Università degli Studi di

Facoltà di Ingegneria eArchitettura

A.A.2013-2014

Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura

Teoria e Storia del Restauro

Studenti: Elena GARAU, 39042

Francesca MUSANTI, 39002

Docente prof. arch. Caterina GIANNATTASIO

Tutor: Maria Serena PIRISINO

Palazzo Zapata



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INDICE

INTRODUZIONE Pag.5

1. LO STATO ATTUALE DEI LUOGHI Pag.6

1.1. Su Nuraxi Pag.9

2. Il CONTESTO STORICO-URBANISTICO Pag.11

2.1.I nuraghi Pag.13

3. LA STORIA DELLA FABBRICA Pag.17

3.1. La famiglia Zapata Pag.20

4. LA STORIA DEI RESTAURI

a. I restauri nel corso dei secoli Pag.21 4.1.1 Nuraxi’e Cresia Pag.22 Pag.23 4.1.2 Giovanni Lilliu

b. Il restauro oggetto di studio Pag.25 4.2.1. Pietro Reali Pag.28

5. CONCLUSIONI Pag.32

6. BIBLIOGRAFIA Pag.35

6.1. Bibliografia specifica Pag.35

6.2. Bibliografia di confronto Pag.35 6.3 Sitografia Pag.35 6.4 Immagini Pag.36

7. RILIEVI ED ALLEGATI GRAFICI Pag.37

7.1. Piante, Prospetti e sezioni Pag.37

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INTRODUZIONE

Questo lavoro si pone l’obiettivo di analizzare l’opera di restauro e Il restauro di Reali si preoccupa innanzitutto di consolidare sia la allestimento museale di Palazzo Zapata a , progettata fabbrica cinque-seicentesca che, proprio per via della sua dall’architetto Pietro Reali. particolare fondazione, presentava numerosi cedimenti differenziali alle murature, sia il nuraghe stesso; in secondo luogo mira Trattandosi di un’opera pluristratificata e complessa, fondamentale è soprattutto a creare un tipo di percorso espositivo che permetta la stata la conoscenza storiografica conseguita attraverso una ricerca fruizione simultanea di tutte le fasi storiche del palazzo e in bibliografica e archivistica e un sopralluogo. Abbiamo ritenuto particolar modo del nuraghe. Eliminati i pavimenti, una lunga doveroso compiere degli approfondimenti circa alcuni temi legati alla passerella sospesa da cavi d’acciaio attaccati ai muri della villa, storia della fabbrica come la civiltà dei nuraghi, la storia della funge da ponte dialettico fra le preesistenze nuragiche e quelle della famiglia Zapata, proprietaria della villa, e dei protagonisti del villa cinque-seicentesca, snodandosi fra gli ambienti del palazzo e restauro, Giovanni Lilliu e Pietro Reali. consentendo ai visitatori di poter ammirare contemporaneamente il sito archeologico sottostante, suggestivi scorci dei panorami della L’intervento di Reali si inserisce in un contesto storico-geografico Marmilla e i reperti, provenienti da Su Nuraxi, conservati nelle teche molto legato alla civiltà nuragica: a Barumini si trova infatti il più giustapposte o sospese sopra la passerella. Casa Zapata si importante complesso nuragico della Sardegna, Su Nuraxi, ricollega così all’altra principale attrazione turistica del luogo con cui riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, e Reali stesso si è anche in rapporto di intervisibilità e le due fabbriche, insieme al trova ad operare in presenza di una preesistenza di epoca nuragica. Centro Giovanni Lilliu, poco distante, dominano il panorama Questa ha però la particolarità di trovarsi all’interno del palazzo geografico e culturale di Barumini. cinque-seicentesco dei marchesi Zapata che scelsero di utilizzare il nuraghe stesso come fondazione. Rimasto a lungo nascosto, Nuraxi’ e cresia, così’ denominato per la vicinanza con la Chiesa della Beata Vergine Immacolata, è stato scoperto solo dopo l’abbandono della villa da parte degli Zapata e l’inizio del processo di musealizzazione nel 1990.

Fig.2 : Palazzo Zapata visto da Su Nuraxi

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1. LO STATO ATTUALE DEI LUOGHI

Il paese di Barumini si trova nella regione della Marmilla, alle pendici Tra i siti di maggior rilievo citiamo il Polo Museale “Casa Zapata” e il dell’altopiano della Giara. Per quanto piccolo, si può considerare “Centro di Comunicazione e Promozione del Patrimonio Culturale uno dei maggiori centri della Sardegna per importanza culturale. Giovanni Lilliu”. Insieme, i siti costituiscono delle attrazioni turistiche Come uno scrigno, racchiude gioielli archeologici e architettonici tra i che rendono il centro di Barumini conosciuto in tutto il mondo e quali certamente spicca Su Nuraxi. contribuiscono ad incidere sostanzialmente sull’economia del paese.

Fig.3: mappa dei luoghi d’interesse del comune di Barumini

Polo Museale “Casa Zapata” dovuto tener conto anche della conservazione e fruizione dell’importante documento che il palazzo e il nuraghe sottostante Inaugurato il 29 luglio del 2006, il museo è costituito da tre sezioni: rappresentano. ll corpo architettonico principale ospita la sezione archeologica, etnografica e storica. La particolarità di “Casa Zapata” archeologica e ad esso si addossano gli ambienti di pertinenza consiste nella presenza di un edificio cinque- seicentesco che agricola, che ospitano la sezione etnografica e quella storica. Nella poggia sui ruderi di un nuraghe complesso chiamato “Nuraxi ‘e sezione archeologica del “Polo Museale”, oltre al nuraghe, si Cresia” ; Ciò crea uno spettacolo unico ed un immenso stupore nel possono ammirare le vetrine contenenti i manufatti della civiltà visitatore che rimane affascinato da tale bellezza. In seguito agli nuragica. scavi condotti negli anni ’50 dal prof. Giovanni Lilliu a “Su Nuraxi” a Barumini è sempre rimasto vivo il desiderio di creare un luogo che Sono presenti oltre 180 pezzi, la maggior parte dei quali sono stati potesse ospitare i materiali rinvenuti. “Casa Zapata” doveva quindi restaurati nel laboratorio di restauro di reperti archeologici, aperto a ricoprire la funzione di custodire, far conoscere e valorizzare tali beni Barumini per iniziativa dell’amministrazione comunale. In origine ma, in seguito alla scoperta del Nuraxi’e Cresia, il progetto ha all’interno del “Polo Museale” era presente un percorso didattico 6   Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Ingegneria eArchitettura A.A.2013-2014 Palazzo Zapata

 legato al restauro dei reperti archeologici che a breve verrà Nuraxi” sono gestiti dalla “Fondazione Barumini Sistema Cultura” ripristinato nella struttura. Nella teca della sala d’ingresso del primo dove lavorano ragazzi del posto. Questo è un dato molto piano compaiono dei manufatti ceramici di “Nuraxi‘e Cresia” che significativo per un paese di 1400 abitanti che sta cercando di testimoniano la lunga frequentazione dell’edificio dall’epoca investire le proprie risorse sul suo patrimonio culturale.  nuragica a quella romana ed alto-medievale, fino ad arrivare al periodo giudicale e a quello aragonese. 

Gli altri materiali presenti invece sono stati rinvenuti a “Su Nuraxi” in seguito agli scavi condotti dal prof. Giovanni Lilliu, e dopo essere stati studiati e restaurati sono stati collocati anch’essi a “Casa Zapata”. In un’altra sala del primo piano i materiali sono presentati seguendo un criterio tipologico, mentre nella prima sala del secondo piano le cinque vetrine offrono una sintesi diacronica della storia di “Su Nuraxi” articolata nelle cinque fasi cronologiche identificate dal prof. Giovanni Lilliu. Infine nella seconda e nella terza sala del secondo piano sono riproposti alcuni contesti significativi di capanne del villaggio di “Su Nuraxi”; dalla “curia 80” proviene il modellino di un nuraghe monotorre in calcare. Alle pareti sono posti dei pannelli che offrono un quadro generale delle risorse archeologiche, della civiltà nuragica, presenti in Sardegna e che permettono al visitatore di avere una visione più completa. Fig.4: album di famiglia degli Zapata La sezione storica del “Polo Museale” narra la storia vissuta dalla famiglia Zapata e i suoi rapporti con la popolazione di Barumini. Si deve a Lorenzo Ingarao Zapata di la cospicua documentazione riguardante la parte più antica e rilevante dell’archivio di famiglia, che l’amministrazione di Barumini ha provveduto a digitalizzare. All’interno di questa sezione sono presenti documenti originali, riproduzioni, vecchie fotografe (fig.4) ed oggetti, suddivisi in settori tematici, che fanno riemergere la storia degli esponenti di questo casato fin dai primi anni in cui giunsero in Sardegna. Nei documenti esposti sono presenti notizie relative al cursus honorum dei primi baroni, all’ereditarietà delle cariche, e ai privilegi ad esse connessi, alla vita quotidiana dei baroni a Cagliari e a Barumini, alla comunidad de Barumini, ai suoi rapporti col feudatario e alle controversie dovute all’insostenibile fiscalismo che rendeva molto difficile la misera vita dei contadini e dei pastori. Di  particolare rilievo sono i documenti relativi al momento del riscatto Fig.5: il documento relativo al riscatto del feudo nel 1839 del feudo, avvenuto nel 1839 (fig.5), e quelli riguardanti i ricordi di famiglia degli ultimi baroni Lorenzo e Concettina.

Nella sezione etnografica (fig.6) sono riproposti utensili, molti dei quali utilizzati fino a non molti anni fa, e alcuni impiegati ancora oggi nella vita quotidiana e in quella lavorativa. Sono oggetti prodotti artigianalmente con materiali poveri come il legno, il ferro, la pelle, la stoffa, il giunco, il feno, la terracotta e il vetro. La produzione di tali oggetti richiedeva una manualità tramandata di generazione in generazione che rischia di essere dimenticata, pertanto questa sezione vuole preservare tali saperi almeno in forma di memoria. La sezione etnografca ospita al suo interno uno spazio riservato alle launeddas , tipico strumento musicale sardo realizzato con le canne. 

Dopo un solo anno di apertura “Casa Zapata” è risultato uno dei più visitati della Sardegna, e ciò è una grande fonte d’orgoglio per l’intera popolazione e per l’amministrazione che ha Fig.6: la sezione etnografica del museo fortemente creduto in questo progetto. Il “Polo Museale” e “Su

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Centro culturale Giovanni Lilliu

Il “Centro di Comunicazione e Promozione del Patrimonio Culturale GIOVANNI LILLIU” è un’imponente struttura di concezione moderna realizzata per migliorare i servizi culturali e turistici del territorio (fig.7). Un luogo che si propone di studiare e mettere in atto sistemi e strategie di intervento mirate alla conoscenza e alla divulgazione dei segni straordinari lasciati dall’uomo in queste terre. Un’opera importante e di alto significato che non poteva che essere dedicata a Giovanni Lilliu, figlio prediletto di questa terra, uno dei padri della Sardegna contemporanea. Ed è così che la comunità baruminese vuole manifestare allo studioso, all’uomo, al compaesano, tutta la Fig. 7. Il Centro culturale Giovanni Lilliu gratitudine e la riconoscenza per quanto ha fatto per la crescita e lo sviluppo di questa terra. 

