P.L.I.S. del MONTE DI BRIANZA

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PROPOSTA DI RICONOSCIMENTO DEL PARCO LOCALE DI INTERESSE SOVRACOMUNALE "PARCO LOCALE DEL MONTE DI BRIANZA”

SONO INTERESSATI I COMUNI DI: AIRUNO, BRIVIO, GARLATE, OLGINATE, OLGIATE MOLGORA, VALGREGHENTINO.

Il territorio del Monte di Brianza, è stato inserito dalla Legge Regionale n. 86 del 1983 nell’elenco delle aree di particolare rilevanza naturale ed ambientale, e su di esso è prevista l’istituzione di un parco Regionale con la L. R. n. 32 del 1996.

UN PARCO CHE NASCE A LIVELLO LOCALE

Il nostro territorio, pur densamente urbanizzato e industrializzato, è ancora ricco di aree verdi ed è sempre crescente la richiesta, da parte dei cittadini, di una maggiore attenzione verso le problematiche ambientali. Vi è infatti una sempre maggiore consapevolezza che l’ambiente è un bene di tutti, prezioso e insostituibile, e che le risorse ambientali non sono illimitate né indistruttibili ma, al contrario, estremamente vulnerabili. Le conoscenze scientifiche e le tecnologie odierne, abbinate ad una costante crescita demografica della popolazione mondiale, hanno di fatto reso il nostro pianeta molto più piccolo, oltre che vulnerabile, rispetto a quanto apparisse soltanto una ventina di anni or sono. Incidenti e disastri ambientali come quelli di Fukushima, i casi di fuoriuscite di greggio in mare aperto e dell’uso eccessivo e indiscriminato di prodotti che rilasciano residui tossici nell’aria o nell’acqua, hanno reso evidente all’opinione pubblica che la tutela dell’ambiente non può essere attuata solo localmente in quanto le conseguenze di determinate scelte in campo ambientale prima o poi si ripercuotono anche su popolazioni e ambienti non direttamente coinvolti. Ma anche il continuo consumo del territorio, con il suo patrimonio naturale e culturale, ha impoverito il paesaggio nell’arco di poche generazioni e ha fatto capire alla gente l’importanza dei beni ambientali. Questa maggiore sensibilità ha favorito negli ultimi anni la nascita di nuove aree protette: accanto ai parchi nazionali sono sorti numerosi parchi regionali che, tuttavia, sono spesso frutto di decisioni prese dall’alto più che a livello locale. Al contrario i PLIS nascono per diretta volontà dei comuni interessati e presentano tipologie diverse a seconda della zona in cui sono posti e della loro origine; alcuni consentono la tutela di aree a vocazione agricola, altri il recupero di aree degradate, altri la conservazione e valorizzazione del paesaggio tradizionale, nonché della flora e della fauna. I PLIS svolgono diverse funzioni: sociale, urbanistica, ecologica. Consentono possibilità di svago e ricreazione per la popolazione locale facendo recuperare ai cittadini la conoscenza e l’identità del proprio territorio, favoriscono la crescita di una rete ecologica, limitando il rischio di isolamento delle singole aree naturali.

2 L’aspetto innovativo dei PLIS consiste soprattutto nel fatto che tali parchi nascono dal basso, per espressa volontà delle amministrazioni locali che provvedono poi a gestirli. Questo processo consente di coinvolgere positivamente la popolazione, che in passato ha avuto rapporti spesso conflittuali con aree di interesse ambientale poste nel proprio territorio. Viene quindi ribaltato il concetto di “area protetta alla larga” che per anni ha creato un’aperta rottura tra popolazione residente e il sistema della aree verdi, vissute come isole misteriose e non godibili. Il concetto di fruizione delle aree di interesse ambientale, pur nell’ovvio rispetto di vincoli naturali e paesistici, è ormai acquisito e la partecipazione dei cittadini alla gestione dei parchi diventa così un elemento caratterizzante questo nuovo rapporto tra popolazione e territorio. I parchi locali rappresentano inoltre un ottimo strumento per percorsi di educazione ambientale che partono dalle scuole; un’educazione che si basi su una lettura del territorio visto come parte integrante dell’ambiente dove la gente risiede. Il ruolo dei parchi locali come strumento di educazione ambientale ci sembra essere la carta vincente, permettendo la conoscenza, la fruizione, la cura del proprio territorio ed in particolare di quelle aree che ne preservano ancora la tipologia caratteristica. In tale modo, il PLIS assolve anche questa importante funzione sociale, favorendo nelle persone un rafforzamento del rapporto con il proprio ambiente di vita, un processo di riappropriazione e la riscoperta di un’identità che si traduce in affezione per l’ambiente stesso. La possibilità di includere in un piano regolatore aree di questo tipo consente alle amministrazioni locali di valorizzare alcune parti del proprio territorio. A tale proposito è determinante la collaborazione con gli agricoltori nella consapevolezza che da sempre l’agricoltura, in gran parte non estensiva nel nostro territorio, rappresenta un baluardo per la difesa e il riequilibrio dell’ambiente e che solo un rapporto sbilanciato tra ambiente e mezzi produttivi ha incrinato, in alcuni frangenti, tale positiva collaborazione. Va considerato infatti che prati, boschi e coltivi del nostro territorio non sono affatto “naturali” ma frutto di una azione continua e ragionata dell’uomo per diversi secoli. Gli equilibri creati faticosamente e mantenuti per tanto tempo dai nostri avi richiedono interventi continui e manutenzione costante. Si pensi solo alla formazione e al mantenimento dei terrazzamenti (ronchi) per coltivare il terreno collinare oppure ai castagneti mantenuti a ceduo per fornire la paleria necessaria alla coltivazione della vite, o alla creazione e alla pulizia costante di fossi per poter coltivare aree paludose. Oggi si assiste peraltro dovunque a un recupero dell’azione equilibratrice di agricoltura e selvicoltura sull’ambiente e il ricorso a pratiche più sostenibili è sempre maggiore, anche in risposta a precisa richiesta dei cittadini fruitori/consumatori. Un altro vantaggio che i Parchi locali hanno rispetto a quelli Regionali è una maggiore agilità in sede burocratica, con la possibilità di intervenire rapidamente e localmente per decisioni che riguardino le aree interessate.

