Cinema Ritrovato 2001

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Cinema Ritrovato 2001 Cinema Ritrovato 2001 Il Cinema Ritrovato, alla sua 15a edizione, è ancora una volta il risultato della profonda collaborazione tra le due cineteche (quella di Bologna e il Nederlands Filmmuseum) che lo organizzano, sostenute in modo significativo da un gruppo di archivi tra i più attivi - alcuni dei quali possono quasi essere considerati come altri partner nell’organizzazione del festival - da vari enti e da un particolarissimo insieme di specialisti (che non sapremmo come definire se non storici, archivisti, studiosi, collezionisti, fan) che condividono la stessa vocazione. Nelle otto felici giornate bolognesi presenteremo tutto ciò che il cinema è in grado di offrire: immagini quotidiane e fantastiche, divertimento popolare e avanguardia, opere narrative e non narrative, opere complete e frammenti, capolavori riconosciuti (che devono essere salvati dall’oblio quasi altrettanto spesso dei film completamente o in parte perduti) e film di serie B, opere che non sono film e che Nico de Klerck, con un’espressione felice, definisce «orfani e trovatelli», cioè esempi della voce di un autore e del fascino anonimo, così essenziali al cinema e alla sua vocazione popolare. Il Cinema Ritrovato non si occupa soltanto di conservazione, ma anche di presentazione in termini umani, vista la necessità di rendere palpabile la vita dei film (ci vengono in mente le ultime battute e l’improvvisa dichiarazione d’amore in Pickpoket: «...Oh Jeanne, che strana strada ho dovuto prendere per trovarti...»). L’idea, sempre elusiva, è quella che ogni film - comunque opera unica - produce strane e inaspettate associazioni con altri film, ma viene mostrato in un modo che ce lo fa ricordare come unico rispetto ai film che meritano attenzione. Tra i «successi di tutti tempi», The Big Heat, La Roue e Monsieur Verdoux ritroveranno quello splendore che molti di noi non hanno mai conosciuto; con L’Atalante ci addentreremo in una sorta di esame incrociato: prima con gli straordinari giornalieri, ogni immagine dei quali rappresenta qualcosa di totalmente inedito, poi con il recentissimo restauro Gaumont, nato in modo critico dalla costernazione causata dalla versione di dieci anni fa, e infine con qualcosa che, per tutte le critiche subite, potrebbe rivelarsi una grande sorpresa: Le Chaland qui passe, la versione del film originariamente distribuita. Abbiamo l’onore di avere con noi la figlia del regista, Luce Vigo, che ci parlerà di questo capolavoro e delle sue tormentate vicende. Al Cinema Ritrovato non ho mai visto spettatori distratti o indifferenti, e mi sembra che ognuno sviluppi le proprie segrete associazioni. Eccone quindi un paio (casuali) per iniziare. Uno sguardo all’arte del cortometraggio: non solo il leggendario trio Entracte, Ballet mécanique, Un chien andalou (che, visti insieme e con le loro musiche originali eseguite dal vivo, costituiscono un’occasione di riflettere sulla loro vera essenza, come è avvenuto lo scorso anno con Modern Times) completato da Retour à la raison di Man Ray, ma anche Vigo, Rouch, Welles, Ophuls. Avremo il meglio di quanto esiste al mondo. Poi le collaborazioni tra registi e fotografi: prima Jean Vigo e Boris Kaufman, poi Max Ophuls e Franz Planer che, nel 1936, realizzarono due cortometraggi musicali - i primi e i più bei «video musicali» di tutti i tempi - oltre a The Exile, il più raro dei film americani di Ophuls. Per caso mi sono imbattuto in un testo di Frieda Grafe che, parlando di Ophuls, sembra parlare anche del nostro festival: «In Ophuls non abbiamo mai un attore, una star, o un tema principale. Nessun soggetto in particolare riesce a imporsi. I temi principali sono quelli secondari. Troviamo digressioni ovunque e non abbiamo mai l’impressione di un’opera d’arte compiuta ed esauriente. Tutto avviene con un’assuefazione al piacere.» Presenze anonime e banalità incontrano la parte prestigiosa. Francis Lacassin, unico specialista di cinema popolare, presenterà i primissimi film dedicati ad alcune figure che diverranno presenze costanti nel cinema: Jekyll e Hyde, Sherlock Holmes, Tarzan - Elmo Lincoln in un film del 1918, più volte citato nei testi ma in realtà visto da pochissimi. Le abbaglianti immagini di Zoo in Budapest di Rowland V. Lee si uniscono alla presenza documentaria di Truman Capote che visita i luoghi reali in cui è ambientato In Cold Blood, ora scolpito nella nostra memoria grazie allo straordinario restauro visto lo scorso anno. Ma ogni film rimanda ad altre associazioni. Vediamo, a puro titolo di esempio, come questa idea delle associazioni segrete si addice perfettamente all’orgoglio di Bologna, il Progetto Chaplin (cioè il restauro di tutte le opere del regista), il quale, dal punto di vista del festival, significa un lavoro di restauro decennale per produrre nuove copie delle opere del più grande nome della storia del cinema. Quest’anno è la volta di Monsieur. Verdoux (1947), realizzato da un cittadino che «credeva nell’impresa privata ma non nei suoi molti abusi» (Chaplin) e quindi una sorta di opposto di Modern Times - l’apice della scorsa edizione - ma feroce