Giulio Zavatta La facciata del duomo di Reggio Emilia e Bernardino Brugnoli. Presenze sanmicheliane e postsanmicheliane a Reggio nella seconda metà del XVI secolo 65 1. Facciata della Cattedrale di Reggio Emilia I canonici della città di Reggio Emilia dall’uso di marmi. nello stato attuale. decisero di rinnovare nella seconda metà L’esigenza di rinnovamento delle faccia- del XVI secolo la facciata della cattedra- te, sia nel linguaggio sia nei materiali, fu le, aggiornandone l’aspetto e sostituendo comune a molte città italiane, così come il l’antica evidenza romanica1 con nuove for- protrarsi dei lavori per decenni, tra tituban- me di carattere cinquecentesco, nobilitate ze e ripensamenti, sospensioni e difficoltà economiche. Molti cantieri destinati a rin- ha evidenziato Giancarlo Grassi, tra gli novare la veste marmorea delle chiese non otto eletti per gestire la ricostruzione del giunsero pertanto mai a termine, e il caso tempio civico ci fossero il priore degli An- dell’incompiuta opera reggiana potrebbe ziani e il sindaco generale della Comunità, definirsi tipico e non certo eccezionale. La altri personaggi della società civile e solo vicenda della mai realizzata facciata di San due rappresentanti del Capitolo, in chiara Lorenzo a Firenze, che vide la partecipa- minoranza ed eletti quasi esclusivamente zione di alcuni dei più importanti architet- pro forma3. In questo contesto, la costru- ti del Cinquecento, fu senza dubbio la più zione della facciata marmorea del duomo significativa nel XVI secolo. Le idee e i pro- di Reggio appare la risposta del consesso getti forniti per la gara laurenziana furono capitolare all’affermazione cittadina di di fondamentale importanza, e costituiro- San Prospero, che – seppur ricostruita in no la base e la pietra di paragone per tutti dimensioni tali da poter rivaleggiare con i disegni di facciata cinquecenteschi. Parti- la cattedrale – era rimasta priva del rive- colarmente significativa fu anche la storia stimento della facciata, realizzato solo nel costruttiva della facciata di San Petronio a XVIII secolo4. La necessità di tenere il passo Bologna, svoltasi nello stesso periodo del- con altre istituzioni, e le responsabilità del- l’impresa per il duomo di Reggio, con alcu- la gestione del cantiere – che spettavano al ni specifici punti di tangenza dovuti sia alla priore – causarono senza dubbio non poco stretta contiguità cronologica e territoriale, imbarazzo per il dilungarsi della realizza- sia al complesso travaglio di discussioni, zione della facciata del duomo reggiano, perizie, interruzioni, ripensamenti. rivolto alla piazza principale della città, e In generale, la funzione pubblica della in un certo modo specchio rappresentativo facciata, assieme alle nuove esigenze del della parte ecclesiastica. simbolismo religioso, richiedeva nel Cin- Howard Burns, analizzando la storia del- quecento «un’accurata lavorazione in pie- la facciata di San Petronio, riteneva d’altro tra, e ciò rendeva la facciata indipendente canto che ai malumori causati dai ritardi dall’interno sia dal punto di vista costrut- si aggiungessero altre considerazioni più tivo, sia da quello funzionale»2. Nelle città pragmatiche, e che «i fabbricieri volessero emiliane, alle complicazioni causate dalla portare avanti la costruzione per un tempo necessità di armonizzare le facciate agli in- indeterminato» in modo da «conservare i terni e al contesto urbano, si aggiungeva la loro privilegi»5. Non diversamente, a Reg- difficoltà provocata dalla penuria di pietre gio gli esponenti di famiglie nobili annove- vive, che costrinse i fabbricieri a ricorrere rate tra i canonici della cattedrale diedero a forniture di marmi veronesi. La combi- adito a infinite discussioni, come si vedrà nazione di problemi di costo, di difficoltà in seguito ripercorrendo il complesso iter derivanti dal dover aggiungere il nuovo al decisionale per la facciata del duomo. Le vecchio, e soprattutto di complicate vicen- numerose fazioni, legate a interessi di par- de politiche, che spesso davano luogo a te, causarono spesso ingerenze di architet- fazioni contrapposte votate alla tradizione ti esterni chiamati per dare giudizi o fare o all’innovazione, ebbe sia a Bologna sia a perizie. Gli interventi di artisti provenien- Reggio come esito una facciata incompiu- ti da altre città provocavano a loro volta ta. ulteriori pareri e dispareri: tutti volevano A Reggio Emilia, inoltre, nella seconda giudicare e consigliare, e spesso, come nel metà del Cinquecento procedettero quasi caso di Reggio, si cominciava in un modo 66 parallelamente due grandi cantieri: quello e si procedeva in un altro, a causa dell’al- per la torre della basilica di San Prospero, ternarsi di vari architetti alla direzione. La e quello per la facciata della cattedrale, che difficoltà degli architetti chiamati a Reggio posero in una sorta di competizione l’oli- era aumentata anche dal fatto di dover te- garchia religiosa legata al duomo, e quella nere presenti, oltre ai problemi tecnici del civile tradizionalmente vincolata alla chiesa mestiere, i progetti precedenti e le questio- del patrono. Quest’ultima era stata riedifi- ni sugli