Le varietà agronomiche lombarde tradizionali a rischio di estinzione o di erosione genetica Ortive e cerealicole: uno sguardo d’insieme

Graziano Rossi, Filippo Guzzon, Marco Canella, Elena Rita Tazzari, Paolo Cauzzi, Silvia Bodino, Nicola M.G. Ardenghi Le varietà agronomiche lombarde tradizionali a rischio di estinzione o di erosione genetica a rischio di estinzione o erosione tradizionali lombarde agronomiche Le varietà

Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle zone rurali

Le varietà agronomiche lombarde tradizionali a rischio di estinzione o di erosione genetica

Ortive e cerealicole: uno sguardo d’insieme

Graziano Rossi, Filippo Guzzon, Marco Canella, Elena Rita Tazzari, Paolo Cauzzi, Silvia Bodino, Nicola Maria Giuseppe Ardenghi

Programma di Sviluppo Rurale 2014 - 2020

Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle zone rurali

Pubblicazione realizzata con il cofinanziamento del FEASR Responsabile dell’informazione: Università degli Studi di Pavia Autorità di Gestione del Programma: Regione Lombardia Le varietà agronomiche lombarde tradizionali a rischio di estinzione o di erosione genetica. Ortive e cerealicole: uno sguardo d’insieme / Graziano Rossi, Filippo Guzzon, Marco Canella, Elena Rita Tazzari, Paolo Cauzzi, Silvia Bodino, Nicola Maria Giuseppe Ardenghi. – Pavia : Pavia University Press, 2019. – 174 p. : ill. ; 21 cm

(Didattica e formazione) http://archivio.paviauniversitypress.it/oa/9788869521287.pdf

ISBN 9788869521270 (brossura) ISBN 9788869521287 (ebook PDF)

© 2019 Pavia University Press ISBN: 978-88-6952-128-7

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Il curatore e gli autori sono a disposizione degli aventi diritti con cui non abbiano potuto comunicare, per eventuali omissioni o inesattezze.

Affiliazione degli autori: GR, MC, ERT, SB, NMGA: Università degli Studi di Pavia, Dip. di Scienze della Terra e dell’Ambiente (DSTA), Italia. PC: Università degli Studi di Pavia, Sistema Museale di Ateneo (Orto Botanico), Italia. FG: CIMMYT, Texcoco, Messico.

Prima edizione: dicembre 2019 Pubblicazione realizzata nell'ambito del progetto “Buone pratiche per il recupero, la coltivazione e la valorizzazione di cultivar locali Pavia University Press – Edizioni dell’Università degli Studi di Pavia tradizionali lombarde (REliVE-L)”, cofinanziato dall'operazione Via Luino, 12 – 27100 Pavia (PV) Italia 1.2.01 "Informazione e progetti dimostrativi" del Programma di http://www.paviauniversitypress.it – [email protected] Sviluppo Rurale 2014 - 2020 della Regione Lombardia.

Stampa: DigitalAndCopy S.a.S., Segrate (MI) Progetto realizzato dall’Università degli Studi di Pavia e Printed in dall’Università degli Studi di Milano. Indice

Prefazione 5. Approfondimenti 139 a cura del Magnifico Rettore dell’Università di Pavia, 5.1. Il mais in Lombardia Prof. Francesco Svelto 7 a cura di Nicola M. G. Ardenghi 139 5.2. I mais da popcorn Presentazione. a cura di Nicola M. G. Ardenghi 142 Le varietà locali tra agrobiodiversità e sostenibilità a cura di Graziano Rossi 9 5.3. L’importanza delle varietà locali e delle cultivar obsolete per l’agricoltura biologica: l’esempio del riso Il progetto REliVE-L - a cura di Rosalia Caimo Duc 144 Buone pratiche per il recupero, la coltivazione e la valorizzazione 6. Conservazione delle risorse fitogenetiche 147 di cultivar locali tradizionali lombarde 7. Divulgare e conservare ex situ l’agrobiodiversità: a cura di Elena R. Tazzari 13 il ruolo degli orti botanici e dei giardini alpini in Lombardia 1. Introduzione 19 a cura di Paolo Cauzzi e di Nicola M. G. Ardenghi 155 1.1. Varietà locali - Landrace 21 1.2. Cultivar obsolete 8. Le norme per la tutela a cura di Nicola M. G. Ardenghi e Graziano Rossi 24 e la valorizzazione della biodiversità agricola 1.3. Colture sottoutilizzate - Neglected crops (NUS) 27 e alimentare a cura di Laura Ronchi e Elena Brugna 159 1.4. Importanza delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura (PGRFA) Riassunto / Abstract 167 a cura di Filippo Guzzon 28 Allegato 1. Varietà agronomiche tradizionali lombarde. 2. La checklist delle risorse fitogenetiche tradizionali Scheda di archiviazione raccolta interviste 169 della Lombardia 33

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 43

4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate 121 Quand at somni d'la suca, somna sempar al Capel da pret (Quando semini una zucca, semina sempre il tipo a cappello da prete)

Lo diceva, nella Bassa mantovana, l'agricoltore Provvido Calciolari (n. 19 aprile 1918, m. 25 maggio 1992) al figlio Giuliano (n. 8 dicembre 1938), che ancora coltiva questa zucca tradizionale a San Rocco di , assieme a suo figlio Lorenzo (n. 1 giugno 1967) e oggi anche al nipote Leonardo (n. 6 aprile 2001). La tradizione di famiglia non si è mai interrotta, fino ad oggi! Prefazione

Francesco Svelto

In una regione come la Lombardia, l’attività mediterranea, il sud dell’Italia, tanto bio-diversa agricola ha saputo conservare una forte vitalità, e ricca. Ma, in Pianura Padana, sulle Alpi o nell’e- mantenendo quelle caratteristiche e quei pri- stremo nord Appennino cosa abbiamo in termini mati che l’hanno resa famosa nel corso dei se- di biodiversità? La Lombardia ha un patrimonio coli. La Lombardia infatti si conferma, da diversi di Agro-biodiversità di interesse, magari nasco- anni, la prima regione agricola d’Italia: produce sto e da riscoprire e valorizzare? Queste sono le circa il 40 % del latte, il 40 % del riso, il 40% dei domande che si sono posti gli autori di questo prodotti suinicoli italiani. E’ prima anche per su- libro, realizzato anche grazie ai finanziamenti perficie dedicata all’agricoltura, le cui attività co- del Piano di Sviluppo Rurale e ad un progetto, prono quasi il 70% del territorio. REliVE-L, finanziato da Regione Lombardia, con In un contesto, molto avanzato sul piano del- fondi dell’Unione Europea. lo sviluppo economico, ci si può chiedere se c’è Va evidenziato che solo un’esplorazione metico- ancora traccia e anche un ruolo attuale e futuro losa del territorio, contatti con i centri di ricerca per l’agro-biodiversità locale e tradizionale, cioè e conservazione agronomici, accompagnata ad quell’insieme di varietà vegetali e razze animali un’attenta ricerca bibliografica, poteva dare una del passato, per lo più abbandonate a vantag- risposta a queste domande, facendo così emer- gio di altre più produttive e consone alle filiere gere un quadro ben articolato. attuali. Negli ultimi anni, queste varietà “dimen- Con questo spirito di attenzione al territorio ticate”, se non già scomparse, sono divenute di lombardo nel suo complesso, si muove la ricer- grande interesse per numero sempre crescente ca e la stesura di questo libro che va a scoprire e di consumatori, alla ricerca di prodotti del ter- a far conoscere una serie di eccellenze vegetali ritorio e “sapori antichi”. Filiere corte, prodotti agro-alimentari in gran parte dimenticate, la cui a Km zero, agriturismi contribuiscono a favorire riscoperta e valorizzazione ne può permettere l’avvicinamento dei consumatori. Quando pen- l’effettiva salvezza dall’estinzione (noto è il mot- siamo alla biodiversità in ambito agricolo, dalle to “Se mi mangi mi conservi”). varietà “antiche” coltivate, alle preparazioni in Un mondo quindi da esplorare, qui descritto con molteplici piatti, viene subito alla mente l’area rigore scientifico, ma comunque attento all’a-

Prefazione 7 spetto divulgativo, verso un pubblico anche non altri lombardi hanno ben caratterizzato e stanno specialista: giovani agricoltori che aspirano a di- studiando. ventare custodi di biodiversità, ma anche studen- Da oggi la Lombardia agricola ed imprendito- ti dei corsi di laurea di vari ambiti disciplinari. An- riale e tutti quelli interessati ai temi della bio- che molti altri soggetti potranno trovarvi spunti diversità e sostenibilità hanno uno strumento di interesse, ad esempio, quelli che frequentano conoscitivo in più, per conservare, ma anche corsi per esperti della ristorazione di qualità e va- per ripartire, con azioni volte allo sviluppo delle lorizzazione dei prodotti del territorio. aziende e delle persone che operano nel settore Anche il mondo degli appassionati di queste va- primario, della trasformazione e del commercio rietà, i seed saver, gli orticoltori per hobby, ma- degli alimenti di qualità. gari in un piccolo orto-giardino o sul balcone di Infine, si evidenzia come l’argomento sia trat- casa, anche in città, possono trarre utili informa- tato non solo sul piano conoscitivo, ma anche zioni, difficilmente reperibili in un unico testo e pratico-operativo, grazie all’archiviazione delle calibrate proprio sul loro territorio. sementi, relative alle varietà qui descritte, nella Il volume è interessante per chi vuole conosce- Banca del Germoplasma dell’Università di Pavia, re e approfondire, ma anche per chi vuole fare operante presso il Dipartimento di Scienze del- impresa, in agricoltura ma non solo (si pensi alla la Terra e dell’Ambiente. La Banca si presenta potenza dei nuovi mercati con l’e-commerce), sempre più come hub tecnologico in grado di ac- valorizzando le molte qualità organolettiche e cogliere ma anche distribuire sementi preziose, nutrizionali che questi prodotti presentano e che nonché la conoscenza sul modo di farli nascere, tante ricerche svolte presso questo Ateneo e gli crescere e dare nuovamente buoni frutti.

8 Prefazione Presentazione Le varietà locali tra agrobiodiversità e sostenibilità

Graziano Rossi

Per varietà locali (o landrace in inglese) si inten- provenedo dal nostro Paese, oppure sono pre- de una popolazione dinamica di una pianta col- senti in strutture nazionali, come ad esempio tivata che ha un’origine storica e un’identità de- quelle che fanno capo ai centri di ricerca agro- finita e che non ha subito una selezione formale nomica del MIPAAF (CREA) oppure del CNR. Ma verso una serie di caratteri peculiari, oltre ad es- in campo (on farm/in situ) si sono conservate e sere spesso più variabile geneticamente rispetto se sì, dove? A ben guardare, grazie a campagne a una cultivar moderna ed essere associata a tec- di raccolta realizzate soprattutto nelle zone ru- niche colturali tradizionali. Inoltre ad esse sono rali interne e montane si possono ancora trovare normalmente associati usi e tradizioni spesso molte di queste peculiari risorse genetiche. L’I- ben consolidate, che in particolare si esprimono talia e persino le regioni del Nord ad agricoltu- in piatti tipici della tradizione territoriale, anche ra molto avanzata e industriale, come la stessa in virtù, in genere, delle loro peculiari caratteri- Lombardia, sono in realtà ancora ricche di queste stiche organolettiche (“antichi sapori”). varietà tradizionali locali, non solo nelle collezio- Abbandonate in larga parte negli ultimi 100 anni ni ex situ (Banche del Germoplasma), ma ancora dall’agricoltura moderna in Europa e ancor più in coltura, presso piccole aziende agricole oppu- negli USA (fino al 90%), sono ampiamente con- re pensionati o semplici appassionati, che curano siderate a rischio di erosione genetica se addirit- ad esempio un orto famigliare, soprattutto in tura non di estinzione; ciò è legato al fatto che in zone di montagna, dove l’isolamento e in genere genere, in condizioni standard, risultano meno il maggior attaccamento alle proprie tradizioni produttive, si mantengono solo con i propri semi ne ha spesso permesso la conservazione. Que- (nel caso di entità che si propagano da seme) ed sti, spesso inconsapevoli seed saver o “agricol- essendo annuali il rischio di perdita è elevato, tori custodi”, continuano da generazioni, due o sempre meno persone le coltivano; inoltre spes- tre a volte (sulla base delle testimonianze che si so rischiano l’incrocio con cultivar moderne (es. possono raccogliere), a utilizzare gli stessi semi i mais). Molte si sono salvate in quanto facenti per produrre molte varietà di ortaggi e anche di parte di collezione di germoplasma in banche cereali, come fagioli, pomodori, ceci, mais, ma dei semi, collocate in varie parti del Mondo, pur anche a volte patate. Recuperare queste entità,

Le varietà locali tra agrobiodiversità e sostenibilità 9 sottrarle al pericolo di estinzione e ricoltivarle taforme di e-commerce, a prezzi, per loro, assai è spesso un’operazione non solo di pura con- interessanti. servazione dell’agrobiodiversità, ma anche cul- Queste motivazioni hanno pertanto spinto gli turale, legata alla salvaguardia della memoria Autori di questo libro prima a proporre a Regio- di tecniche colturali ormai anch’esse scomparse ne Lombardia, nell’ambito delle misure del Pia- (es. le consociazioni in campo di cereali e legu- no di Sviluppo Rurale, un progetto informativo minose), oltre all’uso culinario specifico in piatti destinato agli agricoltori custodi di varietà loca- locali (es. la polenta concia con il mais ‘Rostrato li, o aspiranti tali, REliVE-L, Buone pratiche per di Val Chiavenna’ o quella semplice con il mais il recupero, la coltivazione e la valorizzazione ‘Ottofile del Pavese’, usato questo anche per fare di cultivar locali tradizionali lombarde (http:// pane o dolci, come i pangialdini delle feste dei relive.unipv.it/); il progetto sembra avere avuto morti, a novembre). Molte di queste varietà sono un buon successo di pubblico, grazie anche alla state mantenute proprio grazie all’uso in sagre fattiva collaborazione e ai mezzi di comunica- locali, come la ormai nota cipolla precoce ‘Rossa zione messi a disposizione dai nostri partner, di Breme’ (Pavia), grazie all’attività congiunta di l’Università statale di Milano e in particolare la piccoli agricoltori e organizzazioni di volontaria- sede distaccata di Edolo (Unimont). I seminari e i to (polisportive, pro loco, ecc.), nonché di ammi- workshop svolti, numerosi, come verrà illustrato nistrazioni locali lungimiranti. Spesso poi queste nel paragrafo che segue, sono stati appunto tra- varietà locali risultano essere molto frugali, ne- smessi in diretta via streaming, nonchè registrati cessitando di pochi input esterni, quali apporti e disponibili per essere visti o scaricati sul sito di nutritivi e idrici, anche grazie a cicli riproduttivi Unimont. molto rapidi o adattabilità ai climi di montagna, Tuttavia, dopo aver scritto un primo libro quale di per sé più freschi e piovosi; questo aspetto, vi- la Guida all’Agrobiodiversità vegetale della Pro- vendo ormai un periodo di crescente mutamen- vincia di Pavia. Riscoperta, conservazione e valo- to climatico, spesso con lunghe siccità estive e rizzazione, abbiamo anche ritenuto utile cogliere piogge, concentrate in pochi giorni (poco utili l’interesse suscitato tra gli agricoltori per lasciare se non disastrose) può tornare utile, riscoprendo loro un manuale che offra un quadro conoscitivo colture meno produttive ma poi non così poco: per la Lombardia, con una checklist delle princi- se si coltivano in condizioni non idonee anche le pali varietà locali di specie ortive e cerealicole. In moderne cultivar risultano scarsamente produt- questa lista, abbiamo ritenuto opportuno inse- tive. Da qui anche la riscoperta di queste varietà rire anche un’altra categoria di piante coltivate, da parte delle aziende agricole a conduzione almeno un tempo, anch’esse largamente a ri- così detta biologica e da parte di tanti piccoli schio di scomparsa, quali le cultivar obsolete, che agricoltori (anche convenzionali), che sono alla ormai da molto tempo l’industria sementiera ricerca di nuove colture e redditi più convenienti. ha abbandonato, ma non vari piccoli agricoltori Infatti, coltivando queste entità spesso si verifica nei loro orti e campi. Si tratta nel complesso di anche una maggiore sostenibilità economica, in una lista di ben 188 entità diverse, che poniamo quanto molte di queste varietà (pensiamo ai fa- all’attenzione del pubblico e dei colleghi esperti gioli zolfini della Toscana) rappresentano ormai di queste risorse fitogenetiche tradizionali, af- un prodotto ricercatissimo dai consumatori, ven- finché vi sia un dibattito regionale e quindi una duto spesso dagli stessi agricoltori grazie a piat- lista complessiva migliorata, col tempo. Certa-

10 Presentazione mente molte sono ancora le entità da indagare a rischio di erosione genetica, grazie a un lavoro e valutare se ritenerle valide per l’inserimento in molto attento che ci è stato fornito dalla stessa questa lista, soprattutto tra le cerealicole, come DG Agricoltura nelle persone della dr.ssa Laura mais e risi; del resto in Regione operano impor- Ronchi e dr.ssa Elena Brugna; queste informa- tanti centri di ricerca come il CREA-MAC con zioni saranno molto utili a chi vorrà avviare una sede a Stezzano (Bergamo) e il Centro Ricerche procedura di registrazione negli appositi registri sul Riso-Ente Nazionale Risi di Castello d’Ago- e anagrafi nazionali delle varietà locali non an- gna (Pavia), che potranno contribuire più di noi cora iscritte e di suo interesse, interesse che poi è all’implementazione di questa lista. La checklist per l’intera collettività. nel testo è preceduta da un capitolo introdut- Un grazie va a tutti coloro che ci hanno aiuta- tivo che presenta le definizioni di base su cui è to in questa impresa e che hanno testimoniato standardizzato il nostro lavoro, seguito da sche- circa le varietà che essi stessi coltivano e anche de illustrative di un numero rappresentativo di donato parte dei semi per la collezione ospitata casi, ben 9 colture sottoutilizzate con entità non presso una struttura che dovrebbe contribuire a strettamente locali e lombarde, nonché altre 51 conservarli a lungo nel tempo, la Banca del Ger- schede relative a varietà locali lombarde e culti- moplasma Vegetale dell’Università di Pavia, atti- var obsolete, queste ultime forse non esclusive va presso il Dipartimento di Scienze della Terra e della Lombardia, questione anch’essa da verifi- dell’Ambiente. care con ulteriori indagini da estendersi alme- Il presente volume è stato realizzato a cura di no alle regioni limitrofe. L’elenco fornito quindi sette autori, anche se vengono ospitati due con- vuole essere uno stimolo a nuove segnalazioni tributi tematici a cura di Rosalia Caimo Duc (So- di entità non ancora individuate e descritte, che cietà Agricola Terre di Lomellina), Laura Ronchi sicuramente esistono in un territorio così vasto e ed Elena Brugna (Regione Lombardia, DG Agri- diversificato come è la Lombardia. Tra i contribu- coltura). I capitoli e paragrafi che non riportano ti che poi ospitiamo nel volume, di particolare in- un autore sono da considerarsi come contributo teresse è quello finale sulla normativa in materia dei sette autori principali. di conservazione dell’agrobiodiversità in piante

Le varietà locali tra agrobiodiversità e sostenibilità 11

Il progetto REliVE-L - Buone pratiche per il recupero, la coltivazione e la valorizzazione di cultivar locali tradizionali lombarde

Elena R. Tazzari

Il progetto “Buone pratiche per il recupero, la corretta coltivazione, necessitano di capacità tec- coltivazione e la valorizzazione di cultivar locali niche ormai perse e in gran parte da recuperare, tradizionali lombarde” (REliVE-L) è stato finan- ma anche dell’ausilio dei moderni mezzi offerti ziato nel 2017 dalla Regione Lombardia nell’am- dalla scienza (come la capacità di individuare e bito del Programma di Sviluppo Rurale 2014- contenere le micotossine che si possono svilup- 2020 – MISURA 1 “Trasferimento di conoscenze e pare sui cereali), il progetto ha voluto fornire agli azioni di informazione”; è iniziato il 2 novembre agricoltori interessati a diventare “agricoltori cu- 2017 e si è concluso il 31 ottobre 2019. Capofila stodi”, ma anche ai tecnici del settore, i necessari del progetto è stata l’Università degli Studi di strumenti tecnico-scientifici e le opportune cono- Pavia con il Dipartimento di Scienze della Terra scenze per operare una corretta conservazione e dell’Ambiente (DSTA), che con la sua Banca in situ (on farm) delle varietà tradizionali locali. del Germoplasma Vegetale custodisce i semi di Questo attraverso tecniche avanzate di mante- molte cultivar tradizionali lombarde. Partner nimento in purezza e produzione di semente di del progetto è stata l’Università degli Studi di qualità (autoproduzione, avvio di piccole ditte Milano con il Dipartimento di Scienze Agrarie e sementiere), nonché buone pratiche per la colti- Ambientali-Produzione, Territorio, Agroenergie vazione e la conservazione delle sementi (home (DiSAA) ed il Centro Interdipartimentale di Stu- seed bank), al fine di realizzare nuove filiere pro- di Applicati per la Gestione Sostenibile e la Di- duttive e nuove possibilità di reddito. fesa della Montagna (GeSDiMont)/Polo di Edolo Infatti, divulgare le buone pratiche per il recu- (BS)/Università della Montagna (Unimont). pero e il mantenimento delle sementi e per la Il progetto, a carattere informativo, ha interessa- gestione delle coltivazioni di queste varietà lo- to tutto il territorio regionale ed è stato calibrato cali è importante, se non strategico, per tentare sulle varietà che si possono riprodurre di anno in di salvarle dall’abbandono, ma anche per mi- anno con i propri semi (piante annuali), sia ortive gliorare la qualità dei prodotti agroalimentari che cerealicole e che in genere non sono disponi- delle aziende lombarde, incrementare l’occu- bili sul mercato sementiero standard. pazione giovanile e favorire lo sviluppo soste- Dato che le varietà tradizionali locali, per la loro nibile regionale, con importanti ricadute sul

Prefazione 13 territorio (sviluppo o rilancio di piccole filiere settore, i ricercatori del CREA - Consiglio per la alimentari, eventi locali a carattere gastronomi- Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia co e turistico). Agraria, dr. Massimo Schiavi, dr. Paolo Valoti, dr. Nel corso del progetto sono quindi stati organiz- Pier Giacomo Bianchi e la dr.ssa Carlotta Balconi, zati vari seminari tematici, workshop e un con- i quali hanno illustrato le tecniche per il man- vegno finale, ognuno incentrato su tematiche tenimento in purezza delle colture e l’autopro- precise. Tutti gli incontri informativi, di seguito duzione di sementi, ma anche le problematiche descritti, sono stati trasmessi in diretta via strea- legate alla loro conservazione, registrazione e ming attraverso un apposito sistema di aula vir- controllo; hanno fornito inoltre la loro diretta te- tuale messo a disposizione dall’Università della stimonianza alcuni agricoltori custodi di varietà Montagna e che, permettendo il collegamento locali come la zucca ‘Cappello da prete mantova- contemporaneo da più sedi e con più parteci- na’ (sig. Lorenzo Calciolari) o il riso ‘Vialone nero’ panti, ha di fatto consentito la fruizione degli (sig. Stefano Lamberti). incontri informativi a distanza, incrementando Il secondo workshop si è svolto a Edolo, presso notevolmente il numero dei partecipanti. Inol- la sede di Unimont, il 21/03/2018 ed è stato in- tre, tutti gli incontri sono stati anche registrati e centrato sulle potenzialità e problematiche del sono liberamente scaricabili on-line, sul sito re- rilancio di varietà locali tradizionali di monta- live.unipv.it e sul sito www.unimontagna.it per gna; sono intervenuti esperti dell’Università di chiunque fosse interessato agli argomenti trat- Milano, fra cui, oltre alla prof.ssa Anna Giorgi e tati, anche dopo la fine del progetto. al dr. Luca Giupponi, anche il prof. Roberto Pilu, Tra novembre 2017 e dicembre 2018 sono stati che hanno illustrato i vari aspetti legati alla con- svolti 18 brevi seminari per i potenziali agricoltori servazione e valorizzazione di varietà tradizio- interessati alla coltivazione di varietà di monta- nali e anche in questo evento hanno fornito la gna tradizionali locali o poco diffuse, ma comun- loro testimonianza e confrontato le esperienze que in grado di generare reddito. Questo ciclo di vari agricoltori e associazioni custodi di varietà seminari è stato svolto presso l’Università della tradizionali. Montagna (Polo di Edolo, BS) e, grazie alla par- Il terzo incontro ha avuto sede a Pavia, presso il tecipazione, in qualità di relatori, di vari docenti DSTA, il 16/09/2018, in occasione della VI edizio- universitari ed esperti, ha affrontato tematiche ne della mostra regionale sulle antiche varietà riguardanti le buone pratiche per la gestione di tradizionali locali, che annualmente viene orga- aziende agricole multifunzionali di montagna e nizzata presso l’Orto Botanico dell’Università di delle aziende agricole incluse in aree protette con Pavia, al fine di far conoscere e degustare molti particolare riferimento alla Rete Natura 2000. prodotti orticoli e cerealicoli locali lombardi gra- Nel 2018 sono inoltre stati svolti 4 workshop a zie agli agricoltori che li producono; l’evento ha carattere informativo per potenziali “agricoltori attratto un pubblico numeroso (oltre 1500 visita- custodi”. tori e una ventina di espositori). Questo incontro Il primo si è svolto a Milano, presso il DISAA il ha avuto come tematica le varietà locali tradi- 20/02/2018 e ha trattato delle cultivar locali zionali lombarde ortive (tra cui zucche, cipolle, tradizionali lombarde e degli strumenti e co- fagioli, meloni, angurie) e ha visto la partecipa- noscenze per la conservazione e lo sviluppo di zione di vari ricercatori dell’Università di Pavia nuove filiere; sono intervenuti, quali esperti del che hanno introdotto la tematica al pubblico

14 Prefazione esperti del settore come il dr. Massimo Schiavi Sempre nel 2018, durante il periodo estivo, sono (CREA) che hanno presentato un focus sulla col- state svolte delle visite aziendali presso “agri- tivazione di zucche tradizionali a turbante; han- coltori custodi” che da tempo si dedicano alla no inoltre partecipato figure istituzionali come coltivazione e vendita di varietà tradizionali (lan- il dr. Vincenzo Montalbano (MIPAAF, Roma), i drace) e/o varietà da conservazione registrate; quali hanno trattato e illustrato, a livello nazio- in questo modo i partecipanti hanno potuto os- nale e regionale, la Legge nazionale 194/2015 servare dal vivo l’attività di aziende agricole de- “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dicate alla conservazione di varietà tradizionali della biodiversità di interesse agricolo e alimen- e avere le loro testimonianze dirette. Il 12 luglio tare“, che mette al centro delle azioni di conser- 2018 sono state visitate aziende agricole di pia- vazione gli agricoltori ed in particolare riconosce nura localizzate in provincia di Pavia: Azienda come figura centrale nella salvaguardia di que- Agricola Prandelli Matteo (Dorno - zucca ‘Ber- ste entità gli “agricoltori custodi” delle varietà tagnina di Dorno’), Azienda Agricola Ca’ dal tradizionali (art. 2 comma 3), che sono i soggetti Saggia (Redavalle – mais ‘Ottofile del Pavese’), a cui questo progetto si rivolge in modo speciale. Consorzio Produttori Cipolla di Voghera. Il 17 Durante questa giornata, grazie alla mostra di ottobre 2018 sono state visitate alcune aziende antiche varietà tradizionali locali è stato altresì ed associazioni a Prata Camportaccio, in Valchia- possibile dare ampia diffusione delle attività venna (SO): sono state illustrati le patate di Cam- svolte nell’ambito del progetto, oltre a illustra- podolcino (PAT), il fagiolo di Spagna e il fagiolo re le aiuole dimostrative site nell’Orto Botanico ‘Borlotto della Val Codera’, il mais ‘Rostrato di dell’Università di Pavia in cui crescono antiche Val Chiavenna’ ed altri mais tradizionali locali. varietà lombarde; sono state anche organizzate Nel 2019 sono stati realizzati gli ultimi due eventi visite guidate alla Banca del Germoplasma Vege- previsti nel progetto. Il 21 febbraio si è svolto, sem- tale dell’Università di Pavia, che si occupa della pre a Milano (DiSAA), un seminario informativo conservazione dei semi delle varietà tradizionali dedicato alle fattorie didattiche, al fine di istruire per le generazioni a venire. i partecipanti sull’agro-biodiversità tradizionale e A chiudere il ciclo, l’ultimo workshop si è svol- le modalità di conservazione di quest’ultima, ma to nuovamente a Milano, presso il DISAA, il anche sul suo utilizzo sia produttivo che didatti- 30/11/2018 e ha illustrato le prospettive e proble- co. A questo evento, oltre ai docenti delle Univer- matiche nel recupero dei mais tradizionali locali. sità coinvolte, hanno partecipato la dr.ssa Marina Sono intervenuti esperti del CREA (dr.ssa Carlotta Ragni e la dr.ssa Laura Vercelloni della Regione Balconi, dr. Paolo Valoti, dr.ssa Chiara Lanzanova Lombardia (DG Agricoltura) che hanno illustrato e dr.ssa Sabrina Locatelli) che hanno ampiamen- la normativa regionale di riferimento, oltre alla te discusso in merito al problema delle micotossi- responsabile regionale per le fattorie didattiche ne presenti nel mais e dei metodi per la corretta di Coldiretti, dr.ssa Valeria Sonvico, e vari agricol- coltivazione di questa varietà ai fini del consumo tori gestori di fattorie didattiche, che hanno con- umano; hanno inoltre partecipato vari professio- diviso la loro esperienza con i partecipanti. nisti e agricoltori custodi che hanno condiviso Infine, il 3 ottobre, si è tenuto il convegno fi- con il pubblico la loro esperienza nella coltivazio- nale, a carattere divulgativo e aperto non solo ne e produzione di semente, nonché commercia- agli agricoltori, ma anche al pubblico generi- lizzazione di varietà tradizionali di mais. co interessato, al fine di promuovere le varietà

Prefazione 15 tradizionali in quanto prodotti innovativi per le cultivar di montagna, la nuova edizione aggior- loro caratteristiche organolettiche da riscoprire. nata del manuale tecnico-scientifico di produ- L’evento ha visto la partecipazione dell’Istituto zione dello zafferano “L’Oro Rosso delle Alpi”, Nazionale di Sociologia Rurale (INSOR) che, in oltre ad un leaflet divulgativo di presentazione collaborazione con Symbiotiqua, società mila- del progetto e uno di fine attività, che illustra nese che ha già curato l’immagine di alcuni pro- gli obiettivi raggiunti e i risultati ottenuti. Tutti dotti agricoli (pomodoro e mais), ha illustrato i materiali divulgativi sono stati prodotti in for- dal punto di vista storico e culturale i prodotti mato pdf liberamente scaricabile sul sito relive. territoriali lombardi, gli strumenti utili alla loro unipv.it. valorizzazione, nonché l’opportuna “identità di Ultimo, ma non per importanza, è stato lo stimo- prodotto” da presentare sul mercato. All’evento lo alla creazione di aziende agricole sementiere hanno anche partecipato i docenti e i ricercatori specializzate in varietà tradizionali. Tale attivi- delle Università coinvolte, che hanno presentato tà è stata trattata durante lo svolgimento dei al pubblico i risultati raggiunti. workshop, ma anche delle visite guidate, inter- In totale gli incontri sopra descritti sono stati se- vistando i soggetti partecipanti per individuare guiti da 1170 persone, di cui 707 presenti in sala gli agricoltori interessati a questo tipo di attività. e 463 collegate on-line in diretta streaming. Ad Sono state individuate alcune aziende agricole oggi vi sono state 3202 visualizzazioni delle re- potenzialmente interessate in provincia di Pa- gistrazioni. via, a cui sono state fornite tutte le informazioni Molti seminari e workshop sono anche stati sulla normativa vigente, anche in campo autoriz- accreditati dalla Regione Lombardia come ag- zativo e fitosanitario e le informazioni sulle po- giornamento annuale per le Fattorie Didattiche tenziali fonti di finanziamento per l’avvio di tale (D.G.R. X/6198 dell’8 febbraio 2017, approva- attività. zione della carta della qualità e provvedimenti Grazie alle azioni che sono state svolte con suc- attuativi seguenti); infine le visite guidate alle cesso nell’ambito del progetto REliVE-L è stato aziende agricole ed il workshop di novembre possibile sollevare l’interesse di numerose azien- 2018 sono stati inseriti nel programma di forma- de agricole verso le varietà tradizionali locali zione continua dei dottori agronomi e dei dotto- lombarde; esse si sono dimostrate interessate a ri forestali. migliorare la gestione delle coltivazioni, dando Oltre alle azioni appena descritte, il progetto ha maggior rilievo alla conservazione dell’agro-bio- previsto la realizzazione di varie pubblicazioni diversità e alla differenziazione dei prodotti. divulgative, tra cui, oltre al presente libro, alcu- Tale miglioramento, se da un lato si tradurrà in ni testi specialistici a carattere informativo sulle un minore impatto ambientale (maggiore so- varietà tradizionali lombarde (zucche cappello stenibilità) delle colture, dall’altro consentirà un da prete, mais, cipolle), un manuale sulle buone maggiore sviluppo economico delle aziende che pratiche per la coltivazione di varietà tradiziona- coltiveranno prodotti diversificati e di maggiore li ortive e cerealicole locali, una guida sulle buo- qualità, sia dal punto di vista organolettico che ne pratiche per l’utilizzo di varietà tradizionali nutrizionale, e di rinnovato interesse presso i con- locali in agricoltura biologica, una pubblicazio- sumatori, sempre più alla ricerca di tali specialità. ne specialistica a carattere divulgativo sul grano Infine, il progetto ha consentito di tessere nuo- saraceno nelle Alpi lombarde, un opuscolo sulle vi rapporti di collaborazione tra e con gli agri-

16 Prefazione Visita aziendale nell’ambito del progetto REliVE-L per osservare la coltivazione in pieno campo della cipolla ‘Dorata di Voghera’ (varietà da conservazione, registrata). Le sorelle Laura e Silvia Stringa spiegano il ciclo colturale tipicamente biennale di questo ortaggio (foto di G. Rossi).

coltori che hanno frequentato i vari momenti tere ad altri la capacità di fare impresa e red- informativi del progetto, consentendo di porre dito, attraverso il recupero e il buon uso della le basi per la creazione di una rete di agricol- biodiversità agraria tradizionale locale lombar- tori custodi della biodiversità lombarda, che, da, con possibilità di creare anche start-up nel nel prossimo futuro, una volta raggiunto un campo dell’e-commerce. buon livello di efficienza e piena autonomia, Un sentito grazie è rivolto ai partner dell’Uni- potrà contribuire alla creazione di un campus versità di Milano, dr. Luca Giupponi, prof.ssa Ilda agro-bio-didattico diffuso in grado di trasmet- Vagge e prof.ssa Anna Giorgi.

Prefazione 17 Visita aziendale nell’ambito del progetto REliVE-L per illustrare il mais ‘Rostrato di Valchiavenna’ (Samolaco, Sondrio, Az. agricola Masolini) e le patate di Campodolcino (PAT). Il sig. Luciano Masolini (n. 15 maggio 1938) illustra il ciclo colturale annuale di queste piante. All’estrema destra il figlio Giorgio (n. 28 febbraio 1973), che ad oggi continua la coltivazione di questo mais, iniziata oltre cento anni fa (foto di S. Bodino).

18 Prefazione 1. Introduzione

Sommario quinamento ambientale e l’aumento dei gas In questo capitolo si spiega l’importanza delle risorse fito- serra. Inoltre la Rivoluzione verde ha interessa- genetiche (PGRFA) e si introducono le definizioni dei grup- to i paesi già sviluppati e alcuni paesi in via di pi di piante che vengono presentati nei capitoli successivi: sviluppo, ma non ha risolto le ricorrenti carestie le varietà coltivate locali (o landrace), le cultivar obsolete e le colture sottoutilizzate (NUS). e i problemi di denutrizione che ancora si veri- ficano in alcune aree del mondo e che affliggo- no ancora centinaia di milioni di persone ogni anno. La Rivoluzione verde ha inoltre causato la massiccia estinzione, in diverse aree del mondo, L’epocale cambiamento avvenuto nell’agricol- di buona parte delle antiche varietà, coltivate tura a partire dalla seconda metà del XX seco- da tempo immemorabile e molto ben adattate lo è globalmente conosciuto come Rivoluzione alle condizioni locali, spesso marginali. Questa verde (Green revolution). Questa “rivoluzione” estinzione di varietà locali è nota come erosione si basa su un profondo mutamento nelle tec- genetica e ha raggiunto percentuali altissime; si niche colturali, principalmente nel largo impie- stima ad esempio un’erosione del 70% in molte go di fertilizzanti chimici, pesticidi, irrigazione, aree europee. Nel Nord Italia l’erosione geneti- meccanizzazione e in particolare nella sosti- ca è stata ancora più intensa, stimata a oltre il tuzione delle antiche varietà di piante coltiva- 90% nel corso degli ultimi cinquant’anni. La Ri- te con cultivar moderne, più produttive e più voluzione verde ha quindi completamente cam- adatte all’agricoltura intensiva. La Rivoluzione biato il paesaggio agricolo delle nostre regioni; verde ha prodotto diversi benefici, soprattut- da un’agricoltura mista in cui venivano coltivate to ha permesso di aumentare notevolmente diverse specie e varietà di piante si è passati, a la produzione agricola e di dare nutrimento a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, a grandi miliardi di persone, facendo fronte al repenti- monocolture di cereali, principalmente riso, fru- no aumento della popolazione mondiale. D’al- mento e mais, in cui vengono coltivate cultivar tro canto vi sono stati pesanti prezzi da pagare moderne altamente selezionate e produttive. come lo sfruttamento delle riserve idriche, l’in- Le antiche varietà locali sono ovviamente legate

1. Introduction 19 alle tradizioni alimentari dei territori in cui ven- parentate con una pianta domestica; un CWR gono coltivate e la loro perdita contribuisce alla è considerato non solo il diretto progenitore scomparsa della biodiversità locale, della memo- selvatico della pianta domestica, ma anche ria storica e dei prodotti alimentari locali. Queste una qualsiasi specie o sottospecie selvatica varietà inoltre, assieme ai parenti selvatici delle imparentata con la pianta domestica; stesse piante coltivate, hanno avuto e possono • nelle varietà locali (landrace): una varietà lo- ancora avere una grande importanza nella sele- cale si può definire come «una popolazione zione di nuove cultivar. La loro grande variabilità dinamica di una pianta coltivata che ha un’o- genetica e adattabilità a condizioni marginali è rigine storica e un’identità definita e che non fondamentale per accrescere la base genetica ha subito selezione formale, oltre ad essere erosa delle cultivar moderne, altamente sele- spesso più variabile geneticamente rispetto zionate. In particolare le varietà locali e i parenti a una cultivar moderna ed essere associata a selvatici delle colture possono fornire geni utili tecniche colturali tradizionali». per adattare le cultivar moderne ai nuovi pato- geni e agli stress abiotici come siccità, aumento Come cultivar moderne si vanno invece a indica- della temperature e salinità. Questo processo di re le entità protagoniste dell’agricoltura inten- adattamento varietale è fondamentale per ren- siva che, al contrario delle varietà locali, hanno dere l’agricoltura più sostenibile e quindi ridur- subito una selezione formale rispetto una serie ne il pesante impatto ambientale, oltre che per di caratteri che come conseguenza le ha portate la selezione di cultivar altamente produttive per ad avere una quasi completa uniformità. far fronte alle sfide che l’agricoltura stessa sta Come cultivar obsolete infine si andranno invece affrontando, come l’aumento della popolazione ad individuare entità coltivate che, a differenza globale e gli effetti dei cambiamenti climatici. delle varietà locali, hanno subito una selezione Queste piante (cultivar moderne e obsolete, formale, però in tempi remoti, in genere prima de- varietà locali e parenti selvatici delle colture), gli anni ‘50 del secolo scorso. Il loro uso è stato lar- fondamentali per la sicurezza alimentare e il co- gamente abbandonato, salvo conservarsi e maga- stante adattamento dell’agricoltura, sono note ri differenziarsi localmente dai diretti protagonisti. complessivamente come risorse fitogenetiche Oltre a questi due raggruppamenti principali di per l’alimentazione e l’agricoltura (PGRFA: Plant risorse fitogenetiche (PGRFA: Plant Gentic Re- Genetic Resources for Food and Agriculture) defi- sources for Food and Agriculture), varietà locali e nite dalla FAO come «la variabilità genetica che cultivar obsolete, un’altra categoria sarà trattata fornisce la materia prima per la selezione di nuo- nel presente volume: ve varietà di colture, tramite selezione artificiale classica o tecniche biotecnologiche, in risposta a • le colture sottoutilizzate (neglected and un- cambiamenti demografici o ambientali». derutilsed species: NUS): tutte quelle «specie La maggior diversità genetica all’interno delle di piante coltivate che sono state largamente piante coltivate si riscontra: ignorate dalla ricerca scientifica e dalla sele- zione, ma sono ancora coltivate e utilizzate • nei parenti selvatici delle colture (CWR: Crop in quelle aree, in genere anche molto vaste, Wild Relatives) definiti come: specie o sotto- come interi paesi se non continenti, dove sono specie selvatiche più o meno strettamente im- ben adattate e competitive». Con questa de-

20 1. Introduzione finizione si indicano tutte le colture minori, dagli agricoltori. Una selezione che è di tipo diffuse in diverse aree del mondo, legate al massale, cioè la selezione degli individui il cui consumo locale e a prodotti tradizionali e alla germoplasma (semi, talee, bulbi) sarà utilizza- coltivazione in aree marginali (ma non locali to per propagare la generazione successiva, come nel caso delle landrace). eliminando gli individui con un fenotipo che mostra caratteristiche sfavorevoli o non tipiche Nei prossimi paragrafi si andranno a definire più della varietà. Al contrario, le cultivar moderne in dettaglio i raggruppamenti di piante appena traggono origine da una selezione definita elencati. “formale”, che si basa sui principi della gene- tica; inoltre questa selezione si basa sia su tec- niche classiche della selezione varietale (per 1.1 Varietà locali - Landrace esempio l’ibridazione) sia su tecnologie più recenti che utilizzano le biotecnologie, la bio- Con il termine “varietà locali” andremo a indi- logia molecolare, gli organismi geneticamente care le varietà tradizionalmente coltivate prima modificati. La selezione formale quindi non è della Rivoluzione verde, traducendo così il ter- diretta dagli agricoltori (come avviene per le mine inglese landrace, adottato nella letteratura varietà locali), ma da breeder, esperti che lavo- internazionale. rano in centri di ricerca o imprese che si occu- Di seguito sono elencate le caratteristiche che pano della produzione di nuove cultivar; definiscono una varietà locale: • grande diversità genetica: le varietà locali hanno in genere una maggiore diversità ge- • origine storica: molte varietà locali hanno netica rispetto alle cultivar moderne che, sot- un’origine relativamente antica (in genere toposte a maggiore selezione artificiale, han- tracciabile da almeno gli anni ’50 del 1900) al no una base genetica spesso molto ristretta; contrario delle cultivar moderne, che vengo- • adattamento a condizioni locali: le varietà no selezionate continuamente e altrettanto locali, essendo legate a peculiari aree di col- rapidamente soppiantate da nuove cultivar. tivazione e sottoposte a costante selezione Inoltre le varietà locali sono quasi sempre naturale, sono spesso adattate alle specifiche associate a una precisa area di coltivazione a condizioni ambientali delle località di coltiva- differenza delle cultivar moderne, che sono zione. In particolare, diverse varietà locali mo- selezionate spesso lontano dal luogo in cui sa- strano specifici adattamenti a condizioni mar- ranno coltivate e quindi messe in coltivazione ginali e a stress abiotici (come salinità e siccità) in contemporanea in diverse aree geografiche; e biotici (come specie infestanti e, a volte, pato- • identità definita: una varietà locale deve esse geni e parassiti) che invece mettono a repenta- riconoscibile, rispetto a cultivar moderne e ad glio la coltivazione di molte cultivar moderne; altre varietà locali, grazie, per lo meno, a tratti • associazione a tecniche colturali tradiziona- morfologici specifici; li: essendo state selezionate dagli agricoltori • mancanza di selezione formale: le varietà spesso prima dell’avvento della Rivoluzione locali si sono evolute sotto la pressione della verde, le varietà locali non sono legate all’a- selezione naturale nell’ambiente in cui cresco- gricoltura intensiva. Sono tuttora coltivate in no e grazie alla selezione artificiale operata molti casi in piccoli appezzamenti e con tec-

1. Introduction 21 Figura 1.1. Coltivazione (a), selezione (b) e raccolta (c) della cipolla ‘Piatta viola di Treviglio’, presunta cultivar obsoleta originaria del Bergamasco, i cui rapporti con altre entità affini devono ancora essere ben definiti (foto di G. Giorno, Franchi Sementi, Bergamo). b)

a) c)

niche tradizionali, grazie al loro legame con al suo territorio tipico di coltivazione, tant’è i prodotti alimentari anch’essi tradizionali e i che spesso la denominazione riporta l’area piatti della tradizione gastronomica, la cucina di produzione (mais ‘Rostrato di Val Chiaven- del territorio. na’, cipolla ‘Rossa di Breme’, cipolla ‘Dorata • collegamento con gli aspetti socio-economi- di Voghera’, ecc). Per definire questo quadro ci e culturali (identità del territorio): esiste in si realizzano di solito delle indagini che ac- genere un forte legame delle varietà locali con compagnano il ritrovamento di una possibile uno specifico contesto socio-economico e tale varietà locale, raccogliendo appunto testimo- contesto rafforza ulteriormente l’identità del- nianze orali e documentali che evidenzino la varietà, ma anche il legame con il territorio questo legame preferenziale se non esclusivo specifico, esclusivo o quasi, di coltivazione tra- tra l’entità e il territorio dove cresce come “au- dizionale. Quindi una varietà locale ben indi- toctona”. Da indagare in questo senso, oltre al viduata e caratterizzata può dare un’identità periodo di acquisita dalla famiglia che la de-

22 1. Introduzione tiene attualmente, vi sono anche le tecniche creato dal Ministero delle politiche agricole, di produzione e utilizzo della risorsa fitogene- alimentari, forestali e del turismo (MIPAAF, tica in questione. L’uso spesso poi è associato Legge 6 aprile 2007, n. 46) in ottemperanza a specifici prodotti e piatti tradizionali e locali alle direttive dell’Unione Europea (per esem- anch’essi. In tal senso si parla di schede di ri- pio: Direttiva 2003/90/CE della Commissione levazione etnografica oltre che etnobotanica del 6 ottobre 2003), operante però in ambito (MIPAAF, 2013). Il tipo di scheda in uso ormai particolare, cioè quello sementiero; da anni presso la Banca del Germoplasma Ve- b. l’elenco nazionale, ma su base regionale, dei getale dell’Università di Pavia viene presenta- così detti PAT, Prodotti Agroalimentari Tradi- ta in allegato a questo volume (All. 1). zionali, di cui al D.M. n. 57 del 2018, contenen- te sia varietà locali o comunque legate a certi Le varietà locali quindi, in definitiva, si sono ge- territori più o meno vasti e gli stessi prodotti neralmente evolute in condizioni di bassi input da esse derivate; agronomici e la diversità genetica che le carat- c. iniziative di valorizzazione a livello territo- terizza è estremamente utile per una più pronta riale, ma sovracomunale, come il così detto ed adeguata risposta sia ad eventi ambientali “Paniere Pavese”, un marchio collettivo della estremi sia a cambiamenti nei criteri selettivi. Per provincia di Pavia, assegnato a prodotti agri- questo esse possono, in molti casi, essere effica- coli e agroalimentari del territorio provinciale cemente impiegate nei sistemi agricoli biologici. pavese che hanno un particolare legame con In Figura 1.2 sono mostrate, a titolo esemplificati- la tradizione locale; vo, alcune varietà locali del Nord Italia. d. le De.Co. acronimo per “Denominazioni Co- Diverse misure sono state messe in atto a livello munali”, a volte abbreviato anche come comunitario, nazionale e in alcuni casi regiona- De.C.O.: “Denominazioni Comunali d’Origi- le o di province autonome per l’Italia al fine di ne”; si tratta di marchi di garanzia assegnati proteggere o promuovere le varietà locali e/o i dai comuni a prodotti agricoli e alimentari del prodotti o piatti tipici a esse collegate. I più noti territorio, in ottemperanza alla legge 8 giu- marchi distintivi sono il DOP (Denominazione di gno 1990, n. 142; Origine Protetta) e l’IGP (Indicazione Geografica e. infine, anche se non legata a strumenti nor- Protetta), ma altre iniziative cercano di valorizza- mativi, bensì ad associazioni di produttori e re i prodotti del territorio, soprattutto se locali consumatori su base volontaria va ricordata e tradizionali, anche minori. Alcune di queste l’“Arca del Gusto”, un catalogo on line di pro- misure sono ormai operative da anni e vengono dotti alimentari di qualità a rischio di estinzio- citate nelle schede delle varietà locali e delle cul- ne creata da Slow Food, un’organizzazione tivar obsolete (Capitolo 3), altre sono in fase di internazionale che si occupa di preservare le implementazione, come verrà illustrato nel Capi- tradizioni culinarie e varietà locali. tolo 8, espressamente dedicato alla normativa di settore. Qui, in sintesi, ora si ricordano: A questi strumenti normativi e/o conosciti- vi, a breve, si aggiungerà a livello regionale e a. il Registro Nazionale delle così dette “Varietà nazionale un nuovo strumento che dovrebbe da Conservazione”, ortive, cerealicole e pa- unificare e approfondire le conoscenze sull’a- tate; inventario italiano delle varietà locali gro-biodiversità tradizionale italiana, mediante

1. Introduction 23 Figura 1.2. Esempi di varietà locali (landrace) del Nord Italia; a) mais ‘Di Santa Sofia Romualdi’ (Emilia Romagna, FC), b) melone ‘Banana Santa Vittoria’ (Emilia Romagna, PR e RE; Lombardia, CR e MN), c) c) mais ‘Rostrato di Val Chiavenna’ (Valchiavenna, SO, Lombardia), d) zucca ‘Cappello a) da prete mantovana’ (Quistello, MN, Lombardia; foto di C. Ballerini).

b) d)

la compilazione (attualmente in corso) della così in disuso”. Secondo il vocabolario Treccani, nel detta “Anagrafe nazionale” della biodiversità di linguaggio tecnico, esso è impiegato per indica- interesse agricolo e alimentare, di cui alla L. n. re apparecchi, impianti e simili, che, pur essen- 194/2015 (un elenco sarà disponibile anche per do ancora in perfetta efficienza, risultano non la Regione Lombardia. Vedi Cap. 8, con un ap- più competitivi rispetto ad altri basati su idee o profondimento a cura della Regione Lombardia, tecnologie più avanzate. Questa definizione si DG Agricoltura). applica alla perfezione a una delle categorie di risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agri- coltura (PGRFA) riconosciute dalla FAO: le culti- 1.2 Cultivar obsolete var obsolete (in inglese “obsolete cultivars”, ma talvolta indicate anche con gli aggettivi “ancient” Nicola M.G. Ardenghi e Graziano Rossi e “old”). Trattandosi di cultivar, esse hanno subito una selezione formale finalizzata all’ottenimen- L’aggettivo “obsoleto” deriva dal termine latino to di caratteri stabili e uniformi; questo processo, obsoletus, con il significato di “logorato, andato tuttavia, è avvenuto in tempi remoti (general-

24 1. Introduzione mente prima della Rivoluzione verde, avviata nel essere considerata locale (“autoctona”). Questa 1950), per rispondere a standard ormai superati. è una misura chiaramente empirica e suggerita Rispetto alle cultivar “moderne”, esse non garan- da alcuni elementi principali, quali la durata di tiscono più una performance produttiva in grado una generazione umana, la rapidità attuale de- di soddisfare le esigenze dell’agricoltura con- gli spostamenti di uomini e risorse genetiche (es. temporanea e per questo motivo, nel corso del scambio di semi) e la praticità di avere almeno tempo, sono state in larga parte abbandonate. un parametro inequivocabile. Qualcuno parla in- Quelle sopravvissute, tuttavia, non sono del tutto vece di tempi più lunghi, almeno un secolo. Tut- prive di interesse: le cultivar obsolete sono state tavia, un limite di presenza temporale imposto costituite in un’epoca antecedente la diffusione ad una varietà locale può essere una forzatura dei fertilizzanti chimici, dei pesticidi, dell’irriga- tendente a snaturare l’essenza del termine, che zione, della meccanizzazione e, grazie alle loro vede più nel legame socio-culturale piuttosto caratteristiche, potrebbero rappresentare uno che spazio-temporale la sua vera natura (MIPA- strumento ancora valido per riabilitare, ad esem- AF, 2013). pio, sistemi agricoli marginali o scarsamente pro- Le cultivar obsolete, come abbiamo visto, sono, duttivi. Sono inoltre potenziali riserve di geni utili per loro genesi e definizione, entità ben distin- per il miglioramento delle colture, tralasciati dai te dalle landrace. Tuttavia, esaminando più da processi di costituzione delle cultivar moderne. vicino la storia di alcuni rappresentanti delle Non a caso le cultivar obsolete, al pari delle lan- due categorie, appare evidente come i destini drace, sono oggetto delle missioni di raccolta del di entrambe siano spesso intrecciati. Molte cul- germoplasma (soprattutto in ambito cerealicolo) tivar obsolete, infatti, non nascono dal nulla, e vengono tenute in considerazione dalla legi- ma derivano proprio dalla “standardizzazione” slazione europea in materia di tutela dell’agro- di landrace, delle quali sono stati selezionati, a biodiversità: l’Italia, per esempio, riconosce come scopo produttivo, precisi caratteri. È questo il iscrivibili al Registro Nazionale delle Varietà di caso delle “varietà migliorate” di mais ottenute Conservazione, anche le cultivar «non più iscrit- in Italia negli anni ’20-’30 del Novecento, come te in alcun registro» e «quelle non più coltivate il ‘Rostrato’ (derivante da landrace rostrate del sul territorio nazionale e conservate presso orti Bergamasco) e il celebre ‘Marano’ (incrocio delle botanici, istituti sperimentali, banche del germo- landrace vicentine ‘Nostrano locale’ e ‘Pignoletto plasma pubbliche o private e centri di ricerca, per d’oro’, successivamente sottoposto a selezione). le quali sussiste un interesse economico, scienti- Il processo però può avvenire anche in direzione fico, culturale o paesaggistico a favorirne la rein- contraria: è assodato che dalla “degenerazione” troduzione» (legge n. 46 del 6 aprile 2007). di cultivar obsolete abbiano avuto origine, nel Ma quanto tempo deve passare affinchè una cul- corso della storia, diverse entità oggi conside- tivar obsoleta, non più iscritta al registro varie- rate landrace. Tale fenomeno può verificarsi con tale nazionale MIPAAF, abbia le caratteristiche l’abbandono dei processi di selezione (con con- per poter essere nuovamente iscritta a strumenti seguente ritorno alla variabilità originaria) op- normativi che si occupano di conservare le va- pure con l’incrocio delle stesse cultivar obsolete rietà locali? Per esempio molte leggi regionali (che in passato erano spesso a impollinazione li- (la Lombardia non ne è dotata) indicano in 50 bera; si pensi ai mais) con altre landrace. Aiutano anni il tempo minimo affinchè una varietà possa ad esemplificare questo concetto i mais bianchi

1. Introduction 25 Figura 1.3. a) Cultivar obsolete di fagiolo vendute in Francia illustrate nel manuale Les plantes potagères della ditta sementiera Vilmorin- Andrieux et Cie (1891). Si notino i fagioli ‘De Bagnolet’ e ‘D’Alger noir’, affini all’’Anellino di Valchiavenna’ e al ‘Guàt giallo’ (immagine tratta da commons. wikimedia.org, di dominio pubblico); b) il manuale Frutti freschi e secchi, ortaggi di Rodolfo Farneti (1892), realizzato sullo stile di quello della Vilmorin-Andrieux et Cie (scansione a cura di Anna Bendiscioli, Biblioteca della Scienza e della Tecnica, Università di Pavia).

b)

a)

appartenenti al gruppo Righetta, originatosi nel intervistati ben adattate alle condizioni ecologi- Veneto orientale dalla cultivar statunitense ‘Hi- che del luogo e ben differenziate dalle cultivar ckory King’, e la patata ‘Prugnona’ dell’alta Val attualmente disponibili in commercio. La loro d’Aveto, discendente dell’inglese ‘Fortyfold’. classificazione quali landrace, a prima vista, ap- Queste ultime considerazioni risultano utili sul pariva dunque naturale. Indagando però alcune piano pratico per le missioni di raccolta del ger- fonti storiche risalenti soprattutto al XIX e alla moplasma. Durante le ricerche di campo per la prima metà del XX secolo (come manuali di or- stesura del presente volume, agli Autori è spes- ticoltura, periodici agronomici, cataloghi di ditte so capitato di trovare, soprattutto presso gli orti sementiere e di esposizioni agrarie), molte di esse famigliari di località montane, entità «da sem- sono risultate essere assai simili se non identiche, pre» coltivate e tramandate nelle famiglie degli sul piano sia morfologico sia fenologico, a cultivar

26 1. Introduzione obsolete. È il caso, per esempio, di alcune ortive cato con l’acronimo NUS, si intendono tipi di col- trattate nelle schede di questo libro, come il fa- ture minori, legate a un’agricoltura marginale. giolo mangiatutto ‘Guàt giallo’ trovato in Valchia- Spesso le NUS vengono confuse con le varietà venna (Sondrio), affine in tutti i caratteri al fagio- locali, pur trattandosi di due concetti diversi. La lo ‘D’Alger noir’ (o ‘D’Algeri nero’) (Figura 1.3.a), maggior differenza risiede nel fatto che le NUS venduto dalle ditte sementiere francesi sin dalla sono specie; le varietà locali rappresentano in- metà dell’Ottocento e già a quell’epoca presente vece varietà coltivate all’interno di una specie di in Italia; oppure del peperone ‘A uovo’ di Sannaz- cui fanno contemporaneamente parte spesso an- zaro de’ Burgondi (Pavia), il quale, per la presenza che cultivar moderne. Nonostante questo, non è occasionale di frutti penduli, leggermente solcati, detto che a priori in una NUS [per esempio nelle tondeggianti e un po’ schiacciati ai poli, potrebbe nostre zone: Citrullus amarus Schrad., Phaseolus derivare da una cultivar a frutti gialli del gruppo coccineus L. o Lagenaria siceraria (Molina) Stan- Tomato (o Cheese, caratterizzato da bacche più dl.] non possano essere presenti varietà locali, larghe che lunghe), come ad esempio il ‘Tomato’ semplicemente, essendo le NUS scarsamente stu- (già citato da Rodolfo Farneti nel 1892) oppure diate, nessuno le ha ancora individuate e descrit- il ‘Topepo giallo’ (cultivar di origine statunitense te. Come esempio di differenza tra NUS e varietà risalente al 1926 e presente in Italia almeno dai locale, Citrullus amarus, l’anguria da mostarda, è primi anni ’50). La distinzione “sul campo” tra considerata una specie di coltura sottoutilizzata landrace e cultivar obsolete, ai fini di una corret- (NUS), coltivata a livello locale, in diversi ecoti- ta classificazione del germoplasma raccolto, può pi, in molte aree del mondo. Allo stesso tempo, pertanto risultare difficoltosa, anche per la vastità l’anguria ‘Di Santa Vittoria’ è una varietà locale di del bagaglio di conoscenze richieste. Alla luce di origine emiliana, di anguria da tavola [C. lanatus questa incertezza, tuttavia, un’entità riferibile a (Thunb.) Matsum. & Nakai subsp. lanatus]. Si trat- una cultivar obsoleta non può essere trascurata, ta quindi di una delle diverse varietà locali e culti- sia per le qualità intrinseche di questa risorsa fito- var moderne di anguria da tavola (Figura 1.4). Un genetica poc’anzi esposte, sia per il valore cultu- altro esempio di NUS è quello di Phaseolus cocci- rale che essa ha assunto nella famiglia o nella co- neus che nel presente volume viene considerato munità che tradizionalmente la coltiva, ma anche una coltura sottoutilizzata. Non si esclude però perché sotto le sue spoglie potrebbe celarsi una che studi futuri, più approfonditi possano risulta- landrace. Come insegna la sistematica vegetale, re nell’individuazione o descrizione di uno (o più) la morfologia da sola non sempre è sufficiente a varietà locali di Ph. coccineus per la Lombardia, risolvere i casi dubbi, per i quali è necessario un’a- così come avvenuto per altre zone d’Italia. Una nalisi di confronto su base molecolare. serie di caratteristiche contraddistinguono le col- ture sottoutilizzate (alcune delle quali ricalcano quelle già analizzate per le varietà locali): 1.3 Colture sottoutilizzate − Neglected crops (NUS) • importanza per la tradizioni culinarie e pro- duzioni locali, essendo parte integrante della Con i termini “colture sottoutilizzate” e “colture cultura locale; sottovalutate”, traduzione del termine inglese • adattamenti a condizioni marginali e capacità neglected and underutilized species, a volte indi- di resistere agli stress;

