Maria Giacobbe

Diario di una maestrina

Il Maestrale Tascabili . Narrativa Maria Giacobbe

Diario di una maestrina

Della stessa autrice con Il Maestrale: Il mare, 1997 Maschere e angeli nudi: ritratto d’un’infanzia, 1999 Gli arcipelaghi, 2001 Scenari d’esilio. Quindici parabole, 2003

Cura editoriale Giancarlo Porcu

Grafica e impaginazione Nino Mele Imago multimedia

© 2003, Edizioni Il Maestrale Redazione: via Monsignor Melas 15 - 08100 Telefono e Fax 0784.31830 E-mail: [email protected] Internet: www.edizionimaestrale.com

ISBN 88-86109-65-2 Il Maestrale Una ragazza di buona famiglia

Nella casa dei miei nonni, che a quei tempi era an- cora la più bella del quartiere, crebbi sino ai sei anni credendomi ricca. Nelle casupole intorno abitavano piccoli contadini, muratori, braccianti, un asinaio, guardie carcerarie. Trattavo i loro bambini con pro- tettiva condiscendenza ma le amiche, quelle con le quali potevo annoiarmi con distinzione, le trovai già pronte nel parentado e nell’ambiente dei colleghi di mio padre. Nessuno però mi impediva di giocare con i figli delle lavoranti a giornata che due o tre volte al mese venivano da noi per le interminabili “cotte”: quintali di grano da macinare e trasformare in anemi- che sfoglie di pane bianco per la famiglia e in grosso pane scuro per i servi in campagna. Anche a noi bambine davano della pasta da gramo- lare “per cominciare a diventare massaie”. Ma se qual- cuno dei ragazzi osava avvicinarsi al tavolo dove le donne lavoravano, veniva respinto con parole di scher- no. “Giovanni-Lucia” era il nomignolo denso di ironia oscura ma sanguinosa dato ai maschi che manifestas- sero femminili preferenze.

7 In primavera abitavamo in campagna e un piccolo bello la sera sedersi attorno al fuoco sul quale, in un calesse tirato da un cavallino grigio ci portava ogni grande tegame nero, friggevano le patate. Poi di nuo- giorno a scuola. Spesso venivano ospiti, signorine e vo nella campagna in collina dove al sole autunnale giovanotti che la sera cantavano seduti sui gradini maturavano lentamente gli ultimi pomodori. Ci sta- del soggiorno. Nella vicina stalla muggivano i vitel- vamo sino a che l’inverno non ci convinceva a tornare li e lontano, nel sentiero dell’orto, brillavano gli oc- definitivamente a Nuoro nella grande casa che, ogni chi verdi della volpe. anno, al ritorno, mi sembrava nuova e abbagliante. Qui babbo mi insegnò a distinguere nel cielo le due Poi mi accorsi di sapere che non eravamo ricchi, la orse e la stella polare; qui senza saperlo ebbi il mio nostra era una “buona famiglia” ma non eravamo ricchi. primo amore nella persona di un giovane servo che is- Il patrimonio dei miei nonni si andava assottigliando sata sulle spalle mi portava a lunghi passi attraverso i divorato dalle imposte, e mio padre in seguito ad alcu- campi, mentre il vento gli gonfiava come una vela la ni sfortunati avvenimenti dovette andare all’estero. camicia di tela azzurra: mi sentivo altissima e mi Dopo la sua partenza la nostra vita apparentemente sembrava che poco sarebbe bastato per affondare la cambiò di poco: scendemmo a mangiare con la nonna mano nelle nuvole che giocavano nel cielo come agnel- e gli zii, chiudemmo il suo studio e questo fu per me li; qui ebbi il mio primo grande dolore per un nido gran sollievo perché il teschio che egli teneva sulla con quattro passeri che mi cadde nel pozzo e decisi di scrivania fu restituito da mia madre, piamente incar- non allevarne mai più, subito però qualcuno, creden- tato, all’ossario del cimitero e finì di popolare le mie do di consolarmi, me ne regalò un altro che accettai notti di macabre apparizioni. Disertammo “la camera per cortesia; qui ebbi in modo violento la sensazione dei bambini” perché da allora mamma ci accolse nel che il mondo era mutevole e che da un momento al- suo letto grande e bianco come un campo di neve. l’altro cose gravi potevano accadere: qui seppi appun- Avevo sette anni e finii di esser bambina. Divenni to che una sorellina era nata e che da allora l’intrusa di colpo la confidente adulta di una adulta. Mia ma- sarebbe stata tra me e mia madre. dre era ancora giovane e aveva bisogno di qualcuno D’estate c’era il mare, una cosa azzurra e lontana cui appoggiarsi: io ero riflessiva e silenziosa e con me che esisteva solo per alcuni mesi, poi cessava di ave- poteva parlare; per mia disgrazia capivo troppo, più re qualunque realtà. di quanto lei potesse sospettare, e divenni triste. In settembre ci spostavamo in montagna quando Erano gli anni della guerra civile in Spagna. Quasi già le prime erbe spuntavano sotto le querce ed era tutte le persone che io conoscevo parteggiavano per “i

8 9 rossi” e la mattina, porte e finestre sprangate, mentre Molte erano le cose proibite, quasi tutte, e mi abi- mi rifaceva le trecce e mi preparava per la scuola, tuai a credere che nulla si poteva fare senza che qual- mamma ascoltava Radio Barcellona. Avevo idee con- cuno avesse il diritto di gridare una condanna che fuse su tutto ciò, soltanto sapevo che in un paese non impegnava la terra e il cielo. Per fare le cose proibite lontano dalla Sardegna e a questa molto somigliante si ci voleva coraggio e io ammiravo il coraggio. combatteva “per la libertà”. C’era stata anche un’altra guerra, in Africa. E me Libertà era una parola che mi piaceva e avrei volu- ne ero accorta perché un nostro vicino bracciante era to dirla a voce alta, correre per le strade gridandola a partito “per guadagnarsi un po’ di soldi”, come dice- gola aperta, affacciarmi alla finestra e dire “libertà” va la moglie, ed era morto. I figli, anche la più pic- in modo che tutti mi sentissero. Ma sapevo che “era cola, di appena un anno, presero il lutto. proibito”. La guerra d’Africa per me erano anche le bambine Era anche proibito ascoltare le stazioni che mamma che sulla piazza cantavano: “Vogliam vedere il Negus / ascoltava, era proibito “parlare male del Duce” ma gli taglierem la barba / per far gli spazzolini / e luci- tutti, sia pure a bassa voce, ne parlavano male. dar le scarpe / al Duce Mussolini”. Il Duce era un personaggio importantissimo, miste- La canzone mi era antipatica e non mi univo ai co- rioso e terribile, di cui in bene e in male tutto ciò che ri, ma non potevo evitare a me stessa di immaginare si raccontava sembrava leggenda. Ma un giorno qual- il Negus come un mostro con enormi baffi sporchi di cuno davanti a me lo chiamò “buffone”. Ne fui turba- lucido. ta e felice ma per discrezione finsi di non sentire. Nei lunghi pomeriggi estivi quando i grandi face- Il suo profilo con un’enorme mascella e l’occhio tru- vano la siesta, alcune ragazze del vicinato, figlie di ce era stampato a vernice su ogni cantonata insieme a un muratore, cantavano con indecente trasporto: “ca- frasi che sillabavo faticosamente tornando da scuola, labrese era Tito Minniti - nel bel fiore di sua gio- senza però riuscire a penetrarne l’oscuro significato. ventù”… Anche la mia maestra era “antifascista”, lo sapevo e Concepii in quel periodo per il povero Minniti una me ne sentivo orgogliosa sebbene non capissi con pre- avversione quasi pari a quella che durante i mesi di cisione che cosa significasse ed evitassi di ripeterlo scuola mi aveva incattivito verso la mia compagna di perché sapevo che “essere antifascista” era una delle banco, una bambina clorotica dalle unghie traspa- cose più proibite. E forse proprio per questo mi pia- renti e un eterno profumo di borotalco alla rosa. La ceva. Come mi piacevano i banditi. sua troppa soavità mi aveva disgustato.