3 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO

Tra i laghi di Garlate e Annone sorge una catena di colline che si estende per circa 15 chilometri in direzione Nord-Sud fino ai comuni di Olgiate Molgora e di , costeggiate dall’ ad Est e del Lambro ad Ovest. A nord, gli agglomerati urbani di e la circondano quasi completamente; nel resto del territorio si trovano invece comuni di piccole dimensioni, con le loro numerose frazioni disseminate sulle colline. Il Monte Barro, alto 922 metri, è la cima più elevata del gruppo e anche un ottimo punto panoramico da cui ammirare Lecco, Valmadrera e l’alta Brianza. La piana nella quale sorge il centro abitato di divide il Monte Barro dalle altre cime della dorsale collinare che da Galbiate sale fino al Monte Regina (817m), al Monte Crocione (877m) e al San Genesio (832 m), per poi ridiscendere verso la valle del Curone. Decine di migliaia di anni fa tutta la zona, dalla Valtellina fino alla pianura tra Monza e Milano, era ricoperta da estesi ghiacciai. Il loro spessore era di diverse centinaia di metri nella nostra zona e si andava assottigliando verso sud. Il loro lento spostamento verso la pianura, con la conseguente erosione delle rocce e il trasporto di materiale eterogeneo, da grossi massi a sabbia e argilla, modellò profondamente il territorio conferendo quella caratteristica ondulazione che ancora oggi lo contraddistingue. Alla pressione dell’imponente strato di ghiaccio e alle acque di scioglimento dell’antico ghiacciaio, confluite e bloccate tra le colline moreniche, va fatta risalire l’origine della conca che ospita oggi il lago di Annone, come anche altri laghi briantei di forma circolare. I laghi minori di Garlate e Olginate derivano invece dall’accumulo di detriti alluvionali che hanno provocato prima piccole strozzature nella parte terminale del bacino del Lario e poi veri e propri laghi indipendenti, le cui acque in uscita permettono al fiume Adda di riprendere il suo corso verso la pianura. In questa zona sono numerosi i massi erratici, grandi blocchi trasportati e abbandonati dai ghiacciai. Alcuni di questi massi sono diventati punto di riferimento per la popolazione residente, come il masso erratico di roccia metamorfica proveniente dalla Valchiavenna che si trova sopra Mondonico, frazione di Olgiate Molgora, al crocevia tra i sentieri che portano a Campsirago, al Monasterolo e a Mondonico.

