MIX-NEWS – estate 09

A cura di Massimo Vecchi

L’ESTATE LETTERARIA Il caro, vecchio Premio Strega non si salva dalle polemiche

La stagione non era cominciata bene, con l’indiscrezione trapelata alle prime battute del Premio Strega 2009, quando ancora non erano noti i libri iscritti a concorso, secondo la quale il vincitore era già designato: nome , titolo dell’opera Orizzonte mobile, editore Einaudi, data di uscita in libreria 3 marzo, cioè la stessa in cui si era diffusa la voce della sua vittoria. Fu uno scandalo di ampie proporzioni (di cui demmo conto nel numero di aprile di questa rivista) con interventi polemici di editori, scrittori e critici letterari. I punti principali dello scontro erano tre. Il primo: essendo il premio assegnato dalla giuria formata da quattrocento Amici della Domenica come potevano questi votanti aver letto e scelto il libro di Del Giudice arrivato in libreria quello stesso giorno. Il secondo: evidentemente dietro i quattrocento Amici della Domenica operano alcuni poteri forti che manovrano i voti e decidono, anche con largo anticipo, chi vincerà. Questi manovratori sono soprattutto gli editori, naturalmente i grandi Gruppi editoriali hanno maggior potere, ma anche altre formazioni, gruppi di amici, conventicole: per esempio, si diceva che Anna Maria Rimoaldi, scomparsa due anni fa dopo aver governato il premio per molte edizioni, gestisse un pacchetto di voti con il quale faceva pesare le sue preferenze. Il terzo: era inaccettabile che venisse premiato per la terza volta consecutiva un libro edito dal Gruppo Mondadori. Si può ricordare infatti che Einaudi fa parte della Mondadori assiene ai marchi Arnoldo Mondadori, Sperling & Kupfer, Frassinelli, Piemme, Electa e Bruno Mondadori. Cancellando il criterio dell’alternanza tra le sigle editoriali, imposto dalla Rimoaldi, Mondadori avrebbe vinto dopo essersi già aggiudicato il premio l’anno scorso con La solitudine dei numeri primi di e due anni fa con Come Dio comanda di Niccolò Ammaniti.

SCARPA A SORPRESA

La polemica si protrasse con toni aspri per qualche settimana finché Del Giudice non dichiarò che non aveva mai avuto e non aveva alcuna intenzione di candidarsi al Premio Strega. A seguire, altri rifiuti a partecipare, dichiarazioni di voler comunque scendere in gara e candidature a carattere personale, cioè non concordate con il proprio editore. E si arriva alla cinquina dei finalisti con non poche sorprese. A conquistare la testa della classifica è Tiziano Scarpa con Stabat Mater edito da Einaudi, che ottiene 59 voti, secondo con 45 voti Massimo Lugli con L’istinto del lupo (Newton Compton), terza con 42 voti Cesarina Vighy con L’ultima estate (Fazi), al quarto posto con 40 voti con Il bambino che sognava la fine del mondo (Bompiani) e in coda con 35 voti Andrea Vitali con Almeno il cappello (Garzanti). La sorpresa nel caso di Scarpa era doppia. L’affermazione del suo romanzo che non aveva suscitato l’entusiasmo della critica e quindi non era tra i favoriti della vigilia non trovava molte spiegazioni, ma in più, dopo tante contumelie, si doveva constatare che l’editore Einaudi, in qualche modo messo alla porta per Orizzonte mobile tornava spavaldamente alla ribalta con Stabat Mater. Unica consolazione l’insolita presenza nella cinquina di due editori di sicura qualità ma di media grandezza come Newton Compton e Fazi. Il primo con il romanzo dell’esordiente Lugli, giornalista di Repubblica che si occupa di cronaca nera, autore di una sorprendente scalata della classifica fino al secondo posto, l’altro con l’opera della Vighy, malata di SLA, esordiente a settant’anni, che guadagna la terza posizione.