Al suo interno il Centro ospita varie e interessantissime mostre permanenti:

- Mostra fotografica di “Su Nuraxi”, 12 gigantografie dell’area archeologica che costituiscono una personale del fotografo Gianni Alvito, specialista in riprese aeree, doveroso omaggio al grande nuraghe.

- Mostra fotografica degli scavi a “Su Nuraxi”, dedicata agli autori della scoperta, e che narra l’epicità dell’impresa attraverso 12 pannelli sui quali sono stampate le più belle fotografie scattate dall’archeologo Giovanni Lilliu durante gli scavi da lui condotti negli anni ‘40 e 50′ (fig.8).  Fig. 8:uno dei pannelli della mostra fotografica dedicata agli scavia Su - Riproduzione ideale di “Su Nuraxi”, così come doveva apparire nel nuraxi XIV sec a.C. , quando venne edificato il bastione quadrilobato. La ricostruzione in scala 1:10 è opera dell’artista Francesco Argiolu ^`1$8 _8

- “Artigianarte”, mostra-mercato dell’artigianato artistico della Sardegna realizzata con la partecipazione di orefici, ceramisti, sarti, coltellinai, lavoratori di legno, pellame, ferro e sughero, con annesso il “Laboratorio di Ceramica Artistica”, all’interno del quale è possibile ammirare le tecniche del settore e dedicarsi alla realizzazione di manufatti.

- Mostra fotografica “Punti di Vista”, immagini accoppiate sul tema Sardegna-Iran scattate dal fotografo Ivo Pirisi.

Inoltre vengono organizzate varie mostre temporanee a carattere archeologico, storico, artistico, naturalistico e demoetnoantropologico. Fig.9: riproduzione ideale di Su Nuraxi così come doveva apparire nel XIV secolo .

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1.1 Su Nuraxi Il nuraghe, simbolo per eccellenza del paese di Barumini, è visitato Cartaginese. Molti reperti archeologici indicano la presenza Punica ogni anno da migliaia di turisti. Da sempre ha suscitato grandissimo a Su Nuraxi. interesse di studio da parte di archeologi e storici. Scopriamo ora come è nato questo monumento megalitico di pietre basaltiche: le In seguito, i Romani presero possesso del territorio. Durante fasi di costruzione sono risultate ben cinque: quest’ultima fase, il nuraghe era ormai un rudere. I romani lo utilizzavano anche come luogo di sepoltura per i defunti. Le parti La prima, denominata “Fase A”(fig.10), ha avuto origine nel XVI sommatali continuavano a crollare. Il cortile era colmo di detriti. Il secolo a.C ed è terminata nel XIV secolo a.C . villaggio di capanne non esisteva più, era sotterrato quasi Questa prima fase è incentrata sulla costruzione della Torre completamente. Le rovine dei muri venivano utilizzate come basi di Centrale, conosciuta con l'appellativo di Mastio. Era composta da tre costruzione per altre capanne. camere sovrapposte. La camera di base, risultava scorporata rispetto all’asse verticale della torre poiché era preceduta da un Gli scavi per portare alla luce Su Nuraxi, ormai sepolto, iniziarono andito profondo. Era presente una scala che metteva in nella primavera del 1949 e continuarono sino al 1955 con la comunicazione i vari piani. Attualmente la terza camera, quella più in supervisione e l’assidua presenza dell’Archeologo e Professore alto, non esiste più. Giovanni Lilliu.

La seconda Fase, “Fase B”(fig.11), XIV-XII Secolo a.C, riguarda la Numerosi operai parteciparono ai lavori. costruzione del Bastione Turrito Quadrilobato e dell’ Antemurale. La costruzione possedeva una base a pianta quadrangolare, e negli Sei anni di duro lavoro servirono per portare alla luce Su Nuraxi. angoli erano presenti le quattro torri, orientate verso i quattro punti cardinali.  Le quattro torri, dotate di feritoie, erano congiunte da muri Grazie alla maestria di un équipe specializzata, all’abilità e alla rettilinei e possedevano due camere perfettamente sovrapposte. La costanza degli studi messi a punto dal Professor Giovanni Lilliu, al camera di base era dotata di varie file di feritoie. All’interno del lavoro disumano degli operai, costretti a trasportare ingenti carichi di Bastione vi sono tutt’ora un cortile e un pozzo ( il quale terra e mastodontici massi basaltici, oggi tutti noi possiamo rappresentava la riserva idrica dell’intero Villaggio Nuragico). Le ammirare questo imponente monumento (fig.15), e soprattutto mura del Bastione si appoggiavano al Mastio. Questo aveva un’ siamo venuti a conoscenza della storia dei nostri antenati, della vita importanza strategica: fungeva da corpo murario. Il suo compito che ha racchiuso in se questo affascinante e colossale monumento. principale era quello di controbilanciare il peso degli enormi massi impiegati nella costruzione del Bastione. Esternamente, venne Nel giugno del 1997 il Nuraghe è stato insignito dall’Unesco con il innalzato un Antemurale , di cui attualmente si conservano tre torri. Il titolo di Patrimonio dell’Umanità con questa motivazione: suo scopo era quello  di proteggere il Bastione. Nella regione più periferica fu costruito un insediamento di capanne. “I nuraghi della Sardegna- e Su Nuraxi ne è l’esempio più rappresentativo- costituiscono un’eccezionale risposta alle Nella terza fase, “Fase C”(fig.12), XII-X Secolo a.C è stato effettuato specifiche condizioni geografiche, sociali e politiche esistenti un rifascio, un potenziamento murario.Si é ritenuti a pensare che il sull’isola in epoca preistorica. Evidenziano inoltre l’immaginazione potenziamento fosse avvenuto per ragioni militari e difensive. innovatrice della primitive popolazioni sarde in merito all’impiego di materiali e tecniche a disposizione di una comunità insulare La quarta fase, “Fase D”(fig.13), X-VI Secolo a.C, é caratterizzata preistorica.” dalla decadenza e dal crollo delle strutture sommitali del nuraghe. Dal crollo delle macerie nacque un villaggio di capanne. I muretti bassi delle numerose casette e capanne testimoniano tracce di vita quotidiana, legate allo sfruttamento e alla trasformazione dell’agricoltura e dell’allevamento. Vennero costruite le prime abitazioni, senza un preciso ordine. Il tutto creo disordine e ciò contribuì a far assumere al Villaggio Nuragico le sembianze di un intricato labirinto.

La quinta fase, “Fase E”(fig.14) VI-III Secolo a.C ci illustra la fine dell’Età Nuragica. Il declino dell’epoca nuragica era ormai alle porte, ma l’area fu oggetto di interesse di altri popoli che vi si insediarono. Nel VI° Secolo a.C la Sardegna diventò una provincia 9   Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Ingegneria eArchitettura A.A.2013-2014 Palazzo Zapata



Fig.10 : Fase A Fig.13 : Fase D

Fig.14: Fase E Fig.11 : Fase B

Fig.12 : Fase C Fig.15 : Su Nuraxi oggi visto dall’alto 

10  2. IL CONTESTO STORICO-URBANISTICO

Il paese di Barumini è situato nell’unico tratto pianeggiante della Marmilla (fig.16), contornato a nord dall’altopiano della Giara e a sud dal colle di Las Plassas che in cima ospita le rovine del Castello Giudicale; si estende su una superficie di 26,57 Kmq.(fig.17)

Il toponimo « Barumini » è composto dalla radice « bar » che nella lingua sarda significa « cavità », « avvallamento », poichè la maggior parte del sito si estende in basso, e dal suffisso « ùmini », affine a Ladùmini in agro di Serri, che significa luogo spazioso, e Cugùmine di Noracugùmine (cucuzzolo).

La zona di Barumini, nell’era Miocenica (da 26 a 7 milioni di anni fa), era un unico espandimento basaltico che univa il Monte Arci ad altri rilievi. Nel corso dei millenni, l’erosione dei corsi d’acqua ha formato delle ampie vallate e nella successiva era Pliocenica (da 7 a 1 milioni di anni fa), le manifestazioni vulcaniche hanno modellato i tipici altipiani chiamate Giare che raggiungono anche i 662 metri (come appunto la Giara di ).

Si suppone che il paese fosse abitato fin dal Neolitico, poi in epoca punica, nuragica e romana (dal 6000 a.C.al III sec d.C.), come testimoniano i siti archeologici in cui è stata ritrovata la cultura Fig.16: posizione della Marmilla e di Barumini in Sardegna materiale di queste epoche. Dall’epoca Neolitica all’età Nuragica sono, infatti, 31 i luoghi abitati più o meno estesi ; mentre sono 5 i resti dell’età punica e 35 mostrano i segni della presenza romana- altomedievale.

La densità abitativa del territorio di Barumini, era probabilmente favorita dalla presenza di rius, mitzas (fonti, torrentelli, sorgenti d’acqua dura, ma per i popoli di allora, potabile. Primi fra tutti il Riu Mannu, Murera, Mitza Pòddini, Pizzirillu, e altri ancora, che nelle stagioni piovose andavano ad ingrossare il Riu Pidòngia adiacente al primo aggregato nuragico. Questo territorio però fu scelto anche per la presenza di terreni adatti alle colture cerealicole e al pascolo brado, che erano le forme di economia tradizionale fin dall’antichità.

Numerosi sono i ritrovamenti di frammenti di ossidiana appartenenti all’era Neolitica . L’ossidiana era appunto l’oro nero di quell’epoca, estratta dalle cave del Monte Arci, ricco di questo minerale, per fabbricare armi, coltelli e utensili che, oltre all’utilizzo per il proprio fabbisogno, erano esportati fino alla Francia Meridionale.

