Storia Della Dominazione Carrarese in Padova

Storia Della Dominazione Carrarese in Padova

STORIA DELLA DOMINAZIONE CARRARESE IN PADOVA Vol. II Giovanni Cittadella CAPITOLO XLII Seguono le ostilità col duca d’Austria — Si segnano i fini coi Veneziani — Nuove fazioni di guerra nel trivigiano — Francesco si accampa a Trevigi — Morte di Lodovico — Continua la guerra — Aiuti di Leopoldo a Trevigi — Ritirata del Carrarese — Segrete mene tra Leopoldo e Francesco — Trevigi in pericolo. 1381 — 1382 Al primo saluto di pace rinverdì vigorosa l’operosità degli artieri, si ravviò la vicenda dei traffichi, si aprirono a serenità di letizia le fronti dei cittadini, e Padova si rifece città. Solo duravano le ostilità col duca d’Austria, che negli accordi di Torino non aveva parte, e sebbene il consumo delle merci e delle vettovaglie spedite all’esercito padovano, lo sguazzare di que’ soldati vincenti e depredanti fruttasse profitto alle ragioni dei cittadineschi commercii, pure la pace era il desiderio di tutti, e volevasi tolta ogni rimembranza di quella misera condizione, che per cinque anni aveva lacerata la città ed il territorio. Ma Francesco scorgeva di mal occhio Trevigi in mano del principe austriaco, ne ricordava la fresca amicizia, e sempre più gli cuoceva vedersi rapire una città vicina a cadere dopo i lunghi sforzi di lui e i gravi spendii operati. Pertanto rinforzava egli le sue genti nel trivigiano e lo discorreva alla nimichevole; seminava discordie entro la città stessa, v’impediva il trasporto delle grasce da tutto il paese serrato tra il Piave e il Musone, vi pretendeva diritti: in somma ai Trivigiani volgevano male sorti, molti stavano per abbandonare quella patria infelice, ed erano iterate le istanze loro di soccorso a Leopoldo. Questi per le sue particolari ragioni non rispondeva che di parole; bensì appiccò col da Carrara un trattato di pace, che poscia non riuscì per le troppe esigenze di Francesco: intanto proseguivano gli azzuffamenti, e i Trivigiani avevano sempre la peggio. Se non che stava sopra la fredda stagione, e così per lo irrigidire del cielo, come per lo strapiovere fu forza inviare le milizie alle fortezze e spartirle fra gli alloggiamenti, sempre per altro movendole a danneggiare il paese; il capitano generale riparò a Padova. [1382] Passato l’inverno, dovette attendere Francesco alla bisogna dei confini coi Veneziani. Tre furono i commessarii mandati dal marchese d’Este, ed altrettanti ne scelsero così i Veneziani come il da Carrara, i quali tutti accedendo a’ luoghi finirono una discordia, che per tanti anni aspreggiò gli animi delle due vicine città (1). Tolto a questi pensieri si rivolse nuovamente il Carrarese ai guerreschi, soldò genti da tutte parti, Bologna, Ferrara, Verona gliene offerirono nuova incetta, la compagnia di s. Giorgio militava per lui, ed anche in Friuli gli abbondavano i federati (2). Ne trepidava tutta la provincia trivigiana soggetta all’Austriaco, ed anche i Bellunesi si posero sulle difese. Commetteva Leopoldo i capitani di Belluno e di Feltre scendessero nel trivigiano per opporsi al potente avversario che il nerbo delle sue forze stendeva tra Cittadella e Bassano invadendo l’asolano, e molte altre terre guastando, guadagnando. I Trivigiani nel sospetto che tanti apparecchi e tanti progressi del Carrarese mirassero a ferirli nel cuore, deliberarono di mandargli ambasciadori per avere contezza degl’intendimenti di lui, i quali ebbero in risposta radunare egli soldati all’adempimento de’ suoi fini, conoscere contro ogni ragion di giustizia il duca d’Austria serbarsi Trevigi; a se appartenere il trivigiano fino al Piave, averne egli privilegio dallo imperadore, nè voler cedere a chicchessia cosa del trivigiano, anzi essere per confortare gli abitanti d’ogni villaggio e castello a darsegli in braccio; intimerebbe giusta guerra quando a lui paresse. Ritornarono i messi, e nell’agosto l’esercito del da Carrara composto di cinquemila lance e di mille cinquecento cavalli sotto gli ordini di Simon de’ Lupi marchese di Soragna mosse in sul trivigiano e, posto campo a Narvesa, bandì grida che diceva, tutti del territorio, tempo tre giorni, dovessero ridursi dove loro fosse in grado; termine avvisatamente ristretto, perciocchè i terrazzani appena ebbero agio di levarsi colle loro famiglie, col bestiame e colle biade; il resto delle masserizie e degli averi rimase a sperpero de’ soldati, e i fuggiaschi si ricoverarono quali a Treviso, quali nel vicentino, chi altrove. Ostinata cupidigia del Carrarese, che in onta alla lunga recente guerra sostenuta con danno de’ suoi cittadini, non sapeva frenare l’ambiziosa voglia di possedere Trevigi. Forse lo scusavano in parte le molte fatiche durate ad ottenerne il dominio, l’averselo veduto sfuggire di mano quando meglio stimava afferrarlo, ed il mirare Leopoldo lento ai sussidii. Ma d’altra parte i Padovani desideravano pace e ne abbisognavano: poveri desiderii e bisogni de’ cittadini! Francesco poneva campo a Trevigi, la minacciava di assalto, e in pari tempo ne manometteva il territorio: poche lance mandate dal duca rinfrescarono i prodi assediati. Moriva in questa addì 11 di settembre il re di Ungheria senza