1. Introduction 27 Figura 1.4. a) Cocomero dai contadini e quindi spesso non ampiamen- (Citrullus amarus) te disponibile e/o reperibile. da marmellata, coltura sottoutilizzata (NUS) coltivata 1.4 Importanza delle risorse fitogenetiche per presso Bagnacavallo l’alimentazione e l’agricoltura (PGRFA) (Emilia-Romagna, RA); b) anguria ‘Di Santa Vittoria’ Filippo Guzzon (Emilia-Romagna, RE), varietà locale Sono moltissimi gli esempi pratici sull’impor- (foto di Claudio Ballerini). tanza della conservazione e dell’uso dell’agro- a) biodiversità per la sicurezza alimentare e il mi- glioramento delle cultivar. L’esempio più celebre è di sicuro quello della cosiddetta “malattia di Panama”. Tra la fine dell’800 e la Seconda guer- ra mondiale la cultivar più coltivata e commer- cializzata di banana era Musa acuminata Colla subsp. acuminata ‘Gros Michel’. La produzione di questo frutto era alla base dell’economia di mol- ti paesi del Centro- e Sudamerica. A partire dagli anni ’40 fino agli ’60 del ’900 un patogeno cono- sciuto come “malattia di Panama”, dovuta al fun- go Fusarium oxysporum f.sp. cubense W.C.Sny- der & H.N.Hansen devastò le coltivazioni di ‘Gros Michel’ in tutto il mondo, portando alla perdita del raccolto e creando enormi danni economici e sociali in molti paesi latino-americani. Questa peste era particolarmente virulenta poiché le b) cultivar di banane domestiche, essendo triploidi sterili, vengono propagate solo vegetativamen- • si tratta di entità spesso ignorate dalla ricerca te e sono pertanto rappresentate da cloni. L’e- scientifica e dal miglioramento varietale; mergenza rientrò sostituendo nelle piantagioni • sono rappresentate da ecotipi e varietà locali; di tutto il mondo la ‘Gros Michel’ con la cultivar • sono coltivate e utilizzate seguendo i saperi ‘Cavendish’, immune al patogeno e che tuttora è tradizionali dei contadini; la più coltivata, commercializzata e consumata. • sono scarsamente conservate sia nell’ambito Le ‘Cavendish’ prendono origine da una pian- di banche del germoplasma (conservazione ta arrivata nel 1830 dalle Isole Mauritius nelle ex situ) sia in coltivazione (conservazione in serre del Duca di Devonshire in Inghilterra e da situ o on farm); qui diffusasi in tutto il mondo. Purtroppo negli • il materiale per la propagazione e la semina ultimi anni un nuovo ceppo della malattia di Pa- (bulbi, talee e semi) è in genere auto-prodotto nama sta colpendo duramente le coltivazioni di

28 1. Introduzione ‘Cavendish’; per far fronte a questa nuova epide- per le popolazioni indigene, sta recentemente mia gli scienziati dell’Università del Queensland assistendo a un aumento esponenziale della sua in Australia hanno selezionato una nuova linea coltivazione a livello globale, come alternativa ai inserendo i geni di resistenza alla malattia indi- cereali, grazie alle sue molteplici proprietà nutri- viduati in uno dei parenti selvatici (CWR) della zionali. La Rivoluzione verde ha portato infatti al banana domestica: M. acuminata subsp. malac- cambiamento dei sistemi alimentari tradizionali censis (Ridl.) N.W.Simmonds. La banana è solo e a diete molto semplificate e basate su poche uno dei casi più conosciuti ed emblematici della specie. Nell’ottica di ottenere diete più diver- fondamentale importanza della conservazione e sificate e bilanciate, le colture tradizionali e le sfruttamento dei potenziali geni utili contenuti piante selvatiche, a cui sono riconosciute migliori nelle varietà locali e nei CWR, con lo scopo non qualità organolettiche oltre a proprietà nutrizio- solo di adattare le cultivar commerciali alla re- nali interessanti, giocano un ruolo chiave che va sistenza ai patogeni, ma anche per selezionare riscoperto e valorizzato. cultivar più resistenti agli stress abiotici, dovuti Le risorse fitogenetiche rappresentate da NUS, soprattutto al cambiamento climatico in atto, varietà locali e piante selvatiche alimurgiche non come l’aumento di siccità, temperatura e salinità. sono solo importanti per il loro potenziale agro- Inoltre lo studio e la valorizzazione delle colture nomico e alimentare ma, come già detto, anche sottoutilizzate, delle varietà locali e delle piante per il profondo legame che hanno con le tradi- alimurgiche è fondamentale considerando non zioni locali e i prodotti del territorio, quindi una solo il loro adattamento alle condizioni locali valenza anche culturale. Per chiarire questo lega- di crescita, ma anche la loro importanza per la me è di fondamentale importanza effettuare stu- sicurezza alimentare in moltissime aree del glo- di etnobotanici su queste piante. L’Etnobotanica bo. L’agricoltura moderna, derivata dalla Rivo- è la scienza che si occupa di studiare le relazioni luzione verde, si basa su monocolture di relati- che intercorrono tra queste risorse vegetali e le vamente poche cultivar altamente selezionate comunità umane da cui queste piante sono col- dei tre principali cereali: riso, grano e mais. Basti tivate, raccolte e consumate. Si tratta quindi di pensare che delle 7000 specie di piante coltiva- una scienza multidisciplinare che si pone come te dall’uomo, solo 12 forniscono i 3/4 del cibo punto di incontro tra Botanica e Antropologia. mondiale e più di metà del cibo mondiale pro- La caratterizzazione etnobotanica degli usi di viene da una manciata di cultivar di riso, grano queste piante è quindi fondamentale anche per e mais. Tutte queste specie sottoutilizzate, adat- salvaguardare la diversità culturale, oltre che col- tate spesso a un’agricoltura tradizionale, oltre a turale, intrinsecamente contenuta in tutti i pro- essere importanti come donatori di geni utili per dotti delle cucine locali. Negli ultimi decenni, in le cultivar moderne e per la sicurezza alimentare particolare, si è assistito non solo all’estinzione di di diverse aree, potrebbero in alcuni casi essere le molte colture locali, ma anche alla scomparsa di colture del futuro per accrescere il ristretto grup- usi, tradizioni e prodotti che connettevano que- po di entità vegetali su cui si basa l’alimentazio- ste piante con le comunità locali. Allo stesso tem- ne mondiale. Un esempio è la quinoa (Chenopo- po e molto di recente, in alcune aree e per alcune dium quinoa Willd.) che domesticata e coltivata specie si sta vivendo, dopo decenni di erosione nelle regioni andine del Sudamerica (principal- genetica, un recupero e valorizzazione delle tra- mente in Bolivia e Perù) dove è il cibo di base dizioni culinarie, connesso con la riscoperta a ta-

1. Introduction 29 ence», 8, Article 145. vola di antichi sapori e delle identità territoriali. Esquinas-Alcázar J. (2005): Protecting crop genetic diversity In questo libro si descrive l’agrobiodiversità vege- for food security: political, ethical and technical chal- tale della Lombardia, sulla base di studi a cura de- lenges, «Nature», 6, pp. 946-953. gli Autori e delle migliori conoscenze disponibili. Evenson R.E., D. Gollin (2003): Assessing the Impact of L’agrobiodiversità è definita come «la diversità the Green Revolution, 1960 to 2000, «Science», 300, delle specie coltivate nei differenti agroecosistemi pp. 758-762. FAO, Commission on Genetic Resources for Food and Ag- così come la diversità genetica all’interno e tra le riculture (CRFGA) (1983), Resolution 8/83, URL: mento fondamentale per la valorizzazione e la [consultato il 21/10/2019]. conservazione dell’agrobiodiversità è infatti pos- Farneti R. (1892), Frutti freschi e secchi, ortaggi, Milano, sedere una buona base conoscitiva a livello locale Fratelli Dumolard Editori. (regionale nel nostro caso), che si può raggiun- Frankel O.H., Brown A.H.D., Burdon J.J. (1995), The con- servation of plant biodiversity, Cambridge, Cambridge gere solo stilando inventari delle PGRFA. Questo University Press. libro si pone come base conoscitiva sull’agrobio- Godfray H.C.J., J.R. Beddington, I.R. Crute, L. Haddad, D. diversità vegetale della Lombardia, una regione Lawrence, J.F. Muir, J. Pretty, S. Robinson, S.M. Thomas, che, nonostante il livello altissimo di erosione ge- C. Toulmin (2010), Food security: the challenge of feed- netica avvenuta nel Nord Italia dal Secondo do- ing 9 billion people, «Science», 327, pp. 812-818. poguerra, ha mantenuto, grazie alle sue unicità Hammer K., H. Knüpffer, L. Xhuveli, P. Perrino (1996), Esti- mating genetic erosion in landraces - two case studies, territoriali, un discreto livello di ricchezza. Il pre- «Genetic Resources and Crop Evolution», 43, pp. 329- sente lavoro deriva dall’ormai decennale attività 336. per la conservazione, lo studio e la valorizzazione Harlan J.R., J.M.J. de Wet (1971), Toward a Rational Classifi- delle varietà coltivate locali pavesi portato avanti cation of Cultivated Plants, «Taxon», 20, pp. 509-517. dalla Banca del Germoplasma Vegetale dell’Uni- Hajjar R., T. Hodgkin (2007), The use of Wild Relatives in crop improvement: A survey of developments over the versità di Pavia presso il Dipartimento di Scienze last 20 years, «Euphytica», 156, pp. 1-13. della Terra e dell’Ambiente (DSTA), nonché varie Heywood V., A. Casas, B. Ford-Lloyd, S. Kell, N. Maxted fonti bibliografiche ad oggi individuate. (2007), Conservation and sustainable use of crop wild relatives, «Agriculture, Ecosystems and Environment», 121, pp. 245-255. Bibliografia di riferimento Lattanzi E. (2011), Sapori di Flora. Guida al riconosciemnto di piante eduli spontanee, MATTM, SBI. Ludini G., C. Ilario (2011), Le erbe delle nostre radici. Ricette Anonimo (1851), Catalogue de l’Exposition des Produits de e notizie sulle erbe della campagna sanzenonese, Uni- l’Agriculture de l’Horticulture et de l’Industrie de la Prov- one dei Comuni e Provincia di Pavia. ince de Hainaut, Mons, Imprimerie de Masquillier & Lamir. Maxted N., M.E. Dulloo, B.V. Ford-Lloyd, L. Frese, J. Iriondo, Bazile D., S.-E. Jacobsen, A. Verniau (2016), The Global M.A.A. Pinheiro de Carvalho (2011), Agrobiodiversity Expansion of Quinoa: Trends and Limits, «Frontiers in Conservation Securing the Diversity of Crop Wild Rela- Plant Science», 7, p. 622. doi: 10.3389/fpls.2016.00622 tives and Landraces, CABI publishing. Borlaug N. (2007), Feeding a Hungry World, «Science», 318 MIPAAF (2013), Linee Guida per la conservazione e la ca- (5849), p. 359. ratterizzazione della biodiversità vegetale di interesse Butler D. (2013), Fungus threatens top banana, «Nature», per l’agricoltura. Piano Nazionale sulla Biodiversità di 504, pp. 195-196. Interesse Agricolo. INEA, Roma. Casañas F., J. Simó, J. Casals, J. Prohens (2017): Toward an Padulosi S., I. Hoeschle-Zeledon (2004), Underutilized evolved concept of landrace, «Frontiers in Plant Sci- plant species: what are they?, «Leisa Magazine», 5-6.

30 1. Introduzione Pengilly R. (1927), The Topepo makes its debut, «Garden & Italy, Proceedings of the LXII SIGA Annual Congress, Ve- Home Builder», 45, p. 502. rona, Italy – 25/28 September, 2018. Picchi G., Pironi A. (2005), Atlante dei prodotti tipici: Le van de Wouw M., C. Kik, T. van Hintum, R. van Treuren, erbe, INSOR, AGRA, Rai, Eri. B. Visser (2009), Genetic erosion in crops: concept, re- Ploetz R.C. (2005), Panama Disease: An Old Nemesis Rears search results and challenges, «Plant Genetic Resources: its Ugly Head Part 1: The Beginnings of the Banana Ex- Characterization and Utilization», 8, pp. 1-15. port Trades, APSnet. Veteläinen M., V. Negri, N. Maxted (2009), European land- Santamaria P., Ronchi L. (2016), Varietà da conservazione races: on-farm conservation managment and use, «Bio- in Italia: lo stato dell’arte per le specie orticole, «Italus versity Technical Bulletin», n. 15, Bioversity Internation- Hortus», 23(2), pp. 29-44. al, Rome. Soukand R. (2016), Chapter 2 What Is Wild Food Plant, in Zeven A.C. (1998), Landraces: A review of definitions and Sõukand R., R. Kalle, Changes in the Use of Wild Food classifications, «Euphytica», 104, pp.127-139. Plants in Estonia, SpringerBriefs in Plant Science, DOI Zuin M.C., Vigolo M.T., Zanin G. (2015), Piante spomtanee 10.1007/978-3-319-33949-8_2, pp: 5-11. alimentari. Fitoalimurgiche del Basso Veneto tra storia, Tilman D. (1998), The greening of the green revolution, cucina e tradizioni, Edagricole. «Nature», 396, pp. 211-212. Tondella A., Pagani D., Delbono S., Cattivelli L., Laghetti G., Vendramin G., Margiotta B. (2018), Genetic diversity of a collection of barley landraces and ancient cultivars from

1. Introduction 31

2. La checklist delle risorse fitogenetiche tradizionali della Lombardia

I risultati delle ricerche di campo e bibliografiche conservazione, ma anche quelli proposti da altre condotte per la stesura del presente volume ven- Regioni (ad esempio dal Piemonte) con areale gono qui sintetizzati in una checklist, che elenca di coltivazione sovraregionale comprendente le 188 tra landrace (incluse tutte le varietà da anche la Lombardia. La distribuzione geografi- conservazione, indicata con la sigla “VC”), culti- ca nelle diverse province lombarde è riportata var obsolete e colture sottoutilizzate fino ad ora nella colonna “Distribuzione” (la sigla “LOM” sta censite in Lombardia. Sono state considerate so- per “Lombardia” ed è usata per le entità diffuse lamente le piante ortive e sei specie di cerealicole su tutto il territorio regionale o per quelle la cui (mais, varietà da conservazione di riso, frumento distribuzione provinciale è sconosciuta). Nella co- tenero, orzo, segale e panico). Certamente le cul- lonna “Pag.” è riportata l’eventuale pagina dove tivar obsolete di riso, frumento tenero, orzo e se- la pianta è stata trattata (sotto forma di scheda) gale iscrivibili a questo elenco potrebbero essere oppure semplicemente citata. Nella colonna in numero maggiore rispetto ai dati qui riportati, “Fonti” sono indicate le principali fonti bibliogra- che potranno essere in futuro integrati da contri- fiche edite e inedite di riferimento per ciascuna buti più mirati. Per i risi VC, in particolare, abbia- entità; l’elenco completo delle fonti numerate è mo considerato non solo quelli iscritti da Regione riportato di seguito. Lombardia al Registro nazionale delle varietà da

2. La checklist delle risorse fitogenetiche tradizionali della Lombardia 33 Nome Nome scientifico Categoria Distribuzione Pag. Fonti

Aglio ‘Rosso di Treviglio’ Allium sativum L. cultivar obsoleta BG - 1, 2, 29 Anguria da mostarda Citrullus amarus Schrad. coltura CR, MN 121 3, 4 sottoutilizzata Anguria ‘Di Calvenzano’ Citrullus lanatus (Thunb.) Matsum. & landrace BG - 32 Nakai subsp. lanatus Asparago ‘Di Cantello’ Asparagus officinalis L. subsp. officinalis landrace (?) VA - 5

Asparago ‘Di Cilavegna’ Asparagus officinalis L. subsp. officinalis landrace (?) PV - 5

Asparago ‘Di Mezzago’ Asparagus officinalis L. subsp. officinalis landrace (?) MB, MI - 5

Asparago ‘Verde di ’ Asparagus officinalis L. subsp. officinalis landrace (?) MN - 6

Atriplice degli orti Atriplex hortensis L. subsp. hortensis coltura MI, PV, SO 123 3, 7 sottoutilizzata Bietola ‘Di Teglio’ Beta vulgaris L. subsp. vulgaris landrace (?) SO - 3

Borragine Borago officinalis L. coltura LOM - 7 sottoutilizzata Caffè amaro Fabaceae [specie non identificata] coltura BS - 4 sottoutilizzata Calvolfiore ‘Marzaiolo dei Colli Brassica oleracea L. cultivar obsoleta BG - 1 Bergamo’ Carciofo ‘Di Malegno’ Cynara cardunculus L. subsp. scolymus cultivar obsoleta (?) BS - 4 (L.) Hegi Carota bianca Pastinaca sativa L. subsp. sativa coltura LOM - 7 sottoutilizzata Cascellore comune Bunias erucago L. coltura PV 125 8, 9 sottoutilizzata Cavolo ‘Bianco’ Brassica oleracea L. cultivar obsoleta (?) BS - 4

Cavolo ‘Nero’ Brassica oleracea L. cultivar obsoleta (?) BS - 4

Cetriolo ‘Moscatello di Treviglio’ Cucumis sativus L. subsp. sativus cultivar obsoleta (?) BG - 1, 2, 32

Cicoria ‘Bianca di Bergamo’ Cichorium intybus L. cultivar obsoleta (?) BG - 1

Cicoria da radice ‘Di Soncino’ Cichorium intybus L. landrace BS, CR 44 5, 6

Cipolla ‘Di Brunate’ Allium cepa L. landrace CO 50 5

Cipolla ‘Di Rovato’ Allium cepa L. landrace (?) BS 50 22

Cipolla ‘Dorata di Voghera’ Allium cepa L. landrace, VC PV 46 5, 6, 9, 10, 20

34 2. La checklist delle risorse fitogenetiche tradizionali della Lombardia Nome comune Nome scientifico Categoria Distribuzione Pag. Fonti

Cipolla ‘Hspisighi’ Allium cepa L. landrace BS - 4

Cipolla ‘Paglierina di Sermide’ Allium cepa L. landrace MN 47 5, 6

Cipolla ‘Piatta di Bergamo’ Allium cepa L. cultivar obsoleta (?) BG 49 3

Cipolla ‘Piatta viola di Treviglio’ Allium cepa L. cultivar obsoleta (?) BG 49 1, 2

Cipolla ‘Ramata di Milano’ Allium cepa L. cultivar obsoleta LOM 50 20

Cipolla ‘Rossa di Breme’ Allium cepa L. landrace, VC PV 50 5, 6, 10, 20

Ciuenlai Cyclanthera pedata (L.) Schrad. coltura BS, CO 127 4 sottoutilizzata Cren Armoracia rusticana G.Gaertn., B.Mey. coltura LOM - 3 & Scherb. sottoutilizzata Fagiolino ‘Dello Zio Doro’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) BS 64 4

Fagiolo ‘Anellino dell’Oltrepò Pavese’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) PV 52 3

Fagiolo ‘Anellino di Valchiavenna’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) SO 53 3

Fagiolo ‘Aquila d’Oltrepò’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris landrace PV 55 3

Fagiolo ‘Bianco di Pietragavina’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) PV - 3

Fagiolo ‘Bobis della Val Codera’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) SO 56 3

Fagiolo ‘Borlotto della Val Codera’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) SO 57 3

Fagiolo ‘Borlotto di Gambolò’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris landrace, VC PV 59 5, 9, 10

Fagiolo ‘Borlotto di Vigevano’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta LOM 60 9, 10

Fagiolo ‘Borlotto nostrano’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) BS 58 4

Fagiolo ‘Brutti ma buoni’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) BS - 4

Fagiolo ‘Copafòm’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) BS 58 4

Fagiolo ‘Cornetto bianco di Edolo’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) BS 57 4

Fagiolo ‘Cornetto di Loritto’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) BS 68 4

Fagiolo ‘Cornetto mangiatutto di Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) BS 53 4 Ossimo’ Fagiolo ‘Cornetto torto’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) BS 54 4

Fagiolo dell’occhio ‘Di Castelgoffredo’ Vigna unguiculata (L.) Walp. landrace (?) MN - 3

Fagiolo dell’occhio ‘Di Pietragavina’ Vigna unguiculata (L.) Walp. landrace (?) PV 61 3

Fagiolo ‘Di Cevo’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) BS 66 4

2. La checklist delle risorse fitogenetiche tradizionali della Lombardia 35 Nome comune Nome scientifico Categoria Distribuzione Pag. Fonti

Fagiolo ‘Di Garda’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) BS 66 4

Fagiolo ‘Di San Giacomo Filippo’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) PV 63 3

Fagiolo di Spagna Phaseolus coccineus L. coltura BS, PV, SO 128 3, 4 sottoutilizzata Fagiolo ‘Di Sussia’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) BG 58 4

Fagiolo ‘Di Zazza’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) BS - 4

Fagiolo ‘Dihiplì’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) BS 70 4

Fagiolo ‘Dorato di Valchiavenna e Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) SO 64 3 Valtellina’ Fagiolo ‘Emma’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) SO 64 4

Fagiolo ‘Gabinón’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) SO 66 3

Fagiolo ‘Guàt giallo’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) SO 67 3

Fagiolo ‘Mascherino di Pozzallo’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris landrace PV 69 3

Fagiolo ‘Rosso di Pietragavina’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) PV 70 3

Fagiolo ‘Sargentone di Valvestino’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) BS 70 3

Fagiolo ‘Viola di Romagnese’ Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris cultivar obsoleta (?) PV 71 3

Fava ‘Di Montagna’ Vicia faba L. landrace (?) BS - 4

Fragola aromatica Fragaria moschata Weston coltura LOM - 7 sottoutilizzata Fragolina di bosco Fragaria vesca L. subsp. vesca coltura LOM - 7 sottoutilizzata Frumento tenero ‘Rosso Olona’ Triticum aestivum L. subsp. aestivum cultivar obsoleta PV - 3

Grano saraceno ‘Curunin’ Fagopyrum esculentum Moench landrace SO 73 4

Grano saraceno ‘Nustran’ Fagopyrum esculentum Moench landrace SO 72 4

Grano saraceno siberiano ‘Valtellinese’ Fagopyrum tataricum (L.) Gaertn. landrace SO 74 4

Luffa cilindrica Luffa aegyptiaca Mill. coltura CR 137 3 sottoutilizzata Mais ‘Bec bianc’ Zea mays L. subsp. mays landrace BG - 3

Mais ‘Bianco quarantino’ Zea mays L. subsp. mays landrace BG 74 3

Mais ‘Carlùn’ Zea mays L. subsp. mays landrace CO, SO - 3, 11

Mais ‘Cinquantino’ Zea mays L. subsp. mays landrace BG - 26

36 2. La checklist delle risorse fitogenetiche tradizionali della Lombardia Nome comune Nome scientifico Categoria Distribuzione Pag. Fonti

Mais ‘Dencìn della Martesana’ Zea mays L. subsp. mays landrace MI - 11

Mais ‘Dencìn della Valle del Ticino’ Zea mays L. subsp. mays landrace MI - 11

Mais ‘Dentato bianco di Novate Zea mays L. subsp. mays cultivar obsoleta (?) SO - 3 Mezzola’ Mais ‘Di Brumano’ Zea mays L. subsp. mays landrace BG - 11

Mais ‘Di Vassalini’ Zea mays L. subsp. mays landrace SO - 3

Mais ‘Ganassina’ Zea mays L. subsp. mays landrace MI 75 3

Mais ‘Giallo tondo San Pancrazio’ Zea mays L. subsp. mays cultivar obsoleta BS - 26

Mais ‘Locale Fiorine’ Zea mays L. subsp. mays landrace BG - 4

Mais ‘Marano’ Zea mays L. subsp. mays cultivar obsoleta LOM 76 3, 26

Mais ‘Marano del Lago d’Iseo’ Zea mays L. subsp. mays landrace SO - 11

Mais ‘Nero spinoso’ Zea mays L. subsp. mays landrace, VC BS 78 11, 26

Mais ‘Nostrano dell’Isola di Samolaco’ Zea mays L. subsp. mays cultivar obsoleta (?) SO - 3

Mais ‘Nostrano dell’Isola di San Zea mays L. subsp. mays cultivar obsoleta (?) SO - 3 Cassiano’ Mais ‘Nostrano dell’Isola’ Zea mays L. subsp. mays cultivar obsoleta (?) BG 141 26

Mais ‘Nostrano locale’ Zea mays L. subsp. mays landrace VA 86 12, 26

Mais ‘Ol nost’ Zea mays L. subsp. mays landrace BG - 3

Mais ‘Orobico brembano’ Zea mays L. subsp. mays landrace BG - 4, 26

Mais ‘Ottofile bianco mantovano’ Zea mays L. subsp. mays landrace CR, MN 75 4

Mais ‘Ottofile del Pavese’ Zea mays L. subsp. mays landrace PV 79 9

Mais ‘Ottofile di Codera’ Zea mays L. subsp. mays landrace SO 82 3

Mais ‘Ottofile mantovano’ Zea mays L. subsp. mays landrace CR, MN - 4

Mais ‘Quarantino del Garda’ Zea mays L. subsp. mays landrace BS - 25

Mais ‘Quarantino dell’Oglio’ Zea mays L. subsp. mays landrace BS - 4, 23, 26

Mais ‘Rosso cinquantino’ Zea mays L. subsp. mays landrace BG - 3

Mais ‘Rosso di Brescia’ Zea mays L. subsp. mays landrace CR, MN - 11

Mais ‘Rostrato di Cantello’ Zea mays L. subsp. mays landrace VA - 11, 26

Mais ‘Rostrato di Bregnano’ Zea mays L. subsp. mays landrace CO - 3

Mais ‘Rostrato di Mortara’ Zea mays L. subsp. mays landrace PV - 11

2. La checklist delle risorse fitogenetiche tradizionali della Lombardia 37 Nome comune Nome scientifico Categoria Distribuzione Pag. Fonti

Mais ‘Rostrato di Sorico’ Zea mays L. subsp. mays landrace CO - 11

Mais ‘Rostrato di Val Chiavenna’ Zea mays L. subsp. mays landrace SO 83 11, 26

Mais ‘Rostrato giallo di Prata Zea mays L. subsp. mays landrace SO - 11 Camportaccio’ Mais ‘Rostrato rosso di pianura’ Zea mays L. subsp. mays landrace BG - 11, 26

Mais ‘Rostrato rosso di Rovetta’ Zea mays L. subsp. mays landrace, VC BG 84 11, 26

Mais ‘Sacra Famiglia’ Zea mays L. subsp. mays cultivar obsoleta BS - 26

Mais ‘Scagliolo di Carenno’ Zea mays L. subsp. mays landrace, VC BG, LC 85 13, 26

Mais ‘Sciapilù’ Zea mays L. subsp. mays landrace BS - 25

Mais ‘Spinato di Gandino’ Zea mays L. subsp. mays landrace, VC BG 87 11, 26

Mais ‘Spinus’ Zea mays L. subsp. mays landrace BS - 25

Mais ‘Tajolone’ Zea mays L. subsp. mays landrace CR 142 4, 23, 26

Mais ‘Türc’ Zea mays L. subsp. mays landrace SO - 11

Mais ‘Tuscanel’ Zea mays L. subsp. mays landrace SO 78 3

Mais da popcorn ‘Della famiglia Zea mays L. subsp. mays landrace MN 143 14 Mossini’ Mais da popcorn ‘Di Torre d’Isola’ Zea mays L. subsp. mays landrace PV 143 3

Mais da popcorn ‘Nero di San Martino Zea mays L. subsp. mays landrace PV 143 3 Siccomario’ Mais da popcorn ‘Perla di Quarona’ Zea mays L. subsp. mays landrace CR 143 3

Mais da popcorn ‘Variegato di San Zea mays L. subsp. mays landrace PV 143 3 Martino Siccomario’ Melone ‘Banana Santa Vittoria’ Cucumis melo L. subsp. melo landrace, VC CR, MN 88 6, 21

Melone ‘Moscatello’ Cucumis melo L. subsp. melo landrace CR 92 6

Melone ‘Piccola Zatta di Caravaggio’ Cucumis melo L. subsp. melo landrace BG 91 1

Melone ‘Ramparén’ Cucumis melo L. subsp. melo landrace CR, MN 93 3

Melone ‘Retato di Calvenzano’ Cucumis melo L. subsp. melo landrace BG 92 6

Melone ‘Rognoso’ Cucumis melo L. subsp. melo landrace MN, PV 90 6, 9

Melone ‘Vecchio viadanese’ Cucumis melo L. subsp. melo landrace CR, MN 91 6, 33

Orzo ‘Di Pedenosso’ Hordeum vulgare L. subsp. vulgare landrace (?) SO - 4, 24

Orzo ‘Di Vezza’ Hordeum vulgare L. subsp. vulgare landrace (?) BS - 4, 24

38 2. La checklist delle risorse fitogenetiche tradizionali della Lombardia Nome comune Nome scientifico Categoria Distribuzione Pag. Fonti

Orzo distico estivo ‘Dumega’ Hordeum vulgare L. subsp. vulgare landrace (?) SO - 3

Panico Setaria italica (L.) P.Beauv. subsp. italica coltura SO - 3 sottoutilizzata Patata ‘Bianca di Campodolcino’ Solanum tuberosum L. landrace SO 93 3

Patata ‘Bianca di Como’ Solanum tuberosum L. landrace CO, LC, MB 96 5

Patata ‘Blu di Valtellina’ Solanum tuberosum L. landrace SO 98 15

Patata ‘Di Bossico’ Solanum tuberosum L. cultivar obsoleta (?) BG 97 4

Patata ‘Di Schilpario’ Solanum tuberosum L. cultivar obsoleta (?) BG 97 4

Patata ‘Quarantina bianca genovese’ Solanum tuberosum L. landrace PV 100 3

Patata ‘Rossa dell’Oltrepò Pavese’ Solanum tuberosum L. cultivar obsoleta (?) PV 101 3

Patata ‘Rossa di Campodolcino’ Solanum tuberosum L. landrace SO 102 3

Patata ‘San Carlo’ Solanum tuberosum L. cultivar obsoleta (?) BS 97 4

Peperone ‘A uovo’ Capsicum annuum L. landrace PV 104 3

Peperone ‘Bianco mantovano’ Capsicum annuum L. landrace CR, MN 105 16

Peperone ‘Carnosissimo di Remondò’ Capsicum annuum L. landrace (?) PV 108 3

Peperone ‘Di Voghera’ Capsicum annuum L. landrace PV 106 5, 9, 10

Peperone ‘Sigaretta di Bergamo’ Capsicum annuum L. cultivar obsoleta BG - 29

Pisello ‘Precoce di Miradolo’ Lathyrus oleraceus Lam. subsp. landrace (?) PV - 3, 31 oleraceus Pomodoro ‘Cornue des Andes’ Solanum lycopersicum L. cultivar obsoleta BG - 27, 29

Pomodoro ‘Costoluto di Lenno’ Solanum lycopersicum L. cultivar obsoleta (?) CO - 34

Pomodoro ‘Liberty Bell’ Solanum lycopersicum L. cultivar obsoleta PV 108 9

Pomodoro ‘Luigia’ Solanum lycopersicum L. cultivar obsoleta (?) VA 110 4

Pomodoro ‘Tumatica giganta’ Solanum lycopersicum L. cultivar obsoleta (?) PV 109 3

Pomodoro ‘Tumatica gròsa’ Solanum lycopersicum L. cultivar obsoleta (?) PV 109 3

Radicchio ‘Bianco mantovano’ Cichorium intybus L. landrace MN - 30, 32

Radicchio ‘Rosa mantovano’ Cichorium intybus L. landrace MN - 30, 32

Rapa ‘Bianca lodigiana’ Brassica rapa L. subp. rapa cultivar obsoleta LOM - 3, 20

Rapa ‘Di Lozio’ Brassica rapa L. subsp. rapa cultivar obsoleta (?) BS - 4

2. La checklist delle risorse fitogenetiche tradizionali della Lombardia 39 Nome comune Nome scientifico Categoria Distribuzione Pag. Fonti

Rapa ‘Di Milano bianca a colletto Brassica rapa L. subsp. rapa cultivar obsoleta LOM 44 20 viola’ Raperonzolo Campanula rapunculus L. coltura PV 131 3 sottoutilizzata Riso ‘Bertone’ Oryza sativa L. subsp. sativa cultivar obsoleta, LOM 111 17 VC Riso ‘Chinese originario’ Oryza sativa L. subsp. sativa cultivar obsoleta, LOM 111 17 VC Riso ‘Chinese ’ Oryza sativa L. subsp. sativa cultivar obsoleta, LOM 111 17 VC Riso ‘Dellarole’ Oryza sativa L. subsp. sativa cultivar obsoleta, LOM 111 17 VC Riso ‘Lomello’ Oryza sativa L. subsp. sativa cultivar obsoleta, PV 110 9, 18 VC Riso ‘Nano’ Oryza sativa L. subsp. sativa cultivar obsoleta, LOM 111 17 VC Riso ‘Precoce 6’ Oryza sativa L. subsp. sativa cultivar obsoleta, LOM 111 17 VC Riso ‘Precoce Gallina’ Oryza sativa L. subsp. sativa cultivar obsoleta, LOM 111 17 VC Riso ‘Vialone nero’ Oryza sativa L. subsp. sativa cultivar obsoleta, PV 112 9, 17 VC Scarola ‘Dei colli’ Cichorium endivia L. subsp. endivia cultivar obsoleta (?) BG - 1

Sedano di montagna Levisticum officinale W.D.J.Koch coltura BS - 19 sottoutilizzata Segale ‘Di Doverio’ Secale cereale L. subsp. cereale landrace (?) BS - 4, 24

Segale ‘Invernale di Teglio’ Secale cereale L. subsp. cereale landrace (?) SO - 3

Spinacio della Nuova Zelanda Tetragonia tetragonoides (Pall.) Kuntze coltura PV, SO 132 3 sottoutilizzata Spinacio ‘Nostrano’ Spinacia oleracea L. cultivar obsoleta (?) BS - 4

Zucca ‘Berrettina di Lungavilla’ Cucurbita maxima Duchesne subsp. landrace PV 114 9, 10 maxima Zucca ‘Bertagnina di Dorno’ Cucurbita maxima Duchesne subsp. landrace PV 115 9 maxima Zucca ‘Bomba d’America’ Cucurbita pepo L. subsp. pepo landrace PV 115 9

40 2. La checklist delle risorse fitogenetiche tradizionali della Lombardia Nome comune Nome scientifico Categoria Distribuzione Pag. Fonti

Zucca ‘Cappello da prete mantovana’ Cucurbita maxima Duchesne subsp. landrace, VC MN 117 5, 20 maxima Zucca ‘Mantovana’ Cucurbita maxima Duchesne subsp. landrace CR, MN 118 23 maxima Zucca ‘Piacentina’ Cucurbita maxima Duchesne subsp. landrace CR, PV 118 3 maxima Zucca ‘Súcca americana’ Cucurbita moschata Duchesne landrace (?) CR, MN - 35

Zucca ‘Tonda padana’ Cucurbita pepo L. subsp. pepo landrace CR, MN 119 3, 20

Zucca ‘Tromba da Careas’ Cucurbita moschata Duchesne landrace BG - 28, 29

Zucca da foraggio ‘Della bassa Cucurbita maxima Duchesne subsp. cultivar obsoleta (?) SO - 3 Valchiavenna’ maxim Zucca da mostarda Lagenaria siceraria (Molina) Standl. coltura PV 133 9 sottoutilizzata Zucca spinosa Sicyos edulis Jacq. coltura MI, PV 136 3 sottoutilizzata Zucchino ‘Nano verde di Milano’ Cucurbita pepo L. subsp. pepo cultivar obsoleta LOM 120 20

7. Hammer K., Knüppfer H., Laghetti G., Perrino P. (1999), Bibliografia Seeds from the Past. A Catalogue of Crop Germplasm in Central and North Italy, Bari, Germplasm Institute of C.N.R. 1. Orto Botanico di Bergamo L. Rota (2017), Le varietà 8. Ardenghi N.M.G., Ballerini C., Bodino S., Cauzzi P., Guz- tipiche locali [pannelli interpretativi realizzati nell’am- zon F. (2017), “Lándar,” “Lándra,” “Barlánd” (Bunias eru- bito del progetto “Bergamo – Hub urbano dell’agri- cago L.): a Neglected Crop from the Po Plain (Northern coltura biodiversa”]. Italy), «Economic Botany», 71(3), pp. 288-295. 2. Monzio Compagnoni M. (2014), Le storiche produzioni 9. Guzzon F., Ardenghi N.M.G., Bodino S., Tazzari E.R.. Ros- ortofrutticole trevigliesi, URL: [consultato il 19/10/2019]. 10. Camera di Commercio Pavia (2009), Buono a sapersi. 3. Indagini etnobotaniche inedite condotte dalla Banca Una provincia da gustare, Pavia, Genova, Sagep Ed- del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia. itori. 4. Unimont (2019), Agrobiodiversità vegetale, URL: 11. Ardenghi N.M.G., Rossi G., Guzzon F. (2018), Back to [consultato beaked: Zea mays subsp. mays Rostrata Group in north- il 19/10/2019]. ern Italy, refugia and revival of open-pollinated maize 5. ERSAF, Regione Lombardia (2017), Atlante dei prodotti landraces in an intensive cropping system, «PeerJ», e5123. della Lombardia, Milano, Regione Lombardia. 12. Libera Associazione Besnate (2015), Il mais nostrano 6. Regione Lombardia Agricoltura, CRA Istituto Sperimen- locale di Besnate. Una storia poco conosciuta, URL: tale per l’Orticoltura (2005), Recupero e valorizzazione [consultato il 16/10/2019].

2. La checklist delle risorse fitogenetiche tradizionali della Lombardia 41 13. Comunità Montana Lario Orientale Valle San Marti- e cremonese, Mantova, Sistema Mantova per Expo 2015. no (2019), Il Mais Scagliolo di Carenno, URL:

42 2. La checklist delle risorse fitogenetiche tradizionali della Lombardia 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete

Sommario 10. Fagiolo ‘Borlotto della Val Codera’ In questo capitolo sono presentate 51 schede descrittive 11. Fagiolo ‘Borlotto di Gambolò’ (VC) delle principali varietà locali (landrace) e cultivar obsolete 12. Fagiolo ‘Borlotto di Vigevano’ lombarde. 13. Fagiolo dell’occhio ‘Di Pietragavina’ 14. Fagiolo ‘Di San Giacomo Filippo’ 15. Fagiolo ‘Dorato di Valchiavenna e Valtellina’ 16. Fagiolo ‘Gabinón’ La trattazione si basa su ricerca bibliografica (con 17. Fagiolo ‘Guàt giallo’ riferimenti riportati alla fine di ogni scheda) e su 18. Fagiolo ‘Mascherino di Pozzallo’ dati originali reperiti tramite indagini etnobo- 19. Fagiolo ‘Rosso di Pietragavina’ taniche sul territorio. Per ogni entità si è voluto 20. Fagiolo ‘Viola di Romagnese’ sottolineare la storia, il legame con i prodotti 21. Grano saraceno ‘Nustran’ alimentari locali e lo status di conservazione. Il 22. Mais ‘Bianco quarantino’ simbolo “VC” indica le entità registrate presso il 23. Mais ‘Ganassina’ MIPAAF come varietà da conservazione. 24. Mais ‘Marano’ Nel presente capitolo sono presentate le se- 25. Mais ‘Nero spinoso’ (VC) guenti entità: 26. Mais ‘Ottofile del Pavese’ 27. Mais ‘Ottofile di Codera’ 1. Cicoria da radice ‘Di Soncino’ 28. Mais ‘Rostrato di Val Chiavenna’ 2. Cipolla ‘Dorata di Voghera’ (VC) 29. Mais ‘Rostrato rosso di Rovetta’ (VC) 3. Cipolla ‘Paglierina di Sermide’ 30. Mais ‘Scagliolo di Carenno’ (VC) 4. Cipolla ‘Piatta di Bergamo’ 31. Mais ‘Spinato di Gandino’ (VC) 5. Cipolla ‘Rossa di Breme’ (VC) 32. Melone ‘Banana Santa Vittoria’ 6. Fagiolo ‘Anellino dell’Oltrepò Pavese’ 33. Melone ‘Rognoso’ 7. Fagiolo ‘Anellino di Valchiavenna’ 34. Melone ‘Vecchio viadanese’ 8. Fagiolo ‘Aquila d’Oltrepò’ 35. Patata ‘Bianca di Campodolcino’ 9. Fagiolo ‘Bobis della Val Codera’ 36. Patata ‘Bianca di Como’

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 43 Figura 3.1. Tavola di Adolphe 49. Zucca ‘Bertagnina di Dorno’ Millot tratta 50. Zucca ‘Cappello da prete mantovana’ dall’enciclopedia 51. Zucca ‘Tonda padana’ Larousse Universel en 2 volumes di Claude Augé 1. Nome: cicoria da radice ‘Di Soncino’ (1922), che illustra alcuni dei principali ortaggi dell’epoca. Sinonimi: grögn spadón, radici di Soncino, radìs, Tra questi sono ravéla meritevoli di attenzione (dall’alto Nome scientifico: Cichorium intybus L. al basso) la patata viola ‘Quarantaine violette’ (una delle Famiglia: Asteraceae prime patate viola a essere state commerciate), la Categoria: landrace rapa “navet plat” (affine alla rapa Descrizione: pianta erbacea perenne, dotata di ‘Di Milano bianca a colletto viola’), radice a fittone ingrossato, che è lunga circa 40 il fagiolo “haricot cm e larga 2-3 cm, più o meno cilindrica, irregola- mangetout” (simile re, di colore paglierino, inodore e dal sapore leg- al ‘Trionfo violetto’), la zucca ‘Turbante germente amarognolo. Le foglie, dentate e spar- turco’ (“Potiron samente pelose, sono raggruppate in rosetta al di turban”), un’anguria sopra della radice. I fiori sono riuniti in un’infio- molto simile a rescenza a capolino costituita da ligule azzurre. I quella da mostarda (“Pastèque”) e un frutti (comunemente chiamati “semi”) sono ache- melone del gruppo ni, lunghi 2-3 mm, subcilindrici, con apice tronco Cantalupensis sormontato da un pappo di squame molto corte. (“Melon cantaloup”) verrucoso come un melone ‘Rognoso’ Storia: la cicoria da radice ‘Di Soncino’ appartiene (immagine tratta al gruppo di cultivar Sativum, di cui fanno parte da commons. wikimedia.org, di 37. Patata ‘Blu di Valtellina’ tutte le cicorie a fittone ingrossato derivanti dalla pubblico dominio). 38. Patata ‘Quarantina bianca genovese’ cosiddetta “cicoria di Magdeburgo”, tradizional- 39. Patata ‘Rossa dell’Oltrepò Pavese’ mente impiegata in alcuni Paesi europei (ad esem- 40. Patata ‘Rossa di Campodolcino’ pio Olanda e Francia) come succedaneo del caffè 41. Peperone ‘A uovo’ sin dal tardo XVI secolo e tornata in auge dopo il 42. Peperone ‘Bianco mantovano’ Blocco Continentale napoleonico (1806-1814). La 43. Peperone ‘Di Voghera’ cicoria ‘Di Soncino’, secondo un racconto della si- 44. Pomodoro ‘Liberty Bell’ gnora Elisabetta Grazioli (classe 1907), sarebbe sta- 45. Pomodoro ‘Tumatica giganta’ ta introdotta a Soncino nel 1906 da un suo parente, 46. Riso ‘Lomello’ (VC) Carlo, agente della famiglia dei conti Galatino, che, 47. Riso ‘Vialone nero’ (VC) dopo un viaggio a Genova per acquistare bulbi di 48. Zucca ‘Berrettina di Lungavilla’ tulipano, portò con sé i semi di una cicoria prove-

44 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete niente dall’Olanda. La pianta venne seminata nel 1907 come cicoria da taglio, ma presto l’interesse dei Grazioli si rivolse alla grossa radice bianca, che risultò gustosa, benché amara, quando lessata e condita con olio e aceto. L’ortaggio riscosse suc- cesso in paese e ben presto si diffuse in tutta l’Italia settentrionale (nel 1969 a Soncino se ne produceva- no circa 100.000 quintali). La cicoria da radice è un ortaggio storicamente presente in Lombardia: com- pare infatti a mo’ di barba (con tanto di foglie basa- li) nel dipinto “L’ortolano” (o “Scherzo di ortaggi”) di Giuseppe Arcimboldo (o Arcimboldi), realizzato tra il 1587 e il 1590 dopo il suo rientro a Milano da Praga, e in “Natura morta con rape, cardo, mazzo di radici ed aglio” di Pietro Martire Alberti (ca. 1621).

Località di coltivazione: le radici più apprezzate sono quelle coltivate in alcune frazioni di Soncino ti sperimentati anche grappa, miele e vino dolce Figura 3.2. Cicoria da (Fontanella, Gallignano e Isengo), i cui terreni, leg- aromatizzati alla radice ‘Di Soncino’. radice ‘Di Soncino’ (foto e grafica di germente sabbiosi, conferiscono a questo ortaggio M. Canella). il caratteristico sapore amarognolo. La sua coltiva- Coltivazione: la semina avviene in terreni conci- zione è consentita anche nell’area compresa tra Fie- mati con stallatico, generalmente nel mese di lu- sco e Soresina (Cremona) a ovest del fiume Oglio, e glio. Le radici si raccolgono dall’inizio dell’autun- Lograto, Manerbio, Brandico e Dello (Brescia) a est. no fino alla primavera successiva (fino agli anni ’60 del Novecento veniva impiegato un piccone Status di conservazione: la cicoria da radice ‘Di dotato di penna molto lunga), la semente, inve- Soncino’ è ancora oggi coltivata da diverse azien- ce, a giugno-luglio. de di Soncino e del Bresciano. Fa parte dei Pro- dotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Note: il termine “grögn spadón”, usato nel Casa- Lombardia (PAT). I suoi semi (donati dall’Azien- lasco per indicare la cicoria da radice ‘Di Sonci- da Agricola “Il Bambi” di Soncino) sono conser- no’ [testimonianza del dr. Graziano Ardenghi di vati presso la Banca del Germoplasma Vegetale Stradella (Pavia), classe 1956, originario di Casal- dell’Università di Pavia. maggiore e della madre, sig.ra Lidia Bini, 1929- 2012], in passato si applicava anche a un’altra Usi culinari: le radici ‘Di Soncino’ vengono tradi- asteracea coltivata per i fittoni ingrossati, Trago- zionalmente consumate come contorno grade- pogon porrifolius L. (ma probabilmente anche volmente amaro: tagliate a pezzetti o a rondelline, all’affine T. eriospermus Ten.), meglio noto come vengono lessate in acqua salata (con l’aggiunta di scorzobianca o salsifì; oggi è solamente raccolto poco aceto) e infine condite con olio e aceto (o in natura dagli appassionati di piante spontanee limone). Si possono altresì gratinare o conservare, mangerecce. Lo stesso avveniva in Lombardia per previa bollitura, sott’olio. Recentemente sono sta- Scorzonera hispanica L., conosciuta in italiano

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 45 * * *

2. Nome: cipolla ‘Dorata di Voghera’

Nome scientifico:Allium cepa L.

Famiglia: Amaryllidaceae

Categoria: landrace; varietà da conservazione

Descrizione: la cipolla ‘Dorata di Voghera’ è una varietà di cipolla a giorno lungo. Le cipolle appartenenti a questa categoria vengono semi- nate in inverno o in primavera e necessitano di 14-16 ore al giorno di luce; al contrario, le varietà a giorno corto sono seminate a fine estate e ne- cessitano 12 ore di luce per l’accrescimento del Figura 3.3. Bulbo come scorzonera (Fig. 3.1). Il rafano, cren o bar- bulbo. La cipolla ‘Dorata di Voghera’ è caratteriz- di cipolla ‘Dorata baforte (Armoracia rusticana G.Gaertn., B.Mey. zata da bulbi dalla forma a trottola leggermente di Voghera’, visto dall’alto e in sezione & Scherb.), della famiglia Brassicaceae, è invece schiacciata, con un diametro di circa 6-7 cm. Il co- longitudinale ancora oggi coltivato nelle valli alpine per la sua lore è giallo-dorato intenso. mediana (foto di C. radice dal sapore piccante. Ballerini, grafica di M. Canella). Storia: la cipolla è una coltura di origine asiatica. Bibliografia La cipolla ‘Dorata di Voghera’ era coltivata negli ERSAF, Regione Lombardia (2017), Atlante dei prodotti del- orti del Vogherese sin dal XIX secolo, in rotazio- la Lombardia, Milano, Regione Lombardia. ne a cereali e foraggi, garantendo buona pro- Farneti R. (1892), Frutti freschi e secchi, ortaggi, Milano, Fratelli Dumolard Editori. duttività e resistenza ai patogeni. Le sue caratte- Ferrari V. (2016), Lessico botanico popolare della provincia ristiche positive hanno fatto sì che semi di questa di Cremona dialettale, etimologico, «Monografie di Pi- varietà di cipolla fossero esportati a Parma nel anura», 11, pp. 1-135. 1896 dove hanno dato origine alla famosa ci- Guidorzi A., Occhio F. (1996), Gusto amaro… …salute natu- polla ‘Dorata di Parma’, che è ancora oggi nota rale, Soncino, Pro Loco Soncino. come “Pavesa”. Così come per la maggior parte Kriegeskorte W. (2004), Arcimboldo, Los Angeles, Taschen. Lucchin M., Varotto S., Barcaccia G., Parrini P. (2008), Chico- delle varietà locali, l’introduzione di varietà mo- ry and Endive, in: Prohens J., Nuez F. (eds.), Handbook of derne più produttive ha portato a un declino Plant Breeding, Vegetables I: Asteraceae, Brassicaceae, nella coltivazione di questa varietà, che fortuna- Chenopodicaceae, New York, Springer, pp. 1-46. tamente sta vivendo un processo di riscoperta, Miscioscia A. (2015), Scherzo di ortaggi (L’Ortolano). Ar- iniziato dagli anni ’90 del secolo scorso, grazie al cimboldi, Giuseppe, in: LombardiaBeniCulturali, URL: [consultato il 18/10/2019]. ra” e alla presenza sul territorio di stabilimenti Paliaga F. (2000), Vincenzo Campi: scene del quotidiano, specializzati nel suo packaging e distribuzione Milano, Skira. anche nella grande distribuzione alimentare.

46 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Balduzzi E., G. Conti (2015), Ricettario tradizionale della Lo- Località di coltivazione: nei comuni di Voghera, mellina e del Pavese, Voghera, Libreria Ticinum. Casei Gerola, Silvano Pietra e Montebello della Regione Lombardia (2017), Cipolla dorata di Voghera. In: Battaglia, nell’Oltrepò Pavese oltre a Pontecuro- Schede descrittive delle varietà ortive da conservazi- ne in provincia di Alessandria. one, URL: [consul- tato il 10/12/2019]. Status di conservazione: è uno dei prodotti del Paniere Pavese oltre ad avere un marchio De.Co. * * * La cipolla ‘Dorata di Voghera’ è iscritta alla sezione “Varietà da conservazione” del Registro nazionale 3. Nome: cipolla ‘Paglierina di Sermide’ delle varietà da conservazione (codice 3718) con decreto del MIPAAF del 12 ottobre 2015. Cam- Sinonimi: Bionda di Sermide, Dorata di Sermide pioni di semi sono conservati presso la Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia. È Nome scientificoAllium cepa L. inoltre elencata tra i PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) della Lombardia. Categoria: landrace

Usi culinari: caratterizzata da elevata pungenza Famiglia Amaryllidaceae e ottima conservabilità, si presta a svariati usi cu- linari: cruda per insalata, nei soffritti, al vapore, Descrizione la ‘Paglierina di Sermide’ è una al gratin, fritta ad anelli, in zuppe e focacce. cipolla medio-precoce, a giorno intermedio (la produzione di bulbi avviene nei giorni in Coltivazione: è coltivata principalmente in ter- cui il periodo di luce dura 12-14 ore). Il bulbo reni argillosi dotati di sufficiente sostanza orga- è di grandi dimensioni, con diametro da 50 a nica e livelli elevati di fosforo. Viene coltivata 80 mm e un peso che raggiunge i 150-200 g, di in rotazioni di cinque anni con cereali e piante forma a trottola-globoso; raramente è diviso foraggere. La semina avviene nella prima deca- in bulbilli. È ricoperto da una buccia (tuniche de di febbraio. Fondamentale è l’irrigazione, da esterne) mediamente persistente, di colore effettuare nelle ore più fresche del dì o di notte, giallo paglierino. Le foglie sono erette e me- che va però sospesa due settimane prima della diamente glaucescenti, con piegatura apicale raccolta, che avviene nel mese di luglio. I bulbi, lieve o assente. dopo l’estirpazione, vengono lasciati in andane, cumuli longitudinali in campo, per almeno una Storia: questa pregiata landrace è stata abban- settimana fino all’essicazione di radici e parti donata negli anni ’80 del Novecento in favore aeree. di cultivar moderne, più adatte al mercato. La sua conservazione è infatti limitata a tre-quat- Bibliografia tro mesi dalla raccolta, caratteristica che ne AA.VV. (2017), Atlante dei prodotti della Lombardia, Regi- rende difficile il trasporto e lo stoccaggio. Nello one Lombardia, ERSAF. stesso decennio, nel 1981, il comune di Sermi- AA.VV. (2013), Frutta e buoi... quaderno della biodiversità agricola parmense, Provincia di Parma. de ha bandito il concorso per cuochi “Cipolla Camera di Commercio Pavia (2009), Buono a sapersi. Una d’Oro”, votato a valorizzare questo prezioso e provincia da gustare. Pavia, Genova, Sagep Editori. minacciato prodotto locale. Nel 2008 l’attuale

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 47 finale di una decina di quintali l’anno. Il seme viene conservato ex situ presso la Banca del Ger- moplasma Vegetale dell’Università di Pavia, per un totale di 30.000 semi.

Usi culinari: questa cipolla è un ingrediente es- senziale per la preparazione del “tiròt”, una fo- caccia a base di farina di grano tenero, strutto e cipolle, tirata a mano direttamente nella teglia (da cui qui il suo nome). Questo piatto povero, adatto ai lavoratori dei campi, era conosciuto in due varianti: il “tìrot” di Felonica, sottile e mor- bido, abbondantemente condito con strutto e cipolla, e il “tìrot” sermidese, più spesso e salato, con meno strutto (Presidio Slow Food).

Coltivazione: essendo una cipolla medio-preco- ce, i bulbilli vengono messi a dimora in autunno e il raccolto viene effettuato in luglio. Il terreno di crescita influisce fortemente sul sapore: suoli Figura 3.4. Cipolla Unità di ricerca per l’Orticoltura (CRA-ORL) di argillosi conferiscono un gusto pungente men- ‘Paglierina di Montanaso Lombardo (Lodi) ha fornito la se- tre un substrato sabbioso porta a un prodotto Sermide’ (foto di C. Ballerini, grafica di mente per riprendere la coltivazione di questa dolce. M. Canella). entità, recentemente iscritta da Slow Food nel registro “Arca del Gusto”. Dal 2014 è possibile visitare il Museo della Cipolla di Sermide, custo- Bibliografia de e promotore della cultura rurale del Man- Dall’Ara R. (1995), Sapori Mantovani. Collezioni mantovane, Finale Emilia, Edizioni CDL n.s.c. tovano. ERSAF, Regione Lombardia (2017), Atlante dei prodotti del- la Lombardia, Milano, Regione Lombardia. Località di coltivazione: oltre a Sermide (Man- Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus (2019), tova), la coltivazione di questa cipolla verosimil- Cipolla di Sermide, URL: [consultato il 20/10/2019]. Regione Lombardia Agricoltura, CRA Istituto Sperimen- franco, nel Mantovano fino a Pi- tale per l’Orticoltura (2005), Recupero e valorizzazione lastri di Bondeno nel Ferrarese. Attualmente la di varietà “tradizionali” orticole lombarde. Rapporto di coltivazione è limitata a Sermide e a Felonica. ricerca, Regione Lombardia. Villani F. (1981), La cipolla diventa d’oro, «Gazzetta di Man- Status di conservazione: la conservazione on tova» del 30 settembre 1981. farm può considerarsi critica: la ‘Paglierina di Sermide’ è coltivata presso un’unica azienda * * * agricola, “Corte Gardinala”, per un prodotto

48 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 4. Nome: cipolla ‘Piatta di Bergamo’

Sinonimi: Di Bergamo, Piatta bergamasca, Rosa- ta di buona guardia

Nome scientifico:Allium cepa L.

Famiglia Amaryllidaceae

Categoria: cultivar obsoleta (?)

Descrizione: la ‘Piatta di Bergamo’ è una cipolla medio-tardiva, caratterizzata da bulbo di gran- di dimensioni, appiattito e ricoperto da buccia (tuniche esterne) da ramato intenso a viola; la polpa (tuniche interne) è consistente, di colore bianco e soffusa di rosa. sementiero ed è coltivata dall’Orto Botanico di Figura 3.5. Cipolla Bergamo “Lorenzo Rota” e dal sig. Alfredo Ver- ‘Piatta di Bergamo’ (foto di M. Schiavi). Storia: è con ogni probabilità la cipolla ‘Piatta zeri a Viandasso di Ranica (Bergamo). roseo-paglierina della Lombardia’ citata e illu- strata da Rodolfo Farneti nel 1892, distinta per la Usi culinari: molto versatile in cucina, si presta sua capacità di conservarsi molto bene durante a essere utilizzata cruda in insalata, oppure cot- la stagione invernale. Grazie a questa caratteri- ta per la preparazione di antipasti, primi piatti, stica, la ‘Piatta di Bergamo’, già negli anni ’40 del torte salate, frittate o in accompagnamento ai Novecento, veniva coltivata per l’esportazione. secondi. È inoltre impiegata per i sottaceti. La sua commercializzazione prosegue tutt’oggi, sebbene sia stata in larga parte rimpiazzata da Coltivazione: la semina avviene in febbraio, cultivar più produttive. mentre la raccolta ad agosto, dopo la quale i bul- bi vengono lasciati essiccare al sole in pieno cam- Una cipolla appiattita e paglierina costituisce la po. Si conserva in un luogo asciutto e ombroso guancia de “L’ortolano” (o “Scherzo di ortaggi”) (tradizionalmente i solai delle cascine) da agosto di Giuseppe Arcimboldo (o Arcimboldi), realizza- a febbraio senza germogliare. to tra il 1587 e il 1590, a testimonianza dell’antica diffusione di questa tipologia di ortaggio. Note: la ‘Piatta di Bergamo’ non è da confondere con la conterranea ‘Piatta viola di Treviglio’ (Fi- Località di coltivazione: questa presunta landra- gura 1.1), dotata di bulbi a buccia rosso-violacea. ce è originaria della provincia di Bergamo. Agli inizi del Novecento (e in particolare durante gli anni ’20) era estesamente coltivata sul territo- Status di conservazione: nel 1977 è stata iscrit- rio di Treviglio (Bergamo) per essere venduta nei ta al Registro nazionale delle varietà da conser- mercati di Milano, Bergamo, Como, e nel canton vazione (codice 271). È disponibile sul mercato Ticino, a cui era destinato il 60% della produzio-

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 49 Bibliografia ne. Per le difficoltà legate alla coltivazione, per la AA.VV. (2013), Frutta e buoi...quaderno della biodiversità scarsa remunerazione economica e per l’avvento agricola parmense, Parma, Provincia di Parma. della mosca della cipolla [Delia antiqua (Meigen, Anonimo (2016), Prodotti tipici, la cipolla è “pat”. E l’as- 1826)], oggi è limitata ai soli orti famigliari. sociazione compie un anno, «La Provincia di Como», Sempre appiattiti ma di dimensioni più piccoli URL: [consultato il rina e polpa bianca, sono invece i bulbi della 20/10/2019]. cipolla ‘Di Brunate’, landrace storicamente col- Associazione Cipolla di Brunate (2015), Cipolla di Brunate, tivata nel Comasco almeno dalla metà del XIX URL: [consultato il 20/10/2019]. un locale tortino di patate e soprattutto la tradi- Calzecchi-Onesti A. (1946), La coltura della cipolla, «L’Italia zionale supa de scigulitt (zuppa di cipolle, servita agricola», 83(1), pp. 45-59. ERSAF, Regione Lombardia (2017), Atlante dei prodotti del- in una pagnotta cava), è stata recuperata grazie la Lombardia, Milano, Regione Lombardia. all’Associazione Cipolla di Brunate, costituita nel Farneti R. (1892), Frutti freschi e secchi, ortaggi, Milano, 2015. Oggi è coltivata esclusivamente nel terri- Fratelli Dumolard Editori. torio comunale di Brunate (Como) ed è uno dei La Cipolla di Rovato (2019), Storia, URL: [consultato il 25/10/2019]. bardia (PAT). Ricorda nell’aspetto e negli usi la Orto Botanico di Bergamo L. Rota (2017), Le varietà tipiche locali [pannelli interpretativi realizzati nell’ambito del cipolla ‘Di Rovato’, originaria dell’omonimo co- progetto “Bergamo – Hub urbano dell’agricoltura bio- mune bresciano: per anni è stata ritenuta un si- diversa”]. nonimo della ‘Borettana’ (così come è tutt’oggi Monzio Compagnoni M. (2014), Le storiche produzioni or- indicato nel Catalogo delle varietà delle specie tofrutticole trevigliesi, URL: [consultato il 19/10/2019]. (Reggio Emilia) almeno dal 1426, ma secondo la Regione Emilia-Romagna, Agricoltura, caccia e pesca Regione Emilia-Romagna, sarebbero due entità (2016), Cipolla borettana, URL: < http://agricoltura.re- distinte. gione.emilia-romagna.it/agriturismo-agricultura/doc/ La ‘Ramata di Milano’, in passato nota anche schede-specie-vegetali/orticole/cipolla-borettana/ come ‘Pavese’, ‘Di Parma’ e ‘Di Castel S. Giovan- view> [consultato il 25/10/2019]. ni’, ma attualmente considerata ben distinta dalle ‘Dorata di Voghera’ e ‘Dorata di Parma’ (co- * * * nosciuta anche come ‘Pavesa’ o ‘Pavese’, perché fu importata a Parma nel 1896 da un venditore 5. Nome: Cipolla ‘Rossa di Breme’ di sementi di Pavia), dotate di bulbo meno al- lungato, è una cultivar obsoleta a ciclo tardivo, Sinonimi: La dolcissima, Sigülla ad Brém caratterizzata da bulbi obovoidali tendenti allo sferico, con polpa bianca e ricoperti da tuniche Nome scientifico:Allium cepa L. ramate. In passato, per la serbevolezza e la re- sistenza al trasporto, veniva esportata all’estero. Famiglia: Amaryllidaceae Attualmente sono in vendita varianti a tuniche più rosse. Categoria: landrace; varietà da conservazione

50 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Descrizione: la cipolla ‘Rossa di Breme’ è una delle poche varietà coltivate di cipolla a giorno corto autoctone dell’Italia settentrionale. Il bul- bo di forma piatta e di colore porpora raggiunge dimensioni ragguardevoli, in media 400-800 g, talora fino a 2 kg. La pianta è molto vigorosa, ca- ratterizzata da foglie ricche di cera. La caratteriz- zazione genetica ha confermato l’unicità di que- sta varietà coltivata, essendo ben differenziata geneticamente da altre cipolle rosse; nello stes- so tempo è emersa anche una grande variabili- tà all’interno della stessa ‘Rossa di Breme’, una caratteristica distintiva tipica delle varietà locali.