Nei pressi della chiesetta campestre di Santu Luxori è stata cultura di Monte Claro rinvenuta una tomba, riferibile alla (2400- 1800 a.C.). Fig.17 : le rovine del castello giudicale di Las Plassas Il maggior numero di ritrovamenti archeologici riferibili alla civiltà nuragica presente nel territorio è riconducibile all’età del Bronzo

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 antico e a quella del Ferro (1800- VI secolo a.C.). Sono, infatti, 27 i ottenne l’investitura del feudo che rimase in possesso della famiglia nuraghi di forma semplice o complessa, in pietra basaltica o in Zapata sino al 1839 quando, in seguito alle disposizioni sul riscatto marna calcarea, dei quali molti sono allineati sul costone della dei feudi, il territorio fu restituito al demanio regio. Giara, altri dominano le colline o si affacciano sulle valli fluviali. Dalla fine del XVI secolo in poi, cominciano alcuni episodi edilizi di Il nuraghe monotorre di Marfudi ci può aiutare a comprendere le fasi urbanizzazione del paese. L’abitato si estendeva maggiormente storiche che si sono susseguite. Infatti, sono stati rinvenuti due strati nella zona di S’Anziana a nord, formando una pianta grosso modo archeologici sovrapposti : uno superiore di epoca romana e uno angolare sino alla piazza Sa Gruxi (Santa Croce) a sud. Il torrente sottostante dell’età del Bronzo e cioè nuragica. Questo vuole Riu Pidòngia (poi incanalato e coperto nella bonifica realizzata nel dimostrare come le popolazioni romaniche, abbiano sfruttato e 1925) divideva il paese in due parti, articolate in diversi bixinaus riadattato alle loro esigenze le costruzioni in pietra, aggiungendo poi (vicinati) : Pillosa, Mazziottu, Sa Gruxi, Santu Nigola etc. nuovi edifici nelle immediate vicinanze degli stessi nuraghi. All’interno vi erano piccoli spazi d’incontro, pozzi pubblici per il Rispetto alle tracce preistoriche, sono pochissime le tracce della bestiame, e vari servizi collettivi. Il primo nucleo, quello storico, civiltà Cartaginese , risalenti al IV secolo a.C., trovate a Su Nuraxi, stava tra la chiesa duecentesca di San Giovanni, quella Pranu Guventu, Is Bangius e Bramacusa. Sono venute invece alla cinquecentesca di Santa Lucia, della Parrocchia e il palazzo dei luce testimonianze dell’epoca romana in ben 37 località. Essendo la Marchesi Zapata. In periferia del centro abitato, stava la principale zona della Marmilla un « granaio » dei romani, questi privilegiavano strada esterna Sa bia ‘e Casteddu , che arrivava da sud lungo la le zone collinari, ma abitavano anche in quelle basse e paludose, valle del Riu Mannu da Las Plassas, fiancheggiava la chiesa di San che bonificavano dall’acqua ristagnante rendendole fertili, per Nicola, e si divaricava a Santa Chiara in direzione nord: verso destinare poi alla coltivazione del frumento, che il dominio romano Gesturi per Mitza Lèpuris e verso passando vicino all’importante esigeva da questa ricca area. complesso chiesastico di San Lussorio e proseguendo il cammino verso gli orti di Gesturi. All’ingresso di Barumini, provenendo da Sa Nel IX secolo, parte degli abitanti di Valenza si sarebbero trasferiti a bia ‘e Casteddu, poco distante dalla croce stradale Sa Gruxi , Barumini, dove avrebbero fondato una loro chiesa, anche se non si iniziava il tratto di strada per , che serviva il Convento con hanno elementi di fondatezza. Nel XII secolo i frati tornitori posero chiesa di SS. Trinità, superando il Riu Mannu in località Ponti, nome un eremo presso la chiesa di SS. Trinità in località Ponti, e derivato dal ponte spagnolo, ma probabilmente più antico. All’interno l’abbandonarono nel secolo successivo. dell’abitato vi era il tipico paese medioevale, con strade strette (strintus ) a incrocio, che costeggiavano le modestissime case di Nel secolo XI al sorgere dei Giudicati, Barumini appartenne al abitazione con contorni prevalentemente curvilinei. Case tardo Giudicato di Arborea ; nello stesso periodo fu costruito il castello di cinquecentesche e seicentesche in numero maggiore, sono Marmilla, poi detto di Las Plassas (fig.18). La curatoria di riconoscibili per lo stile ancora tardogotico popolaresco delle porte, appartenenza era e rimase sino ai tempi feudali quella di Marmilla di finestre, supporti litici e coperture lignee dei loggiati, situate nel cui Barumini fu il capoluogo. centro storico ma anche oltre il torrente in zona S’Anziana.

Il 29 marzo del 1410, con la capitolazione dell’ultimo giudice Con regio decreto n.18 del 5 gennaio 1928 a Barumini fu aggregato d’Arborea, Barumini e le altre « ville » dell’esteso giudicato, il soppresso comune di Las Plassas, che divenne nuovamente passarono al Marchesato di Oristano. Nel 1420 Barumini diventò, autonomo con decreto legge n.497 del 22 novembre 1946.  con Las Plassas e , capitale del feudo concesso da Alfonso V, re d’Aragona, a Guglielmo Raimondo di Montecatena ; il  figlio Lorenzo, alla morte del padre, vendette la Baronia a Pietro di Besalù. La famiglia Besalù fu uno di quei casati che appoggiò la  rivolta del Marchese Alagòn contro il vicerè aragonese Carroz e che proprio per ciò, con la sconfitta dell’Alagòn, si vide confiscare gran  parte dei propri beni. Ai Besalù rimase solo la baronia di Las Plassas che mantennero, nonostante l’aggravarsi delle loro condizioni finanziarie, sino al 1539 quando il feudo tornò a far parte  del patrimonio regio per l’estinzione della famiglia Besalù. Fu subito acquistato da Pietro Roccaberti per un credito che vantava con la  Corona. Il 6 Maggio del 1541 gli eredi di Pietro Roccaberti, col beneplacito, l’assenso e il consenso del re spagnolo Carlo V, con un  contratto stipulato a Barcellona, vendettero la Baronia con le ville di Barumini, Las Plassas e Villanovafranca a don Azor Zapata, alcaide  del Castello e della città di Cagliari, appartenente ad un’illustre famiglia di origini aragonesi. Azor Zapata il 4 gennaio 1564

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 2.1 I nuraghi

Alla metà del secolo XVI Sigismondo Arquer, in « Sardiniae brevis historia et descriptio, tabula chorographica insulae ac metropolis illustrata» (Cosmographia Universalis di S. Munster),tra le curiosità della Sardegna, descrive, per primi i nuraghi. Antichissime rovine – egli dice- costruite a somiglianza di torri rotonde, ristrette in alto, fatte di grossissimi sassi, presentano porte strettissime e, dentro lo spessore del muro, scale che portano alla sommità. Le rovine che gli abitanti dell'isola chiamano nuraghos, a forma di fortezza sono forse resti delle opere di Norax, il dux venuto in Sardegna con gli Iberi- Hispani, fondatori della città di Nora. Per molto tempo gli studiosi hanno faticato a capire cosa fossero queste grandi costruzioni di pietre sovrapposte senza alcun legamento, avanzando tre ipotesi: che fossero templi, fortezze o tombe. Solo in un secondo tempo capirono che i nuraghi erano abitazioni fortificate, circondate in alcuni casi da villaggi composti di capanne circolari con base e muri di pietra, tetto di frasche e un’apertura come ingresso.

Tra i più noti vi sono Su Nuraxi, Marfudi, Massetti, Pranu Amis, Calafrau, situati ai piedi della Giara ; Nuraxi’e Cresia, San Nicola, Santa Vittoria e Palla ‘e sa furca situati sulle colline circostanti ; Brunncu sa Giustizia, Urru, Bruncu Cuaddus, Perdedu sulla valle fluviale del Riu Mannu ; Ziu Cristianu, Surdelli, Riu Colori e Casu Eroni oltre il fiume. Come si nota, tante costruzioni vicine tra loro, stanno ad indicare che gli edifici nuragici controllavano il territorio e l’economia rurale si basava sui prodotti della terra e sui pascoli. La maggior parte dei nuraghi è molto rovinata dal tempo e dalle intemperie, e di loro rimangono solo i tratti di fondamenta murarie.

Struttura (fig.18)

Questi imponenti edifici di architettura costituiscono un segno rilevante della primitiva storia non documentale dei Sardi, detta Nuragica, e assumono un posto fondamentale nel paesaggio geografico della Sardegna. La forma base del Nuraghe è quella di un tronco di cono sormontato da un terrazzo con un ballatoio a Fig.18 : struttura dei nuraghi sbalzo. La torre è realizzata con massi di dimensioni variabili, collocati a secco (senza uso di leganti) e disposti in filari più o meno regolari. Le pietre possono essere utilizzate allo stato naturale o lavorate con maggiore o minor cura per facilitarne la posa in opera; generalmente i conci lavorati in maniera più attenta si trovano nelle parti superiori. Il coronamento non si è conservato a causa dell’utilizzo del legno per la costruzione del ballatoio ma è documentato dal reperimento di mensole in pietra (fig.19), trovate in qualche caso ancora al loro posto, ma più spesso tra il materiale di crollo. Fondamentale per la ricostruzione delle parti sommitali delle torri, è stato il rinvenimento di “modelli di nuraghe”, riproduzioni in miniatura, in pietra ma talvolta anche in argilla e in bronzo, di torri semplici o strutture complesse che riproducono gli edifici nella loro interezza. Da essi si può notare come il ballatoio sporgente dalla muratura andasse a recuperare la verticale sulla base della torre. All’interno dei nuraghi si trova una camera o cella circolare coperta da una falsa volta, la tholos, ottenuta con l’aggetto delle pareti e con la sovrapposizione di filari di pietre che si vanno man mano Fig.19: le mensole in pietra reperite a Su Nuraxi restringendo. Alla sala interna vi si entrava dall'esterno attraverso un

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 ingresso generalmente trapezoidale che dava ad un corridoio (detto andito d'ingresso), talvolta strombato verso l'interno. Nella maggior parte dei casi, all’interno della cella, l'ambiente si può complicare e ampliare molto spesso a livello del pavimento con nicchie (da una a quattro; negli esempi più classici tre messe a croce). Spesso sul lato destro dell'andito d'ingresso è presente una nicchia (la "garetta di guardia"). Questo termine, peraltro improprio, è collegato all’ipotesi di un soldato che svolge funzioni stabili di controllo dell’accesso, accentuando la sola funzione difensiva del nuraghe, mentre si ritiene che esso assommasse in sé più funzioni. I nuraghi possono essere anche edifici a più piani e il collegamento fra i vari livelli e il terrazzo è ottenuto tramite delle scale ricavate nello spessore delle murature. In molti nuraghi, probabilmente i più antichi, la scala ha origine all’interno della camera ma a una certa altezza dal suolo, motivo per cui si pensa all’utilizzo di scale retrattili in materiale deperibile necessarie per raggiungere il vano scala. Quando esistono piani superiori, questi prendono luce da un finestrone oppure da altre piccolo aperture, definite “feritoie”, di forma quadrangolare, ricavate nella muratura distanziando due pietre poste sullo stesso filare. La costruzione delle torri semplici e complesse è determinata in gran parte dalle condizioni del territorio sardo(fig.20) Il nuraghe si trova a tutte le quote altimetriche ed in ogni situazione orografica (sulle vette, a mezza costa, in pianura ed in fondo alle valli), ma il 53,7% occupa altitudini tra i 250 e i 500 metri, in zone essenzialmente di collina. Lungo le coste, per una fascia profonda 10 km, la densità è di un nuraghe ogni 11,44 kmq, inferiore alla media, ma più del doppio in corrispondenza agli approdi naturali (1 ogni 4,79 kmq). Mentre le percentuali di densità sono nettamente minori fra il 100 e sopra i 1000 metri d'altitudine. Legati, nella distribuzione e densità come per l'origine, con fatti d'ordine fisico (geologici, morfologici, altimetrici), i nuraghi sono in rapporto con le condizioni idrologiche e climatiche del suolo sardo: il 51,1% dei nuraghi dista meno di 250 metri dal corso d'acqua più vicino, ma solo il 7,2% si trova a una distanza inferiore ai 50 metri. Queste costruzioni sono generalmente al riparo dal vento dominante (maestrale); più dei 2/3 hanno l'ingresso volto a S-SE, meno di 1/3 a SW, rarissimi sono i nuraghi orientati a N e NW. (fig.21)