figliuoli maschi, e sebbene la consuetudine ungherese rimovesse le donne dalla successione al trono, pure i nobili quasi in guiderdone ai molti meriti del trapassato, acconsentirono che Maria, figliuola sua primogenita e promessa a Sigismondo, marchese di Brandeburgo figliuolo secondogenito di Carlo d’Austria, gli portasse la corona del regno. In fatti Maria fu coronata col titolo di re, e sua madre Elisabetta prese parte alle cure dello stato con Nicolò Gala palatino di Ungheria. finchè si avverasse il disegnato matrimonio. Sperarono i Trivigiani che, spento Lodovico, posasse il da Carrara le armi perchè orbato di tanto proteggitore, ma non fu; che anzi ringagliardito vie maggiormente in sul guerreggiare non solo si mantenne intorno a Trevigi, ma per opera del Buzzacarino occupò molte terre sparse nel contado, ed a tale ridusse i miseri cittadini, che manchevoli di munizioni a difendersi e di danari a pagare i soldati, non avevano vettovaglie che per soli quindici giorni, sicchè molti fuggirono, e molti si fermavano senza partito, senza consiglio, consapevoli come erano di dover sottostare ad importabili taglie o esporsi ai più duri tormenti, ove gli avesse colti il nemico. Procedeva l’autunno, e seppesi venire dall’Austria numerosa armata a difesa dei Trivigiani; il da Carrara stimò d’incendiare gli alloggiamenti, e di ridursi a Padova, cassando gran parte de’ suoi per l’inverno, e dividendo il restante nelle padovane e trivigiane castella. Nè vuolsi gravare di timidità Francesco, se quantunque forte di genti, al solo giungere dei nemici si ritirava. Poteva egli bensì mostrar loro il viso, ma oltrachè agguerriti uomini erano quegli Alemanni, onde a lui non giovava cimentare la fortuna ad una sola battaglia, si aggiungeva che il lagrimevole stato di questi paesi sbattuti per tante guerre, e le poche spoglie cui potevano trarne quelle bande non dissuete alla preda, le avrebbero indotte a lasciare il campo in corto giro di tempo, e perciò a lui ne veniva più differita ma più sicura vittoria. E poi nuova pestilenza travagliava le italiane contrade e segnatamente le trivigiane, sicchè il da Carrara menando le mani nelle battaglie, avrebbe avuto doppio pericolo di sconfitta, conciossiachè doppio era il nemico. Le sopravvenute austriache milizie s’indirizzarono contro la torre sul Sile guardata dai Padovani, che in breve avrebbe dovuto cedere, se giunti non fossero a Trevigi ambasciadori del Carrarese; sicchè per la città e pel campo andarono novelle di componimento e levossi l’assedio alla torre. Passati pochi giorni, conobbesi non essere avvenuta alcuna tregua, il che diede sospetto di seduzione dal canto del signore padovano; sospetto che poscia accrebbesi, quando si videro le genti tedesche ridursi ai loro paesi in onta alle rimostranze de’ Trivigiani, che rimasero soli alla difesa della città con lo scarso presidio alemanno di cento lance e di pochi pedoni. La quale ritirata disonora così Leopoldo come il da Carrara, perchè le pratiche dell’inganno ricadono sempre sui sedotti e sul seduttore. Nondimeno il duca prometteva per lettere ai Trivigiani di ritornare a nuova stagione rinfrancato dagli aiuti della regina ungherese, del re dei Romani e dei duchi di Baviera, qualora Francesco non si piegasse agli accordi, cui voleva sollecitarlo la vedova di Lodovico. Venne intanto il nuovo tempo e scusava Leopoldo il differito suo arrivo, apponendone la causa ad alcune sue faccende di stato, ed all’ordinare ch’ei fece le nozze del suo figliuolo con Edvige di Ungheria. CAPITOLO XLIII. Ostilità del Carrarese — Aiuti di Leopoldo ai Trivigiani — Inutile sperimento di pace — Gli Austriaci a Trevigi ch’è provveduta di viveri — Vi giunge Leopoldo — Fazioni di guerra — Si fa tregua — Scemamento del presidio austriaco — Lagni de’ Trivigiani — Parte il duca — Vittorie dei Carrarese — Valore dei Coneglianesi — Congresso a Beseno — Leopoldo vende Trevigi al da Carrara — Osservazioni su questa vendita — Si grida la pace — Francesco entra a Trevigi — Provvidenze di lui — Sua amicizia con Venezia — Sue angherie sui Padovani. 1383 — 1384 Partite le armi austriache. Francesco era ritornato alle incursioni rinovando i sopiti timori del trivigiano, cui non cessava egli di molestare sebbene più tardi fossero giunte dall’Austria ottocento lance a cavallo, e sebbene Leopoldo arrivato a Bolzano vi facesse massa di genti. Accanita era la rabbia, nè valse a sedarla l’opera dell’imperadore, che ad ambidue i contendenti mandò il vescovo bambergense siccome conciliatore, perchè raccoltisi in Arsiè, villaggio del feltrino, gli oratori dei due principi e dei Trivigiani, si separarono discordi. Scendevano da Bolzano le milizie e ragunavansi a Conegliano per pareggiare di numero le carraresi. Di là progredendo verso Trevigi batterono i Padovani ed introdussero buona copia di biade nella bisognosa città, cui racconsolò maggiormente l’arrivo di Leopoldo a Cividale ed il suo ingresso a Trevigi stessa con nuove milizie e con nuove grasce. Le genti austriache furono più volte alle mani colle avversarie alternando le perdite alle vittorie ed accennando di spingersi nel territorio del Carrarese.

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