10 11 Sapevo che gli aviatori italiani mitragliavano i ne- danti che dovevano darcelo. Spesso pioveva o si alza- gri inermi e me ne vergognavo. Ma ero bambina e il va il vento, il freddo entrava sotto la luttuosa mantel- ricordo più vivo di quegli anni è il desiderio segreto luccia della divisa e mi rimetteva in circolo la mala- e disperato di un paio di scarpe di camoscio bianco. ria. Fu allora che cominciai a soffrire di tonsillite e Le desideravo con tutta la forza e la tenerezza di cui poi di reumatismo; generalmente la febbre mi saliva ero capace. Le immaginavo morbide e candide come dopo le sfaticate littorie. Ma nessuno poteva raccoman- colombe, con due piccoli bottoni da un lato e le suo- darmi e non ottenni l’esonero. le flessibili. Pensavo che un paio di scarpe così mi Avevo undici anni quando Mussolini disse che avrebbero fatto diventare più bella e forse anche più “avrebbe spezzato le reni alla Grecia” e attaccò la Fran- buona. C’era in me una diabolica vanità che nessuno cia invasa dai tedeschi. Proprio in quei giorni a casa at- sospettava perché io gelosamente la nascondevo ma- tendevamo il passaporto che ci avrebbe permesso di scherandola di modestia. Tenevo molto alla fama di raggiungere babbo in America. Le pratiche sembrava- bambina saggia e mi vergognavo dei miei desideri no bene avviate e in previsione della partenza mamma infantili, mi vergognavo anche della mia debolezza ci aveva comprato degli abiti nuovi di crespo e per sé per le scarpe di camoscio bianco e non ne parlai con aveva ordinato un tailleur di canapa bianca. Aveva da- nessuno. Ma forse anche parlarne sarebbe stato inuti- to ai poveri la nostra roba invernale, quasi tutta la le. Erano per la mia famiglia tempi molto duri. Bab- biancheria della casa e gran parte dei mobili. bo dall’estero non ci poteva mandare nulla, nonna ci La dichiarazione di guerra bloccò ogni possibilità dava da mangiare ma soldi ne aveva pochi anche lei, di partenza, i prezzi salirono spaventosamente e an- appena quanti bastavano per pagare le imposte e an- dammo incontro all’inverno con i nostri eleganti abi- dare avanti giorno per giorno “senza fare brutte fi- ti da crociera e senza lenzuola. gure”. Non c’era spazio per il superfluo. Fino al suo ritorno dopo la guerra non avemmo più Il tempo passava ed entrai al ginnasio. Ero una sco- notizie di babbo e ci sembrava di essere orfane. lara attenta e volenterosa; spesso però mi ammalavo e Non si poteva andare al mare per via dell’oscura- mi toccava faticare molto per raggiungere i compagni. mento e della sicurezza costiera, molti giovani cono- Il sabato bisognava andare all’adunata per ottenere sciuti partivano per la guerra, alcune bambine con le sul tesserino della Gil il timbro senza il quale non si quali giocavo misero il lutto, eravamo tutti mala- poteva rientrare a scuola. Stavamo interi pomeriggi, mente coperti di stracci. La vita era triste. sino all’imbrunire, in attesa che arrivassero le coman- Entrai al ginnasio superiore con un orribile cappot-

12 13 to di orbace cremisi tutto gobbe e curve, una fodera ta e sfollammo in montagna. C’erano nell’improvvi- di mollettone celeste spuntava dai gomiti sfilacciati. sato villaggio nel quale ci stabilimmo altre famiglie Per molto tempo finsi di avere le scarpe dentro le ga- con molti ragazzi: sebbene tutti fossimo quasi scalzi losce che ero costretta a portare anche nelle giornate facevamo lunghe passeggiate e, con un vecchio gram- di sole perché in realtà non avevo che un pezzo di to- mofono che a turno dovevamo girare col dito perché maia senza suole. Poi anche le galosce si bucarono e la corda si era spezzata, imparavamo a ballare. dovetti inaugurare gli zoccoli che ogni pochi passi si Eravamo antifascisti e non vedevamo l’ora che la schiodavano, e bisognava fermarsi per batterli con un guerra finisse, e con la sconfitta che meritavamo. Le sasso. Imparammo a filare la lana delle pecore sarde e notizie di Radio Londra venivano fatte circolare a bas- con gli uncinetti facevamo gonne e maglie, ma era sa voce ma erano le uniche alle quali si prestasse fede. troppo ruvida e non si riusciva a sopportarla sui pie- Non di tutti gli sfollati però ci si poteva fidare; di un di e sulle gambe, perciò ci abituammo a non portare tale si diceva che appartenesse all’Ovra. Anche i figli calze neppure nelle giornate più fredde. ci facevano schifo e li maltrattavamo. Dopo i bombardamenti su del marzo ’43 co- C’era nei paraggi una pattuglia di osservazione an- minciarono a piovere gli sfollati e “la repubblica nuo- tiaerea: dei poveretti che per vincere la noia bevevano rese”, come allora si diceva alludendo al fatto che da sino a non distinguere più tra il motore di un’auto in noi non si era ancora sofferta la fame, cessò il suo pri- fondo alla valle e il rombo di un aereo. In quelle ma- vilegio e conobbe le lotte per un cespo di lattughe e un ni la città di Nuoro non era molto sicura, fortunata- etto di carne. Alle due-tre del mattino si cominciava- mente gli alleati non la ritennero degna di un solo no le file davanti al mercato e quando alle sette i can- bombardamento. celli venivano aperti la ressa era tanto furiosa che spes- Una sera in cui lampi frequenti e silenziosi annun- so qualcuno doveva essere trasportato all’ospedale con ciavano temporale, mio fratello e un amico scesero in le costole sfondate. Gli argomenti più interessanti del- gran segreto per abbattere un grosso DUX in com- le conversazioni di salotto erano a quei tempi le ricet- pensato bianco che deturpava il paesaggio all’uscita da te per i fritti senza olio e per le polpette senza carne. Nuoro. Quando venne l’ora di andare a letto mia ma- La mia famiglia stava relativamente bene perché la dre e la madre di Gino li cercarono lungamente, poi si proprietà ci forniva quanto era sufficiente a non far- rassegnarono a ritirarsi senza di loro. ci patire la fame. Da poco era sceso il silenzio nel villaggio quando Si diceva che anche Nuoro sarebbe stata bombarda- un gruppo chiassoso di giovanotti a cavallo salì da

14 15 Nuoro per dare anche a noi la grande notizia: “Mus- nosci? La nuova scuola cui il tema allude è il liceo”. solini è caduto, il fascismo è crollato!” Lo studio era arido e mnemonico, le materie troppo Nonostante tutto ci eravamo evidentemente convin- numerose e pesanti non lasciavano tempo per le libe- ti che il regime fosse eterno: ci riuscì difficile infatti re esperienze nel campo della cultura contemporanea. realizzare il significato di quelle parole tanto semplici. Le uniche ore possibili erano quelle di filosofia in cui Particolarmente difficile era per chi come me e i il professore ci stimolava a una vivace ginnastica men- miei amici era nato e cresciuto sotto la dittatura e tale. Le altre bisognava subirle solo per raggiungere la quindi con l’impressione che il mondo cominciasse necessaria sufficienza… Se c’erano curiosità per la vi- in Calabria e finisse nelle Alpi, tutto il resto era ap- ta e l’arte moderna bisognava soffocarle perché inuti- parenza fantastica; democrazia era parola senza signi- li e dispersive. ficato, libertà un bel suono proibito. In seconda liceo mi ammalai e con sollievo lasciai I vecchi conoscevano Bandiera rossa e l’Inno dei lavo- la scuola. Due anni di noia e di malinconia. ratori; nello spiazzo sotto la quercia, sinché non spuntò Mi dispiaceva esser “figlia di famiglia” e tentai di l’alba, si bevve del vino e si fecero cori, stonati ma in- impiegarmi. Ma per una ragazza “della mia condizio- dubbiamente antifascisti. ne sociale” non era facile cosa trovare lavoro. Dopo alcuni giorni quelli che avevano cantato furo- Non un lavoro manuale nella fabbrica di ceramica no chiamati in questura, i più compromessi rimasero che andava sorgendo e che mi attirava molto: sarebbe al fresco per alcune settimane. Bandiera rossa e l’Inno stato indecoroso. Non un impiego perché non avevo dei lavoratori erano canzoni proibite. Chi aveva credu- titoli di studio validi ad ottenermene uno pari come to che “il fascismo è crollato” “Mussolini è caduto” si- importanza alla dignità del mio clan… Ma che cosa gnificassero l’abrogazione di tanti divieti cominciò a dunque? perdere le illusioni. Molti ridivennero prudenti. Di ritornare a scuola, al liceo, quando già le mie Quello stesso anno entrai al liceo. Il primo tema compagne erano all’università, non me la sentivo. Fra che ci venne dato era: “Una nuova scuola si apre davanti le ostilità dei familiari che giudicavano ciò un volon- a noi…” Parlai della scuola libera e democratica con- tario declassarmi, diedi l’abilitazione magistrale e de- trapponendola a quella oppressiva e fascista che ave- cisi di fare la maestra. Ma il primo anno, malgrado i vo conosciuto sino ad allora. Il professore mi rimpro- miei buoni voti, rimasi disoccupata. E per molti me- verò “Che ne sai tu della libertà e della democrazia? si feci l’esperienza della vita elegante di provincia. Perché complicare tanto parlando di cose che non co- Cominciai a “frequentare”… I miei amici erano bra-