PROPOSTE DI CAMBIAMENTI

In attesa del verdetto finale nella serata del 2 luglio al Ninfeo di Villa Giulia, la discussione si è spostata su altri temi, quelli peraltro già dibattuti ma mai risolti, che riguardano le modifiche, gli ammodernamenti, i miglioramenti del meccanismo dello Strega, considerato troppo tarlato dal tempo. Critiche, richieste, proposte trovano spazio su molti giornali, dal Corriere della sera alla Stampa, da Repubblica al Sole 24 Ore. Aprono il fuoco quattro vecchi Amici della Domenica. Antonio Debenedetti, figlio del grande critico Giacomino, fondatore dello Strega, che entrò giovanissimo in giuria, rimpiange la laicità e il coraggio degli inizi, quando il premio veniva assegnato a «Moravia nell’anno in cui veniva messo all’indice», quando partecipavano insieme «i grandi docenti dell’Università di Roma e poeti come Ungaretti e Cardarelli», o quando «reclutava i giovani Citati e Arbasino». Il fatto è che allora, spiega, «c’era una giuria ristretta per entrare nella quale bisognava aver fatto qualcosa. Negli anni si è allargata fino ai 400, che però non rappresentano più la società letteraria». Per questo dobbiamo fermare il premio per un anno e «rimettiamo le cose in ordine. È un patrimonio di Roma e della cultura italiana che va salvato, ma per non distruggerlo bisogna rifondarlo». , vincitore dello Strega nel 1961 con il romanzo di rottura Ferito a morte con un solo voto di vantaggio su e , ricorda che per lui il premio ebbe un effetto disastroso: «Per vent’anni non scrissi più una riga. Avevo dimostrato troppo piacere nel vincerlo con soltanto un voto di differenza». Quanto ai cambiamenti dice: «Non c’è più la società letteraria di un tempo, quella di oggi è molto meno coesa, ha minore dedizione e minore passione. Il mercato e la classifica delle vendite si sono sostituiti ai valori letterari. Lo Strega riesce a far vendere, per questo raccoglie gli appetiti degli editori. Si potrebbero fare molte cose per cambiarlo, ma quando mai si è riusciti a cambiare l’andazzo di una società, lo spirito dei tempi? Si vivacchia, quello solo si può fare». Secondo Giovannino Russo, memoria storica dello Strega, il vero problema è che «ormai l’industria editoriale ha prevalso su quello che era un tempo: un gruppo di amici che si incontravano in casa Bellonci, ma anche nei caffè, nelle redazioni dei giornali, per discutere di libri. Da quei confronti usciva il vincitore. Adesso è tutto cambiato, anche se quest’anno sembra si siano un po’ incrinate le cordate editoriali. Non credo però che la sospensione possa fare bene a un premio che vive di continuità. Non so esattamente come si potrebbe rinnovare, forse aumentando i voti collettivi, coinvolgendo di più gli studenti delle scuole e delle università». Più concrete le proposte di Guido Davico Bonino, da trent’anni Amico della Domenica: innanzi tutto eliminare «tutte quelle persone che hanno un’attinenza pratica con le case editrici e cioè redattori, editor, direttori editoriali, presidenti, amministratori delegati. Poi bisognerebbe togliere qualche pia signora che non ha nulla a che fare con la letteratura, qualche regista e qualche stilista. E rinforzare la componente dei critici letterari, dei docenti universitari di italianistica, insomma di coloro che hanno gli strumenti per giudicare i libri, che sappiano fare un confronto tra i romanzi. Non credo che per fare questo sia necessario sospendere il premio per un anno. È una cosa che De Mauro potrebbe fare in un weekend».

LE RISPOSTE DI PETROCCHI

A tutti e quattro risponde Stefano Petrocchi, coordinatore del Premio Strega da oltre dieci anni, con un articolo il cui titolo Riformiamo lo Strega, senza demonizzare gli editori ricorda l’esortazione di alcuni dirigenti della sinistra Facciamo opposizione al governo, senza demonizzare Berlusconi, tattica dai risultati incerti e comunque improponibile visto che sono gli editori a scendere in campo guidando i loro battaglioni di votanti. Petrocchi non nega che ci sia bisogno di una accelerazione nell’operazione di riforma del premio da parte della Fondazione Bellonci, alla cui guida è stato chiamato Tullio De Mauro, e dell’azienda Strega Alberti, ma precisa che non sono necessarie «modifiche radicali nella struttura, che rischierebbero di falsarne lo spirito» e respinge l’idea di eliminare i registi, che reputa parte della società culturale: «ieri in giuria c’era Fellini, oggi Bellocchio, la Cavani, Soldini, Sorrentino». Poi ricorda che «dal 1990 è stata avvicendata naturalmente la metà degli Amici della Domenica. Ciò vuol dire che duecento votanti sono entrati nel premio più di venti anni fa, ma in realtà più di trenta, quaranta anni fa». Fa notare però che ci sono molti amici che «mantengono un rapporto attivo con la cultura unicamente in occasione del voto dello Strega» e conclude con una stilettata: «trovo abbastanza ironico che a pronunciarsi per il cambiamento del premio siano in molti casi personalità che potrebbero rendere un servizio migliore, dopo anni di onorata militanza, facendo un passo indietro». Passando alle modifiche possibili, Petrocchi dice che bisogna «mutare in parte il profilo della giuria», di cui si potrebbero rendere pubblici i nomi, «introdurre un meccanismo di rotazione di medio periodo» e «ascoltare i critici della nuova generazione come Giuseppe Antonelli, Andrea Cortellessa, Gabriele Pedullà». Quanto agli editori, dei quali non va assolutamente demonizzato «il ruolo giocato nel premio», potremo «riequilibrare la presenza dei funzionari editoriali negli Amici della Domenica», ma avverte che è bene ricordare che «anche in passato ci sono stati grandi scrittori e votanti del premio – Sereni, Bassani, Vittorini – che hanno fatto dall’interno la storia di editori come Mondadori, Feltrinelli, Einaudi». Tutto vero. Non fosse che Petrocchi sembra non tener conto della differenza di statura che caratterizza i personaggi di cui parla. Proprio alla vigilia della finale dello Strega l’editore Elido Fazi, intervistato da Paolo Mauri, parlando del vincitore prevede non quello che sarà eletto di lì a poco ma quello del prossimo anno: «, sembra già tutto deciso». Riportato all’attualità, ritiene «impossibile battere la macchina della Mondadori – Einaudi. A Segrate dispongono di 140 voti, non se li faranno sfuggire». Dunque Tiziano Scarpa si aggiudicherà lo Strega numero 63. Parlando della riforma del premio, Fazi, per la prima volta in cinquina con la Vighy, dichiara che «gli editori non possono trascurare il lato commerciale, sarebbe un controsenso» e sulla giuria non crede che «i 400 giurati abbiano letto i libri in concorso: forse i veri lettori sono stati soltanto un centinaio... Si potrebbe pensare a qualche giuria estera». Comunque «a me piacerebbe che si discutesse pubblicamente di come riformare lo Strega, magari al prossimo Salone del libro di Torino, con un bel convegno dove tutti potrebbero dire la loro, lasciando a De Mauro di valutare le indicazioni. E non sarei nemmeno contrario a un sabbatico. Il premio si ferma, si aggiorna e riparte». E aggiunge: «l’importante sarebbe garantire anche a editori meno grandi di arrivare non solo in cinquina, ma magari anche di vincere».

