della Permanente, febbraio-marzo 1985) Stringa editore, Genova, 1985. 4 ritrovò la sua importanza grazie agli studi di Umberto Sereni e di Eleonora Barbara Nomellini, che con le sue ricerche ha contribuito in misura determinante ad arricchire il quadro di conoscenze dell’attività di suo nonno7. Tali aggiornamenti hanno orientato la mostra I colori del Sogno e la redazione di contribuiti per cataloghi dedicati al Divisionismo e alle relazioni tra Nomellini e le arti8. L’ultima mostra su Plinio Nomellini risale al 2017 ed è stata curata da Nadia Marchioni. L’alta qualità dei contributi degli studiosi che hanno preso parte al progetto ha contribuito a precisare la complessità della personalità di Nomellini ponendo ulteriori interrogativi9. Lo stato

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