CARLO ROMUSSI 1847 - 1913 Inventario dell’Archivio a cura di Susanna Massari Presentazione di Introduzione di Franco Della Peruta Cristina Vernizzi Realizzazione, impaginazione e grafica: Edizioni Visual Grafika mail: [email protected] www.carloromussi.it L’Archivio è consultabile su appuntamento tramite mail. In copertina: fronte: Carlo Romussi, fotografia di Varischi e Artico - Milano (s.d.) retro: Carlo Romussi, caricatura ad acquarello di G. Galli (s.d., ma 1882) Presentazione L’ArchivioRomussivedeoralaluce,a160annidalla nascita di Carlo Romussi in seguito alla gene- rosa iniziativa degli eredi che, da una generazione all’altra, hanno saputo conservare nella loro comple- tezza, senza pericolosi smembramenti, le carte prodotte e appartenute a Carlo Romussi e alla sua famiglia. La pubblicazione dell’Inventario rappresenta quindi il punto di arrivo di un lungo lavoro di riordino, il cui risultato è indubbiamente un nuovo strumento di ricerca per la storia, massimamente italiana, tra ‘800 e ‘900, elemento indispensabile per promuovere studi e approfondimenti su gran parte delle temati- che che ricorrono nell’Archivio. Esso si colloca al fianco delle bibliografie, dei cataloghi di varia natura, dei censimenti di fondi di biblioteche e di archivi, già presenti presso le Istituzioni che ora possono arricchirsi di questa nuova opera. La struttura stessa del Volume si articola in modo tale da consentire un utilizzo nelle varie direzioni che sono le stesse in cui Romussi si trovò ad agire: la vita pubblica del personaggio parallelamente alla privata, e i numerosi campi della sua attività che spaziò dalla letteratura alla politica, dall’arte all’assistenza sociale. Nell’intento dichiarato di conservare e rispettare l’ordine originario, ma nello stesso tempo di ren- derne più agevole la consultazione, la curatrice ha provveduto a riportare per ogni carta la data e l’argo- mento, mentre un indice completo dei nomi elenca sia gli autori di manoscritti che le persone, i luoghi e gli Enti citati, proponendo una lettura immediata della consistenza e della qualità della collezione. Fanno da corollario e da completamento le note biografiche e bibliografiche, che offrono al lettore un rapido raffronto con uomini e fatti del tempo.Vi si affiancano anche stampati e fotografie, materiale etero- geneo che comunque contribuisce a tramandarci nella sua interezza l’ambiente in cui Romussi viveva. Infine particolarmente felice è la data scelta per la pubblicazione, il 2007: non solo essa coincide con il 160° della nascita di Carlo Romussi, come si è detto, ma anche con il centenario della attribuzione del premio Nobel per la pace a Ernesto Teodoro Moneta, che a Romussi fu legato da grande amicizia. Volontario nelle battaglie garibaldine, direttore del “Secolo” per circa 30 anni, lasciò un segno forte nella storia del giornalismo democratico italiano e assurse a livello internazionale per la promozione della pace. Romussi fece sue le linee del giornale tracciate da Moneta di cui seguì a fondo i suggerimenti e, come si evince dall’Archivio, la vita dei due personaggi si intreccia e scorre in una costante condivisione di ideali e di attività. Particolarmente significativo, quindi, vedere ancora una volta accomunati, dopo oltre un secolo, que- sti che furono due personaggi di grande rilievo nella nostra storia. Franco Della Peruta III Introduzione Presentare in breve un personaggio come Carlo Romussi significa tratteggiare un lungo arco di tempo che si snoda in uno dei periodi più travagliati e insieme affascinanti della storia italiana dell’‘800 fino al primo decennio del ‘900: sono gli anni che dal 1848, la “primavera dei popoli”, attraversano le guerre per l’indipendenza nazionale fino all’unità del nostro Paese, e ai problemi emersi a unificazione avvenuta. Si assiste all’avvio delle lotte politiche e sociali che trovavano una vasta eco sui giornali del tempo, alla organizzazione e alla nascita di nuovi partiti, alle prime disastrose guerre coloniali e alla crisi di fine secolo. In un rapido mutare di generazioni, subentrava un periodo apparentemente più tranquillo: era la Bèlle Epoque, segnata in Italia dall’età giolittiana dove Romussi, quasi alla fine della sua vita, vide ancora una guerra, quella di Libia. Il suo Archivio, come già è stato evidenziato, rispecchia quegli anni e sottolinea la febbrile attività che egli svolse. Per meglio comprendere il personaggio, è necessario risalire alle sue origini e alla giovinezza in cui ebbe un ruolo decisivo la stessa famiglia nella formazione del giovane Carlo. Questi aveva appena un anno quando il padre, Pietro, non esitava nel 1848, a iscriversi alla Guardia Nazionale istituita dal Governo Provvisorio Milanese, sorto dalla insurrezione delle Cinque Giornate. In quegli stessi anni anche la famiglia della futura