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TERRITORIO E AMBIENTE

Il territorio in questione si estende tra la valle dell’Adda a Est, la sella del Monte Barro su cui è adagiata Galbiate a Nord, i laghi briantei e il fiume Lambro ad ovest, a Sud. Il Parco del Monte Barro, il Parco fluviale dell’Adda Nord, il Parco della Valle del Lambro e il Parco di Montevecchia e della Valle del Curone circondano completamente quest’area e ciò non fa che aumentare il suo interesse, tanto più che la sua trasformazione in parco verrebbe a completare il piano di tutela di tutta la vasta area collinare-montuosa della Brianza nord-Orientale. L’area interessa in questa prima fase il territorio di 6 comuni compresi nella Provincia di Lecco: Airuno, Brivio, Garlate, Olginate, Olgiate Molgora, Valgreghentino. La denominazione storica di questo territorio è quella di “Monte di Brianza”, toponimo che appare per la prima volta in un documento ufficiale del 10 luglio 1412. Il Monte di Brianza interessa la dorsale collinare del Monte Regina (817 m), Monte Crocione (877 m) e Monte San Genesio (832 m) per poi scendere verso la Valle del Curone, presentando caratteristiche storico-paesaggistiche di grande interesse. Il territorio del Monte di Brianza è ricoperto da boschi misti di latifoglie, con prevalenza di castagno e betulla nella parte più a Nord, e robinia diffusa un po’ ovunque. Il castagno è una pianta a duplice attitudine, forestale e agraria, che un tempo veniva allevata a bosco ceduo per la produzione di legname, oppure con disposizione più rada per la produzione dei frutti. Un tempo sulle pendici del San Genesio le castagne avevano una non indifferente funzione economica e i contadini riservavano loro numerose attenzioni; a Consonno esisteva anche un grosso essiccatoio per le castagne che fu distrutto negli anni cinquanta. I boschi fornivano anche legna da ardere e materiale (foglie) utilizzato nelle stalle come strame; erano preziosi e venivano quindi ripuliti con cura e mantenuti produttivi. I boschi, secondo l’esposizione e il substrato su cui crescono, cambiano caratteristiche e le specie presenti variano anche di molto, come è specificato nella parte successiva del documento, dedicata all’inquadramento forestale. Con l’abbandono progressivo della selvicoltura i boschi si sono via via impoveriti ed inselvatichiti lasciando spazio a rovi e piante infestanti, prima fra tutte la robinia, che è stata introdotta in Europa dall’America nel 18° secolo e si è diffusa velocemente perché albero a crescita rapida che fornisce legna ottima da ardere. Per questa ragione i boschi di robinia si trovano spesso nella parte bassa delle colline, vicino agli insediamenti abitativi.

Alternati alle macchie boscate ci sono seminativi, terrazzamenti coltivati a vite e qualche zona umida con flora e fauna tipiche.

5 Tra le molte specie di piante erbacee che crescono nei boschi del Monte di Brianza, ne esistono diverse a carattere protetto. Di seguito viene stilato un breve elenco che ne evidenzia le specie più diffuse con le principali caratteristiche:

SPECIE CARATTERISTICHE AMBIENTE DI CRESCITA Anemone di bosco Pianta con fiori bianco rosati e foglie Boschi e prati ai margini dei boschi in (Anemone nemorosa) palmate. terreni calcarei. Vistose fioriture primaverili. Dente di cane Pianta bulbifera con due foglie ovato- Boschi di collina. (Erythronium dens-canis) oblunghe macchiate di porporino. Fiori con petali bianchi ricurvi all’indietro e stami violetti. Elleboro nero o rosa di Natale Pianta che raggiunge i 30 cm con steli Boschi umidi e calcarei, oltre i 500 m. (Helleborus niger) carnosi e macchiati di rosso, foglie Fioritura tra dicembre e febbraio. palmate, coriacce e seghettate ai margini, grandi fiori solitari bianchi sfumati di rosa Pungitopo Pianta con false foglie acuminate Diffusa in tutti i boschi misti (Ruscus aculeatus) permanenti e bacche rosse. Tende a formare cespugli anche estesi alti fino a 80cm Agrifoglio Arbusto alto fino a 6-7 m con foglie Boschi decidui su terreni umidi. (Ilex aquifolium) coriacee permanenti, lucide e spinose. I frutti sono bacche rosse Campanellino Pianta alta 10-30 cm con fiori bianchi Prati umidi e bordi dei fossi (Leucojum vernum) campanulati e penduli, foglie lineari. Elleboro verde Pianta simile all’elleboro nero ma con fiori (Helleborus viridis) grandi di colore verde, profumati. Sigillo di Salomone Pianta erbacea rizomatosa con foglie Boschi ombrosi (Polygonatum multiflorum) ellittiche-ovate alternate su due file e fiori bianchi, penduli a forma di imbuto. Bacche dapprima rosse poi nero-blu. Velenosa. Scilla Pianta bulbosa alta 10-20 cm con due Boschi misti (Scilla bifolia) foglie opposte lanceolate. Fiori di colore azzurro-violetto riuniti in racemo Anemone viola Pianta erbacea perenne alta 10-15 cm Boschi misti (Anemone hepatica) con foglie trilobate e fiori con 6-8 petali da azzurro a violetto Polmonaria Pianta erbacea perenne con foglie Boschi misti (Pulmonaria officinalis) ellittiche pelose e con macchie biancastre. I fiori sono rossastri all’inizio della fioritura, poi azzurro-violetti.