quanto le produzioni Keystone, che vedremo il prossimo anno. Monsieur Verdoux è affiancato da altri due film dal destino simile e altrettanto tragico: tre relativi insuccessi accusati di cinismo, i cui registi erano però capaci di grande romanticismo. Assisteremo così alla rinascita di Il bidone e Les bonnes femmes, nelle versioni più vicine allo spirito dell’opera di Fellini e di Chabrol. Tutti e tre i film ebbero i loro problemi: Monsieur Verdoux con il Breen office (i documenti verranno pubblicati col procedere del Progetto Chaplin); Il bidone e Les Bonnes femmes persero ognuno una ventina di minuti, e ora appariranno con una struttura drammaturgica inedita. Uno degli scopi più delicati di Bologna è infatti quello di ricordare le strane vite vissute dai film, come dimostra così bene il progetto Italia Taglia (tuttora in corso), ideato da Tatti Sanguinetti. 02/04/03 1 Le immagini di Il bidone ci conducono a quelle di Ginger e Fred, i cui spot inediti verranno proiettati in forma di omaggio a un produttore di molti altri straordinari film: Alberto Grimaldi. Come sappiamo, M. Verdoux è ispirato a un’idea di Orson Welles, nata nel corso di una discussione con Chaplin. La cineteca di Monaco ci incanterà ancora una volta con rarità e frammenti dell’opera di Welles che valgono di più di tutti i successi commerciali delle multisale. Stefan Droessler presenterà materiali di tre lungometraggi che non hanno mai conosciuto una versione finale (The Deep, The Other Side of the Wind, The Merchant of Venice), insieme a estratti della consistente produzione televisiva di Welles. Alcune di queste immagini sono formalmente spoglie e contengono soltanto il volto o la figura di Welles, eppure costituiscono uno straordinario esempio dell’arte dell’essai, dell’avvicinamento all’essenza del cinema puro; oppure ricordano stranamente il precinema o i primi passi del cinema delle origini, o comunque qualsiasi fase di invenzione. La figura di Welles è centrale anche nella sua unica fiction televisiva, un capolavoro intitolato The Fountain of Youth. Anche se non abbiamo presenze come quelle di Valentino, Garbo o Fairbanks di alcuni anni fa, le star illuminano comunque il nostro programma: a parte Chaplin e Welles, mostri sacri, abbiamo Mosjoukine, Vanel, Michel Simon, Severin- Mars, o volti come quelli di Loretta Young, Glenn Ford, Broderick Crawford, Richard Basehart o Bernadette Lafont, che in realtà valgono molto di più di quanto siamo abituati a pensare... e naturalmente Lon Chaney, il campione della sfida fisica della trasformazione, intesa come essenza dell’arte della recitazione. Chaney recitò in circa 140 film (la maggior parte dei quali probabilmente perduti per sempre), tra i quali una parte di quelli diretti da Tod Browning sono i più noti. Noi ci concentreremo su un gruppo essenziale di film di altri registi, che mostrano sia Chaney in veste di «Everyman frammentato e relativistico, prodotto della guerra, dell’esistenzialismo e della fisica moderna» (David Skal), sia «l’amore come vera patologia delle emozioni» (Gaylyn Studlar) in opere che rappresentano il dramma della semplice normalità (Tell It to the Marines, uno dei preferiti di Chaney). Un altro modesto ritratto è il profilo di uno dei registi più trascurati tra quelli di Hollywood nell’epoca degli studios. Rowland V. Lee fu uno dei più notevoli registi della Paramount di Lasky e Schulberg e diresse Pola Negri in quattro film, il migliore dei quali è Barbed Wire (1927), capolavoro del cinema antimilitarista. Nel sonoro la produzione di Lee, pur discontinua, comprende comunque alcune opere notevoli tra cui il celebre e stranissimo Zoo in Budapest (1933) e il meno noto ma splendido I Am Suzanne (1934). Quest’ultimo sarà proiettato nella saletta della Cineteca, così come alcuni altri film che stavano per scomparire dalla faccia della terra e che meritano più di un momento di riflessione, come dimostrano persino modeste copie in 16mm. La saletta della Cineteca ospiterà pure due interessanti sezioni speciali. Una di esse è dedicata ai film di compilazione, genere dal fascino intramontabile e forma alternativa di diffusione del collage (iniziato con Picasso e Braque), trasformatosi in tendenza artistica tra le più importanti del XX secolo e nello stesso tempo in routine televisiva quasi priva di senso. Questo genere, in cui troviamo film celebri accanto ad altri anonimi, possiede i propri maestri e i propri capolavori insieme a un’infinita serie di anonimo ciarpame, del quale quasi sempre ci sorprendono alcuni incredibili e casuali dettagli. Il programma, curato da Sergio Fant, Paolo Simoni e Pauline De Raymond, è costruito intorno alle immagini riciclate relative al primo periodo della storia del cinema, e propone quindi una forma di cinema essenziale, molto vicina all’attività delle cineteche, in quanto molto spesso nasce proprio in stretta collaborazione con gli archivisti. La seconda sezione, composta da sette programmi, è invece curata da Karola Gramann in collaborazione con l’Università di Francoforte; si tratta di un panorama articolato dei recenti sviluppi della produzione in Super 8 in Germania.
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