Storia: le origini della cipolla ‘Rossa di Breme’ non sono del tutto chiare. Si pensa che essa sia stata introdotta o selezionata dai monaci dell’Abbazia di Novalesa, che nel X secolo si in- sediarono nel territorio di Breme, molto vocato ché l’iscrizione all’elenco MIPAAF come PAT (Pro- Figura 3.6. Bulbo per la produzione di ortaggi. La coltivazione del- dotto Agroalimentare Tradizionale). È segnalata di cipolla ‘Rossa di Breme’ (foto di la ‘Rossa di Breme’ rimase molto importante fino nell’Arca del Gusto di Slow Food tra gli ortaggi C. Ballerini). alla prima metà del ’900, grazie anche al Consor- della tradizione. Diverse accessioni di semi sono zio degli Orticoltori di Breme, fondato nel 1943. conservate presso la Banca del Germoplasma Ve- Successivamente, negli anni ’70 del ’900 la pro- getale dell’Università di Pavia ed un campione di duzione della cipolla fu via via abbandonata e la semente è stato anche portato alla Svalbard Glo- sua sopravvivenza come varietà avvenne grazie bal Seed Vault (Isole Svalbard, Norvegia), in oc- al suo impiego nella celebre sagra annuale, che casione del decimo anno dalla sua fondazione. si svolge nel mese di giugno a Breme dal 1982. Usi culinari: è caratterizzata da sapore dolce, Località di coltivazione: è tradizionalmente col- ottima digeribilità e consistenza croccante, che tivata nei terreni alluvionali della golena del Po, la rende idonea anche al consumo crudo (in vari nel comune di Breme, sito nella bassa Lomellina, antipasti, ad es. con nervetti, tonno o capperi). Le in Provincia di Pavia. Come azienda agricola de- caratteristiche organolettiche positive di questa tentrice della forma tipica si può indicare quella specie la rendono utile per una moltitudine di ri- del sig. Giovanni Re presso Breme. cette tradizionali e moderne rivisitazioni (zuppa, frittata, in composta per essere accompagnata ai Status di conservazione: la cipolla ‘Rossa di Bre- bolliti, sulla pizza napoletana, nel gelato, ecc.). me’ è iscritta al Registro nazionale delle varietà Da oltre trent’anni, a metà giugno, si svolge a da conservazione (codice 3528), con decreto del Breme una sagra che vede al centro proprio la MIPAAF del 20 ottobre 2014. È inoltre inserita nel ‘Rossa di Breme’. Paniere Pavese e detiene il marchio De.Co., non-

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 51 Coltivazione: la cipolla ‘Rossa di Breme’ viene * * * coltivata in terreni sabbiosi, ben drenati, neutri o subacidi, ricchi in potassio, ma con bassa salinità. 6. Nome: fagiolo ‘Anellino dell’Oltrepò Pavese’ Si tratta di una cipolla a raccolta primaverile-estiva, ciò significa che la semina avviene in estate, segui- Sinonimi: Anlìn, Fasö negar ta dal trapianto in autunno, e la raccolta nei mesi primaverili ed estivi (giugno, luglio). Prima della Nome scientifico: Phaseolus vulgaris L. subsp. semina, i semi vengono posti a bagno e interrati in vulgaris sacchi di iuta per favorire la germinazione; succes- sivamente, appena germinati, vengono recuperati Famiglia: Fabaceae e seminati in vivaio. Dopo un breve periodo, a ot- tobre, le piantine vengono trapiantate in campo. Il Categoria: cultivar obsoleta (?) tempo della raccolta dei bulbi giunge a partire da giugno e si protrae per circa due mesi. Attualmen- Descrizione: fagiolo mangiatutto, a portamento te per la coltivazione della cipolla non vengono rampicante. Il baccello (legume) è fortemente ri- utilizzati concimi chimici e si tende a ridurre l’im- curvo e a maturità è di colore verde uniforme, sen- piego dei fitofarmaci il più possibile, limitandolo za macchie; non presenta filo (fibre longitudinali ai trattamenti contro la peronospora, negli anni in sclerenchimatiche). I fagioli (semi) sono lunghi 10- cui questa diventa un problema. Generalmente si 12 mm, ellissoidali, neri, lucidi, con ilo bianco. favorisce l’utilizzo di concimi organici. La produzione della semente segue un altro ciclo: al Storia: questo fagiolo è stato tradizionalmente momento della raccolta dei bulbi (giugno, luglio), autoriprodotto nella famiglia del sig. Dino Gui- i migliori bulbi vengono tenuti a parte, facendoli di (classe 1949) di Pietragavina di Varzi (Pavia) e, germogliare a temperatura ambiente in autunno. sulla base della testimonianza della madre Maria Le piante vengono poi trapiantate e la semente Adele Centenaro (classe 1922), la sua coltivazione viene raccolta a luglio dell’anno successivo. risalirebbe all’incirca agli anni ’40 del Novecento.

Bibliografia Località di coltivazione: Pietragavina di Varzi AA.VV. (2011), La dolcissima. Cipolla Rossa di Breme De.C.O., (Pavia), nell’Oltrepò Pavese collinare. Amministrazione Comunale di Breme. AA.VV. (2017), Atlante dei prodotti della Lombardia, Regi- one Lombardia, ERSAF. Status di conservazione: i semi di questa presunta Gariboldi C.E. (2018), Cipolla rossa, un esempio di tutela cultivar obsoleta sono conservati presso la Banca della biodiversità, «La Provincia Pavese» del 02/06/2018. del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia. Regione Lombardia (2017), Cipolla dorata di Voghera. In: Schede descrittive delle varietà ortive da conservazi- Usi culinari: i legumi interi, giunti quasi a matura- one, URL: [consul- zione, vengono consumati lessati (cornetti), men- tato il 01/10/2019]. Rossi G. (2012), La Cipolla Rossa di Breme, Camera di Com- tre i semi vengono cotti e aggiunti nelle minestre. mercio di Pavia. Rossi G., P. Bergamo, E.R. Tazzari, E. Vegini, C. Delogu, L. An- Coltivazione: dati al momento non disponibili. dreani, M. Schiavi (2012), Varietà da conservazione in Lom- bardia: la Cipolla Rossa di Breme, «dalSeme», 4, pp. 18-25. Note: l’‘Anellino dell’Oltrepò Pavese’ (nome co-

52 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete niato dagli Autori del presente libro) è morfolo- gicamente simile a un’accessione denominata “Cornetto mangiatutto di Ossimo” recuperata dall’Università della Montagna (Università di Mi- lano) a Ossimo Inferiore e a Ossimo Superiore (Brescia) in Valle Camonica (dov’è consumato an- che come fagiolo da sgrano). Entrambe le entità, non del tutto dissimili dallo ‘Stortino di Lucca’, non si esclude che abbiano avuto origine da cul- tivar commerciali un tempo più diffuse, come ad esempio l’‘Anellino giallo’ (tutt’oggi venduto dal- la ditte sementiere), contraddistinto da legumi gialli e semi neri (oppure rossi screziati di crema).

Bibliografia Domini L. (2018), Censimento delle cultivar locali tradizion- ali della Valle Camonica, Corso di Laurea in Valorizzazi- one e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano, Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari, Università de- gli Studi di Milano, URL: [consultato il 18/10/2019]. Locatelli A. (2011), Il fagiolino rampicante è facile da colt- ivare e fornisce un abbondante raccolto, «Vita in cam- pagna», n. 5 del 01/05/2011, pp. 23-25. Regione Toscana (2019), Fagiolo Stortino di Lucca, URL: [consultato il 10/10/2019]. Categoria: cultivar obsoleta (?) Figura 3.7. Unimont (2019), Cornetto Mangiatutto di Ossimo, URL: Fagiolo ‘Anellino dell’Oltrepò Pavese’ [consultato il 10/10/2019]. (foto di M. Canella). rampicante, con fiori dotati di corolla a vessilo e ali violetti. Il baccello (legume) è lungo 15-20 cm, lar- * * * go 1 cm, ed è da debolmente a fortemente ricurvo, specialmente nella metà apicale; l’apice presen- 7. Nome: fagiolo ‘Anellino di Valchiavenna’ ta un rostro quasi sempre addossato al margine ventrale (opposto alla sutura), ricurvo a uncino. Sinonimi: − La superficie a maturazione è di colore verde con macchie violette da sparse a dense; a disseccamen- Nome scientifico: Phaseolus vulgaris L. subsp. to diventa rugosa, di colore giallo paglierino, con vulgaris macchie poco evidenti. Il filo (fibre longitudinali sclerenchimatiche) è assente. I fagioli (semi), 7-8 Famiglia: Fabaceae per legume, sono lunghi 15 mm, ellittico-renifor-

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 53 Coltivazione: la semina avviene in maggio, la raccolta invece comincia alla fine di luglio, quan- do ancora i legumi non sono pienamente maturi, e si protrae fino ai primi di settembre. Le piante sono fatte arrampicare su pali di sostegno in le- gno, chiamati a Codera di Novate Mezzola “fra- scon”. Non vengono eseguiti trattamenti; con- tro gli afidi un’intervistata impiega la cenere. I fagioli da semente vengono lasciati seccare nei loro baccelli sulla pianta, per essere poi staccati e sgusciati a fine stagione, e infine conservati in una scatola di latta.

Note: un’accessione simile, denominata “Cornet- to torto”, “Cornetto grasso” e “Corneċċ torċċ”, è stata recuperata a Paisco in Valle Camonica (Bre- scia) dall’Università della Montagna (Università Figura 3.8. Fagiolo mi, allungati; la superficie è debolmente lucida, di di Milano). ‘Anellino di colore beige-rosato, con macchie romboidali viola Le accessioni esaminate sono morfologicamente Valchiavenna’ (foto di C. Ballerini, grafica scuro-nerastre che tendono a fondersi in strie, con affini al fagiolo ‘Stortino di Trento’ (noto anche di M. Canella). ilo bianco contornato di arancione. come ‘Anellino di Trento’ o ‘Gancetto di Trento’, con legumi più ricurvi), iscritto al Registro nazio- Storia: tutte le accessioni campionate sono sta- nale delle varietà da conservazione, e al ‘Bobis te autoriprodotte nelle famiglie dei coltivatori d’Albenga’ o ‘Pelandrone’ (con curvatura dei le- intervistati almeno a partire dagli anni ’60 del gumi simile), tuttora venduti da diverse ditte se- Novecento. mentiere. Non si esclude pertanto che l’‘Anellino di Valchiavenna’ e il ‘Cornetto torto’ derivino da Località di coltivazione: questo fagiolo mangia- una di queste cultivar. tutto è attualmente coltivato in diverse località delle Valchiavenna (Sondrio), nello specifico a Bibliografia Codera di Novate Mezzola, Prata Camportaccio, Domini L. (2018), Censimento delle cultivar locali tradizion- ali della Valle Camonica, Corso di Laurea in Valorizzazi- Vignola di San Giacomo Filippo e Villa di Chia- one e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano, venna. Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari, Università de- gli Studi di Milano, URL: ti presso la Banca del Germoplasma Vegetale [consultato il 18/10/2019]. dell’Università di Pavia. Hidalgo R., Song L., Gepts P. (1986), The cultivated species of Phaseolus, Cali, Centro Internacional de Agricultura Tropical, CIAT. Usi culinari: i legumi interi, giunti quasi a matu- Locatelli A. (2011), Il fagiolino rampicante è facile da colt- razione, vengono consumati lessati. ivare e fornisce un abbondante raccolto, «Vita in cam- pagna», n. 5 del 01/05/2011, pp. 23-25.

54 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Unimont (2019), Cornetto torto, URL: [consultato ‘Aquila d’Oltrepò’ l’08/10/2019]. (foto e grafica di M. Canella).

* * *

8. Nome: fagiolo ‘Aquila d’Oltrepò’

Sinonimi: −

Nome scientifico: Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris

Famiglia: Fabaceae «Fagioli dall’aquila» provenienti dal circondario di Voghera erano stati presentati all’Esposizione Categoria: landrace universale di Parigi del 1878.

Descrizione: fagiolo da sgrano a portamento ram- Località di coltivazione: il fagiolo ‘Aquila d’Ol- picante, con fiori bianchi, baccello (legume) lungo trepò’ è stato coltivato fino al 2019 a Casa Novelli 9 cm e largo 1 cm, dritto, senza filo (fibre longitu- di Romagnese, nell’alta Val Tidone pavese. dinali sclerenchimatiche); il rostro sull’apice è cen- trale, da dritto a leggermente ricurvo. Il baccello a Status di conservazione: i semi, acquisiti nel disseccamento presenta superficie liscia, di colore 2017, sono conservati presso la Banca del Germo- giallo crema, con costrizioni accennate tra i semi; plasma Vegetale dell’Università di Pavia. La se- tende inoltre ad accartocciarsi in senso elicoidale. I mente del sig. Lazzati si è quasi perduta dopo l’e- fagioli (semi), 7 per legume, sono lunghi 11-12 mm, state siccitosa del 2019, durante la quale le piante con sagoma quasi rettangolare, superficie lucida e non hanno prodotto legumi con semi fertili. bianco crema uniforme, salvo attorno all’ilo, che è contornato da un tipico disegno ad aquila bicipi- Usi culinari: i semi, sgranati, sono consumati nel te, di colore rosso mattone. minestrone.

Storia: questo fagiolo, apparentemente diffuso Coltivazione: il sig. Lazzati coltiva questo fagiolo nella fascia collinare-montana dell’Oltrepò Pa- in un piccolo orto, facendo arrampicare le piante vese, è stato tramandato a Romagnese nelle fa- su frasche di sostegno. miglia del sig. Mario Lazzati (classe 1951) di Casa Novelli e del sig. Gabriele Mori di Casa Villa, dove Note: questa landrace da sgrano appartiene al fino all’anno 2000 circa lo coltivava suo nonno gruppo dei fagioli “dell’aquila” (da cui il nome da Lino (1924-2014). La presenza di fagioli “dell’aqui- noi coniato), così chiamati, come spiega Angelo la” in Oltrepò Pavese (sulla loro identità, si veda Peri nel suo Vocabolario Cremonese Italiano del il paragrafo “note”) potrebbe risalire ad almeno 1847, perché «mostrano nella curvatura [la faccia la seconda metà dell’Ottocento, quando alcuni del seme su cui si trova l’ilo, a volte un po’ ricur-

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 55 Direzione generale dell’Agricoltura (1878), L’Italia agraria e va] come dipinta un’aquila.» L’aquila, in questo forestale. Illustrazione delle raccolte inviate dalla Direzi- caso, è quella bicipite dell’Impero austriaco (che one dell’Agricoltura alla Esposizione universale di Parigi allora dominava in gran parte della Lombardia), nel 1878, Roma, Regia Tipografia. con ali, zampe e le due teste distese. Non a caso Omega (1915), Note pratiche, «L’Italia Agricola», 52(7), il botanico Giovanni Battista Delponte, enume- pp. 322-334. rando i vegetali d’interesse economico coltivati Peri A. (1847), Vocabolario Cremonese Italiano, Cremona, Tipografia vescovile di Giuseppe Feraboli. nel 1858 e nel 1862 nell’orto sperimentale della Regione Liguria (2019), Agri Liguria Net, URL: [consultato l’11/10/2019]. anche «Fagiolo imperiale», indicandolo come co- Regione Toscana (2019), Fagiolo Aquila, URL: [consultato l’11/10/2019]. chia rossa”, contraddistinto, come l’‘Aquila d’Ol- trepò’, da una macchia di colore rosso laccato ma * * * dal seme più allungato. Altre landrace di fagiolo “dell’aquila” sono coltivate in Italia, con macchia 9. Nome: fagiolo ‘Bobis della Val Codera’ ilare nera o rossa, come il ‘Dell’Aquila di Pignone’ in provincia di La Spezia e l’‘Aquila’ (o ‘Lupinaro’) Sinonimi: − di Fosciandora (Lucca), iscritto al Registro nazio- nale delle varietà da conservazione (codice 856) Nome scientifico: Phaseolus vulgaris L. subsp. con decreto del MIPAAF n. 39407 del 09 dicem- vulgaris bre 2019; un’altra accessione a macchia rossa è stata da noi trovata sulle colline del Bolognese Famiglia: Fabaceae (sig. Luigi Poli, loc. Rasora, Castiglione dei Pepo- li). In passato un fagiolo molto simile era presen- Categoria: cultivar obsoleta (?) te anche nel Parmense (‘Fasö edl’aquila’), ma è andato perduto. Questo gruppo di fagioli venne Descrizione: fagiolo mangiatutto, a portamento commerciato in Italia già agli inizi del Novecento. rampicante. Il baccello (legume) è lungo 13-15 cm, largo 1 cm, dritto, con sezione a forma circolare o Bibliografia di otto; sull’apice è inserito, in posizione centrale, AA.VV. (2013), Frutta e buoi...quaderno della biodiversità un rostro corto e dritto; la superficie a maturità agricola parmense, Parma, Provincia di Parma. è verde, senza macchie, a disseccamento è pres- Delponte G.B. (1858), Saggi di cereali e legumi raccolti nell’orto sperimentale della R. Accademia d’Agricoltura soché liscia, di colore giallo paglierino uniforme; di Torino presentati all’esposizione nazionale di prodot- il filo (fibre longitudinali sclerenchimatiche) è ti d’industria nell’anno 1858, «Annali della Reale Acca- assente. I fagioli (semi) sono in numero di 10 per demia d’Agricoltura di Torino», 10, pp. 101-132. baccello, lunghi 11-12 mm, da cilindro-ellittici a el- Delponte G.B. (1863), Cenno intorno alle principali piante littico-reniformi, allungati, di colore bianco can- economiche poste a prova nel 1862 nell’orto sperimentale dido e mediamente lucidi; l’ilo è bianco. della R. Accademia d’Agricoltura di Torino, «Annali della Reale Accademia d’Agricoltura di Torino», 12, pp. 25-83. Delponte G.B. (1872), Studi intorno alle piante economiche, Storia: l’accessione campionata è stata auto- «Annali della Reale Accademia d’Agricoltura di Torino», riprodotta dalle famiglie di Codera di Novate 15, pp. 113-201. Mezzola.

56 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Figura 3.10. co di Edolo”, è stato trovato dall’Università della Fagiolo ‘Bobis Montagna (Università di Milano) a Loritto di Ma- della Val Codera’ lonno (Brescia) in Valle Camonica. (foto di C. Ballerini, grafica di M. Canella). Bibliografia Domini L. (2018), Censimento delle cultivar locali tradizion- ali della Valle Camonica, Corso di Laurea in Valorizzazi- one e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano, Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari, Università de- gli Studi di Milano, URL: [consultato il 18/10/2019]. Locatelli A. (2011), Il fagiolino rampicante è facile da colt- ivare e fornisce un abbondante raccolto, «Vita in cam- pagna», n. 5 del 01/05/2011, pp. 23-25. Località di coltivazione: Codera di Novate Mez- Unimont (2019), Cornetto bianco di Edolo, URL: [consultato il 14/10/2019]. Status di conservazione: i semi di questo fagio- lo, riprodotto a scopo conservazionistico dall’As- * * * sociazione Amici della Val Codera, sono conser- vati presso la Banca del Germoplasma Vegetale 10. Nome: fagiolo ‘Borlotto della Val Codera’ dell’Università di Pavia. Sinonimi: − Usi culinari: i baccelli interi, giunti quasi a matu- razione, vengono consumati lessati. Nome scientifico: Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris Coltivazione: la semina avviene a fine maggio. Le piante vengono fatte arrampicare su pali tu- Famiglia: Fabaceae tori in legno di nocciolo o frassino, non sono sot- toposte ad alcun tipo di trattamento. La raccolta Categoria: cultivar obsoleta (?) avviene da luglio fino alla fine di novembre. Descrizione: fagiolo da sgrano, con portamento Note: come altri fagioli a baccello commestibile, rampicante. Il baccello (legume) è lungo 10-14 cm il ‘Bobis di Val Codera’ è noto localmente come e largo 1-1,5 cm, leggermente ricurvo; sull’apice è “guàtt” o, in italiano, “cornetto” o “fagiolino”. inserito, in posizione centrale, un rostro ricurvo a Questa presunta cultivar obsoleta è in tutti i uncino; la superficie a disseccamento è di colore caratteri molto simile al fagiolo ‘Bobis a grano giallo-bruno con intense macchie viola, quasi li- bianco’ (noto anche come ‘S. Anna’, ‘Bobi di lu- scia e con leggere costrizioni tra i semi; è dotato glio’ e ‘Blue Lake’; da qui il nome da noi coniato) di filo (fibre longitudinali sclerenchimatiche). I iscritto al Registro nazionale delle varietà da con- fagioli (semi) sono in numero di 3-4 per baccello, servazione e assai diffuso in commercio. lunghi 17-20 mm, con sagoma da ellittica a ellit- Un fagiolo simile, denominato “Cornetto bian- tico-reniforme; la loro superficie è quasi opaca,

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 57 Figura 3.11. Fagiolo ‘Borlotto della Val cotti. Vengono consumati in insalata con cipolla Codera’ (foto di cruda, olio e aceto, nella trippa o nel minestrone. C. Ballerini, grafica di M. Canella). Coltivazione: la semina avviene in aprile, inse- rendo 5-6 semi all’interno di buche distanti 20- 40 cm una dall’altra, accanto alle quali viene piantato un bastone di sostegno alto fino a 2 m (negli anni ’40-’50 del secolo scorso i fagioli venivano fatti arrampicare anche sulle piante di mais). I semi maturano sin da luglio e la raccolta avviene fino alla fine di settembre. Non vengono eseguiti trattamenti; le piante attaccate dagli afi- di sono nebulizzate con un infuso di ortica. Una volta sgranati, i semi vengono fatti seccare, an- in genere bianco candido (anche da secco), con cora nei legumi, in cassette esposte al sole, per sparse macchie romboidali di colore viola scuro, poi essere conservati in barattoli di vetro. Per la talvolta formanti una stria concentrica interrotta semente vengono selezionati gli esemplari inte- (a volte alcuni semi assumono una colorazione gri e di dimensioni maggiori. da porpora a violacea marmorizzata di beige); l’i- lo è bianco contornato di giallo-arancione. Note: un altro borlotto è stato da noi censito a Villa di Chiavenna (Sondrio) presso la sig.ra Tina Storia: questo fagiolo è coltivato a Codera di No- Malgesina (classe 1933); coltivato dal 1960 circa, vate Mezzola (Sondrio) almeno dal 1955, quan- sulla base della morfologia dei legumi e dei semi do una delle intervistate (sig.ra Alfonsa Penone, potrebbe trattarsi del ‘Borlotto di Vigevano’. Di- classe 1929) lo ricevette in dote dai genitori in verso, invece, è un secondo borlotto (con semi occasione del suo matrimonio. Prima di allora a lunghi 13-15 mm, nel secco con colore di fondo Codera se ne produceva una quantità tale che più rossiccio degli altri borlotti presi in esame), una parte veniva venduta. meritevole di ulteriori approfondimenti, coltiva- to dalla famiglia del sig. Dino Guidi a Pietragavi- Località di coltivazione: il ‘Borlotto di Val Codera’ na di Varzi (Pavia), nell’Oltrepò Pavese. è stato rinvenuto presso due signore (Alfonsa ed Vari borlotti sono stati acquisiti anche dall’Uni- Emma Penone, nate rispettivamente nel 1929 e versità della Montagna (Università di Milano) in nel 1958) di Codera di Novate Mezzola (Sondrio). Valle Camonica, provincia di Brescia (“Fagiolo borlotto nostrano”, “Copafòm”) e a San Pellegri- Status di conservazione: i semi di questa pre- no Terme, nel Bergamasco (“Fagiolo di Sussia”). sunta cultivar obsoleta sono conservati presso la Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università Bibliografia di Pavia. Domini L. (2018), Censimento delle cultivar locali tradizion- ali della Valle Camonica, Corso di Laurea in Valorizzazi- one e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano, Usi culinari: i fagioli secchi vengono fatti rinveni- Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari, Università de- re in acqua fredda per una notte, prima di essere

58 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete gli Studi di Milano, URL: fagiolo ‘Borlotto di [consultato il 18/10/2019]. Gambolò (foto di Unimont (2019), Fagiolo borlotto nostrano, URL: [consultato il 13/10/2019]. Unimont (2019), Fagiolo di Sussia, URL: [consultato il 13/10/2019].

* * *

11. Nome: fagiolo ‘Borlotto di Gambolò’

Nome scientifico:Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris necessità di lavoro manuale nelle fasi di crescita e raccolta di questo fagiolo rampicante. Questa Famiglia: Fabaceae varietà coltivata, nel 2005, è stata coinvolta in un progetto di valorizzazione coordinato dal Parco Categoria: landrace; varietà da conservazione del Ticino con la locale associazione di produttori.

Descrizione: il fagiolo ‘Borlotto di Gambolò’ è Località di coltivazione: coltivato nel comune una varietà locale di borlotto rampicante che di Gambolò e in altri comuni adiacenti della Lo- può raggiungere i 3 m di altezza. Produce baccel- mellina in provincia di Pavia: Garlasco, Borgo San li di medie dimensioni (12-16 cm), con superficie Siro, Vigevano, Tromello, Mortara, Cilavegna, rugosa, portanti 5-6 semi ciascuno. Il seme, liscio Parona Lomellina, Gravellona Lomellina e Cas- al tatto, è tondeggiante e di lunghezza media solnovo. Parte dalla zona di produzione ricade (11-14 mm), caratterizzato da colore bianco-pan- all’interno del Parco Lombardo della Valle del na (tende al marrone una volta essiccato) con va- Ticino. riegatura rosso-porpora e una caratteristica riga continua rosso-porpora su entrambe le facce. Status di conservazione: il fagiolo ‘Borlotto di Gambolò’ è iscritto al Registro nazionale delle Storia: il fagiolo è originario dell’America cen- varietà da conservazione (codice 3807) con de- tro-meridionale. Le prime notizie certe sul ‘Borlot- creto del MIPAAF del 11 ottobre 2016. Non è da to di Gambolò’ risalgono all’inizio del XIX secolo. confondere con il ‘Borlotto di Vigevano’, cultivar Rappresentava un’importantissima fonte proteica commerciale anch’essa presente nello stesso Re- quando il consumo di carne non era alla portata gistro (ma varietà standard). Le due entità sono di tutti. La sua coltivazione non era solo limita- molto simili: il ‘Borlotto di Vigevano’ si distingue- ta all’autoconsumo, ma anche al commercio sul rebbe dal ‘Borlotto di Gambolò’ per la forma dei mercato locale. Negli ultimi decenni la coltiva- semi più allungata. Diverse accessioni di semi di zione di questa varietà locale si è sensibilmente ‘Borlotto di Gambolò’ sono conservate presso la contratta, probabilmente anche a causa della Banca del Germoplasma Vegetale dell’Universi-

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 59 tà di Pavia. È inoltre elencato tra i PAT (Prodotto 12. Nome: fagiolo ‘Borlotto di Vigevano’ Agroalimentare Tradizionale) della Lombardia. Tra le aziende agricole custodi si ricorda quella Sinonimi: Borlotto degli ortolani di Cristiano Magenta Biasina di Gambolò (PV). Nome scientifico: Phaseolus vulgaris L. subsp. Usi culinari tradizionali: presenta polpa farinosa, vulgaris sapore delicato e gusto dolciastro. È un ingredien- te di diverse ricette tipiche della Lomellina, come Famiglia: Fabaceae riso e fagioli, pasta e fagioli e fagioli con cipolle. È particolarmente indicato nel risotto con la sal- Categoria: cultivar obsoleta siccia. Presumibilmente entrava anche nel piatto tradizionale ris e barlánd. Questa varietà locale è Descrizione: il ‘Borlotto di Vigevano’ è un fagio- inoltre protagonista della Sagra del Fagiolo Bor- lo da sgrano, a portamento rampicante o nano. Il lotto che si svolge solitamente in luglio a Gam- baccello (legume) è lungo 12-15 cm, largo 1,3-1,5 bolò e ha ormai raggiunto una ventina di edizioni. mm, a sezione quasi circolare, dritto; la superfi- cie a maturazione è di colore bianco-verdastro Coltivazione: prima della semina, che avviene ad con intense striature rosso-porpora; sull’apice è aprile, è necessario posizionare supporti a quat- presente, in posizione laterale, un rostro debol- tro piedi costruiti con paline di cannuccia, salice mente ricurvo; il filo (fibre longitudinali scleren- o bambù che serviranno a sostenere il fagiolo. La chimatiche) è presente. I fagioli, in numero di 7-8 maggior parte delle lavorazioni avviene a mano, per baccello, sono lunghi 16-19 mm, lungamente compreso un eventuale trattamento fitosanita- ellittico-reniformi; a maturità sono bianchi con rio contro gli afidi. La raccolta del seme ha luogo macchie romboidali rosso-porpora, talora con- scalarmente con una raccolta verde, con inizio fluenti a formare 1-2 strie concentriche; da secchi nella prima decade di luglio fino alla fine di ago- invece assumono una colorazione beige-rosata, sto, e una raccolta secca dalla fine di luglio alla con screziature viola, e risultano opachi; l’ilo è fine di agosto. bianco contornato di un giallo-arancio nel fre- sco, che diventa arancio-violaceo nel secco. Bibliografia AA.VV. (2017), Atlante dei prodotti della Lombardia, Regi- Storia: come rivela un resoconto sui prodotti one Lombardia, ERSAF. italiani presentati all’Esposizione universale di Camera di Commercio Pavia (2009), Buono a sapersi. Una provincia da gustare. Pavia, Genova, Sagep Editori. Parigi del 1878, i borlotti (contraddistinti da semi Regione Lombardia (2017), Fagiolo Borlotto di Gambolò. a «fondo bianco, o bianco roseo screziato e fla- In: Schede descrittive delle varietà ortive da conservazi- gellato di rosso sanguigno più o meno carico») one, URL: [consul- costituivano già in quegli anni «una razza di fa- tato il 01/10/2019]. gioli diffusissima e molto pregiata» in una vasta Paniere pavese (2014), URL: [consultato il 28/08/2018]. Valle d’Aosta e il Veneto, che è tutt’oggi la patria di rinomate landrace sottoposte a diverse forme di tutela, come il ‘Billò’ del Cuneese, il ‘Borlotto * * * di Gambolò’ (da alcuni considerato sinonimo del

60 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Figura 3.13. Coltivazione: la semina avviene tra maggio e Fagiolo ‘Borlotto luglio-agosto, disponendo i semi in buche di- di Vigevano’ (foto stanti 40-60 cm (forma nana) o 60-120 cm (forma e grafica di M. Canella). rampicante), a fianco delle quali si impiantano i sostegni, alti circa 2,4 m. La raccolta si esegue a partire da 60 giorni dopo la semina.

Bibliografia Ardenghi N.M.G., Ballerini C., Bodino S., Cauzzi P., Guzzon F. (2017), “Lándar,” “Lándra,” “Barlánd” (Bunias erucago L.): a a Neglected Crop from the Po Plain (Northern Ita- ly), «Economic Botany», 71(3), pp. 288-295. Cipriani G. (2008), Coltivate il fagiolo rampicante, un le- gume dalle ottime qualità gustative, «Vita in campag- ‘Borlotto di Vigevano’, ma distinto da quest’ulti- na», n. 2 del 2008, pp. 19-22. mo soprattutto per i semi più tozzi brevi, lunghi Da Deppo I., Gasparini D., Perco D. (2013), Montagne di cibo. Studi e ricerche in terra bellunese, Belluno, Museo 11-14 mm), il ‘Lamon’ del Bellunese e il ‘Saluggia’ Etnografico della Provincia di Belluno e del Parco Nazi- del Vercellese. La cultivar che riscosse il maggior onale delle Dolomiti Bellunesi. successo commerciale, già dagli inizi del Ventesi- Direzione generale dell’Agricoltura (1878), L’Italia agraria e mo secolo, fu tuttavia il ‘Borlotto di Vigevano’, la forestale. Illustrazione delle raccolte inviate dalla Direzi- cui coltivazione, nel 1924, veniva indicata come one dell’Agricoltura alla Esposizione universale di Parigi «diffusissima» nella sua città di origine. Questo nel 1878, Roma, Regia Tipografia. Fratelli Ingegnoli, Milano (2019) 1183 - Fagiolo - Borlotto fagiolo da sgrano è ancora oggi ampiamente di Vigevano nano, URL: [consultato il nazionale delle varietà da conservazione. 15/10/2019]. Omega (1915), Note pratiche, «L’Italia Agricola», 52(7), pp. Località di coltivazione: originario della zona di 322-334. Vigevano (Pavia), questo fagiolo, in seguito alla Piergiovanni A.R., Lioi L. (2010), Italian Common Bean Land- races: History, Genetic Diversity and Seed Quality, «Diver- commercializzazione, risulta attualmente diffu- sity», 2(6), 837-862. so ovunque in Lombardia. Turchi A. (1957), Orticoltura pratica, Bologna, Edizioni Ag- ricole. Usi culinari: i semi del ‘Borlotto di Vigevano’ si prestano al consumo sia fresco sia secco in nu- merose preparazioni. Nella sua zona di origine è * * * impiegato in diversi piatti tradizionali, come “ris e barlánd” (minestra di riso con foglie di cascello- 13. Nome: fagiolo dell’occhio ‘Di Pietragavina’ re, patate e fagioli borlotti o del diavolo), ma an- che nella trippa (al posto di Phaseolus coccineus); Sinonimi: Fasö da l’ögg in passato i borlotti erano erano usati nell’Ol- trepò Pavese come accompagnamento alla po- Nome scientifico: Vigna unguiculata (L.) Walp. lenta, in sostituzione della carne (testimonianza della sig.ra Rosa Armenio di Stradella, Pavia). Famiglia: Fabaceae

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 61 Figura 3.14. Fagiolo dell’occhio ‘Di Coltivazione: viene seminato a maggio e raccol- Pietragavina’ to ad agosto. (foto e grafica di M. Canella). Note: i fagioli dell’occhio (o dall’occhio, noti in passato anche come dolichi) appartengono alla specie Vigna unguiculata (L.) Walp., domestica- ta circa 4.000-5.000 anni fa in Africa occidenta- le, e in particolare al gruppo di cultivar Mela- nophthalmus (letteralmente “occhio nero”); il loro nome deriva dalla presenza attorno all’ilo (il punto d’inserzione del seme sul legume) di una caratteristica macchia più scura rispetto al resto Categoria: landrace (?) del seme. Già coltivati dagli antichi greci nel III secolo a.C., erano questi gli unici “fagioli” pre- Descrizione: pianta a portamento nano. I baccelli senti nel Vecchio Mondo prima dell’arrivo dalle (legumi) sono lunghi meno di 30 cm, sottili, non car- Americhe, tra XV e XVI secolo, del fagiolo comu- nosi. I fagioli (semi) sono ravvicinati all’interno del ne (Phaseolus vulgaris L.) e del fagiolo di Spagna legume, lunghi 7-9 mm, a sagoma da rettangolare a (Ph. coccineus L.). rettangolare-reniforme, con superficie tipicamente Il fagiolo dell’occhio ‘Di Pietragavina’ (nome co- corrugata e opaca, di colore crema; attorno all’ilo, niato dagli Autori del presente libro), si distingue che è di colore bianco, è presente una caratteristica dalle cultivar attualmente più diffuse per il colo- macchia bruno-rossiccia (il cosiddetto “occhio”). re della macchia attorno all’ilo, che è bruno-ros- siccia anziché nera. Storia: il fagiolo dell’occhio ‘Di Pietragavina’ è In passato in Lombardia (come nel resto d’Italia) stato tramandato da almeno tre generazioni erano coltivati anche i fagiolini metro, serpente nella famiglia del sig. Dino Guidi (classe 1949) di o asparago, appartenenti al gruppo di cultivar Pietragavina di Varzi (Pavia). La sua coltivazione Sesquipedalis (letteralmente “di un piede e mez- risalirebbe pertanto agli inizi del Novecento”, zo”), caratterizzato da legumi molto lunghi (ol- sulla base della testimonianza della madre Ma- tre 30 cm) e carnosi, consumati immaturi come ria Adele Centenaro (classe 1922), originaria e quelli dei fagioli mangiatutto. Una testimonian- sempre vissuta, come i genitori, a Pietragavina. za in merito è stata da noi raccolta in Valchia- venna, a Samolaco (Sondrio), dove il padre e il Località di coltivazione: Pietragavina di Varzi nonno del sig. Enzo Geronimi (classe 1963) col- (Pavia), nell’Oltrepò Pavese collinare. tivavano fagiolini metro con legumi lunghi fino a 80-100 cm, localmente chiamati “mandragore”; Status di conservazione: i semi di questa presun- purtroppo i semi di questo ortaggio sono andati ta landrace sono conservati presso la Banca del perduti. Una landrace affine, il fagiolo ‘Stringa di Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia. Lucca’, è stata di recente recuperata in Toscana, mentre è ancora coltivato a Fusignano (Ravenna) Usi culinari: i semi sono consumati nella mine- dalla famiglia Minguzzi di Via Fiumazzo Pini. stra e nel minestrone.

62 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Bibliografia Figura 3.15. Fagiolo Farneti R. (1892), Frutti freschi e secchi, ortaggi, Milano, ‘Di San Giacomo Fratelli Dumolard Editori. Filippo’ (foto di M. Guzzon F., Ardenghi N.M.G., Bodino S., Tazzari E.R.. Rossi G. Canella). (2019), Guida all’Agrobiodiversità vegetale della Provin- cia di Pavia, Pavia, Pavia University Press. Maccioni M. (1935), I fagioli Phaseolus e Dolcihos, «Bullettino della R. Società Toscana di Orticultura», 20(5/6), pp. 80-88. Negri V. (2009), ‘Fagiolina’ (Vigna unguiculata subsp. un- guiculata (L.) Walp.) from Trasimeno Lake (Umbria Region, Italy), in: Veteläinen M., Negri V., Maxted N. (eds.), European landraces: on-farm conservation, man- agement and use. Bioversity Technical Bulletin No. 15, Roma, Bioversity International, pp. 177-182. Pasquet R.S. (1998), Morphological study of cultivated cow- pea Vigna unguiculata (L.) Walp. Importance of ovule number and definition of cv gr Melanophthalmus, «Agronomie», 18(1), pp. 61-70. Regione Toscana (2019), Fagiolo Stringa di Lucca, URL: < http://germoplasma.arsia.toscana.it/MESI_Menu/Ele- se a dense; a disseccamento risulta invece rugo- mento.php?ID=884> [consultato il 16/10/2019]. sa, di colore da paglierino a marrone chiaro, con macchie sparse o assenti. I fagioli (semi) sono 6-7 * * * per baccello, lunghi 9-12 mm, con sagoma rettan- golare, ellittica fino a quasi tonda, lucidi e di colo- 14. Nome: fagiolo ‘Di San Giacomo Filippo’ re beige-rosato, con macchie romboidali viola scu- ro-nerastre sparse oppure confluenti a formare Sinonimi: Borlottino strie concentriche o a ricoprire quasi interamente la superficie del fagiolo, che risulta in questo caso Nome scientifico: Phaseolus vulgaris L. subsp. nero e minutamente maculato di marrone o viola; vulgaris l’ilo è bianco e contornato di arancione.

Famiglia: Fabaceae Storia: questo fagiolo, trovato presso le signore Olimpia (classe 1935) e Rosalia Lombardini (clas- Categoria: cultivar obsoleta (?) se 1931) di Vignola di San Giacomo Filippo in Valchiavenna (Sondrio), a metà del secolo scorso Descrizione: fagiolo a duplice attitudine (mangia- era frequentemente coltivato negli orti di questa tutto e da sgrano), con portamento rampicante e località. fiori a corolla violetta. Il baccello (legume) è lun- go 10-11 cm e largo 1,2-1,5 cm, appiattito, dritto; Località di coltivazione: oltre che a Vignola di sull’apice è presente, addossato al margine ven- San Giacomo Filippo, è attualmente coltivato a trale del baccello (quello opposto alla sutura) un Prata Camportaccio (Sondrio), nell’orto gestito rostro ricurvo a uncino. La superficie del baccello per iniziativa di Legambiente Valchiavenna dalla a maturità non presenta costrizioni tra i semi, è di dr.ssa Lorenza Tam. colore giallo-verdastro, con macchie viola da spar-

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 63 Status di conservazione: i semi di questo fagiolo * * * sono conservati presso la Banca del Germopla- sma Vegetale dell’Università di Pavia. 15. Nome: fagiolo ‘Dorato di Valchiavenna e Valtellina’ Usi culinari: i baccelli giovani, teneri, possono essere consumati come quelli degli altri fagioli Sinonimi: Guat di Spriana mangiatutto. I semi leggermente più grandi de- gli altri mangiatutto, si prestano a essere impie- Nome scientifico: Phaseolus vulgaris L. subsp. gati come quelli dei fagioli da sgrano. vulgaris

Coltivazione: le piante sono fatte rampicare su Famiglia: Fabaceae pali di sostegno; la raccolta dei baccelli da consu- mo fresco avviene a partire dall’estate. Categoria: cultivar obsoleta (?)

Note: un’accessione molto simile, recante il Descrizione: fagiolo a duplice attitudine (man- nome “Fagiolino dello Zio Doro”, è stata acquisita giatutto e da sgrano), con portamento rampi- dall’Università della Montagna (Università di Mi- cante. Il baccello (legume) è lungo 13-16 cm e lano) a Garda di Sonico e a Cerveno in Valle Ca- largo 1,8-2,2 cm, a sezione ellittica, da dritto a monica (Brescia). Anch’essa è consumata come debolmente ricurvo verso l’apice; sull’apice è in- fagiolo a duplice attitudine ed è contraddistinta serito, in posizione centrale, un rostro pressoché da fiori violetti, legumi carnosi in parte striati di dritto; la superficie a maturità presenta deboli viola, semi medio-piccoli, neri con macchie bei- costrizioni tra i semi, è di colore da verde chiaro ge-marroni e ilo bianco contornato di arancione. a giallo, senza macchie; a disseccamento è di un Un fagiolo con semi a colorazione variabile come giallo intenso e rugoso. Il filo (fibre longitudina- il fagiolo ‘Di San Giacomo Filippo’ è stato trovato li sclerenchimatiche) nei legumi giovani manca, da quest’ultima istituzione anche in Valtellina, mentre è presente in quelli più maturi. I fagioli ad Albosaggia (“Fagiolo Emma”). (semi), in numero di 6-8 per legume, sono lun- ghi 14-16 mm, con sagoma da ellittica a quasi Bibliografia rettangolare, sono leggermente lucidi, di colo- Domini L. (2018), Censimento delle cultivar locali tradizion- re beige-rosato e recano all’incirca due carat- ali della Valle Camonica, Corso di Laurea in Valorizzazi- teristiche strie concentriche (accompagnate da one e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano, Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari, Università de- poche macchie romboidali) di colore da castano gli Studi di Milano, URL: («chiari con sfumature caffelatte» secondo un [consultato il 18/10/2019]. intervistato); l’ilo è bianco e contornato di gial- Unimont (2019), Fagiolino dello Zio Doro, URL: [consultato l’11/10/2019]. Unimont (2019), Fagiolo Emma, URL: [consultato tono di retrodatare la presenza di questo fagiolo, l’11/10/2019]. sia in Valchiavenna sia in Valtellina, ad almeno il 1955, quando una delle persone intervistate (sig.

64 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Figura 3.16. ra Alfonsa Penone di Codera di Novate Mezzo- Fagiolo ‘Dorato la, classe 1929) lo ricevette in dote dai genitori (il di Valchiavenna e padre era stato in America) in occasione del suo Valtellina’ (foto di C. Ballerini, grafica di matrimonio. Tramandato nelle famiglie, è stato M. Canella). coltivato in tempi recenti anche da famigliari del sig. Alfonso Cirolo della Valmalenco, che si sono trasferiti in altre località della Valtellina, a Mila- no e in Lunigiana.

Località di coltivazione: questo fagiolo è attual- mente coltivato in Valtellina a Chiesa in Valma- lenco (dov’è chiamato “Guat di Spriana”, plurale “Guati” e “Guate”; “Spriana” si riferisce all’omoni- mo comune valtellinese da dove probabilmente provengono i semi) e in Valchiavenna a Codera di Novate Mezzola e a Vignola di San Giacomo Filippo (Sondrio).

Status di conservazione: i semi sono conserva- gono eseguiti trattamenti. I fagioli da semente ti presso la Banca del Germoplasma Vegetale vengono essiccati in cestini di vimini, in seguito dell’Università di Pavia. A scopo conservazioni- sono conservati in vasetti di vetro collocati in un stico è coltivato anche dall’Associazione Amici luogo fresco e asicutto per evitare la formazione della Val Codera, dalla sig.ra Emma Penone e dal di muffe. marito Gino Pisnoli (veri e propri custodi di que- sta entità, che coltivano in piccoli campi separati Note: il ‘Dorato di Valchiavenna e Valtellina’ da quelli con altre cultivar di fagiolo) a Codera di assomiglia in tutti i caratteri al fagiolo ‘Fico di Novate Mezzola. Gallicano’ della provincia di Lucca, anch’esso a duplice attitudine, e introdotto a Gallicano Usi culinari: i legumi giovani, teneri e senza filo, nel 1889 da un emigrante di ritorno dagli Stati sono consumati bolliti o in umido, oppure ven- Uniti. I semi sono inoltre simili a quelli del fa- gono conservati sotto salamoia in vasetti di ve- giolo ‘Scalda’ di Posina (Vicenza), noto e com- tro. I semi maturi sono invece cotti e inseriti nella merciato almeno dagli anni ’30 del Novecento trippa o nel minestrone. sotto i nomi “fagiolo di Valsesia”, “di Milano”, “di Cipro” e “Posena” (sinonimi che forse testi- Coltivazione: è una pianta che per la crescita moniano una più ampia diffusione geografica); ottimale necessita del clima fresco montano. La quest’ultimo, a differenza del ‘Dorato di Val- semina avviene tra maggio e giugno; le piante chiavenna e Valtellina’ è impiegato solo come vengono fatte arrampicare su pali di 2,5 m. I le- fagiolo da sgrano. gumi da consumo fresco si raccolgono tra luglio Accessioni di fagioli con semi ornati da striatu- e agosto, mentre i semi a settembre. A volte le re castano-dorate sono state recuperate anche piante sono attaccate dagli afidi, ma non ven- dall’Università della Montagna (Università di Mi-

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 65 Figura 3.17. Fagiolo ‘Gabinón’ (foto di lano) a Cerveno, Losine e Garda di Sonico in Valle C. Ballerini, grafica di Camonica, provincia di Brescia (“Fagiolo di Cevo” M. Canella). e “Fagiolo di Garda”).

Bibliografia Domini L. (2018), Censimento delle cultivar locali tradizion- ali della Valle Camonica, Corso di Laurea in Valorizzazi- one e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano, Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari, Università de- gli Studi di Milano, URL: [consultato il 18/10/2019]. Guzzini D. (1936), Legumi secchi, «L’Italia Agricola», 73(3), pp. 239-245. Regione Toscana (2019), Fagiolo Fico di Gallicano, URL: [consultato l’11/10/2019]. Unimont (2019), Fagiolo di Garda, URL: [consultato di Novate Mezzola “gabin” cioè “curva”), special- l’11/10/2019]. mente nella metà apicale; sull’apice, addossato Unimont (2019), Fagiolo di Cevo, URL: [consultato al margine ventrale (opposto alla sutura), è pre- l’11/10/2019]. sente un rostro ricurvo a uncino. La superficie del Veneto Agricoltura (2014), Atlante dei prodotti agroali- baccello a disseccamento è debolmente rugosa, mentari tradizionali del Veneto, Legnaro, Veneto Agri- di colore giallo paglierino, senza macchie. Il filo coltura. (fibre longitudinali sclerenchimatiche) è assente. I fagioli (semi), in numero di 5-7 per legume, sono * * * lunghi 12-15 mm, da ellissoidali a debolmente re- niformi, di colore beige-rosato e mediamente lu- 16. Nome: fagiolo ‘Gabinón’ cidi; l’ilo è bianco e contornato di arancione.

Sinonimi: − Storia: le accessioni acquisite sono state traman- date nelle famiglie degli intervistati almeno dal- Nome scientifico: Phaseolus vulgaris L. subsp. la fine degli anni ’50 del Novecento. vulgaris Località di coltivazione: il fagiolo ‘Gabinón’ è colti- Famiglia: Fabaceae vato esclusivamente nella frazione Codera di Nova- te Mezzola, in Valchiavenna (Sondrio), dalle signo- Categoria: cultivar obsoleta (?) re Alfonsa Penone e Emma Penone, e da pochi altri.

Descrizione: fagiolo mangiatutto, a portamento Status di conservazione: i semi di questa pre- rampicante. Il baccello (legume) è lungo 13-18 cm, sunta cultivar obsoleta sono conservati presso la largo 1,2 cm, da debolmente a fortemente ricurvo Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università (da cui il nome, che deriva dal dialetto di Codera di Pavia.

66 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Usi culinari: i legumi interi vengono consumati lessati. Non a caso sono localmente chiamati “fa- giolini” e, come altri fagioli a legumi commesti- bili, “guàt”.

Coltivazione: la semina viene eseguita tra aprile e la metà di maggio in piccoli campi, dapprima concimati con letame di capra. Nelle buche, di- stanti 20-30 cm una dall’altra, sono inseriti 5-6 semi; a ridosso di queste vengono piantati dei bastoni. Le piante non subiscono alcun tratta- mento; nel caso di infestazioni da parte di afi- di, questi vengono nebulizzati con acqua in cui sono state bollite piante di ortica. La raccolta av- viene tra la fine di luglio e la fine di settembre. I fagioli da semente sono lasciati nei baccelli, che vengono sgranati una volta ben essiccati, prima di essere conservati in una stanza molto asciutta Categoria: cultivar obsoleta (?) Figura 3.18. Fagiolo all’interno di sacchetti. ‘Guàt giallo’ (foto di C. Ballerini, grafica di Descrizione: fagiolo mangiatutto a portamento M. Canella). Note: alcuni caratteri morfologici di questo fa- rampicante o nano, con fiori a corolla rosa-violet- giolo ricordano le cultivar ‘Anellino di Brescia’ ta. Il baccello legume) è lungo 8-11 cm e largo 1 e ‘Anellino verde’ (o ‘Gancetto’), contraddistin- cm o più, appiattito, dritto o debolmente ricurvo; te da legumi ricurvi (molto di più che nel ‘Ga- sull’apice è inserito un rostro addossato al margi- binón’), verdi, e semi uniformemente beige. ne ventrale (opposto alla sutura), ricurvo a unci- no. La superficie del baccello a maturità presenta Bibliografia leggere costrizioni tra i semi ed è di un giallo bril- Locatelli A. (2011), Il fagiolino rampicante è facile da colt- lante uniforme, senza macchie; a disseccamento ivare e fornisce un abbondante raccolto, «Vita in cam- si presenta liscia, di colore biancastro. Il filo (fibre pagna», n. 5 del 01/05/2011, pp. 23-25. longitudinali sclerenchimatiche) è assente. I fa- gioli (semi), in numero di 5-7 per legume, sono * * * lunghi 7-9 mm, presentano sagoma rettangola- re, romboidale o ellittica, e sono lucidi, di colore 17. Nome: fagiolo ‘Guàt giallo’ nero o bianco uniforme; l’ilo è bianco.

Sinonimi: − Storia: nelle località chiavennasche dov’è stato trovato, questo fagiolo risulta coltivato da prima Nome scientifico: Phaseolus vulgaris L. subsp. del 1967 circa. Nelle famiglie i suoi semi sono sta- vulgaris ti autoprodotti e tramandati di generazione in generazione, anche se originariamente potreb- Famiglia: Fabaceae bero essere stati acquistati da venditori ambu-

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 67 lanti, localmente noti come “semendoli”, che si in Valle Camonica; questa entità è anche come recavano nei villaggi a vendere le sementi delle fagiolo da sgrano. piante ortive muniti di una valigetta di legno. Gli abitanti di Valchiavenna e Valtellina chia- mano “guàt” (o “guàtt”) un po’ tutti i fagioli con Località di coltivazione: il ‘Guàt giallo’ è attual- baccello commestibile, inclusa questa presun- mente presente in Valchiavenna (Sondrio) a Co- ta cultivar obsoleta, che appartiene al gruppo dera di Novate Mezzola e a San Giacomo Filippo, dei fagioli mangiatutto denominato “burro” (o dove fino a circa 50 anni fa era molto diffuso. È “butér” in dialetto cremonese), contraddistinto inoltre coltivato a Prata Camportaccio, a partire da legumi morbidi e gialli proprio come il bur- da semi di San Giacomo Filippo, dalla dr.ssa Lo- ro. Il ‘Guàt giallo’ chiavennasco, nello specifico, renza Tam di Legambiente Valchiavenna. risulta molto simile alla cultivar obsoleta ‘Mera- viglia di Venezia’ (conosciuta anche come “Vene- Status di conservazione: i semi di questo fagiolo zia”), in passato diffusa nell’area della Laguna sono conservati presso la Banca del Germopla- di Venezia e commerciata almeno dagli anni ’50 sma Vegetale dell’Università di Pavia. Viene ri- del Novecento, e al più antico ‘D’Algeri nero’ (o prodotto, a scopo di conservazione, dall’Associa- ‘D’Alger noir’), venduto dalle ditte sementiere zione Amici della Val Codera a Codera di Novate francesi sin dalla metà dell’Ottocento e già a Mezzola. quell’epoca presente in Italia. Non è da esclude- re che le accessioni lombarde derivino proprio da Usi culinari: per la carnosità dei legumi, privi di queste entità, di cui tuttora sono commerciate filo, e per le ridotte dimensioni dei semi, il ‘Guàt varianti a seme nero o bianco, nane o rampicanti. giallo’ è tradizionalmente consumato come fa- giolo mangiatutto: i legumi vengono raccolti Bibliografia quando non ancora pienamente maturi per poi Delponte G.B. (1858), Saggi di cereali e legumi raccolti nell’orto sperimentale della R. Accademia d’Agricoltura essere lessati. Qualora alcuni siano dimentica- di Torino presentati all’esposizione nazionale di prodot- ti sulla pianta e portino a maturazione i semi ti d’industria nell’anno 1858, «Annali della Reale Acca- (“scappano”), questi vengono sgusciati e inseriti demia d’Agricoltura di Torino», 10, pp. 101-132. nelle minestre. Domini L. (2018), Censimento delle cultivar locali tradizion- ali della Valle Camonica, Corso di Laurea in Valorizzazi- Coltivazione: come altri fagioli mangiatutto, i one e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano, Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari, Università de- legumi interi vengono raccolti a partire dai mesi gli Studi di Milano, URL: un’intervistata, nel caso di infestazione da parte [consultato il 18/10/2019]. di afidi, nebulizza le parti colpite con un infuso di Locatelli A. (2011), Il fagiolino rampicante è facile da colt- ortica. I semi da semente sono tradizionalmente ivare e fornisce un abbondante raccolto, «Vita in cam- conservati in sacchetti di tela. pagna», n. 5 del 01/05/2011, pp. 23-25. Maccioni M. (1935), I fagioli Phaseolus e Dolcihos, «Bullet- tino della R. Società Toscana di Orticultura», 20(5/6), Note: un’accessione affine, denominata “Cornet- pp. 80-88. to di Loritto” e caratterizzata da semi neri, è stata Peri A. (1847), Vocabolario Cremonese Italiano, Cremona, recuperata dall’Università della Montagna (Uni- Tipografia vescovile di Giuseppe Feraboli. versità di Milano) a Loritto di Malonno (Brescia) Unimont (2019), Cornetto di Loritto, URL:

68 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete unimontagna.it/vegetali/cornetto-di-loritto/> [consul- Figura 3.19. Fagiolo tato l’11/10/2019]. ‘Mascherino di Veneto Agricoltura (2014), Atlante dei prodotti agroali- Pozzallo’ (foto di mentari tradizionali del Veneto, Legnaro, Veneto Agri- M. Canella). coltura.

* * *

18. Nome: fagiolo ‘Mascherino di Pozzallo’

Sinonimi: −

Nome scientifico: Phaseolus vulgaris L. subsp. vulgaris

Famiglia: Fabaceae

Categoria: landrace Coltivazione: dati al momento non disponibili. Descrizione: fagiolo da sgrano. Il baccello (le- gume) è dotato di filo (fibre longitudinali scle- Note: un fagiolo simile era già stato illustrato renchimatiche). I fagioli (semi) sono lunghi 10-12 nel 1871 sotto il nome di “fagioletto gentile pez- mm, hanno sagoma da romboidale a quasi ton- zato” dal botanico Giovanni Battista Delponte da e sono lucidi, di colore nero, con circa un quar- [considerandolo tuttavia come appartenente a to della superficie bianca e in parte occupata da Vigna unguiculata (L.) Walp. e non a Phaseolus piccole chiazze tondeggianti; l’ilo è bianco. vulgaris L.!], che ne curava la coltivazione pres- so l’orto sperimentale della R. Accademia d’A- Storia: questo fagiolo è coltivato dal sig. Mario gricoltura di Torino. Diverse landrace italiane Lazzati (classe 1951) di Casa Novelli di Romagne- possiedono semi simili a quelli del ‘Mascherino se (Pavia), il quale ha reperito i semi presso fra- di Pozzallo’ (nome coniato dagli Autori di que- zione Pozzallo dello stesso comune, i cui abitanti sto libro), con una certa variabilità per quanto lo considerano tradizionale. riguarda l’estensione della chiazza bianca e il colore della porzione più scura, che varia dal Località di coltivazione: Casa Novelli di Roma- nero al color vinaccia (come nel ‘Faso dal tarol’ gnese, nell’alta Val Tidone pavese. del Parmense, nel ‘Munachedda nera’ della Ba- silicata, nel ‘Mascherino’ della Lucchesia e nel Status di conservazione: i semi sono conservati ‘Della Rama’ o ‘Frasca’ da noi trovato a Spinello presso la Banca del Germoplasma dell’Università di Santa Sofia, in provincia di Forlì-Cesena) fino di Pavia. al rosso mattone (come ad esempio nei fagioli ‘Cappellette di Vallepietra’ del Lazio e ‘Maselete Usi culinari: dati al momento non disponibili. rosse’ del Feltrino, acquisito dalla Banca del Ger- moplasma Vegetale dell’Università di Pavia).