16 17 vi ragazzi della migliore società nuorese, con essi tra- Due settimane di supplenza significavano, con la scorsi giornate di noia raffinata e angosciosa. Organiz- possibilità di averne altre in seguito, un avanzamen- zavamo balli e trattenimenti ma già sapevamo quali to di mezzo decimo di punto nella graduatoria. Nel- sarebbero state le nostre battute di spirito, quali bar- la nostra carriera infatti si acquista il diritto al lavo- zellette avrebbero tentato di strappare un sorriso alle ro solo lavorando e più si sta disoccupati meno spe- nostre labbra sempre atteggiate ad amari sbadigli. Ci ranze si hanno di trovare lavoro. ripetevamo con squallida povertà di fantasia. Dimenticai gli impegni mondani e con entusiasmo Spesso decidevamo di sbarcare al mare la nostra de- iniziai la mia nuova vita. pressione: ci stipavamo sulle automobili dei più ric- chi e, dopo aver corso per quaranta-cinquanta chilo- metri, trovandoci sulla scogliera ci accorgevamo che la noia era ancora lì, tra noi, inesorabile. Ospite in- desiderata ci inseguiva ovunque ma finivamo per fre- giarcene, come del simbolo della nostra raffinatezza. Ci lasciavamo vivere e solo ogni tanto, con un fu- gace e incomprensibile brivido, ci accorgevamo del tempo che passava. Io, per la mia smania di essere indipendente e di la- vorare, venivo considerata dai miei amici un’origina- le… Per ridere mi chiamavano “la maestrina” e mi irritavano. Finalmente, il secondo anno, a metà marzo, quan- do con loro cercavo di non perdere nulla di quel po- co che il carnevale a Nuoro può offrire, fui chiamata dal Direttore. Una supplenza di quindici giorni in una scuola di tricofitici e di tracomatosi. Bisognava partir subito, il titolare si era ammalato e i bambini già da due gior- ni non avevano maestro.

18 19 Noviziato vagante

Arrivai che imbruniva. Per saziare la curiosità dei paesani raccolti in piazza nell’attesa di un qualche svago, dalla corriera non scesi che io. C’era anche il maestro fiduciario per farmi gli onori di casa, il cappello in mano e il cranio luccicante agli ultimi chiarori del crepuscolo. Lo riconobbi per l’a- spetto borghese che lo distingueva dagli altri uomini del crocchio. Fu molto gentile. Mi offrì da cenare e da dormire, per quella notte, in casa sua; l’indomani avrebbe prov- veduto personalmente a cercare una famiglia che po- tesse ospitarmi. Si scusò, quasi se ne sentisse responsa- bile, del fatto che il paese era privo di acquedotto e, inutile dirlo, di fognatura. Per la sua cortesia dimen- ticai il suo aspetto sgradevole. La moglie, una donna anziana nel costume tradizio- nale, si fece vedere solo per servirmi la cena, in silen- zio, e per prepararmi il letto sul divano del salotto nel quale avevo anche cenato. Tremavo di freddo ma non volli mettere i miei ospiti in imbarazzo chiedendo di entrare nella cucina dove immaginavo un camino

21 grande, tiepido, accogliente più di quella stanza spen- riuniti in una sola aula per evitare il contagio ai com- ta dai ricami, i cuscini, la muffa, la polvere e i ninno- pagni sani. li di pessimo gusto che pure dovevano essere l’orgoglio Nel cassetto del tavolo che fungeva da cattedra tro- della padrona e, come seppi più tardi, dell’intero pae- vai dell’alcool e del cotone idrofilo che il mio collega se che ne parlava come qualcosa di fiabesco, da “Mille adoperava ogni giorno dopo la lezione. e una notte”. I ragazzi non mancavano di intelligenza e di vivacità La mia aula era una piccola e tiepida stanza a pian- e, benché sfigurati dalla tigna, mi sembravano quasi terreno in una casetta decrepita ai margini del paese. belli: gli occhi accesi e vivaci, quelli che ancora non li L’unica finestra, piccolissima e munita di una fitta in- avevano distrutti dal tracoma, e le bocche fresche an- ferriata, guardava verso la valle allora tutta rosea per i che se restie al sorriso. Tuttavia, soprattutto la prima fiori di mandorlo: il loro profumo arrivava a ondate sin settimana mi fu molto faticosa; il maestro che sosti- dentro l’aula e per qualche minuto almeno scacciava il tuivo - non ebbi mai la ventura di conoscerlo - doveva tanfo stagnante. Il pavimento era di semplice terra essere molto amato dai suoi allievi che guardavano me battuta, separato dal piano superiore solo da un tavo- come una usurpatrice. lato sconnesso che non ci impediva di seguire, con l’u- Non ci furono ribellioni aperte, solo un’ostilità se- dito, le fasi della toeletta mattutina di coloro che vi greta la cui unica manifestazione esteriore era an- abitavano e che concludevano i loro parchi lavacri get- noiata indifferenza per la mia persona. tando dalla finestra sovrastante alla nostra dell’acqua Mi sforzavo di “svolgere il programma”, mi sforzavo sudicia i cui schizzi inzaccheravano la lavagna. di essere piacevole, cercavo di divertirli… niente! Tut- I banchi erano lunghe assi sgangherate su ciascuna to urtava contro il ghiaccio della loro antipatia. Erano delle quali sedevano in fila cinque-sei bambini. Quan- certo molto civilizzati, mai nessuno mi disse una pa- do uno di loro aveva bisogno d’uscire, tutti gli altri rola irrispettosa né alcuno fece un gesto sgarbato; solo dovevano spostarsi. si sforzavano di ignorarmi, sopportandomi - devo am- Erano appoggiati in due gruppi alle pareti, tra essi metterlo - con una certa pazienza in attesa che il loro restava appena uno stretto passaggio dalla mia sedia maestro tornasse. alla porta, che dava su una loggia dove ogni tanto un Finalmente un giorno, la terra o forse il cielo mi vecchio asino annoiato ragliava. vennero in aiuto sotto forma di una grande biscia ne- Cominciò qui la mia carriera di maestra. I bambini ra impigrita dal sole. Apparve all’improvviso all’ar- erano ventisei. Frequentavano classi diverse ma erano chitrave della finestra.

22 23 Non so chi si accorse per primo e attirò l’attenzione fia cattolica la Madonna schiaccia col piede. Io, non su di essa. solo non ero scappata come qualunque altra avrebbe Scivolò lungo le pareti e, indolente, rimase sul da- fatto, ma la toccavo senza ribrezzo e l’ammiravo. vanzale in attesa che una decisione maturasse nel suo Purtroppo non ebbi tempo di consolidare il mio spirito. A un tratto si risolse e con tranquilla maestà successo che già i quindici giorni erano terminati. scivolò dentro l’aula, nella macchia di sole sul pavi- Ebbi in seguito altre supplenze: un mese in un luo- mento. go, quindici giorni in un altro. Paesi nuovi, volti nuo- Fin dal suo primo apparire un silenzio teso aveva vi. Stazzi sperduti lungo la costa, villaggi aggrappati coagulato il brusio che è normale in un’aula scolasti- alle falde dei monti, tutti simili per la loro bellezza ca. Affascinati ne seguivamo i movimenti, trattenen- selvaggia e per le abitudini di vita dei loro abitanti in- do il respiro per timore che un nostro gesto la facesse catenati a tradizioni antichissime che le condizioni es- sfuggire. terne non possono corrodere perché anch’esse da seco- Quando fu in mezzo alla polvere, sotto la lavagna, li non mutano; tutti paurosamente simili per la mise- con la rapidità silenziosa e repentina del gatto un ra- ria che quasi colma la monotonia dei giorni che sol- gazzo del primo banco le si gettò sopra con le mani tanto l’arrivo insperato di un forestiero sembra avere il aperte e la catturò. potere di schiarire per un momento. L’unico svago è lo Subito ci fu un gran chiasso. La tensione si era scopone e, nei paesi che hanno la fortuna di essere le- spezzata. I bambini uscivano dai banchi rumorosa- gati al mondo da una strada, il passaggio delle rare au- mente e si affollavano attorno al cacciatore. tomobili e della corriera. Questo per gli uomini. Le Era il mio momento. Non voglio atteggiarmi ad eroe: donne hanno solo il lavoro. La sola vita sociale che sia anche io sono cresciuta in campagna e da bambina loro concessa è quella che la chiesa può offrire con le mi piaceva giocare con le bisce come mi piaceva cer- sue funzioni. La messa, la predica, il rosario sono le oc- care tra il fieno i nidi dell’allodola. Perciò non ebbi casioni in cui le donne possono riunirsi senza dare mo- difficoltà ad impadronirmi del rettile e a lodarne, tra tivo di pettegolezzi e di scandalo. E per una donna la lo stupore ammirato dei miei alunni, le dimensioni buona reputazione vale più della vita. eccezionali e la pelle cangiante. Presi anch’io l’abitudine di attendere l’arrivo del po- Le donne, in Sardegna, hanno generalmente un ti- stale con la speranza di vedere, sia pure di passaggio, more superstizioso delle bisce la cui immagine ricol- qualche viso conosciuto o di ricevere giornali e notizie legano forse a quella del serpente che nella iconogra- da casa.