6 Anche i funghi non mancano, ma la varietà delle specie si sta riducendo molto a causa dell’abbandono dei boschi: infatti molti miceti vivono in simbiosi con alberi come castagno, roverella, betulla ecc. e se un bosco è in sofferenza anche i funghi calano in quantità e numero di specie. Sono comunque rappresentate le famiglie più importanti: i boleti, con i famosi porcini e porcinelli (Boletus edulis; Boletus scaber; Boletus carpini; Boletus rufus) e altre specie come Boletus luridus e Boletus erythropus. Nei versanti calcarei esposti a sud si possono trovare anche esemplari di Boletus aereus o porcino bronzato, negli ambienti appenninici, ma raro al nord perchè cresce in climi caldi. Altro fungo raro da climi caldi, ricercato e presente nell’area del parco è l’Amanita caesarea o ovolo buono. Nei boschi misti si trovano facilmente molte russule come la Russula cianoxantha o la Russula viridis, prataioli (Agaricus ssp.), gallinacci (Cantharellus cibarius), lattari (Lactarius ssp.) ecc. mentre nei boschi di robinia si trovano praticamente solo i chiodini (Armillariella mellea) che non sono simbionti ma parassiti e crescono sulle ceppaie morte. Non mancano anche specie velenose o tossiche ma importanti per gli equilibri ecologici dei boschi per le loro simbiosi con le latifoglie come l’Amanita phalloides; Amanita verna; Amanita muscaria; Cortinarus orellanus; Russula emetica; Lactarius torminosus ecc.

La fauna del Monte di Brianza comprende diverse specie di vertebrati; oltre alle specie di anfibi e rettili comuni a tutte le aree protette della Brianza (rane, rospi, salamandre, ramarri, orbettini e vipere), vi sono numerose specie di uccelli stanziali e di passo e numerosi mammiferi tra cui i piccoli moscardini e toporagni, i comunissimi ricci, ma anche scoiattoli, lepri e conigli selvatici, nonché predatori come la faina e la volpe. E’ stata segnalata anche la presenza del tasso.

ASPETTI STORICI E CULTURALI

Non sono molte le tracce rimaste, ma è sicuro che tutta la zona del Monte di Brianza è stata abitata fin dalle epoche più antiche da popolazioni che si succedettero in rapida sequenza. La morfologia del luogo offriva all’uomo sia la possibilità di fermarsi durante i lunghi spostamenti sia di insediarsi stabilmente. E’ quasi sicuro che i primi abitanti furono i Liguri. In seguito comparvero in Brianza gli Etruschi, o più ampiamente gli umbro-sabini, per lungo tempo unici abitatori della zona. Benché piuttosto marginale rispetto ai flussi di traffico che interessano la Brianza, la zona ai piedi del Monte di Brianza, ebbe una grande importanza nelle vicende storiche di questa regione. Quando, nel 1428, l’Adda divenne confine tra la Repubblica di Venezia e il Ducato di Milano, il Monte di Brianza acquistò importanza nel sistema difensivo dei signori di Milano, che vi costruirono rocche e fortificazioni, come quelle di Airuno in località Rocchetta, e di Olgiate Olgora nella frazione Porchera.

7 I Veneziani riuscirono a conquistare il Monte di Brianza tra il 1447 e il 1450 e solo a prezzo di gravi perdite Francesco Sforza riuscì a cacciarli dopo una sanguinosa battaglia attorno alla chiesa di San Genesio, dove fu poi costruito l’omonimo eremo. Questo episodio la dice lunga sulla rilevanza strategica del Monte di Brianza, tanto che prima i Visconti e poi gli Sforza, concessero alle Comunità di questa zona notevoli esenzioni e privilegi fiscali. Ma questi privilegi erano riservati ai nobili, mentre i contadini riuscivano appena sopravvivere con i frutti strappati a fatica alla terra e ai boschi, dovendo per di più fare i conti con carestie, guerre pestilenze. Terribile fu la prima metà del XVI secolo, quando tutta la Brianza fu invasa da eserciti di ogni nazionalità che spogliarono le già provate popolazioni locali; il Monte di Brianza fu letteralmente messo a ferro e fuoco dalle truppe Francesi, che costrinsero gran parte dei sopravvissuti a fuggire a Milano in cerca di miglior sorte. Nelle difficoltà e spesso nella disperazione, della vita gli abitanti del Monte trovarono nella Chiesa e nella fede gli unici rifugi e gli unici motivi di speranza; lo dimostrano i numerosi luoghi sacri sorti su queste colline, a cominciare dall’Eremo di San Genesio e i santuari della Madonna del Sasso e di Dozio, fino alle innumerevoli chiese e cappelle immancabili anche nei più piccoli nuclei rurali. La solitudine dei luoghi favorì il sorgere di monasteri; ne rimane traccia, anche nel nome, a Monastirolo, piccola località sopra Olgiate Molgora, dove nel 1400 fu costituito un piccolo insediamento di monache. Il nome di Monastirolo (piccolo monastero) gli fu dato per distinguerlo dal non lontano e più importante monastero della Bernaga (Comune di Perego). Numerose sono le cascine ben conservate sul territorio e non mancano alcuni nuclei rurali isolati che mantengono quasi intatti la struttura originaria e il fascino contadino di un tempo, come le località di Veglio, Biglio, Dozio, Campiano, e Monastirolo. In alcune di queste località sono state recuperate alcune abitazioni, altre sono ormai del tutto disabitate e testimoniano col silenzio e con le loro antiche pietre cadenti l’abbandono in cui molte di queste terre sono state lasciate dagli uomini.

