![I 100 Anni Di Federico Fellini, Il Re Dei Sognatori,Ettore Scola, L'ultimo Maestro Del Cinema Italiano,Una Giornata Particolar](https://data.docslib.org/img/3a60ab92a6e30910dab9bd827208bcff-1.webp)
I 100 anni di Federico Fellini, il Re dei sognatori Nato a Rimini da una famiglia piccolo borghese il 20 gennaio del 1920 e morto a Roma il 31 ottobre del 1993, Federico Fellini è il regista italiano (insieme a Sergio Leone) più celebre, amato, citato e studiato all’estero. Il suo cinema, visionario e onirico, con una maniera unica di raccontare storie attingendo alla propria biografia, lo rende difficilmente collocabile in un genere ben definito; ha fatto film sempre diversi e non si è mai ripetuto, consegnando alla storia del cinema capolavori immortali. Scorrendo la lista dei sui film lo si capisce bene: 8½, La dolce vita, I Vitelloni, Le notti di Cabiria, La strada, Amarcord, Il Casanova, etc., sono tutti capolavori, tutti pietre miliari del cinema mondiale, tutti imprescindibili visioni del nostro immaginario collettivo. Niente male per un regista a cui non piaceva la definizione di “Artista” e che anzi si definiva: “un artigiano che non ha niente da dire ma sa come dirlo”. Aveva abbandonato gli studi universitari per recarsi nella capitale per fare il giornalista, finì a lavorare in un giornale satirico, il Marc’Aurelio, come vignettista ed entrò nel mondo del cinema dalla porta di servizio, come illustratore e gagman (scrive, tra l’altro, alcune gag per Macario), per poi diventare dapprima soggettista e sceneggiatore ed infine regista. “La sua opera – come ci ricorda Giordano Lupi nel suo Federico Fellini (Mediane,2009) – è un mosaico composito che commuove, diverte, modifica il mondo, rende nostalgici, sognatori e fa spiccare voli pindarici di fantasia”. Il suo sguardo sul mondo è attento, infatti tutti i suoi film risentono della sua biografia, ma la sua maniera di girare film è unica. Le sue sontuose scenografie, ad esempio, erano esagerate, magniloquenti, al limite del kitsch, ma il regista aveva sempre il timore che fossero troppo autentiche, troppo vere, lui voleva che si capisse che fossero finte, artificiali, che fossero appunto delle scenografie. Lo si capisce bene nel docufilm “Intervista” del 1987, che svela diversi retroscena sulla maniera di pensare e girare il cinema propri del Maestro. I suoi primi film, da “Luci del varietà” del 1950 fino a “La strada” del 1954, risentono della lezione neorealista (Fellini era stato fra gli sceneggiatori di Roma città aperta e Paisà, entrambi di Roberto Rossellini), ma da “La dolce vita” (1960) in poi il suo stile unico e riconoscibile diventerà il suo marchio di fabbrica, imponendo la sua cifra stilistica a livello mondiale. PER APPROFONDIRE: ■ Scopri la nostra rubrica dedicata al Cinema Nessuno come lui ha saputo mettere in scena il mondo della fantasia, della creatività e soprattutto del sogno. Fellini era un vero appassionato del mondo onirico ed aveva letto, e ne era stato ispirato, il grande psichiatra e psicoanalista svizzero Carl Gustav Jung. Insieme a Vittorio De Sica, sarà l’unico regista italiano che vincerà 4 volte l’Oscar per il Miglior Film Straniero per “La strada” nel 1957, “Le notti di Cabiria” nel 1958, “8½” nel 1964 ed infine “Amarcord” nel 1975. Anche se, per essere precisi, De Sica aveva vinto i primi due Oscar – quello per Sciuscià (1948) e quello per “Ladri di biciclette” (1950) – nella categoria “Oscar Speciale”, perché quello per “il Miglior Film Straniero” ancora non esisteva. Infatti sarà proprio un film di Fellini, il già citato “La strada”, ad aggiudicarsi per l’Italia il primo Oscar in una categoria competitiva. Ma oltre ai 4 Oscar per il Miglior Film Straniero, Fellini riceverà nel 1993 l’Oscar alla Carriera, insieme ad altri prestigiosi premi come il Leone d’Oro alla Carriera alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1985 e la Palma d’Oro al Festival di Cannes nel 1960 e ad un’infinità di David di Donatello e Nastri d’Argento. Insomma, siamo di fronte ad un gigante della cinematografia mondiale, inventore di uno stile, lo “stile alla Fellini”, o meglio ancora dell’aggettivo “felliniano”. I suoi film hanno ispirato generazioni di registi, fra cui Woody Allen, Matteo Garrone, Michel Gondry e tanti altri. Nessuno come lui ha saputo indagare con il suo sguardo ambienti e personaggi surreali, onirici e magici, come il Circo, i saltimbanchi, i diversi, i matti, i sognatori. Un maestro che quest’anno verrà celebrato dalla sua natia Rimini e da Roma, sua città d’adozione, con una serie di iniziative, mostre, proiezioni e rassegne. Ma anche la televisione farà la sua parte, non a caso il nuovo canale del gruppo Mediaset “Cine 34” inizierà le sue trasmissioni proprio il 20 Gennaio 2020, per i 100 anni dalla nascita del Maestro riminese, con una programmazione ad hoc denominata “Fellini 100”, una non-stop dalle 06.00 di mattina alle 03.30 di notte, con la proiezione