24 25 A Solità la corriera passava alle sette del mattino e te; deve insegnare ai fanciulli a leggere perché fatti anche allora, a meno che non diluviasse, puntualissi- adulti non sbaglino nel decifrare le bollette delle im- ma mi trovavo all’ufficio postale per assistere al suo ar- poste o la cartolina precetto, e a scrivere perché possa- rivo. no inviare notizie a casa quando la patria li avrà man- Ma il più delle volte dentro la vettura non vi era che dati in viaggi non proprio turistici nell’Africa infuoca- l’autista e il fattorino assonnato. ta o nelle distese gelate della Russia; deve tentare di Dopo tornavo a letto oppure andavo in chiesa ad insegnare chi è Babbu Mannu (il Grande Padre) che ci ascoltare la Messa biascicata da un prete grasso e flem- ha creato e che cosa Egli vuole da noi. È molto diffici- matico. le far capire che Babbu Mannu non è il sole e neppure Adesso ho ottenuto l’insegnamento nelle scuole po- il fulmine e che la Madonna, la bella signora il cui ri- polari - dodicimilasettecento lire al mese - e per cin- tratto adorna tutte le case, non è la moglie del Re. que mesi ho alunni miei che posso curare e formare secondo i miei intendimenti, ai quali posso affezio- narmi senza il timore di doverli subito lasciare, che posso abituare al mio metodo. Mi sento un’arrivata, una privilegiata. C’è però sempre il timore - o la speranza? - che, fi- nito il noviziato alle scuole popolari, debba ricomin- ciare le peregrinazioni e, chissà, forse capiterà anche a me di essere destinata allo stazzo di cui mi parlava una collega: non ha medico, levatrice, prete, cimitero. Il prete ci va un paio di volte all’anno per battezza- re, dare la Comunione e consacrare le nozze; il medico manda di lontano i suoi consigli; i morti vengono tra- sportati a spalla per chilometri e chilometri sul sentie- ro per le colline sino al più vicino camposanto; i vec- chi custodiscono sotto il letto a baldacchino le bare che dovranno ospitarli; il maestro da solo deve combattere l’ignoranza e diventare volta a volta medico e sacerdo-

26 27 La feccia di

Il paese dove ora insegno è Oliena. Un grosso bor- go a dodici chilometri da Nuoro, accoccolato ai piedi del versante occidentale di una montagna calcarea che anche d’estate gli nasconde il sole sino al tardo mat- tino. Ma la sera la luce piena lo investe e per molte ore perché davanti l’orizzonte si allunga in un seguito di colli bassi e di vallate. Le campagne intorno sono fertili e piantate a uliveti, vigne, frutteti, orti. Anno per anno si allarga la fascia bonificata e centinaia di olivastri vengono innestati; qui, infatti, ciò che subito colpisce è l’amore della gen- te per l’agricoltura. Tutti aspirano a “possedere” e chi non eredita e non può comprare in contanti si rassegna a dissodare, irrigare, innestare per conto di altri e su ter- reni assolutamente vergini dei quali poi avrà la metà come ricompensa. Per quattro cinque anni la sua vita sarà grama anche se illuminata da una speranza. Poi si accorgerà che il podere così faticosamente acquistato è del tutto insufficiente ai bisogni, sia pure modestissimi, di un individuo e ricomincerà a lottare, da solo e con mezzi primitivi, contro la sua insaziata fame di terra.

29 Tanto peggio poi se ci sono moglie e figli. Questi miglie ne vengono lentamente distrutte. Lo stesso sinché son piccini possono anche campare di nulla, medico, per esercitare la sua professione, deve diven- come gli uccelli; ma quando crescono, se riescono a tare il confidente e l’amico dei suoi pazienti. crescere, il loro stomaco diventa un pozzo senza fon- Tanto è riuscito in questo il medico di Oliena che do. Allora bisogna che lascino la casa per cercare al- nelle recenti competizioni elettorali vi furono solo trove il pane. Cominciano generalmente come ser- due schieramenti: il partito del parroco e il partito vetti pastori poi, quando diventano robusti, trovano del dottore. E, strano a dirsi, proprio quest’ultimo conveniente andare braccianti. Ma da noi i lavori agri- ebbe la maggioranza. coli sono esclusivamente stagionali e ai mesi di fati- Benché il paese sia grande, circa settemila abitanti, ca bestiale succedono quelli in cui la più grave occu- e vicino al capoluogo, non ha ancora né fognatura né pazione consiste nel restringere le proprie necessità acquedotto. Tuttavia non vi è turista che venendo a vitali attendendo che la buona stagione arrivi per Nuoro non arrivi a Oliena dove tutto lo manda in scacciare la fame e il freddo. estasi: i costumi arcaici, le catapecchie “che fanno mol- Anche le donne lavorano in campagna e, a vederle to India” e persino il tanfo che stagna nelle strade. Di nell’abito adorno, eleganti e gentili, non si immagi- questa affluenza di turisti gli Olianesi coscienti non nerebbe che le loro mani conservano le tracce dure sono orgogliosi. Capiscono infatti che si cerca in Olie- della zappa e che la schiena eretta è forse indolenzita na ciò che ormai nei paesi più fortunati la civiltà ha per esser rimasta troppo a lungo curva per la raccol- spazzato da molto. E per questo passano talvolta da ta delle olive o per lo spietramento di un campo. manifestazioni squisite di gentilezza ad atti inconsul- Sono anzi le donne che nei periodi di maggiore ca- ti di ribellione, solo che si accorgano che si pensa o si restia si ingegnano a procurare qualcosa che aiuti la allude alle forme primitive della loro vita. famiglia a tirare avanti: raccolgono le bacche di mir- A scuola i miei alunni sono docili quanto si può to e di corbezzolo e si sparpagliano nei paesi vicini, pretendere da persone formatesi nella vita libera dei cariche di questa povera merce che scambieranno con campi, ma se appena sospettano che posso sorridere legumi, grano o abiti usati. della loro ignoranza diventano reticenti e scontrosi. La miseria e il clima fanno sì che nel paese la tu- Non amano parlare di sé e delle loro cose, soprattut- bercolosi sia diffusissima. Vi è di questa malattia un to se ne sono sollecitati. Devo evitare con scrupolo di terrore quasi superstizioso e chi ne è affetto se ne ver- fare allusione alla loro inferiorità intellettuale e, per gogna e la nasconde come una colpa. Perciò intere fa- esempio, devo bandire dalle letture di classe una pa-