appalti per i materiali, che diedero cata dal 1514, ed è significativo che, come spesso motivo per liti e ulteriori rallenta- menti. ei, giustificabile in un latino cinquecente- Senza dubbio, infatti, come avveniva sco, il contesto della dichiarazione in realtà per tutti i «concorsi» architettonici del non chiarisce se il sibi dato si riferisca allo XVI secolo, molti disegni per la facciata del scultore o ai canonici, se il progetto cioè duomo reggiano si susseguirono, andando fu fornito da questi ultimi o da qualche ar- a formare una sorta di ampio repertorio. chitetto direttamente allo Spani, o se inve- La raccolta di numerosi pareri e modelli ce fu dato da qualcuno ai canonici. Nelle era auspicata e incoraggiata a tutto vantag- convenzioni con lo scultore è menzionata gio dei fabbricieri, che si assicuravano in la messa in opera degli scalini, del pavi- questo modo un’ampia gamma di varianti mento per il portico, del montaggio delle costruttive, o di soluzioni ai singoli proble- due porte piccole e del portale maggiore, mi. la creazione di otto «pilastrade» ancora In un documento d’archivio pubblicato per il portico, oltre a un cornicione e alla recentemente da Ciroldi6, risulta infatti che posa di «prede rustige». La menzione del- nel 1567, quando fu coinvolto Lelio Orsi, i l’antiportico ha portato a identificare come canonici risultavano già in possesso di «di- primo progetto per la facciata del duomo segni in quantità di più maestri». Il corpus un disegno conservato ai Musei Civici di grafico relativo alla facciata doveva essere Reggio Emilia, che reca in un cartellino quindi ben più vasto dei due o probabil- l’iscrizione: «Sec. XVI Variante al progetto mente tre disegni superstiti, ed è possibile, della facciata del Duomo di Prospero Spa- se non probabile, che altri progetti si siano ni» (fig. 2). La vicenda attributiva di que- conservati. sto modello cartaceo per la facciata è par- Oltre alla molteplicità delle proposte, ticolarmente dibattuta: Cottafavi (1890)9 potevano accadere altre vicissitudini in lo attribuì a Prospero Clemente10, mentre grado di rallentare la decisione, o di sov- Otello Siliprandi11 (1913) rifacendosi a una vertire repentinamente le risoluzioni prese. conferenza di Saccani ritenne che il dise- Talvolta, infatti, gli equilibri faticosamente gno fosse stato dato a Prospero Clemente raggiunti erano sovvertiti dall’elezione di dal pittore Lelio Orsi; ipotesi ribadita dallo un nuovo vescovo – quasi sempre prove- stesso Saccani nel 191512, da Magnani13, e niente da un’altra città, e spesso di ordine infine da Artioli nel 195914. In precedenza religioso diverso da quello del predecesso- Gustavo Giovannoni (1912), in un saggio re – che poteva imporre pareri vincolanti passato finora inosservato, formulò l’ipo- al priore, o promuovere i propri artisti di tesi «che un primo disegno sia stato dato fiducia, anche senza tener conto di quanto da Giulio Romano, a cui può riportarsi stabilito fino a quel momento. la non lontana facciata di San Benedetto Polirone»15. Franca Manenti Valli ha argo- Il cantiere della facciata del duomo di mentato numerosi dubbi sull’attribuzione Reggio Emilia: vicende e protagonisti. a Lelio Orsi, senza tuttavia indicare un Un anno dopo la tardiva consacrazione nome alternativo16. Cervi e Rovatti17, pur della basilica di San Prospero (1543)7, nel ipotizzando la possibilità di un intervento dicembre 1544 i canonici della cattedrale di Giulio Romano in seguito all’insedia- affidarono allo scultore Prospero Clemen- mento del vescovo mantovano Andreasi a te il compito di portare a compimento un Reggio, suggerirono di ricercare l’autore progetto per il rinnovamento della facciata del disegno fuori dal novero degli architet- del duomo. Il documento8 con il quale i ti, poiché il foglio «caratterizzato da par- fabbricieri assegnarono allo Spani i lavori, ticolari valenze pittoriche» è per questo 67 tuttavia, contiene numerose incongruenze, «più vicino all’opera di un artista che di un e appare di difficile interpretazione. Cle- architetto». Le due studiose mantennero mente, stando alla comune lettura, avrebbe tuttavia l’attribuzione a un «anonimo del dovuto realizzare la fabricam faciate mar- XVI secolo», proponendo però una data- moree seguendo un progetto altrui: prout in zione più avanzata, a circa il 1570. Grassi, designo sibi dato. Al di là della scorrettezza tornando ad accostare il disegno alla chie- costituita dal sibi in luogo del più classico sa di San Benedetto Polirone e all’ambito di Giulio Romano, ha avanzato il nome di Giorgio Andreasi proprio dal 1544 potes- 2. Artista emiliano del XVI secolo, «Primo Girolamo Mazzola Bedoli per la vicinanza se suggerire «di prendere in considerazio- Progetto» per la facciata del duomo di Reggio Emilia, Reggio Emilia, Musei Civici. sia al Pippi, sia a Clemente, col quale sono ne l’ipotesi che vi possano esser state delle documentati contatti proprio nel 154418. trattative con Giulio Romano», spunto più 68 L’ipotesi di Grassi è ulteriormente argo- volte ripreso e sviluppato da Bruno Ador- mentata da Alessandra Bigi «alla luce del ni21.
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