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 69 Unimont (2019), Dihiplì, URL: [consultato il 15/10/2019]. minati, sempre da Delponte, “sargentone” e caratterizzati da semi di dimensioni maggiori e sagoma ellittico-reniforme più allungata, con * * * superficie per metà colorata (in corrispondenza dell’ilo) e per metà bianca con macchie circolari; 19. Nome: fagiolo ‘Rosso di Pietragavina’ nella seconda metà dell’Ottocento erano assai diffusi nei dintorni di Torino ma probabilmente Sinonimi: Fasö rüss che i sméia al burlòt anche altrove in Italia settentrionale. Un’acces- sione con semi bianchi e violetti è stata recu- Nome scientifico: Phaseolus vulgaris L. subsp. perata a Valvestino (Brescia) dal prof. Matteo vulgaris Busconi dell’Università Cattolica di Piacenza (ed ivi conservata); un’altra, invece, con semi bian- Famiglia: Fabaceae chi e neri e battezzata “Dihiplì”, è stata acquisi- ta dall’Università della Montagna (Università di Categoria: cultivar obsoleta (?) Milano) nella medesima provincia, a Ossimo Su- periore, a Ossimo Inferiore e a Cerveno in Valle Descrizione: fagiolo da sgrano, a portamento Camonica. nano. Il baccello (legume) è dotato di filo. I fa- gioli (semi) sono lunghi 18-20 mm, hanno forma Bibliografia da ellissoidale a ellissoidale-reniforme, sono me- AA.VV. (2013), Frutta e buoi...quaderno della biodiversità diamente lucidi e da secchi assumono un tipico agricola parmense, Parma, Provincia di Parma. colore rosso mattone, con macchie romboidali Arsial (2019), Fagiolo cappellette di Vallepietra, URL: centrica; l’ilo è bianco e contornato di arancio [consultato il 14/10/2019]. (che nel secco diventa arancione-violaceo). Cerbino D., Zienna P., Sassone N., Illiano M., Gallo S., Carrie- ro F., Mango T., Grillo R., Lioi L., Laghetti G., Piergiovan- Storia: questo fagiolo è coltivato da tempo dal ni A.R. (2018), Le antiche varietà di fagiolo dell’area sud sig. Dino Guidi (classe 1949) di Pietragavina di della Basilicata, «I Quaderni dell’ALSIA», 14, suppl. al n. 78 di «Agrifoglio». Varzi (Pavia), tramandato di generazione in ge- Delponte G.B. (1872), Studi intorno alle piante economiche, nerazione nella sua famiglia. Coltivato a Roman- «Annali della Reale Accademia d’Agricoltura di Tori- gese (PV) anche da Mario Lazzati e Lino Mori (†), no», 15, pp. 113-201. però le loro sementi sono andate perse (semi tro- Domini L. (2018), Censimento delle cultivar locali tradizion- vati ormai morti). ali della Valle Camonica, Corso di Laurea in Valorizzazi- one e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano, Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari, Università de- Località di coltivazione: Pietragavina di Varzi gli Studi di Milano, URL: [consultato il 18/10/2019]. Status di conservazione: i semi sono conserva- Regione Toscana (2019), Fagiolo Mascherino, URL: [consultato il 14/10/2019]. dell’Università di Pavia.

70 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Figura 3.20. pennino Tosco-Emiliano (probabilmente gli stessi Fagiolo ‘Rosso di chiamati “brizzolati” o “grigiolati” da Morri, 1840, Pietragavina’ (foto di in riferimento alla loro superficie maculata), tro- M. Canella). vato dagli Autori in coltivazione nelle località La Berleda e La Spugna di Santa Sofia (FC), e diffusi in zona nel passato per la loro produttività (testi- monianze dei sigg. Onorio Rossi, classe 1928, nato a Rocca San Casciano, FC, e Guerrino Gentilini, classe 1939, di Casola Valsenio, RA).

Bibliografia Direzione generale dell’Agricoltura (1878), L’Italia agraria e forestale. Illustrazione delle raccolte inviate dalla Direzi- one dell’Agricoltura alla Esposizione universale di Parigi nel 1878, Roma, Regia Tipografia. Maccioni M. (1935), I fagioli Phaseolus e Dolcihos, «Bulletti- no della R. Società Toscana di Orticultura», 20(5/6), pp. 80-88. Morri A. (1840), Vocabolario romagnolo-italiano, Faenza, dai tipi di Pietro Conti all’Apollo. Usi culinari: i semi vengono consumati in insala- Regione Toscana (2019), Fagiolo Rosso di Lucca, URL: [consultato il 14/10/2019]. Coltivazione: la semina avviene in maggio, men- tre la raccolta ad agosto. * * * Note: il ‘Rosso di Pietragavina’ (nome coniato da- gli Autori del presente volume) è simile (sia per 20. Nome: fagiolo ‘Viola di Romagnese’ portamento, sia per morfologia dei semi) al ‘Ros- so di Lucca’, coltivato sin dai primi decenni del Sinonimi: − Novecento. Non è escluso che entrambi derivino da una cultivar commerciata su scala nazionale Nome scientifico: Phaseolus vulgaris L. subsp. agli inizi del secolo scorso, come ad esempio il fa- vulgaris giolo nano ‘D’Italia rosso striato’ (con semi «gros- si a rognone, carnei con strie violette») citato fra Famiglia: Fabaceae le principali cultivar del 1935. Non va tuttavia dimenticato che alcuni fagioli a seme rosso, sia Categoria: cultivar obsoleta (?) lucchesi sia del limitrofo Appennino Piacentino, risultano essere stati presentati all’Esposizione Descrizione: fagiolo mangiatutto, a portamen- universale di Parigi del 1878 («Fagioli rossi luc- to rampicante. Il baccello (legume) a maturità chesi» e «Fagioli rossi di S. Antonio a Trebia» [sic], è di colore viola intenso; non presenta filo (fibre Piacenza). Affine al ‘Rosso di Pietragavina’, ma longitudinali sclerenchimatiche). I fagioli (semi) con semi più tozzi, è pure il fagiolo ‘Grisó’ dell’Ap- sono lunghi 14-16 mm, strettamente ellissoida-

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 71 Figura 3.21. Fagiolo ‘Viola di Romagnese’ su pali tutori. La raccolta dei legumi avviene a (foto e grafica di M. estate inoltrata, quando i semi sono già parzial- Canella). mente sviluppati. Se raccolti prima, come ricorda il sig. Lazzati, «sembra di mangiare erba.»

Note: questo fagiolo è chiamato comunemente dal sig. Lazzati “cornetto viola”. Le cultivar di fa- giolo mangiatutto a legume viola sono commer- ciate dagli anni ’90 dell’Ottocento; una delle più celebri è il ‘Trionfo violetto’ (noto anche come ‘A cosse violette sans fil’ e ‘Re dei bleu’; la variante nana è chiamata ‘Purple queen’), morfologica- mente molto simile al ‘Viola di Romagnese’ (nome coniato dagli Autori di questo libro), tuttora ven- duto dalle principali ditte sementiere italiane ma li-reniformi, di colore bruno-rossiccio uniforme anche all’estero come heirloom variety italiana. e lucidi; l’ilo è bianco, contornato da un’ampia area marrone scuro. Bibliografia Dufour A. (1891), Rassegna di nuovi ortaggi (continuaz. vedi numero 2), «»Bullettino della R. Toscana di Orticultura», Storia: questo fagiolo è stato tradizionalmente 16(4), pp. 108-111. autoprodotto dalla famiglia del sig. Mario Laz- Locatelli A. (2011), Il fagiolino rampicante è facile da colt- zati (classe 1951) di Casa Novelli di Romagnese, il ivare e fornisce un abbondante raccolto, «Vita in cam- quale lo ha coltivato fino al 2018. pagna», n. 5 del 01/05/2011, pp. 23-25. Whealy K. (2004), Garden seed inventory: an inventory of seed Località di coltivazione: il ‘Viola di Romagnese’ catalogs listing all non-hybrid vegetable seeds available in the United States and Canada, Seed Savers Exchange. è stato coltivato a Casa Novelli di Romagnese, nell’alta Val Tidone pavese. * * * Status di conservazione: i semi sono stati acqui- siti dalla Banca del Germoplasma dell’Università 21. Nome: grano saraceno ‘Nustran’ di Pavia nel 2017, prima che il sig. Lazzati nel 2017 perdesse la sua semente a causa di un tonchio [ve- Sinonimi: Farina negra, Fraina, Furmentùn, rosimilmente il tonchio del fagiolo, Acanthosceli- des obtectus (Say, 1831), che compie il suo ciclo Nome scientificoFagopyrum esculentum Moench vitale nei semi dei fagioli e di altre leguminose]. Famiglia Polygonaceae Usi culinari: i legumi interi, giunti quasi a matu- razione, vengono lessati e consumati in insalata. Categoria: landrace Il colore viola, durante la cottura, scompare. Descrizione: Il grano saraceno ‘Nustran’ è una Coltivazione: le piante sono fatte arrampicare pianta erbacea annuale a crescita indetermina-

72 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete ta, alta circa 150 cm, con fusto eretto, cilindrico, di 8-9 mm di diametro e con intensa colorazio- ne antocianica rossastra. Le foglie sono alterne, picciolate alla base della pianta e sessili verso l’apice, con lamina sagittata, verde scuro. L’in- fiorescenza è densa, i boccioli sono privi di colo- razione antocianica; i fiori, portati da peduncoli lunghi 3-4 mm, hanno perianzio di diametro pari 3-3,5 mm, costituito da 5 tepali bianchi. I frutti sono acheni (impropriamente chiamati “semi”) lunghi 6-7 mm, superanti il perianzio, ovoidi, tri- goni, di colore marrone scuro e opachi.

Storia: il grano saraceno, originario della Cina, è conosciuto in Valtellina almeno dal 1616 (in Ita- lia era noto già dal secolo precedente). Divenuto nel XIX secolo una delle più importanti piante coltivate a livello locale, nel corso del Novecen- to è stato via via abbandonato, per le laboriose Usi culinari: la farina ottenuta dalla macinazione Figura 3.22. Grano e costose operazioni di coltivazione (su pendii e del ‘Nustran’, e più in generale del grano saraceno saraceno ‘Nustran’ (foto e grafica di terrazzamenti) e di raccolta (eseguita a mano). (farina nera), è utilizzata per la preparazione della M. Canella). Coltivazioni di questa landrace, così come del “polenta nera”. Aggiungendo burro e formaggio ‘Curunin’ (vedi Note), persistono tutt’oggi in pro- a dadi si ottiene invece la “polenta taragna” (altro- vincia di Sondrio, seppur limitate. ve cucinata con la farina gialla di mais); la “polen- ta in fiore” si prepara come la prima, ma facendo Località di coltivazione: cuore della coltivazione cuocere la farina nella panna anziché nell’acqua. del grano saraceno ‘Nustran’ è la Valtellina (Son- Esiste un’ulteriore variante, la polenta mugna, che drio) e in particolare i comuni di Teglio, Vervio e prevede la farina di grano saraceno miscelata con Postalesio, fino a una quota di 850 m. altre farine, come quelle di mais e frumento.

Status di conservazione: è attualmente colti- Coltivazione: grazie al ciclo vegetativo breve, vato da diversi agricoltori custodi in Valtellina che varia dai 60 ai 100 giorni, si adatta bene (Patrizio Mazzucchelli e Riccardo Finotti, Teglio). all’ambiente montano, sebbene tema le tempe- Un’accessione costituita da 10.000 acheni è pre- rature sotto i 6° C. La semina viene effettuata a servata presso la Banca del Germoplasma Vege- spaglio, con sesto d’impianto di 60-70 kg di se- tale dell’Università di Pavia. Questa landrace vie- mente per ettaro, nel mese di maggio, quando ne annualmente propagata in purezza nell’Orto la temperatura minima non è inferiore agli 8° C. Botanico di Pavia. La sua coltivazione a scopo La raccolta si svolge manualmente a partire dalla conservazionistico è in fase di sperimentazione seconda metà di ottobre. La raccolta tradizionale anche da parte del Consorzio Forestale di Prata avviene utilizzando un falcetto. I fusti vengono Camportaccio, in Valchiavenna. lasciati a seccare nel campo in mazzi, impilati in

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 73 dell’Ambiente e del Territorio Montano, Facoltà di piccole capanne a forma di cono che prendono il Scienze Agrarie e Alimentari, Università degli Studi nome di “caséle”. di Milano, URL: Note: la landrace ‘Curunin’, coltivata a Teglio [consultato il 24/10/2019]. (Sondrio) e dintorni fino a 1.200 m di quota, Saini S. (2014), Il grano saraceno in Valtellina: analisi delle po- si differenzia per gli acheni più piccoli, lunghi tenzialità di reintroduzione e diffusione, Corso di Laurea in Valorizzazione e Tutela dell’Ambiente e del Territorio 5-6 mm, e più chiari, di colore grigio. Chiamata Montano, Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari, Univer- anche ‘Frances’ e ‘Furest’, un tempo si riteneva sità degli Studi di Milano, URL: [consultato il 24/10/2019]. Il grano saraceno siberiano ‘Valtellinese’ appar- Touring Club Italiano (1931), Guida gastronomica d’Italia, tiene a una specie distinta [Fagopyrum tataricum Milano, Touring Club Italiano. (L.) Gaertn.], nativa dell’Asia centro-settentriona- le, e si riconosce per i fiori di minori dimensioni, * * * con tepali giallo-verdastri, e per gli acheni con facce solcate (anziché lisce), con spigoli sinuati o 22. Nome: mais ‘Bianco quarantino’ dentati. Introdotto nel 1786 a Bormio (Sondrio), venne coltivato (spesso in consociazione con pa- Sinonimi: Valle d’Oglio. tate e segale) in Valtellina e in Valle Camonica (Brescia), dove oggi sopravvive solo presso meno Nome scientifico: Zea mays L. subsp. mays di dieci agricoltori o come infestante di F. escu- lentum. La sua farina veniva addizionata a quella Famiglia: Poaceae del grano saraceno per preparare polente o l’im- pasto dei pizzoccheri, mentre oggi è rinomato Categoria: landrace per le sue caratteristiche nutraceutiche Descrizione: il ‘Bianco quarantino’, nonostante il Bibliografia nome, è un mais a ciclo medio-tardivo. Le pan- Anonimo (2019), Mais rosso in Valchiavenna. Analisi ok. Il nocchie (catoclesi), lunghe 16 cm e larghe 4 cm, prodotto è bio, «La Provincia di Sondrio», URL: [consultato il 24/10/2019]. sono lunghe 1,2 cm e larghe 1 cm, a sagoma qua- Barcaccia G., Volpato M., Gentili R., Abeli T., Galla G., Ors- si quadrata e un po’ appiattite, di colore bian- enigo S., Citterio S., Sgorbati S., Rossi G. (2015), Genetic co-crema, recanti all’apice un’evidente fossetta identity of common buckwheat (Fagopyrum esculentum lunga e stretta, in corrispondenza della quale si Moench) landraces locally cultivated in the Alps, «Genet- trova una macchia di un bianco candido. ic Resources and Crop Evolution», 63(4), pp. 639-651. Mandelli M. (2017), Di Cibo, di Storia, di Ricette. Tipicità valtellinesi e valchiavennasche a tavola: la tradizione Storia: il ‘Bianco quarantino’ è coltivato sin dal continua..., Sondrio, Banca Popolare di Sondrio. 1930 circa dalla famiglia della sig.ra Angiolina Moraschinelli N. (2018), Studio e valorizzazione di una Vezzoli, che ne ha tramandato la coltivazione al cultivar locale tradizionale: il grano siberiano valtelli- figlio. È stato recuperato dalla Banca del Germo- nese, Corso di Laurea in Valorizzazione e Tutela plasma dell’Università di Pavia nel 2015.

74 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Località di coltivazione: è coltivato in un singolo appezzamento a Basse Oglio di Calcio (Bergamo).

Status di conservazione: i semi di questa landra- ce sono conservati presso la Banca del Germo- plasma Vegetale dell’Università di Pavia.

Usi culinari: le cariossidi vengono macinate per ottenere farina da polenta bianca.

Coltivazione: il ‘Bianco quarantino’ viene semi- nato tra fine marzo e inizio aprile, per poi essere raccolto in agosto. È dichiarato, da chi lo coltiva, resistente alle malattie. Per la semente vengono selezionate le pannocchie di aspetto migliore dalle piante situate al centro del campo; le ca- riossidi non vengono mai sgranate dall’apice della pannocchia. Bibliografia Figura 3.23. Mais Bertolini M. (2002), Mais in Lombardia: varietà tradiziona- ‘Bianco quarantino’ li. Quaderni della ricerca, Milano, Regione Lombardia, (foto e grafica di Note: l’insieme delle caratteristiche morfologi- Bergamo, Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura, M. Canella). che ci permettono di classificare il ‘Bianco qua- Sezione di Bergamo. rantino’ nel gruppo dei mais Righetta bianca, Brandolini A., Brandolini A. (2006), Il Mais in Italia. Storia includente landrace, conosciute soprattutto per naturale e Agricola, Bergamo, Crf Bergamo. Veneto e Friuli-Venezia Giulia, semi-tardive, con- Unimont (2019), Mais Ottofile bianco mantovano, URL: traddistinte da cariossidi semidentate (con endo- [consultato il 04/10/2019]. sperma in parte farinoso e in parte vitreo), proba- bilmente originatesi per incrocio di mais Bianco Perla (vitrei) con antichi dentati bianchi degli Sta- * * * ti Uniti meridionali (ad esempio lo ‘Hickory King’). Questa landrace non è da confondere l’‘Ottofile 23. Nome: mais ‘Ganassina’ bianco mantovano’ acquisito recentemente a Cre- mona dall’Università della Montagna (Università Sinonimi: – di Milano), distinto per le cariossidi interamente vitree; e soprattutto con il ‘Cinquantino bianco’ di Nome scientifico: Zea mays L. subsp. mays San Benedetto Po (Mantova) e con il ‘Quarantino bianco’ di Erbusco (Brescia), entrambi recupera- Famiglia: Poaceae ti dall’attuale Unità di ricerca per la maiscoltura (CREA-MAC) di Bergamo nel 1954 e appartenenti Categoria: landrace al gruppo dei mais Microsperma, caratterizzati da ciclo vegetativo medio-precoce, pannocchie coni- Descrizione: il ‘Ganassina’ è un mais a ciclo me- che o quasi e cariossidi semi-vitree. dio-tardivo. Le pannocchie (catoclesi), avvolte

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 75 Status di conservazione: i semi di questa landrace sono conservati persso la Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia. In passato le ca- riossidi erano maggiormente appuntite tanto che, come ricorda Cisarani, le pannocchie pungevano al tatto. Possibili eventi di introgressione con altri mais vitrei hanno attenuato questa caratteristica.

Usi culinari: le cariossidi vengono macinate per ottenere farina da polenta.

Coltivazione: per evitare l’incrocio con altri mais, il ‘Ganassina’ viene coltivato in un campo ripara- to dai filari dei vigneti. La raccolta viene eseguita sempre a mano e la molitura è eseguita per mez- zo di un mulino elettrico di proprietà dello stesso coltivatore. da abbondanti brattee (foglie modificate), sono lunghe 24-25 cm e larghe 5-6 cm, cilindriche, con Note: i caratteri morfologici qui presentati con- Figura 3.24. 14 ranghi dritti e ben serrati; il tutolo è bianco. sentono di attribuire il ‘Ganassina’ al gruppo dei Mais ‘Ganassina’ Le cariossidi sono vitree, piuttosto lucide, lunghe mais Scaglioli (si veda la scheda dello ‘Scagliolo (foto e grafica di M. Canella). 6-7 mm, con pericarpo di colore arancione inten- di Carenno’). Ulteriore prova è fornita dal nome so; l’apice di profilo è da arrotondato a quasi ap- dialettale, che è una variante di “ganascina”, un piattito, ma sulla faccia rivolta verso la parte alta sinonimo di “scagliolo”. della pannocchia (in corrispondenza dell’inser- zione dello stilo) porta spesso una piccola punta Bibliografia percepibile al tatto. Brandolini A., Brandolini A. (2006), Il Mais in Italia. Storia naturale e Agricola, Bergamo, Crf Bergamo. Zapparoli T.V. (1924), Granoturco “Scagliolo„, «L’Italia Agri- Storia: il mais ‘Ganassina’ è coltivato a San Co- cola», 61(8), pp. 378-383. lombano al Lambro (Milano) almeno dagli anni ’30-’40 del Novecento dal padre del sig. Ernesto Cisarani (classe 1940); all’epoca era diffuso anche * * * presso altri agricoltori, ma, considerata la sua mi- nore produzione rispetto agli ibridi moderni in- 24. Nome: mais ‘Marano’ trodotti a partire dalla fine degli anni ’40 (due contro cinque quintali per pertica milanese), è Sinonimi: Malga rüsa, Merano stato gradualmente abbandonato. Il sig. Cisarani continua tutt’oggi a coltivare questo mais. Nome scientifico: Zea mays L. subsp. mays

Località di coltivazione: San Colombano al Lam- Famiglia: Poaceae bro (Milano), un campo di 300 metri quadri.

76 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Figura 3.25. ‘Marano’ si diffuse rapidamente in tutta la Lom- Pannocchie di bardia e il Veneto, insediandosi con successo nel- ‘Marano’ reperite in le aree a clima più caldo. Dopo la Seconda guerra Oltrepò Pavese, in zona montana, dal mondiale, come gran parte dei mais tradizionali, sig. Daniele Nobile venne soppiantato dalle nuove cultivar “ibride”. (foto di C. Ballerini). Il suo ricordo è tuttavia ancora vivo tra gli anzia- ni, che lo reputano fra i migliori mais da polenta.

Località di coltivazione: prima della Seconda guerra mondiale il ‘Marano’ era diffuso su tutto il territorio regionale. Un’accessione è stata re- cuperata dall’Unità di Ricerca per la Maiscoltura Categoria: cultivar obsoleta (CREA-MAC) di Bergamo a Oreno di Vimercate (Monza e Brianza) nel 1954; più di recente diver- Descrizione: il ‘Marano’ è un mais a ciclo vege- si campioni sono stati acquisiti dalla Banca del tativo medio, raggiungente un’altezza di 1,8-2 Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia m, ma talvolta, nei terreni più fertili, oltrepassa nell’Oltrepò Pavese collinare e montano (Fortu- i 2,5-3 m. Le foglie sono mediamente abbondan- nago, Romagnese, Santa Maria della Versa). ti e sono dotate di lamina eretta. Su ogni culmo sono inserite in genere più pannocchie (fino a Status di conservazione: i semi di alcune acces- 3-4 o più), che sono lunghe 12-20 cm e larghe sioni lombarde sono conservati presso la Banca 3,5-4 cm, cilindriche, con 12-14 ranghi dritti o si- del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pa- nistrorsi e tutolo bianco. Le cariossidi sono molto via e il CREA-MAC di Bergamo. vitree, di colore rosso aranciato, lucide, quasi iso- diamentriche (lunghezza di 8 mm e larghezza di Usi culinari: le cariossidi vengono tradizional- 7,5 mm), con apice pressoché appiattito. mente macinate per ottenere farina da polenta, spesso mescolata a quella di altri mais, come gli Storia: il mais ‘Marano’ nasce verso il 1890 a Ottofile. Marano Vicentino (Vicenza), per opera dell’agri- coltore Antonio Fioretti, che incrociò il ‘Nostra- Coltivazione: per ottenere granella, in passato no locale’ (un mais precoce cinquantino di bas- veniva seminato tra maggio e i primi giorni di sa statura e con pannocchia conica, impiegato giugno, in secondo raccolto dopo altre colture, come impollinante) con il ‘Pignoletto d’oro’ di soprattutto foraggere (es. trifoglio incarnato), Rettorgole di Caldogno (Vicenza) (più alto e tar- raramente frumento (che veniva raccolto a giu- divo, con cariossidi quasi rosse). Fioretti nel corso gno inoltrato, facendo quindi ritardare di molto degli anni migliorò il suo mais procedendo alla la maturazione del mais); il raccolto avveniva selezione massale dei caratteri più vantaggio- nella prima decade di settembre. Come fonte di si (pannocchie multiple per culmo e precocità), foraggio poteva essere invece seminato più tar- operazione continuata dal 1934 dall’allora Sta- di, per tutto il mese di agosto. In origine produ- zione Sperimentale di Maiscoltura di Bergamo. ceva 60-65 quintali per ettaro (a volte fino a 80 Grazie alla propaganda di questa istituzione, il quintali).

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 77 Figura 3.26. Mais ‘Nero spinoso’ (foto Note: il termine dialettale dell’Oltrepò Pavese di C. Ballerini). “malga rüsa” (“meliga rossa”), secondo le testimo- nianze dei sigg. Alvaro (classe 1951) e Valentino “Tino” Albanesi (classe 1939) di Stradella (Pavia), si applica anche alla saggina [Sorghum bicolor (L.) Moench subsp. bicolor Technicum Group]. A Nuova Olonio di Dubino, in Valchiavenna (Son- drio), è stato da noi individuato un incrocio deli- berato tra ‘Marano’ e probabilmente un rostrato locale, chiamato, per la forma cilindrica e il colore da rosso a nero delle pannocchie, ‘Tuscanel’ (in onore del sigaro toscanello). È coltivato per pro- Descrizione: pianta a ciclo medio-precoce, me- durre farina da polenta dalla sig.ra Mariella Nar- diamente vigorosa, alta circa 230-240 cm, con do (classe 1945), che lo ha erditato dalla madre apparato radicale ben sviluppato. Le foglie sono (classe 1900), originaria di Verceia (Sondrio). patenti (formano un angolo retto con il culmo) e presentano una caratteristica colorazione bru- Bibliografia no-rossiccia (sia sulla lamina sia sulla guaina), Bertolini M. (2002), Mais in Lombardia: varietà tradiziona- che si osserva anche sulle brattee (ma non sul li. Quaderni della ricerca, Milano, Regione Lombardia, culmo, sulle sete e sulle antere, che non accu- Bergamo, Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura, Sezione di Bergamo. mulano pigmenti). La pannocchia (catoclesio), Brandolini A., Brandolini A. (2006), Il Mais in Italia. Storia in genere una sola per culmo, è inserita a circa naturale e Agricola, Bergamo, Crf Bergamo. 105-110 cm da terra ed è di forma cilindro-conica, Guzzon F., Ardenghi N.M.G., Bodino S., Tazzari E.R.. Rossi G. lunga 16-18 cm e larga 4 cm, con 14-16 ranghi. Le (2019), Guida all’Agrobiodiversità vegetale della Provin- cariossidi sono vitree, portano all’apice un rostro cia di Pavia, Pavia, Pavia University Press. caratteristico e hanno il pericarpo di un colore Zapparoli T.V. (1939), Il granoturco «Marano», «L’Italia Agri- cola», 76(3), pp. 155-159. bruno-vinato uniforme (per l’accumulo di flavo- noidi, in particolare flobafeni), da cui il nome va- rietale; l’endosperma è invece giallo scuro. * * * Storia: il mais ‘Nero spinoso’ è coltivato dalla 25. Nome: mais ‘Nero spinoso’ famiglia Saloni in località Annunciata di Pian- cogno sin dagli inizi del Novecento; la sua colti- Sinonimi: Mèlga negra spinúsa, Nero spinoso di vazione è stata ripresa nel 2015. Attorno al 2010 Valle Camonica, Rostrato di Esine, Spinato di Esi- è stato introdotto a Pertica Alta, dove una linea ne, Spinùs con cariossidi rosse (chiamata “spinùs”) è in fase di selezione. Nome scientifico: Zea mays L. subsp. mays Località di coltivazione: il mais ‘Nero spinoso’ Famiglia: Poaceae è tradizionalmente coltivato in Val Camonica, provincia di Brescia, nei comuni di Esine e Pian- Categoria: landrace; varietà da conservazione cogno. La sua coltivazione è consigliata anche

78 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete per i limitrofi comuni di Angolo Terme, Berzo Note: come il ‘Rostrato di Val Chiavenna’, il ‘Ro- Inferiore, Bienno, Borno, Cividate Camuno, Darfo strato rosso di Rovetta’, lo ‘Spinato di Gandino’ Boario Terme, Lozio, Malegno, Ossimo e Prestine. e altri mais lombardi non oggetto di scheda nel Recentemente è stato introdotto anche a Pertica presente libro, il ‘Nero spinoso’ appartiene al Alta (Valle Sabbia). gruppo Rostrata, includente landrace con carios- sidi da vitree a semi-vitree, all’apice delle quali è Status di conservazione: con decreto del inserito un caratteristico rostro appuntito. MIPAAF 14 dicembre 2015 il ‘Nero spinoso’ è sta- to iscritto al Registro nazionale delle varietà da Bibliografia conservazione (codice 17095); responsabile della Ardenghi N.M.G., Rossi G., Guzzon F. (2018), Back to beaked: Zea mays subsp. mays Rostrata Group in northern Italy, conservazione in purezza sono l’Unità di Ricerca refugia and revival of open-pollinated maize landraces per la Maiscoltura (CREA-MAC) di Bergamo e il in an intensive cropping system, «PeerJ», e5123. Centro di Studi Applicati per la Gestione Soste- Buffoli M. (2015), Caratterizzazione e valorizzazione di nibile e la Difesa della Montagna (Ge.S.Di.Mont.) un’antica varietà di mais della Valle Camonica: il mais dell’Università degli Studi di Milano. I semi sono Nero spinoso. Corso di Laurea in Valorizzazione e Tu- conservati presso la Banca del Germoplasma Ve- tela dell’Ambiente e del Territorio Montano, Univer- sità degli Studi di Milano, Facoltà di Scienze Agrarie e getale dell’Università di Pavia e al CREA-MAC. Alimentari, URL: [consultato il 01/10/2019]. Regione Lombardia (2017), Mais nero spinoso di Valle Ca- Coltivazione: il ‘Nero spinoso’ si è mantenuto monica. In: Schede descrittive delle varietà ortive da conservazione, URL: [consultato il 01/10/2019]. nella frazione Annunciata di Piancogno, loca- UNIMONT (2015), Intervista Saloni mais blu spina- lità montana isolata. La semina viene eseguita to 10 02 2015, URL: [consultato il 01/10/2019]. di 20-30 cm lungo la fila e un interfilare di 70- 75 cm. Le piante vengono concimate mediante * * * concimi organici o minerali; l’irrigazione è ope- rata con sistemi ad aspersione o a goccia ma non 26. Nome: mais ‘Ottofile del Pavese’ risulta necessaria nel caso di piogge frequenti e ben distribuite nell’arco estivo. La raccolta delle Sinonimi: Mélga, Ottofile pavese, Ottofile Vo- pannocchie in genere viene effettuata a mano. ghera, Ottofile vogherese, Vot tér La pianta può essere affetta da attacchi da parte della piralide [Ostrinia nubilalis (Hubner, 1796)] o Nome scientifico:Zea mays L. subsp. mays di patogeni fungini che causano marciumi del- lo stocco e dell’infruttescenza [Gibberella zeae Famiglia: Poaceae (Schwein.) Petch, Fusarium graminearum Schwa- be, F. culmorum (W.G.Sm.) Sacc.], oltre che la pro- Categoria: landrace duzione di micotossine. Descrizione: il mais ‘Ottofile del Pavese’ appar-

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 79 Figura 3.27. Semi di mais ‘Ottofile ovvero file di semi. Il tutolo è di colore bianco. del Pavese’ (foto di I semi (cariossidi), piuttosto appiattiti e tipi- F. Guzzon). camente più larghi che lunghi, sono di colore arancione.

Storia: fino agli anni ’60 del XX secolo il mais ‘Ottofile del Pavese’ era ampiamente coltivato in provincia di Pavia, soprattutto per la produzione di polenta, anche nelle aree montane dell’Ol- trepò. Successivamente è stato soppiantato dai mais ibridi dentati di origine nordamericana e si è quasi estinto. Solo pochissimi agricoltori (nei comuni di Santa Maria della Versa, Varzi e Santa Margherita di Staffora) hanno continuato a col- tivarlo fino ai nostri giorni, come consuetudine Figura 3.28. Pannocchie di mais famigliare. ‘Ottofile del Pavese’ Brandolini e Brandolini (2006) citano per la pro- (foto di C. Ballerini). vincia di Pavia un mais Ottofile detto “Voghera”; nel presente volume si è utilizzato un appella- tivo generico, “Pavese” ovvero della provincia di Pavia, in quanto risulta coltivato in passato in diverse aree della provincia, tanto di pianura quanto di collina e di montagna (non solo nella zona di Voghera quindi). Lo stesso campione di riferimento, precedente l’introduzione degli ibri- di americani, proviene da Zinasco, in Lomellina. Partendo da campioni di semi conservati a lungo termine presso l’Unità di Ricerca per la Maiscol- tura (CREA-MAC) di Bergamo e la Banca del Ger- tiene alla categoria dei mais vitrei, caratteriz- moplasma Vegetale dell’Università di Pavia, si è zati da semi (cariossidi) con endosperma (il tes- reintrodotta la coltivazione di questa landrace suto di riserva del seme) di consistenza molto nel territorio provinciale, in zone sia di pianura dura e aspetto vitreo. È un mais a ciclo medio, sia collinari e montane dell’Oltrepò. Il ripristino che giunge a maturazione entro agosto (la se- di questa varietà in zone oltrepadane e la cre- mina, almeno in pianura, avviene ad aprile, in azione di una filiera produttiva è uno dei punti Oltrepò montano invece a maggio, anche inizio fondamentali del progetto “Attiv-Aree” per l’Ol- giugno). L’altezza della pianta è pari a circa 190 trepò Pavese, attualmente in corso e finanziato cm. La pannocchia (catoclesio) è piuttosto lun- dalla Fondazione Cariplo. ga, circa 20-25 cm, con un diametro di 35 mm e caratterizzata, come suggerisce il nome del- Località di coltivazione: ancora coltivato spo- la varietà locale, normalmente da otto ranghi, radicamente in zone collinari dell’Oltrepò Pa-

80 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete vese, a Varzi (in località Pietragravina, sig. Dino Coltivazione: la semina avviene in aprile e la Guidi), Santa Maria della Versa (sig. Eugenio raccolta delle pannocchie in agosto in pianura, Achilli) e Santa Margherita di Staffora (famiglia mentre in Appennino da maggio a settembre Primo Volpini, Agriturismo “Il Biancospino”) da (ottobre). La coltivazione è messa in pericolo pochissime famiglie che lo producono da lungo occasionalmente dagli attacchi degli insetti Dia- tempo, come tradizione di famiglia; più recen- brotica virgifera J.L.LeConte, 1868 subsp. virgifera temente, da almeno dieci anni è stato riportato e Ostrinia nubilalis (Hubner, 1796), ma anche da invece a Ponte Nizza (frazione San Ponzo Semo- attacchi fungini, oltre che dalle scorribande di la, Azienda Verardo) e quindi sperimentalmente ungulati come i cinghiali. Pertanto è una varietà da pochi anni in varie aziende nell’ambito del la cui coltivazione deve essere seguita con atten- progetto Attiv-Aree (cofinanziato dalla Fonda- zione, meglio coltivando piccoli campi, protetti zione Cariplo) nei comuni di Val di Nizza (in lo- con recinzioni dotate di elettricità (in collina e calità Sant’Albano), Romagnese e Zavattarello montagna), svolgendo manualmente e con tec- e in espansione. Nelle zone di pianura, tra Pavia niche tradizionali le varie fasi della coltivazio- e Voghera, è invece stato riscoperto e coltivato ne sessa. La produttività è in genere modesta, già da alcuni anni, grazie all’impegno dell’ITAS, dell’ordine di 15-20 quintali a ettaro. Molto im- Istituto Tecnico Agrario Statale, “Carlo Gallini” di portante è il controllo della presenza di tossine Voghera. nella cariosside e nella farina, pericolose per l’a- limentazione umana e animale. Questo control- Status di conservazione: i semi utilizzati per la lo, nel migliore dei casi, si può ottenere grazie a rimessa in coltura recente provenivano origi- una coltivazione aziendale limitata in superficie nariamente da Zinasco, raccolti nel 1954, prima e curata manualmente, scartando le pannocchie dell’introduzione dei moderni ibridi; essi sono visibilmente con muffe fin dalla raccolta in cam- conservati e riprodotti circa ogni 4-5 anni pres- po e ponendo una particolare cura anche nell’es- so il CREA-MAC di Bergamo (centro ricerche del sicazione post-raccolto. MIPAAF). Ulteriori accessioni, recuperate a parti- re dal 2012, sono conservate ex situ a lungo ter- Bibliografia mine presso la Banca del Germoplasma Vegetale Alberici A. (1998), La tavola del gran pavese. Enogastrono- mia, cultura, tradizioni e folclore in Lomellina, Oltrepò, dell’Università di Pavia. L’ITAS Gallini di Voghera Pavese, Padova, Franco Muzzio. da oltre 10 anni lo riproduce in purezza, nell’A- Ardenghi N.M.G., F. Polani (2016), La flora della provincia zienda agricola di sua proprietà. di Pavia (Lombardia, Italia settentrionale). 1. L’Oltrepò Pavese, «Natural History Sciences», Atti Soc. it. Sci. nat. Usi culinari: il mais ‘Ottofile del Pavese’ è colti- Museo civ. Stor. nat. Milano, 3 (2), pp. 51-79. vato principalmente per la polenta, ma si stanno Arrigone C. (2000), Le stagioni del contadino, Vigevano Edizioni, Clematis. anche sperimentando altri tipi di prodotti come: Brandolini A., A. Brandolini (2006), Il Mais in Italia. Storia farina fine da dolci (fioretto), gallette, birra tipo Naturale e Agricola, Bergamo, Crf Bergamo. weiss, pasta per celiaci, prodotti da forno, come Bertolini M. (2002), Mais in Lombardia: varietà tradiziona- pane e biscotti. Con la farina fioretto di questo li, Quaderni della ricerca, Milano, Regione Lombardia; mais si producono tradizionalmente e anche Bergamo, Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura, oggi dolci conosciuti come pangialdini, tipici del Sezione di Bergamo. Gariboldi C.E. (2008), Mais ottofile, la riscoperta apprezzata periodo della festività dei morti, a novembre.

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 81 vitree, di colore arancione intenso, piuttosto luci- de, tipicamente più larghe che lunghe (“renifor- mi”: lunghezza 9-10 mm, larghezza 10-11 mm), ad apice largamente arrotondato.

Storia: il mais ‘Ottofile di Codera’ (nome coniato dagli Autori del presente libro) era tradizional- mente coltivato dagli anziani di Codera di Nova- te Mezzola (Sondrio) fino agli anni ’80 del No- vecento. Dopo la loro scomparsa, la coltivazione è proseguita grazie all’Associazione Amici della Val Codera, alla quale vennero affidati i semi di questa landrace. In passato i mais ottofile erano verosimilmente diffusi tra Valchiavenna e Sviz- zera: a favore di questa supposizione è il ritrova- mento nel confinante cantone dei Grigioni (nel Figura 3.29. Mais dai gourmet. Tornano le produzioni antiche, «La Provin- comune di Masein) di un’accessione che, seppur ‘Ottofile di Codera’ cia Pavese» del 18 marzo 2018, p. 29. variabile per quanto riguarda numero di ranghi (foto di C. Ballerini). Istituto centrale di statistica del Regno d’Italia (1935), e colore delle cariossidi, è chiaramente ricondu- Catasto agrario 1929-VIII. Compartimento della Lombar- cibile a questa categoria di mais vitrei. dia. Provincia di Pavia. Fascicolo 17, Roma, Istituto Poli- grafico dello Stato, Libreria. Jaberg K., Jud J. (1937), Sprach und Sachatlas Italiens und Località di coltivazione: questo mais da polenta der Südschweiz, (AIS) è unicamente coltivato a Codera di Novate Mez- zola, in Valchiavenna (Sondrio).

* * * Status di conservazione: i semi sono conserva- ti presso la Banca del Germoplasma Vegetale 27. Nome: mais ‘Ottofile di Codera’ dell’Università di Pavia. È coltivato a scopo con- servazionistico dall’Associazione Amici della Val Sinonimi: – Codera.

Nome scientifico: Zea mays L. subsp. mays Usi culinari: le cariossidi vengono macinate per ottenere farina da polenta. Famiglia: Poaceae Coltivazione: dati al momento non disponibili. Categoria: landrace Bibliografia Descrizione: l’‘Ottofile di Codera’ presenta pan- Schilperoord P. (2014), Plantes cultivées en Suisse – Le maïs, nocchie (catoclesi) lunghe 15-28 cm e larghe Alvaneu, Verein fur alpine Kulturpflanzen. 3,5-4 cm, cilindriche, con otto ranghi dritti ben distanziati; il tutolo è bianco. Le cariossidi sono * * *

82 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 28. Nome: mais ‘Rostrato di Val Chiavenna’

Sinonimi: –

Nome scientifico: Zea mays L. subsp. mays

Famiglia: Poaceae

Categoria: landrace

Descrizione: pianta vigorosa, con ciclo vege- tativo medio-tardivo. Le foglie hanno lamina eretto-patente, ampia, verde scuro, con apice ricurvo. La pannocchia (catoclesio), in genere una per culmo, è cilindrica, lunga 12-19 cm, larga 3,5-5 cm, con 14-16 ranghi, in genere ben distan- ziati (la sezione trasversale della pannocchia è a Località di coltivazione: diversi comuni apparte- Figura 3.30. Mais forma di stella), ma talvolta compatti (sezione nenti alla Comunità Montana della Valchiaven- ‘Rostrato di Val Chiavenna’ coltivato della pannocchia circolare). Le cariossidi sono na (Sondrio): Chiavenna, Gordona, Prata Cam- dalla sig.ra Anna da vitree a semi-vitree, di forma obovata, lunghe portaccio e Samolaco. Miracca di San 10-13 mm e larghe 7-8 mm, portanti all’apice un Cassiano di Prata Camportaccio, caratteristico rostro, che a volte però (in popo- Status di conservazione: i semi di questa landra- Sondrio (foto lazioni con caratteri che si avvicinano agli Sca- ce sono conservati presso la Banca del Germo- e grafica di M. glioli) può essere solo abbozzato; il pericarpo plasma Vegetale dell’Università di Pavia e l’Unità Canella). è da rosso aranciato fino a marrone, spesso con di Ricerca per la Maiscoltura (CREA-MAC) di Ber- una macchia più chiara (giallo-arancio) all’apice, gamo (VA 1196). Selezione e coltivazione in pu- dove talvolta si trova anche una piccola depres- rezza vengono condotti dall’Università di Pavia e sione (“dentatura”). dalla Comunità Montana della Valchiavenna dal 2016 in collaborazione con il Consorzio Forestale Storia: il mais ‘Rostrato di Val Chiavenna’ è col- di Prata Camportaccio. tivato almeno dagli inizi del Novecento, come nel caso della famiglioa Masolini di Samolaco o Usi culinari: le cariossidi vengono macinate per della sig.ra Anna Miracca di San Cassiano di Pra- ottenere farina da polenta; recentemente è stato ta Camportaccio. Nel 1982 un’accessione è stata impiegato anche per la produzione di birra arti- campionata a Chiavenna dall’attuale Unità di gianale. Ricerca per la Maiscoltura (CREA-MAC) di Berga- mo. Dal 2016 è in fase di studio e di recupero da Coltivazione: la semina avviene in tarda prima- parte del Dipartimento di Scienze e della Terra vera, mentre la raccolta si esegue tradizional- dell’Università di Pavia in collaborazione con la mente il giorno di San Martino (11 novembre). Comunità Montana della Valchiavenna. Per evitare incroci con altre cultivar, i campi ven- gono collocati distanti da altri appezzamenti a

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 83 Categoria: landrace; varietà da conservazione

Descrizione: pianta vigorosa, con ciclo vegetati- vo (dalla germinazione alla raccolta) medio-tar- divo, di 120-130 giorni; raggiunge i 2 m e più di altezza. Le foglie sono larghe e patenti. Ogni culmo porta, all’incirca a metà dell sua altezza, una sola pannocchia (talvolta due), lunga 16-18 cm, cilindro-conica e con 12-14 ranghi ben di- stanziati; il tutolo può essere rosso o bianco. Le cariossidi, vitree o semi-vitree, sono munite di un caratteristico rostro all’apice; il pericarpo è di un colore rosso scuro, ad eccezione dell’apice, dove è situata una macchia più chiara di colore gial- lo-arancio, spesso accompagnata da una piccola fossetta (“dentatura”).

Storia: il mais ‘Rostrato rosso di Rovetta’ è coltiva- Figura 3.31. Mais mais. Le pannocchie raccolte lungo i margini dei to a Rovetta dalla famiglia di Giovanni Marinoni ‘Rostrato rosso di campi non vengono impiegate per la selezione sin dagli inizi del Novecento; la sua coltivazione Rovetta’ (foto di C. Ballerini, grafica di della semente. è stata recuperata a partire da alcune pannoc- M. Canella). chie scoperte nel 2004 da Aureliano Brandolini Bibliografia in un cesto ornamentale alla sagra della Patata Ardenghi N.M.G., Rossi G., Guzzon F. (2018), Back to beaked: di Rovetta. Zea mays subsp. mays Rostrata Group in northern Italy, refugia and revival of open-pollinated maize landraces in an intensive cropping system, «PeerJ», e5123. Località di coltivazione: è attualmente coltivato Bertolini M. (2002), Mais in Lombardia: varietà tradiziona- nei comuni bergamaschi di Cene, Rovetta, Son- li. Quaderni della ricerca, Milano, Regione Lombardia, gavazzo, ma il disciplinare ne permette la colti- Bergamo, Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura, vazione anche nei territori comunali limitrofi di Sezione di Bergamo. Castione della Presolana, Cerete, Clusone, Fino del Monte e Onore. La produzione di semente è * * * invece consentita solo a Rovetta.

29. Nome: mais ‘Rostrato rosso di Rovetta’ Status di conservazione: con decreto del MIPA- AF 11 ottobre 2016, il mais ‘Rostrato rosso di Ro- Sinonimi: Melgù, Melgòtt, Rampì, Rostrato Ma- vetta’ è stato iscritto al Registro nazionale delle rinoni varietà da conservazione (codice 17856); respon- sabile della conservazione in purezza è l’Unità Nome scientifico: Zea mays L. subsp. mays di Ricerca per la Maiscoltura (CREA-MAC) di Bergamo. I semi sono conservati presso la Ban- Famiglia: Poaceae ca del Germoplasma Vegetale dell’Università di

84 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Rovetta, URL: [consultato Pavia, al CREA-MAC e allo Svalbard Global Seed il: 01/10/2019]. Vault. Il 28 maggio 2011 è stata approvata dal Storie Enogastronomiche (2016), Mais Rostrato di Rovet- consiglio comunale di Rovetta la De.Co. “Mais ta, salvato da Giovanni Marinoni, URL: [consultato il: ciazione Rosso Mais, garantisce la provenienza 01/10/2019]. di farina e prodotti lavorati ottenuti con questa varietà. * * *

Usi culinari: le cariossidi vengono tradizional- 30. Nome: mais ‘Scagliolo di Carenno’ mente macinate per ottenere farina da polenta. In tempi recenti la farina è stata impiegata per Sinonimi: – produrre biscotti, dolci, gallette e gelati. Nome scientifico: Zea mays L. subsp. mays Coltivazione: predilige i terreni del fondovalle. La semina avviene tra fine marzo e inizio aprile, Famiglia: Poaceae disponendo i semi con una distanza nelle file di 28-30 cm, che sono separate tra loro 70-75 cm. Categoria: landrace; varietà da conservazione La raccolta si effettua generalmente nel mese di settembre. La produzione è pari a 40-50 quintali Descrizione: lo ‘Scagliolo di Carenno’ è un mais per ettaro (che equivale a circa la metà di quel- a ciclo medio-tardivo (di circa 145-155 giorni), la dei mais ibridi vitrei). Giovanni Marinoni ha alto fino a oltre 2 m. Le foglie hanno lamina mantenuto nel tempo questa questa landrace eretto-patente, con apice ricurvo. La pannocchia raccogliendo le pannocchie a mano, in modo (catoclesio) è singola e inserita all’incirca a metà che i semi non si mischiassero con quelli di altre del culmo (a 125-130 cm dal suolo); è lunga 15-22 cultivar/landrace nella mietitrebbiatrice. L’as- cm e larga 4-5 cm, di forma cilindro-conica, con sociazione Rosso Mais supervisiona la scelta dei 16-24 ranghi piuttosto serrati e tutolo bianco. campi, al fine di evitare l’incrocio con altri mais. Le cariossidi sono vitree, allungate (8-12 mm), appuntite all’apice, con pericarpo di colore gial- lo-arancio intenso. Bibliografia Ardenghi N.M.G., Rossi G., Guzzon F. (2018), Back to beaked: Storia: questa landrace è stata campionata per la Zea mays subsp. mays Rostrata Group in northern Italy, prima volta a Carenno nel 1988 dall’attuale Uni- refugia and revival of open-pollinated maize landraces in an intensive cropping system, «PeerJ», e5123. tà di Ricerca per la Maiscoltura (CREA-MAC) di Provincia di Bergamo (2019), La biodiversità del mais tra Bergamo. Nel 2009 alcuni semi sono stati donati tradizione e innovazione sulla tavola, URL: ri Valle San Martino di Monte Marenzo (Lecco), [consultato il: 01/10/2019]. che, in collaborazione con la Comunità Montana Regione Lombardia (2017), Mais nero spinoso di Valle Ca- Lario Orientale Valle San Martino, ha recuperato monica. In: Schede descrittive delle varietà ortive da conservazione, URL: [consultato il 01/10/2019]. Rosso Mais (2019), Rosso Mais. Mais Rostrato Rosso di Località di coltivazione: la coltivazione del mais

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 85 Figura 3.32. Mais ‘Scagliolo di cm nella fila e di 70-75 cm tra le file. La raccolta si Carenno’ (foto esegue nella seconda metà di settembre. Il mais e grafica di M. ‘Scagliolo di Carenno’ necessita di terreni fertili, Canella). ben concimati con letame e arricchiti con conci- mi minerali. Vengono presi diversi accorgimenti per impedire l’incrocio con altre cultivar o lan- drace, tra cui selezionare campi distanti almeno 200 m da altre coltivazioni di mais.

Note: il mais ‘Scagliolo di Carenno’ appartiene al gruppo degli Scaglioli, affine a quello dei Rostrati (con i quali si incrocia con una cer- ta facilità), dal quale però si distingue per le cariossidi semplicemente appuntite all’apice (anziché dotate di rostro evidente), più strette, allungate e sottili, di colore sempre giallo-a- rancio, che non formano ranghi ben separati ‘Scagliolo di Carenno’ è diffusa in tutta l’area del- (ma sono, al contrario, ben serrate). Attual- la Comunità Montana Lario Orientale Valle San mente in Lombardia sono coltivate altre lan- Martino (Lecco). La produzione della granella da drace appartenenti al gruppo degli Scaglioli: semina avviene invece nei soli comuni della Val- il ‘Ganassina’ di San Colombano al Lambro (si le San Martino, a cavallo tra le province di Lecco veda la relativa scheda) e il ‘Nostrano locale’ (Calolziocorte, Carenno, Erve, Monte Marenzo, di Besnate (Varese), la cui coltivazione è stata Torre de’ Busi, Vercurago) e Bergamo (Caprino riavviata nel 2014 da Slow Food e dall’Azienda Bergamasco, Cisano Bergamasco, Pontida). Agricola “Al Roncaccio” di Centenate, in colla- borazione con il CREA-MAC di Bergamo, che Status di conservazione: con decreto del ne conserva i semi sin dal 1954. MIPAAF 20 ottobre 2017, il mais ‘Scagliolo di Ca- renno’ è stato iscritto al Registro nazionale delle Bibliografia varietà da conservazione (codice 18698); respon- Bertolini M. (2002), Mais in Lombardia: varietà tradiziona- li. Quaderni della ricerca, Milano, Regione Lombardia, sabile della conservazione in purezza è l’Unità di Bergamo, Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura, Ricerca per la Maiscoltura (CREA-MAC) di Berga- Sezione di Bergamo. mo, che ne conserva altresì i semi. Brandolini A., Brandolini A. (2006), Il Mais in Italia. Storia naturale e Agricola, Bergamo, Crf Bergamo. Usi culinari: le cariossidi vengono macinate per Comunità Montana Lario Orientale Valle San Martino ottenere farina da polenta, impiegata anche per (2019), Il Mais Scagliolo di Carenno, URL: [consultato il 01/10/2019]. Libera Associazione Besnate (2015), Il mais nostrano locale Coltivazione: la semina avviene ad aprile o nei di Besnate. Una storia poco conosciuta, URL:

86 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete locale-di-besnate-una-storia-poco-conosciuta/> [con- Figura 3.33. Mais sultato il 16/10/2019]. ‘Spinato di Gandino’ Mapelli N. (2013), Mais Scagliolo di Carenno, «Origine», 3, (foto e grafica di M. pp. 26-29. Canella). Redazione Varese News (2014), L’originale mais di Besnate torna a tavola dopo 60 anni, URL: [consultato il 16/10/2019]. Zapparoli T.V. (1924), Granoturco “Scagliolo„, «L’Italia Agri- cola», 61(8), pp. 378-383.

* * *

31. Nome: mais ‘Spinato di Gandino’

Sinonimi: Melgotto

Nome scientifico: Zea mays L. subsp. mays Località di coltivazione: è attualmente coltivato nella Val Gandino, in provincia di Bergamo, nei Famiglia: Poaceae comuni di Casnigo, Cazzano Sant’Andrea, Gandi- no, Leffe e Peia. Categoria: landrace; varietà da conservazione Status di conservazione: con decreto del Descrizione: pianta annuale, con ciclo vegetati- MIPAAF 20 ottobre 2014, il mais ‘Spinato di Gan- vo (dalla germinazione alla raccolta) medio-tar- dino’ è stato iscritto “al Registro nazionale delle divo, di 120-130 giorni; raggiunge i 2 m e più di varietà da conservazione (codice 16342); respon- altezza. Le foglie sono eretto-patenti, con una sabile della conservazione in purezza è la Comu- debole pigmentazione antocianica sulle guaine nità del Mais Spinato di Gandino. La farina e gli e con lamina ad apice fortemente ricurvo. Ogni altri prodotti da essa ottenuti sono protetti dal culmo porta, all’incirca a metà dell sua altezza, marchio De.Co. approvato dal consiglio comuna- una sola pannocchia (talvolta due), lunga 20-25 le di Gandino in data 28 maggio 2008. I semi di cm, cilindrica e con 14-16 ranghi; il tutolo è bian- questa landrace sono conservati nella Banca del co o rossastro. Le cariossidi sono vitree e con- Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia, traddistinte dalla presenza di un evidente rostro presso l’Unità di Ricerca per la Maiscoltura (CRE- all’apice; il pericarpo è giallo-arancio uniforme. A-MAC) di Bergamo e allo Svalbard Global Seed Vault. Storia: la coltivazione del mais ‘Spinato di Gandi- no’ è stata recuperata nei primi anni ’10 del Due- Usi culinari: le cariossidi vengono macinate per mila, a partire da due pannocchie scoperte nel ottenere farina da polenta, o anche, recente- 2008 nella cascina della famiglia Savoldelli a Ca’ mente, prodotti lavorati quali gallette, pane, Parecia di Gandino (Bergamo). pasta ripiena, pizza, biscotti, dolci, gelati e birra.

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 87 Coltivazione: il mais ‘Spinato di Gandino’ viene 32. Nome: melone ‘Banana Santa Vittoria’ seminato tra aprile e maggio, e viene raccolto tra settembre e ottobre. La produzione media Sinonimi: Melone banana, Melone banana di è di 35-40 quintali per ettaro, che può aumen- Lentigione, Mlon banana tare fino a 50 quintali nei terreni fertili e irrigui. Si adatta bene ai terreni collinari e montani. In Nome scientifico: Cucumis melo L. subsp. melo ottemperanza al regolamento De.Co., i campi devono essere isolati, collocati a una distanza Famiglia: Cucurbitaceae di non meno di 200 m da altri coltivi di mais e segnalati dagli “agricoltori custodi” alla com- Categoria: landrace; varietà da conservazione missione De.Co. (barriere naturali e urbane non sono considerate protettive). Piante non tipiche Descrizione: pianta vigorosa, è dotata di un fusto vengono eliminate prima della fioritura dei pen- strisciante e ramificato. Le foglie sono reniformi, nacchi. La raccolta è fatta a mano e la molitura debolmente lobate, a margine scarsamente den- avviene in un mulino a pietra di riferimento per tellato e con picciolo lungo. I fiori hanno cinque tutta l’area di produzione di questa landrace. petali di colore giallo vivo. Il frutto (peponide) è lungo, ellissoidale, con entrambe le estremità Bibliografia arrotondate, senza solchi evidenti; raggiunge Ardenghi N.M.G., Rossi G., Guzzon F. (2018), Back to beaked: un peso medio pari a 3 kg. La buccia (epicarpo) Zea mays subsp. mays Rostrata Group in northern Italy, a maturità è sottile (1-2 mm), liscia, di colore ver- refugia and revival of open-pollinated maize landraces in an intensive cropping system, «PeerJ», e5123. de (talora giallo-arancio) e densamente coperta Commissione comunale per la tutela del territorio di chiazze; la polpa (mesocarpo), spessa più di (De.C.O.) (2011), Disciplinare per la salvaguardia, carat- 4,5 cm, è bianco-giallastra. I semi sono lunghi, a terizzazione e valorizzazione della varietà locale di mais forma di pinolo (lungamente ovati) e di colore denominata “Spinato di Gandino”. Gandino, Comune di giallo crema. Gandino (BG). Comunità del Mais Spinato di Gandino (2019), Mais Spina- to di Gandino, URL: Storia: in passato i meloni “banana” erano diffusi [consultato il 01/10/2019]. in tutta la bassa Pianura Padana nelle province Regione Lombardia (2017), Mais nero spinoso di Valle Ca- di Cremona, Mantova, Parma e Reggio Emilia. monica. In: Schede descrittive delle varietà ortive da Si trattava di ecotipi distinti, accomunati però conservazione, URL: [consultato il 01/10/2019]. Zanoletti C. (2015), Mais Spinato di Gandino. Nascita e svi- dalla dolcezza della polpa, il cui sapore ricordava luppo di un progetto territoriale, Università degli Stu- quello della banana. Era tradizione raccogliere i di di Milano, Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari. meloni ben maturi e rimuovere la buccia sottile Corso di Laurea in Valorizzazione e Tutela dell’Am- pelando il frutto intero come fosse una banana. biente e del Territorio Montano, URL: [consultato il 01/10/2019]. ni tradizionali della zona, anche se qualcuno ha suggerito essersi diffuso nell’immediato Secon- do dopoguerra. * * * Il ‘Banana Santa Vittoria’ non è da confondere

88 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete con l’omonimo melone ‘Banana’ venduto alme- no negli Stati Uniti sin dalla fine dell’Ottocento, una cultivar obsoleta che ricorda la banana non tanto nel sapore quanto nella forma del frutto (affusolato e lungo oltre mezzo metro) e nel co- lore giallo della buccia.

Località di coltivazione: bassa Pianura Padana su entrambe le sponde del Po, nelle province di Mantova e Cremona in Lombardia, in quelle di Parma e Reggio Emilia in Emilia-Romagna.

Status di conservazione: il melone ‘Banana San- ta Vittoria’ è iscritto al Catalogo comune delle varietà delle specie di ortaggi della Commissione europea (quinto complemento alla 37a edizione integrale); responsabile della conservazione è & H.N.Hansen. Si presta alla coltivazione in orti Figura 3.34. Melone l’Istituto d’Istruzione Superiore “Antonio Zanelli” famigliari ma anche al commercio a filiera corta. ‘Banana Santa Vittoria’ (foto di di Reggio Emilia, che preserva un’accessione pro- C. Ballerini, grafica di veniente da Cadelbosco Sotto (frazione di Cadel- Note: il ‘Banana Santa Vittoria’ appartiene al M. Canella). bosco di Sopra), presso Santa Vittoria di Gualtieri gruppo di cultivar Inodorus, che include meloni (Reggio Emilia), da cui il nome varietale. È in fase con frutti non climaterici (non maturano dopo la di iscrizione al Registro nazionale delle varietà da raccolta), ma che in genere si preservano a lungo conservazione. I semi sono depositati presso la nella stagione invernale; sono di forma da sfe- Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università rica a ellittica, con o senza coste, hanno buccia degli Studi di Pavia. bianca, gialla o verde scuro e polpa bianca, dolce ma scarsamente aromatica (da cui il nome “ino- Usi culinari: era consumato come frutto dalla dorus”). fine dell’estate fino a Natale. Recentemente è stato impiegato per preparare gelati e sorbetti. Bibliografia AA.VV. (2013), Frutta e buoi...quaderno della biodiversità agricola parmense, Parma, Provincia di Parma. Coltivazione: predilige i terreni di medio impa- Arcoiris (2019), Melone banana di Lentigione 10 g - Arcoir- sto, ma dà buoni risultati anche in quelli pesanti is sementi biologiche e/o biodinamiche, URL: [consultato il 30/09/2019]. il peduncolo inizia a staccarsi dal frutto. I frutti Istituto d’Istruzione Superiore “Antonio Zanelli” (2019), Melone Banana di Lentigione, URL: [consultato il 17/09/2019]. la loro conservabilità è discreta, di circa una de- Nesom G.L. (2011), Toward consistency of taxonomic rank cina di giorni se refrigerato. Resiste al fungo Fu- in wild/domesticated Cucurbitaceae, «Phytoneuron», sarium oxysporum Schltdl. f. melonis W.C.Snyder 2011-13, pp. 1-33.