30 31 gina del libro di testo nella quale è contenuto il ter- no quelli che muoiono prima di compiere i tre anni. mine “ignorante” che i miei suscettibili allievi cre- Le mamme, benché sappiano confusamente che la dono sia stato scritto con l’unico preciso scopo di of- dentizione e l’estate costituiscono una minaccia per fenderli. Una sera che inserii questa parola nel detta- la vita delle loro creature, credono che l’unica difesa to, alcuni di loro, soprattutto quelli della prima clas- contro questi pericoli sia nel tenerle al seno il più a se che nello sforzo di combinare le sillabe non rie- lungo possibile. Non sanno però che il sudiciume del- scono ancora a seguire il significato di ciò che scrivo- le loro case ove il maiale la capra le galline insieme no, incrociarono le braccia in segno di protesta. al cane e ai gatti circolano liberamente accompagna- Sono trenta uomini tra i diciotto e i venticinque an- ti da uno sciame di mosche, è una delle cause più fre- ni; più un vecchio di circa sessanta. Contadini-pasto- quenti della morte dei loro bambini. Difficilmente ri appartengono alla classe dei “massajos”, lavoratori però potrebbero porre rimedio a questo stato di cose della terra che per vivere devono saper fare di tutto: perché rinunziare al maiale alla capra alle galline zappar le vigne, costruire i muretti a secco che deli- equivarrebbe a rifiutare una delle principali risorse mitano le proprietà, guidare il carro a buoi, mietere il della loro semplice vita. grano, raccogliere le olive, tagliare legna nel bosco, Ed essi amano le loro bestie e nelle notti invernali aggiustare un tetto sfondato, imbiancare la casa, le ritirano dai cortiletti nei quali il vento e la neve si mungere la capra, tosare le pecore… sbattono urlando e i ladri, profittando del buio, po- Quasi tutte famiglie numerose le loro perché tra i trebbero fare man bassa. Le raccolgono nelle cucine contadini di Oliena due sposi degni devono mettere calde e affumicate dove tutti insieme dormono un al mondo un figlio ogni anno o al massimo ogni due. comune sonno di animali stanchi. Questa consuetudine ha certamente origine nella Ho ereditato i miei alunni da una giovane collega convinzione, e più nel sentimento, che i figli sono un olianese che dopo un mese di scuola ha abbandonato dono di Dio; ma ha pure la sua giustificazione eco- tutto e, in gran segreto per evitare familiari opposi- nomica nel fatto che, sino ad alcuni decenni or sono, zioni, è fuggita sul Continente per entrare in mona- non esisteva nei nostri paesi rurali il fenomeno della stero. Temevo perciò di dover lottare anche qui con- disoccupazione e i figli erano considerati una garan- tro la diffidenza degli alunni, tanto più che con la zia per una vecchiaia più serena. Ora sopravvive sol- prima insegnante forse avevano giocato da bambini e tanto il motivo religioso e la forza della tradizione. la mia presenza su questa cattedra poteva ai loro oc- D’altra parte, se molti bambini nascono, molti so- chi sembrare non conseguenza ma causa della perdi-

32 33 ta dell’amica. Nei primi giorni pensarono molto a lei Evidentemente avevo trovato il tono giusto. Quel- e mi domandarono di indicare sulla carta geografica li che erano stati definiti “la feccia del paese” sono la città nella quale si era rifugiata. ora i miei migliori amici. Mi sopportano anche quan- Quando per la prima volta mi trovai sola con essi do sbaglio, perché naturalmente anche questo càpita, nell’aula isolata in fondo a un lungo andito deserto e spesso hanno nei miei confronti un atteggiamento ebbi paura. Fu un attimo, però molto intenso. di protezione. Loro: trenta uomini tutti più alti e più robusti di “Ziu Menduledda” (Zio Mandorla) il vecchio, mi me; io: una ragazza qualunque… porta piccoli mazzi di erbe profumate e di fiori selva- Dietro le finestre c’era il buio della campagna. Uno tici nascosti tra la giacca e la camicia, li depone timi- studente olianese che avevo conosciuto al liceo mi damente sulla cattedra e non osa guardarmi. Sono pe- aveva appena lasciato sussurrando fra i denti: sti e appassiti quando arrivano a scuola, ma odorano – Stai attenta, è la feccia di Oliena… molto e li gradisco. Il donatore, per modestia, ostenta Sapevo di scene crudeli avvenute in classi di scuola di non accorgersi che li dispongo nel vaso con cura. popolare tenute da maestre della mia età, alcune ave- È un singolare tipo di deficiente: adesso a sessanta vano dovuto chiedere aiuto ai carabinieri che armati anni gli è divampato improvviso l’amore per l’alfabe- proteggevano la loro integrità fisica… Salii sulla cat- to, ma non riesce a impadronirsene. Vive solo e ogni tedra per poter esser vista e udita da tutti: giorno va in campagna trascinandosi dietro tutta la – Voglio che diventiamo amici: io sono qui per in- proprietà: una capra che tiene al guinzaglio, una gal- segnarvi qualcosa di cui sentite bisogno e che sinora lina dentro una gabbia, e uno zaino nel quale insieme non avete avuto tempo di imparare, ma sono sicura al pane e al formaggio tiene il libro di lettura. Siede che anche voi avete molte cose da insegnarmi. La no- sul bordo della strada provinciale dove l’erba che cre- stra vita è stata diversa, per me ci sono stati i libri, sce è libero pascolo; e mentre la capra pensosamente per voi un’esperienza di lavoro che mi interesserebbe bruca e la gallina si sgranchisce le gambe con aria im- conoscere. Perciò non voglio che qui ci siano una portante, il vecchio scolaro si affanna sull’impenetra- maestra che parla sempre e degli alunni che ascolta- bile sillabario. no; abbiamo quasi la stessa età, dobbiamo essere un I suoi dettati sono complicati geroglifici; fingo di gruppo di amici che lavorano insieme. Se dirò cose leggerli e qua e là, a caso, faccio dei segni come per che già sapete vi prego di avvertirmi, non voglio far- sottolineare gli errori. In principio, visto che è irrecu- vi perdere del tempo… perabile, preferivo non perdere tempo e passavo dritta

34 35 davanti al suo banco dicendo un rapido e distratto “Va digestione è difficile e spesso ci duole la testa perché bene!” soffriamo d’insonnia. Voi invece mangiate qualunque Ma una sera mi rimproverò indignato: cosa, vi saziate di pane e cipolla e digerite; dopo dor- – Maestra, passa sempre rapida davanti a me come mite pesantemente anche se per terra e non sapete che una littorina! cosa sia mal di testa… Fu molto soddisfatto della frase e la ripeté a lungo, I ragazzi davano segni di irritazione, seguivano i come un disco incantato. movimenti della sua sigaretta e le spirali di fumo Adesso che è primavera e teniamo aperte le finestre, che, tra una parola e l’altra, soffiava dal naso. Qual- farfalle notturne entrano attirate dalla luce. Volano per cuno già si agitava sul banco e sui loro volti si an- l’aria e Ziu Menduledda esce dal banco per acchiappar- nunziava tempesta. Non vista dal mio superiore, con le; crea dello scompiglio perché i colleghi gli schia- lo sguardo li invitavo alla pazienza. Finalmente l’I- mazzano dietro; ma presto i più maturi mettono ordi- spettore se ne andò. ne senza che il mio intervento si renda necessario. – Era tempo! Se non fosse stato per Lei, signorina, Il desiderio che avevo espresso la prima sera si è l’avremmo cacciato via a pedate… davvero realizzato: i miei alunni mi parlano delle lo- E certo avrebbero potuto farlo, perché sono diversi ro esperienze di vita e di lavoro. Mi trattano con ami- da lui, non soffrono d’insonnia e si nutrono di cibi cizia e mi invitano nelle loro case dopo aver prepara- pesanti. to le mamme a farmi cordiale accoglienza. Uno di loro mi fa pena per il suo impotente deside- La sera che ebbi la visita dell’Ispettore ci fu un mo- rio di proseguire gli studi, ne parla sempre e ne scri- mento di imbarazzo: ho proibito di fumare a scuola; ve. È abbonato alla biblioteca municipale di Nuoro e l’Ispettore accendeva una sigaretta dietro l’altra e fa- anche lui, come Ziu Menduledda, nello zaino di cuoio ceva discorsi non so se più assurdi che offensivi, cer- porta in campagna i libri che legge e capisce. to noiosi e fuori luogo: Fa spesso dei componimenti, qualche volta sotto for- – Lo Stato spende per voi milioni e milioni… Voi ma di lettera a me indirizzata. Gli argomenti su cui dovete essere riconoscenti allo Stato… Dovete abi- scrivere li sceglie da solo, a me chiede soltanto la cor- tuarvi a rispettare il lavoro intellettuale perché noi rezione della forma e degli errori d’ortografia. Un che lavoriamo con la mente non siamo come voi: noi giorno ha svolto il tema “Il più bel giorno della mia abbiamo lo stomaco delicato, abbiamo bisogno di ci- vita”. Era quello in cui ben pulito e pettinato si era av- bi fini e leggeri che ci stuzzichino l’appetito, la nostra viato, con molti libri sotto il braccio, alla scuola media