di ben 8 film restaurati, che culminerà con la messa in onda in prima serata, alle 21.00, di “Amarcord” e in seconda serata, alle 23.00, de “La dolce vita”. Cosa altro dire di questo regista e di questo importante anniversario? Solo un’ultima cosa: questa ricorrenza potrebbe essere l’occasione giusta per gli appassionati di rivedere qualcuno dei grandi film di Fellini e per chi non lo conosce (ma ci sarà davvero qualcuno che non sappia chi sia Federico Fellini?) per imparare ad amarlo attraverso i suoi film, le mostre, le iniziative e la programmazione televisiva, perché forse non lo sappiamo, o forse lo abbiamo scordato, o forse lo abbiamo solo sognato, ma tutti noi siamo un po’ sognatori, un po’ folli, un po’ saltimbanchi, in altre parole, siamo tutti un po’ “felliniani”. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Ettore Scola, l’ultimo Maestro del cinema italiano Domenico Palattella (122) Con la morte di Ettore Scola, non solo scompare uno dei più grandi Maestri del cinema mondiale, ma anche l’ultimo regista e sceneggiatore dell’epoca d’oro del nostro cinema, che ora si chiude per sempre, con un pizzico di malinconia. Uomo schivo, ironico, inventò insieme ai colleghi Mario Monicelli, Dino Risi e Luigi Comencini, la commedia all’italiana. Scola è stato il regista che meglio ha conciliato la qualità del film d’autore con la popolarità della commedia all’italiana, anche grazie ad uno stile particolarmente raffinato sotto l’aspetto visivo. Ha lavorato con tutti i più grandi, da Vittorio Gassman a Nino Manfredi, da Ugo Tognazzi a Sophia Loren, da Alberto Sordi a Stefania Sandrelli. Ha diretto Marcello Mastroianni in nove film e Massimo Troisi in due film a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Il suo primo vero successo da regista è con Sordi e Manfredi nel film dal titolo chilometrico, “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?”, del 1968, dove la critica sociale si intrecciava con la commedia di costume. Ma è con “Il commissario Pepe”(1969), in cui dirige un grande Ugo Tognazzi, commissario integerrimo nell’Italia corrotta di fine anni ‘60; e con “Dramma della gelosia, tutti i particolari in cronaca”(1970), con Marcello Mastroianni e Monica Vitti, che Ettore Scola entra di diritto nella ristretta schiera dei Maestri del nostro cinema. Il suo capolavoro sarà però quel “C’eravamo tanto amati”(1974), amaro ritratto di trent’anni di storia italiana, che è di diritto nella top ten dei film italiani più belli di tutti i tempi. Uno splendido affresco agro-dolce dell’Italia dalla seconda guerra mondiale agli anni ’70. Al centro del film il tema del tempo che scorre, l’intreccio narrativo permette di osservare con più emozione che amarezza i tanti ideali traditi che attraversano la storia d’Italia. L’intero film è segnato dall’immaginario cinematografico: Fellini e Mastroianni compaiono nella parte di se stessi. Ma su tutti svettano Gassman e Manfredi insieme a Stefano Satta Flores (i protagonisti), che dei 30 anni cui si riferisce il film, sono stati tra i massimi rappresentanti. In costante bilico tra ironia e malinconia, un film che davvero lascia il segno. Nel 1978 poi, Scola tocca le corde della poesia con “Una giornata particolare”, dirigendo Marcello Mastroianni e Sophia Loren, in una storia poetica, amara, struggente, di estrema precisione storico-sociologica, ambientata durante la dittatura fascista. Non si può non nominare infine, “La terrazza”(1980), il capolavoro della sua maturità artistica, crisi e bilancio di un gruppo di intellettuali, trent’anni prima de “La grande bellezza”. Supportato da una straordinaria parata dei protagonisti maggiori della commedia all’italiana: Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Jean-Louis Trintignant, Serge Reggiani, Stefania Sandrelli, Stefano Satta Flores, l’addio del cinema italiano alla commedia all’italiana, con uno dei suoi massimi capolavori. Nel corso degli anni ’80 Scola dirige altri film di rilievo, come “La famiglia”(1987) con Vittorio Gassman e Stefania Sandrelli; e come “Splendor” e “Che ora è”, entrambi del 1989, ed entrambi interpretati dalla coppia composta da Marcello Mastroianni e Massimo Troisi. Nel corso della sua sfolgorante carriera, Ettore Scola ha vinto numerosi premi nazionali ed internazionali, tra cui la Palma d’oro al festival di Cannes nel 1975 per “Brutti, sporchi e cattivi” e 6 David di Donatello, tra il 1978 e il 2011 quando ricevette quello alla carriera. Un Golden Globe vinto per “Una giornata particolare” e 4 nominations agli Oscar: nel 1978 per “Una giornata particolare”, nel 1979 per “I nuovi mostri”, nel 1984 per “Ballando ballando” e nel 1988 per “La famiglia”. Ettore Scola ha dunque attraversato con le sue pellicole cinquant’anni di storia italiana, raccontando un paese in continuo mutamento sociologico e culturale, senza perdere mai il contatto realistico con esso.
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