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 89 Pitrat M. (2008), Melon. In: Prohens J., Nuez F. (eds.), Hand- book of Plant Breeding. Vegetables I: Asteraceae, Bras- dipinti dell’epoca, come “La fruttivendola” di sicaceae, Chenopodicaceae, and Cucurbitaceae, New Vincenzo Campi (1580 circa). Fino al Secondo do- York, Springer, pp. 283-315. poguerra in Lombardia era diffuso un po’ ovun- Regione Emilia-Romagna (2014), Scheda tecnica per l’is- que (come nel Cremonese, nel Mantovano e nel crizione al repertorio. Banana RER V0101, URL: [consultato il 30/09/2019]. si vendeva a numero anziché a peso. Regione Lombardia Agricoltura, CRA Istituto Sperimen- tale per l’Orticoltura (2005), Recupero e valorizzazione Località di coltivazione: ecotipi di questa lan- di varietà “tradizionali” orticole lombarde. Rapporto di drace sono coltivati in diverse province emiliane ricerca, Regione Lombardia. (Parma, Bologna, Modena, Reggio Emilia). In Lombardia e principalmente diffuso in provin- * * * cia di Mantova; una coltivazione per consumo familiare è stata rilevata anche in provincia di Pavia. 33. Nome: melone ‘Rognoso’ Status di conservazione: il melone ‘Rognoso’ è Sinonimi: Rospa, Rospo, Rugnüs, Sata, Zatta, Zat- inserito nel repertorio regionale delle risorse ge- ta mantovana netiche della Regione Emilia-Romagna. In Lom- bardia è oggetto di conservazione e ricerca da Nome scientifico:Cucumis melo L. subsp. melo parte del CREA di Montanaso Lombardo (Lodi). Un’accessione proveniente dall’unico coltivatore Famiglia: Cucurbitaceae conosciuto nella provincia di Pavia, sig. Giovan- ni Peronzini di Fossarmato (Pavia), è conserva- Categoria: landrace ta presso la Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia, assieme ad un’altra ac- Descrizione: pianta a fusto prostrato, molto vi- cessione proveniente dal Cremonese (donata dal gorosa, con di foglie grandi dimensioni. I frutti prof. Ettore Amadio). (peponidi) arrivano a pesare 2-3 kg, sono di gran- di dimensioni, di forma sferica schiacciata ai poli, Usi culinari: la polpa è molto profumata, ma non con superficie suddivisa in coste profonde, che molto dolce. Il melone ‘Rognoso’ è caratterizza- conferiscono a questo melone l’aspetto di una to da discreta conservabilità (circa una settimana zucca. La buccia (epicarpo) è distintamente ver- se refrigerato). rucosa, di colore giallo. La polpa (mesocarpo) è arancione, consistente e molto profumata ma Coltivazione: è una coltura che si adatta a ogni scarsamente zuccherina. tipo di terreno dotato di una buona ritenzione idrica e fertilità. L’ultimo coltivatore pavese di Storia: il ‘Rospo’ è un melone molto antico, col- questa pianta semina attorno alla metà di apri- tivato almeno dal Rinascimento; come il ‘Mo- le, mentre la raccolta avviene verso la metà di scatello’ (si veda la nota alla scheda del melone luglio. Non utilizza antiparassitari e nessun altro ‘Vecchio viadanese’) compare infatti in diversi accorgimento particolare che non sia quello di

90 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete proteggere le piantine con una piccola serra nel- le settimane successive alla semina.

Note: le caratteristiche del frutto (forma e aspet- to della superficie) consentono di attribuire que- sta landrace al gruppo di cultivar Cantalupensis (si veda la nota al melone ‘Vecchio viadanese’). In provincia di Bergamo è stato recentemente recuperta la ‘Piccola Zatta di Caravaggio’, una landrace originatasi nella Bassa bergamasca pro- babilmente dall’incrocio tra un melone ‘Prescott’ e un ‘Rognoso’. Più piccolo di quest’ultimo (rag- giunge un peso di 0,9-1,5 kg), attualmente è col- tivato a livello amatoriale dall’associazione Orti Biodiversi Caravaggini.

Bibliografia AA.VV. (2013), Frutta e buoi... quaderno della biodiversità 34. Nome: melone ‘Vecchio viadanese’ Figura 3.35. Frutto agricola parmense, Parma, Provincia di Parma. di melone ‘Rognoso’ Nesom G.L. (2011), Toward consistency of taxonomic rank coltivato presso in wild/domesticated Cucurbitaceae, «Phytoneuron», Sinonimi: Di Viadana, Precoce viadanese, Viada- Fossarmato (Pavia) 2011-13, pp. 1-33. nes dal sig. Giovanni Orto Botanico di Bergamo L. Rota (2017), Le varietà tipiche Peronzini (foto di locali [pannelli interpretativi realizzati nell’ambito del C. Ballerini, grafica di Nome scientifico: Cucumis melo L. subsp. melo M. Canella). progetto “Bergamo – Hub urbano dell’agricoltura bio- diversa”]. Famiglia: Cucurbitaceae Pitrat M. (2008), Melon. In: Prohens J., Nuez F. (eds.), Hand- book of Plant Breeding. Vegetables I: Asteraceae, Bras- sicaceae, Chenopodicaceae, and Cucurbitaceae, New Categoria: landrace York, Springer, pp. 283-315. Regione Lombardia Agricoltura, CRA Istituto Sperimen- Descrizione: il melone ‘Vecchio viadanese’ è una tale per l’Orticoltura (2005), Recupero e valorizzazione pianta annuale, molto vigorosa, dotata di fusto di varietà “tradizionali” orticole lombarde. Rapporto di ricerca, Regione Lombardia. strisciante. Il frutto (peponide) è lungo circa 20 Rossi G., Tazzari E.R., Vegini E., Bergamo P. (2012), Le cm, di forma sferoidale e un po’ schiacciato ai banche dei semi per la conservazione della biodiversità poli, con solchi poco definiti; raggiunge un peso vegetale, URL: [consultato di 0,9-1,5 kg; la buccia a maturità è sottile, liscia o il 17/10/2019]. talvolta con suberificazioni in forma di retinatu- Rotteglia L., Pacchiarini L., Provincia di Reggio Emilia ra, di colore giallo paglierino. La polpa è arancio- (2012), Arca Regia. Piante e animali dell’agrobiodiversi- tà reggiana, Reggio Emilia, Provincia di Reggio Emilia. ne, consistente, molto aromatica. I semi sono di colore giallo crema.

* * * Storia: il melone ‘Vecchio viadanese’ si sarebbe originato a partire da un incrocio (non si sa se vo-

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 91 Figura 3.36. Melone ‘Vecchio viadanese’ ti presso la Banca del Germoplasma Vegetale (foto di C. Ballerini, dell’Università degli Studi di Pavia. grafica di M. Canella). Usi culinari: si consuma fresco, da solo o nel clas- sico abbinamento con prosciutto o altri salumi. Viene inoltre utilizzato per la preparazione di antipasti, macedonie di frutta, dolci confetture, sorbetti, gelati o frullati. Ha un elevato potere dissetante, contiene vitamine A e C ed è scarsa- mente calorico. Leggermente lassativo e diureti- co, rinfrescante, per il contenuto di ferro risulta indicato per chi soffre di anemia. luto o casuale) tra un ‘Ramparén’ e un ‘Rognoso’, avvenuto poco dopo la fine della Seconda guerra Coltivazione: la semina avviene ad aprile in mondiale presso Bellaguarda di Viadana (Manto- condizioni protette, a cui segue il trapianto nel va). La “nascita” di questo melone, caratterizzato mese successivo, anche innestato; in orto, in- da sapore e profumo inconsueti per l’epoca, die- vece, viene seminato direttamente nel mese di de il via alla rinomata melonicoltura viadanese. maggio. La raccolta, manuale, si esegue a giu- La sua produzione (che spodestò quella di pre- gno in serra, a luglio in orto. Il melone ‘Vecchio cedenti varietà locali) è proseguita fino agli inizi viadanese’ non è resistente al fungo Fusarium degli anni ’70 del Novecento, quando, a causa di oxysporum Schltdl. f. melonis W.C.Snyder & alcuni difetti tipici di questa landrace (pezzatura H.N.Hansen. disomogenea, peso inferiore al chilo, sensibilità a Fusarium, tendenza alla spaccatura dei frutti, Note: per le caratteristiche del frutto (da sferico con evidenti ripercussioni sul trasporto e la com- a leggermente depresso) e della buccia (in preva- merciabilità), è stato soppiantato a sua volta da lenza liscia), il ‘Vecchio viadanese’ è classificabile nuove cultivar di origine americana. Nei primi nel gruppo di cultivar Cantalupensis; la presenza anni Duemila i semi del ‘Vecchio viadanese’ sono occasionale di suberificazioni reticolate deriva stati rintracciati dall’amministrazione comunale con ogni probabilità dall’introgressione di entità di Viadana presso alcuni agricoltori del comune; del gruppo Reticulatus (contraddistinto per l’ap- in seguito, l’attuale Unità di ricerca per l’Orticol- punto da buccia tipicamente retata e frutti mai tura (CRA-ORL) di Montanaso Lombardo (Lodi) si depresso-globosi). è occupata di propagare e selezionare piante a In Lombardia sono presenti altre landrace di scopo di recupero. melone. Si tratta dei meloni ‘Moscatello’ e ‘Ram- parén’ (noto anche come ‘Rampeghin’), appar- Località di coltivazione: l’areale di origine di tenenti, come il ‘Vecchio viadanese’, al gruppo questa landrace è la provincia di Mantova, in par- Cantalupensis e del melone ‘Retato di Calvenza- ticolare i territori dei comuni di Viadana, Sermide no’, che invece fa parte del gruppo Reticulatus. Il e Magnacavallo. primo, noto anche come “melone dei Gonzaga” è uno dei più antichi, comparendo, ad esempio, nei Status di conservazione: i semi sono conserva- dipinto “Natura morta con frutta su lastra di pie-

92 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete in wild/domesticated Cucurbitaceae, «Phytoneuron», tra” di Caravaggio (1603 circa); ritrovato dal prof. 2011-13, pp. 1-33. Ettore Amadio dell’Istituto professionale per l’A- Orto Botanico di Bergamo L. Rota (2017), Le varietà tipiche gricoltura “Stanga” di Cremona, a Vicomoscano locali [pannelli interpretativi realizzati nell’ambito del di Casalmaggiore (Cremona) presso il sig. Mauro progetto “Bergamo – Hub urbano dell’agricoltura bio- Albertoni, è contraddistinto da frutti poco serbe- diversa”]. voli, tondeggianti, schiacciati ai poli, pesanti 2-3 Pitrat M. (2008), Melon. In: Prohens J., Nuez F. (eds.), Hand- book of Plant Breeding. Vegetables I: Asteraceae, Bras- kg, con superficie leggermente solcata, di colore sicaceae, Chenopodicaceae, and Cucurbitaceae, New giallo paglierino, e polpa giallo chiaro sfumata York, Springer, pp. 283-315. di verde, poco consistente, dolce e profumata. Il Regione Emilia-Romagna Agricoltura e pesca (2016), ‘Ramparén’ (così chiamato perché in passato veni- Melone Ramparino, URL: [consultato il 17/10/2019]. Mantova (dov’è stato coltivato soprattutto fino Regione Lombardia Agricoltura, CRA Istituto Sperimen- agli anni ’70 del Novecento), produce frutti simili a tale per l’Orticoltura (2005), Recupero e valorizzazione quelli del ‘Moscatello’, ma più piccoli; un melone di varietà “tradizionali” orticole lombarde, Rapporto di affine, chiamato ‘Ramparino’, è stato recuperato ricerca, Regione Lombardia. nel Reggiano dall’Istituto d’Istruzione Superiore Rossi G., Tazzari E.R., Vegini E., Bergamo P. (2012), Le banche “Antonio Zanelli” di Reggio Emilia, ma si distingue dei semi per la conservazione della biodiversità veg- etale, URL: [consultato il da quello lombardo per avere buccia reticolata e 17/10/2019]. polpa verde. I semi dei suddetti meloni sono tutti Schiavi M., Testoni A., Bonomi L. (2004), Recupero e valo- conservati presso la Banca del Germoplasma Ve- rizzazione di tradizionali varietà orticole lombarde, Atti getale dell’Università di Pavia. Il melone ‘Retato VII Convegno Nazionale sulla Biodiversità, Catania, 31 di Calvenzano’, originario dell’omonimo comune marzo-2 aprile 2004. Società Cooperativa Agricola di Calvenzano (2019), Il mel- in provincia di Bergamo, produce frutti di gran- one retato di Calvenzano, URL: [consultato il 17/10/2019]. ovoidali, fittamente reticolati, con polpa arancio Spike J.T. (2010), Caravaggio. Second revised edition, New intenso, soda, molto profumata ma poco dolce. York, London, Abbeville Press Publishers. Sin dal 2002 è coltivato a scopo conservazionistico dalla Società Agricola Cooperativa di Calvenzano * * * (con il quale realizza prodotti come confetture e liquori); i suoi semi sono preservati dal CRA-ORL 35. Nome: patata ‘Bianca di Campodolcino’ di Montanaso Lombardo oltre che dalla Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia Sinonimi: patate di Starleggia (progetto VCLR, 2012-2013, PSR, Misura 124). Nome scientifico: Solanum tuberosum L. Bibliografia Anonimo (2017), Melone Moscatello (in lat. Cucumis melo Famiglia: Solanaceae var. Moscatello), URL: [consultato il Categoria: landrace 17/10/2019]. Nesom G.L. (2011), Toward consistency of taxonomic rank Descrizione: la ‘Bianca di Campodolcino’ è una

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 93 (di Madesimo). Dopo l’apertura della suddetta strada, avvenuta nel 1742, questa zona divenne famosa per le patate cotte alla brace, che veni- vano servite da un’osteria presso il Santuario di Gallivaggio, meta di molti viaggiatori. Nella letteratura ottocentesca non sono stati trova- ti al momento riferimenti precisi alla ‘Bianca’ e alla ‘Rossa di Campodolcino’; potrebbe tutta- via rappresentare una traccia utile la citazione da parte del botanico Giuseppe Comolli di un «pomo da terra bianco» e di uno «rosso» diffusi già nel 1834 nelle aree montuose del Comasco. Nel 1950, nell’ambito di esperimenti condotti dall’Università di Milano sulla resistenza delle patate chiavennasche alla rogna nera della pa- tata [Synchytrium endobioticum (Schilb.) Perci- Figura 3.37. patata tardiva. La pianta è alta 80-82 cm e pos- val], vengono testate alcune «varietà indigene» Patata ‘Bianca di siede fusti eretti che portano foglie poco adden- bianche (una delle quali a «pasta gialla») e rosse Campodolcino’ (foto e grafica di sate, costituite da segmenti di medie dimensioni, coltivate da due contadini proprio a Starleggia di M. Canella). verdi, opachi, con margini senza increspature. Campodolcino: sono con ogni probabilità queste Le patate (tuberi sotterranei) hanno forma sfe- le attuali ‘Bianca’ e ‘Rossa di Campodolcino’, es- roidale, con occhi (gemme) a profondità debole sendo la loro collocazione spazio-temporale in o intermedia, che alla base sono gialle come il linea con i ricordi di alcuni anziani intervistati resto della buccia (epidermide e periderma); la e in particolare della sig.ra Margherita Pavioni pasta (medulla esterna e interna) è giallo scuro. (classe 1930) di Starleggia, dalla quale, nel 2008, I germogli che emergono dagli occhi dei tuberi, il dr. Antonio Scaramellini del Giardino Alpino quando posti in condizioni di luce controllate, Valcava di Madesimo (tramite il sig. Graziano sono di grandi dimensioni, largamente cilindrici, Scaramella di Starleggia) ha ricevuto le patate con colorazione antocianica porpora da debole bianche e rosse della sua famiglia, con cui è sta- a intermedia e pelosità da media a intensa. I fiori to avviato il processo di recupero delle landrace. sono riuniti in infiorescenze ampie e sono dotati Scaramellini nel 2009 ha coltivato i tuberi a Iso- di boccioli bianchi, da cui emergono corolle al- la e dal 2010 al Giardino Alpino Valcava, distri- trettanto bianche. Le bacche, pressoché sferiche, buendole a coltivatori di Bever (Svizzera), di Pia- vengono prodotte raramente. nazzola di Chiavenna e della stessa Starleggia.

Storia: la coltivazione della patata nei dintorni di Località di coltivazione: la patata ‘Bianca di Campodolcino è testimoniata almeno dal 1822, Campodolcino’ è attualmente coltivata nel terri- quando lo svizzero Karl Kasthofer (membro della torio del comune di Campodolcino (Sondrio), in Société royale d’agriculture de France), risalendo particolare nelle frazioni di Starleggia, Fraciscio e la strada che attraversa la Valle San Giacomo, Splughetta, a Pianazzola di Chiavenna, in frazione narra della raccolta di patate all’altezza di Isola Isola e al Giardino Alpino Valcava di Madesimo.

94 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Status di conservazione: la coltivazione di que- (“chiànua”) coperti con la terra oppure (nel caso sta landrace e della ‘Rossa di Campodolcino’ è in della ‘Rossa di Campodolcino’) su lastre di pietra, fase di recupero da parte dell’associazione vo- dove duravano diversi mesi. lontaria omonima che se ne occupa (sig.ra Olga Caligari). Dal 2010 sono coltivate ogni anno al Note: la ‘Bianca di Campodolcino’ e la ‘Rossa Giardino Alpino Valcava di Madesimo, posto a di Campodolcino’ sono state finora trattate in 1.860 m di quota. Campi sono stati inoltre messi modo congiunto, spesso sotto la denominazio- a disposizione da alcuni proprietari all’Associa- ne generica “Patate di Campodolcino”. Sebbene zione Mato Grosso; nel corso degli anni anche le poche informazioni storiche disponibili per Legambiente Valchiavenna si occupa della loro entrambe le patate coincidano, esse sono enti- coltivazione a scopo conservazionistico. Sotto la tà ben separate almeno sul piano morfologico, denominazione “Patate di Campodolcino” en- distinguibili per diversi caratteri riguardanti, ad trambe le landrace sono inserite nell’elenco dei esempio, i tuberi e i germogli. Per questi motivi Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regio- abbiamo deciso di trattarle in modo indipen- ne Lombardia (PAT). dente.

Usi culinari: le patate in Valchiavenna (dove Bibliografia sono note con i nomi dialettali “tartifoi”, “ tarti- Ardenghi N.M.G., Scaramellini A., Rossi G., Caligari S. (2018), Dal Giardino Alpino di Madesimo al Giardino Al- fùi”, “ tartìfui” e “tartüfuy”) costituivano, insieme pino Valcava: una tradizione botanica lunga cent’anni, alle castagne, un alimento base per superare i in: Bedini G. (ed.), Orti Botanici 3, «Notiziario della Soci- mesi invernali; un tempo venivano semplicemen- età Botanica Italiana», 2(1), pp. 35-39. te arrostite sul fuoco (“sburnignèe”). La ‘Bianca Boncompagni T., Scotti T., Lorenzini G. (1951), Prove di lotta di Campodolcino’ è un ingrediente fondamenta- contro il Synchytrium endobioticum con l’impiego di le di diversi piatti della tradizione chiavennasca, razze di patate resistenti, «Notiziario sulle malattie del- le piante», 14, pp. 64-87. come il “risotto del nonno” (riso bollito con pata- Caligari S., Scaramellini A. (2016), Patata di Starleggia: un te, insaporito con formaggio e aglio). recupero anticonvenzionale, URL: [consul- ‘Rossa di Campodolcino’ sono coltivate in cam- tato il 08/10/2019]. pi a oltre 1.200 m di quota. Si seminano in tar- Canclini M. (2014), Ricordi e sapori di una volta riscoprendo ricette semplici della Valle Spluga e..., Sondrio, Ram- da primavera dopo la concimazione del terreno poni. e si raccolgono tra la fine dell’estate e i mesi Comolli G. (1834), Flora comense, 1. Como, Co’ Tipi di C. Pi- di settembre e ottobre. Non vengono eseguiti etro Ostinelli. trattamenti fitosanitari, grazie anche alle carat- ERSAF, Regione Lombardia (2017), Atlante dei prodotti del- teristiche climatiche favorevoli delle località di la Lombardia, Milano, Regione Lombardia. coltivazione (quota superiore ai 1.000 m, am- Jaberg K., Jud J. (1937), Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz, 7(2), Zofingen (Schweiz), Ringier. biente montano), che limitano la presenza di Kasthofer [K.] (1827), Voyage dans le petits cantons et dans afidi e quindi il proliferare di virosi (per maggiori les Alpes Rhétiennes, Genève, Paris, Barbezat et Delar- dettagli si veda il paragrafo “Coltivazione” della ue, Libraires. patata ‘Quarantina bianca genovese’). Durante Scaramella L. (2009), Gente di montagna. Ricordi di Starleg- l’inverno i tuberi venivano conservati in cantina gia dal 1930 al 1970, Sondrio, tipolito Polaris.

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 95 Scotti A., Merisio L. (2002), Golosario di Valtellina e Valchia- venna, Sondrio, Lyasis Edizioni. per la prima volta nel 1749 a Borgotaro e che in- Tabarini D. (2012), Le patate di Starleggia: tradizione da viò anche a Milano, Piacenza e nel Genovesato). conservare, «Il Giorno. Sondrio», URL: [consultato il 08/10/2019]. sperimentare e promuovere la coltura di nuove specie vegetali, nel 1786 si impegnò a diffondere * * * le patate della Ciceri nelle brughiere brianzole e in Valsassina, e di farne giungere altre da Lon- 36. Nome: patata ‘Bianca di Como’ dra. A partire da queste primissime introduzio- ni, in Lombardia (così come in altre regioni ita- Sinonimi: Basilicata, Bianca cadorina, Bianca di liane) furono selezionati nel corso dei decenni Esino, Bianca di Oreno, Bianca di Pistoia, Bianca svariati ecotipi locali, che già nei primi decenni di Rovetta, Bianca porrettana, Biancona, Brianza, del Novecento, come lamenta nel 1943 il prof. Brianza comasca, Ciatta de Mongrosso, Comasca Marruccio Maccioni, erano in fase di scompar- bianca, Como, Formagèa, Gianca de Carsci, Patat- sa, rimpiazzati dalle «troppe» cultivar tedesche, ta d’Egitto, Quäntinn-a de Como, Scignorinn-a olandesi e inglesi, più produttive in termini di tuberi da seme e più consone ai gusti dei consu- Nome scientifico: Solanum tuberosum L. matori esteri. È probabilmente la ‘Bianca di Como’ la patata Famiglia: Solanaceae che Volta portò con sé dalla Savoia (Chambéry) per poi essere coltivata nel Lario. Negli anni ’30 Categoria: landrace del Novecento riscosse un notevole successo commerciale, tanto da essere introdotta in molte Descrizione: la ‘Bianca di Como’ è una patata località italiane (tra cui la Brianza, il Bergamasco, semi-precoce, caratterizzata da tuberi grandi, l’Appennino Pavese e la Liguria, come, tra l’altro, di forma sferico-ovoidali, appiattiti, con occhi testimoniano i numerosi sinonimi) e diventare (gemme) chiare, piuttosto profonde; la buccia la patata italiana più esportata all’estero. Con (epidermide e periderma) è giallo chiaro e liscia, l’arrivo di nuove cultivar più produttive e più mentre la pasta (medulla esterna e interna) è di adatte a sfamare la popolazione in crescita del colore bianco-paglierino. I fiori hanno corolla Secondo dopoguerra, la ‘Bianca di Como’ iniziò bianca. un graduale declino. Diversi progetti finalizzati al recupero di questa varietà sono stati messi in Storia: la patata venne introdotta in Lombardia atto nei primi anni Duemila da parte del Consor- nel 1777, per iniziativa della nobildonna Teresa zio della Patata Bianca di Esino e dal comune di Ciceri Castiglioni di Como, la quale, avendo sa- Vimercate. puto dell’arrivo della pianta in Francia e con l’in- tento di fornire ai contadini un nuovo alimento, Località di coltivazione: la ‘Bianca di Como’ è at- si fece portare alcuni tuberi dal fisico Alessandro tualmente coltivata da piccoli produttori in Val Volta di ritorno da un viaggio in Savoia (da que- d’Esino (Lecco), a Vimercate (Monza e Brianza) e sta regione provenivano anche le patate che il a Mariano Comense (CO). colonnello irlandese Guglielmo Power coltivò

96 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Status di conservazione: nel 2007 il comune di Vimercate ha avviato un progetto finalizzato a ri- avviare e a valorizzare la coltivazione della patata nel territorio brianzolo. 30 kg di tuberi di ‘Bianca di Como’ sono stati acquisiti presso il Consorzio della Quarantina di Torriglia (Genova), per poi essere riseminati nel marzo 2010 (con lo scopo di “sanificarli”) sui monti lecchesi dall’Associazione Agricoltori Valle San Martino di Monte Marenzo (Lecco). I tuberi moltiplicati sono stati donati ad alcuni produttori storici dell’area vimercatese, collocati nell’area dell’ex Parco della Cavallera (ora Parco Agricolo Nord Est). Nel 2009 anche il Consorzio della Patata Bianca di Esino, in col- laborazione con il Parco Regionale della Grigna Settentrionale, si è occupato di recuperare que- rate”) in Oltrepò Pavese, garantita dall’omonimo Figura 3.38. Patata sta varietà, promuovendola sotto il nome di “Pa- marchio De.Co., per la quale si impiegano diver- ‘Bianca di Como’ (foto e grafica di tata bianca di Esino”. La ‘Bianca di Como’ fa parte se cultivar estere a buccia chiara (‘Bintje’, ‘Ken- M. Canella). dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della nebec’, ‘Monalisa’, ‘Primura’, ‘Spunta’, ‘Vivaldi’) Regione Lombardia (PAT) con le denominazioni e a buccia rossa (‘Desirée’, ‘Kuroda’), oltre alla “Comasca bianca” e “Patata bianca di Oreno”. landrace veneta ‘Cornetta’. L’Università della Montagna (Università di Mila- Usi culinari: la ‘Bianca di Como’ è una patata no) ha recentemente acquisito tre accessioni di adatta a tutti gli usi. È impiegata per la prepara- patata a buccia chiara dalle province di Bergamo zione di gnocchi e purè; a Esino Lario si usa come (patata “di Bossico” e “di Schilpario”) e Brescia ingrediente della pasta dei tradizionali “ravioli (patata “San Carlo”, coltivata a Ossimo sin dagli di Sant’Antonio” o “patole” (ripieni con salsiccia, anni ’30 del Novecento). amaretto e foglie di anice). Bibliografia Coltivazione: la raccolta dei tuberi avviene tra la Angelini M. (2001), La Quarantina bianca e le patate tra- dizionali della Montagna genovese. Edizione rivista e fine dell’estate e gli inizi di settembre. aggiornata, Torriglia, Consorzio di tutela della Quaran- tina bianca Genovese. Note: la denominazione “Patata di Martinengo” Anonimo (2019), Esino: per S. Antonio tornano i ravioli, (De.Co. del comune bergamasco di Martinengo) con la loro storia secolare, URL: [consultato il nitense ‘Kennebec’, così come avveniva fino ad 08/10/2019]. Azienda Agricola La Collina (2019), Patata bianca – Sche- alcuni anni fa per la “Patata bianca di Oreno”. da Tecnica per la coltivazione, URL: [consulta- (nome con cui un tempo si designava localmen- to il 19/10/2019]. te la ‘Bianca di Como’, oggi rimpiazzata da altre Bernardi G. (1986), Guglielmo Power (Le prime patate al cultivar) e per la “Patata del Brallo” (o “di Cence- Borgo?), «Ar lünariu burg’zan», 1986.

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 97 Caccamo A. (2019), Cavenago, il grande ritorno della (ed.), La Sagra della Patata. Dal 22 al 29 settembre 2013, patata Biancona, «Il Giorno. Monza e Brianza», URL: Martinengo, Ellegi Grafica [depliant]. [consultato il 07/10/2019]. * * * Cantoni G. (2018) La coltura delle patate. Tecniche di coltivazione, conservazione, rigenerazione, Savona, 37. Nome: patata ‘Blu di Valtellina’ Pentàgora. Comune di Brallo di Pregola (2018), “Patata del Brallo”. De- nominazione Comunale di Origine. Scheda caratteristica Sinonimi: Blaue Ludiano, Bleue de Ludiano, del prodotto. Disciplinare DECO Ver. 1.1, Brallo di Prego- Blaue Veltlin, Blaue Veltliner la, URL: < http://www.comune.brallodipregola.pv.it> [consultato il 07/10/2019]. Nome scientifico: Solanum tuberosum L. Domini L. (2018), Censimento delle cultivar locali tradizion- ali della Valle Camonica, Corso di Laurea in Valorizzazi- one e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano, Famiglia: Solanaceae Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari, Università de- gli Studi di Milano, URL: [consultato il 18/10/2019]. Descrizione: la ‘Blu di Valtellina’ è una patata ERSAF, Regione Lombardia (2017), Atlante dei prodotti del- tardiva. La pianta è di statura elevata, con fusti la Lombardia, Milano, Regione Lombardia. Maccioni M. (1942), Le solanacee. La patata primaticcia (So- eretti, dotati di una colorazione antocianica vio- lanum tuberosum L.), «Rivista della R. Società Toscana la-nerastra molto intensa, presente anche sui d’Orticultura», 47(9-10), pp. 151-155. piccioli e sul rachide delle foglie. Le patate (tu- Maccioni M. (1943), Le solanacee. La patata primaticcia (So- beri sotterranei) hanno forma molto allungata, lanum tuberosum L.), «Rivista della R. Società Toscana oblunga, piuttosto irregolare, e sono di dimen- d’Orticultura», 48(3-4), pp. 55-59. sioni ridotte; gli occhi (gemme) sono molto pro- Mapelli N. (2012), La patata bianca della Brianza, «Origine», 3(2012), pp. 2-4. fondi e alla base sono viola scuro come la buccia Parco della Cavallera (2019), Patata bianca di Oreno, URL: (epidermide e periderma) e la pasta (medulla [consultato il emergono dagli occhi dei tuberi, quando posti in 08/10/2019]. condizioni di luce controllate, sono sferici, di co- Provincia di Bergamo (2006), La patata bianca di Rovetta, lore viola scuro e debolmente pelosi. I fiori sono URL: [consultato il 07/01/2019]. riuniti in infiorescenze poco sviluppate; i boccioli Si.A. (2018), Esino celebra la patata bianca con una serie sono bianchi soffusi di viola alla base, mentre le di iniziative, «Leccoonline», URL: [consultato il alla base una chiazza blu-violacea. 07/10/2019]. Unimont (2019), Agrobiodiversità vegetale, URL: [consultato il in provincia di Sondrio la presenza di pa- 07/10/2019]. tate viola (o “blu”, secondo la terminologia po- Visconti A. (2013), Il trasferimento delle piante nella Lom- polare e dell’Unione internazionale per la pro- bardia austriaca negli ultimi decenni della dominazione tezione delle nuove varietà vegetali, acronimo asburgica, «Altre Modernità», 10, pp. 39-51. UPOV) da cui può aver avuto origine la presente Vittori M. (2013), [senza titolo], in: Città di Martinengo landrace, risale ai primi anni dell’Ottocento. Nel

98 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 1834 il botanico Giuseppe Comolli dichiarava Usi culinari: la ‘Blu di Valtellina’ è una patata di infatti che nella limitrofa provincia di Como un tipo B-C, cioè con pasta da abbastanza soda a «pomo da terra […] violaceo-scuro», «più sapori- farinosa, prestandosi a essere consumata lessa- to degli altri», era stato introdotto «da poco tem- ta in insalate, al forno o fritta. Come poche al- po» ed era ancora «raro.» tre varietà di patata, al gusto “solletica” legger- La patata ‘Blu di Valtellina’ (così denominata da- mente la gola (forse per il contenuto in solanina gli svizzeri in riferimento non solo alla Valtellina leggermente elevato), caratteristica che tuttavia ma anche alla Valchiavenna) un tempo era diffu- può essere eliminata durante lo stoccaggio dei sa in Svizzera meridionale, in Valtellina e in Val- tuberi. chiavenna, inclusa la frazione Starleggia di Cam- podolcino. Venne probabilmente abbandonata Coltivazione: sebbene coltivata in ambiente per le ridotte dimensioni dei suoi tuberi e per il montano, la ‘Blu di Valtellina’ è una landrace loro aspetto bitorzoluto, oltre che per le difficol- sensibile al gelo, oltre che alla peronospora della tà legate alla sua coltivazione. In tempi recenti patata e del pomodoro [Phytophthora infestans questa landrace è stata riscoperta dalla fonda- (Mont.) de Bary]. È invece molto resistente alla zione svizzera ProSpecieRara a Mesocco, nel can- siccità. tone dei Grigioni (questa fondazione ricevette la stessa anche sotto il nome di “de Ludiano” Note: nella Val Poschiavo (canton Grigioni, Sviz- dall’omonima frazione di Serravalle in canton Ti- zera), tra 1929 e il 1942, era presente la patata cino, dove tuttavia fu introdotta, da una località ‘Bormini’ (nome che si riferisce verosimilmente sconosciuta, attorno agli anni ’70-’80 del Nove- alla limitrofa Bormio anziché all’omonima fra- cento). La ‘Blu di Valtellina’ è verosimilmente la zione di Tartano, presso Sondrio), fino a tempi stessa che in passato era coltivata a Starleggia e recenti erroneamente considerata un sinonimo nelle località limitrofe, essendo Mesocco situata di ‘Blu di Valtellina’; rispetto a quest’ultima si dif- in una valle confinante con la Valle Spluga. Nel ferenziava per la buccia dei tuberi bianca macu- 2008, il dr. Antonio Scaramellini del Giardino Al- lata di rosso e non interamente viola. pino Valcava di Madesimo ha acquistato alcuni tuberi di ‘Blu di Valtellina’ dalla suddetta fonda- Bibliografia zione e ha iniziato a riprodurla annualmente nel Christandl F., Tschalèr M.H. (2019), Blaue Veltliner, URL: giardino alpino che egli gestisce. [consultato il 12/10/2019]. Comolli G. (1834), Flora comense, 1. Como, Co’ Tipi di C. Pi- Località di coltivazione: la patata ‘Blu di Valtel- etro Ostinelli. lina’ è attualmente coltivata al Giardino Alpino Folini F. (2014), Patrizio Mazzucchelli riscopre e reinventa Valcava di Madesimo (Sondrio), in Valchiavenna, l’antica agricoltura valtellinese, URL: [consultato il 12/10/2019]. Paysage à manger (2019), Antiche e rare, URL: [consultato il 07/10/2019]. ce a scopo conservazionistico. Schilperoord P. (2012), Beitrag zur Geschichte der Kulturp- flanzen. 3. Die Kartoffel, E-book, Impressum.

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 99 Figura 3.39. Patata Schilperoord P. (2014), Plantes cultivées en Suisse − Pomme ‘Quarantina de terre, Alvaneu, Verein fur alpine Kulturpflanzen. bianca genovese’ Science and Advice for Scottish Agriculture (2005), Blaue (foto e grafica di Ludiano, in: The European Cultivated Potato Database, M. Canella). URL: [consultato il 12/10/2019].

* * *

38. Nome: patata ‘Quarantina bianca genovese’

Sinonimi: Quaranteinn-a bianca genovese. I primi tuberi sono stati recuperati Nome scientifico: Solanum tuberosum L. nel 1984.

Famiglia: Solanaceae Località di coltivazione: in passato era diffu- sa su tutti i monti del Genovesato, dalla Valle Categoria: landrace Stura alla Val d’Aveto, raggiungendo anche la Valle Scrivia, la media-alta Val Trebbia (Ottone, Descrizione: la ‘Quarantina bianca genovese’ è provincia di Piacenza), la Val Ceno e la Val Taro una patata semi-precoce; la pianta ha portamen- (Parma). In Lombardia è da vari anni coltivata da to eretto. Le patate (tuberi sotterranei) hanno un’azienda agricola dell’Oltrepò Pavese (Lino forma da sferica a sferico-ovoidale, con occhi Verardo, a Ponte Nizza), che si trova in continuità (gemme) mediamente profonde, che alla base geografica rispetto all’areale originario di que- sono sfumati di rosa chiaro; la buccia (epidermi- sta landrace. de e periderma) è gialla, la pasta (medulla ester- na e interna) è bianca. I germogli che emergono Status di conservazione: la patata ‘Quarantina dagli occhi dei tuberi, quando posti in condizioni bianca genovese’ è tutelata dal Consorzio di tu- di luce controllate, hanno colorazione antocia- tela della Quarantina bianca Genovese e delle nica poco intensa, che, alla base del germoglio, patate tradizionali della Montagna genovese, è blu-violetta. I fiori sono scarsi, dotati di corolla sorto nel 2000. con porzione interna bianca. Usi culinari: è una patata adatta a tutti gli usi, Storia: le notizie più antiche su questa landrace con consistenza della pasta medio-bassa e aspet- risalgono agli anni ’80 dell’Ottocento, anche se to umido, non farinoso; il gusto di patata è poco è possibile che si riferiscano all’affine ‘Patraque pronunciato, delicato. blanche’, diffusa sin dalla fine del Settecento. In gran parte rimpiazzata da cultivar moderne, Coltivazione: sia per il recupero varietale e la soprattutto a partire dagli anni ’60 del secolo produzione di seme, sia per la produzione da con- scorso, la ‘Quarantina bianca genovese’ è stata sumo, è necessario far germogliare i tuberi con riscoperta grazie alle indagini di Massimo An- luce diffusa, 4-6 settimane prima della semina gelini condotte tra gli anziani della montagna (pregermogliazione); i tuberi con germogli fila-

100 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete mentosi o con marciume apicale devono essere 39. Nome: patata ‘Rossa dell’Oltrepò Pavese’ scartati. Per il recupero varietale e la produzione di seme, la semina va eseguita con i tuberi interi Sinonimi: patata rüsa (per prevenire attacchi da parte di funghi, virus e batteri), in località ad alta quota e in zone battute Nome scientifico: Solanum tuberosum L. dal vento (dove è difficile trovare afidi in grado di trasmettere virosi deleterie per la resa delle pian- Famiglia: Solanaceae te), effettuando una rotazione di quattro anni che non preveda la coltivazione di altre solanacee Categoria: cultivar obsoleta (?) (peperone, pomodoro, melanzana etc.); dopo la fioritura i fusti vanno tagliati alla base per impe- Descrizione: è una patata molto tardiva, la pian- dire eventuali attacchi da parte di afidi. Il sesto ta è alta 53-59 cm e possiede fusti semi-eretti, d’impianto dev’essere di 20 cm sulla fila e 80 cm con forte colorazione antocianica violacea; le tra le file. Le piante con evidenti sintomi di virosi foglie sono mediamente addensate, costituite (foglie con mosaico o arricciate, piante nanizzate, da segmenti di medie dimensioni, verdi, opachi, germogli filamentosi) vanno eliminate. I tube- con margini mediamente increspati. Le patate ri vanno conservati in un luogo fresco, asciutto (tuberi sotterranei) hanno forma da sferoidale a e buio, in cassette basse o in un sottile strato di ovoidale, con occhi (gemme) superficiali, che alla sabbia asciutta. Per la produzione da consumo i base sono rosso-porpora come il resto della buc- tuberi possono essere seminati anche divisi in due cia (epidermide e periderma); la pasta (medulla o più parti in senso longitudinale; l’ubicazione esterna e interna) è giallo chiaro. I germogli che della coltura è irrilevante, il sesto d’impianto può emergono dagli “occhi” dei tuberi, quando posti essere meno fitto e la raccolta va eseguita quando in condizioni di luce controllate, sono di grandi le piante sono completamente secche (in genere dimensioni, ovoidali, con intensa colorazione an- verso la metà di settembre in montagna). tocianica porpora e pelosità da media a forte. I fiori sono riuniti in infiorescenze di medie dimen- Bibliografia sioni; i boccioli sono rosei, le corolle di medie di- AA.VV. (2013), Frutta e buoi...quaderno della biodiversità mensioni e rosa all’interno. Le bacche, pressoché agricola parmense, Parma, Provincia di Parma. sferiche, sono prodotte saltuariamente. Angelini M. (2001), La Quarantina bianca e le patate tra- dizionali della Montagna genovese. Edizione rivista e aggiornata, Torriglia, Consorzio di tutela della Quaran- Storia: la coltivazione di questa patata nelle aree tina bianca Genovese. collinari dell’Oltrepò Pavese risale verosimilmente Angelini M. (2004), Recupero e valorizzazione di una vari- ai primi decenni del Novecento, come testimonia- età locale, la patata quarantina bianca genovese (1984- to dal sig. Dino Guidi (classe 1949) della frazione 1984), «Ottopagine», 1-2(aprile 2004), pp. 1-16. Pietragavina di Varzi, il quale ricorda che i tuberi [Angelini M.] (2009), Scheda tecnica n° 11. Patata (Solanum tuberosum L.), Scandicci, Rete Semi Rurali. sono stati tramandati in famiglia a partire dai suoi Consorzio della Quarantina (2019), La nostra storia, URL: nonni, che hanno sempre vissuto a Pietragavina. [consultato il 07/10/2019]. Località di coltivazione: la ‘Rossa dell’Oltrepò Pavese’ è attualmente coltivata a Pietragavina * * * di Varzi, in Valle Staffora, dal sig. Dino Guidi e a

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 101 Casa Novelli di Romagnese, in alta Val Tidone, attesa di futuri riscontri derivanti da analisi mo- dal sig. Luigi Schiena (classe 1943). lecolari.

Status di conservazione: i tuberi di questa pa- Bibliografia tata sono stati acquisiti dalla Banca del Germo- Angelini M. (2001), La Quarantina bianca e le patate tra- dizionali della Montagna genovese. Edizione rivista e plasma Vegetale dell’Università di Pavia, che aggiornata, Torriglia, Consorzio di tutela della Quaran- li sta coltivando a livello sperimentale presso tina bianca Genovese. l’Orto Botanico universitario. I tuberi provenienti Comune di Brallo di Pregola (2018), “Patata del Brallo”. De- da Pietragavina sono inoltre in coltura on farm, nominazione Comunale di Origine. Scheda caratteristica sempre a livello sperimentale, presso le aziende del prodotto. Disciplinare DECO Ver. 1.1, Brallo di Prego- agricole di Romagnese contraddistinte dal mar- la, URL: < http://www.comune.brallodipregola.pv.it> [consultato il 07/10/2019]. chio “Terre Villane” (cugini Mori). Guzzon F., Ardenghi N.M.G., Bodino S., Tazzari E.R., Rossi G. (2019), Guida all’Agrobiodiversità vegetale della Provin- Usi culinari: grazie alla sua consistenza è impiega- cia di Pavia, Pavia, Pavia University Press. ta soprattutto per preparare gli gnocchi, ma anche Science and Advice for Scottish Agriculture (2019), De- brasati e intingoli oppure è consumata fritta. siree, in: The European Cultivated Potato Database, URL: [consultato il 07/10/2019]. Coltivazione: la semina viene eseguita a inizio maggio, tradizionalmente il 3 del mese, quando le condizioni meteorologiche lo consentono; i * * * tuberi si raccolgono dopo la metà di agosto. 40. Nome: patata ‘Rossa di Campodolcino’ Note: alcuni caratteri di questa patata (denomi- nata ‘Rossa dell’Oltrepò Pavese’ dagli Autori del Sinonimi: patate di Campodolcino, tartifoi di Se- presente volume) corrispondono a quelli della cret cultivar olandese ‘Desirée’ (come la forma e il co- lore dei germogli, il portamento della pianta, e Nome scientifico: Solanum tuberosum L. la colorazione di buccia e pasta dei tuberi, della corolla e dei fusti), assai diffusa in Oltrepò Pavese Famiglia: Solanaceae (viene ad esempio impiegata per la produzione della “Patata del Brallo”). C’è tuttavia un’eviden- Categoria: landrace te discrepanza temporale tra le testimonianze raccolte, che fanno risalire la coltivazione della Descrizione: la ‘Rossa di Campodolcino’ è una patata rossa oltrepadana ai primi anni del Nove- patata tardiva; la pianta è alta 75-80 cm e pos- cento, e il periodo di introduzione in Italia della siede fusti semi-eretti, con forte colorazione an- ‘Desirée’, avvenuta dopo gli anni ’60 del secolo tocianica violacea; le foglie sono poco addensa- scorso (la cultivar è stata costituita nel 1962). te, costituite da segmenti di medie dimensioni, Per questo motivo e per scongiurare il rischio di verdi, opachi, con margini senza increspature. Le perdere un ortaggio ben radicato nella tradizio- patate (tuberi sotterranei) hanno forma ovoida- ne rurale dell’Oltrepò Pavese, abbiamo deciso le, con occhi (gemme) superficiali, che alla base di trattare comunque la ‘Rossa dell’Oltrepò’, in sono rosso-porpora come il resto della buccia

102 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete (epidermide e periderma); la pasta (medulla esterna e interna) è giallo scuro. I germogli che emergono dagli occhi dei tuberi, quando posti in condizioni di luce controllate, sono di grandi dimensioni, sferici, con colorazione antociani- ca porpora e pelosità da media a intensa. I fiori sono riuniti in infiorescenze di medie dimensio- ni; i boccioli sono rosei, le corolle ampie e rosee all’interno. Le bacche, pressoché sferiche, sono prodotte saltuariamente.

Storia: si veda la scheda della ‘Bianca di Campo- dolcino’. I tuberi di questa landrace (così come della ‘Bianca di Campodolcino’) sono stati recu- perati presso la sig.ra Margherita Pavioni (classe 1930) di Starleggia, la cui famiglia li ha coltivati «da sempre» (l’intervistata dal 1941), chiaman- doli “tartifoi di Secret” (dove “Secret” indica pro- babilmente il soprannome della famiglia che gelosamente li custodiva e dalla quale furono bollite con l’aggiunta di uno zampino di maiale), Figura 3.40. in origine ricevuti). I Pavioni talvolta vendevano “maschárpa e patate” (patate bollite con fette di Patata ‘Rossa di Campodolcino’ una piccola parte delle patate ad altre famiglie “maschárpa”, un formaggio simile a una ricotta (foto e grafica di chiavennasche. stagionata), “fet e riis”, “ taroz”, “ pizocar di Star- M. Canella). leggia”, “ mescceda” e “menestra de castegn”. Non Località di coltivazione: è attualmente coltivata viene mai fritta. nel territorio del comune di Campodolcino (Son- drio), in particolare nelle frazioni di Starleggia, Coltivazione: si veda la scheda della ‘Bianca di Fraciscio, Isola e Splughetta, a Codera di Novate Campodolcino’. Per la “semina” vengono scelti i Mezzola e al Giardino Alpino Valcava di Made- tuberi che hanno prodotto più germogli, piantati, simo. interi o a pezzi, tra aprile e maggio, a una distan- za di 25-30 cm uno dall’altro, su appezzamenti in Status di conservazione: si veda la scheda della pendenza appena concimati con letame bovino. ‘Bianca di Campodolcino’. Inoltre i tuberi sono Non viene eseguito nessun trattamento; le erbe coltivati e conservati ex situ in coltura di tessuti infestanti vengono estirpate a due riprese tra la presso il CREA-CIN di Bologna (dr. Bruno Parisi e semina e la raccolta, che avviene in settembre. dr.ssa Daniela Pacifico). Bibliografia Usi culinari: la ‘Rossa di Campodolcino’ è im- Canclini M. (2014), Ricordi e sapori di una volta riscoprendo ricette semplici della Valle Spluga e..., Sondrio, Ramponi. piegata lessata in insalata, nella polenta e per la preparazione di diversi piatti chiavennaschi, come: “patate e castagne” (patate e castagne * * *

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 103 ottusi all’apice (raramente con 3 punte ottuse), con polpa (mesocarpo ed endocarpo) piuttosto spessa e superficie liscia, da giallo-arancione ad arancione intenso, mediamente lucida. Il sapore è molto dolce e leggermente aromatico, non pic- cante. I semi sono gialli.

Storia: l’origine di questo peperone non è ben chiara (per ulteriori informazioni si veda il pa- ragrafo introduttivo sulle cultivar obsolete). Era coltivato da tempo imprecisato dalla famiglia del sig. Marco Carena di Mezzana Bigli (Pavia), il quale, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 del Novecento, ha donato i semi al sig. Santino Bettaglio di Sannazzaro de’ Burgondi, che li ha successivamente trasmessi al cugino (or- Figura 3.41. 41. Nome: peperone ‘A uovo’ ticoltore di professione che coltivava peperoni a Peperone ‘A Ghiaie di Corana) e al compaesano sig. Massimo uovo’ (foto di N.M.G. Ardenghi, Sinonimi: peperone di Bettaglio, peperone di Zini (Ente Nazionale Risi). Grazie a Zini, nel 2018 grafica di Carena Marco la Banca del Germoplasma Vegetale dell’Uni- M. Canella). versità di Pavia è venuta a conoscenza di questa Nome scientifico: Capsicum annuum L. landrace.

Famiglia: Solanaceae Località di coltivazione: il peperone ‘A uovo’ è attualmente coltivato in orti famigliari dei sigg. Categoria: landrace Bettaglio e Zini a Sannazzaro de’ Burgondi, in bassa Lomellina (Pavia). Nel corso degli anni, Zini Descrizione: pianta eretta, alta 60-70 cm; i fusti ha donato i semi a diversi appassionati in Lomel- sono verdi con nodi di colore porpora-nero e pe- lina, a Casale Monferrato (Alessandria), Casorate losità sparsa. Le foglie hanno lamina lunga 4,5-8 Primo (Pavia) e Bubbiano (Milano). cm, lanceolato-ellittica, in genere di colore verde chiaro. I fiori sono solitari, con peduncoli di 7-8 Status di conservazione: i semi di questo pepe- mm, eretti, dotati di corolla con diametro di 2-2,3 rone sono conservati presso la Banca del Ger- cm, interamente bianco-lattea, costituita da pe- moplasma Vegetale dell’Università di Pavia. È tali acuminati, con apice dritto o debolmente ri- coltivato in purezza dal sig. Zini, i cui orti sono flesso; le antere sono blu scuro. I frutti (bacche) collocati in località distanti da altre coltivazioni sono inseriti su robusti peduncoli eretti (rara- di peperone per prevenire gli incroci. mente orizzontali); da immaturi sono verde scuro o nerastri; a maturazione sono lunghi 4,2-4,4 cm Usi culinari: viene consumato crudo, grigliato, e larghi 3,8-4,5 cm, di forma sferoidale-ovoida- in peperonata (conferendole un sapore dolcissi- le, occasionalmente oblata o sferoidale-cubica, mo), alla griglia, nella salsa tonnata, in agrodol-

104 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete ce e, dopo essere scottato in acqua o aceto, con 42. Nome: peperone ‘Bianco mantovano’ la bagna cauda (con o senza panna). Si conserva in frigorifero per almeno 15 giorni. Sinonimi: Peperone citrino, Peperone mantova- no, Peperone piacentino, Pevron bianc Coltivazione: a differenza degli altri peperoni, cresce su tutti i terreni, inclusi quelli sabbiosi, Nome scientifico: Capsicum annuum L. dove rimane molto produttivo. Inoltre è im- mune alle malattie fungine e non è affetto dal Famiglia: Solanaceae marciume molle dei peperoni [Pectobacterium carotovorum (Jones 1901) Waldee 1945 s.l.]; i Categoria: landrace suoi frutti vengono attaccati dalle cimici [Ne- zara viridula (Linnaeus, 1768) e Halyomorpha Descrizione: pianta a ciclo annuale, con fusto halys (Stål, 1855)]. Non richiede trattamenti, se eretto, alto circa 60 cm. Le foglie sono alterne, non occasionalmente contro gli insetti. In alcu- hanno forma ovato-lanceolata e sono glabre. I ni casi si sono registrati distruzioni delle giova- fiori, che compaiono tra luglio e settembre, sono ni piante da parte della minilepre. La semina solitari e portati da pedicelli robusti e rivolti ver- avviene a febbraio-marzo in serra; il trapianto so il basso; la corolla è bianca, senza macchie. Il in pieno campo è eseguito in aprile o maggio; frutto (bacca) è pendulo, lungo 15-16 cm e largo le piantine vengono mantenute ombreggiate 5-6 cm, con peso medio di 100-150 g, a forma di come gli altri peperoni. Gli esemplari adulti ne- parallelepipedo irregolare, con 3-4 coste poco cessitano di un tutore (bastone di legno o ton- evidenti, sinuato e più assottigliato verso l’apice, dino di ferro). La raccolta si effettua da luglio che è 3-4-lobato; da immaturo presenta polpa fino a novembre, quando si verificano le prime (mesocarpo ed endocarpo) sottile, croccante, e gelate autunnali. Durante l’inverno non vengo- buccia (esocarpo) debolmente lucida, di colore no coperte. bianco-citrino e aspetto tipicamente ceroso, che a maturità diventa di un rosso mattone. Note: questa landrace ricorda molto il ‘Minia- ture Yellow Bell’, landrace di Bucyrus, Ohio, tra- Storia: nell’area della bassa Pianura Padana tra mandata nella famiglia della sig.ra Lucina Cress Mantova e Piacenza, la coltivazione di peperoni (che conserva i frutti sott’aceto o li consuma ri- con le carattristiche del ‘Bianco mantovano’ si pieni) e tuttora venduto negli Stati Uniti come tramanderebbe dagli inizi del Ventesimo secolo. “heirloom variety”. Si differenzia però dal pepe- Risale certamente al 1914 l’introduzione in com- rone ‘A uovo’ per i frutti in genere penduli e de- mercio della cultivar ‘Regina’, con caratteristi- bolmente solcati. che cromatiche simili al ‘Bianco mantovano’ ma di dimensioni maggiori; il colore «bianco crema Bibliografia lucente» delle bacche immature pare che all’e- Whealy K. (1983), Seed Savers ... Summer Edition, Seed Sav- poca fosse una peculiarità tra i peperoni com- ers Exchange. merciali.

* * * Località di coltivazione: il ‘Bianco mantovano’ è tradizionalmente coltivato nell’Oltrepò Manto-

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 105 Figura 3.42. Peperone ‘Bianco Note: per la colorazione del frutto immaturo, mantovano’ questo peperone risulta classificabile all’inter- (foto e grafica di no del gruppo di cultivar Wax (letteralmente M. Canella). “cera”), che comprende numerose entità sia dol- ci sia piccanti distribuite soprattutto nell’Europa centro-orientale.

Bibliografia AA.VV. (2013), Frutta e buoi...quaderno della biodiversità agricola parmense, Parma, Provincia di Parma. Anonimo (1914), Novità orticole, «Bullettino della R. Soci- età Toscana di Orticultura», 19(1), pp. 22-24. Azienda Agricola Calciolari (2019), Peperone Bianco, URL: [consultato il 16/10/2019]. DeWitt D., Lamson J. (2015), The Field Guide to Peppers, Portland, Timber Press.

* * *

vano, ma anche nelle province di Cremona, Pia- 43. Nome: peperone ‘Di Voghera’ cenza e Parma. Nome scientifico:Capsicum annuum L. Status di conservazione: i semi di questa landra- ce sono conservati presso la Banca del Germo- Famiglia: Solanaceae plasma Vegetale dell’Università di Pavia. Categoria: landrace Usi culinari: grazie alla croccantezza, alla dige- ribilità e al sapore delicato della polpa, i frutti si Descrizione: la pianta è di dimensioni contenu- prestano a essere consumati crudi quando sono te, con un’altezza di circa 50-60 cm, è caratteriz- ancora immaturi. Dopo la raccolta si conservano zata da precocità nella fruttificazione. Il frutto a lungo. In passato venivano fatti marinare in (bacca) ha una forma tendenzialmente cubica, una miscela di vino, aceto e sale per poterli pre- con 3-4 coste, apice leggermente affossato e di servare anche durante l’inverno. media grandezza (altezza, larghezza e profon- dità pressoché uguali, pari a 8-12 cm). Il colore è Coltivazione: le giovani piantine vengono messe verde molto chiaro che diviene da giallo tenue a a dimora in piena terra a maggio; le prime rac- giallo aranciato a maturazione. La polpa è sotti- colte si eseguono dalla metà di giugno. L’irriga- le, consistente e resistente, elemento che rende zione, effettuata per mezzo di una manichetta, questa varietà molto adatta a essere conservata deve essere costante; è necessaria una buona e trasportata. Per il colore chiaro, è classificato tra concimazione, principalmente a base di calcio. i “peperoni bianchi”. Si differenzia geneticamente da altri peperoni coltivati in zone limitrofe.

106 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Storia: la prima menzione in ambito scientifico riguardo la coltivazione del peperone ‘Di Vo- ghera’ risale al 1907 in un articolo sulla «Rivista di Patologia Vegetale» a cura del professor Lu- igi Montemartini, direttore dell’Orto Botanico di Pavia. La coltivazione di questa varietà locale declinò fino quasi a estinguersi totalmente nel Secondo dopoguerra a causa dell’industrializ- zazione, del conseguente abbandono delle col- tivazioni e soprattutto per l’“avvizzimento”, una micosi che colpì pesantemente questa varietà. Il recupero e la valorizzazione del peperone ‘Di Voghera’ sono avvenuti a partire dal 2006 grazie al lavoro della Cooperativa sociale Villa Meardi e dell’ITAS, Istituto Tecnico Agrario Sta- tale, “Carlo Gallini” di Voghera, portato avanti da un’associazione di volontari e da alcuni agri- coltori.

Località di coltivazione: la zona di coltivazione Usi culinari: il peperone ‘Di Voghera’ è tenden- Figura 3.43. del peperone ‘Di Voghera’ comprende comu- zialmente dolce e di facile digeribilità. È pro- Peperone ‘Di Voghera’, frutti non ni della provincia di Alessandria e Pavia, quindi tagonista di varie ricette e preparazioni locali, ancora maturi (foto a cavallo tra Lombardia e Piemonte. Al centro quali la peperonata e i peperoni sottaceto. Un di C. Ballerini, grafica di quest’area vi è proprio la città di Voghera e i piatto tipico è quello del risotto con peperone di M. Canella). comuni limitrofi in cui la coltivazione del pepe- ‘Di Voghera’. Da un paio di anni, nel mese di set- rone ha sempre caratterizzato orti e tenute. At- tembre, è stata istituita la sagra del ‘Peperone di tualmente è coltivato in quattro aziende presso Voghera’ proprio in quest’ultimo comune. Voghera, Corana e Rivanazzano Terme nel Vo- gherese, oltre ad Alzano Scrivia in provincia di Coltivazione: la coltivazione segue un proto- Alessandria. collo stilato nel “Disciplinare di produzione del Peperone di Voghera”. La coltivazione può avve- Status di conservazione: è uno dei prodotti del nire in appositi tunnel, serre o in pieno campo. Paniere Pavese ed è commercializzato con il mar- La messa a dimora delle piantine deve avvenire chio “PePeVo” dell’associazione per la tutela e col pane di terra integro e il trapianto dovreb- valorizzazione del peperone ‘Di Voghera’. Diver- be avvenire non prima del 25 marzo in ambienti se accessioni di semi sono conservate presso la protetti (tunnel e serre) e del 30 aprile in campo Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università aperto. Si può effettuare una coltivazione libera, di Pavia. Tra le aziende custodi di questa varietà senza ricorso al sostegno delle piante o a spallie- di può annoverare l’Az. Agricola Andrea Olezza ra, nel quale le piante sono sostenute da fili oriz- presso il comune di Corana. zontali. Necessita di abbondanti apporti idrici.