Costruzione

Ai nuraghi sono attribuite varie versioni su quale sia stata la funzione originaria: tombe, abitazioni, fortezze o templi. Purtroppo ancora oggi non si è in grado di sapere quale fosse realmente la loro destinazione originaria. I nuraghi sono suddivisi in 3 grandi tipologie: nuraghi a "corridoio", nuraghi "monotorre" e nuraghi Fig.20 : cartina di densità dei nuraghi "complessi" (questa a sua volta si divide in altre sotto categorie). Le diverse entità, strutture e ambienti dell'isola hanno influito non solo sui nuraghi appartenenti alla medesima area culturale, ma soprattutto fra nuraghi di regioni diverse dell'isola come il nord, il centro e il sud. Nonostante vi sia un denominatore stilistico comune, le differenze fra i vari edifici sono molte e riguardano in modo particolare la planimetria, l'alzato e il tipo di lavorazione dei conci con cui questi sono realizzati. Per quanto riguarda i rapporti dimensionali tra le varie parti, dall' analisi è emerso che esistono

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 delle misure ricorrenti; questo permette d'immaginare una società ben più evoluta di quanto finora si fosse creduto. Anche su come questi venissero costruiti, vi sono varie teorie, sostenute da diversi studiosi, e queste vanno dalla tesi del Lilliu (la più antica) secondo cui si ponevano le pietre utilizzando un piano di terra inclinato, fino a quella più recente di Laner (fig.22) che vede la messa in opera delle pietre utilizzando una rampa interna al nuraghe stesso. Generalmente sono realizzati con materiali reperiti nel luogo in cui questi si trovano, la maggioranza sono in pietre di basalto, trachite o calcare.

L' elemento costruttivo della tholos è da considerarsi un cuneo. Ogni filare è costituito da un anello di pietre, che tende a spingere verso l' estradosso, quello sottostante a causa del peso che lo sovrasta. I blocchi che formano il filare tendono quindi a slittare verso l' esterno generando una forza. A tale forza si contrappone l' attrito radente esistente fra blocco e blocco. E' proprio per la presenza di questo attrito che viene assicurata la stabilità della struttura.

“La tholos è costruita e chiusa per prima, in quanto l rampa, che Fig.21 : l’orientamento dei nuraghi rimane esterna alla tholos, deve essere libera, sia perché è “strada” di trasporto, si aperchè è base per la posa dei conci dela tholos. La chiusura della rampa ascensoniale, che ha già una parete aggettante (quella esterna della cupola) avverrà conseguentemente e contestualemente alla costruzione del paramento esterno. Le pietre per la prosecuzione della costruzione, verranno trasportate passando nalla rampa che progressivamente si chiude; essa è sufficientemente larga1 per il passaggio dei massi, sia sollevati con barelle, sia trascinati.”

Cronologia

Caduta l’idea del “blocco” e la mitologia cronologica, il mondo dei nuraghi, secondo gli attuali studi, si presenta come un insiemediversificato, dinamico, articolato nello spazio e nel tempo, con una vicenda storica lunga e peculiare, peraltro non astratta dalle cose esterne. Vi si riconoscono, per singoli periodi, caratteri e modi di pensare e di vivere differenti, dovuti a contributi personali delle comunità, a inclinazioni e a comportamenti dell’epoca, anche a contatti o apporti etnici di fuori. Mille e trecento anni di storia nuragica (dal 1800 al 500 a.C., senza contare gli strascichi) recano in se stessi dimensioni tali da moltiplicare eventi e rivolgimenti, rispecchiati, d’altra parte, dalle forme visibili giunte sino a noi (monumenti e avanzi di cultura materiale). Appunto individuando lo stile diverso dei monumenti e il variare dei materiali (“spie” di cangianti modi di produzione degli uomini di allora), l’archeologo Giovanni Lilliu ha identificato e proposto cinque



  `:JHQ :JV`5 Accabadora. Tecnologia delle costruzioni nuragiche , ed. Fig22 : schizzi delle fasi costruttive del nuraghe Franco Angeli, Milano, 1999

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 fasi attraverso le quali è passato lo svolgimento, sempre progressivo, della civiltà dei Protosardi. Gli stessi dati archeologici e quelli provenienti dalla misurazione di radioattività di sostanze organiche rinvenute negli scavi (prova del carbonio 14) offrono il supporto per definire, con una certa approssimazione al vero, i limiti cronologici di ciascuna fase.

Ecco le cinque tappe nuragiche, con il riferimento alle tradizionali età della preistoria, e i termini di tempo:

R Fase I: 1800-1500 a.C. (Bronzo antico);

R Fase II: 1500-1200 a.C. (Bronzo medio);

R Fase III: 1200-900 a.C. (Bronzo recente e finale);

R Fase IV: 900-500 a.C. (Ferro antico);

R Fase V: 500-238 a.C. (Ferro recente).

I 600 anni delle fasi I-II vedono lo sviluppo della cultura cosiddetta di Bonnànnaro e il suo passaggio alla facies Subbonnànnaro. Nei 300 della fase III fiorisce la “bella età dei nuraghi”. La stagione delle aristocrazie occupa i quattro secoli della fase IV. Infine, la fase V corrisponde a tempi nuragici di pura sopravvivenza e di resistenza conservativa nelle zone interne e libere, mentre in quelle conquistate dall’imperialismo cartaginese la civiltà nuragica appare completamente deculturata. 



Fig.23: interno di una delle torri di Su Nuraxi Fig.24: metodo costruttivo dei nuraghi



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3. LA STORIA DELLA FABBRICA

Casa Zapata viene fatta costruire a Barumini tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo come residenza estiva della famiglia Zapata. Gli Zapata (o Capata) erano un’ illustre famiglia di origine aragonese trasferitasi in Sardegna nel XV secolo. Il palazzo è degno di nota per essere uno dei più precoci e rari esempi di architettura civile ispirata a stilemi rinascimentali in provincia e ricalca in parte il palazzo di città degli Zapata in via dei Genovesi a Cagliari. La parte più significativa è il prospetto principale (fig. 25) « scandito nei due livelli dai partiti architettonici delle aperture ispirate a forme classiciste. Una scalinata conduce al piano nobile ; il portale (fig.26 ) è in trachite verdastra con stipiti modanati, lisce colonne aggettanti per tre quarti con basamento a duplice toro, capitello a canestro con stilizzazioni2 fitomorfe (fig.27), liscia piattabanda e timpano triangolare » al cui interno trova posto lo stemma della famiglia Zapata ( 3 o 5 stivaletti a scacchi dorati e neri)(fig.28). Le finestre poggiano invece su mensole modanate impostate su peducci arrotondati (fig.29). Nonostante l’impostazione Fig.25 il prospetto principale classicista, già in queste decorazioni si rileva un recupero anche di espressioni tratte dal formulario medievale (nelle mensole romaniche, nei capitelli a forma di canestro, nell’esilità delle colonne). E’ soprattutto la mancanza di simmetria nel prospetto (fig.30) che denota però come l’assimilazione delle istanze formali rinascimentali non sia del tutto completa, impressione confermata anche dalla durezza e dall’approssimazione nel taglio delle pietre ancora legato a schemi arcaicizzanti. Innanzi a casa Zapata, separata solo dal giardino privato della villa, si trova la Parrocchia della Beata Vergine Immacolata di forma tardo gotica semplificata (fig.31). Proprio per la vicinanza con la chiesa, il complesso nuragico utilizzato come fondamenta del palazzo cinque- seicentesco, è stato denominato da Giovanni Lilliu “Nuraxi’ e Cresia”. Le murature del palazzo, realizzate in scagliame di pietrame e fango, poggiano infatti su una massa indistinta di pietre e terra vegetale, condizione che ha causato nel tempo numerosi cedimenti differenziali alle murature.

Già nel corso del ‘600 la villa subisce una prima trasformazione consistente nella costruzione sul lato sinistro del cosiddetto “quarto aggiunto” che rende cieco il quarto finestrone del prospetto. Quest’aggiunta è chiaramente riconoscibile dal diverso stile del prospetto ovest suddiviso in un parte più antica con muratura a viste e la parte più recente intonacata (fig.32).

Agli inizi del ‘900 al grande giardino vengono affiancati due corpi murari di pertinenza agricola utilizzati come magazzini, stalle e casa Fig.26 Il portale   F. Segni Pulvirenti, A. Sari 5 Architettura tardogotica e d’influsso rinascimentale, Nuoro 1994, Ilisso edizioni (Storia dell’arte in Sardegna) , p.283 17   Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Ingegneria eArchitettura A.A.2013-2014 Palazzo Zapata

 del fattore che si affacciano su una grande corte che permetteva il libero movimento di uomini, merci e animali.

Alla morte dell’ultima erede degli Zapata, Donna Concetta Ingarao Zapata, avvenuta negli anni ’80, ed un successivo periodo di totale abbandono durante il quale la maggior parte degli arredi di pregio vengono trasferiti nel palazzo di Cagliari (fig.33) e altri fanno la fortuna di rigattieri e collezionisti, il palazzo nel 1987 è acquisito dal Comune di Barumini con l’intento di esporre al suo interno i numerosi reperti provenienti dal sito archeologico di Su Nuraxi . Dopo alterne vicende dovute alla scoperta all’interno del palazzo del complesso nuragico denominato “Nuraxi’e cresia” , oggi Palazzo Zapata ospita la sezione archeologica del polo museale mentre quella storico-archivistica, con numerosi documenti provenienti dall’Archivio del Comune e da quello della famiglia Zapata, e quella etnografica, con annesso il Museo regionale delle launeddas , trovano posto negli stabili agricoli adiacenti. ^`1$8_ Fig.29 la finestra impostata sulla mensola modanata

Fig.30 L’irregolarità del prospetto Fig.27 Il capitello a canestro con stilizzazzioni fitoformi

Fig.31. La parrocchia della Beata Vergine Immacolata Fig.28 Lo stemma degli Zapata

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Fig.32 Il prospetto ovest con il quarto aggiunto

Fig.34: la planimetria di Casa Zapata con gli edifici agricoli annessi ospitanti oggi la sezione etnografica e storico-archivistica del museo.