moglie, Maria Lazzati, partecipava agli eventi con due personaggi di spicco nel mondo dei patrioti, Antonio e Osvaldo Lazzati. Li incontriamo infatti nel 1851 tra i rappresentanti dei Comitati insurrezionali del Lombardo-Veneto che, alla guida di don Enrico Tazzoli, avrebbero dovuto allargare la trama cospirativa organizzata da Maz- zini e destinata alla unità e indipendenza nazionale. Antonio Lazzati, aderente quindi alla congiura mazzi- niana, e alla società segreta di cui Tazzoli era il capofila, venne arrestato e solo fortunosamente, per l’inter- vento del Generale Radetzki, si sottrasse alla condanna della pena di morte che gli fu commutata in 15 anni di carcere, ma il 7 dicembre del 1852 ben 20 suoi compagni di fede salirono sul patibolo: era il sacrifi- cio dei martiridiBelfiore, presso Mantova. La tradizione repubblicana tuttavia continuò tenacemente nella famiglia e si protrasse fino agli ultimi anni dell’‘800. Nell’Archivio, tra i corrispondenti c’è tutto il mondo mazziniano su quale si innesta quello garibaldino: da Maurizio Quadrio a Jessie White Mario a Giorgina Saffi a Benedetto Cairoli allo stesso Giuseppe Garibaldi. Ambiente, quindi, antiaustriaco, patriottico, in cui si respiravano quegli aneliti alla libertà e alla indi- pendenza sempre più diffusi, dopo il 1848, tra ampi strati della popolazione in Italia e in molti dei paesi europei. Qui Romussi maturò i suoi ideali e interessi, che lo avrebbero sollecitato ad occuparsi, nella maturità, dei vari aspetti della società milanese, italiana e internazionale . Nonostante gli studi al prestigioso “Collegio Ghislieri” e alla Università di Pavia, dove si laureò in Legge, fu sempre molto legato alla sua città, quella Milano che, appena uscita dalle guerre del Risorgi- mento, si presentava come un mondo composito, colmo di contrasti anche, ma viva intellettualmente, dove accorrevano molti giovani scrittori e si stavano facendo strada le nuove correnti letterarie della scapi- gliatura e del verismo. Emilio Praga, Giovanni Verga, Luigi Capuana, Matilde Serao, Edmondo De Ami- cis, Emilio De Marchi, Ada Negri, qui trovavano sostegno e la critica decretava il successo del teatro di Vittorio Bersezio, Giuseppe Giacosa, Paolo Ferrari, e anche di Felice Cavallotti, per citare gli scrittori più vicini al nostro. V Non stupisce quindi che la prima attività di Carlo fosse quella del critico letterario. In tale veste iniziava dal 1872 la collaborazione al giornale milanese “Il Secolo”, diretto da Teodoro Moneta, con l’editore Raffaele Sonzogno cui sarebbe succeduto il fratello Edoardo. Non è qui la sede per analizzare minutamente tutta la carriera di Romussi giornalista, basti accennare al progressivo interesse verso le questioni sociali, che l’Italia unita stava portando alla ribalta e che trova- vano spazio nelle colonne del giornale di cui diventò direttore nel 1896. Dalla letteratura quindi passò ad occuparsi di tematiche sociali. Mentre la posizione del giornale si portava sempre più ad affrontare il dibattito sugli scioperi, avvici- nandosi al nascente movimento socialista, i suoi articoli si schieravano nettamente a favore del mondo dei lavoratori, fino ad entrare in collisione con la polizia. Fu infatti nel maggio del 1898, in coincidenza con le agitazioni popolari per il rincaro del pane e la soppressione violenta di Bava Beccaris, che venne arrestato e rinchiuso nel carcere di Alessandria con l’accusa di essere repubblicano e agitatore politico. Ma il vero motivo era la campagna antimilitarista pro- pagandata dalle colonne del giornale, campagna che aveva suscitato il timore nella classe imprenditoriale del Paese di vedersi ridotti gli utili collegati alle nascenti avventure coloniali. Di fatto il “Secolo” venne soppresso per quattro mesi, la direzione del giornale fu assunta provviso- riamente ancora da Teodoro Moneta, e Romussi, considerato “l’uomo più combattivo e più combattuto del mondo politico milanese”, apparve nelle vesti del martire politico. La coerenza che continuò a manifestare anche in quell’occasione, il non venir meno agli impegni assunti a favore della causa degli operai, di lì a poco lo indicheranno come il naturale erede politico, nel collegio di Corteolona, dell’amico Felice Cavallotti, il “bardo della democrazia”, che nel marzo di quello stesso anno era scomparso tragicamente al suo 33° duello. Fu l’occasione per Romussi di portare il dibattito dentro le aule del Parlamento riprendendo i temi della Previdenza Sociale, allargandolo alla mutualità scolastica e alla emancipazione femminile, come appare dai contatti avuti con la nota femminista Anna Maria Mozzoni. Fedele alla stessa impostazione democratica che “Il Secolo “ aveva avuto fin dall’inizio, dava ampi spazi al dibattito politico e non trascurava il fenomeno
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