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 107 Note: in provincia di Pavia è stato censito un altro 44. Nome: pomodoro ‘Liberty Bell’ peperone tradizionale: si tratta del ‘Carnosissimo di Remondò’, già negli anni ’50 del secolo scor- Sinonimi: Pope so molto diffuso a Remondò di Gambolò. Veniva coltivato anche dal sig. Giovanni Bazzan (classe Nome scientifico: Solanum lycopersicum L. 1902), che ha tramandato la semente a suo ni- pote Giovanni, il quale prosegue tutt’oggi la sua Famiglia: Solanaceae coltivazione nella piccola frazione lomellina. È caratterizzato da frutti un po’ schiacciati ai poli, Categoria: cultivar obsoleta di colore rosso e polpa molto spessa; ricorda il ‘Topepo rosso’ (per questa entità si veda il para- Descrizione: pianta a crescita indeterminata (si grafo sulle cultivar obsolete). arresta solo alla fine del ciclo vegetativo, quindi a settembre), alta 120-160 cm. I frutti (bacche), Bibliografia che pesano 100-150 g, sono lunghi 9 cm e larghi Alberici A. (1998), La tavola del gran pavese. Enogastrono- 10-11 cm, leggermente appiattiti, con 3-4 coste mia, cultura, tradizioni e folclore in Lomellina, Oltrepò, prominenti (che li rendono molto simili a quelli Pavese, Padova, Franco Muzzio. Anonimo (2016), Disciplinare di produzione del PePeVo. di un peperone), quasi vuoti al loro interno; la Balduzzi E., G. Conti (2014), Ricettario tradizionale di buccia (esocarpo) è rossa, la polpa (mesocarpo Voghera e dell’Oltrepò Pavese, Voghera, Libreria Tici- ed endocarpo) è poco acida e i semi sono scarsi. num. Cavagna P., G. Camerini, M. Fibiani, L. Andreani, R. Cella, L. Storia: questo peculiare pomodoro è stato colti- Concia, R. Lo Scalzo (2012), Characterization of the res- vato all’incirca dalla metà degli anni ’60 del No- cued ‘Voghera’ sweet pepper landrace grown in north- ern Italy, «Spanish Journal of Agricultural Research», 10 vecento a Varzi dalla famiglia di Sara Martimucci (4), pp. 1059-1069. e più recentemente dal nonno Maggiorino Botta Curci G. (2018), I custodi della natura e dei semi antichi alla a Rivanazzano Terme, che l’ha battezzato “Pope” mostra dell’Orto Botanico di Pavia, in La Piazza, «La Pro- (dalle iniziali di pomodoro e peperone). La cul- vincia Pavese», n. 250 del 13/09/2018, p. 23. tivar obsoleta ‘Liberty Bell’ (il nome corrispon- Curzi M. (1925), Il parassitismo del “Verticillum tracheiphi- lum Curzi” e la sua diffusione della tracheverticillosi del de alla celebre campana suonata nel 1776 per peperone in Italia, «Rivista di Patologia Vegetale», anno la lettura della Dichiarazione d’indipendenza; XV, numero 9-10, pp. 145-160. “bell”, tuttavia, indica anche il peperone dolce Disperati A. (2017), Così risorge il peperone vogherese, «La in inglese) è di origine statunitense; diffusa in Provincia Pavese» del 14/09/2017, URL [consultato il 12/12/2019]. om variety” (letteralmente “varietà di famiglia” o Montemartini L. (1907), L’avvizzimento o malattia dei pep- anche “varietà tradizionale”) da diversi siti web eroni (Capsicum annuum) a Voghera, «Rivista di Patolo- specializzati. gia Vegetale», anno II, numero 17, pp. 67-69. Pezzullo F. (1986), «Giornale di Voghera», n. 6 del Località di coltivazione: Rivanazzano Terme, in 06/02/1986. Oltrepò Pavese.

* * * Status di conservazione: i semi di questa cul-

108 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete tivar obsoleta sono conservati presso la Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia.

Usi culinari: i frutti, in gran parte cavi, vengono farciti per il consumo fresco.

Coltivazione: trattandosi, come la maggior parte dei pomodori da orto famigliare, di una cultivar a crescita indeterminata, le piante van- no legate a un tutore di 2-2,5 m e necessitano di scacchiatura (eliminazione dei getti ascellari denominati “femminelle”, che però possono es- sere recuperati come talee). I frutti maturano in 75-80 giorni. Storia: la coltivazione di questo pomodoro è Figura 3.44. stata tramandata nella famiglia del sig. Ren- Pomodoro ‘Liberty Bibliografia Bell’ (foto di zo Marisoli (classe 1947) di Carbonara al Tici- C. Ballerini, grafica di Alton Horticultural Society (1895), August Meeting, «Trans- no (Pavia) a partire dai suoi nonni. Il ‘Tumatica M. Canella). actions of the Illinois State Horticultural Society», n.s., giganta’ (così è chiamato dalla famiglia Mari- 28: 466-468. Tommasi L. (2015), Vecchie e inconsuete varietà di pomo- soli) risalirebbe pertanto ai primi anni del No- dori, Edito dall’autore. vecento.

Località di coltivazione: Carbonara al Ticino (Pa- * * * via).

45. Nome: pomodoro ‘Tumatica giganta’ Status di conservazione: i semi di questa pre- sunta cultivar obsoleta sono conservati presso la Sinonimi: − Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia. Nome scientifico: Solanum lycopersicum L. Usi culinari: il pomodoro ‘Tumatica giganta’ si Famiglia: Solanaceae presta a tutti gli usi.

Categoria: cultivar obsoleta (?) Coltivazione: la coltivazione di questo pomo- doro, che avviene in orti famigliari, non prevede Descrizione: pianta a crescita indeterminata, l’impiego di prodotti chimici. alta oltre 2 m. I frutti (bacche), che pesano fino a circa 1 kg, sono lunghi 3-4 cm e larghi 12-15(-20) Note: un altro pomodoro “gigante”, con frutti cm, leggermente appiattiti, da lisci a debolmen- lisci, di colore ramato, raggiungenti un peso di te costati; la buccia (esocarpo) è rossa. 1,4-1,6 kg, è stato coltivato almeno dal Secondo dopoguerra da una signora di Remondò di Gam-

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 109 Bibliografia Carrière E.-A., André E. (1882), Chronique horticole, «Revue horticole» del 16/01/1882, pp. 25-30. Lambin E. (1883), Di alcune varietà nuove di ortaggi, «Bul- lettino della R. Società Toscana di Orticultura», 8(3), pp. 83-85. Unimont (2019), Pomodoro Luigia, URL: < https://www.un- imontagna.it/vegetali/pomodoro-luigia/> [consultato il 16/10/2019].

* * *

46. Nome: riso ‘Lomello’

Sinonimi: –

Nome scientifico: Oryza sativa L. subsp. sativa Figura 3.45. bolò, in Lomellina (Pavia). Noto come ‘Tumatica Pomodoro ‘Tumatica gròsa’, è stato in seguito acquisito dal compa- Famiglia: Poaceae giganta’ (foto di G. Rossi). esano sig. Giovanni Bazzan (classe 1902) ed è tutt’oggi in fase di coltivazione dall’omonimo Categoria: cultivar obsoleta; varietà da conser- nipote sempre a Remondò. vazione Un altro pomodoro affine, denominato “Pomo- doro Luigia”, è stato trovato dall’Università del- Descrizione: pianta annuale a ciclo vegetati- la Montagna (Università di Milano) a Mercallo vo (il periodo che intercorre tra semina e ma- (Varese), dov’è coltivato almeno dalla fine degli turazione) precoce (154 giorni), alta in media anni ’40 del Novecento. 117 cm, verde. La foglia apicale (bandiera o a Svariate cultivar di pomodoro a frutti “gigan- bandiera) possiede lamina eretta. La pannoc- ti” erano commerciate in Europa e in Italia tra chia è lunga 22,3 cm, ha emergenza media ed la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo suc- è semi-pendula; le spighette sono lunghe 8,8 cessivo. Tra queste merita d’essere ricordato il mm e larghe 3,7 mm, hanno forma ellittica, con pomodoro ‘President Garfield’ (‘Presidente Gar- apice mucronato o semi-aristato; sono comple- field’ in Italiano), venduto sin dal 1882 da una tamente gialle. Le cariossidi sono lunghe 6,2 ditta sementiera tedesca e con ogni probabilità mm e larghe 3,2 mm (dimensioni corrisponden- dedicato al presidente degli Stati Uniti d’Ame- ti alla tipologia “lungo A” della classificazione rica James A. Garfield (assassinato nel 1881). La UE), hanno pericarpo bianco ed endosperma pianta, alta fino a 2,5 m, era in grado di produrre perlato, cioè dotato di perla (zona opaca all’in- frutti del peso di 0,6-1 kg (talvolta anche di 1,5 terno l’endosperma), che è tonda, centrale e di kg), di forma schiacciata e un po’ costoluti pro- dimensione media. prio come il ‘Tumatica giganta’. Come il ‘Liberty Bell’, si trova ancora in vendita come “heirloom Storia: il riso ‘Lomello’ venne selezionato tra il variety”. 1944 e il 1953 dal prof. Giovanni Sampietro di

110 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Gambolò (Pavia), presso la Stazione sperimenta- le di Risicoltura e delle Coltivazioni irrigue di Ver- celli; fu immesso sul mercato nel 1954 ma cadde in disuso dopo circa 15 anni. Venne ottenuto per rispondere all’esigenza di un riso precoce da ri- sotto (all’epoca dominavano i risi da minestra), incrociando la ‘Razza 77’ (apprezzata per i risotti ma problematica per taglia e lunghezza del ci- clo) e l’‘Agostano’ (cultivar precoce, come ricor- da il nome). Ne risultò un riso di statura minore e con ciclo breve. Fu coltivato in Lomellina dal 1955 circa e, dalla fine del decennio, a Mede. La coltura del ‘Lomello’ è stata ripresa da Giovan- ni Nipoti (gestore, per conto della famiglia Ci- sco, della Societa Agricola Santa Maria dei Cieli, con terreni situati tra Mede e Lomello) nel 2014, quando ha ricevuto 40 g di semente dall’Ente Nazionale Risi, che aveva messo a disposizione i semi di alcune cultivar storiche da riproporre per la coltivazione. guaina della foglia apicale, causando accumu- Figura 3.46. li d’acqua in cui possono proliferare patogeni Riso ‘Lomello’ (foto e grafica di Località di coltivazione: è attualmente coltivato fungini; per questo motivo la densità di semina è M. Canella). nell’omonimo comune di Lomello (Pavia) su una contenuta per favorire il passaggio di luce e aria superficie di un ettaro. e asciugare la foglia. Per facilitare le operazioni di sarchiatura, tra le file è mantenuto uno spazio Status di conservazione: il riso ‘Lomello’ è stato interfilare di 30 cm. iscritto con decreto del MIPAAF 11 marzo 2019 al Registro nazionale delle varietà da conservazione Note: oltre al ‘Lomello’ e al ‘Vialone nero’, altre (codice 19664); responsabile della conservazione sette cultivar di riso d’interesse lombardo sono in purezza sono l’Unità di Ricerca per la Risicol- iscritte al Registro nazionale delle varietà da con- tura (CREA-RIS) di Vercelli e la Societa Agricola servazione: ‘Bertone’ (codice 15788), ‘Chinese ori- Santa Maria dei Cieli di Mede (Pavia). ginario’ (codice 15787), ‘Chinese Ostiglia’ (codice 19511), ‘Dellarole’ (codice 19513), ‘Nano’, (codi- Usi culinari: le cariossidi vengono utilizzate per ce 19512) ‘Precoce 6’ (o ‘Sancio’, codice 19515) e preparare risotti. Per la buona consistenza e l’e- ‘Precoce Gallina’ (codice 19514), tutte conserva- levata collosità, ricorda molto l’‘Arborio’. te presso la Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia e il Centro Ricerche sul Coltivazione: la semina, in asciutta, avviene a Riso - Ente Nazionale Risi di Castello d’Agogna, maggio, mentre la raccolta a fine settembre, Pavia. Tra queste è degno di nota il ‘Bertone’ (dal quando l’umidità è bassa. La pannocchia può piemontese “sbarbato”, per le spighette prive presentare malformazioni alla fuoriuscita dalla di resta), la seconda cultivar di riso, in ordine di

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 111 tempo, a essere coltivata su larga scala in Italia: * * * venne introdotta nei primi anni dell’Ottocento dal direttore dell’Orto Agrario di Torino Mat- 47. Nome: riso ‘Vialone nero’ thieu Bonafous, il quale ne ricevette i semi (ori- ginari della Cocincina, nell’attuale Vietnam) dal Nome scientifico:Oryza sativa L. subsp. sativa botanico e agronomo André Thouin del Jardins des plantes di Parigi. Grazie alla sua resistenza al Famiglia: Poaceae brusone del riso (Pyricularia oryzae Cavara) e al ciclo breve, sin da subito si diffuse in gran parte Categoria: cultivar obsoleta; varietà da conser- dell’Italia settentrionale (inclusa la Lombardia), vazione tanto da venir perfino elogiato da Camillo Benso conte di Cavour. Attualmente il ‘Bertone’ è colti- Descrizione: il riso ‘Vialone nero’ è caratterizzato vato dall’Azienda Agricola “Una Garlanda” della da culmi e spighette pigmentate di viola scuro. Si famiglia Stocchi a Rovasenda (Vercelli), respon- tratta di un riso semifino, quindi a chicchi (carios- sabile della conservazione in purezza di tutte le sidi) di media lunghezza, arrotondati e tozzi, con cultivar sopra citate. pericarpo bianco dopo la sbiancatura. L’aspetto di questa varietà è molto simile a quello del ce- Bibliografia lebre ‘Vialone nano’, di cui è uno dei progenitori; Bosso E. (2019), Nipoti presenta il Lomello, URL: giore e per la maturazione più tardiva, che avvie- [consultato il 02/10/2019]. Gullino P. (2011), Dalla teoria alla sperimentazione: successi ne nella prima settimana di ottobre (anziché a e inconvenienti, in: Cavicchioli S. (ed.), Camillo Cavour e metà settembre). l’agricoltura, Torino, Carocci editore, pp. 157-190. Michela I. (1850), Memoria sull’importanza della coltivazi- Storia: il ‘Vialone nero’ fu selezionato nel 1903 one e del commercio del riso in Piemonte, e sui vantaggi dai fratelli De Vecchi nella frazione Vialone di che presentano le moderne macchie per sbucciarlo, To- Sant’Alessio con Vialone (Pavese centrale), a rino, Tipografia Chirio e Mina. Piacco R. (1959), Le prime varietà di riso coltivate in Italia, «Il partire dalla cultivar ‘Ranghino’. Dall’incrocio Riso», 8(12), pp. 12-14. tra ‘Vialone Nero’ e ‘Nano’, ottenuta nel 1939 Rossi G., Tazzari E.R., Vegini E., Bergamo P. (2012), Le a opera di Romeo Piacco presso la Stazione banche dei semi per la conservazione della biodiversità sperimentale di Risicoltura di Vercelli, prese vegetale, URL: [consultato origine il ‘Vialone Nano’. È una della cultivar il 17/10/2019]. Sampietro G. (1953), La nuova varietà di riso “Lomello”, progenitrici dei famosissimi risi ‘Arborio’ e «Annali della Stazione sperimentale di risicoltura e del- ‘Carnaroli’. Il ‘Vialone Nero’ era ampiamente le culture irrigue di Vercelli», 1, pp. 149-154. coltivato nelle province di Pavia, Verona, Man- Società Agricola Santa Maria (senza data), Relazione tecni- tova e Rovigo prima di scomparire dalla scena ca per iscrizione riso Lomello, [relazione inedita]. produttiva, sostituito nel Secondo dopoguerra Stocchi, Fratelli (2019), Una Garlanda. Custodi di natura da cultivar considerate più redditizie perché e biodiversità [catalogo sementi], Rovasenda, URL: più precoci e più basse, quindi meno soggette [consultato il 02/10/2019]. ad allettamento. La valorizzazione di questa preziosa varietà locale è iniziata nel 2009 ed è stata possibile grazie a un piccolo nucleo di se-

112 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete mente conservato presso l’Ente Nazionale Risi. L’opera di recupero della coltivazione del ‘Via- lone nero’ è da attribuirsi al sig. Stefano Lam- berti presso la Cascina Vialone di Sant’Alessio con Vialone, il quale ha proseguito l’opera di conservazione e riproduzione avviata dai fra- telli De Vecchi.

Località di coltivazione: Sant’Alessio con Vialo- ne (Pavia).

Status di conservazione: la varietà è iscritta al Registro nazionale delle varietà da conservazione (codice 16451) con decreto del MIPAAF 20 feb- braio 2015. Diverse accessioni di semi sono con- servate presso la Banca del Germoplasma Vege- tale dell’Università di Pavia.

Usi culinari: è molto indicato per i risotti, ma an- che per le insalate di riso. Uno dei punti di forza di questa varietà è la capacità di mantenere a lungo la giusta cottura senza scuocere.

Coltivazione: la coltivazione del riso avviene in quattro fasi. Durante la prima fase, nei mesi dicativamente nel mese di ottobre, si procede Figura 3.47. invernali e primaverili, viene effettuata la pri- alla raccolta meccanica, al suo trasferimento in Pannocchia di riso ‘Vialone ma lavorazione dei terreni attraverso l’aratu- azienda, all’essicazione in aia e al suo conse- Nero’, coltivato a ra e la preparazione del letto di semina. Nella guente stoccaggio. Sant’Alessio con seconda fase, si provvede all’inondazione dei Vialone (Pavia) Bibliografia dall’Azienda di campi in caso di semina con camera allagata. Stefano Lamberti Camera di Commercio Pavia (2009), Buono a sapersi. Una Nella terza fase si procede quindi alla semina a (foto di C. Ballerini). provincia da gustare, Pavia, Genova, Sagep Editori. spaglio. Si è diffusa anche la semina in asciutta Gariboldi C.E. (2017), Ritorna il riso delle origini. Via- con semina per file interrate. Successivamente lone Nero, ma è bianco, «La Provincia Pavese» del le camere di risaia vengono periodicamente 16/12/2017. sommerse per le esigenze di natura termica Regione Lombardia (2017), Riso Vialone nero. In: Schede e di irrigazione. La sommersione viene anche descrittive delle varietà ortive da conservazione, URL: alternata con periodi di asciutta necessari al [consultato il 12/12/2019]. corretto radicamento delle piante, a permette- re l’accessibilità del campo ai mezzi meccani- ci, alla difesa del riso da agenti patogeni e al * * * controllo delle infestanti. Nell’ultima fase, in-

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 113 bito del progetto regionale V.C.L.R. Varietà da Conservazione Lombarde Registrate (P.S.R. 2007- 2013) hanno permesso di confrontare la ‘Berret- tina di Lungavilla’ con altre varietà coltivate di zucca e hanno messo in luce che la ‘Berrettina di Lungavilla’ è ben differenziata geneticamente ri- spetto ad altre zucche del Nord Italia, compresa la ‘Bertagnina di Dorno’, unica altra varietà loca- le pavese di zucca a turbante.

Storia: la ‘Berrettina di Lungavilla’ era coltivata diffusamente nel comune di Lungavilla fino al Secondo dopoguerra, quando è stata soppian- tata da cultivar moderne più adatte alla lavora- zione industriale. Dal 2008 al 2013, il materiale recuperato dall’ultimo contadino che ancora coltivava questa zucca a Lungavilla, è stato sot- toposto a un’opera di selezione dei caratteri ori- ginari della varietà locale, scelti in base alle testi- 48. Nome: zucca ‘Berrettina di Lungavilla’ monianze di chi l’aveva coltivata nel passato. La fase di selezione, curata dal dr. Giuseppe Cameri- Figura 3.48. Frutto Nome scientifico:Cucurbita maxima Duchesne ni, è stata fondamentale per eliminare i tratti de- di zucca ‘Berrettina subsp. maxima rivanti dall’incrocio con altre varietà di zucca, in di Lungavilla’ (foto di C. Ballerini, grafica particolare la ‘Marina di Chioggia’. Questo lavo- di M. Canella). Sinonimi: Capé da prèvi ro ha permesso il recupero del fenotipo origina- rio della ‘Berrettina di Lungavilla’. L’Associazione Famiglia: Cucurbitaceae Zucca Berretina di Lungavilla, formatasi nel 2011, promuove il recupero di questa varietà locale nel Categoria: landrace suo territorio tradizionale di coltivazione.

Descrizione: molto simile alla zucca ‘Bertagnina Località di coltivazione: nel territorio comunale di Dorno’ descritta nella prossima scheda. Il frut- di Lungavilla e comuni limitrofi nell’Oltrepò Pa- to, con forma a turbante, è suddiviso in due parti vese: Castelletto di Branduzzo, Pizzale, Verretto, sovrapposte, di colore grigio-verde; ha un peso Montebello della Battaglia (Pavia). alla maturazione che oscilla tra i 2 e i 4 kg. La porzione superiore, su cui è inserito il pedunco- Status di conservazione: detiene un marchio lo, ha un diametro maggiore rispetto a quella in- De.Co.; vari campioni di semi sono conservati a feriore. Quest’ultima (derivante dall’espansione lungo termine presso la Banca del Germoplasma dei carpelli) presenta 3-4 lobi. Analisi genetiche Vegetale dell’Università di Pavia. Tra le aziende che eseguite presso l’ex E.N.S.E. (Ente Nazionale del- coltivano la ‘Berrettina di Lungavilla’ si possono ci- le Sementi Elette), attualmente CREA, nell’am- tare: Azienda Agricola Vidali Matteo (Castelletto di

114 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Branduzzo), Azienda Agricola Lodigiani Riccardo, doti (chiamato “berretta”, si pensi a Fernandel Azienda Agricola Chiossa Luigi, Azienda Agricola nei panni di don Camillo nell’omonimo film del Campanini Giancarlo (tutte presso Lungavilla). 1952) o a un turbante.

Usi culinari: presenta ottima conservabilità. Bibliografia Adatta per la preparazione di moltissime ricette, Camerini G., Manelli E., Masanta M.F. (2014), Quella strana berretta di Calcababbio, Storia del recupero della va- sia dolci sia salate. Un prodotto della tradizione rietà Zucca Berrettina di Lungavilla (Pv), Associazione in cui è impiegata la zucca ‘Berrettina di Lunga- Zucca Berrettina. villa’ è il ”nusät”, una torta salata a base di zucca Balduzzi E., G. Conti Maffi (2015), Ricettario tradizionale che era servita durante la cena di magro dell’an- della Lomellina e del pavese, Voghera, Libreria Ticinum tivigilia di Natale. Ogni anno presso Lungavilla si editore. svolge, nel mese di ottobre, una rassegna gastro- Camera di Commercio Pavia (2009), Buono a sapersi. Una provincia da gustare. Pavia, Genova, Sagep Editori. nomica a base di zucca ‘Berrettina di Lungavilla’. Orsenigo S., T. Abeli, M. Schiavi, P. Cauzzi, F. Guzzon, N.M.G. Ardenghi, G. Rossi, I. Vagge (2018), Morphological char- Coltivazione: la semina avviene tradizionalmen- acterization of Cucurbita maxima Duchesne (Cucurbita- te il primo giovedì di aprile. Talvolta, preceden- ceae) landraces from the Po Valley (northern Italy), «Ital- temente a questa operazione, i semi sono lasciati ian Journal of Agronomy», 13, pp. 338-342. imbibire in acqua per mezza giornata. Le piante, con portamento strisciante, devono avere a di- * * * sposizione uno spazio ampio in modo da conte- nere lo sviluppo vegetativo vigoroso di questa 49. Nome: zucca ‘Bertagnina di Dorno’ varietà coltivata. A partire dalla prima metà di settembre avviene la raccolta dei frutti maturi. Nome scientifico:Cucurbita maxima Duchesne Oltre alle due zucche a cappello da prete, un’al- subsp. maxima tra presunta varietà locale interessante viene coltivata in Oltrepò, in particolare a Bagnaria Famiglia: Cucurbitaceae (dov’è conosciuta come ‘Bomba d’America’) e a Corana. Appartiene a una specie distinta, Cu- Categoria: landrace curbita pepo L. subsp. pepo, di cui fanno parte le zucchine. Di forma ovoide e di colore verde Descrizione: la pianta è rampicante, con una scuro, con fitta e minuta puntinatura arancione, vegetazione piuttosto vigorosa. Il frutto (pepo- è molto simile ad altre varietà locali della Bassa nide) ha un aspetto caratteristico a turbante, padana, come la zucca ‘Martlëta’ dell’Alessandri- con una porzione superiore (su cui è inserito il no e la zucca ‘Verde di Bagnolo’ del Reggiano. peduncolo) di dimensioni maggiori rispetto a quella inferiore (derivante dall’espansione dei Note: come le zucche della bassa Pianura Pa- carpelli), recante 3-4 lobi. Il colore del frutto è dana, ‘Cappello da prete reggiana’, ‘Cappello grigio-verde, con superficie della buccia (epicar- da prete mantovana’ e ‘Bertagnina di Dorno’, po) tendenzialmente liscia. La polpa (mesocarpo appartiene al gruppo delle zucche “cappello ed endocarpo) è di colore giallo-arancio e piut- da prete”, contraddistinte da frutto simile nella tosto soda. Il frutto raggiunge circa 30 centimetri forma al copricapo portato un tempo dai sacer- di diametro per un peso di 3-4 kg.

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 115 Status di conservazione: è uno dei prodotti del Paniere Pavese e detiene il marchio De.Co. Diver- se accessioni di semi sono conservate a lungo ter- mine presso la Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia.

Usi culinari: il suo utilizzo in cucina è molto versa- tile, può infatti essere impiegata in diverse ricette e un tempo era uno degli ingredienti base nella dieta contadina della Lomellina. La facile coltiva- zione e conservazione la rendono molto adatta per diversi piatti come minestrone, risotto, ravioli, zucca al forno e dolci, ma anche marmellate, mo- starda e di recente anche birra. Da oltre 15 anni si svolge presso Dorno, nel mese di ottobre la “Sagra della Zucca Bertagnina di Dorno”.

Coltivazione: la zucca ‘Bertagnina di Dorno’ pre- dilige terreni sabbiosi dove non si formino rista- Figura 3.49. Frutto Storia: la coltivazione della zucca a Dorno è cer- gni d’acqua. Non ha quindi grosse necessità dal e sezione del frutto tamente radicata nel tempo, ma è andata decli- punto di vista dell’irrigazione, seppur, nei mesi di zucca ‘Bertagnina di Dorno’ coltivata nando con l’industrializzazione dell’agricoltura, estivi più secchi, sia necessaria saltuariamente dall’Azienda di poiché le protuberanze tipiche dei frutti di questa un’irrigazione di soccorso. Tradizionalmente si Matteo Prandelli varietà comportano parecchio scarto nella lavora- coltivava facendo rampicare la pianta su pergo- (foto di C. Ballerini, grafica di zione del prodotto. La riscoperta di questa antica lati. Attualmente si coltiva soprattutto in pieno M. Canella). varietà coltivata è avvenuta a partire e dal 2004 campo, dove la pianta cresce liberamente. A Dor- grazie al lavoro della Pro Loco di Dorno, iniziato no il periodo migliore indicato per la semina del- col recupero dei semi presso alcuni anziani coltiva- la zucca è il primo giovedì di aprile, come recita tori locali. Nel 2014 è stata fondata l’“Associazione anche il detto locale: i süc dal prim giudì d’aprìl, i Produttori della Zucca Bertagnina di Dorno”, di cui vénan gros me barìl (le zucche del primo giovedì fanno parte la Pro Loco e due aziende agricole, tra di aprile, vengono grosse come barili). Una doz- cui l’azienda di Matteo Prandelli di Dorno. zina di semi vengono seminati in piccole monta- gnette di terra, alte meno di una spanna. Dopo Località di coltivazione: Dorno e comuni adiacenti la germinazione e l’emergenza delle plantule, si come Alagna Lomellina, Zinasco, Pieve Albignola, selezionano le piantine migliori per ogni monta- Scaldasole e Garlasco (Lomellina centro-orientale, gnetta, lasciandone un paio e rimuovendo le al- provincia di Pavia). Ancora oggi il Comune di Ala- tre. Necessita di concimazione, effettuata inter- gna è conosciuto come: Alagna di süc, conferman- rando qualche manciata di concime organico nei do il radicamento che la coltivazione delle zucche pressi dalle piantine. La raccolta dei frutti inizia a aveva nel territorio comunale. Oggi tuttavia è Dor- fine agosto e si protrae fino a ottobre. no il principale centro di coltivazione.

116 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete Nota: il nome di questa zucca si riferisce proba- media. Le foglie hanno lamina di dimensioni bilmente ai lobi che costituiscono la porzione in- medie, con margine lievemente inciso e pagina feriore del frutto, molto simile al “bartò” o “bar- superiore di un verde mediamente intenso. Il tòl”, copricapo un tempo portato dai contadini frutto (peponide), privo di solchi, è suddiviso in della zona (Lomellina, provincia di Pavia). due falde, di cui la superiore (sulla quale è inse- rito il peduncolo) maggiore (diametro 11-26 cm) Bibliografia rispetto a quella inferiore (6-21 cm), che porta Alberici A. (1998), La tavola del gran pavese. Enogastrono- 3-4 lobi (quest’ultima deriva dall’ingrossamento mia, cultura, tradizioni e folclore in Lomellina, Oltrepò, dei carpelli). A maturazione la buccia (epicarpo) Pavese, Padova, Franco Muzzio. Associazione Produttori Zucca Bertagnina di Dorno (2019), è liscia, di colore grigio chiaroe lucente, mentre La Zucca Bertagnina, URL: la polpa (mesocarpo ed endocarpo) è di un aran- [consultato il 16/09/2019] cione intenso, consistente, soda; dopo la cottura Balduzzi E., G. Conti (2015), Ricettario tradizionale della Lo- presenta una bassa fibrosità. I semi sono di taglia mellina e del Pavese, Voghera, Libreria Ticinum. media, ellittici e di colore bianco. Gariboldi C.E. (2017), La zucca Bertagnina cerca un rico- noscimento, «La Provincia Pavese» del 23/12/2017. URL: [consultato il 16/09/2019]. all’epoca dei Gonzaga (non prima del XVI-XVII La Zucca Bertagnina (2016), URL: [consultato il 27/02/2018]. dalla metà del XIX secolo per l’area di Quistello. Ricotti F.C. (2013), La zucca Bertagnina. Storia, tradizioni e ricette di un angolo di Lomellina, Mortara, Logica Mul- timedia. Località di coltivazione: tutti i comuni dell’Ol- trepò Mantovano più alcuni situati a nord del Po sempre in provincia di Mantova (, * * * Ostiglia, , Serravalle a Po, Sustinen- te, Viadana). 50. Nome: zucca ‘Cappello da prete mantovana’ Status di conservazione: con decreto del Sinonimi: Berretta da prete, Capel da pret, Zoca MIPAAF 20 febbraio 2015 è stata iscritta al Re- de la breta gistro nazionale delle varietà da conservazione (codice 3642); responsabile della conservazione Nome scientifico:Cucurbita maximaDuchesne- in purezza è il Dipartimento di Scienze della Ter- subsp. maxima ra e dell’Ambiente dell’Università degli Studi di Pavia. Per la consevazione on farm sono indicate Famiglia: Cucurbitaceae l’Azienda Agricola Calciolari Giuliano e Lorenzo di San Rocco di Quistello e la Società Agricola Categoria: landrace; varietà da conservazione Olianina di Bombarda Ferdinando e Mantovani Agnese e C. SS. di Villa Poma (Mantova); in en- Descrizione: la zucca ‘Cappello da prete man- trambi i comuni è situata altresì la zona di molti- tovana’ è una pianta rampicante/strisciante, di plicazione delle sementi, che non deve superiore vegetazione vigorosa, con fusto di lunghezza a 1,5 ha. La zucca ‘Cappello da prete mantovana’

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 117 a pioggia. I tempi di rotazione sono abbastanza lunghi (almeno cinque anni).

Note: sono da riferire verosimilmente a questa landrace le zucche cappello da prete coltivate nel Casalasco (provincia di Cremona) e nei comu- ni limitrofi del Parmense. Almeno dagli anni ’50 e ’60 del Novecento, in provincia di Cremona (in particolare nella zona di Casalmaggiore), nell’Oltrepò Pavese e nella Bassa parmense, è coltivata la zucca ‘Piacentina’ (conosciuta anche come ‘Caplen-na’, ‘Berretti- na’ e ‘Barténa’): originaria della provincia di Pia- cenza, si distingue dalle zucche cappello da pre- te soprattutto per il frutto senza falda inferiore (che talvolta è semplicemente accennata), con superficie a solchi deboli, talvolta accompagna- Figura 3.50. Zucca è tutelata dalla De.Co. “Zucca di Quistello Capel ti da una modesta verrucosità. Non è da con- ‘Cappello da prete da Pret” approvata dal consiglio comunale di fondere con quest’ultima la zucca ‘Mantovana’ mantovana’ (foto di C. Ballerini, grafica di Quistello il 29 maggio 2014 ed è inserita nell’e- (chiamata anch’essa ‘Caplena’ e ‘Berrettina’), M. Canella). lenco dei PAT della regione Lombardia come con frutto a superficie quasi liscia; è anch’essa “Zucca mantovana” (n. 165). I semi sono conser- diffusa nel basso Cremonese e nel Mantovano. vati presso la Banca del Germoplasma Vegetale È custodita dall’Azienda Agricola Monte Grap- dell’Università di Pavia. pa di Anna Sassi a Canicossa di (Man- tova). Usi culinari: è impiegata, assieme ad amaretti e mostarda di mele, per il ripieno dei classici tor- Bibliografia telli di zucca mantovani. Quelli preparati a Qui- AA.VV. (2013), Frutta e buoi...quaderno della biodiversità agricola parmense, Parma, Provincia di Parma. stello sono tutelati dalla De.Co. “Tortelli di zucca Comune di Quistello (2014), DE.C.O. - Denominazione Co- quistellesi”. Si presta anche alla realizzazione di munale di Origine, URL: [consultato il 16/09/2019]. vano). Consorzio Agrituristico Mantovano “Verdi Terre d’Acqua” (2015), I frutti ritrovati. Guida alla biodiversità mantova- Coltivazione: il terreno viene preparato in au- na e cremonese, Mantova, Sistema Mantova per Expo 2015. tunno mediante concimazione con letame ma- Regione Lombardia (2017), Zucca Cappello da Prete. In: turo, a cui segue un’aratura profonda 40-50 cm. Schede descrittive delle varietà ortive da conservazi- La semina avviene ad aprile, mentre la raccolta one, URL: [consul- (a mano) si esegue di norma a fine settembre, tato il 16/09/2019]. quando il peduncolo risulta lignificato almeno Riva M., Nistri R., Paolazzi M. (2011), Per un codice della al 50%. La zucca ‘Cappello da prete mantovana’ cucina lombarda, Milano, Regione Lombardia. necessita di irrigazione, effettuata con il metodo

118 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete * * * Status di conservazione: la ‘Tonda padana’ è stata iscritta con decreto del MIPAAF 6 febbraio 51. Nome: zucca ‘Tonda padana’ 1996 al Registro nazionale delle varietà da con- servazione (codice 2333); responsabile della sele- Sinonimi: Americana, Americana gialla, Ameri- zione conservatrice è la ditta Franchi Sementi di cana tonda Bergamo. I semi di questa landrace sono conser- vati presso la Banca del Germoplasma Vegetale Nome scientifico: Cucurbita pepo L. subsp. pepo dell’Università di Pavia. È da notare che in passato (secondo i ricordi del Famiglia: Cucurbitaceae coltivatore e conoscitore di zucche sig. Maurizio Bini di Casalmaggiore) i frutti della ‘Tonda pada- Categoria: landrace na’ presentavano coste molto prominenti; nelle varianti diffuse oggi in commercio questo carat- Descrizione: pianta a portamento strisciante, tere è più attenuato, tanto che la superficie dei con foglie debolmente trilobate. Il frutto (pepo- peponidi appare quasi liscia. nide) è sferico o leggermente schiacciato ai poli, lungo 11-25 cm e largo 13-30 cm, con coste molto Usi culinari: la ‘Tonda padana’, per le caratte- prominenti. A maturazione, il peduncolo è le- ristiche della sua polpa, è tradizionalmente im- gnoso, profondamente costato, coperto da peli piegata come le altre zucche appartenenti alla induriti e di aspetto spinescente; la buccia (epi- specie Cucurbita maxima Duchesne. carpo) è di colore verde scuro tendente al nero e marmorizzato tra le coste, che sono giallo-aran- Coltivazione: la semina avviene tra aprile mag- cione intenso, da cui l’aspetto tipicamente stria- gio; i frutti maturi si raccolgono dopo circa due to. La polpa (mesocarpo ed endocarpo), di colo- mesi. re da giallo intenso ad arancione chiaro, rimane In passato, tra Casalasco e Viadanese, questa soda e asciutta alla cottura e ha un sapore dolce landrace (così come altre zucche a portamento con debole sentore di nocciola. strisciante) era comunemente seminata sopra lo strato di letame che veniva steso sui campi a Storia: la ‘Tonda padana’ è coltivata nell’area di riposo, per mantenerlo umido e favorirne la ma- Casalmaggiore (Cremona) e di Viadana (Manto- turazione. va) da circa un secolo. Dopo un periodo di ab- bandono, la sua coltura è ripresa tra la fine degli Note: la ‘Tonda padana’ appartiene al gruppo anni ’90 del Novecento e gli inizi del Duemila so- di cultivar Pumpkin, probabilmente il più anti- prattutto nella Bassa padana tra Lombardia ed co e diversificato all’interno di Cucurbita pepo, Emilia-Romagna. caratterizzato da peponidi di forma da sferica a ovoidale. Oltre alle celebri zucche di Halloween Località di coltivazione: Bassa padana, in Lom- (con frutti di colore arancione e solcati, come ad bardia nelle province di Cremona e Mantova, in esempio la cultivar ‘Connecticut Field’), fanno Emilia-Romagna nelle province di Reggio Emilia, parte di questa categoria altre importanti lan- Parma e Piacenza. drace di origine padana, tra cui la zucca ‘Mart- lëta’ (in passato conosciuta come “americanina”

3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 119 centi studi, si sarebbe originato proprio in Lom- bardia, nei dintorni di Milano, attorno al 1850. A testimoniarlo è l’esistenza della cultivar obsoleta ‘Nano Verde di Milano’, venduto dalla ditta Fra- telli Ingegnoli di Milano sin dal 1891 e tutt’ora presente nel suo catalogo (è iscritto anche al Re- gistro nazionale delle varietà da conservazione, codice n. 814).

Bibliografia Ardenghi N.M.G. (2016), La storia della coltivazione di spe- cie d’interesse agrario nell’Orto botanico dell’Università di Pavia, in: Clauser M., Pavone P. (eds.), Orti botanici. Eccellenze italiane, Città di Castello, Thema Edizioni, pp.173-174. Figura 3.51. Zucca e “zucca di Aldo”) di Sale (Alessandria), recupe- Falavigna A., Schiavi M. (2009), Sperimentazione orticola in ‘Tonda padana’ rata da Alberto Garbelli della Cascina Scannatta Lombardia 2007-2009. «Quaderni della ricerca n° 98», (foto e grafica di di Castelnuovo Scrivia (Alessandria) e protetta da pp. 1-60. M. Canella). Fondazione Campagna Amica (2017), Alberto Garbelli: tra- marchio De.Co.: la costolatura e le caratteristiche dizione e innovazione per una zucca tutta da gustare, della polpa (consistente, da cui il nome varietale) URL: [consultato il 17/10/2019]. sagoma leggermente più ovoidale. Zucche affini Lust T.A., Paris H.S. (2016), Italian horticultural and culinary sono state trovate da noi anche in Oltrepò Pavese records of summer squash (Cucurbita pepo, Cucurbi- taceae) and emergence of the zucchini in 19th-century presso il confine alessandrino (a Bagnaria, sotto , «Annals of Botany», 118(1), pp. 53-69. il nome di ‘Bomba d’America’, e a Corana), a te- Paris H.S. (1986), A proposed subspecific classification for stimonianza di una diffusione più ampia (alme- Cucurbita pepo, «Phytologia», 61, pp. 133-138. no nel passato) di questo gruppo. Non bisogna Paris H.S (2000), History of the cultivar-groups of Cucurbita inoltre dimenticare la zucca ‘Verde di Bagnolo’ in pepo, «Horticultural Reviews», 25(2001), pp. 71–170. provincia di Reggio Emilia (anch’essa simile alla R. Al. (2016), La zucca “martlëta” di Sale è diventa- ta anche un gelato, URL: quest’ultima entità, sebbene oggi sia diffusa in [consultato il 17/10/2019]. commercio per l’utilizzo fresco dei suoi frutti im- Regione Emilia-Romagna Agricoltura e pesca (2014), Zuc- maturi (come gli zucchini), potrebbe derivare da ca verde di Bagnolo, URL: [con- ne d’erbario realizzato dal botanico Fulgenzio sultato il 17/10/2019]. Vitman nel XVIII secolo e conservato all’erbario Schiavi M., Salamone F. (2013), Reperimento, descrizione, dell’Università di Pavia (PAV). conservazione di varietà locali di specie orticole e valo- Nell’ambito di C. pepo, le cultivar a frutto quasi rizzazione di cipolla, melone, radicchio, «RGV Notiziario cilindrico, liscio e consumato da immaturo, fan- Risorse Genetiche Vegetali», 13(3-4), pp. 26-28. no parte del gruppo Zucchini, che, secondo re-

120 3. Schede descrittive delle principali varietà locali e delle cultivar obsolete 4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate

Sommario Descrizione: pianta annuale, a portamento stri- In questo capitolo sono presentate nove schede descrittive sciante, vigorosa. Le foglie hanno lamine con sa- delle principali colture sottoutilizzate lombarde. goma ovata e sono divise in 3-5 lobi ad apice arro- tondato, sinuati o a loro volta suddivisi in lobi più piccoli. I fiori sono di piccole dimensioni e sono dotati di cinque petali giallo chiaro. I frutti (pe- Nel presente capitolo sono trattate le seguenti ponidi) pesano dai 7 ai 10 kg, sono da sferoidali a entità: ellissoidali, con buccia (epicarpo) di colore verde 1. Anguria da mostarda chiaro, spesso recante striature da verde chiaro a 2. Atriplice degli orti verde-giallastro derivanti dalla fusione di chiazze 3. Cascellore comune più o meno arrotondate. La polpa (mesocarpo) è 4. Ciuenlai di colore da bianco a giallastro, in genere com- 5. Fagiolo di Spagna patta, poco acquosa e non dolce (il sapore ricor- 6. Raperonzolo da quello del cetriolo immaturo). I semi, lunghi 7. Spinacio della Nuova Zelanda circa 14 mm, sono ovati od oblungo-ovati, di co- 8. Zucca da mostarda lorazione variabile: beige, nero, verde oliva, rosso. 9. Zucca spinosa Storia: Citrullus amarus fino a tempi recenti è stato considerato una sottospecie o una varietà dell’anguria (o cocomero) da dessert, C. lanatus 1. Nome: anguria da mostarda (Thunb.) Matsum. & Nakai subsp. lanatus, dalla quale si distingue soprattutto per le caratteristi- Sinonimi: anguria bianca, zucca cedrina che della polpa (bianca, in genere compatta e in- sapore anziché rossa, acquoso-farinosa e dolce). Nome scientifico: Citrullus amarus Schrad. L’anguria da mostarda è nativa dell’Africa meri- dionale ed è stata domesticata indipendente- Famiglia: Cucurbitaceae mente da quella da dessert (originaria dell’Africa

4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate 121 Status di conservazione: accessioni a semi rossi e verdi provenienti rispettivamente da Soncino e da Motta Baluffi (Cremona) sono conserva- te presso la Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia; l’Istituto d’Istruzione Su- periore “Antonio Zanelli” di Reggio Emilia con- serva invece un’accessione a semi beige origina- ria della zona tra Mantova, Cremona e Parma, e un’altra a semi verdi sempre del Cremonese.

Usi culinari: in Lombardia questo ortaggio è tra- dizionalmente impiegato per la preparazione artigianale o industriale di mostarda, da solo o con altri tipi di frutta. Per il discreto contenuto di pectine è assai ricercato e talvolta è preferito alle Figura 4.1. Anguria occidentale). Nell’Europa mediterranea C. ama- zucche e ai meloni con polpa bianca. Si può usa- da mostarda a semi rus era già coltivato nel XIV secolo, ma a partire re anche per marmellate e frutta candita. I frutti rossi di Soncino (foto di C. Ballerini, grafica dal Rinascimento è stato via via rimpiazzato da C. si conservano a lungo, fino a oltre un anno. di M. Canella). lanatus. La sua coltivazione si è preservata soprat- tutto laddove è ben radicato il suo utilizzo per la Coltivazione: richiede terreni di medio impasto, produzione di mostarda, come nella Bassa pada- franco-argillosi, ricchi in sostanza organica. Le na tra le province di Cremona, Mantova, Parma e giovani piantine vengono trapiantate in pieno Reggio Emilia, ma anche in Romagna e in alcu- campo nel mese di maggio, a una distanza di 1,5- ne località della Corsica. In passato era coltivata 2 m l’una dall’altra. L’innaffiatura si esegue fre- anche nel Pavese (per la produzione della tipica quentemente ma con quantitativi d’acqua limi- Mostarda di Voghera), dove è stata reintrodotta tati. La raccolta si effettua valutando soprattutto di recente con semi provenienti dal Cremonese. il suono emesso alla percussione dei frutti con le dita: se questo risulta grave, l’anguria è pronta per Località di coltivazione: in Lombardia è coltiva- lo stacco. Le grandi esigenze nutritive di questa ta nella parte meridionale della provincia di Cre- pianta obbligano a compiere rotazioni di almeno mona e nelle aree confinanti della provincia di quattro anni. Essendo una specie particolarmente Mantova, quasi esclusivamente in orti famigliari. robusta e resistente alle malattie, C. amarus viene In particolare, l’ecotipo a frutti sferici, finemente usato anche come portinnesto di C. lanatus. marezzati e semi rossi è diffusa nell’alto Cremone- se (Soncino), mentre quello a peponidi allungati, Note: l’anguria da mostarda è qui trattata come buccia chiara uniforme e semi verdi nella bassa coltura sottoutilizzata. Non si esclude tuttavia pianura cremonese e mantovana; infine un ter- che all’interno di questa specie si annidino entità zo ecotipo, con frutti sferici, striati come Citrullus colturali distinte (landrace), come lascia suppor- lanatus, polpa adatta anche al consumo fresco e re l’eterogeneità di alcuni caratteri morfologici semi neri è altrettanto presente nella Bassa cre- (colore dei semi, forma dei frutti, ornamentazio- monese (si veda anche il paragrafo sottostante). ne della buccia), a cui è associata una variabilità

122 4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate [consultato il 17/10/2019]. che in Citrullus lanatus. La variabilità di C. amarus, Unimont (2019), Anguria da mostarda a semi verdi, URL: e in particolar modo della sua polpa, talora incide [consultato il 17/10/2019]. Re nel suo celebre L’ortolano dirozzato, citando un «Cocomero moscadello» dalla polpa «non ros- * * * sa […] ma bensì dilavata, biancastra» e con «i semi rossi», considerata addirittura «più delicata» delle 2. Nome: atriplice degli orti angurie a polpa rossa (un’anguria simile, ma con semi neri e dal sapore meno gradevole, è ancora Sinonimi: atreplice, atreplice bionda, bietolone oggi diffusa nella Bassa cremonese). rosso, parughi, spinacione Accessioni a semi rossi e verdi sono state acquisi- te anche dall’Università della Montagna (Univer- Nome scientifico: Atriplex hortensis L. subsp. sità di Milano) rispettivamente a Soncino (Cre- hortensis mona) e nel Mantovano. Famiglia: Chenopodiaceae Bibliografia AA.VV. (2013), Frutta e buoi...quaderno della biodiversità Descrizione: pianta erbacea annuale, alta fino a agricola parmense, Parma, Provincia di Parma. 2 m, con parti vegetative verdi, verde-giallastre o [Amadio E.?] (senza data), La coltivazione dell’anguria da mostarda nell’Azienda Agraria Abbadia dell’Istituto rosso-porpora. Le foglie, alterne o opposte, sono Agrario Stanga, inedito. grandi e possono raggiungere i 20 cm di lun- Ardenghi N.M.G., Polani F. (2016), La flora della provincia ghezza e i 10 cm di larghezza; hanno lamina ova- di Pavia (Lombardia, Italia settentrionale). 1. L’Oltrepò ta o ovato-lanceolata, cordato-astata alla base, Pavese, «Natural History Sciences», 3(2): 51-79. verde, glabra e opaca su entrambe le pagine, con Guzzon F., Müller J.V., Araujo M., Cauzzi P., Orsenigo S., margini interi. L’infiorescenza è una pannocchia Mondoni A., Abeli T. (2017), Drought avoidance adap- tive traits in seed germination and seedling growth of senza foglie. I fiori sono minuti, unisessuati; alcu- Citrullus amarus landraces, «South African Journal of ni di quelli femminili sono avvolti da due bratte- Botany», 113, pp. 382-388. ole che a maturità diventano ovate o circolari, di Laghetti G., Hammer K. (2007), The Corsican citron melon consistenza membranosa, lucide e con nervature (Citrullus lanatus (Thunb.) Matsum. et Nakai subsp. la- ben evidenti; in esse si trova racchiuso un seme di natus var. citroides (Bailey) Mansf. ex Greb.) a traditional and neglected crop, «Genetic Resources and Crop Evo- circa 1,5-3 mm di diametro, tondeggiante. lution», 54(4), pp. 913-196. Re F. (1811), L’ortolano dirozzato, 2, Milano, presso Giovan- Storia: Atriplex hortensis subsp. hortensis è un’en- ni Silvestri. tità cultigena, domesticata a partire da A. horten- Rossi G., Tazzari E.R., Vegini E., Bergamo P. (2012), Le banche sis subsp. nitens (Schkuhr) E.Pons (distinta per le dei semi per la conservazione della biodiversità vege- foglie bianco-farinose sulla pagina inferiore e lu- tale, URL: < http://www.labecove.it/i> [consultato il 17/10/2019]. cide su quella superiore) in un’area compresa tra Rotteglia L., Pacchiarini L., Provincia di Reggio Emilia Europa sud-orientale e Asia sud-occidentale. L’a- (2012), Arca Regia. Piante e animali dell’agrobiodiversi- triplice degli orti era consumata come ortaggio a tà reggiana, Reggio Emilia, Provincia di Reggio Emilia. foglia già dagli antichi Greci (sebbene non fosse Unimont (2019), Anguria da mostarda a semi rossi, URL: particolarmente apprezzata) e in seguito dai Ro-

4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate 123 quello di sostituire lo spinacio sul mercato duran- te i mesi estivi, quando quest’ultimo scarseggia. Farneti distingue tre diversi ecotipi (come avviene anche oggi) di atriplice degli orti, riconoscibili per la colorazione delle foglie: l’«atreplice bionda», la più pregiata e ricercata in commercio, l’«atreplice verde» e quella «rossa» (chiamata anche «spinacio rosso»), disprezzata dai consumatori per il colore poco attraente.

Località di coltivazione: coltivazioni in orti fami- gliari sono state da noi censite a Codera di Nova- te Mezzola, in Valchiavenna (Sondrio), a Montù Beccaria nell’Oltrepò Pavese, e a Carbonara al Ticino (Pavia).

Status di conservazione: la coltivazione dell’a- triplice degli orti è preservata dall’Associazione Amici della Val Codera in Valchiavenna (Sondrio) e dal dr. Leopoldo Tommasi a Milano, il quale ha donato semi di questa specie alla Banca del Ger- moplasma Vegetale dell’Università di Pavia.

Usi culinari: le foglie di Atriplex hortensis sono tradizionalmente consumate come quelle degli spinaci, sbollentate e poi ripassate in padella con il burro. Rispetto a quest’ultimo ortaggio, tutta- Figura 4.2. Atriplice mani; è divenuta popolare in epoca medievale. via, contengono una minor quantità di acido os- degli orti (foto di Nei secoli successivi il suo uso venne gradualmen- salico e hanno un sapore meno delicato; i cuochi G. Rossi). te abbandonato, soppiantata in larga parte dallo dell’Ottocento, per compensare questa mancan- spinacio (Spinacia oleracea L.), che era stato intro- za, vi aggiungevano foglie di acetosa (Rumex ace- dotto in Europa dai crociati o dagli arabi (nel XII tosa L. subsp. acetosa), anch’essa coltivata come secolo). La quasi totale scomparsa di questa pian- ortaggio nei secoli passati (soprattutto in Francia) ta dagli orti famigliari in nord Italia è testimonia- e attualmente raccolta solo allo stato spontaneo ta, a inizio Ottocento, da botanici come Giuseppe dagli appassionati di piante alimurgiche. Comolli, Filippo Massara e Ciro Pollini. Nonostan- te questo, essa viene ancora trattata nei manua- Coltivazione: la semina avviene tra marzo e giu- li di orticoltura dell’epoca: Rodolfo Farneti, per gno e ogni 15-20 giorni (per disporre sempre di esempio, riferisce che è consumata come gli spi- foglie fresche), in suoli ricchi, sabbiosi e piuttosto naci e sotto tale denominazione si trova spesso umidi; i semi vengono interrati a una profondità in vendita nei mercati; il suo principale merito è di circa 1 cm. Se troppo fitte, le giovani piantine

124 4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate emergenti vengono diradate. Si raccolgono in 80 cm. Possiede fusti eretti, ramosi in alto, ruvidi genere le cime ascellari. A settembre le piante si per la presenza di caratteristici tubercoli rossi. Le lasciano andare a frutto; tendono ad autopropa- foglie basali rappresentano la parte oggetto di garsi per seme anno dopo anno. consumo culinario: disposte in rosetta, sono ca- ratterizzate da margini con 5-7 denti triangolari Bibliografia per lato, più o meno profondi. Nel periodo di fio- Andrews A.C. (1948), Orach as the Spinach of the Classical ritura (in primavera) presenta piccoli fiori gialli. Period, «Isis», 39(3), pp. 169-172. Il frutto è una siliquetta verrucosa con 4 logge, Comolli G. (1835), Flora comense, Como, Co’ Tipi di C. Pietro Ostinelli. contenenti un seme ciascuna, e 4 ali, ognuna con Dalby A. (2003), Food in the Ancient World from A to Z, 2 punte laterali e una punta apicale spinosa. London, New York, Routledge. Farneti R. (1892), Frutti freschi e secchi, ortaggi, Milano, Storia: nella penisola italiana, così come in altre Fratelli Dumolard Editori. aree dei Balcani (Dalmazia, Erzegovina e Grecia), Hammer K. (2001), Atriplex hortensis L., in: Mansfeld’s le foglie basali sono raccolte in natura prima del- World Database of Agricultural and Horticultural Crops, URL: le fioritura e consumate fresche in insalate, cotte [consultato il 18/10/2019]. insieme a carne rossa, bollite o condite con olio e Hammer K., Knüppfer H., Laghetti G., Perrino P. (1999), Seeds burro. La provincia di Pavia a nord del Po è l’uni- from the Past. A Catalogue of Crop Germplasm in Central co luogo conosciuto al mondo dove la specie vie- and North Italy, Bari, Germplasm Institute of C.N.R. ne attivamente coltivata, perlomeno dagli anni Massara F. (1834), Prodromo della Flora valtellinese, Son- drio, per G. B. Della Cagnoletta tipografo provinciale. ’50 del XX secolo, ed è legata a prodotti locali Pollini C. (1824), Flora veronensis, 3, Veronae, Typis et ex- tradizionali. Negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso pensis Societatis typographicae. coltivazioni di lándar piuttosto estese si poteva- Roda M., Roda G. (1868), Manuale dell’ortolano conte- no trovare in Lomellina, principalmente nei co- nente la coltivazione ordinaria e forzata delle piante muni di Sartirana Lomellina e Candia Lomellina. d’ortaggio, Torino, Napoli, Dalla Società L’Unione Tipografico-Editrice. Rubatzky V.E., Yamaguchi M. (1997), World Vegetables, 2nd Località di coltivazione: indagini etnobotaniche edition, Dordrecht, Springer Science+Business Mediea. hanno confermato l’esistenza di coltivazioni, su Tommasi L. (2015), L’Orto familiare a conduzione biologica, piccola scala, in orti privati della provincia di Pa- Edito dall’autore. via. La specie è stata ritrovata in coltivazione in diversi comuni del Pavese (Bereguardo, San Ze- * * * none al Po, San Genesio ed Uniti) e della Lomel- lina (Carbonara al Ticino, Garlasco). Alcune ditte 3. Nome: cascellore comune sementiere locali ne commerciano le siliquette.

Sinonimi: barlánd, casét, lándar, lándra Status di conservazione: la specie, allo stato sel- vatico, è elencata nella flora protetta lombarda. Nome scientifico:Bunias erucago L. Un tempo piuttosto comune nel territorio pro- vinciale, specialmente negli incolti ma anche ai Famiglia: Brassicaceae margini delle colture (soprattutto su suoli allu- vionali), è allo stato attuale scarsamente diffusa. Descrizione: pianta annuale o bienne, alta fino a La sua rarefazione potrebbe essere dovuta ai

4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate 125 proprietà digestive. È alla base di un piatto tipico della provincia, una minestra: “ris e lándar” (o “ris e barlánd”). Viene altresì impiegato in minestroni e frittate (“frità cui lándar”). Talvolta sostituisce il crescione nella tradizionalissima “zuppa alla Pa- vese”.

Coltivazione: è una pianta adattata a terreni marginali e non necessita di grosse cure. Le sili- quette sono seminate, da luglio a ottobre, sem- plicemente mediante spargimento sul terreno. Per aumentare la scarsa germinazione dei semi contenuti all’interno delle siliquette, i coltivatori locali suggeriscono di tenere a bagno le siliquet- te per almeno un giorno e di coprire il terreno dove si è seminato con della tela di juta bagnata. Le foglie sono raccolte a partire dall’autunno fino all’inizio della primavera. Molti coltivatori lasciano che il lándar si dissemini da solo nei loro orti permettendo alle piante di produrre e di- Figura 4.3. Fiori di cambiamenti dovuti all’intensificazione dell’a- sperdere le proprie siliquette esattamente come cascellore comune gricoltura convenzionale, in particolare alla ge- accade in natura. o lándar in pavese (Bunias erucago) stione delle coltivazioni cerealicole (ad es. un (foto di F. Guzzon). maggior impiego di erbicidi). Attualmente sem- Bibliografia bra essere coltivato solo da pochissimi agricoltori Alberici A. (1998), La tavola del gran pavese. Enogastrono- mia, cultura, tradizioni e folclore in Lomellina, Oltrepò, e appassionati, in larga parte anziani, partendo Pavese, Padova, Franco Muzzio. da siliquette reperite diversi anni fa in natura o Ardenghi N.M.G., C. Ballerini, S. Bodino, P. Cauzzi, F. Guz- acquistate presso ditte sementiere. Nonostante zon (2017), “Lándar,” “Lándra,” “Barlánd” (Bunias eru- ciò, un certo interesse per questa tipicità pavese cago L.): a Neglected Crop from the Po Plain (Northern sembra stia riemergendo; il lándar, infatti, com- Italy), «Economic Botany», 71 (3), pp. 288-295. pare attualmente nei menù di alcuni ristoranti Balduzzi E., G. Conti (2015), Ricettario tradizionale della Lo- mellina e del Pavese, Voghera, Libreria Ticinum. e in vari libri di cucina locali. La Banca del Ger- Dolina K., M. Jug-Dujaković, L. Łuczaj, I. Vitasović-Kosić moplasma Vegetale dell’Università di Pavia sta (2016), A century of changes in wild food plant use in provvedendo a conservare semi di lándar ottenu- coastal Croatia: the example of Krk and Poljica, «Acta ti da coltivatori della provincia di Pavia e anche Societas Botanicorum Poloniae», 85 (3), p. 3508. raccolti direttamente in natura nei dintorni del Riva M., R. Nistri, M. Paolazzi (2011), Per un codice della capoluogo provinciale. cucina lombarda. Atlante tipologico e nutrizionale di 100 formulazioni regionali, Regione Lombardia, DG Ag- ricoltura. ERSAF. III edizione. Usi culinari: il lándar è caratterizzato da un sa- pore aromatico che ricorda quello del cavolo, ma più tenue, ed è tradizionalmente associato a * * *

126 4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate 4. Nome: ciuenlai

Sinonimi: caygua, ciclantera, milioncini, milioni, miliun

Nome scientifico: Cyclanthera pedata (L.) Schrad.