Fig.33: il portale di Palazzo Brondo- Zapata in via dei Genovesi Fig.35: planimetria con le varie fasi costruttive della villa

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 3.1 La famiglia Zapata La famiglia Zapata era un’illustre famiglia di origine aragonese il cui capostipite viene identificato in Garcia Zapata che nel 1216 ricoprì la carica di alcaide della città di Calahorra. In un manoscritto anonimo della seconda metà del Settecento, pubblicato da Francesco Loddo Canepa, si dice che “ la famiglia degli Zapata era una delle più illustri e titolate in Aragona e Valenza, i suoi membri ebbero il titolo di cavalieri e grandi elettori.. Giunsero in Sardegna al tempo della sua conquista a seguito dei re d’Aragona.”

Un ramo della famiglia, cappeggiato da Alberto e Diego Zapata, venne infatti in Sardegna a seguito dell’Infante Alfonso nel 1323 aiutandolo a sconfiggere i Pisani e a realizzare il “Regno di Sardegna e Corsica”. I membri della famiglia risiedevano al Castello di Cagliari dove ricoprirono importanti uffici (Azore Zapata nel 1481 ricopriva la carica di veguer o vicario), partecipavano ai parlamenti nel Braccio Militare e soprattutto ebbero la concessione dell’ufficio di alcade del castello di Cagliari, trasmissibile per via ereditaria (l’alcade era il comandante delle guardie del Castello e custode delle chiavi che ne chiudevano le porte).

I nipoti del sopra citato Azore Zapata, il canonico Gerolamo Zapata e Azore Zapata, furono tra i protagonisti delle torbide vicende della prima metà del Cinquecento. I due si legarono infatti alla consorteria degli Aymerich nell’ambito della contrapposizione fra i funzionari regi, che perseguivano una politica di accentramento e legalità, e i nobili feudatari sardo-catalani che cercavano di mantenere una certa libertà d’azione soprattutto in campo commerciale. Tale lotta culminò con la messa al rogo di Sigismondo Arquer, avvocato Fiscale che aveva fatto arrestare sia salvatore Aymerich che Azor Zapata, portato da questi davanti al tribunale dell’Inquisizione con l’accusa di diffondere le idee luterane. Azore Zapata in particolare era un losco individuo (secondo alcuni avvelenò addirittura il Fig.36 : Gli Zapata e le altre nobili famiglie in Sardegna maestro razionale Francesco Rem)che ricoprì numerose cariche fra cui quella di alcade del castello di Cagliari dal 1529 e quella di Procuratore Reale che gli permise di trarre grossi vantaggi per sé e per i suoi amici manipolando e falsificando documenti statali. Grazie a questi remunerativi incarichi e allo spregiudicato uso che ne faceva, Azore accumulò un ingente patrimonio che gli permise di acquistare la baronia di Las Plassas nel 1541. La sua carriera continuò ancora brillantemente tanto che 1566 ottenne il riconoscimento della nobiltà.

Morto Azore, il figlio Francesco ereditò il feudo di Las plassas e fece realizzare a proprie spese 4 campane per la chiesa del villaggio di cui oggi rimane solo una con l’incisione recante data di realizzazione (1583) e nome del finanziatore. Fu probabilmente lui il anche committente del palazzo Zapata posto in cima a via dei Genovesi a Cagliari.

Non avendo Francesco eredi maschi, alla sua morte fu la figlia Eleonora Zapata insieme al marito Giuseppe, conte di Boreyas a governare la baronia di Las Plassas ed è a loro che si deve l’inizio dei lavori per la realizzazione del palazzo baronale a Barumini, completato dal loro figlio ed erede Francesco. Fig.37 lo stemma della famiglia Zapata

20  4. I RESTAURI

4.1. I restauri nel corso dei secoli

Sul finire dell’Ottocento la marchesa Donna Concetta fa eseguire alcuni interventi di ristrutturazione consistenti nel rifacimento di tetti (fig.38) e intonaci, nel riposizionamento di pianelle etc. etc.

Don Lorenzo, suo marito, è invece il promotore della costruzione, sul retro, di uno scenografico belvedere a porticato rimasto purtroppo incompiuto (fig.39). Tre anni dopo l’acquisizione del palazzo (1987), il comune di Barumini fa partire il processo di musealizzazione. Iniziano nel 1990 i lavori di recupero strutturale che però si interrompono subito perché, tolte le pavimentazioni originarie, compaiono alla base dei muri portanti, tratti di muri megalitici appartenenti inconfondibilmente ad un imponente3 complesso nuragico sottostante di cui prima Giovanni Spano e poi Giovanni Lilliu avevano, prima dell’inizio degli scavi, segnalato la presenza: nei pressi « de su palazzu e’su marchesu, gli antichi stabilirono un nuragheB e un piccolo gruppo di capanne intorno ». Lo stesso Giovanni Lilliu stesso lo ribattezza Nuraxi’e Cresia per la vicinanza con la Chiesa della Vergine Immacolata. 

Si susseguono numerose campagne di scavo che riportano alla luce Fig.38:il tetto restaurato sul finire dell’Ottocento all’interno della casa il mastio (fig.40) e la torre est e all’esterno, nel giardino, le torri sud e ovest, il doppio antemurale e il villaggio  precedenttemente nascosti perchè coperti da terra. (figg.41-42)

Ancor prima che iniziasse la campagna di scavi archeologici, erano evidenti segnali di dissesto dovuti ai numerosi cedimenti differenziali delle murature del palazzo fondate su una massa indistinta di pietre e terra vegetale. E’ stata quindi progettata un’importante opera di consolidamento mediante iniezione a pressione di malte cementizie additivate di resine e ammorsatura dei collegamenti tra muro e muro che, nella maggior parte dei casi, erano sconnessi.





Fig.39 Lo scenografico belvedere 

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 4.1.1 Nuraxi’e cresia

Su Nuraxi ‘e Cresia” (fig.1) è un nuraghe complesso trilobato, costituito da una torre centrale, chiamata “mastio”, attorno alla quale si dispongono tre torri perimetrali raccordate da cortine murarie rettilinee. Per la sua costruzione vennero impiegati blocchi poligonali, in marna locale, di grandi dimensioni, disposti secondo filari orizzontalii; in maniera sporadica compare però anche la presenza del basalto, una pietra vulcanica più dura, proveniente dalle pendici dell’altopiano della Giara e utilizzata per la costruzione di “Su Nuraxi” di Barumini che quindi è probabilmente più tardo rispetto al Nuraxi’ e Cresia .

Il complesso nuragico presenta la particolarità di essere dotato di 2 cortili, uno interno al bastione trilobato e uno esterno collegato al Fig. 40 il mastio centrale del Nuraxi’ e Cresia primo mediante un ingresso architravato posto nella cortina muraria di Sud-Est. Nel cortile interno è presente un pozzo a canna cilindrica, scavato interamente nella roccia viva, foderato in muratura nella parte superiore, ancora parzialmente ricolmo di detriti. All’esterno, nel giardino, è possibile osservare invece i resti di una cinta muraria megalitica che in origine proteggeva il nuraghe, mentre numerose sono le tracce di un vasto insediamento abitativo esteso su tutto il pianoro, fino ad investire il sagrato e probabilmente la stessa Parrocchiale. Gli scavi archeologici compiuti a partire dal 2005 proprio nel cortile esterno hanno permesso di mettere in luce la pavimentazione originaria della struttura, costituita da un lastricato che sappiamo essere risalente al Bronzo Recente grazie ai materiali ivi ritrovati. Gli scavi effettuati all’interno di Casa Zapata e sul fianco meridionale mettono, inoltre, in luce la presenza del doppio antemurale e della struttura insediativa di villaggio. Attualmente gli  scavi sono arrivati solo ad una determinata profondità non scoprendo completamente le strutture. Si possono solo ipotizzare le tappe dell’articolazione cronologica del monumento: ad un primo momento si colloca la costruzione del mastio; ad una seconda fase quella delle torri Sud ed Est e della cortina di raccordo; infine, ad una terza fase quella della torre di perimetro Ovest, proprio perché edificata in basalto e, quindi, con un palese cambio di materiale costruttivo. Il deposito archeologico di Su Nuraxi ‘e Cresia restituisce un orizzonte e una stratificazione culturale che va dal periodo nuragico (a partire dal Bronzo Recente 1300 a.C., e dal Bronzo Finale 1100-800 sec. a.C.) fino al periodo romano (tardo- repubblicano e tardo-imperiale) e altomedievale; superato l’evo antico Su Nuraxi ‘e Cresia registra una frequentazione in età giudicale, fino ad arrivare alla costruzione del palazzo Zapata. Lo scavo archeologico ha inoltre evidenziato in maniera chiara e inequivocabile la sovrapposizione strutturale dei muri del palazzo a quelli megalitici del nuraghe, indicando in tal modo la manifesta volontà delle maestranze di utilizzare le antiche strutture murarie quale fondazione al nuovo edificio. Il dato consente inoltre di apprezzare il fatto che Su Nuraxi’e Cresia, per quanto abbondantemente svettato, fosse comunque apprezzabile negli  elevati, tanto da poter determinare la condizione di sito rialzato e dominante rispetto al territorio circostante, condizione necessaria Figg.41-42: resti del nuraghe all’esterno della villa per rispondere al bisogno di visibilità richiesta dal feudatario. Ciò ci fa riflettere sulla diversa concezione della storia che si aveva in passato, alameno sino a fine ‘700- inizi ‘800: il passato era visto non come qualcosa di concluso e da preservare in quanto testimonianza 22   Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Ingegneria eArchitettura A.A.2013-2014 Palazzo Zapata

 di un’epoca che non c’è più, ma in continuità con il presente proprio 4.1.2 Giovanni Lilliu come le murature megalitiche e quelle rinascimentali del palazzo. Purtroppo non abbiamo documentazione del progetto originale degli Zapata che, secondo alcuni, è andata perduta nell’incendio di inizio ‘900, secondo altri occultata dalla stessa famiglia. Altrettanto difficile è sapere se la consapevolezza di avere un nuraghe sotto la propria residenza sia stata tramandata di generazione in generazione e se gli ultimi eredi ne fossero o meno a conoscenza.