Sono presenti anche ville e residenze private risalenti al XVIII-XIX sec. come la villa Sommi Picenardi e la Villa Gola a Olgiate Molgora.

Qualche frazione è addirittura scomparsa dalle carte, distrutta dal tempo o dagli uomini; il caso più clamoroso è offerto dalla vicenda della frazione Consonno, un tempo Comune autonomo. Consonno era un piccolo paese di contadini, adagiato sul fianco nord-orientale del Monte Regina; la sua gente era vissuta per secoli nella povertà e nella fatica dei lavori agricoli, acquisendo però fama per le castagne, che qui crescevano in vaste e ben tenute selve, e per la coltivazione del sedano, che era coltivato con particolare sapienza e cresceva rigoglioso e saporito. Ebbene negli anni sessanta questa frazione, fu completamente rasa al suolo per costruire un improbabile centro turistico con abitazioni, alberghi e luoghi di divertimento; il tutto fu completato con un ancora più improbabile minareto.

8 Ora dopo diversi decenni, tutto giace nell’abbandono e nel silenzio, simbolo eloquente dell’eccessiva leggerezza con cui in passato si interveniva pesantemente e senza scrupoli di sorta su un territorio che avrebbe meritato ben altre attenzioni per la sua bellezza e la sua storia. L’unico elemento sopravvissuto alla distruzione dell’antico borgo è la chiesa di San Maurizio, il cui campanile sembra guardare non senza pena quella torre del minareto che appare così bizzarra fra queste colline. La salvaguardia come Parco Locale di queste aree, nel rispetto e nella valorizzazione della tradizione contadina, conservando ambienti significativi per la storia del territorio provinciale, pone anche le basi per la tutela ambientale e la prevenzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico e la valorizzazione turistica dell’area. Il recupero e la valorizzazione dei terreni, e delle aree abbandonate della dorsale, potrebbe favorire forme tradizionali di agricoltura, ma anche incentivare attività ricreative e culturali compatibili con l’ambiente e capaci di offrire nuovi sbocchi occupazionali.

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NUCLEI RURALI

Cascina Ronco a Garlate, chiamata così per la sua localizzazione sui terrazzamenti che fiancheggiano il bosco. L’edificio, che ha dimensioni modeste probabilmente per la pendenza del colle e per la limitata attività agricola, fu edificato nel 700.

Cascina Parzanella Superiore, in comune di Olginate. Costituisce il nucleo più antico di un complesso che si ingrandì nei secoli.

Molto caratteristica la frazione di Veglio in comune di Airuno, da cui si gode uno splendido panorama su Resegone, Grigne e monti Bergamaschi. Il nome di Veglio già compare in un atto del ‘400, ma nonostante la sua antica origine il nucleo, che nella pianta rettangolare si avvicina alla tipologia abitativa montana, è rimasto inalterato nel tempo. Sempre in Airuno, in località Aizurro, è visibile un bel lavatoio pubblico.

A Monastirolo, frazione di Olgiate Molgora raggiungibile con un sentiero percorribile solo a piedi, rimane un piccolo nucleo di case ben conservate e in parte ristrutturate. Nella vicina frazione di Porchera si trova l’antica torre edificata da Ambrogio del Corno per ordine di Francesco Sforza allo scopo di difendersi dalle invasioni dei Veneti nel XV secolo. E’ una delle poche intatte anche nella merlatura. A Mondonico, sempre in comune di Olgiate Molgora “il Buttero” residenza del grande pittore ottocentesco Emilio Gola. Importanti sono anche i nuclei montani di Biglio, Dozio e Campiano in comune di Valgreghentino; quest’ultimo già citato in un atto del 960, mentre Biglio e Dozio sono ricordati nel 1219. In Villa San Carlo frazione di Valgreghentino era nato Monsignor Cesare Orsenigo, Arcivescovo di Tolemaide in Libia , era stato nominato Internunzio in Olanda nel 1922, nunzio a Budapest nel 1925, ed infine nunzio a Berlino nel 1930, dove lo aspettava un compito molto arduo e delicato.

ITINERARI DI ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE

L’area interessata al Parco, in particolar modo quella vicino a Lecco, ha conosciuto nel secolo scorso uno sviluppo industriale che ebbe nella produzione della seta il suo punto di forza. Sul territorio sono rimaste così molte tracce di questo passato industriale. A Galbiate la Torcitura di Roncate - a Valgreghentino la filanda Sironi. A Garlate nella ex filanda Abegg dal nome della famiglia di industriali svizzeri che ne furono proprietari dal 1887, ha sede il Civico Museo della Seta, donato nel 1977 dagli Abegg al Comune di Garlate che ora lo gestisce.