Famiglia: Cucurbitaceae

Descrizione: il ciuenlai è una robusta pianta an- nuale, dal portamento rampicante, con fusti ra- mificati e cirri all’ascella delle foglie. Le lamine fogliari sono palmate, divise in 5-10 lobi lance- olati e dotati di margini seghettati. I fiori, uni- sessuati (si tratta di una specie monoica), hanno dimensioni minute e sono di colore verde chiaro o bianco. Il frutto (peponide) è cavo, lungo 5-15 cm e largo 3-8 cm, di forma ovoidale irregolare; non del tutto chiari, “ciuenlai” (il nome ricorda Figura 4.4. Ciuenlai la superficie è da liscia a rugoso-ispida, di colore quello del politico cinese Zhou Enlai). (foto e grafica di M. Canella). verde o giallo-verde, con nervature più scure; la polpa (mesocarpo) è morbida e spugnosa, spessa Status di conservazione: al momento non si cono- solo 0,5 cm, bianca, con sapore che ricorda quello scono forme di salvaguardia per questo ortaggio. del cetriolo. I semi sono appiattiti, neri e opachi, la loro forma ricorda la sagoma di una tartaruga. Usi culinari: i frutti, dopo essere stati divisi a metà, vengono privati dei semi, sbollentati (in Storia: Cyclanthera pedata è una specie cultige- acqua, aceto e/o vino bianco) e infine conservati na, domesticata nelle aree montane del Perù o sott’olio o sott’aceto, in genere farciti con cappe- dell’Ecuador. Viene coltivata per i suoi frutti (rac- ri, acciughe o tonno. colti immaturi) nelle regioni montane (fino alla quota di 2000 m) del Meso- e Sudamerica, talvol- Coltivazione: trattandosi di una specie di origine ta anche in Nepal, Taiwan e Cina. In Lombardia è andina, il ciuenlai si adatta bene al clima alpino. coltivata almeno dagli anni ’20 del Novecento e si Viene seminato in primavera al limitare degli ipotizza sia stata portata da emigranti di ritorno orti, dove viene fatto arrampicare su ringhiere, dalle Americhe. La sua coltivazione in altre locali- recinzioni e muri a secco. I frutti si raccolgono tà italiane ed europee è largamente sconoscuita. tra settembre e ottobre. In passato, in Valsassina, veniva servito da un ristorante come contorno Località di coltivazione: Cyclanthera pedata è assieme alle patate. coltivata esclusivamente in Valsassina (Como) e in Valle Camonica (Brescia). Nella prima località Bibliografia è chiamato “miliun”, per l’elevato numero di frut- Domini L. (2018), Censimento delle cultivar locali tradizion- ali della Valle Camonica, Corso di Laurea in Valorizzazi- ti prodotti per pianta; nella seconda, per motivi

4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate 127 Figura 4.5. Fiori di one e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano, fagiolo del diavolo Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari, Università de- a Pietragavina (Varzi, gli Studi di Milano, URL: sig. Massimo Guidi [consultato il 18/10/2019]. (foto di G. Rossi). Fanton M., Fanton J. (2013), Manuale per salvare i semi dell’orto e la biodiversità. Scopri e difendi 117 ortaggi, erbe aromatiche e fiori alimentari, Arianna Editrice. Margarita T. (2015), Uno strano cetriolo della Valsassina, URL: [consultato il 18/10/2019]. Paris H.S., Maynard D.N. (2008), Cyclanthera pedata stuff- ing cucumber, in: Janick J., Paull. E. (eds.), The Encyclo- pedia of Fruit & Nuts, Wallingford, Cambridge, CABI International, pp. 299-300. Tellincamuno (2015), Il ciuenlai; un ortaggio Camuno poco comune, URL: [consultato il 18/10/2019].

* * *

5. Nome: fagiolo di Spagna ito in piccole macchie romboidali sparse oppure Sinonimi: fagiolana, fagiolo del diavolo, fagiolo forma una singola chiazza marmorizzata attor- pergoliere no all’ilo (seme “marezzato”), che è bianco; la superficie è mediamente lucida. Nome scientifico:Phaseolus coccineus L. Storia: fu importato in Europa alla fine del ’500 Famiglia: Fabaceae dalle zone montane del Mesoamerica. È ampia- mente coltivato non solo per scopi alimentari, ma Descrizione: è una specie di fagiolo perenne, anche come pianta ornamentale in diverse aree anche se localmente presenta un ciclo annua- del Meso- e Sudamerica, negli Stati Uniti e in Eu- le: non tollera infatti temperature inferiori agli ropa (es. in Austria, Inghilterra). Le accessioni tra- 1-2°C. Si tratta di una pianta rampicante, molto dizionali di Phaseolus coccineus studiate in Lom- vigorosa, superante i 3 metri in altezza. Le foglie bardia sono coltivate almeno dall’Ottocento. sono trifogliate e i fiori hanno corolla bianca o rossa”; Il baccello (legume) è largo e piatto, con- Località di coltivazione: coltivazioni tradizionali tenente 3-4 semi grandi, lunghi in genere più di di Phaseolus coccineus sono diffuse su quasi tut- 20 mm, ellissoidali-reniformi, con colore di fondo to il territorio regionale, in particolare nelle aree da bianco a violetto intenso oppure beige-rossic- montane della provincia di Brescia, in Valtellina, cio; il colore secondario, quando presente, vira in Valchiavenna e nell’Oltrepò Pavese collina- dal marrone scuro al viola o al nero ed è distribu- re-montano.

128 4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate Figura 4.6. Semi aglio o cipolla), nelle minestre assieme alla pasta di fagiolo del o al riso, talora con aggiunta di cotiche di maiale diavolo con diverse (soprattutto i semi freschi o ancora immaturi, de- colorazioni reperiti a Pietragravina finiti “verdi”), nella trippa, nella versione lomelli- (Varzi, Pavia) dal sig. na di “ris e barlánd” (minestra di riso con foglie di Dino Guidi (foto di cascellore, patate e fagioli di Spagna o borlotti) F. Guzzon). e nel piatto bresciano “rustic” (fagioli di Spagna in umido con conserva di pomodoro e salame). In Valchiavenna qualcuno degli intervistati mangia i legumi giovani come i fagioli mangiatutto.

Coltivazione: si tratta di un fagiolo tardivo, par- ticolarmente adatto alla coltivazione in zone collinari e montane. La semina avviene in tarda primavera (in zone collinari-montane nel mese di maggio; in Valchiavenna alcuni seminano questo fagiolo il 3 maggio, giorno dedicato ai Santi Filippo e Giacomo Apostoli, che, secondo i locali, proteggerebbero i fagioli dai “pidocchi”, ovvero gli afidi). Esige terreni sciolti (quindi con almeno 50% di sabbia e con ridotta presenza di argilla), fertili, con pH neutro o basico; necessita di molta luce. I semi vanno piantati in numero non superiore a 1-2 per buco e a una profondi- tà non maggiore di 3-4 cm (devono, come reci- ta un detto popolare, “sentire le campane”). In passato, come gli altri fagioli, venivano seminati Status di conservazione: i semi di accessioni nei campi di mais, sia sul perimetro sia all’inter- provenienti dalle province di Pavia, di Brescia e no di questi, disponendo un seme di fagiolo ogni di Sondrio sono conservati presso la Banca del 4-5 piante di granoturco, i cui culmi fungevano Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia. da supporto naturale. La concimazione con le- tame garantisce una crescita ancor più vigorosa. Usi culinari: per l’elevato contenuto di proteine e È necessario predisporre paline resistenti (per amido, in passato questo fagiolo era ampiamen- esempio pali di nocciolo o castagno) per soste- te consumato in sostituzione alla carne. Tradizio- nere la vigorosa crescita di questo fagiolo rampi- nalmente è impiegato soprattutto come fagiolo cante. Necessita inoltre di innaffiature regolari. da sgrano: i semi, di consistenza compatta e sa- La raccolta è scalare e inizia all’ingiallimento dei pore dolce, sono utilizzati sia freschi sia secchi; in baccelli per il consumo fresco, e dura fino al dis- quest’ultimo caso vengono cotti in acqua salata seccamento della pianta per il consumo secco, per circa due ore, previo ammollo di almeno 12 protraendosi fino a novembre. Appena dopo la ore. I fagioli di Spagna sono usati in insalata (con semina è spesso necessario predisporre l’utilizzo

4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate 129 di un lumachicida poiché le lumache potrebbero apparenza, per specifiche esigenze ecologiche, nutrirsi delle plantule. Le coltivazioni tradizio- maggiormente legate alle zone montane. nali, tuttavia, non vengono trattate, se non con rimedi “casalinghi”, come ad esempio cenere, Bibliografia acqua e sapone di Marsiglia, e infusi di ortica AA.VV. (2013), Frutta e buoi... quaderno della biodiversità agricola parmense, Provincia di Parma. o aglio da nebulizzare sulle parti della pianta Acampora A., Ciaffi M., De Pace C., Paolacci A.R., Tanzarella attaccate dagli afidi. Questa coltura è inoltre O.A. (2007), Pattern of variation for seed size traits and particolarmente sensibile al tonchio del fagiolo molecular markers in Italian germplasm of Phaseolus [Acanthoscelides obtectus (Say, 1831)], un piccolo coccineus L., «Euphytica», 157, pp. 69-82. insetto che depone le uova nei semi, all’interno Ardenghi N.M.G., F. Polani (2016), La flora della provincia dei baccelli in formazione. Le larve e gli adulti vi- di Pavia (Lombardia, Italia settentrionale). 1. L’Oltrepò Pavese, «Natural History Sciences», 3 (2), pp. 51-79. vono nel seme e ne pregiudicano la conservabi- Ardenghi N.M.G., C. Ballerini, S. Bodino, P. Cauzzi, F. Guz- lità, commestibilità e germinabilità. Gli attacchi zon (2017), “Lándar,” “Lándra, “Barlánd” (Bunias eruca- del tonchio possono essere prevenuti con semi- go L.): a Neglected Crop from the Po Plain (Northern ne precoci mentre, per garantire la conservabili- Italy), «Economic Botany», 71 (3), pp. 288-295. tà, è consigliabile congelare i semi per 2-3 giorni Domini L. (2018), Censimento delle cultivar locali tradizion- a temperature molto rigide (-18°C) dopo di che ali della Valle Camonica, Corso di Laurea in Valorizzazi- one e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano, conservarli in contenitori ermetici in modo tale Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari, Università de- da eliminare le eventuali larve o giovani esem- gli Studi di Milano, URL: semi stoccati. Tradizionalmente i semi (inclusi [consultato il 18/10/2019]. quelli da semente) sono talvolta lasciati seccare Farneti R. (1892), Frutti freschi e secchi, ortaggi, Milano, nei baccelli sulla pianta, per poi essere conservati Fratelli Dumolard Editori. Giupponi L., A. Tamburini, A. Giorgi (2018), Prospects for Broad- all’interno di sacchetti di carta in stanze calde e er Cultivation and Commercialization of Copafam, a Local asciutte. Variety of Phaseolus coccineus L., in the Brescia Pre-Alps, «Mountain research and development», 38(1), pp. 24-34. Note: il trattamento di questo fagiolo quale Provincia di Vicenza, Istituto di Genetica e Sperimentazi- coltura sottoutilizzata è provvisorio: è possibi- one Agraria “N. Strampelli” (2005), Il fagiolo, in: Biodi- le infatti che in Lombardia esso costituisca un versità del Veneto. URL: [consultato il gruppo eterogeneo di landrace distinte (come 27/02/2018]. recentemente dimostrato dalla rivalutazione del Rodriguez M., D. Rau, S.A. Angioi, E. Bellucci, E. Bitocchi, L. ‘Copafám’ delle Prealpi Bresciane), sempre più Nanni, H. Knüpffer, V. Negri, R. Papa, G. Attene (2013), minacciate dalla diffusione di cultivar commer- European Phaseolus coccineus L. landraces: Population ciali a seme bianco, come ad esempio il ‘Corona’. Structure and Adaptation, as Revealed by cpSSRs and In Italia (così come nella Penisola Iberica) si è re- Phenotypic Analyses, «PLoS ONE», 8 (2), e57337. Schwember A.R., B. Carrasco, P. Gepts (2017), Unraveling gistrata la massima diversità genetica di questo agronomic and genetic aspects of runner bean (Phaseo- crop, rappresentato da diverse landrace classifi- lus coccineus L.), «Field Crops Research», 206, pp. 86-94. cabili in tre gruppi orticolturali definiti sulla base Tanzi M. (2017), Il Fagiolo del Diavolo ritrovato a Pietragavi- del colore di semi e corolla. Le landrace a seme/ na, «La Provincia Pavese» del 26/11/2017. corolla bianchi sono prevalenti mentre quelle a seme/corolla colorati sono meno diffuse e in * * *

130 4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate 6. Nome: raperonzolo

Sinonimi: campanula commestibile, raponzolo

Nome scientifico: Campanula rapunculus L.

Famiglia: Campanulaceae

Descrizione: pianta erbacea bienne, con radi- ce ingrossata, biancastra, fusiforme, obliqua o orizzontale. Fusto eretto, semplice o ramificato, striato, che si sviluppa a primavera inoltrata. Le foglie basali, riunite in una rosetta, sono spato- late e con picciolo distinto; quelle del fusto sono invece da lanceolate a lineari-lanceolate, sessili. La fioritura avviene da maggio a settembre. I fio- ri sono dotati di una corolla a imbuto di colore azzurrino e sono riuniti in infiorescenze a race- servati presso la Banca del Germoplasma Vege- Figura 4.7. Radice di mo o pannocchia. I frutti sono capsule aprentisi tale dell’Università di Pavia. raperonzolo (foto di F. Guzzon). mediante pori, da cui fuoriescono molti semi di piccole dimensioni. Usi culinari: le foglie giovani vengono usate in insalata. La radice attualmente è la parte più ri- Storia: il raperonzolo era coltivato già nel Rina- cercata di questa pianta e si raccoglie in genere scimento, specialmente in Italia e in Francia; veni- sul finire dell’inverno per essere consumata pre- vano consumate soprattutto le foglie, impiegate via lessatura. Tutte le parti consumate, ricche in nelle insalate o nel brodo di carne. La sua coltiva- vitamina C, hanno un sapore nel contempo dol- zione è stata gradualmente abbandonata, anche ce e gradevolmente amarognolo che rendono se la pianta viene costantemente menzionata questa specie assai apprezzata in cucina. nei manuali di orticoltura a cavallo tra Ottocento e Novecento. In Italia è stato recentemente cen- Coltivazione: si coltiva in terreni fertili, a tes- sito come coltura relitta soprattutto negli orti situra fine, piuttosto freschi e preferibilmente di alcune regioni meridionali. I suoi semi sono non troppo soleggiati. La semina si effettua dal- tutt’oggi venduti da diverse ditte sementiere. la primavera fino alla fine dell’estate, al fine di ottenere costantemente foglie e radici tenere, Località di coltivazione: in Lombardia abbiamo anche se i migliori risultati si ottengono semi- trovato questa pianta ancora coltivata nel 2017 nando in maggio o all’inizio di giugno. I semi si dal sig. Ettore Raffaldi (†) nel suo orto a Bere- dispongono in solchi superficiali distanti 25 cm guardo (Pavia). l’uno dall’altro, che in seguito vengono coperti con poco terriccio fine. La raccolta si esegue dal Status di conservazione: i semi di questa specie tardo autunno fino alla primavera inoltrata. (derivanti da popolazioni selvatiche) sono con-

4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate 131 Figura 4.8. Spinacio Bibliografia della Nuova Cretti L. (2003), Il raperonzolo, un ortaggio spontaneo fac- Zelanda (foto di ile da coltivare e tutto da mangiare, «Vita in campagna», N.M.G. Ardenghi). 21(3), pp. 25. Farneti R. (1892), Frutti freschi e secchi, ortaggi, Milano, Fratelli Dumolard Editori. Fritsch R. (2001), Campanula rapunculus L., in: Mansfeld’s World Database of Agricultural and Horticultural Crops, URL: [consultato il 19/10/2019]. Hammer K., Knüpffer H., Perrino P. (1990), A checklist of the South Italian cultivated plants, «Die Kulturpflanze», 38(3), pp. 191-310. Roda M., Roda G. (1868), Manuale dell’ortolano conte- nente la coltivazione ordinaria e forzata delle piante d’ortaggio, Torino, Napoli, Dalla Società L’Unione Tipografico-Editrice. Wright C.A. (2001), Mediterranean Vegetables, Boston, The Harvard Common Press.

* * *

7. Nome: spinacio della Nuova Zelanda indeiscente, lungo 8-12 mm, obovoidale-pirami- dale, sormontato all’apice da 4-6 cornetti. I semi Sinonimi: spinacio dal corno, spinacio svizzero, sono numerosi, piriformi e lisci. tetragonia espansa Storia: Tetragonia tetragonoides è una pianta Nome scientifico: Tetragonia tetragonoides originaria della Nuova Zelanda, dove venne sco- (Pall.) Kuntze perta nel 1770 dal naturalista britannico Joseph Banks, mentre accompagnava il capitano James Famiglia: Aizoaceae Cook nella sua prima spedizione in Oceano Pa- cifico. Da subito introdotta negli orti botanici Descrizione: lo spinacio della Nuova Zelanda è europei, questa specie si diffuse come ortaggio una pianta erbacea annuale, vigorosa, con fusti solo dagli anni ’20 dall’Ottocento, divenendo un stricianti e ramificati, che tendono a ricoprire la rinomato sostituto estivo degli spinaci (Spinacia superficie su cui crescono; tutte le parti vegeta- oleracea L.). Rimase comunque largamente con- tive, i fiori e i frutti sono interamente ricoperti finato agli orti famigliari, senza riscuotere un da papille traslucide. Le foglie sono lunghe 1-10 grande successo commerciale. cm, hanno forma da ovato-rombica a triangola- re, con base troncata; sono spesse e hanno una Località di coltivazione: lo spinacio della Nuova consistenza quasi succulenta. I fiori sono talvolta Zelanda è sporadicamente diffuso in Lombardia: unisessuati; situati all’ascella delle foglie, sono abbiamo censito coltivazioni, sempre in orti ca- costituiti da 4-5 tepali di colore giallo brillante salinghi, nel Pavese (a Stradella, a Sannazzaro sulla pagina superiore. Il frutto è una capsula de’ Burgondi e a Carbonara al Ticino, dov’è chia-

132 4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate Farneti R. (1892), Frutti freschi e secchi, ortaggi, Milano, mato “spinacio dal corno”) e in Valchiavenna, in Fratelli Dumolard Editori. provincia di Sondrio (Prata Camportaccio e altri Roda M., Roda G. (1868), Manuale dell’ortolano conte- comuni montani della zona, dove è noto come nente la coltivazione ordinaria e forzata delle piante “spinacio svizzero” ed è coltivato almeno dai pri- d’ortaggio, Torino, Napoli, dalla Società L’Unione mi anni del Novecento). Tipografico-Editrice. Rubatzky V.E., Yamaguchi M. (1997), World Vegetables, 2nd edition, Dordrecht, Springer Science+Business Mediea. Status di conservazione: i semi di questa specie, provenienti da una coltivazione tradizionale di Prata Camportaccio (Sondrio), sono conserva- * * * ti presso la Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia. 8. Nome: zucca da mostarda

Usi culinari: analogamente agli spinaci, si con- Nome scientifico:Lagenaria siceraria (Molina) sumano le foglie e la parte apicale dei fusti, che Standl. vengono lessati (gli apici più teneri possono es- sere mangiati anche crudi). In alcuni paesi della Famiglia: Cucurbitaceae Valchiavenna (ad esempio a Prata Camportaccio) è tradizionalmente usato in primi piatti (come Descrizione: è una pianta annuale, dotata di gnocchetti, riso con patate, minestre) ma anche lunghi fusti striscianti, molto vigorosa, normal- lessato e, come gli asparagi, accompagnato da mente rampicante, ma la forma che cresceva in uova e formaggio parmigiano. Contiene acido provincia veniva coltivata in pieno campo, an- ossalico. che su grandi estensioni. Pur essendo conosciu- ta come “zucca”, non è da confondere con le più Coltivazione: lo spinacio della Nuova Zelanda si note zucche del genere Cucurbita L. I fiori, con propaga per seme. Per la semina, tuttavia, sono cinque petali, sono grandi, di colore bianco, a impiegati i frutti, coriacei e indeiscenti, che ven- differenza delle zucche del genere Cucurbita, in gono dapprima immersi per 24 ore in acqua (per cui i fiori sono gialli o arancioni. I frutti (pepo- favorire l’emergenza delle plantule) e in seguito nidi), nella forma tradizionalmente coltivata un piantati a 3-4 cm di profondità. La pianta, che tempo in provincia di Pavia detta “grande pera”, fruttifica costantemente, è in grado di propa- sono di grandi dimensioni, tipicamente pirifor- garsi autonomamente nel corso degli anni. La mi. I frutti di altre varietà di zucca da mostar- raccolta si effettua 40-50 giorni dopo la semina. da possono avere diverse morfologie, come ad La recisione degli apici dei fusti stimola la pro- esempio: a fiasco (nella zucca del pellegrino), a duzione delle ramificazioni laterali e consente di clava, ma anche allungate e sinuose, come nella prolungare il periodo di raccolta. Pianta rustica, siciliana Zucca serpente. Nel Nord Italia i frutti non necessita di particolari trattamenti. della forma a grande pera, ancora occasional- mente coltivata nel Parmense, si aggirano at- Bibliografia torno ai 9-10 kg di peso, ma le forme un tempo Anonimo (1908), Storia della Tetragonia cornuta o Spinacio coltivate in provincia di Pavia raggiungevano della Nuova Zelanda, «Bullettino della R. Società Tos- un peso ragguardevole, anche di anche 70-80 cana di Orticultura», 13(6), pp. 179-180. kg, tanto che un singolo frutto doveva talvolta

4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate 133 Figura 4.9. Frutto di zucca da mostarda essere tagliato da due persone contemporane- con la caratteristica amente. I frutti hanno buccia (epicarpo) liscia e forma a “grande dura, di colore verde molto chiaro. La caratte- pera” prodotta per la prima volta nel ristica buccia legnosa faceva sì che i frutti po- 2017 nell’azienda di tessero essere essiccati e svuotati e quindi usati Filippo Guarnaschelli come contenitore ad esempio per vino, acqua, (Portalbera, Pavia), qui reintrodotta farina e sale. All’interno del frutto la polpa (me- grazie ai semi socarpo ed endocarpo) è sempre bianca (a diffe- provenienti da renza delle zucche del genere Cucurbita, in cui è Parma (foto di gialla o arancione), molto compatta e insapore. C. Ballerini). I semi sono di colore marrone scuro, di forma quadrangolare (non ellittici e in genere bianchi o marrone chiaro, come in Cucurbita).

Storia: questa specie è stata probabilmente do- mesticata in due aree distinte del globo, una in Africa, l’altra in Asia. Nelle sue varie forme, era coltivata in Italia almeno sin dal periodo roma- no, ma forse anche prima, con un ritrovamento databile all’Età del ferro (II-I millennio a.C.). L. siceraria era ampiamente coltivata in Europa, al- meno meridionale, nonché in Nord Africa e Me- dio Oriente, durante l’Età imperiale, ben prima quindi che le zucche e le zucchine attualmen- te coltivate, appartenenti al genere Cucurbita, giungessero dalle Americhe. Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) già cita la zucca da mostarda. L’ori- gine e il periodo d’introduzione in provincia di Pavia, e in particolare nel Vogherese (che rappre- sentava il centro di produzione regionale della zucca da mostarda a forma di grande pera), non è nota, anche se alcune testimonianze parlano di provenienza dalla Francia (nella prima metà Figura 4.10. Foto del ’900), così come per le angurie da mostarda risalente agli anni (Citrullus amarus Schrad.), impiegate anch’esse, ’60, a testimonianza come suggerisce il nome, per la produzione di della coltivazione locale di Lagenaria mostarda e oggi probabilmente non più coltiva- siceraria nel Pavese, te in Provincia, se non negli ultimi anni, grazie a a Corana. In primo progetti di reintroduzione curati dalla Banca del piano la sig.ra Marisa Sforzini in Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia Orlandini (†). (Az. Agricola sociale Madreterra di Zerbolò, Az.

134 4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate Guarnaschelli Filippo di Portalbera, partendo da mostarda di miscela di frutta candita e sciroppo semi reperiti in provincia di Cremona). Visto però che si fregia del marchio De.Co. (denominazione il suo intimo legame con la Mostarda di Voghera, comunale) concesso dall’amministrazione co- si è anche ipotizzata una più antica origine (XIV munale. Viene, tradizionalmente, preparata an- secolo). Negli affreschi del Collegio Borromeo che a livello casalingo e risulta in vendita anche a Pavia, risalenti al XVII secolo, è dipinta anche presso alcuni agricoltori che hanno ricominciato una Lagenaria siceraria con apparente forma a la sua coltivazione e trasformazione. pera. La zucca da mostarda venne coltivata in provincia di Pavia fino agli anni ’80 e ’90 del XX Coltivazione: ideale da far crescere rampicante secolo tradizionalmente con forme a pera, a cui su pergolati ma coltivata anche in campo aperto. si affiancarono, negli ultimi anni di coltivazione, Richiede terreni a medio impasto, cioè caratteriz- anche forme a clava; entrambe erano impiegate zati da una presenza di sabbia sempre inferiore per la tradizionale produzione di mostarda, so- al 50% e di argilla compresa fra il 10% e il 20%. prattutto nel Vogherese. Non tollera temperature al di sotto dei 10°C. Si La coltivazione in provincia di Pavia è ripresa re- semina a fine aprile-maggio, disponendo 3-4 centemente grazie all’impegno dell’Università di semi in una buca di 3-5 cm di profondità. Una Pavia, presso l’Orto Botanico e nell’azienda agri- volta avvenuta l’emergenza delle piantine, se ne cola di Filippo Guarnaschelli presso Portalbera, lascerà solo una per buca, eliminando le altre. Ri- con semi provenienti da aree attigue extra-regio- chiede un’innaffiatura frequente ma non abbon- nali (Parma, Az. agricola Stuard), nel tentativo di dante. Il frutto va raccolto ben maturo quando ricostruire una filiera della mostarda locale. foglie e peduncolo sono secchi o quasi. Dopo la raccolta, i frutti vanno fatti asciugare al sole per Località di coltivazione: era un tempo coltiva- alcuni giorni. ta nel basso Oltrepò occidentale, in particolare nell’area di Voghera, Cervesina e Corana, come Bibliografia ricostruito anche sulla base di interviste ad agri- AA.VV. (2013), Frutta e buoi... quaderno della biodiversità agricola parmense, Provincia di Parma. coltori locali (ad esempio: Marisa Sforzini in Or- Alberici A. (1998), La tavola del gran pavese. Enogastrono- landini († 2018) e Gianni Rovati). La produzione mia, cultura, tradizioni e folclore in Lomellina, Oltrepò, era abbondante e riforniva la fiorente industria Pavese, Padova, Franco Muzzio. della Mostarda di Voghera. Camera di Commercio Pavia (2009), Buono a sapersi. Una provincia da gustare. Pavia, Genova, Sagep Editori. Status di conservazione: la forma a grande pera Guzzon F., Ardenghi N.M.G., Bodino S., Tazzari E.R., Rossi G. (2019), Guida all’Agrobiodiversità vegetale della Provin- coltivata in provincia di Pavia si è probabilmente cia di Pavia, Pavia, Pavia University Press. estinta già dagli anni ’80-’90 del secolo scorso. Schlumbaum A., P. Vandorpe (2017), A short history of La- genaria siceraria (bottle gours) in the Roman provinces: Usi culinari: la mostarda prodotta dai frutti di morphotypes and archaeogenetics, «Vegetation history questa pianta, un tempo prodotta in grandi and archeobotany», 21, pp. 499-509. quantità in vari stabilimenti artigianali di Voghe- Signorini R. (2003), La zucca: una panacea naturale, Reggi- olo, Confraternita della Zucca. ra, era ideale come accompagnamento ai lessi. Viene indicata con il nome di “zucca bianca” nel- la composizione della Mostarda di Voghera, una * * *

4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate 135 9. Nome: zucca spinosa deriva uno dei nomi italiani di questo ortaggio) e per il sapore dolce e delicato della sua polpa, Sinonimi: basciuscia, chayote, cucuzza spinusa, caratteristiche ritenute superiori a quelle di ogni lingua di lupo, musci, sechio commestibile, zucca altra cucurbitacea. Nonostante questo, per le centenaria, zucca messicana, zucchetta america- difficoltà legate soprattutto alle sue modalità di na, zucchetta centenaria, zucchetta messicana riproduzione, la sua diffusione è stata piuttosto lenta e concentrata soprattutto nell’Italia medi- Nome scientifico:Sicyos edulis Jacq. terranea. In Lombardia è stata coltivata soprat- tutto dopo la Seconda guerra mondiale, riscon- Famiglia: Cucurbitaceae trando una certa popolarità specialmente nelle famiglie originarie della Sicilia [ad esempio pres- Descrizione: la zucca spinosa nel suo areale d’o- so l’orto del sig. Giuseppe Armenio (1929-2006) rigine e nelle zone a clima tropicale e subtropica- a Stradella, Pavia], dove questa specie è storica- le dov’è coltivata ha un ciclo perenne; nelle aree mente presente (così come in Calabria, Liguria e a clima temperato, invece, si comporta da pianta Toscana). annuale. Ha un portamento rampicante, favori- to dalla presenza di cirri; la sua radice è grossa e Località di coltivazione: Sicyos edulis è sporadi- tuberosa. Le foglie sono ampie, con lamina ova- camente diffusonegli orti famigliari della Lom- to-circolare e base cordata. I fiori sono unises- bardia (escluse le zone montane), anche nelle suati (è una specie monoica, con fiori maschili e grandi città come Milano. Si coltiva il fenotipo femminili sullo stesso individuo), di colore verda- con frutto aculeato; quello a frutto liscio, inve- stro o crema. Il frutto è una bacca voluminosa, in ce,viene comunemente venduto presso i negozi genere a forma di pera, lunga 4-27 cm, piuttosto di alimentari asiatici e latino-americani. solcata, liscia o con tricomi spinescenti (in Italia è tradizionalmente coltivato quest’ultimo feno- Status di conservazione: la pianta è in fase di tipo; non sono riconosciute cultivar all’interno coltivazione presso l’Orto Botanico di Pavia, do- di questa specie), da verde scuro a quasi bianco, nata dal dr. Leopoldo Tommasi (che la coltiva a con polpa bianca o bianco-verdastra; raggiunge Milano). il peso di 200 g o più. Il seme è unico, lungo 2,5- 5 cm, da ovoidale a ellissoidale, compresso; la Usi culinari: si consuma come le altre zucche, an- germinazione avviene all’interno dei frutti, che che se dà il meglio di sé affettata e fritta. Il suo risultano quindi vivipari. sapore è piuttosto dolce e delicato.

Storia: Sicyos edulis è una specie nativa del Coltivazione: Sicyos edulis vegeta a temperatu- Messico meridionale e del Guatemala, dov’è re comprese tra i 18 e i 24° C, pertanto solo nell’I- avvenuta la sua domesticazione. Coltivato dagli talia mediterranea riesce a sopravvivere durante Aztechi e dai Maya in epoca pre-colombiana, in l’inverno (svolgendo così un ciclo vegetativo pe- Italia venne sperimentato già nel 1861 all’Orto renne). In Lombardia, come nel resto dell’Italia Botanico di Palermo dal botanico Agostino To- settentrionale, è necessario mettere a dimora i daro, che rimase sorpreso per la sua produttività frutti (tradizionalmente questo avveniva, presso (ogni pianta produceva almeno 100 frutti, da cui alcuni intervistati, in cassette con sabbia), in at-

136 4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate Figura 4.11. coltivazione di questa specie, finalizzata alla pro- Zucca spinosa duzione di spugne vegetali per l’igiene persona- (foto e grafica di le, è stata ripresa in tempi recenti dall’azienda M. Canella). agricola del sig. Maurizio Bini di Casalmaggiore (Cremona).

Bibliografia Cipriani G. (2002), La zucca centenaria o spinosa, un ortag- gio dell’altro mondo,«Vita in campagna», 20(9), pp. 25- 26 Engels, J.M.M. (2004), Sechium edule (Jacq.) Sw., in: Grub- ben G.J.H., Denton O.A. (eds.), PROTA (Plant Resources of Tropical Africa / Ressourcesvégétales de l’Afrique- tropicale), URL: [consultato il 18/10/2019]. Maynard D.N., Paris H.S. (2008), Sechium edule chayote, tesa di trapiantarli nel terreno tra la fine di apri- in: Janick J., Paull. E. (eds.), The Encyclopedia of Fruit & le e gli inizi di maggio. Qualora inizino a germo- Nuts, Wallingford, Cambridge, CABI International,pp. gliare prima di questo periodo (il seme non può 307-308. venir separato dal frutto), al fine di non compro- Micheletti A. (2017), La Biodiversità agraria delle Marche. Il mettere la crescita delle piante, i frutti dovranno repertorio regionale L.R. 12/2003, Falconara Marittima, essere leggermente interrati in vasi con terriccio. ASSAM, Regione Marche. Perrino P., Hammer K. (1985), Collection of land-races of Predilige terreni abbastanza sciolti e ricchi in so- cultivated plants in South Italy, 1984, «Die Kulturp- stanza organica. Per l’abbondante vegetazione, flanze», 33(2), pp. 225-236. è utile mantenere una distanza non inferiore ai Saade R.L. (1996), Chayote. Sechium edule (Jacq.) Sw. Pro- 2 m tra una pianta e l’altra. Solitamente viene moting the conservation and use of underutilized and fatta arrampicare su reti o recinzioni. Non ne- neglected crops, 8, Rome, Institute of Plant Genetics cessita di trattamenti. La raccolta dei frutti si and Crop Plant Research, Gatersleben/International Plant Genetic Resources Institute. concentra tra settembre e ottobre, ma, in caso Todaro A. (1862), Sull’acclimatazione di una nuova specie di di clima mite, può protrarsi anche fino a novem- zucca (Sechium edule Swartz), «Atti della Società di ac- bre. I frutti maturi assumono una colorazione climatazione e di Agricoltura in Sicilia», 2(3), pp. 112-116. gialliastra-avorio e si staccano autonomamente Tommasi L. (2015), L’Orto familiare a conduzione biologica, dalla pianta. Edito dall’autore. Veronese P.L. (1962), Una pianta ortiva poco nota: il Sechium edule Schw., «L’Agricoltura italiana», 62-63, pp. 130-137. Note: nella provincia di Cremona, in passato (ve- rosimilmente tra gli inizi e la metà del Novecen- to), era sporadicamente diffusa la coltivazione della luffa cilindrica (Luffa aegyptiacaMill.), cu- curbitacea rampicante di origine paleotropicale. Dai suoi frutti (peponidi) essiccati, simili a dei grossi cetrioli, veniva estratta la “polpa” (meso- carpo ed endocarpo), molto fibrosa, che era im- piegata come spugna per lavare le stoviglie. La

4. Schede descrittive delle principali colture sottoutilizzate 137

5. Approfondimenti

Sommario ottobre, impedendo così la formazione dei semi. Nel presente capitolo sono presentati alcuni contributi di Per oltre mezzo secolo questa peculiare poacea approfondimento su tematiche miscellanee inerenti l’a- rimase confinata come curiosità nei giardini e grobiodiversità lombarda. negli orti botanici. Provenivano infatti dal giar- dino del banchiere Agostino Chigi i primi mais a essere stati raffigurati in Europa, sotto forma di 5.1. Il mais in Lombardia multiformi “pannocchie”(il termine corretto per indicare questo tipo di infruttescenza è catocle- Nicola M.G. Ardenghi sio) dipinte tra il 1515 e il 1517 da Giovanni Mar- tini da Udine nei festoni che adornano la Loggia Le prime notizie sulla presenza del mais (Zea di Psiche di Villa Farnesina a Roma. Risale invece mays L. subsp. mays) in Italia risalgono a una let- al 1532 il più antico campione essiccato di questa tera datata 29 aprile 1494, con la quale lo storico pianta (privo di semi), forse prelevato all’Univer- e insegnante italiano Pietro Martire d’Anghiera, sità di Bologna, conservato nell’erbario di Ghe- da due anni residente presso la corte spagno- rardo Cibo presso la Biblioteca Angelica di Roma. la, offriva «certi grani bianchi e neri» del nuovo In questi anni il granoturco sembra avesse già «grano» americano al cardinale Ascanio Sforza, raggiunto l’Italia settentrionale: data al 1535 la fratello di Ludovico il Moro. I primi campioni di sua presenza a Venezia e al 1551 circa una tavo- mais giunsero in Spagna dopo il primo viaggio la acquerellata del naturalista bolognese Ulisse di Cristoforo Colombo (1492-1493); sin da subito Aldrovandi. In seguito alla progressiva espansio- vennero inviati al Papa, che si impegnò a distri- ne coloniale spagnola verso il Mesoamerica e gli buirli a diverse famiglie nobiliari italiane. La dif- altopiani andini (1519-1530), in Europa giunsero fusione di questo cereale fu tuttavia lenta: i primi finalmente varietà di mais più adatte alle con- mais arrivati in Europa provenivano dai Caraibi dizioni climatiche dell’Italia settentrionale: non ed erano brevidiurni; in estate, quando la tempe- sembra un caso che nel 1554 furono registrate ratura consentiva la crescita delle piante, le gior- coltivazioni estese di questo cereale nel Polesine nate erano lunghe e la fioritura ritardava fino a e nel Veronese. Per la prima testimonianza certa

5. Approfondimenti 139 circa la sua coltura a scopo alimentare in Italia provenienza orientale dei primi mais giunti nel e la sua presenza in Lombardia bisogna però at- nord Italia o come sinonimo di “esotico”). tendere il 1556, anno in cui il nobile di Cremona I mais che si diffusero in Italia e in Lombardia a (all’epoca sotto il dominio spagnolo) Giovanni partire dalla metà del XVI secolo furono soprat- Lamo offrì al duca di Firenze Cosimo I de’ Medi- tutto quelli a cariosside (in gergo “seme”) vitrea ci una partita di semi di questo «grano», «molto (con endosperma prevalentemente corneo) e migliore et più nutritivo che non è il miglio», semi-vitrea, che, rispetto alle cultivar dentate ideale per preparare il pane, i biscotti e soprat- (con endosperma in buona parte farinoso, che tutto una «bonissima polenta» [fino ad allora determina la formazione di una tipica fossetta realizzata con altri cereali, tra cui il sorgo, chia- all’apice della cariosside, facendola assomigliare mato anche “panizo de Lombardia” o “mèlga”: per l’appunto a un dente), erano preferite per Sorghum bicolor (L.) Moench subsp. bicolor, ma la maggior conservabilità della granella e so- anche il suddetto miglio: Panicum miliaceum L. prattutto per essere più adatte all’impiego mo- subsp. miliaceum]. Per far fronte alle ricorrenti litorio. Nel corso dei secoli, i fenomeni di intro- carestie seicentesche, nel giro di un secolo il mais gressione e di selezione informale operata dagli si diffuse in tutta la Lombardia e in particolare agricoltori, hanno determinato il proliferare di a Milano (1560), a Como (1587), nel Bresciano numerosi ecotipi, ben adattati alle locali condi- (1630), nel Cremasco (1631), a Gandino (1632), a zioni agroclimatiche e alle esigenze dei singoli Lovere (1638) e nel Mantovano (1677). Alcuni au- coltivatori. Agli inizi del XX secolo, diversi agro- tori ne retrodatano la coltivazione in Lombardia nomi, interessati al miglioramento degli aspetti al 1508, basandosi su un atto notarile (custodito produttivi di questo cereale in Italia, si impegna- all’Archivio di Stato di Como) in cui viene mezio- rono nell’opera di descrizione e di catalogazio- nato un «frumento carlone» coltivato a Ronago ne del germoplasma maidico italiano, sotto la (Como): poiché, come abbiamo visto, i mais pre- guida delle stazioni sperimentali di maiscoltura, senti in quegli anni in Italia non risultavano pro- tra cui quelle lombarde di Bergamo (1917) e di duttivi, è probabile che tale nome si riferisca a un Curno (1920). Tali istituzioni rivestirono altresì un altro cereale. Il termine “carlone”, tuttavia, con- ruolo chiave nella costituzione, tra le due guerre sente di stabilire che la parola lombarda “carlùn”, mondiali, delle cosiddette “varietà migliorate”, tradizionalmente impiegata per indicare il mais derivanti in larga parte dalla selezione massale nella Lombardia nord-occidentale, non deriva di landrace lombarde. Destinate in prevalenza da San Carlo Borromeo, che nacque trent’anni all’alimentazione umana, a partire dal 1948 ven- dopo, nel 1538. nero gradualmente sostituite dalle cultivar “ibri- La grande varietà di nomi dialettali lombardi de” dentate originarie degli Stati Uniti, maggior- affibbiati al mais (ben illustrati dall’atlante lin- mente produttive e impiegate soprattutto per guistico ed etnografico di Jaberg e Jud del 1937) l’alimentazione zootecnica. L’esitenza dei mais testimonia la popolarità che esso via via acquisì tradizionali lombardi (e italiani) fu messa a ri- come risorsa alimentare nel corso dei secoli: oltre schio. Per questo motivo, negli anni 1949-1950 e al già citato “carlùn”, si possono ricordare “málga”, 1954 furono avviate dalla Stazione Sperimentale “melgót”, “ furmentún” (che richiamano due pre- di Maiscoltura di Bergamo (oggi Unità di Ricerca decessori del mais: il sorgo e il frumento) e “türk” per la Maiscoltura, CREA-MAC) nuove indagini (ovvero“turco”, termine usato in riferimento alla finalizzate al recupero del germoplasma tradi-

140 5. Approfondimenti zionale all’epoca sopravvissuto. I campioni di si aggiungono i popcorn, in fase di censimento queste storiche missioni sono tutt’oggi preserva- da parte della Banca del Germoplasma Vegetale te e periodicamente riprodotte dal CREA-MAC. dell’Università di Pavia (si veda la relativa scheda A oltre sessant’anni dai censimenti condotti da per ulteriori dettagli). Aureliano Brandolini, in Lombardia risultano an- cora coltivate diverse landrace e alcune cultivar obsolete, in larga parte censite e campionate Bibliografia dalla Banca del Germoplasma Vegetale dell’U- niversità di Pavia e dal CREA-MAC. Si tratta so- Ardenghi N.M.G., Rossi G., Guzzon F. (2018), Back to beaked: pratutto di mais a cariosside vitrea e semi-vitrea, Zea mays subsp. mays Rostrata Group in northern Italy, refugia and revival of open-pollinated maize landraces tradizionalmente impiegati per la produzione di in an intensive cropping system, «PeerJ», e5123. farina da polenta. All’interno di queste due ca- Ardenghi N.M.G. (2019), Varietà locali e cultivar obsolete tegorie possiamo riconoscere diversi gruppi orti- di mais in Lombardia, REliVE-L, Fondo Europeo Ag- colturali (per maggiori dettagli si veda Ardenghi, ricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle 2019), come: gli Ottofile (caratterizzati da carios- zone rurali, URL: [consultato il 09/12/2019] file), diffusi soprattutto nelle province meridio- Bertolini M. (2002),Mais in Lombardia: varietà tradiziona- nali (Pavia, Cremona, Mantova; una popolazio- li. Quaderni della ricerca, Milano, Regione Lombardia, ne isolata è stata trovata anche in Valchiavenna Bergamo, Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura, e un’altra sul Lago di Garda, Brescia); i Rostrati Sezione di Bergamo. (contraddistinti da cariossidi sormontate da un Brandolini A., Brandolini A. (2006), Il Mais in Italia. Storia rostro appuntito), di cui esistono rappresentan- naturale e Agricola, Bergamo,Crf Bergamo. Brandolini A., Brandolini A. (2009), Maize introduction, evo- ti su tutto il territorio regionale a nord del Po, lution and diffusion in Italy, «Maydica», 54, pp. 233-242. ma con una certa prevalenza nelle aree alpine e Cazzola F. (1991), L’introduzione del mais in Italia e la sua prealpine; gli Scaglioli (simili ai Rostrati ma con utilizzazione alimentare (secoli XVI-XVIII), in: Fourni- cariossidi semplicemente appuntite), presenti so- er D., Sigaut F. (eds.), La préparation alimentaire des prattutto nelle Prealpi e sul Colle di San Colom- céréales, Atti della Tavola Rotonda, Ravello, 11-14 aprile bano; i Microsperma (sono i “cinquantini” e “qua- 1988, pp. 109-127. Copes C. (2015), Il dazio sul pane di mais a Gordona nel rantini” a ciclo medio-precoce e con cariossidi 1587, «Momenti di Gordona», novembre 2015, pp. 12-13. minute), anch’essi ubiquitari; i Conici (a pannoc- Jaberg K., Jud J. (1937), Sprach- und Sachatlas Italiens und chia conica o quasi); e i Nostrano dell’Isola (origi- der Südschweiz, 7(2), Zofingen (Schweiz), Ringier. nari dell’area bergamasca chiamata “Isola”, a sud Janick J., Caneva G. (2005), First images of maize in Europe, dei colli e compresa fra i fiumi Adda e Brembo). «Maydica», 50, pp. 71-80. Meno diffusi sono i mais a cariosside bianca e Mariani L (2012), Dal mais alla polenta, in: Mariani L., Piro- vano M. (eds.), Il cibo e gli uomini. L’alimentazione nelle dentata (storicamente coltivati tra Veneto e Friu- collezioni etnografiche lombarde, Galbiate, Rete Musei li-Venezia Giulia), rappresentati in Lombardia dai e Beni Etnografici Lombardi, Parco Monte Barro, Museo Righetta (si veda la scheda del ‘Bianco quaranti- Etnografico dell’Alta Brianza, pp. 59-69. no’) e dai Dentati bianchi moderni (introdotti da- Tenaillon M.I., Charcosset A. (2011), A European perspective gli Stati Uniti soprattutto agli inizi del XX secolo; on maize history. L’histoire du maïs cultivé vue sous un una presunta cultivar obsoleta è stata censita a angle européen, «Comptes Rendus Biologies», 334(3), pp. 221-228. Novate Mezzola, Sondrio). A questi otto gruppi

5. Approfondimenti 141 Figura 5.1. Mais ‘Tajolone’ (landrace cremonese del (Schrad.) Iltis]. Era ampiamente impiegato nelle gruppo Ottofile) coltivato Americhe già in epoca precolombiana e attual- a Cremona nel 1940 (foto mente viene coltivato su larga scala in Argenti- di Ernesto Fazioli, tratta da lombardiabeniculturali.it). na, Stati Uniti, Francia, Sudafrica e Ungheria. Come testimoniato anche da una tavola acque- rellata del 1551 circa realizzata dal naturalista Ulisse Aldrovandi (Vol. 1, n. 70; potrebbero esse- re riferibili a questi mais anche alcune pannoc- chie raffigurate negli affreschi di Villa Farnesina a Roma, realizzati nel 1515-1518 da Giovanni da Udine, ma anche quella che compare, a mo’ di orecchio dell’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, nel dipinto di Giovanni Arcimboldo “Vertumno” del 1590), i popcorn sono stati tra i primi grup- pi di mais a sbarcare e a diffondersi in Italia nel Cinquecento, tuttavia, nel corso dei secoli, per la loro bassa produttività e i loro meccanismi di iso- lamento genetico (che hanno impedito l’incrocio con altri gruppi), sono rimasti confinati agli orti 5.2. I mais da popcorn familiari, soprattutto come coltura ortiva. Sebbe- ne alcuni di essi abbiano probabilmente contri- Nicola M.G. Ardenghi buito alla genesi di importanti landrace e cultivar vitree (come i mais dei gruppi Rostrata e Micro- I popcorn sono uno dei più popolari e caratte- sperma), i popcorn non hanno rivestito alcun ristici snack al mondo. Derivano dall’esplosione ruolo nei programmi italiani di miglioramento della cariossidi del mais (Zea mays L. subsp. mays) genetico del XX secolo e per questo non compa- in seguito alla loro esposizione al calore, che de- iono nella letteratura di settore di quel periodo. termina l’espansione immediata dell’amido e la Gli unici dati disponibili sui popcorn tradizionali formazione di tipici “fiocchi” (per questo sono derivano dalle ricerche di Aureliano Brandolini, noti anche come “mais da scoppio”). Questa che cita alcune accessioni (non più conservate caratteristica, nota come “popping expansion”, presso la sua istituzione, il CREA-MAC di Berga- è presente in un solo gruppo di mais (Everta mo) nell’ambito di un censimento, incompleto, Group), distinto per uno specifico insieme di ca- svolto soprattutto in Italia settentrionale duran- ratteri botanici: presenza di polloni; pannocchie te gli anni ’50 del Novecento. (catoclesi) piccole e multiple per culmo; cariossi- La Banca del Germoplasma Vegetale dell’Uni- di minute con endosperma fortemente vitreo. Il versità di Pavia ha avviato nel 2017 un’indagine gruppo Everta è antico e basale nella storia della etnobotanica sui popcorn tradizionali in Italia, domesticazione del mais, come recentemente basata su interviste agli ultimi coltivatori rima- dimostrato dallo stretto rapporto filogenetico sti e sulla raccolta di germoplasma e di testimo- tra alcuni popcorn messicani (es. ‘Palomero Tolu- nianze orali. La quantità di testimonianze non queño’) e i teosinte [es. Z. mays subsp. mexicana accompagnate da campioni semi è risultata fi-

142 5. Approfondimenti Figura 5.2. Il sig. dizionali lombardi. Il più antico è un risiforme Fioravanti “Fiorino” giallo, attualmente coltivato in un orto a Terdob- Mossini (classe biate (Novara) dal sig. Gianpietro Mossini. Le sue 1933) di Vespolate (Novara) mostra origini risalgono al nonno Candido († 1982), che due pannocchie lo coltivava a (Mantova), nei primi anni del suo mais da del Novecento; trasferitosi in seguito nel Nova- popcorn (‘Della famiglia Mossini’); rese, portò con sé il suo mais di famiglia (Figu- quando il padre ra 5.2). I popcorn (noti nel basso Novarese come Candido, prima del “stciatón”) venivano “scoppiati” in una padella 1933, si trasferì da alta con un filo d’olio, per poi essere consumati Suzzara (Mantova) nel Novarese, per merenda. Il secondo, coltivato a Torre d’Isola lo portò con sé (Pavia) nella famiglia del sig. Carlo Boiocchi da assieme alla zucca circa ottant’anni, appartiene alla categoria “per- ‘Cappello da prete mantovana’, che la” e ha pannocchie bianche, rosse e blu scuro; la famiglia Mossini chiamato “melghìn” (“piccola meliga”), viene im- ha continuato piegato per preparare popcorn rigorosamente a coltivare fino a pochi anni fa zuccherati e sembra affine ad altri perla a pan- (chiamandola nocchia bianca o rossa un tempo coltivati, sem- “mantovana”) per pre nel Pavese, a Siziano (dal sig. Bruno Barbieri preparare il ripieno dei tortelli (foto di †) e a Carbonara al Ticino (dal sig. Norino Grassi), N.M.G. Ardenghi). dove erano rispettivamente noti con i nomi dia- lettali “melghìn” e “muclòta” (“piccolo moccolo”, per la forma della pannocchia). Hanno cariossidi del tipo perla anche gli altri tre campioni recupe- rati: il primo, noto come ‘Perla di Quarona’ e con- traddistinto da cariossidi blu scuro, proviene da nora superiore al numero di accessioni acquisite: Isola Dovarese (Cremona) ed è raffigurato anche ciò dimostra il carattere relitto di questa coltu- nell’opera di Brandolini; gli altri due, di colore ra in Italia, che indubbiamente ha subito, dalla nero-violaceo (uno dei quali con sparse cariossi- fine degli anni ’40 del Novecento, l’effetto della di biancastre, “variegato”), sono originari di San diffusione di cultivar commerciali e della crescita Martino Siccomario (Pavia), dove sono coltivati dell’industria dei popcorn, evidenziando un tan- dalla famiglia del sig. Stefano Slanzi e recuperati gibile rischio di estinzione. dal dr. Silvano Lodetti. L’Università della Monta- gna (Università di Milano) ha inoltre censito tre In Lombardia: nella sua monografia sul mais in popcorn perla neri e violacei a Ossimo Superiore, Italia, Brandolini riporta una ventina di accessio- a Cerveno e a Bienno, in Valle Camonica (Bre- ni di popcorn (risiformi e perla, rispettivamente scia). Diverse testimonianze orali raccolte dalla con cariossidi appuntite e tonde) acquisite nel- Banca del Germoplasma Vegetale dell’Universi- le province di Cremona, Pavia e Varese. La Ban- tà di Pavia testimoniano la presenza nel passato ca del Germoplasma Vegetale dell’Università di di questi mais anche nelle province di Bergamo Pavia ha finora recuperato cinque popcorn tra- e Como.

5. Approfondimenti 143 Ziegler K.E. (2001), Popcorn, in: Hallauer A.R. (ed.), Special- Bibliografia ity corns. 2nd ed. Boca Raton, CRC Press, pp. 199-234.

Ardenghi N.M.G., Canella M., Cauzzi P., Rossi G. (2019), To- wards the (re)discovery of Italian popcorns (Zea mays L. subsp. mays Everta Group): a conservation and cultural 5.3. L’importanza delle varietà locali e delle mission by the University of Pavia Germplasm Bank and Botanical Garden, in: 114° Congresso della Società Bo- cultivar obsolete per l’agricoltura biologica: tanica Italia. VI International Plant Science Conference l’esempio del riso (IPSC). Padova, 4-7 September 2019. Abstracts, keynote lectures, communications, posters, p. 141. Rosalia Caimo Duc Ardenghi N.M.G., Rossi G., Guzzon F. (2018), Back to beaked: Zea mays subsp. mays Rostrata Group in northern Italy, Oggi più che mai torna d’attualità il recupero di refugia and revival of open-pollinated maize landraces in an intensive cropping system, «PeerJ», e5123. “antiche varietà”, legato a vari motivi di interesse, Brandolini A., Brandolini A. (2001), Classification of Italian sia per i consumatori sia, di conseguenza, per gli maize (Zea mays L.) germoplasm, «Plant Genetic Re- stessi agricoltori che vorrebbero produrle. Nella sources Newsletter», 126, pp. 1-11. filiera alimentare del riso (Oryza sativa L. subsp. Brandolini A., Brandolini A. (2006), Il Mais in Italia. Storia sativa) la distribuzione è attualmente interessata naturale e Agricola, Bergamo, Crf Bergamo. Brandolini A., Lucconi E. (1979), I mais speciali, «Italia Agri- a queste tendenze sia per lanciare nuove linee cola», 116(4), pp. 256-261. produttive sia perché, come nel caso del frumen- Domini L. (2018), Censimento delle cultivar locali tradizion- to “antico”, dato il basso contenuto in glutine, si ali della Valle Camonica, Corso di Laurea in Valorizzazi- apporterebbero benefici ai soggetti che soffrono one e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano, di intolleranze alimentari del resto sempre più Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari, Università de- numerosi. Il riso, come il mais, addirittura non gli Studi di Milano, URL: contiene glutine ed è quindi tra gli alimenti pre- [consultato il 18/10/2019]. scelti. Janick J., Caneva G. (2005), The first images of maize in Eu- La coltivazione del riso in Italia risale al Ducato di rope, «Maydica», 50, pp. 71-80. Milano, già nel 1475 (lettera che Galeazzo Maria Matsuoka Y., Vigouroux Y., Goodman, M.M., Sanchez G. J., Sforza, nel settembre del 1475, manda all’orato- Buckler E., Doebley J. (2002), A single domestication for re del Duca d’Este in Milano, Nicolò de Roberti, maize shown by multilocus microsatellite genotyping, «Proceedings of the National Academy of Sciences of con la promessa d’invio di dodici sacchi di se- the United States of America», 99(9), pp. 6080-6084. mente di riso, dal quale se ne potranno ricava- Meleán G. (2013), The Business of Popcorn Maize, re dodici per sacco contro i sette del frumento); URL: riso in Italia avviene soltanto con la costruzione [consultato il 03/10/2019]. del canale Cavour (1866), che consente di rag- Santacruz-Varela A., Widrlechner M.P., Ziegler K.E., Salva- dor R.J., Millard M.J., Brettling P.K. (2004), Phylogenet- giungere un’estensione delle superfici a riso di ic Relationships among North American Popcorns and 230.000 ettari. Their Evolutionary Links to Mexican and South American Una svolta nella qualità delle cultivar di riso è Popcorns, «Crop Science», 44, pp. 1456-1467. stata data dal lavoro della Stazione sperimentale Unimont (2019), Mais da pop corn, URL: [consultato celli, creata nel 1908; da qui, e con la successiva il 03/10/2019]. collaborazione dell’Ente Nazionale Risi, inizia il

144 5. Approfondimenti lavoro di incrocio e selezione delle cultivar che il contrasto all’infestante nota come riso crodo hanno caratterizzato la risicoltura del recente (forma atavica del riso coltivato, in cui le spighet- passato; le loro criticità, che erano spesso rap- te mature si staccano dalla pianta) e quindi la presentate da scarsa resistenza alle malattie fun- ricerca di cultivar che sopportino bene una pres- gine, scarsa produttività, taglia alta che causava sione elevata di diserbanti, ancora largamente allettamento e difficoltà di raccolta, nonché dal non selettivi. Pertanto la selezione genetica oggi ciclo colturale lungo. attuata rischia di portare ad allontanarsi sempre Ma quali sarebbero allora i vantaggi nel loro re- di più dalle richieste di un’agricoltura veramente cupero? In generale, la situazione è variegata e sostenibile e di tipo ecologico. quindi la diversità che esiste tra le diverse cultivar Del resto però, considerate le criticità delle cul- obsolete (e magari anche tra popolazioni delle tivar obsolete, almeno nei risi, sopra ricordate, medesime) può potenzialmente presentare an- non è detto che il recupero sia in tutti i casi possi- cora dei tratti utili, sia come cultivar tal quali sia bile o conveniente: una fase sperimentale di pre- come base da cui ripartire per nuove selezioni. selezione è indispensabile. Questa potenzialità dipende anche dalle carat- In questo scenario diventa quindi importante teristiche, in generale, delle varietà locali, gene- rintracciare il materiale fitogenetico conservato ticamente più eterogenee delle attuali cultivar nelle banche dei semi, per stabilire, riproducen- moderne. Molte di queste entità, in generale, dolo in parcelle, quali cultivar, ora considerate presentano caratteristiche di rusticità e quindi obsolete, possano o meno avere delle caratteri- una minore necessità di forti input esterni (es. stiche interessanti. meno nutrienti o in alcuni casi meno necessità di In questo contesto, il progetto CORE-SAVE: CO- irrigazione o anche resistenza a certe malattie) stituzione di una REte Regionale per la SAlva- e in altri casi (forse rari, ma da verificare comun- guardia del Germoplasma Vegetale tradizionale que) anche resistenze ad esempio alle infestanti, lombardo (cofinanziato dall’Operazione 10.2.01 nonché elevata energia germinativa. L’agricoltu- “Conservazione della biodiversità animale e ve- ra biologica, non utilizzando fitofarmaci avrebbe getale” del Programma di Sviluppo Rurale 2014- bisogno di queste cultivar resistenti e qui sta il 2020 della Regione Lombardia), avente per ca- vero motivo di interesse e la necessità di speri- pofila l’Università di Pavia e avviato il 31 luglio mentazioni che diano risultati in tal senso. An- 2019, inizia un’attività di recupero e test di vec- che le caratteristiche gastronomiche hanno un chie cultivar, verificate direttamente con prove elevato valore perché la produzione è destinata in campo coltivato con metodo biologico (Fig. al mercato diretto e di qualità (risotti, minestre e 5.3.1). Un altro progetto di verifica di varietà tra- insalate di riso) e non all’industria della trasfor- dizionali, denominato RISO RESILIENTE, cofinan- mazione. ziato dalla Fondazione Cariplo e portato avanti Del resto la stessa ricerca genetica oggi appare dalla Rete Semi Rurali con il coordinamento del ancora poco attenta ai bisogni degli agricoltori prof. Salvatore Ceccarelli, sta invece testando al- biologici, non creando cultivar nuove a loro utili. cune vecchie varietà in confronto a cultivar nor- L’interesse invece è quello di avere varietà adat- malmente utilizzate nelle coltivazioni a pieno te ad un ambiente di coltivazione convenzionale campo di riso biologico, quali ‘Rosa Marchetti’, dove si fa ancora largo uso di tecniche standard e ‘Baldo’, ‘Arborio’, ‘Ribe’ e altre ancora; inoltre dove la maggiore preoccupazione è soprattutto qui sono state coltivate 230 cultivar di accessione

5. Approfondimenti 145 Figura 5.3. Coltivazione presso riferimento qui al governo dell’acqua di risaia: l’azienda agricola mestiere antichissimo portato avanti dai “cam- Terre di Lomellina pari” o acquaioli, la cui importanza è oggi am- a Candia Lomellina (Pavia) della cultivar piamente sottovalutata. obsoleta ‘Pierrot’ (gruppo Comune o Originario), selezionata nel Bibliografia 1927 dal ‘Chinese originario’ Failla O., Forni G. (2001), Le piante coltivate e la loro storia. (quest’ultima oggi Dalle origini al transgenico in Lombardia nel centenario è una Varietà da della riscoperta della genetica di Mendel, Milano, Fran- Conservazione) da coAngeli. Giovanni Roncarolo a San Giacomo di Livorno Ferraris (Vercelli).

dell’International Rice Research Institute (IRRI). L’obiettivo che si prefigge il progetto è quello di valutare la resilienza e l’adattamento delle di- verse cultivar ai cambiamenti climatici in contesti di aziende biologiche. Un ultimo aspetto riguarda le tecniche coltura- li normalmente associate alle vecchie varietà, come, in generale già evidenziato nell’intro- duzione a questo volume. Oltre alle sementi, andrebbero recuperate anche quelle peculiari conoscenze e tecniche agronomiche che utiliz- zavano gli agricoltori del passato, abituati a la- vorare senza l’uso di fungicidi. In particolare si fa

146 5. Approfondimenti 6. Conservazione delle risorse fitogenetiche

Sommario tali, raccomanda che «entro il 2020 il 70% della In questo capitolo vengono introdotte le principali stra- diversità genetica delle colture, inclusi i parenti tegie di conservazione delle risorse fitogenetiche per l’a- selvatici (CWR) e altre specie vegetali di interes- limentazione e l’agricoltura. Inoltre vengono presentati le se socio-economico, devono essere conservati, attività della Banca del Germoplasma Vegetale dell’Uni- versità di Pavia. contemporaneamente rispettando, preservando e mantenendo la conoscenza indigena e locale associata a queste piante». La conservazione delle PGRFA avviene mediante due strategie fondamentali: la conservazione in La conservazione delle risorse fitogenetiche per situ, cioè la conservazione di queste piante nel l’alimentazione e l’agricoltura (Plant Genetic Re- loro ambiente naturale o nel caso delle specie e sources for Food and Agriculture, PGRFA) è fon- varietà coltivate, nelle aree dove hanno svilup- damentale, non solo per fermare l’erosione ge- pato i propri caratteri distintivi. La conservazione netica e quindi l’estinzione di queste piante, ma in situ permette di mantenere per intero la varia- anche perché queste siano disponibili per essere bilità genetica delle diverse popolazioni oltre al studiate, coltivate e utilizzate – La conservazione mantenimento dei processi adattativi ed evoluti- dell’agrobiodiversità è considerata di prioritaria vi delle specie e degli ecosistemi. La conservazio- importanza dalla Convenzione sulla Diversità ne in situ può essere integrata dalla conservazio- Biologica (CBD: Convention on Biological Diver- ne ex situ che consiste nella conservazione delle sity), un trattato internazionale firmato da 168 risorse genetiche al di fuori del loro ambiente paesi del mondo, tra cui l’Italia, che si propone di naturale. La conservazione ex situ delle PGRFA tutelare la biodiversità e garantire l’equo utilizzo viene attuata principalmente attraverso colle- dei suoi benefici. In particolare l’obiettivo 9 del- zioni di piante vive in orti botanici, la conserva- la Strategia Globale per la Conservazione delle zione di tessuti in vitro e la crioconservazione di Piante 2011-2020 (2011-2020 Global Strategy for semi in apposite banche. La principale differenza Plant Conservation), un piano a livello globale tra le due tipologie di conservazione (in situ ed per favorire la conservazione delle specie vege- ex situ) risiede nel fatto che la conservazione in

6. Conservazione delle risorse fitogenetiche 147 situ si basa sul monitoraggio e gestione delle po- farm, così come avviene per la conservazione in polazioni di piante nelle località in cui esse cre- situ delle piante selvatiche, consiste nel disporre scono, mentre la conservazione ex situ si basa sul di un inventario delle varietà locali del territorio campionamento, il trasferimento e lo stoccaggio di interesse. Specifici metodi di coltivazione de- di accessioni di una certa specie al di fuori delle vono essere messi a punto per garantire la colti- località in cui essa cresce. Nei prossimi paragrafi vazione “in purezza” delle varietà locali da parte le due strategie di conservazione vengono ana- degli “agricoltori custodi”, per evitare che si incro- lizzate in dettaglio. cino con le cultivar moderne o con altre varietà locali e perdano i loro caratteri distintivi.