Fig.45: Giovanni Lilliu in una gigantografia esposta al centro culturale Giovanni Lilliu

“Giovanni Lilliu è nato a Barumini (Cagliari) il 13 marzo 1914 da Giuseppe e da Anastasia Frailis. Dopo le prime due classi elementari nel villaggio natale ha frequentato le tre restanti e i cinque anni del ginnasio nel Collegio Salesiano di Lanusei (Nuoro). Ha compiuto gli studi liceali a Frascati nel Collegio “Villa Sora”, sempre dei Salesiani. Si è iscritto poi nella Facoltà di Lettere e

Filosofia dell’Università di Roma, frequentando il corso di Lettere Fig.43 Pianta del Nuraxi’ e Cresia sotto Palazzo Zapata Classiche e approfondendo gli studi archeologici e paletnologici. Si è laureato il 9 luglio 1938 discutendo – col professor Ugo Rellini – una tesi sulla religione primitiva in Sardegna. Nella stessa Facoltà ha frequentato per tre anni la Scuola di specializzazione in Archeologia, superando l’esame di diploma il 22 febbraio 1942 con una tesi sulle stele puniche di Sulci discussa col professor Giulio Quirino Giglioli. Sino al dicembre 1943 è stato assistente volontario alla cattedra di Paletnologia dell’Ateneo romano. Nel 1942 ha vinto una borsa di studio per frequentare un corso di perfezionamento in Preistoria e Paletnologia a Vienna, alla scuola del professor Oswald Menghin; borsa non goduta a causa di una malattia. Rientrato in Sardegna, dal 1 febbraio 1943 è chiamato ad insegnare Paletnologia, in qualità di professore incaricato, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari, con l’obbligo dell’insegnamento della Geografia. Dal 1 novembre 1943 al 31 ottobre 1947 ha insegnato Archeologia e dal 1 novembre 1950 al 31 ottobre 1951 Storia delle Religioni. Dal 1944 al 1955 Lilliu è stato Funzionario della Soprintendenza alle Antichità della Sardegna, prima come ispettore e poi come direttore. A cominciare dal 1939 ha effettuato numerose ricerche e scavi in Sardegna e nelle Baleari (Artà, Maiorca). Dopo alcuni rilievi preliminari (1940-49), la campagna di scavi più famosa, compiuta negli anni 1951-56, Fig.44 : i resti del nuraxi’e cresia all’interno di Palazzo Zapata riguarda il complesso nuragico Su Nuraxi di Barumini (Cagliari). Il

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 rilievo della scoperta permise a Lilliu di acquisire un’indubbia altomedioevale, ma affrontando spesso anche tematiche di autorevolezza scientifica a livello internazionale. Risalgono a questo antropologia culturale, di sociologia e di lingua sarda. Dal 1975 al periodo alcune fondamentali 1985 ha ripreso inoltre l’attività di scavo archeologico (Fonni: località monografie sulla preistoria, quali, ad esempio, I nuraghi. Torri Madau, Bidistili, Logomake ecc.). Dal 1953 è socio corrispondente preistoriche di Sardegna (1962), l’ampia opera di sintesi La civiltà dell’Istituto Archeologico Germanico in Roma, dal 1956 socio dei Sardi dal Neolitico all’età dei nuraghi (1963), ristampata, dell’Istituto di Studi Etruschi di Firenze, dal 1964 socio onorario della ampliata e rimaneggiata nel 1967 e nel 1988, che resta una delle Sociedad Arqueológica Lulliana di Palma di Maiorca e, infine, opere più importanti della storiografia sarda del Novecento e dal1990 – il riconoscimento più prestigioso – socio nazionale Sculture della Sardegna nuragica (1966). Il nuovo incarico (dal 1 dell’Accademia dei Lincei di Roma(fig.46). Dal 1989 è stato dicembre 1954) di Antichità Sarde gli consentì di vincere professore emerito della Facoltà di Lettere e Filosofia di Cagliari. Dal la cattedra presso la Facoltà di Lettere cagliaritana, che ricoprì prima 1966 commendatore al merito della Repubblica Italiana, ha ottenuto come professore straordinario, dal 15 dicembre 1955 al 14 dicembre il 2 giugno 1967 il diploma di prima classe di benemerito della 1958, e poi come professore ordinario dal 15 dicembre 1958 alla scuola, della cultura e dell’arte. Dal 1994 Lilliu si è decisamente sua andata fuori ruolo il 1 novembre 1984. Lilliu ha ricoperto schierato su posizioni progressiste e di centro- sinistra e si è numerose cariche accademiche: preside della Facoltà impegnato, come presidente onorario della Fondazione , di Lettere per ben diciannove anni (dal 1959 al 1967, dal 1969 al nelle attività tese alla valorizzazione4 della cultura e della identità 1978); direttore dell’Istituto di Antichità, Archeologia e Arte e del autonomistica dei Sardi. Viveva e lavorava a Cagliari, continuando Corso di perfezionamento in Archeologia e Storia dell’Arte dal 1969 a coltivare gli studi storici e archeologici, finchè nel 2007 ha ricevuto al 1983; membro del Consiglio d’amministrazione e dal 1979 al 1989 dalla Regione Autonoma della Sardegna l'onorificenza "Sardus presidente della Commissione d’Ateneo. Dal 1970 al 1989 ha Pater" istituita proprio in quell'anno quale riconoscimento da insegnato nella Scuola di specializzazione in Studi Sardi, di cui è assegnare a cittadini italiani e stranieri che si siano distinti per stato animatore e direttore per diversi anni (nel 1979-82, nel 1984- particolari meriti di valore culturale, sociale o morale e abbiano dato 87, nel 1988-89). Dal 1955 ha diretto la rivista, dell’Istituto e poi della lustro alla Sardegna. Scuola, Studi Sardi. Dal 1983 ha diretto il Nuovo Bullettino Giovanni Lilliu è morto a Cagliari il 19 febbraio 2012 all'età di 97 Archeologico Sardo. anni, accompagnato dall'affetto e dalla riconoscenza dei sardi. Accanto all’attività scientifico-accademica, Lilliu ha svolto un’intensa militanza politica, sin dagli anni universitari romani, nelle fila dell’Azione Cattolica e della FUCI e poi, dopo il rientro cagliaritano del 1943, della Democrazia Cristiana, di cui è stato consigliere e assessore nell’Amministrazione Provinciale di Cagliari. Cattolico democratico e antifascista, schierato con la sinistra democristiana, Lilliu è stato consigliere regionale dal 1969 al 1974, consigliere comunale di Cagliari dal 1975 al 1980. Ha svolto anche un’intensa attività pubblicistica su temi politici, sociali e culturali, collaborando sia alle riviste e ai giornali del dopoguerra, da Riscossa a Il Corriere dell’Isola, Il Corriere di Sardegna, Il Convegno, sia a quelli degli anni della “Rinascita”, come Autonomia Cronache e Rinascita Sarda, sia ai periodici più impegnati sui temi dell’“identità”, come Il popolo sardo. Collaboratore de L’Unione Sarda a cominciare dal 1947, dal 1994 Lilliu è stato collaboratore stabile de La Nuova Sardegna. Diversi suoi articoli sono stati pubblicati da quotidiani nazionali e stranieri, come Il Giornale d’Italia, Il Corriere della Sera, il francese Le Monde. Lilliu è stato sempre impegnato nella difesa dei beni culturali e ambientali della Sardegna dalla speculazione e dal degrado, sostenendo la necessità di un passaggio di competenze in questo settore dallo Stato alla Regione Autonoma: dal 1975 al 1980 è stato componente del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali e Ambientali e membro Fig. 46: il riconoscimento più prestigioso: Socio dell’Accademia dei Lincei di Roma del Comitato di settore archeologico presso il Ministero per i Beni

Culturali e Ambientali. Dal 1976 al 1986 è stato presidente del Comitato Stato- Regione per i Beni Culturali e Ambientali. Il 1 aprile 1985 è stato nominato presidente dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico con sede a Nuoro. Negli ultimi decenni, Lilliu ha  continuato ad occuparsi della preistoria sarda – l’ultima sua corposa  monografia, Arte e religione della Sardegna prenuragica, è stata G. Lilliu , La costante resistenziale sarda , Nuoro, Ilisso, 2002. pubblicata nel 1999 –, delle antichità puniche e romane e dell’archeologia  24   Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Ingegneria eArchitettura A.A.2013-2014 Palazzo Zapata

 4.2 Il restauro oggetto di studio

L’interevento di restauro e allestimento del museo etnografico, storico e archeologico si presentava quindi quanto mai complesso dovendo entrare in rapporto con una realtà multistratifiicata in cui il palazzo tardo cinquecentesco e il complesso nuragico fondato su di esso si erano già fortemente compenetrati a vicenda con tutte le problematiche statiche del caso.

L’architetto Pietro Reali propone un allestimento museale che si inserisce fra le preesistenze come una terza architettura assolutamente contemporanea. Si tratta di una lunga passerella sospesa da cavi d’acciaio attaccati ai muri della villa e che si snoda fra gli ambienti del palazzo consentendo ai visitatori di poter ammirare contemporaneamente il sito archeologico sottostante, suggestivi scorci dei panorami della Marmilla e i reperti, provenienti da Su nuraxi, conservati nelle teche giustapposte o sospese sopra Fig.47 : la passerella sospesa, ponte dialettico fra la villa cinquecentesca e la passerella. Questa è costruita con materiali altamente tecnologici: il nuraghe sottostante. cavi d’acciaio, cristalli securit extrachiari di spessore 30 mm, inghisaggi chimici ad altissima resistenza, carpenterie metalliche realizzate con tagli laser ed acqua (figg.48-49). Al suo interno trrova posto anche un cavedio facilmente ispezionabile in cui corre tutta la complessa impiantistica del museo ( dal controllo clima agli impianti elettrici d’illuminazione, al sistema antifurto e così via).

Le vetrine in cui trovano posto i reperti sono pensate in maniera tale da permettere un’agevole cambio dei percorsi musealii qualora mutino le esigenze espositive. Le vetrine infatti sono modulari e possono essere aggregate fra loro. Sono realizzate con cristalli di sicurezza ex trachiari, dotate di profili antipolvere e illuminate mediante apparecchi a fibre ottiche.(fig.50)

L’immagine della passerella che ne scaturisce è estrememetne moderna e rispetta in pieno il principio di distinguibilità dell’intervento prorpio del restauro modernamente inteso. Inoltre rispetta anche il principio di reversibilità poiché la passerella è totalmente smontabile e può essere rimossa in qualsiasi momento senza causare danni al nuraghe sottostante. Un tale allestimento permette anche di continuare i lavori di scavo senza che la presenza dei visitatori intralci l’attività degli archeologi.

Il percorso espositivo si articola su 2 livelli corrispondenti probabilmente al piano nobile e al sottotetto di Palazzo Zapata mentre al piano terra della villa, a cui si accede tramite una rampa di scale o un ascensore vetrato, si trova attualmente uno spazio a livello del nuraghe da cui si possono ammirare da vicino i resti archeologici, e piccolo ambiente utilizzato probabilmente per preparare le teche. Da questo piano sarebbe probabilmente accedere (tramite una semplice porta attualmente chiusa) al belvedere voluto del marchese Lorenzo. Anche questo ha subito dei restauri come la chiusura delle arcate del portico con delle vetrate Fig.48 : dettaglio costruttivo della passerella (fig.51)

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 L’inserimento della passerella ha comportato una serie di drastici cambiamenti nella spazialità interna della villa: sono stati eliminati in gran parte i solai per permettere la visione del complesso nuragico; nei muri divisori interni sono state fatte grandi aperture prive di porte così da rendere il museo una sorta di grande open space (fig.52).