36 37 di Nuoro. Intorno a lui altri ragazzi puliti ed eleganti tempo vengo a scriverti queste poche righe…” formu- con i loro libri. Ma il tema finiva amaramente: “Quel la che sembra alle persone incolte indispensabile per- giorno io l’ho solo sognato. Io li vedevo quei ragazzi, ché una lettera sia propria una lettera e che, forse, ha ma non ero con loro, io quel giorno ero andato a Nuo- la sua origine psicologica nel fatto che per molti lo ro perché mio padre mi aveva allogato come servetto scrivere, e tutte le attività intellettuali in genere, sono presso un pastore, e la mia strada era un’altra”. un lusso che bisogna in qualche modo giustificare. Dei miei alunni solo dodici hanno frequentato la I miei alunni vengono stanchi dal lavoro che tal- prima elementare da bambini. Una volta portato il lo- volta abbandonano un’ora prima del solito per tro- ro fascio di legna e condotta al pascolo la capra o i por- varsi a scuola alle sette e mezzo. Arrivano di lontano, cellini preferivano vagare per il paese e per la campa- spesso camminando a piedi per molti chilometri. gna. Nessuno si curò di mandarli a scuola. Il padre e I banchi sono piccoli e stretti, adatti ai bambini del- la madre divennero grandi e forti senza saper leggere la prima classe di cui occupiamo l’aula e, per poter e scrivere, e così i loro nonni e i loro bisnonni. Ora scrivere, questi uomini robusti vestiti di velluto devo- però, in procinto di andare militari, pensano che non no inginocchiarsi davanti allo scrittoio: il berretto po- potrebbero scrivere a casa e tanto meno alla ragazza sato sul sedile, le mani grosse e scure nelle quali la sot- cui, a tutti i costi, non vorrebbero mandare la solita tile cannuccia della penna scompare, il viso teso in uno lettera scritta dal commilitone gentile e letterato: per- sforzo per essi nuovo e più grave del guidare l’aratro. ciò sono provvidenziali le scuole serali. Appena sanno Ascoltano attentamente tutto ciò che ha diretto rap- o credono di saper mettere insieme qualche sillaba co- porto con l’apprendimento dell’alfabeto, ma se tento minciano a scrivere… dichiarazioni d’amore con nome di avviare conversazioni su argomenti che ad essi sem- e cognome della ragazza alla quale indirizzano i loro brano estranei alla scuola, quelli che cioè nei pro- pensieri: Farris Paolina, Sanna Maria, Moro Michela, grammi ministeriali per le scuole popolari vanno sot- anzi, Micela. to il titolo di parte terza, s’infastidiscono e tentano di È questa delle dichiarazioni un’esigenza che vorrei richiamarmi all’ordine, sia esplicitamente che chiu- soddisfare; ma per timore che i superiori non condi- dendosi in un mutismo ostile e distratto. Uno di essi vidano il mio parere sulla loro utilità ho proibito di si è addormentato ogni volta che mi sono permessa di svolgere questo tipo di componimento… sul qua- parlare della Costituzione italiana, o di dare norme derno di classe. d’igiene e di morale. Tutte le lettere cominciano: “Ora che ho un poco di “Son cose che s’imparano dalla vita e non c’è biso-

38 39 gno di sprecare del tempo per sentirne parlare da una lavoro e ascoltano avidamente tutto ciò che per loro sa maestrina più giovane di noi”, sembrano esprimere di nuovo. Se per qualche ritardatario devo ripetere con le palpebre grevi di sonno e di noia. qualcosa già detta si spazientiscono e non hanno suf- Invece si interessano molto quando cerco di sveglia- ficiente controllo per non dimostrarlo. re in loro il desiderio della conoscenza scientifica e la Hanno ansia di imparare, bruciando le tappe. Gli curiosità della storia umana. Cinque sei settemila an- alunni della prima classe vogliono raggiungere quel- ni fa come vivevano, come si vestivano, che cosa col- li della seconda e questi superare quelli della terza. tivavano, di che si nutrivano gli uomini che abitava- Questi ultimi invece si considerano per certi aspetti no la nostra terra? Come erano le loro abitazioni? Che degli arrivati e ascoltano con qualche sufficienza i cosa sono i fossili che tanto abbondanti si trovano sul- miei consigli perché tentino di migliorarsi. la montagna calcarea che sovrasta il paese? Come ci L’aritmetica, soprattutto per quelli che non conosce- son capitati? Come il fiore diventa frutto? Perché da vano i numeri e perciò neppure le più semplici opera- un certo seme nascono solo piante di una data specie? zioni, era in principio una cosa astrusa e inutile. I loro Che cos’è il fulmine? La luce elettrica? calcoli, anche complicati, li sanno fare a mente con ra- Orizzonti immensi e mai immaginati si spalancano pidità e non vedono perché debbano imparare a scri- alle loro menti ed essi ne rimangono turbati. vere, con tanta fatica, le cose che molto semplicemen- Sinora il tempo ha avuto valore per essi solo in quan- te sanno fare senza l’aiuto di altro strumento che la to misurabile con i personali ricordi e il perché delle memoria e le dita. Superate però le prime difficoltà e cose era spiegato dal Destino. Il Destino è il Dio ter- vinte le prime diffidenze hanno preso gusto a risolve- ribile che fa morire il bestiame, che dà le cattive an- re le operazioni e quanto più complicate sono tanto nate, che fa cadere il fulmine sulla più bella pianta del maggiore è il divertimento. Le moltiplicazioni e le di- frutteto, che fa incontrare due giovani che si ameran- visioni sono per loro ciò che in un certo periodo della no, che fa sì che il mandorlo dia le mandorle e l’ulivo vita di un ragazzo borghese sono le parole incrociate. le olive, che sui colli si sviluppino le viti e sulle mon- Anzi - ora mi accorgo - non sanno se preferire il det- tagne le querce. tato e la lettura alle operazioni di aritmetica. I più La scuola dà i mezzi per sfrondare il Destino di tut- svelti nello scrivere hanno risolto la difficoltà tenendo to il suo potere e per ridurlo a una semplice inven- aperto sul banco, mentre fanno il dettato, il quaderno zione. I miei allievi, con l’ardore distruttore e rivolu- di aritmetica nel quale, tra una parola e l’altra, “con- zionario proprio dei giovani, si appassionano a questo tano le divisioni”.

40 41 Il giorno della chiusura della scuola si avvicina e : scolari all’aggiudu quando ne parlo, con gioia mal contenuta, nonostan- te il piacere che provo a stare a scuola, mi guardano con dispetto e forse con gelosia. Per essi io sono “la maestra”, non esisto come figlia sorella o amica di al- tre persone che essi non conoscono e se, inavvertita- mente, lascio intuire che alla loro posso preferire la compagnia di questi sconosciuti ne hanno un senso di disagio e di delusione. Così ogni sabato hanno bi- Lunghe furono le stagioni della siccità ma ora piove. sogno di domandarmi: – Domani verrà? – e ogni se- Piove da tre giorni, piove da ore ed ore, con monoto- ra c’è qualcuno che esplode contro il bidello quando nia insistente. Dai muri inzuppati si staccano qua e là alle dieci bussa per avvertire che la lezione è finita. calcinacci che scoprono rosa e azzurri dimenticati. Si Non mi illudo che tutto questo interesse, tutto que- racconta di tetti crollati sotto l’ostinata violenza del- sto desiderio di restare a scuola il più a lungo possibi- le acque. le siano effetto di un mio particolare fascino o di mie La mia corriera parte all’alba. Tutti dormono e la eccezionali capacità didattiche. Credo piuttosto che, città sembra deserta; attraversandola ho l’impressio- anche se a scuola devono stare inginocchiati per poter ne di essere una superstite. Alla rimessa una piccola scrivere, anche se per alcune ore devono rinunziare a folla di contadini muti per la preoccupazione. fumare - e questo è uno dei sacrifici più grossi -, an- Dalle colline scendono nuovi torrenti frangiati di che se devono sottostare a una certa disciplina tanto spuma torbida; rotolano massi, spazzano ghiaia, sradi- più difficile da sopportare perché sono cresciuti senza cano alberi. Anche la strada ne è rosa, le cunette si sfal- alcuna costrizione, essi in questa scuola, forse per la dano, frane e tronchi gettati per traverso la interrom- prima volta, sentono di far parte di una società civile pono. Tuttavia nell’incerto chiarore dell’alba autunna- nella quale gli uomini si distinguono dalle bestie non le ogni cosa prende un aspetto di linda innocenza. solo perché un po’ meglio si sanno difendere dalle in- Nel giaccone di pelle la schiena dell’autista è soli- temperie ma soprattutto per la capacità di capire e di da e appoggiata alla spalliera emana una confortevo- esprimere l’essenza delle cose. le aria di sicurezza. Le mani, però, stringono il vo- lante con una forza convulsa che ne mette in rilievo ogni tendine.