6.1 Conservazione in situ e on farm 6.2 Conservazione ex situ La conservazione in situ consiste nel conservare la diversità di una specie all’interno del suo habi- Tradizionalmente la conservazione ex situ è tat naturale. Questa strategia è applicata soprat- stata la strategia di conservazione principale tutto per salvaguardare specie selvatiche minac- delle risorse fitogenetiche. Al giorno d’oggi la ciate dall’estinzione, ma a partire dagli anni ’90 conservazione ex situ, pur essendo ancora con- del ’900 è stata utilizzata anche per proteggere siderata di fondamentale importanza, viene piante selvatiche di interesse agronomico (prin- proposta come un complemento, un backup di cipalmente CWR) oltre a varietà locali di piante sicurezza, della conservazione in situ. Quest’ul- coltivate. tima è l’unica strategia che permette di salva- La conservazione in situ è sempre stata applicata guardare tutta la diversità genetica di una po- per la salvaguardia di specie selvatiche, ma da al- polazione/varietà e di mantenere in atto tutti i cuni anni è stata proposta anche per la salvaguar- processi evolutivi. Detto ciò, la conservazione ex dia delle varietà locali di specie coltivate; questa situ ha degli indubbi vantaggi perché permette tipologia di conservazione è definita on farm di conservare un ingente numero di accessioni conservation (conservazione all’interno dell’a- (anche decine di migliaia, si pensi alle collezioni zienda agricola). La conservazione on farm va in- di semi e tessuti) per lungo tempo, anche de- tesa come «la gestione sostenibile, da parte degli cine di anni, in spazi e con costi relativamente agricoltori, della diversità genetica della varietà limitati. Inoltre le accessioni conservate ex situ locale all’interno di sistemi di coltivazione tradi- possono essere facilmente spedite, scambiate zionali». Questa strategia di conservazione consi- tra le diverse istituzioni e donate agli agricolto- ste quindi nel mantenimento delle varietà locali ri. Le principali metodologie di conservazione da parte di agricoltori nelle località tipiche dove ex situ (Figura 6.1) sono: queste varietà sono coltivate, spesso con metodi tradizionali. Gli agricoltori che ancora coltivano • Banche del germoplasma in campo (field ge- e preservano in purezza le varietà locali vengono nebanks): si tratta di collezioni di piante vive, in definiti “agricoltori custodi”, figura recentemente genere di molte varietà coltivate di una o po- riconosciuta in Italia anche dalla normativa per la che specie. È una metodologia particolarmente conservazione della biodiversità di interesse agra- adatta per la conservazione di piante che non rio (L. n. 194/2015). La base della conservazione on producono semi o che producono semi non

148 6. Conservazione delle risorse fitogenetiche Figura 6.1. Esempi delle diverse metodologie di conservazione ex situ delle risorse fitogenetiche; a) field genebank presso l’istituto di ricerca IPK (Leibniz-Institut für Pflanzengenetik und Kulturpflanzenforschung, Gatersleben Germania; foto a cura di Manuela Nagel); b) banca in vitro presso l’IPK (foto a cura di Lynn Main); c) banca del c) DNA presso i Kew Gardens (Regno Unito) (foto a cura di Tim Fulcher); d) Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia, a) campioni di semi conservati all’interno dei freezer (foto a cura di S. Bodino).

b) d)

adatti alla conservazione. Un esempio sono le rigenerare la piantina o i tessuti in una pianta field genebanks di cultivar di banana o di aglio. adulta. Questa tecnica viene usata soprattutto Un altro esempio sono gli orti botanici, dove per piante coltivate che vengono riprodotte ve- vengono conservate collezioni di piante vive: getativamente o che hanno una germinazione in questo caso, tuttavia, si tratta generalmente problematica. Alcuni esempi sono le banche in di pochi individui di molte specie. vitro di risorse fitogenetiche di banana, manio- • Stoccaggio in vitro (in vitro storage): con que- ca, menta, patata, aglio e agrumi. sta metodologia si conservano tessuti vegetali • Banche del DNA: si conservano campioni in ambiente sterile. La procedura di base consi- di DNA a temperature molto basse (anche ste nel conservare parti di piante in provetta su -80°C). Le banche del DNA sono utili come un terreno di coltura artificiale. Ciò permette di complemento alla conservazione delle risor-

6. Conservazione delle risorse fitogenetiche 149 Figura 6.2. Targa identificativa se fitogenetiche nei casi in cui una specie non della Banca del possa essere conservata in field genebank o in Germoplasma banca dei semi e la conservazione in situ sia Vegetale dell’Università particolarmente problematica nell’area in cui di Pavia, posta la specie cresce. all’ingresso, • Banche dei semi: prevede la conservazione inaugurata nel settembre 2017 di campioni di semi stoccati controllando le dall’allora Magnifico condizioni di temperatura e umidità; questa Rettore prof. Fabio metodologia di conservazione prevede il dis- Rugge (opera in seccamento dei campioni fino a raggiungere terracotta di Angelo Cauzzi, Cremona). un basso contenuto di umidità e poi un conge- lamento a temperature sotto lo zero. È la me- todologia di conservazione ex situ delle risorse fitogenetiche più applicata allo stato attuale, tant’è che a livello globale sono state censite oltre 1500 Banche semi. Per le specie vegetali spontanea italiana, con particolare riferimento con semi ortodossi (cioè in grado di sopravvi- al Nord Italia, nonché ai parenti selvatici delle vere al processo di disseccamento e successivo specie coltivate (CWR), alle varietà locali e alle congelamento, mantenendo un’alta vitalità cultivar obsolete di cereali e specie ortive. degli embrioni) è possibile mantenere colle- Oltre all’attività principale di conservazione, la zioni di germoplasma per diverse decine di Banca del Germoplasma attua, in casi specifici, anni anziché di solo qualche anno in condizio- anche servizio di deposito semi per le aziende ni di temperatura e umidità ambientali. agricole, sviluppa progetti di uso sostenibile delle risorse fitogenetiche e fornisce campioni di semi in progetti di ricerca scientifica o rilancio produtti- 6.3 La Banca del Germoplasma Vegetale vo. La struttura, localizzata presso l’Orto Botanico dell’Università di Pavia di Pavia, dal 2015 è completamente autonoma ed è gestita dal Dipartimento di Scienze della Terra La Banca del Germoplasma Vegetale dell’Univer- e dell’Ambiente (DSTA) dell’Università di Pavia; sità di Pavia, fondata nel 2005 (come parte della viene nel tempo migliorata e ampliata, rappre- Lombardy Seed Bank del CFA della Regione Lom- sentando un centro di ricerca all’avanguardia per bardia), è una struttura adibita alla conservazio- chiunque sia interessato all’ecologia dei semi e ne ex situ a lungo termine delle specie e varietà delle piante e al loro uso sostenibile. A essa è abbi- vegetali minacciate di estinzione ed erosione ge- nato un laboratorio di Ecologia dei Semi, operan- netica, col fine di mantenere elevati livelli di bio- te nell’ambito del Laboratorio di Ecologia Vege- diversità vegetale, sia naturale che agronomica, tale e Conservazione delle Piante dell’Università preservare l’ambiente, promuovere lo sviluppo di Pavia, dove si svolgono ricerche sull’ecologia sostenibile e proteggere dall’estinzione specie vegetale, germinazione ed eco-fisiologia dei semi, vegetali di particolare interesse. Una speciale at- soprattutto in relazione ai cambiamenti climatici. tenzione è riservata alle piante utili all’uomo, tra Dal 2017 la Banca del Germoplasma è entrata a cui le specie di interesse alimentare della flora far parte dello European Genebank Integrated

150 6. Conservazione delle risorse fitogenetiche System (AEGIS), una piattaforma che collega di- zioni di temperatura a 15°C e di umidità relativa verse banche semi d’Europa in un unico sistema (RH) al 15%, che permettono la lenta ma costante comune per la conservazione a lungo termine perdita del contenuto in acqua nei semi; questa è dei campioni appartenenti alle risorse geneti- una procedura indispensabile per garantire il suc- che vegetali per il cibo e l’agricoltura (PGRFA) cessivo corretto congelamento (a -18°C). Dopo cir- (http://www.ecpgr.cgiar.org/aegis/aegis-home- ca un mese in drying room, i semi raggiungono un page/). Sempre nel 2017 ha inoltre aderito all’In- contenuto in acqua attorno al 3-7%, che consente ventario PlantA-Res (come Università di Pavia) il congelamento senza rischi di formazione di cri- ed è registrata nel sistema mondiale di collezioni stalli di ghiaccio al loro interno. della FAO (WIEWS). Per la conservazione di pian- Dopo una prima permanenza nei freezer in te spontanee collabora da anni con la Millen- stato di congelamento, di almeno un mese, i nium Seed Bank dei Royal Botanic Gardens, Kew semi vengono scongelati e testati su un cam- (Regno Unito). Inoltre è attualmente una delle pione significativo, al fine di verificarne spe- strutture che conservano ex situ entità iscritte rimentalmente la vitalità e quindi l’effettiva all’Anagrafe nazionale di cui alla L. n. 194/2015. conservabilità. Per le varie specie stoccate in Banca Semi vengo- no creati dei duplicati come ulteriore garanzia Attività svolte di conservazione a lungo termine; questi ven- gono inviati ad altre banche del germoplasma Vengono effettuate attività di raccolta semi (in con cui sono già stati avviati stretti rapporti di natura e on farm), pulizia, caratterizzazione e collaborazione, come la Millennium Seed Bank, conservazione a lungo termine dei semi, seguen- Royal Botanic Gardens, Kew (Regno Unito) per do specifici protocolli standard internazionali in le piante spontanee, inclusi i CWR; invece le spe- tema di conservazione ex situ (FAO, ENSCONET). cie e varietà coltivate possono essere inviate alla Vengono inoltre predisposti e conservati cam- Svalbard Global Seed Vault, gestita dal Global pioni d’erbario di riferimento per la determina- Crop Diversity Trust, per conto della Norvegia e zione delle specie (identificati nel Dipartimento dei Paesi scandinavi, ma che ospita anche semi di e conservati presso l’Erbario PAV, sempre sito piante da tutto il mondo. presso il Dipartimento di Scienze della Terra e Altra attività della banca consiste nei test di ger- dell’Ambiente, U.O. di Ecologia del Territorio). minazione di routine (per la verifica della vitalità I campioni di semi, una volta giunti in Banca, ven- dei campioni congelati), effettuati di regola ogni gono prima fatti essiccare e successivamente si cinque anni. procede alla loro pulizia, che consiste nella sepa- Tutte le informazioni relative ai campioni di semi razione dei semi dal rimanente materiale vegetale gestiti vengono archiviate in uno specifico data- (es. foglie, rami, frutti, semi morti: abortiti, predati, base elettronico interno. Alla Banca del Germo- ecc.). Ogni campione viene quindi caratterizzato plasma Vegetale dell’Università di Pavia sono (Figura 6.3): si annota la massa del campione (g) e connessi anche una serra sperimentale e un pic- si effettua la conta dei semi. Dopodiché, i semi ma- colo vivaio per esperimenti di manipolazione e turi oramai puliti, se noti come ortodossi, vengono crescita di specie e varietà rare e minacciate (siti messi in camera di disidratazione (drying room), la prima al Dipartimento di Biologia e Biotecno- dove vengono costantemente mantenute condi- logie, responsabile prof.ssa Alma Balestrazzi e il

6. Conservazione delle risorse fitogenetiche 151 Figura 6.3. Banca secondo all’interno dell’Orto Botanico), un tec- coltivate e CWR provenienti da tutto il mondo del Germoplasma nico laureato, il dr. Adriano Ravasio, dal 1° otto- sotto i ghiacci polari delle Isole Svalbard, a soli Vegetale dell’Università di bre 2019 segue l’attività di entrambe le strutture. 1.500 Km dal Polo Nord, in un’area smilitarizza- Pavia: pulizia e ta con un apposito trattato internazionale. caratterizzazione • ENSCONET Consortium (URL: ). Rete Bodino (foto di versità di Pavia collabora con molte istituzioni e composta da circa 30 istituzioni che collabo- E.R. Tazzari). network internazionali che si occupano di con- rano alla conservazione dei semi della flora servazione dei semi: spontanea in Europa, mettendo a punto e utilizzando le migliori tecniche disponibili e • Millennium Seed Bank dei Royal Botanic Gar- condividendo un apposito database. dens di Kew (Regno Unito), la banca dei semi più grande al mondo per la conservazione delle piante spontanee, dove sono conservate Progetti e attività oltre 35.000 specie vegetali provenienti da tut- to il pianeta (URL: ); versità di Pavia, grazie al suo esteso network di • Svalbard Global Seed Vault (Global Crop Diver- collaborazioni, partecipa a diversi progetti rivolti sity Trust) in Norvegia (URL: ), deposito che conserva i semi di piante progetti in corso o da poco conclusi:

152 6. Conservazione delle risorse fitogenetiche • CULTIVAR: Individuazione, catalogazione e incremento delle collezioni di risorse gene- tiche vegetali a rischio di estinzione o ero- sione genetica di interesse agricolo in Lom- bardia (L. N. 194/2015). Progetto finanziato dalla Regione Lombardia (2019-2020). Si pone come obbiettivo il miglio- ramento della conoscenza e dalla conservazio- ne delle varietà locali lombarde. Tre sono i prin- cipali obbiettivi: 1) individuare e incrementare la raccolta di nuovo germoplasma vegetale conservato in situ (on farm) / ex situ; 2) mette- re a punto le conoscenze su varietà specifiche (almeno 15), al fine dell’iscrizione delle varietà locali all’Anagrafe nazionale della Biodiversità, di cui alla Legge n. 194/2015; 3) attuare iniziati- ve di divulgazione dei risultati di progetto ver- so gli agricoltori, le scuole e i consumatori. progetto, grazie alla rete costituita che potrà Figura 6.4. Peperone • CORE-SAVE: COstituzione di una REte Regio- continuare ad operare autonomamente. Inol- ‘Di Voghera’, una delle varietà trattate nale per la SAlvaguardia del Germoplasma tre si promuoverà anche quella in situ/on farm, (2012-2013) nel VEgetale tradizionale lombardo visto anche l’interesse crescente degli agricol- progetto VCLR del Progetto finanziato dalla Regione Lombardia tori, sempre alla ricerca di nuove coltivazioni da Piano di Sviluppo Rurale di Regione (2019-2022). Mira in primis a creare una rete testare e piccole filiere territoriali da lanciare o Lombardia (foto di regionale multicentrica finalizzata alla conser- rilanciare. G. Rossi). vazione ex situ di varietà locali tradizionali lom- barde (landrace), da mettere in sicurezza, ma anche rendere disponibili il più possibile per progetti di ri-coltivazione. I soggetti interessati Bibliografia (partner) sono centri di ricerca e aziende agrico- le operanti in vari ambiti e tipo di conduzione Brien A.M., H. Toby (2004), In situ conservation of crop wild (agricolo, vivaistico, conduzione convenzionale relatives: status and trends, «Biodiversity and Conserva- tion», 13, pp. 663-684. o biologica, in pianura o montagna). Lo scopo Guzzon F., S. Orsenigo, M. Gianella, J.V. Müller, I. Vagge, è quello di avere nel giro di tre anni un lotto G. Rossi, A. Mondoni (2018), Seed heteromorphy influ- di sementi significativo per una serie di entità ences seed longevity in Aegilops, «Seed Science and Re- target (una decina), in termini di buona caratte- search», 28, pp. 277-285. rizzazione sul piano morfologico e genetico, se- Veteläinen M., V. Negri, N. Maxted (2009), European land- menti sane e in quantità sufficiente per avviare races: on-farm conservation managment and use, «Bio- versity Technical Bulletin», n. 15, Bioversity Internation- primi progetti di moltiplicazione massiva o per al, Rome. coltivazione pura. In tal modo si renderà stabile la conservazione ex situ anche dopo la fine del

6. Conservazione delle risorse fitogenetiche 153

7. Divulgare e conservare ex situ l’agrobiodiversità: il ruolo degli orti botanici e dei giardini alpini in Lombardia

Paolo Cauzzi e Nicola M.G. Ardenghi

La coltivazione di piante di interesse agrario svol- nel corso degli anni più recenti importanti espe- ge un ruolo sempre più prominente negli orti rienze in merito. Nel 2016 un’esposizione tem- botanici e nei giardini alpini italiani. Storicamen- poranea dedicata all’agrobiodiversità è stata al- te queste istituzioni scientifiche hanno affian- lestita presso l’Orto Botanico del MUSA (Museo cato gli orti agrari e i giardini di acclimatazione Salterio, Officina del Gusto e del Paesaggio) di Zi- nell’introduzione e nella sperimentazione di bido San Giacomo (Milano), per volere dell’am- nuove specie agrarie. L’odierna attenzione verso ministrazione comunale e sviluppato in colla- la conservazione delle risorse fitogenetiche, la si- borazione con l’Università degli Studi di Milano curezza alimentare e uno stile di vita più attento (Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali all’ambiente anche sul piano dell’alimentazio- - Produzione, Territorio, Agroenergia, prof.ssa ne, consente agli orti botanici e ai giardini alpi- Ilda Vagge). La collezione ostensiva, finalizzata a ni di portare avanti la storica vocazione agraria, divulgare conoscenze legate al cibo e all’orticol- seppur con finalità distinte rispetto al passato. tura, era ripartita in diverse aiuole tematiche de- Non casualmente, visitando alcuni orti botanici dicate a specie spontanee di interesse alimurgi- italiani oggi è possibile ammirare a fianco delle co (es. Papaver rhoeas L., Bunias erucago L.), alle canoniche collezioni di specie ornamentali ed rotazioni agrarie, ad alcune landrace lombarde esotiche anche display garden dedicati a piante (es. mais ‘Ottofile del Pavese’, peperone ‘Di Vo- ortive e cerealicole tradizionali. L’obiettivo è du- ghera’, zucca ‘Cappello da prete mantovana’, ci- plice: 1) divulgazione, cercando di coinvolgere il coria da radice ‘Di Soncino’) e ai parenti selvatici grande pubblico nel mondo delle piante attra- delle piante coltivate [es. Triticum vagans (Jord. verso vegetali conosciuti e di uso quotidiano; & Fourr.) Greuter, T. neglectum (Req. ex Bertol.) 2) conservazione ex situ di risorse fitogenetiche Greuter]. a rischio di scomparsa, come landrace, cultivar Seppur collocato tra i palazzi del centro storico obsolete e parenti selvatici delle piante coltivate di Milano, anche l’Orto Botanico “Città Studi” (crop wild relative), mediante la coltivazione in dell’Università di Milano ha recentemente alle- purezza e la moltiplicazione del germoplasma. stito diverse aiuole agronomiche a forte impatto In Lombardia diverse istituzioni hanno maturato scenico, nelle quali a far da protagonisti sono al-

7. Divulgare e conservare ex situ l’agrobiodiversità 155 cuni dei crop più importanti a livello mondiale, come il Giardino Botanico Viote a Trento) e ad come il riso (Oryza sativa L. subsp. sativa), collo- altre specie un tempo alla base dell’agricoltura cato in una sorta di piccola risaia in asciutta, il di sussitenza che caratterizzava la Valchiavenna tabacco (Nicotiana tabacum L.), il mais (Zea mays e tutte le Alpi lombarde, come il grano saraceno L. subsp. mays), il pomodoro (Solanum lycoper- (Fagopyrum esculentum Moench), la segale (Se- sicum L.) e diverse cultivar obsolete di frumento cale cereale L. subsp. cereale), l’orzo (Hordeum (Triticum aestivum L. subsp. aestivum), come il vulgare L. subsp. vulgare) e il rabarbaro (Rheum ‘Gentil Rosso’, il ‘Rieti’, l’‘Ardito’ e il ‘San Pasto- rhabarbarum L.). La coltivazione delle patate, in re’. Uno degli scopi è quello di divulgare concetti particolare, in questa località ha un’importante legati alla domesticazione e all’agrobiodiversità, valenza conservazionistica: l’alta quota impedi- oltre ad aspetti scientifici, come la fioritura e il sce il proliferare degli afidi, vettori di virosi dele- fotoperiodismo, fondamentali per la coltivazio- terie per questa coltura. ne delle piante al di fuori del proprio areale di Infine, nel cuore della produttiva Pianura Pada- origine. na, l’Orto Botanico di Pavia prosegue nella con- Nella sezione di Astino dell’Orto Botanico di servazione delle landrace, attività di ricerca ma Bergamo si sviluppa la Valle della Biodiversità, anche divulgativa intrapresa nell’ultimo decen- un museo all’aperto dove sono conservate colle- nio in sinergia con la Banca del Germoplasma zioni botaniche che hanno l’obiettivo di comuni- Vegetale dell’Università di Pavia. Negli storici care il rapporto piante-uomo. Su una superficie lettorini di fronte alle Serre Scopoliane, sono di 9.000 m2 vengono annualmente coltivate 300 presenti collezioni temporanee (perlopiù annua- specie e almeno 1.500 cultivar, la cui presenza li) di piante ortive e cerealicole di origine locale, varia in base alla stagione e alle programma- come il fagiolo del diavolo dell’Oltrepò Pavese zioni, dalle più rustiche alle tropicali in vaso. Un (Phaseolus coccineus L.), l’anguria da mostarda importante compito didattico è svolto da diversi (Citrullus amarus Schrad.), il grano saraceno ‘Nu- percorsi multimediali, con cui vengono trasmes- stran’ della Valtellina e la zucca della midolla se nozioni sulla domesticazione, sulle principali di Santa Sofia (Forlì-Cesena) (Cucurbita pepo L. famiglie vegetali di interesse alimentare e sulle subsp. pepo Vegetable Marrow Group), curiosa- potenzialità nutritive, energetiche e curative del- mente impiegata per il ripieno dei “Tortelli sulla le piante. lastra”, riconosciuti come PAT (al posto delle clas- Anche a 1.860 m di quota si conserva l’agrobio- siche zucche invernali, come C. maxima Duche- diversità: è grazie al Giardino Alpino Valcava di sne subsp. maxima). Madesimo, in provincia di Sondrio (erede del fu Nel 2019, i medesimi lettorini sono stati adibi- Giardino Alpino di Madesimo, che negli anni ’20 ti alla coltivazione in purezza di nove landrace del Novecento dedicò la sua attività anche alla di mais da popcorn, acquisite dalla Banca del coltivazione di piante officinali), se ancora oggi Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia possiamo assaporare le patate ‘Bianca di Cam- nell’ambito di una ricerca etnobotanica ad hoc. podolcino’ e ‘Rossa di Campodolcino’ (Solanum Questa attività ha previsto l’isolamento selettivo tuberosum L.), pregiate landrace chiavennasche delle infiorescenze e l’impollinazione artificia- coltivate ogni anno sul territorio di questo giar- le da parte di tecnici specializzati per impedire dino alpino, assieme alla patata ‘Blu di Valtellina’ l’incrocio tra le diverse entità e favorire, all’inter- (diffusa anche nelle collezioni di istituzioni affini, no di uno spazio modesto, la produzione di una

156 7. Divulgare e conservare ex situ l’agrobiodiversità Ardenghi N.M.G. (2016), La storia della coltivazione di spe- quantità di semente sufficiente a conservare le cie d’interesse agrario nell’Orto botanico dell’Università singole accessioni. di Pavia, in: Clauser M., Pavone P. (eds.), Orti botanici. Tra 2018 e 2019 nell’Orto Botanico di Pavia ha Eccellenze italiane, Città di Castello, Thema Edizioni, avuto luogo un secondo esperimento, volto a ca- pp. 173-174. ratterizzare morfologicamente alcune landrace Ardenghi N.M.G., Canella M., Cauzzi P., Rossi G. (2019), To- (o presunte tali) di patata. Diversi caratteri mor- wards the (re)discovery of Italian popcorns (Zea mays L. subsp. mays Everta Group): a conservation and cultural fologici (come tubero, foglie, fiori e frutti) sono mission by the University of Pavia Germplasm Bank and stati esaminati su esemplari coltivati nei lettori- Botanical Garden, in: 114° Congresso della Società Bo- ni; attenendosi alla metodologia UPOV (Unione tanica Italia. VI International Plant Science Conference internazionale per la protezione delle nuove va- (IPSC). Padova, 4-7 September 2019. Abstracts, keynote rietà vegetali), i tuberi di ogni entità sono stati lectures, communications, posters, p. 141. fatti germogliare, nell’arco di due mesi, in labo- Ardenghi N.M.G., Cauzzi P., Perez F., Bracco F. (2019), Pep- eroncini (Capsicum sp. pl., Solanaceae) all’Orto Botani- ratorio: grazie al contributo di tecnici specializza- co di Pavia, un’antica tradizione riscoperta, in: Bedini G. ti dell’Università (sigg. Roberto Rossella e Damia- (ed.), Orti Botanici 5, «Notiziario della Società Botanica no Sommacal), è stata costruita un’installazione Italiana», 3, pp. 1-5. con speciali lampadine in grado di stimolare la Ardenghi N.M.G., Rossi G., Scaramellini A., Dolci R., Premer- crescita dei germogli dagli “occhi” dei tuberi, i cui lani M., Caligari S. (2019), Il Giardino Alpino Valcava, «I colore, forma e pelosità sono fondamentali per quaderni dell’Area Interna della Valchiavenna da realtà periferica a polarità», 1, pp. 1-35. la distinzione varietale delle patate. Cauzzi P., Rossi G., Vagge I. (2016), Orti botanici come centri L’Orto Botanico di Pavia dal 2018 è divenuto uno di orticoltura avanzata, in: Clauser M., Pavone P. (eds.), dei principali centri di divulgazione degli aspetti Orti botanici. Eccellenze italiane, Città di Castello, The- scientifici riguardanti il genereCapsicum L.: an- ma Edizioni, pp. 96-100. nualmente viene infatti allestita una collezione MUSA - Museo Salterio, Officina del Gusto e del Paesaggio (2019), Orto Botanico, URL: [consultato il 23/10/2019]. che trova la sua sede naturale dinnanzi alle set- Orto Botanico di Bergamo “Lorenzo Rota” (2019), La Val- tecentesche Serre Scopoliane. Nel corso del tem- le della Biodiversità – Sezione di Astino, URL: [consultato il 23/10/2019]. di avvicinarsi alle discipline botaniche (dalla si- [Toto C.] (2019), Come dare un nome ai peperoncini, «Gar- denia», 426, p. 99. stematica all’etnobotanica) grazie a una pianta di uso comune ma affascinante per variabilità morfologica, storia e utilizzi. Oltre a cultivar pro- venienti da quasi tutti i continenti, la collezione ospita anche diversi peperoncini di origine italia- na (es. ‘Crusco’ e Acrata’), in aumento.

Bibliografia

[Ardenghi N.M.G. (2019)], Americani a Pavia, Pavia, Orto Botanico, Università di Pavia [dépliant].

7. Divulgare e conservare ex situ l’agrobiodiversità 157

8. Le norme per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agricola e alimentare

Laura Ronchi e Elena Brugna Direzione Generale Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi, Regione Lombardia

Secondo la Convenzione sulla Diversità Biologi- tività e diffuse a livello internazionale. Si stima ca, ratificata a Rio nel 1992 durante la Conferen- che l’Europa, con il passaggio all’agricoltura in- za sull’ambiente e sullo sviluppo, per “diversità tensiva, abbia perso il 75% almeno di questo pa- biologica” si intende la “variabilità tra organismi trimonio, percentuale che negli USA raggiunge viventi da tutte le fonti possibili inclusi gli ecosi- almeno il 90%. stemi, tra gli altri, terrestri, marini e acquatici e i Per difendere e salvaguardare il patrimonio di complessi biologici di cui questi sono parte, com- biodiversità rimasto, in Italia è stato emanato un prendendo, quindi, la diversità all’interno della Piano nazionale per la Biodiversità di interesse specie, tra le specie e degli ecosistemi”. agricolo (DM 28672 del 14/12/2009) e in segui- La Commissione europea definisce la biodiversità to le Linee Guida Nazionali del MIPAAF (2013) come la “variabilità della vita e dei suoi processi. per la caratterizzazione e la conservazione della Essa include tutte le forme di vita, dalla singola biodiversità vegetale, animale e microbica di in- cellula ai complessi organismi e processi ai per- teresse per l’agricoltura e l’alimentazione. corsi ed ai cicli che collegano gli organismi viventi La biodiversità agricola e alimentare in Italia è alle popolazioni, agli ecosistemi ed ai paesaggi” stata in parte mantenuta in vita grazie a singoli (DG AGRI 1999). La diversità biologica in agricol- agricoltori e a istituzioni pubbliche in cui è avve- tura rappresenta un sottoinsieme della diversità nuta la conservazione del germoplasma (CREA, biologica generale. Essa comprende le risorse ge- CNR, Università, ecc.) e non tutto il patrimonio di netiche vegetali, animali e microbiche di interes- biodiversità è andato definitivamente perduto. se agricolo e alimentare, che per i diversi aspetti Anzi, in diversi casi, dalle banche del germopla- scientifici, ecologici e normativi che le definisco- sma vegetale e dai centri di conservazione del no, devono essere considerate separatamente. materiale genetico animale o microbico, sono Molte risorse genetiche animali, vegetali e mi- potuti ripartire la coltivazione e l’allevamento, crobiche locali, antiche e tradizionali sono scom- soprattutto quando la materia prima agricola ha parse o sono state abbandonate ad iniziare dagli dato lo slancio per la costituzione di interessanti anni ’50-60 del secolo scorso, a favore di specie, filiere che hanno riscosso l’interesse dei consu- cultivar o razze selezionate per la loro produt- matori verso prodotti di nicchia.

8. Le norme per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agricola e alimentare 159 Sono inoltre riconosciute le potenzialità di adat- • l’iscrizione alla sezione del Registro Nazionale tamento delle risorse genetiche locali ai cambia- delle Varietà da Conservazione menti climatici e la loro maggior rusticità, che le • l’iscrizione all’Anagrafe nazionale della biodi- rendono più adatte al processo di produzione versità d’interesse agricolo e alimentare biologico. Le risorse genetiche locali devono essere corret- tamente identificate attraverso una caratterizza- Le varietà da conservazione zione basata su una ricerca storico-documentale tendente a dimostrare il legame con il territorio Le varietà vegetali locali (landrace) sono essen- di provenienza e le caratteristiche varietali che zialmente “antiche popolazioni costituitesi ed questo ha favorito nel tempo, una caratterizza- affermatesi in zone specifiche, in seguito alle zione morfologica e, quando possibile, anche disponibilità offerte dall’ambiente naturale e molecolare o genetica. dalle tecniche colturali imposte dall’uomo. Tali La conservazione delle varietà o razze locali non materiali sono dotati di un notevole adattamen- è realizzabile, se non nel bioterritorio, con le to e rappresentano interessanti fonti di geni per tecniche agronomiche dettate dalla tradizione caratteristiche di qualità e produttività in am- rurale locale, in un rapporto strettissimo e di di- bienti marginali. Tuttavia, al di fuori dell’area di pendenza reciproca, tra chi effettua la conserva- origine, le varietà locali spesso non reggono il zione ex situ (banche del germoplasma e centri confronto con le moderne varietà” (Barcaccia G., di conservazione) e chi effettua la conservazione Falcinelli M., 2005. Genetica e genomica, Napoli, in situ (agricoltori e allevatori custodi). Liguori Editore). Infatti, per non perdere quel genotipo non è “In normativa, per le specie erbacee di interesse solo importante conservarlo, ma è determinan- agrario, il termine landraces è stato introdotto te la ripresa della sua coltivazione o del suo al- in modo cogente per i Paesi della UE, dalla Di- levamento. La promozione e valorizzazione at- rettiva 98/95/CEE che prevede la realizzazione traverso strumenti e percorsi esistenti quali ad della conservazione in situ e l’utilizzazione so- esempio l’inserimento nell’elenco dei Prodotti stenibile delle risorse fitogenetiche, mediante la Agroalimentari Tradizionali (PAT), che hanno coltivazione e la commercializzazione di semen- come componente principale o ingrediente ti di landraces and varieties, coltivate in modo queste varietà (l’elenco è consultabile nel sito tradizionale in luoghi particolari e minacciate web di Regione Lombardia). dall’erosione genetica; le landraces and varieties Diverse sono le azioni pubbliche che hanno lo in seguito alla loro accettazione, sono indicate, scopo di tutelare e valorizzare l’agro biodiversità nel catalogo comune delle varietà, come varietà locale. Questo contributo prenderà in considera- da conservazione” (citazione dal Piano Nazionale zione le possibilità di salvaguardia e conservazio- sulla biodiversità di interesse agricolo, 2008). ne delle risorse genetiche vegetali locali. Le norme di riferimento per la tutela e la valoriz- Gli agricoltori che intendono valorizzare dal zazione delle varietà da Conservazione sono le punto di vista produttivo una varietà vegetale seguenti: locale, contribuendo nel contempo alla tutela e al mantenimento della stessa, possono intra- • Direttiva 2008/62/CE della Commissione: prendere due distinti percorsi di riconoscimento: recante deroghe per l’ammissione di ecotipi

160 8. Le norme per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agricola e alimentare e varietà agricole naturalmente adattate alle finendo un’area ben delimitata di possibile col- condizioni locali e regionali e minacciate di tura per la produzione del seme, coincidente con erosione genetica, nonché per la commercia- la zona di origine della varietà. lizzazione di sementi e di tuberi di patata e Regione Lombardia con decreto n. 9167 del semina di tali ecotipi e varietà. 2013, ha definito la procedura che permette la • Direttiva 2009/145/CE della Commissione: presentazione della richiesta di iscrizione delle che prevede talune deroghe per l’ammissione varietà vegetali locali al Registro Nazionale delle di ecotipi e varietà vegetali tradizionalmen- Varietà da Conservazione (VC). te coltivati in particolari località e regioni e Per essere iscritte al Registro Nazionale come minacciate dall’erosione genetica, nonché di VC le varietà tradizionali, a rischio di estinzione varietà vegetali prive di valore intrinseco per o di erosione genetica, oltre al legame esclusivo la produzione vegetale a fini commerciali ma e storico con il territorio di origine, devono pos- sviluppate per la coltivazione in condizioni sedere caratteristiche morfologiche distinguibili particolari e per la commercializzazione di se- da altre cultivar commerciali, seppure con uni- menti di tali ecotipi e varietà. formità di popolazione e stabilità genetica infe- • D.lgs. n. 149 del 2009 e D.M. 17 dicembre riori a quelle delle cultivar standard. 2010 Attuazione della direttiva 2008/62/CE L’iscrizione di una VC comporta l’inquadramen- concernente deroghe per l’ammissione di to nell’ambito della certificazione sementiera e ecotipi e varietà agricole naturalmente adat- necessita dello sviluppo parallelo della relativa tate alle condizioni locali e regionali e mi- filiera sementiera nel rispetto della normativa nacciate di erosione genetica, nonché per la fitosanitaria, anche se la cessione della semente commercializzazione di sementi e di tuberi di è senza scopo di lucro. Gli impegni che ne deri- patata a semina di tali ecotipi e varietà. vano sono complessi, non sempre affrontabili da • D.lgs. n. 267 del 2010 e D.M. 18 settembre singole realtà produttive di dimensioni limitate, 2012 Attuazione della direttiva 2009/145/ quali sono nella maggioranza dei casi quelle de- CE, recante talune deroghe per l’ammissione tentrici dei semi. di ecotipi e varietà orticole tradizionalmente Un passaggio verso la semplificazione degli im- coltivate in particolari località e regioni e mi- pegni post iscrizione, è stato compiuto con l’art. nacciate da erosione genetica, nonché di va- 19-bis della Legge 25 novembre 1971, n. 1096, che rietà orticole prive di valore intrinseco per la disciplina l’attività sementiera, su cui è interve- produzione a fini commerciali ma sviluppate nuta un’ulteriore modifica con la legge 1 dicem- per la coltivazione in condizioni particolari bre 2015, N. 194 (di cui si dirà successivamente) per la commercializzazione di sementi di tali che tuttavia ha generato alcune difficoltà inter- ecotipi e varietà. pretative. Attualmente l’art. 19 bis recita:

Le varietà da conservazione (VC) in base a que- “Agli agricoltori che producono le varietà di se- ste norme sono iscritte in un’apposita sezione menti iscritte nel Registro Nazionale delle varietà del Registro Nazionale delle “Varietà vegetali” da conservazione, nei luoghi dove tali varietà gestito dal MIPAAF, che autorizza il commercio hanno evoluto le loro proprietà caratteristiche, delle loro sementi nel rispetto di norme specifi- sono riconosciuti il diritto alla vendita diretta e in che più generali, pur con limiti quantitativi e de- ambito locale di sementi o di materiali di propa-

8. Le norme per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agricola e alimentare 161 gazione relativi a tali varietà e prodotti in azien- documentata che dimostri il legame della va- da, nonché il diritto al libero scambio all’interno rietà con il territorio di origine, la scheda mor- della Rete nazionale della biodiversità di interes- fologica (UPOV) che comprovi che la varietà è se agricolo e alimentare, secondo le disposizioni distinguibile, stabile e omogenea, a rischio di del decreto legislativo 29 ottobre 2009, n. 149, e erosione o estinzione, redatta da una Istitu- del decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 267, zione scientifica; fatto salvo quanto previsto dalla normativa vi- • l’indicazione delle aziende custodi e del re- gente in materia fitosanitaria”. sponsabile del mantenimento in purezza del seme; L’articolo attualmente assimila quindi le VC che • la mappa della zona d’origine, se necessario hanno un proprio Registro Nazionale e proprie distinta per la produzione della semente e per norme che consentono il commercio del seme, la coltivazione. alle varietà locali iscritte a repertori e registri allo scopo di sola conservazione, per cui non sussiste I richiedenti l’iscrizione al Registro possono esse- interesse per il commercio del seme, ma solo per re i soggetti privati, le Associazioni di produttori, il libero scambio di modiche quantità, reso ora gli Enti pubblici, gli Enti di ricerca, privati, deten- possibile alle condizioni stabilite dalla legge del tori della varietà locale, che abbiano interesse 2015 sopra citata. alla sua tutela e valorizzazione e a riportare in Al momento sono iscritte al Registro Nazionale coltivazione la semente allo scopo di promuo- delle Varietà da Conservazione 10 lombarde sud- verne la coltivazione e il commercio nella zona divise tra agrarie e orticole: geografica definita. Le VC vengono iscritte al Registro Nazionale • cipolla ‘Dorata di Voghera’ (PV); tramite decreto del MIPAAF. Il decreto riporta: • cipolla ‘Rossa di Breme’ (PV); il nome botanico e comune della specie e della • fagiolo ‘Borlotto di Gambolò’ (PV); varietà coltivata, la zona d’origine, la zona di pro- • mais ‘Nero spinoso’ (BS); duzione della semente, la quantità annuale di • mais ‘Rostrato rosso di Rovetta’ (BG); semente prodotta e la superficie autorizzata alla • mais ‘Scagliolo di Carenno’ (BG, LC); sua produzione. La commercializzazione della se- • mais ‘Spinato di Gandino’ (BG); mente è soggetta alla normativa sementiera na- • riso ‘Lomello’ (PV); zionale L. 25 novembre 1971, n. 1096 e successive • riso ‘Vialone nero’ (PV); integrazioni e ai decreti legislativi 149/2009 per • zucca ‘Cappello da prete mantovana’ (MN). le piante agrarie e 267/2010 per le piante ortive.

Il decreto n. 9167 del 2013 stabilisce le condizioni di ammissibilità al Registro delle VC che vanno I Repertori Regionali dimostrate attraverso la presentazione di un una domanda completa di tutte le informazioni ri- Le varietà locali per cui sussista un interesse al chieste (tutti i documenti citati sono pubblicati commercio della semente devono quindi essere nel sito web regionale): iscritte al Registro Nazionale delle VC. Potrebbe però perdersi traccia di tutte quelle risorse gene- • una relazione tecnica, una relazione storica tiche a rischio di estinzione, per le quali non sus-

162 8. Le norme per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agricola e alimentare siste un interesse commerciale, ma solo necessità b. la Rete nazionale della biodiversità di interes- di mantenimento, catalogazione e scambio di se agricolo e alimentare. modiche quantità tra agricoltori custodi. Dieci Regioni, tra cui la Lombardia non è compre- Il coordinamento delle azioni svolte a livello na- sa, all’inizio degli anni 2000 hanno promulgato zionale e regionale è assolto dal Comitato per- proprie leggi al fine di istituire i Repertori regio- manente per la biodiversità di interesse agricolo nali dell’agrobiodiversità, applicando il concetto e alimentare. La legge ha istituito anche il Fondo di risorsa genetica locale e definendo la figura Nazionale da destinare al sostegno di azioni di dell’agricoltore custode. valorizzazione e tutela. Sono stati emanati tre Decreti applicativi della legge 194/2015 che prevedono il coinvolgimen- La legge nazionale del 1 dicembre 2015 n. 194 to delle Regioni in diverse fasi.

Il panorama normativo relativo alla conservazio- ne dell’agrobiodiversità si amplia ulteriormente L’Anagrafe nazionale della biodiversità di con l’emanazione della Legge nazionale 1 di- interesse agricolo e alimentare cembre 2015 n. 194 - Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse L’Anagrafe nazionale è uno strumento informati- agricolo e alimentare, che ha inteso organizzare co che raccoglie attraverso modalità codificate e un sistema nazionale di tutela e valorizzazione, informatizzate, le schede descrittive delle risorse mutuando quanto già fatto con le leggi regiona- genetiche (RG) locali di origine vegetale, anima- li in materia e raccogliendone l’esperienza. le o microbica, di interesse alimentare ed agrario Il tema della valorizzazione e tutela della bio- soggette a rischio di estinzione (la RG rischia di diversità agricola e alimentare può quindi ave- scomparire) o di erosione genetica (la RG rischia re nuovi sviluppi con l’applicazione della L. di perdere le sue caratteristiche peculiari a causa 194/2015, che prevede tra l’altro, il sostegno ad di incroci con le varietà commerciali). Le moda- azioni finalizzate e la costituzione di un’Anagra- lità di iscrizione all’anagrafe sono regolate dal fe nazionale, in cui anche le Regioni che non si DM 1862 del 18 gennaio 2018, che comprende sono dotate di Repertori, potranno iscrivere le anche le schede per la descrizione della risorsa proprie risorse genetiche (vegetali, animali e mi- genetica. L’iscrizione è richiesta da soggetti inte- crobiche) a rischio di estinzione. ressati a vario titolo, pubblici e privati, singoli o in Le risorse genetiche locali iscritte nei Repertori forma associata, in genere detentori della RG di regionali entrano di diritto nell’Anagrafe nazio- cui chiedono l’iscrizione. nale. La domanda di iscrizione di una risorsa genetica Il sistema nazionale di tutela e di valorizzazione deve essere presentata alla Regione di compe- della biodiversità di interesse agricolo e alimen- tenza, in cui la risorsa ha sviluppato le caratteri- tare contiene due importanti strumenti, che si stiche che le sono proprie. collocano nel Portale nazionale della biodiversi- La Regione riceve la domanda di iscrizione di una tà di interesse agricolo e alimentare, quali: RG locale, corredata da un dossier tecnico scien- a. l’Anagrafe nazionale della biodiversità di in- tifico a supporto della richiesta che viene valu- teresse agricolo e alimentare; tata secondo le indicazioni contenute nel DM

8. Le norme per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agricola e alimentare 163 1862/2018. L’istruttoria regionale è volta a valu- scimento degli AAC da parte delle Regioni e Pro- tare il possesso da parte della RG dei requisiti per vince Autonome di Trento e di Bolzano”. l’iscrizione (distinguibilità, stabilità, omogeneità, Le Regioni e Province Autonome comunicano a rischio di estinzione o erosione, locale, ecc.). al Ministero le eventuali rinunce, sostituzioni o I criteri di valutazione devono essere conformi subentri nel ruolo di Agricoltore custode, Alleva- alle “linee guida nazionali per la conservazione tore custode, Centri di conservazione ex situ e/o in situ (on farm) ed ex situ (in centri di conser- Banche del germoplasma (CCES/BG) e indicano, vazione), della biodiversità vegetale, animale in caso di rinuncia senza sostituzione di un sog- e microbica di interesse agrario” - del Piano na- getto, altri soggetti che subentrino a quello che zionale sulla biodiversità di interesse agricolo. ha rinunciato, al fine di evitare il rischio di perdi- Al termine dell’istruttoria la Regione invia al Mi- ta della risorsa genetica. nistero delle Politiche agricole, alimentari e fo- Ai sensi del DM 10400/2018 L’iscrizione alla rete restali (MIPAAF) il proprio parere in merito alla nazionale consente la circolazione, senza scopo richiesta di iscrizione della varietà. di lucro e nell’ambito locale della risorsa geneti- ca, di una modica quantità di materiale di ripro- duzione/ moltiplicazione per il recupero, mante- La Rete nazionale della biodiversità agricola e nimento e riproduzione di varietà e razze locali a alimentare rischio di estinzione / erosione genetica iscritte all’Anagrafe nazionale e alla loro conservazione La Rete svolge ogni attività diretta a preservare durevole, nel rispetto della normativa sanitaria e le risorse genetiche di interesse alimentare ed fitosanitaria vigente. agrario locali dal rischio di estinzione o di ero- Regione Lombardia favorisce e sostiene il man- sione genetica attraverso la conservazione in situ tenimento del germoplasma di queste varietà ovvero nell’ambito di aziende agricole o ex situ in Istituti di ricerca, ai fini della loro rimessa in in centri di conservazione, nonché a incentivarne coltura con il coinvolgimento delle aziende agri- la reintroduzione in coltivazione, allevamento o cole, applicando varie forme di incentivo e soste- altre forme di valorizzazione. (comma 2, articolo gno, in particolare a progetti di conservazione 4 della legge 1° dicembre 2015, n. 194). col programma regionale della ricerca e la misu- È composta da Agricoltori e Allevatori custodi ra 10.2.01 del Programma di Sviluppo Rurale. (AAC), dai Centri di Conservazione ex situ e dalle Le risorse genetiche, che possiedono caratteristi- banche del germoplasma (CCES/BG). che proprie di resistenza alle avversità e migliore Il DM 24 ottobre 2018 n. 10400 regola le modali- adattamento all’ambiente, potrebbero essere tà tecniche di attuazione e funzionamento della positivamente impiegate in pratiche di agricol- Rete Nazionale. tura sostenibile, per dare origine a interessanti L’iscrizione alla Rete nazionale come agricoltore filiere locali. o allevatore custode è demandato al MIPAAF, L’iscrizione delle varietà locali tradizionali nel con parere vincolante della Regione a cui è pre- Registro nazionale o all’Anagrafe nazionale, sentata l’istanza di riconoscimento. Per procede- consente il riconoscimento di una varietà come re all’espressione del parere la Regione valuta tale e fa sì che quel genotipo non vada perduto, la domanda in base a quanto stabilito dall’all. 2 ne consente la distribuzione della semente, la punto 6 del DM 10400/2018 “Modalità di ricono- rimessa in coltivazione e ne favorisce la valoriz-

164 8. Le norme per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agricola e alimentare zazione come prodotto alimentare locale, realiz- Bibliografia zando il principio secondo cui: “se mi mangi, mi conservi”. Barcaccia G., Falcinelli M. (2005), Genetica e genomica. Na- Molte sono le iniziative regionali in atto, sia a poli, Liguori Editore. MIPAAF (2013), Linee guida per la conservazione e la car- livello normativo che di sostegno finanziario, a atterizzazione della biodiversità vegetale di interesse progetti di ricerca e sperimentazione per la tu- per l’agricoltura. Piano Nazionale sulla Biodiversità di tela e la valorizzazione della biodiversità. Attra- Interesse Agricolo. Roma, INEA. verso l’applicazione di normative specifiche e con il sostegno finanziario a progetti di ricerca e sperimentazione, Regione Lombardia conferma il proprio impegno per la tutela e la valorizzazio- ne della biodiversità locale. Solo mediante azio- ni di conservazione e di protezione delle risorse genetiche locali, infatti, sarà possibile garantire il mantenimento della tradizione agricola e ali- mentare regionale.

8. Le norme per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agricola e alimentare 165

Riassunto / Abstract

Il libro Le varietà agronomiche lombarde tradizio- dell’Università di Pavia, sfogliando le pagine di nali a rischio di estinzione o di erosione genetica. questo libro potrete condurre un viaggio unico, Ortive e cerealicole: uno sguardo d’insieme illustra dalle recondite valli dell’Appennino alla gene- le risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’a- rosa vastità della Pianura Padana, fino a rag- gricoltura (Plant Genetic Resources for Food and giungere la sommità delle Alpi. Ammirerete la Agriculture, PGRFA) tradizionali della Lombardia. variabilità dei minuti e colorati mais da popcorn Sono stati presi in considerazione tre gruppi di tradizionali, la versatilità culinaria della zucca piante: le varietà coltivate locali tradizionali (lan- ‘Cappello da prete mantovana’, la storia dell’ar- drace), le colture sottoutilizzate (neglected crops rivo della patata in Lombardia con la ‘Bianca di o NUS) e le cultivar obsolete (obsolete cultivars), Como’ e l’avvincente salvataggio del fagiolo per un totale di 188 entità. Una checklist le pre- ‘Aquila d’Oltrepò’. Come per ogni ricerca scien- senta in ordine alfabetico, fornendo uno sguardo tifica, i risultati qui esposti non sono certamente d’insieme sulla loro distribuzione nelle diverse definitivi ma costituiscono un efficace stimolo a province lombarde. Gli aspiranti agricoltori cu- proseguire su questa strada. stodi di landrace e cultivar obsolete qui potran- no trovare 60 schede, corredate da foto origina- li, che trattano in modo approfondito le entità The book Lombardy traditional crop varieties at principali, offrendo dettagliate descrizioni mor- risk of extinction or genetic erosion. Horticultural fologiche e informazioni su storia, distribuzione and cereal crops: an overview illustrates the tra- geografica, status di conservazione, usi culinari e ditional Plant Genetic Resources for Food and tecniche colturali. Concludono l’opera capitoli di Agriculture (PGRFA) of Lombardy, northern Italy. approfondimento su varie tematiche inerenti lo Three groups of plants were considered: landra- studio e la conservazione delle risorse fitogene- ces, neglected crops (NUS), and obsolete culti- tiche lombarde, e gli strumenti normativi attual- vars, amounting to 188 units. They are listed in a mente in vigore per la loro tutela. checklist, providing their geographical distribu- Grazie alle ricerche di campo e bibliografiche tion across the provinces of Lombardy. Here, the svolte dalla Banca del Germoplasma Vegetale aspirant custodian farmers will find 60 sheets,

Riassunto / Abstract 167 accompanied by original photographs, treating pages of this volume, you will embark on a uni- in detail the main PGRFAs, with morphological que journey, from the remote Appennines valleys descriptions and information regarding their to the extensive Po Plain, up to the summits of the history, geographical distribution, conservation Alps. You will gaze at the variability of the minute status, culinary uses, and cultivation. Eventually, and colourful traditional popcorns, the culinary special chapters are dedicated to miscellaneous versatility of the ‘Cappello da prete mantovana’ subjects, such as research on particular PGRFA squash, the history of the ‘Bianca di Como’ pota- groups, conservation, and legal instruments in to, and the rescue of the ‘Aquila d’Oltrepò’ bean. force for their protection. Thanks to the field and Like any scientific research, the results presented literature research carried by the Plant Germpla- in this work are not final but constitute a valid in- sm Bank of the University of Pavia, browsing the centive for continuing on this path.

168 Riassunto / Abstract Di seguito si riporta la scheda etnobotanica uti- compilare questo modulo ed inviarlo al dr. Adria- lizzatadalla Banca del Germpoplasma vegetale no Ravasio, Università degli Studi di Pavia, Dipar- dell’Università di Pavia per censire nuovi ritrova- timento di Scienze della Terra e dell’Ambiente menti di varietà tradizionali. Chi volesse condi- (Banca del Germoplasma Vegetale), Via S. Epifa- videre informazioni su tali varietà è pregato di nio 14 - 27100 Pavia, [email protected]

VARIETÀ AGRONOMICHE TRADIZIONALI LOMBARDE

Scheda di archiviazione raccolta interviste

NUMERO IDENTIFICATIVO INTERVISTA ______/ ______

DATA di raccolta ______

LUOGO dell’intervista:

LOC.: ______

COMUNE: ______

PROVINCIA: ______

RECAPITI TELEFONICI: ______

Informazioni personali sul coltivatore

LUOGO di nascita: ______

DATA di nascita: ______

NOME: ______

COGNOME: ______

SOPRANNOME: ______

PROFESSIONE: ______

Allegato 1 169 DOVE HA VISSUTO: ______

LUOGO DI ATTUALE RESIDENZA: ______

NOME E DATA DI NASCITA DEI GENITORI: ______

Informazioni sulla varietà coltivata

TIPOLOGIA DI COLTURA (specie): ______

DENOMINAZIONE/I DELLA VARIETÀ ______

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SE SI RITIENE CHE SI TRATTI DI ACCESSIONE SIMILE AD ALTRE, INDICARNE I NOMI E LA LOCALIZZAZIONE: ______

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IPOTESI DI ATTRIBUZIONE VARIETALE: ______

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DA QUANTO TEMPO LA VARIETÀ VIENE AUTORIPRODOTTA IN FAMIGLIA? ______

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LA VARIETÀ COME È ARRIVATA IN FAMIGLIA E DA DOVE? ______

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LA VARIETÀ ERA IMPIEGATA SOLO PER LE ESIGENZE DELLA FAMIGLIA O VENIVA COMMERCIALIZZATA NEI MERCATI LO- CALI? ______

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170 Allegato 1 PER QUALI MOTIVI LEI O LA SUA FAMIGLIA HA CONTINUATO A COLTIVARLA? (ad es. è particolarmente buona, o resistente alle malattie, o altro ancora?) ______

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PERSONALMENTE DA QUANTI ANNI LA COLTIVA? ______

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DOVE L’HA COLTIVATA NEL CORSO DEGLI ANNI? ______

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HA DATO IL SEME/INNESTI ANCHE AD ALTRI COLTIVATORI? ______

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CARATTERISTICHE PARTICOLARI DEL SEME (IN CASO DI ORTIVE E CEREALICOLE) CHE SECONDO IL DETENTORE DISTIN- GUONO L’ACCESSIONE DA ALTRE VARIETÀ ______

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CARATTERISTICHE PARTICOLARI DELLA PIANTA CHE SECONDO IL DETENTORE DISTINGUONO L’ACCESSIONE DA ALTRE VA- RIETÀ ______

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Allegato 1 171 INFORMAZIONI SULLA TECNICA COLTURALE: EPOCA DI SEMINA (IN CASO DI ORTIVE E CEREALICOLE): ______

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EPOCA DI RACCOLTA SEMI/FRUTTI: ______

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MODALITÀ DI COLTIVAZIONE (tecniche e/o accorgimenti particolari): ______

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NECESSITÀ DI PROTEZIONE DA MALATTIE E/O PARASSITI (se sì, indicare quali e le modalità di lotta): ______

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INFORMAZIONI SULLA CONSERVAZIONE DEL PRODOTTO: ______

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INFORMAZIONI SULL’IMPIEGO (alimentazione zootecnica, umana, ecc.): ______

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172 Allegato 1 COME SCEGLIE E CONSERVA LA SEMENTE PER LA SEMINA SUCCESSIVA ? (IN CASO DI ORTIVE E CEREALICOLE) ______

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È AL CORRENTE DELLA POSSIBILITA’ DI IBRIDAZIONE ? (IN CASO DI ORTIVE E CEREALICOLE) ______

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HA MAI COLTIVATO ALTRE VARIETÀ DELLA STESSA SPECIE? ______

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SE SÌ, QUALI? ______

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LEI COLTIVA ANCHE ALTRE VARIETÀ ANTICHE? ______

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CONOSCE QUALCUNO NELLA ZONA CHE COLTIVA VARIETÀ ANTICHE? ______

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Allegato 1 173 ANNOTAZIONI ______

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Autore dell’intervista: ______

ALLEGATI (indicare eventuali foto, video, documenti vari reperiti nel corso del sopralluogo):

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174 Allegato 1

I ne geografica, statusdi conservazione,usiculinarietecniche descrizioni morfologiche einformazioni sustoria,distribuzio- modo approfondito leentitàprincipali, offrendo dettagliate trovare 60schede,corredate dafoto originali,chetrattano in agricoltori custodidilandrace ecultivar obsolete quipotranno distribuzione nelle diverse province lombarde. Gli aspiranti ordine alfabetico, fornendo unosguardo d’insiemesullaloro vars), peruntotaledi188entità.Unachecklistlepresenta in (neglected crops oNUS)elecultivarobsolete( obsolete culti- tivate localitradizionali (landrace), lecolture sottoutilizzate stati presi inconsiderazione tre gruppidipiante: levarietàcol- and Agriculture, PGRFA) tradizionali dellaLombardia. Sono mentazione e l’agricoltura (Plant GeneticResources for Food sguardo d’insieme illustra- lerisorsefitogeneticheperl’ali di estinzione o di erosione genetica. Ortive e cerealicole: uno l libro Le varietà agronomiche lombarde tradizionali a rischio costituiscono un efficace stimolo a proseguire su questa strada. fica, i risultati qui esposti non sono certamente definitivi ma del fagiolo ‘Aquila d’Oltrepò’. Comeperogniricerca scienti- Lombardia conla ‘Bianca diComo’ el’avvincentesalvataggio pello daprete mantovana’,lastoriadell’arrivodellapatatain popcorn tradizionali, la versatilità culinaria dellazucca ‘Cap- Alpi. Ammirerete lavariabilitàdeiminutiecolorati maisda tà dellaPianura Padana, finoa raggiungere lasommitàdelle unico, dallerecondite vallidell’Appennino allagenerosa vasti- gliando le pagine di questo libro potrete condurre un viaggio Banca delGermoplasmaVegetale dell’UniversitàdiPavia, sfo- Grazie allericerche dicampoebibliografiche svoltedalla mente invigore perla loro tutela. sorse fitogenetichelombarde, eglistrumenti normativi attual- varie tematicheinerenti lostudioelaconservazionedelleri- colturali. Concludonol’opera capitolidiapprofondimento su ISBN978-88-6952-127-0

P Le varietà agronomiche lombarde tradizionali a rischio di estinzione o di erosione genetica