CONSIGLIO REGIONALE DI SCHEDE DI DOCUMENTAZIONE UFFICIO DEL SISTEMA INFORMATIVO

di: Alfonsina Russo La Preistoria

LE PRIME TRACCE DELL’UOMO IN BASILICATA

Grumento e l’alta val d’Agri

L’alta Val d’Agri, circondata dal massiccio del Volturino (m. 1800 s.l.m.) e dai monti Amoroso e Serra Longa (da 1200 a 1500 m.s.l.m.), era occupata, durante il Paleolitico, da un ampio bacino lacustre. Esso conteneva una consistente riserva di acqua depositatasi durante i periodi interglaciali e trattenuta da uno sbarramento naturale del Pertusillo, in maniera simile a quella odierna ricreata con la costruzione della diga del Pertusillo. Sulle sponde del lago si era formato un habitat ideale, con un clima caldo umido, adatto per varie specie animali (tra cui l’elephas antiquus) e per i primi gruppi umani, di cui per ora si hanno scarsissime tracce, che vivevano di caccia e di pesca. Le fasi successive della Preistoria, in particolare quelle relative all’età del Bronzo, segnano un netto incremento del popolamento, con piccole comunità di pastori, provenienti dalle zone interne della dorsale della penisola italiana (da cui la denominazione civiltà “appenninica”), e giunti in quest’area lungo gli itine- rari della transumanza. Infatti, l’alta Val d’Agri risulta in questo periodo un comparto territoriale di notevole rilievo economico sia per la ricchezza di risorse idriche, sia per compresenza di pianura adatta all’agricol- tura e di rilievi utilizzati per l’allevamento del bestiame. In alcuni casi, questi gruppi si insediarono stabil- mente, soprattutto sulle colline che circondano la pianura dell’Agri, come ad esempio Murgia S. Angelo, nei pressi di , e Civita di Paterno, siti che presentano una cultura materiale dalle notevoli affinità. La stazione appenninica di Murgia S.Angelo è ubicata su uno sperone roccioso dominante il corso superiore dell’Agri e, al momento, non ha restituito tracce di strutture abitative, ma una sistemazione di grandi pietre piatte poste su un piano naturale roccioso. L’insediamento di Civita di Paterno si sviluppa su un rilievo di circa 900 m. di altitudine e ha restituito i resti di un imponente muro di terrazzamento, di una struttura semicircolare utilizzata probabilmente come riparo e di un consistente strato archeologico pur- troppo non in giacitura primaria, ma trasportato dal dilavamento lungo il pendio. Le ceramiche “appenniniche” rinvenute sono costituite da grandi contenitori (olle, pithoi) o da forme aperte (scodelle, ciotole) in sempli- ce impasto talvolta ornate da cordonature, o ancora arricchite da complesse decorazioni incise (a mean- 1 dro o a spirale), a intaglio e a puntinato, talvolta con una sorta di pasta densa bianca incrostata, o con anse Scheda 4 CONSIGLIO REGIONALE DI BASILICATA SCHEDE DI DOCUMENTAZIONE UFFICIO DEL SISTEMA INFORMATIVO

plastiche sopraelevate. La funzione di questo tipo di vasellame si ricollega, da un lato, alla conservazione delle riserve alimentari, dall’altra, alla lavorazione e alla trasformazione del latte (oltre alle ciotole, ricordia- mo i caratteristici bollitoi con coperchio forato), attività collegata alla pastorizia, principale risorsa econo- mica di queste popolazioni. Frammenti di macine e di macinelli documentano invece la lavorazione dei cereali. La recente apertura del Museo Nazionale di Grumento, collocato nell’ambito del parco archeologico della città romana di Grumentum (vedi prossime schede) ha permesso l’esposizione, nella sala posta a piano terra (vetrina 1, lato A) dei resti ossei fossili pertinenti a grandi mammiferi vissuti nel Pleistocene nella val d’Agri, oltre alle ceramiche appenniniche di Moliterno e Paterno (vetrina 1, lato B e vetrina 2).