42 43 Ed io penso alla nuova vita; al nuovo ambiente, ai con curiosità e ascoltano con indifferenza ciò che la bimbi, al nuovo linguaggio al quale per loro dovrò collega mi va dicendo: abituarmi. Ho insegnato per due anni alla scuola po- – Le tratti come si deve, sa! Sono cattive e maledu- polare e ora ho vinto il concorso. Non so… cate. La povera maestra dell’anno scorso è dovuta an- Sotto un velo di pioggia ecco Fonni! Le case sem- dare in pensione prima del previsto, per colpa loro. brano schiacciate dalle grandi tegole rugginose. Por- Le hanno talmente mancato di rispetto che è dovuta te e finestre sprangate; di vivo c’è solo la pioggia. Mi scappare, proprio così, scappare le dico! sembra però che intorno mille occhi sospettosi mi os- Io, confusissima, mi affanno a dire: servino, come se lì, dietro quei muri sghembi, si vi- – Spero che saranno buone, andremo d’accordo, sa- vano intensamente ore di attesa. ranno buone certamente… All’improvviso, nella piazzetta deserta, è accanto a Ma lei non mi ascolta: me una bimba di nove o dieci anni. – La frusta ci vuole, dia retta a me, la frusta! – Siete la nuova maestra? Venite con me! Agita la destra come se davvero fra le dita tenga uno Mi accompagna a casa correndomi innanzi sotto la staffile. E mi lascia. pioggia e il vento. È scalza, i piedini violacei affonda- Salgo sulla cattedra. La preghiera, l’appello. Passa- no senza esitazione nei rigagnoli turgidi e impetuosi. no così i primi momenti, quelli della maggiore con- La veste di cotone completamente inzuppata, aderen- fusione. Ma dopo, che fare? dole al corpicino magro, si rivela come il suo unico Piove e non si può iniziare con una passeggiata in indumento. Ho un assurdo senso di colpa e rabbrivi- campagna. Bisogna stare fra le quattro pareti. Ma le disco sotto il mio caldo impermeabile. bambine non hanno libri, non quaderni, non penne. Mentre la padrona mi prepara una scodella di caffe- Non so come intavolare una conversazione. Tento latte la bimba, asciugandosi alla fiamma del camino, qualche domanda, mi rispondono tutte in coro. Sto mi dice, col tono ora grave ora noncurante degli adul- in silenzio un momento, dimenticano la mia presen- ti, che non è parente della signora ma che va da lei za e si mettono a chiacchierare e a ridere tra loro, un tutti i giorni per un “aggiudu” e che, nonostante ciò, chiasso altissimo che ho paura arrivi alle altre aule e quest’anno potrà frequentare la scuola. faccia pensare male di me ai colleghi più esperti. Non voglio che le bambine si accorgano del mio sgo- Alla mia classe, una terza femminile, mi presenta la mento. più anziana delle maestre. Trenta visi mi guardano Racconto una fiaba e la faccio durare il più a lungo

44 45 possibile poi le rimando a casa con la raccomandazio- principi azzurri cavalcanti magnifici cavalli dagli zoc- ne di portare, l’indomani, l’occorrente per scrivere. coli d’oro, piccoli uomini bizzarri e deformi, popolano Il primo esperimento di composizione è disastroso. boschi colmi d’ombra e di mistero. Scritture orribili, ortografia e sintassi del tutto parti- Allora finalmente tacciono, non tutte, ché alcune colari e poco somiglianti alle italiane. Ideuzze banali: non sanno ascoltare. La loro fantasia è assetata di cose “lasquola è bela” “lamama e brava”. forti e paurose, è la tragedia che le interessa, il lieto Siamo a scuola già da quindici giorni ma ancora non fine di prammatica le delude. sono riuscita a guadagnarmi la simpatia delle alunne. Ma il programma? È un incubo. Ad esso si aggiun- Sono la maggior parte ripetenti, ripetenti recidive, ve- gono le questue. Una circolare del direttore ci invita terane della scuola. Tra titolari e supplenti devono aver a parlare in classe della tragedia che ha colpito intere cambiato decine di insegnanti e io, nuova del mestie- regioni italiane e a raccogliere tra gli scolari offerte re, devo sembrare loro goffa e priva di imponenza. “pro alluvionati”. Le tratto con ostinata gentilezza, ma, forse proprio Le bambine sono povere e non riescono neppure ad per questo, mi disprezzano. Forse la mia cortesia fa sì avere quaderni a sufficienza, tuttavia penso sia utile, che mi sentano diversa da loro e distante. dal punto di vista educativo, suscitare la solidarietà. Esse stesse, un giorno, con una certa aria di prote- Per rendere viva la lezione porto a scuola dei gior- zione e di superiorità, mi consigliano di picchiarle se nali che, documentandosi con numerose fotografie, voglio ottenere qualcosa: descrivono gli effetti dell’alluvione nelle zone più de- – L’altra maestra aveva un bastone grosso così, – mi vastate. Raccolgo le bambine attorno alla cattedra e dicono con fervore, – e anche a casa all’“aggiudu” ci commento le illustrazioni con le parole che la dram- picchiano quando lo meritiamo! maticità dell’argomento suggerisce. Guardano, ascol- Venendo meno a propositi maturati durante gli an- tano, sembrano commosse. ni di studio mi lascio convincere e, a freddo, distri- Certo la loro fantasia è colpita soprattutto dagli buisco qualche schiaffo. Dapprima è il silenzio, poi aspetti più appariscenti della tragedia: i gruppi iso- una risata serpeggia e esplode. Non so dare gli schiaf- lati sui tetti, i viveri lanciati dagli aerei, i ponti tesi fi e nel darli cerco di non fare male. dai balconi attraverso le strade. Per tutte le quattro ore di lezione non dovrei far al- È arrivato il momento psicologico in cui credo di tro che raccontare quelle terribili fiabe nordiche in cui poter dire che sarebbe bello dimostrare ai più disgra- streghe crudeli, fanciulle bellissime e perseguitate, ziati, con offerte “anche di una sola lira”, la nostra so-

46 47 lidarietà. Due o tre bambine mi consegnano alcune li- go che è più pallidina del solito e, rimpicciolendosi rette lungamente custodite entro le copertine dei li- tutta, cerca di rendersi invisibile. bri. Ma una, guardandomi fisso, quasi con sfida, dice: La chiamo e la rimando a casa. Vorrei poter umi- – Anche a noi la pioggia ha devastato l’orto e nes- liare la mamma che per estrema avarizia, suppongo, suno ci ha dato niente. non vuole pagare la pagella. Lo stato d’animo che io avevo creato è distrutto, la – Non abbiamo galline, – mi dice a bassa voce, – commozione cade come una vela strappata. È strano, mamma non ha soldi e babbo è nel Belgio per lavo- non mi riesce di sentire diversamente da loro. rare. Ho pena della bambina ma sento di dover educare Sono ormai giorni e giorni che tento inutilmente questa gente che non capisce l’importanza della scuo- di raccogliere le trenta lire della pagella. Ma oggi, a la e della pagella e rimando Anna dalla mamma. Per costo di non fare lezione, devo poter consegnare al ben tre volte. Quando la piccola sta per piangere io fi- direttore la somma al completo. nalmente credo e mi vergogno. Pochissime mi hanno portato i denari il primo gior- no, alcune ieri dopo le mie insistenze, oggi quasi nes- Funziona a Fonni un Centro di cultura popolare. È suna e non ho ancora neppure la metà della somma. frequentatissimo, forse più perché vi si distribuisce Tutte mi rispondono: della farina lattea, del formaggio, degli abiti usati, che – Mamma dice che oggi non ha le trenta lire, quan- per il desiderio di imparare. Nel paese la miseria è do le avrà me le darà. grande e se, per avere “il pacco” è necessario iscriversi Non ci credo e le rimando a casa ma solo due, tor- e frequentare le lezioni, ebbene, anche le nonne anal- nando, non mi ripetono la solita frase. Non riesco a fabete sono disposte a uscire di notte per andare a se- credere che in una casa, sia pure di poveri, di poveris- dere nei banchi accanto ai nipoti. Intere famiglie esco- simi, non ci siano trenta lire e vorrei insistere. Mi di- no tutte le sere, col gran freddo che già è cominciato, cono con fermezza che sarebbe inutile a meno che io per recarsi al Centro. non permetta che paghino la pagella con un uovo. L’i- Sono stata invitata a tenere qualche lezione. Accet- dea mi pare accettabile e presto la cattedra prende l’a- to con entusiasmo. In fondo ho nostalgia della scuo- spetto di un banco di mercato. la popolare. Lì, tra me e i miei allievi, si era subito Finalmente tutte hanno pagato! No, manca ancora stabilita una vena di cordialità e di comprensione. una quota. Anna. La cerco con lo sguardo e mi accor- Il Centro di Fonni “funziona” nella palestra delle