10 ITINERARI PER ESCURSIONI

Una interessante rete di sentieri e di mulattiere in alcuni casi ottimamente conservate e mantenute pulite con interventi periodici da gruppi di volontari delle sezioni locali del CAI e delle Squadre antincendi boschivi, permettono di fare di questa area un riferimento importante per itinerari interessanti e sicuri. Recentemente sono stati eseguiti lavori di sistemazione lungo sentiero n.1, a cura del Parco di Montevecchia e della Valle del Curone, che l'ha inserito nel suo progetto "Dalla Pianura al Lago". Facili gli accessi e i collegamenti sia da strade che da ferrovia. Un’idonea azione di valorizzazione certamente contribuirà a dare un valore aggiunto ai territori interessati, che troppo spesso sottovalutano le proprie potenzialità turistico-escursionistiche.

Anche il recupero per finalità ciclo pedonali dei sedime ferroviario non più utilizzato da RFI in seguito ai lavori di raddoppio della linea Milano-Lecco, potrà costituire un'ulteriore valida proposta escursionistica di collegamento con la rete sentieristica ciclabile già esistente nelle aree provinciali.

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P.L.I.S. del MONTE DI BRIANZA

(Airuno, Brivio, Garlate Olginate, Olgiate Molgora, Valgreghentino)

INQUADRAMENTO FORESTALE

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INQUADRAMENTO

La presente relazione intende fornire informazioni generali e indicazioni di base utili alla gestione forestale nel territorio del costituendo Parco Locale di Interesse Sovracomunale del Monte di Brianza.

Il territorio oggetto di indagine riguarda sette amministrazioni comunali, delle quali tre in territorio montano (Garlate, Olginate e Valgreghentino) e quattro in territorio collinare (Airuno, Brivio e Olgiate Molgora).

Le competenze in materia forestale sono a capo della Comunità Montana del Lario Orientale per i comuni montani e della Provincia di Lecco per quelli collinari.

Le informazioni contenute in questo documento sono state compilate con la collaborazione del Dr. Nicola Gallinaro, redattore del Piano di Indirizzo Forestale della Comunità Montana, per i territori di Garlate, Olginate e Valgreghentino, e del Dr. Francesco Radrizzani, tecnico della Provincia di Lecco, attraverso il Piano di Indirizzo Forestale delle Provincia di Lecco per i territori collinari di Airuno, Brivio e Olgiate Molgora.

Si cercherà di dare, attraverso informazioni confrontabili fornite dalle due fonti, una lettura omogenea sull’intero territorio del costituendo PLIS.

COMUNE SUPERFICIE TOTALE HA SUPERFICIE SUPERFICIE COMPRESA NEL PLIS FORESTALE

GARLATE 349 99

OLGINATE 799 771 374

VALGREGHENTINO 625 462

AIRUNO 427 204 225

BRIVIO 789 124 31

OLGIATE MOLGORA 714 253 158

TOTALI 3703 1352 1349

Il calcolo delle superfici è stato fatto su base planimetrica, arrotondato all’ettaro.

Il dato delle superfici forestali dei tre comuni montani è aggregato (771 ettari).

La superficie totale prevista dalla perimetrazione del PLIS ammonta a 1349 ettari.

La superficie forestale individuata dai Piani di Indirizzo Forestale per l’intero territorio dei Comuni coinvolti è di 1352 ettari.

In linea generale si tratta di un territorio di tipo pedemontano (“rilievi pedemontani” così come definiti dal PTCP), collocato sul fianco orientale e meridionale di una dorsale di modesta altitudine

13 (500 – 700 m s.l.m.). L’ambito è in generale caratterizzato da una stretta prossimità verso est con le aree urbanizzate di margine al Lago di Garlate e al fiume Adda e verso sud dalle aree urbanizzate nella depressione che separa la dorsale del Monte di Brianza dal rilievo collinare di Montevecchia. Tale situazione, pur condizionando in parte, come si vedrà di seguito, la composizione forestale, si traduce anche in un importante livello di fruizione escursionistica e turistica di cui tenere conto all’interno delle politiche di valorizzazione del futuro PLIS.

L’INDAGINE FORESTALE

Nell’ambito del territorio indagato la superficie forestale ammonta a circa 1441 ettari. Di questi, buona parte può essere potenzialmente interessata dal PLIS, soprattutto per quanto riguarda la parte montana.

La componente forestale risulta condizionata dalla composizione geologica della zona del Basso Lario (substrati sciolti di origine carbonatica) e dagli effetti della pressione antropica che ha nel corso degli anni favorito la diffusione di specie forestali in grado di meglio rispondere alle esigenze locali.

Il risultato di queste concause si è realizzato con la presenza del castagno come specie forestale maggiormente diffusa, e che trova espressione nelle differenti forme tipologiche caratterizzate da diversi gradi di umidità del substrato e quindi di mescolanza di specie.

La tabella seguente riporta la diffusione delle differenti tipologie forestali presenti sul territorio per la parte montana, così come classificate in base alla nomenclatura regionale (Del Favero, 2002).

Composizione forestale in ettari (Indagini Piano Indirizzo Forestale C.M.L.O.)