Latronico

Il quadro sulle forme di popolamento nell’alta valle del durante la fase preistorica si presenta ancora molto lacunoso, nonostante i risultati positivi conseguiti dagli scavi archeologici condotti nel territo- rio di Latronico, a partire dal lontano 1912. E’ merito di Vittorio Di Cicco, allora direttore del Museo di , l’aver condotto le prime esplorazioni nelle grotte del Lagonegrese (M. Raparo, Cervaro e M. Alpi di Latronico), agli inizi del nostro secolo, in un periodo in cui gli studi paletnologici erano molto in voga in Italia (in Basilicata si avviarono contemporaneamente ricerche nei villaggi neolitici materani, condotte da D. Ridola, e sul Paleolitico di , da parte di Mons. Briscese). I risultati delle indagini vennero tempestivamente pubblicati dal Rellini nel 1917, facendo diventare le Grotte di Latronico un caposaldo per la conoscenza della Preistoria recente del Meridione. Purtroppo a questa prima fase di intensi studi ne è seguita un’altra di totale silenzio durato fino agli anni Settanta, quando le nuove ricerche di G. Cremonesi hanno evidenziato il lungo periodo di frequenza delle grotte da parte di gruppi umani: dalla fine del Paleolitico Superiore (VIII-VII millennio a.C.) all’età del Bronzo (XIV secolo a. C.). Il territorio di Latronico ricade nel comprensorio dell’alta valle del Sinni, alla base del Monte Alpi. Sul versante sinistro del fiume, in località “Calda” o “Bagni”, denominazione derivante dalle numerose sorgenti di acque minerali e termali, in un lembo di travertini pleistocenici, si aprono ampie cavità situate ad una quota di circa 760 m.s.l.m. Il complesso delle grotte comprende quattro grandi cavità: la grotta L1 o Grotta Grande, la L2, la L3 e la L4. All’interno una complessa stratificazione ripercorre un periodo lunghissimo di frequentazione delle grotte, dal Paleolitico all’età del Bronzo. La prima, Grotta Grande, scavata dal Di Cicco, è la più ampia e la più articolata con una serie di nicchie e cunicoli, alcuni dei quali con vistose formazioni stalattitiche e stalagmitiche. La grotta L2 è situata immediatamente a valle della L1 ed è costituita da un ampio vestibolo subcircolare sulla cui destra si apre un profondo cunicolo. La L3, purtroppo suddivisa dalla strada provin- ciale, è invece subito a monte della L1 e si presenta con spessi depositi archeologici formatisi nel corso della frequentazione dell’area adibita a luogo di abitazione. Infine, più a valle è la grotta L4, descritta dal Rellini come sterile, ma che in realtà è forse la più ricca di fascino per le concrezioni calcaree. 2 Scheda 4 Analizzando gli strati archeologici si é preferito iniziare la descrizione dai livelli più profondi e dunque CONSIGLIO REGIONALE DI BASILICATA SCHEDE DI DOCUMENTAZIONE UFFICIO DEL SISTEMA INFORMATIVO più antichi, al fine di ripercorrere diacronicamente la storia delle grotte. I livelli archeologici paleolitici rilevano un’economia semplice, basata sulla caccia ai grandi mammiferi, che vivevano nell’ambiente di foresta alle pendici del M. Alpi, e sulla raccolta di molluschi terrestri. L’indu- stria è del tipo microlitico e testimonia la presenza di strumenti in selce associati a resti di veri e propri chiocciolai (pertinenti a molluschi terrestri) e di mammiferi di notevoli dimensioni. I livelli superiori, databili dal V millennio a.C., indicano l’affermarsi delle culture neolitiche portatrici di nuovi sistemi di vita, con insediamenti stabili la cui economia si fondava sull’agricoltura e sull’allevamento. La cultura materiale si presenta piuttosto varia con ceramiche, le cui forme e decorazioni rilevano l’evoluzione delle diverse facies; si passa dai vasi con motivi impressi a quelli dipinti fino alle raffinate forme vascolari della cultura di Serra d’Alto e Diana del Neolitico tardo, quando contestualmente nell’industria litica compaiono nuovi strumenti, quali, ad esempio le cuspidi di freccia, che indiziano l’invenzione dell’ar- co. Nel corso del Neolitico le grotte sono frequentate per scopi funerari e sacri, legati in particolare alla fertilità della terra. Nel corso dell’età dei Metalli iniziano ad essere utilizzate anche come abitazione pur continuando le deposizioni funerarie. I materiali ceramici rinviano alle culture eneolitiche della Puglia e della Campania (facies del Gaudo e di Laterza) . Durante l’età del Bronzo (XV-XIV secolo a . C. ) tutto il complesso viene intensamente frequentato sia come riparo sia per scopi cultuali. Infatti, il rinvenimento di concentrazioni di materiale ceramico ha fatto ipotizzare la presenza di due depositi sacri connessi con il culto delle acque sotterranee; la deposizio- ne di vasi interi ripieni di semi e frutti rimanda, d’altro canto, a culti agrari in funzione della fertilità della terra. L’interpretazione più convincente relativa a questo periodo è quella che sottolinea il carattere sacro di queste cavità correlato sia alla presenza dell’acqua come simbolo di fertilità sia all’ambito sotterraneo e ctonio. Raffinate sono le ceramiche, in particolare le ciotole e le scodelle, decorate con esuberanti motivi a punteggio formanti motivi curvilinei e ravvivati da una sostanza colorante biancastra. Dopo tale periodo le grotte vengono definitivamente abbandonate. I reperti provenienti da questi scavi sono oggi visibili nel piccolo Antiquarium comunale ubicato in località Calda nei pressi del nuovo complesso termale.