Il restauro architettonico del complesso costituito dal Palazzo Baronale e dagli annessi rustici ha compreso il consolidamento delle murature mediante iniezione di malte additive a resine e di ammorsatura dei collegamenti tra muro e muro (fig.53); l'inserimento di grandi portali e travi in c.a. oltre a consentire il proseguimento degli scavi archeologici ha preservato il monumento nuragico da un ulteriore schiacciamento e si e' scongiurato il pericolo del collasso del palazzo stesso (fig.54). Tuttavia e' stato necessario eseguire delle microchiodature delle pietre nuragiche lesionate. Tutti gli antichi portali in pietra del palazzo sono stati preservati e restaurati; quando alcuni di essi si sono trovati in condizione confliggente con l'area archeologica, sono stati imbracati con una struttura sottile in c.a. collegata con la struttura in c.a. sopra di essi. Ben visibili sono anche le cerchiature di solai (fig.55), le piastre metalliche inchiodate Fig.50 : le teche espositive alle murature (fig.56) e gli inserimenti di calcestruzzo all’interno delle murature perimetrali (fig.57).

Molto discreto l’inserimento del sistema d’illuminazione degli ambienti costituito da delle piccole appliques bianche in cima ai muri.

Fig.51 : il portico attualmente chiuso con delle vetrate

Fig.49: dettaglio del vetro della passerella Fig.52 : la spazialità interna modificata da grandi aperture nei muri

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Figg.55- 56 : interventi di consolidamento delle strutture

Fig.53 : dettaglio dell’intervernto di consolidamento delle murature Fig.57 : inserimenti di cls nelle murature

Fig.54 : inserimento di grandi travi in c.a per motivi statici Fig.58 : il sistema d’ illuminazione con le appliques bianche

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 4.2.1 Pietro Reali Pietro Reali (fig.59) nasce a Roma nel 1953, dove si laurea nel 1981 in architettura, relatore il Prof. Franco Minissi con una tesi in restauro dei monumenti intitolata “Valorizzazione del patrimonio archeologico di Sutri (VT)”. Dal 1981 svolge attività di progettazione come libero professionista alternando interventi di restauro conservativo, restauro e rifunzionalizzazione di edifici storici e progettazioni ex novo.

Del primo gruppo di lavori fa parte il progetto per il Parco naturale archeologico del castello di Acquafredda (fig.60) (Siliqua 1985) dove Reali interviene soprattutto con opere di consolidamento e di sostegno delle murature antiche del mastio che versavano in precarie situazioni statiche. Gli interventi principali (fig.61) sono stati:

Ricostruzione dell’ anima interna della muratura laddove questa era compromessa (con evidenti rischi per la staticità delle mura stesse); esecuzione di stuccature e stilature della muratura in pietrame a vista realizzate a raso concio, necessarie per interrompere il processo di degrado dovuto all’alternarsi dei fenomeni di gelività in inverno e di cristallizzazione dei sali in estate che portano ad un aumento di volume delle malte di allettamento e ad una perdita di coesione delle stesse; Fig.59: Pietro Reali consolidamento statico della muratura lesionata o degradata mediante esecuzione di fori, iniezione di malta antiritiro e inserimento a pressione di barre filettate in acciaio inox che sono collocate in posizione parallela agli sforzi di trazione così da renderle solidali con le murature; consolidamento di murature lesionate o incoerenti mediante iniezione di materiale colloidale; ricostruzione delle parti di muratura mancanti, la cui assenza era rilevante sia per ragioni meccaniche che atmosferiche. Quest’intervento, benchè rispettoso della preesistenza di cui adotta materiali e tecniche costruttive, è perfettamente distinguibile per via del diverso ritmo del paramento esterno attuale; consolidamento delle volte delle cisterne; ricostruzione degli strombi delle feritoie in mattoni pieni seguendo la forma originale, ma differenziandosi nel tipo di mattoni. Fig.60: il castello di Acquafredda (Siliqua) Del secondo gruppo fanno parte il progetto per la Nuova mensa e la foresteria di Palazzo Salviati ( Roma 1992) (figg.62-63) )e il Progetto di recupero dell’antica filanda ed allestimento di una casa per anziani a Castrezzato (BS) nel 1997(fig.64)

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 Il primo intervento riguarda il restauro di alcuni locali accessori del monumentale Palazzo Salviati, sede del Centro Alti Studi della Difesa. Gli ambienti oggetto di restauro versavano in condizioni molto degradate, pur avendo accesso alla bellissima corte monumentale da destinare a mensa per 500 pasti giornalieri, piccola foresteria, aula magna e sala da pranzo riservata alle autorità. Il progetto riguarda sia la parte architettonica che quella strutturale ed impiantistica con un’utilizzazione degli angusti spazi disponibili mediante l’ausilio di semplici tecnologie di trasporto meccanico.

Il secondo intervento invece prevede la rifunzionalizzazione di un vasto complesso produttivo a Castrezzato (BS) anticamente usato come filanda (resiste ancora il vecchio mulino vicino al fiumiciattolo) e poi come tabacchificio. Gli edifici sono all’epoca del progetto (1997) parzialmente abbandonati e usati in parte come allevamento avicolo. Il progetto prevede il piano di recupero del complesso produttivo (come previsto dal PRG vigente) e la progettazione esecutiva del restauro e allestimento della Residenza sanitaria assistita per anziani. Il restauro in particolare tenta di salvaguardare le strutture antiche, esempio di vera e propria archeologia industriale, esaltandone le qualità spaziali e architettoniche ed eliminando le superfetazioni che ne impoverivano la qualità. Viene per questo eliminato il grande capannone a “shed” che occupava la corte e versava in situazioni molto fatiscenti mentre si interviene sulle murature e sui solai storici rendendo coibenti le prime e insonorizzati i secondi. Vengono anche restaurate le coperture lignee e, quando ciò non è possibile, sostituite con elementi (capriate, travi, arcarecci) in legno lamellare e coibentati. Gli infissi Fig. 61: dettaglio dell’intervento di consolidamento delle murature del originali vengono invece completamente sostituiti con profilati di castello di Acquafredda alluminio a taglio termico dotati di vetrocamera. Per rendere il complesso edilizio adatto alla nuova funzione vengono progettate delle integrazioni:

-un grande portico che continua quello esistente che colleghi tutte le parti del complesso. Viene chiuso da pareti laterali completamente vetrate e contiene al suo interno chioschi per le attività commerciali e il Kinder garden;

- è previsto l’allungamento del corpo del fabbricato principale così da inglobare la nuova mensa.

Il nuovo fabbricato rispetta la volumetria degli edifici vicini e il ritmo compositivo delle bucature, ma se ne differenzia nel trattamento delle pareti esterne.

Nel 1998 Pietro Reali realizza il restauro di palazzo Zapata e l’allestimento del Museo archeologico nuragico, storico ed etnografico di Barumini, argomento della nostra relazione. Fig. 62: Palazzo Salviati

Comprendente interventi di recupero e di nuova fabbricazione è il progetto per il Complesso alberghiero congressuale e sportivo 29   Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Ingegneria eArchitettura A.A.2013-2014 Palazzo Zapata

 nell‘area dell’ex consorzio agrario regionale del Friuli Venezia Giulia- Udine (1998-99). Il progetto prevede infatti il recupero di una vasta area industriale dismessa (circa 25000 mq) in prossimità del centro storico di Udine e di grandi strutture urbane esistenti e in fase di valorizzazione (grande viabilità, stazione ferroviaria etc.). Il complesso da costruire conterrà al suo interno le funzioni di. Albergo residence di 250 stanze centro congressi per complessivi 800 posti, centro sportivo con piscina, palestre, fitness, sauna etc. I 3 elementi sono collegati fra loro da una strada pedonale che, viaggiando in quota, sovrappassa la strada comunale e raggiunge tutti i percorsi verticali. Il centro congressi è collocato all’interno del fabbricato del “vecchio frigorifero del Friuli” interessante esempio di archeologia industriale vincolato dall’ ex L.1 giugno 1939 n 1089. Il centro sportivo si trova invece nell’ex magazzino granaglie attiguo al “frigorifero” collegato ad esso da un atrio di nuova edificazione. L’albergo residence è la parte ex novo del complesso ed è progettato in maniera modulare mediante un sistema di prefabbricazione in cemento armato vibrato da realizzare fuori opera. Al piano terra trova posto la grande hall vetrata mentre nelle due torri circolari sono contenute scale e ascensori e attorno a Fig. 63: pianta della nuova mensa all’interno di Palazzo Salviati queste sono disposti ad esse gli appartamenti. Alla sommità dell’edificio si trova la grande cupola in vetro strutturale di 38 m di diametro da cui si può godere un panorama spettacolare: l’anfiteatro naturale delle Alpi, il castello di Udine e il Mare Adriatico.

Progetto completamente ex novo è quello del nuovo Comando Provinciale dei VV.f. di Terni (2002). La conformazione naturale del lotto permette di organizzare 3 differenti ingressi, 1 per i il pubblico e 2 per i vigili del fuoco così che i visitatori possono entrare attraverso il grande portico d’ingresso sovrastante il piazzale di manovra e affacciarsi a guardare senza essere d’intralcio alle partenze di emergenza dei vigili. L’edificio è suddiviso in 5 corpi connessi solo da giunti strutturali che formano una corte quadrata. Il profilo aggettante a forma di piramide rovesciata costituisce un “sistema passivo” e garantisce un buon risparmio energetico mentre l’involucro è costituito da pannelli sandwich da realizzare in opera interrotti da finestre a nastro. La struttura è realizzata in cls armato antisismiche tutte le funzioni, le destinazioni d’uso e i percorsi rispettano rigorosamente le prescrizioni dei Vigili del fuoco. (fig.66- 67)

Dal 1991 Pietro Reali è direttore tecnico della società di ingegneria Studio Progetto S.r.l. e dal 2000 è Presidente dell'Interclub Italia dell'I.A.A. (International Academy of Architecture), O.N.G. Unesco. Dal 2002 è regolarmente invitato alla facoltà di Architettura e di Ingegneria dell'Università di Roma "La Sapienza" per dei cicli di lezioni riguardanti l'organizzazione del progetto e del cantiere di Fig. 64: pianta del complesso produttivo a Castrezzato dopo i restauri e la restauro architettonico con presentazione delle proprie realizzazioni rifunzionalizzazione professionali. Nel 2006 il Consiglio Accademico IAA gli ha conferito all'unanimità il titolo di "IAA Professor". 30   Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Ingegneria eArchitettura A.A.2013-2014 Palazzo Zapata



Fig, 65: pianta del complesso alberghiero congressuale e sportivo di Udine Fig. 67: pianta del piano terra del Nuovo Comando Provinciale dei VV. FF. di Terni

Fig 66: prospetto del complesso alberghiero-congressuale e sportivo diUdine Fig. 68: il prospetto principale del Nuovo Comando Provinciale dei VV. FF. di Terni

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5. CONCLUSIONI

Il restauro oggetto di studio viene considerato dalla critica letteraria come un intervento rispettoso della preesistenza all’interno della quale si inserisce armonicamente come una terza architettura. assolutamente contemporanea. E’ inoltre in linea con i principi del restauro critico: distinguibilità, reversibilità, attualità espressiva.