Tipi Forestali ha %

Aceri frassineto con ostria 15,71 2,04

Aceri frassineto tipico 21,53 2,79

Alneto di ontano nero d’impluvio 5,61 0,73

Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli xerici 72,13 9,35

Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli mesoxerici 269,44 34,91

Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli mesici 208,49 27,02

Castagneto delle cerchie moreniche occidentali 36,72 4,76

Orno-ostrieto tipico 37,89 4,91

Querco-carpineto collinare di rovere e/o farnia 0,92 0,12

Robinieto misto 103,29 13,38

Totale 771,73 100

14 Il castagno, dunque, risulta nettamente la specie più rappresentata, con oltre il 75% della superficie forestale nella parte montana. La sua presenza raggiunge forse il 90% della parte collinare interessata dal PLIS.

Il castagneto si differenzia nelle forme tipologiche del castagneto xerico, mesoxerico e mesico. Le tre tipologie sono caratterizzate dalla decrescente presenza di specie termofile (carpino nero, roverella, orniello, tipicamente afferenti all’orno-ostrieto) secondo il grado di termofilia delle tipologie del castagneto e delle stazioni in cui vegetano tali consorzi. I castagneti vengono pertanto sovente in contatto con cenosi a carpino nero e orniello (orno-ostrieti), il la cui vicinanza genera le forme più xeriche dei castagneti (castagenti dei suoli xerici). Questo accade più frequentemente nella parte montana mentre, in tal senso, i rilievi del Piano di Indirizzo Forestale della Provincia di Lecco hanno individuato nella zona interessata la forma esclusiva del castagneto dei suoli mesoxerici.

Altre formazioni, quali gli aceri-frassineti, tipici e nella forma con ostria trovano invece minore diffusione. Tali consorzi si localizzano in aree maggiormente umide rispetto alle stazioni in cui vegeta il castagno, e sono tipicamente riscontrabili in situazioni di impluvio, più frequenti nella zona montana, più sporadici in quella collinare.

Una considerazione importante deve essere fatta per la presenza della robinia. La leguminosa ha trovato infatti favorevoli condizioni di diffusione proprio lungo l’interfaccia tra le aree forestali e le aree urbane di fondovalle. Nella parte montana la si trova presente in forma non esclusiva per il 13% della superficie forestale complessiva, più diffusa in prossimità delle aree urbanizzate. Nella parte collinare, in particolare, la robinia è assai diffusa nelle zone del territorio comunale più pianeggianti, non comprese nel PLIS, dove è specie prevalente; all’interno del PLIS risulta presente con una formazione consistente, anche se mista, solo nella porzione occidentale.

Il disturbo ecologico causato da diversi fattori quali il traffico veicolare, il carico degli inquinanti ma anche l’utilizzazione forestale eccessiva di aree facilmente esboscabili, hanno infatti permesso il crearsi di condizioni tali da rendere competitiva la robinia rispetto a tutte le altre specie forestali. La robinia costituisce pertanto una potenziale problematica per le aree forestali del basso Lario, e di questo si dovrà tenere conto nell’ambito della formulazione degli indirizzi colturali per i boschi all’interno del PLIS del Monte di Brianza.

Localizzata ma significativa, soprattutto per la parte montana, la presenza di formazioni a prevalenza di ontano nero (Alneto di ontano nero d’impluvio).

Per quanto riguarda la parte collinare, cioè quella riferita ai territori dei Comuni di Airuno, Brivio e Olgiate Molgora, il Piano di Indirizzo Forestale della Provincia di Lecco li inserisce nella macroarea n° 3 – Area collinare superiore. In questa porzione collinare del PLIS, come già detto, la tipologia forestale prevalente, in maniera quasi esclusiva, è il Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli mesoxerici. In questa parte collinare si evidenziano poche altre presenze degne di menzione che, nel complesso, rappresentano meno del 10% della superficie interessata:

a) in Comune di Airuno, presenza di Acero - frassineto, localizzata negli impluvi a nord e a sud di Azzurro e a est della località Taiello

15 b) ancora in Comune di Airuno, ancora più a nord, verso Campiano, presenze localizzate di Alneto di ontano nero d’impluvio e aceri - frassineto con ontano nero

c) ancora nel limite nord del Comune di Airuno, in prossimità della località Ceré è presente una piccola fascia di querceto a rovere

A livello di forme di governo appare ovunque dominante il ceduo, in quanto il castagno ben si presta a tale forma di utilizzo. Va detto peraltro che le utilizzazioni, talvolta eccessivamente intense, sono state limitate alle aree più accessibili, mentre aree più interne e acclivi che non sono state oggetto di utilizzazione, possono presentare situazioni di abbandono con conseguenze assai negative sulla stabilità dei suoli.

CARATTERIZZAZIONE DELLA VIABILITA’ SILVO PASTORALE

La viabilità di servizio alle aree forestali della zona montana ammonta ad un totale di circa 16.850 m (circa 16 km, dato Piano di Indirizzo Forestale), così ripartita:

− Valgreghentino: 9.340 m;

− Olginate: 7.060 m;

− Garlate: 443,6 m.