Rotonda

Un ampio bacino paleolacustre era ubicato in corrispondenza di Rotonda nelle alte valli del Mercure- Lao. In prossimità di questo ampio lago si costituì un habitat ideale per lo sviluppo di alcuni gruppi umani durante il Paleolitico. Essi vivevano basandosi su semplici forme economiche, quali la raccolta e la caccia ai grandi mammiferi. Infatti, dal territorio di Rotonda provengono numerosi resti di Elephas antiquus, Hippopotamus amphibius, Equus asinus. In particolare, di grande rilievo è il rinvenimento dei resti ben conservati di un esemplare di Elephas antiquus oggi visibile nei locali della “sala di storia naturale del Mercure” di Rotonda, previa richiesta presso il Comune. 3 Scheda 4 CONSIGLIO REGIONALE DI BASILICATA SCHEDE DI DOCUMENTAZIONE UFFICIO DEL SISTEMA INFORMATIVO

PER SAPERNE DI PIÙ G.CREMONESI, L’Eneolitico e l’età del Bronzo nelle alte valli del Sinni e dell’Agri, in AA.VV., Attività archeologica in Basilicata. Scritti in onore di Dinu Adamesteanu, Matera 1980, pp. 405- 427. S. BIANCO, M. TAGLIENTE (a cura di), Il Museo nazionale della Siritide di Policoro, Bari 1985 S. BIANCO (a cura di), Testimonianze archeologiche nel territorio di Latronico, Galatina 1984 S. BIANCO, L. CATALDO, L’insediamento “appenninico” di Civita di Paterno (Potenza), Galatina 1994

FONTI ICONOGRAFICHE S. BIANCO, M. TAGLIENTE (a cura di), Il Museo nazionale della Siritide di Policoro, Bari 1985 S. BIANCO (a cura di), Testimonianze archeologiche nel territorio di Latronico, Galatina 1984 S. BIANCO, L. CATALDO, L’insediamento “appenninico” di Civita di Paterno (Potenza), Galatina 1994 P. ANGELA, Viaggio nella scienza, Roma 1996

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