In seguito ad un sopralluogo effettuato abbiamo avuto modo di maturare delle considerazioni personali in parte discordi con quelle della critica ufficiale.

A colpire innanzitutto è lo stato di degrado in cui versa casa Zapata: già nel prospetto principale sono evidenti i segni di caduta di intonaco e macchie d’umidità estese (figg.69-70), forse dovuti ad incompatibilità della nuova finitura con la materia storica. In realtà non ci è dato modo di sapere a che periodo risalga l’intervento d’intonacatura dei prospetti, ma è presumibile pensare che sia posteriore all’edificazione della fabbrica originaria, forse risalente alla fase di realizzazione del cosiddetto “quarto aggiunto” come denota il diverso trattamento del prospetto ovest in parte in Fig.69 : caduta di intonaci nel prospetto principale muratura a vista e in parte intonacato (fig.71).

Inoltre sempre all’esterno sono visibili i resti della torre nord (l’unica costruita in basalto)e di parte della torre ovest del Nuraxi’ e cresia, lasciati allo stato di rudere senza alcun intervento conservativo.(fig.72)

Ciò stupisce se confrontato con l’atteggiamento che si è tenuto all’interno dell’edificio dove tutto l’intervento è mirato a valorizzare il nuraghe anche a scapito della villa cinquecentesca che lo contiene. Per realizzare il percorso espositivo ideato da Pietro Reali infatti si è alterata completamente la spazialità interna della villa distruggendo muri e solai originari. E’infatti molto difficoltoso oggi riconoscere i diversi livelli su cui era articolata la casa poiché ne rimane traccia solo nei pochi tratti di pavimentazione che rinveniamo sporadicamente soprattutto in corrispondenza delle aperture e sotto i davanzali delle finestre (figg.73-74). Se l’intervento può quindi esser considerato “reversibile” messo in rapporto col nuraghe, altrettanto non si può dire rapportandolo a Casa Zapata.

Appare chiara la volontà dell’architetto di privilegiare una fase Fig.70 : macchie d’umidità estese nello scalone del prospetto principale storica della fabbrica, quella nuragica, rispetto a quelle della villa

tardo-rinascimentale.

Ciò contrasta nettamente con quanto sostenuto dalla moderna teoria del restauro che già con Alois Riegel ha affermato la necessità di salvaguardare tutte le stratificazioni storiche del monumento senza privilegiarne alcuna. Nella sua opera « il culto

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 moderno dei monumenti » infatti Riegel sostiene che il restauro deve essere una disciplina autonoma dalla storia dell’arte e che ogni forma d’arte è dettata dal « gusto » soggettivo di un singolo artista o di un determinato periodo.

Pietro Reali rispetta il valore dell’antico che il Nuraxi e’Cresia incarna, limitandosi a interventi di consolidamento anche non piacevoli a livello estetico, consistenti soprattutto in puntellamento tramite stampelle. Pur non essendo “bello” ciò è in linea con le idee Ruskiniane5 « meglio avere una stampella che restare senza gamba » Per quanto riguarda la villa invece, Reali predilige il valore d’uso; ciò potrebbe essere corretto poiché, come affermava Alois Riegl , è auspicabile rifunzionalizzare un edificio soprattutto quando il suo stato di degrado è tale da comportarne la morte e effettivamente Casa Zapata si presentava sicuramente in cattivo stato prima dell’intervento di restauro, ma, come lo stesso Riegl affermava, forse si sarebbe potuto trovare un meggiore equilibrio Fig.71 : il prospetto ovest tra i due valori.

Sono inoltre da sottolineare alcune imperfezioni anche nei lavori di rifunzionalizzazione:

gli infissi in legno non sono ben isolati e nei giorni più piovosi dell’anno è facile che vi siano delle infiltrazioni d’acqua (fig.75);

nelle murature sono visibili degli inserimenti di strati di calcestruzzo, probabilmente impiegati per motivi statici, ma decisamente in contrasto visivo con i materiali storici.

I cristalli del pavimento flottante che permette la vista del nuraghe sottostante mostrano aloni dovuti probabilmente alla umidità dell’ambiente causa anche della muffa presente in molti angoli dell’edificio (fig.76);

Nel complesso il progetto di Pietro Reali ha il merito di aver ridato vita a una fabbrica ormai considerata morta attraverso un Fig.72 : i resti del Nuraxi’ e Cresia all’esterno della villa allestimento museale insolito e unico nel suo genere. Ciò che più attrae i visitatori non è infatti tanto il nuraghe in sé, ma la sua collocazione all’interno di una casa nobiliare, l’unione di architettura e archeologia. Alcune scelte progettuali, sebbene radicali e dicutibili, permettono di apprezzare aspetti normalmente nascosti, ma di grande interesse: è curioso notare lungo i muri perimetrali la stratificazione delle varie fasi costruttive ( è ben visibile il tratto di muro megalitico nuragico sovrastato poi dalla muratura cinquecentesca che è per un primo tratto stonacata così da poterne vedere l’interno in pietra) (fig.77).

Nonostante questi pregi, riteniamo che l’intervento avrebbe dovuto tenere in maggior considerazione la fabbrica cinque-seicentesca il cui valore storico non è inferiore a quello del nuraghe che contiene e che, al pari di Su nuraxi, costuitsce un’emergenza nel panorama geografico e storico- artistico di Barumini. (fig.78)



5 John Ruskin, The seven lamps of architecture, Aforisma 31, 1849,  33   Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Ingegneria eArchitettura A.A.2013-2014 Palazzo Zapata



Figg.73-74 : le parti di pavimentazioni ancora oggi visibili Fig.77 : la stratificazione visibile nei muri perimetrali

Fig.75 : le infiltrazioni d’acqua piovana attraverso gli infissi

Fig.76 : Aloni dell’umidità al di sotto del pavimento in cristallo Fig.78 : Casa zapata e Su Nuraxi, le emergenze del panorama geografico e culturale di Barumini

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6. BIBLIOGRAFIA

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6.2 Bibliografia di confronto 1118:`:CR1H: :`RV$J:8Q`$

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G. Lilliu, La civiltà dei Sardi , dal Paleolitico all’età dei nuraghi , Torino 2003, Edizioni Il Maestrale

G.Lilliu, I nuraghi , torri preistoriche di Sardegna, Nuoro, 2005, ILISSO Edizioni

Sardegna e Mediterraneo negli scritti di Giovanni Lilliu, Sassari, 2008, Carlo Delfino Editore

G. Lilliu, Sardegna Nuragica, Collana “Appunti di Archeologia”, 2006,edizioni Il Maestrale

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Immagini 

1$87 barumini.altervista.org Fig.15 : . ]7LL111801CC:H1R`Q81J`QLL L%RJ%`:61R `:R1R V``1 Q`1RRVCCVHHVCCVJ

1$87$QQ$CVI:] Fig.16 :barumini.altervista.org/infoterritorio.htm 1$8 7 . ]7LL1118`QJR:<1QJVG:`%I1J181 L-]:$VZ1RY  Fig.17 :is-arrioresus.blogspot.it/2011_08_01_archive.htm Figg10-14 : www.comunebarumini.it/c-28-su-nuraxi.ht

Fig.18 : www.shardanamistery.com/did_t3.aspx Fig.60: . ]7LL:`RV$J:8GCQ$Q`V`V81 LLLH: VCCQRR1R :H_%:``VRR:R:R1C1_%:R Q`1:R`Q QRVRCV$$VJRV8. IC 1$87 Giovanni Lilliu, I nuraghi , torri preistoriche di Sardegna, ILISSO Edizioni- Nuoro, 2005 Fig.61: Pietro Reali, Architetture 1982-2007 ,Studio progetto S.r.l. (Roma) 1$$8R7 Franco Laner, Accabadora. Tecnologia delle costruzioni nuragiche , ed. Franco Angeli, Milano, 1999 Fig.62: . ]7LL1118J%J<1: VCC:81 L1:<1QL]:C:<

Fig.24 :www.gentedisardegna.it Fig.63: Pietro Reali, Architetture 1982-2007, Studio progetto S.r.l. (Roma) Fig.33 : F. Segni Pulvirenti, A. Sari 5 Architettura tardogotica e d’influsso rinascimentale, Nuoro 1994, Ilisso edizioni (Storia dell’arte Fig.64: Pietro Reali, Architetture 1982-2007, Studio progetto S.r.l. in Sardegna) (Roma)

Fig.34: Pietro Reali, Architetture 1982-2007, Studio progetto S.r.l. Fig.65: Pietro Reali, Architetture 1982-2007, Studio progetto S.r.l. (Roma) (Roma)

Fig.39: www.gentedisardegna.it Fig.66: Pietro Reali, Architetture 1982-2007, Studio progetto S.r.l. (Roma) Fig.43:barumini.altervista.org Fig.67: Pietro Reali, Architetture 1982-2007, Studio progetto S.r.l. Fig.48: Pietro Reali, Architetture 1982-2007, Studio progetto S.r.l. (Roma) (Roma) Fig.68:  . ]7LL1118%IG`1:81 L V`J1R1R01$1C1RRVCR`%QHQRHVCVG`:JQR Fig.50: . ]7LL1118RV1$J`V]%GC1H81 L01V1RQH8:]-HQZ1RY  :J :RG:`G:`:

Fig.53: Pietro Reali, Architetture 1982-2007, Studio progetto S.r.l. Fig.78: barumini.altervista.org (Roma) Tutte le foto non sopraccitate sono state scattate dalle sottoscritte Elena Garau e Francesca Musanti durante il sopralluogo a Barumini Fig.59: . ]7LL1118RV1$J`V]%GC1H81 L01V1RQH8:]-HQZ1RY  effettuato il 24 novembre 2013 36 

8. ALLEGATI GRAFICI

  Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Ingegneria eArchitettura A.A.2013-2014 Palazzo Zapata



Sezione A-A

Sezione B-B

38   Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Ingegneria eArchitettura A.A.2013-2014 Palazzo Zapata



Sezione C-C

39   Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Ingegneria eArchitettura A.A.2013-2014 Palazzo Zapata



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