LA SGARBI NON CI STA

E finalmente ecco la notte calda al Ninfeo di Villa Giulia. Il conteggio dei voti indica abbastanza presto che la corsa al premio vede impegnarsi allo spasimo il favorito Tiziano Scarpa con la maglia Einaudi-Mondadori e Antonio Scurati con la casacca Bompiani. Allo sprint è Scarpa a battere d’un soffio l’avversario. Al microfono Paolo Giordano, vincitore della passata edizione con La solitudine dei numeri primi, anche lui maglia Mondadori, annuncia: Scarpa 119 voti, Scurati 118. Staccati Massimo Lugli con 54 preferenze, Cesarina Vighy con 36, Andrea Vitali con 28. Finita la festa si riaccendono le polemiche. Al centro dello scontro torna ovviamente il terzo alloro consecutivo conquistato dal Gruppo Mondadori. Elisabetta Sgarbi, direttrice editoriale della Bompiani del Gruppo Rizzoli Rcs, dichiara: «Al di là di questa sconfitta per una sola preferenza il vero problema dello Strega è un altro. Non è mio interesse innescare sterili polemiche, ma il dato è oggettivo: sono tre anni di fila che vince Mondadori. È qualcosa di cui il presidente della giuria, Tullio De Mauro, nel mettere mano al premio, come ha detto di voler fare, dovrà tenere conto per rendere la competizione più limpida e trasparente». E poi, smorzando la delusione: «In realtà non credo neppure che abbiamo perso, in queste condizioni lo considero per lo meno un primo premio ex equo. Siamo partiti con 40 voti e siamo arrivati a 118, prova che anche l’elettorato ha voglia di un metodo meno schiacciato sugli ordini di scuderia...Non posso decidere per tutto il Gruppo, ma per quel che mi riguarda a un altro Strega con queste regole non parteciperei». Infine la parola a De Mauro. Dopo aver assicurato che da oltre un anno sono impegnati a «rendere lo Strega il meno prenotato possibile» ricorda che «la grande concentrazione editoriale porta i grandi Gruppi ad avere un parterre di autori assai più ampio degli altri». Il lavoro di talent scouting che stanno facendo «si è riflesso nella “dozzina” e quindi in parte anche nella “cinquina”» ma non basta, anche perché «i 400 Amici della Domenica e anche i votanti dei gruppi collettivi, come in qualche misura tutti noi, non sono stiliti e anacoreti, e non possono non risentire delle condizioni industriali e del mercato librario italiano». Quanto alle modifiche da tante parti richieste, «cominceremo – dice il presidente – chiedendo ai 400 di mandarci proposte. Per ora ne abbiamo una molto interessante dei librai, che comporterà un allargamento a rotazione della platea dei giurati con “lettori forti” sparsi per l’Italia». Non sono previsti tagli di addetti ai lavori o di altri giurati. De Mauro dice esplicitamente «non vorrei mai privare gli Amici della Domenica degli apporti di chi opera nel mondo della cultura letteraria. Quello che in sordina abbiamo cominciato a fare e spero faremo meglio è spingere gli Amici a discutere assieme in corso d’anno le loro preferenze sui libri in uscita, come fanno i gruppi di lavoro collettivo».