Tale viabilità si presenta meglio distribuita nel Comune di Valgreghentino. Lo sviluppo della viabilità di servizio all’interno del territorio comunale di Olginate e di Garlate presenta invece minori valori. Tuttavia, in generale, non sussistono gravi limitazioni all’accesso alle aree forestali.

All’interno dei tre montani Comuni interessati vengono previsti dal Piano di Indirizzo Forestale della Comunità Montana interventi di:

− Ricarica del fondo;

− Eliminazione di vegetazione invadente;

− Posa di canalette per lo sgrondo delle acque;

− Stabilizzazione di scarpate;

− Stabilizzazione del fondo mediante cemento;

La parte collinare dell’area del PLIS presenta caratteristiche simili a quella montana per la qualità della viabilità forestale esistente. All’interno del Piano di Indirizzo Forestale della Provincia di Lecco è stata rilevata la necessità di interventi migliorativi di connessione con la viabilità dell’area montana, in particolare sul versante meridionale del monte Crosaccia, e tra Campsirago e Aizurro.

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OPPORTUNITA’ DI SVILUPPO PER IL SETTORE FORESTALE

Il territorio del costituendo PLIS del Monte di Brianza presenta una serie di opportunità e di criticità che possono essere tradotte in azioni di sviluppo del settore forestale locale.

Tra le opportunità si individuano:

− Buoni livelli di produttività dei soprassuoli (castagneti),

− Localizzate possibilità di utilizzo di prodotti legnosi di basso valore quale fonte di energia rinnovabile;

− Possibilità di interazione con le realtà imprenditoriali agro - forestali operanti nel territorio;

− Presenza di piccole realtà locali ancora legate alla coltivazione del castagno da frutto e alla lavorazione artigianale del legno.

− Elevati livelli di fruibilità turistica dovuti alla vicinanza a importanti centri urbani, alla propria forte valenza paesaggistica e anche per la prossimità di altre aree naturali di grande pregio (Lago di Como, Parco Monte Barro, Palude di Brivio, ecc.);

Tra gli elementi di criticità si sottolineano:

− Regime di proprietà quasi esclusivamente privato e con notevole frammentazione, salvo pochi casi.

− Degrado nella composizione e nella struttura forestale di alcuni soprassuoli con particolare riferimento alle aree di fondovalle;

− Abbandono colturale di molte formazioni a castagno;

− Problemi fitosanitari in alcuni castagneti;

L’insieme dei fattori di opportunità e di criticità può tradursi in un programma di massima che abbia come obiettivo lo sviluppo, tramite azioni progettuali specifiche, del settore forestale.

Fra le possibili azioni di valorizzazione e sviluppo si prospettano le seguenti:

− Valorizzazione della coltura del castagno: potranno essere previste una serie di azioni a favore della castanicoltura da frutto e da paleria. Tra le azioni potranno essere previsti specifici indirizzi colturali a favore della produttività del castagneto, interventi dimostrativi per il recupero di castagneti da frutto, interventi formativi per proprietari di boschi di castagno, ecc. Saranno inoltre da prevedere opportuni indirizzi di gestione che puntino alla realizzazione di piccole filiere basate sull’utilizzo delle formazioni a castagno.

− Riqualificazione dei boschi degradati a presenza di robinia: predisposizione di indirizzi che prevedano l’utilizzo produttivo dei boschi a maggiore presenza di robinia (biomassa legnosa a fini energetici) o alternativamente l’applicazione di

17 modelli colturali conservativi volti all’ottenimento di formazioni a maggiore grado di coerenza ecologica e strutturale.

− Sostegno alle piccole filiere locali basate sull’utilizzo delle risorse legnose: nella realtà indagata esiste un discreto numero di soggetti locali (agricoltori/utilizzatori, falegnami, commercianti, ecc.) su cui sviluppare piccole iniziative di filiera

− Razionalizzazione e sviluppo della rete sentieristica: gli intensi livelli di fruizione turistica giustificano azioni di valorizzazione della rete sentieristica, tramite azioni che possano prevedere l’uniformità della segnaletica sentieristica, la sistemazione della rete tramite piccoli interventi di consolidamento e ingegneria naturalistica, la promozione e la diffusione delle valenze del territorio.

− Riordino del sistema viabilistico a servizio del bosco: obiettivo perseguibile tramite interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria così come indicati all’interno del piano della viabilità.

CONCLUSIONI

La programmazione in materia forestale per l’area del costituendo PLIS potrà fondarsi sui Piani di Indirizzo Forestale della Provincia e della Comunità Montana del Lario Orientale, e potrà trarre beneficio dal coordinamento con le iniziative in atto anche nei territori limitrofi e promosse dai due Enti per le parti di rispettiva competenza. Nel merito della gestione del territorio del PLIS in materia forestale, tutte le azioni dovrebbero prevedere un coordinamento con il Consorzio Forestale Provinciale. In particolare si può rivelare determinante il coinvolgimento delle proprietà private, almeno le più rilevanti, per effettuare una azione concreta sul territorio.

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