48 49 scuole elementari. Vecchi banchi di chiesa sono alli- – Io ne faccio solo due, da due massaie che abitano neati su tre file. A sinistra gli uomini, a destra le gio- nello stesso cortile. vani donne, al centro le vecchie. Una moltitudine. I – Cosa puoi fare tu, piccina come sei? giovani si sbirciano attraverso la barriera degli scialli – Faccio la provvista dell’acqua, quattro o cinque scuri delle anziane che tengono lo sguardo fisso su noi brocche al giorno per famiglia; poi faccio la pulizia ai maestri con espressione caparbia e sospettosa. maiali, scopo il cortile e vado al mondezzaio per get- Mi pare impossibile tenere una qualunque lezione a tar via la spazzatura. questa folla distratta e propongo la divisione in grup- – Quanto ti danno? pi. Non so se mi pagano, ma mi danno da mangiare, e È strano però, nonostante il gran disordine mi rie- qualche volta mi regalano dei vestiti smessi. Certi sce di avviare un dialogo. Spero di poter penetrare, giorni mi danno da mangiare anche la minestra con facendomi amica delle loro mamme e dei loro fratel- la carne! li maggiori, nel mondo che ancora mi è sconosciuto Letizia è una bambina quieta, siede al prima banco delle mie alunne. e non rivolge la parola a nessuno e nessuno pensa di rivolgerla a lei. È figlia di N.N. Su quarantatre iscritte non ne ho mai presenti a A turno con la cugina Antonia porta un grembiule scuola più di trenta. Chi o che cosa le trattiene fuo- nero rattoppato ai gomiti; è quasi sempre scalza ma ri? Perché non studiano le lezioni o le studiano ma- nelle giornate più rigide ha delle enormi galosce mar- le? Perché arrivano in ritardo e molto spesso mi chie- ron allacciate alla caviglia con vistosi bottoni lucidi; dono di uscire prima dell’ora fissata? L’“aggiudu”. quando cammina i tacchi alti e vuoti molleggiano. L’“aggiudu” con la mancanza di libri e di quader- Mi ascolta con la bocca socchiusa e vorrebbe sempre ni, con la fame e il freddo è il mio più potente anta- essere interrogata, è una delle poche che lo desiderino. gonista. Ventuno delle mie alunne vanno all’“aggiu- Spesso viene alla cattedra e mi dice quasi all’orecchio du” e alcune ne fanno tre o quattro in un giorno. Me delle cose molto importanti: la gallinella ha comincia- lo dicono con semplicità e si divertono e inorgogli- to a fare le uova; la mamma le ha promesso che, forse, scono della mia sorpresa. un giorno, le comprerà un album da disegno; ieri, Michela ha le treccine bionde e la carnagione bian- all’“aggiudu”, ha mangiato i maccheroni rossi. chissima, tiene spesso la testa piegata sulla spalla, Di tutte e quaranta è forse l’unica ad essere ancora forse per vezzo ma sembra per stanchezza. bambina. Sono fra i nove e i quattordici anni ma han-

50 51 no una strana maturità per cui quasi mi vergogno di possibile spiego la differenza tra “coste alte” e “coste raccontare come qualcosa di realmente importante - basse”, “dritte” e “frastagliate” a queste bambine-donne fanno parte dei programmi! - le peripezie di Ercole e che non hanno mai visto il mare e che forse, come le le vicende familiari di Iside. Solo Prometeo col suo loro mamme e le loro nonne, non lo conosceranno spaventoso tormento è riuscito a scuoterle. Gli altri mai. eroi mitici, per quanto tenti di renderli forti e persi- Probabilmente mentre io parlo pensano quante vol- no truculenti, le annoiano. Sanno che non sono “sto- te ancora, oggi, col vento che soffia e col gelo che in- rie vere” e non vi trovano interesse come, per esem- durisce le strade, dovranno tornare dalla fontana con pio, alla storia del padre di Rosa. Egli, in una delle ul- l’anfora in difficile equilibrio sul capo. time notti di pioggia, dopo aver rubato il maiale già grasso del vicino più misero, tranquillo si era rimesso Dopo cena i padroni di casa giocano a carte, mari- a letto accanto alla moglie. Ma all’alba il derubato to e moglie; qualche volta si unisce a loro un vicino. con alcuni amici e i carabinieri era andato ad arre- Si accalorano sempre durante la partita e spesso fini- starlo ed egli, mentre la moglie tratteneva quelli alla scono per bisticciare e per dirsi parole grosse. Stasera porta fingendo di trovare difficoltà nell’aprire, era sal- hanno invitato anche me al loro gioco. Il mio rifiuto tato dalla finestra ed era fuggito per i campi. Ed ora li ha offesi e ho dovuto inventare, lì per lì, un males- fa il bandito. Rosa, gli occhi gialli socchiusi, ascolta sere che lo giustificasse. impassibile il racconto delle compagne. Sono due strani tipi, entrambi. Hanno molto bestia- Dagli ultimi banchi mi osservano le più grandi che me, una grande casa ancora in costruzione e, nel Cam- già portano le pesanti gonne di orbace rosso. Ve ne so- pidano, una tenuta di cui parlano come del Paradiso no alcune alte quanto me. Una mi guarda con strani Terrestre. Sono ricchi, ma non hanno figli. occhi cerchiati di ombre oscurissime, ha il viso mol- Lei è malaticcia e ostenta i suoi malanni come un le e un po’ sfatto. Sotto il suo sguardo lento mi sen- simbolo di signorilità. Un altro segno di distinzione to a disagio come se la sua giovinezza e la mia matu- sono le sue disgrazie di cui impone a tutti il raccon- rità siano una finzione. Quando vede entrare in clas- to. La più grave e quella che più la fa lacrimare è la se qualcuno dei miei colleghi si agita un poco sul ban- morte della mamma avvenuta alcuni lustri prima di co, forse arrossisce, poi ricade nel solito indifferente oggi e per la quale porta ancora il lutto. languore. Per due anni non si mosse dal vano del focolare, Faccio la mia lezione e col tono meno cattedratico sempre in attesa delle visite di condoglianza. Sarebbe

52 53 stato oltremodo sconveniente se qualcuno, venendo ne infischiano, non hanno preoccupazioni per le terre all’improvviso, l’avesse trovata occupata in qualche fac- e il bestiame, come noi… Il loro salario arriva lo stes- cenda e, ancora peggio, a mangiare. Naturalmente an- so, anche se l’annata è cattiva, se ne infischiano, non che durante quegli anni si era nutrita, ma solo di pic- hanno tasse da pagare, come noi! Vorrei che stessero coli bocconi delicati che le stuzzicassero l’appetito lan- al nostro posto per un solo giorno… tutto si vende- guente, e sempre nel più gran segreto, a porte chiuse, rebbero, tutto, come è vero Dio, tutto in un giorno! come si compiono le faccende vergognose che la nostra Non sono capaci loro di fare sacrifizi per la proprietà, carne ci impone ma che lo spirito deve ignorare. non sono capaci di nulla loro… Il marito invece è un uomo sanguigno. Anche lui, Osai dire: come la moglie, ha qualcosa da ostentare: le sue let- – Giacché è così lei fa male a sacrificarsi, bisogne- ture. Legge con attenzione tutto ciò che gli capita, dai rebbe metterli alla prova. romanzi a fumetti ai bollettini parrocchiali, dai gior- Mi guardò sospettoso, infiammandosi improvvisa- nali a rotocalco che arrivano a fogli sparsi avvolti a mente, temetti gli venisse un colpo apoplettico, sorri- qualche oggetto, alle lettere dimenticate sui mobili. si e si rinfrancò, prese la cosa in scherzo e rise batten- Ma non si accontenta di leggere, ha bisogno di rias- dosi la mano sul ginocchio: sumere e di commentare. – Ben detto signorina, ben detto! Qualche giorno fa si è lamentato perché nel mio vo- cabolario “non ci sono tutte le parole”. Mi sono così Continuo la mia collaborazione al Centro di cultu- accertata che anche i miei libri e forse le mie lettere ra popolare. Abbiamo fatto due sezioni, una maschile e i miei appunti lo aiutano a saziare la sua fame di co- una femminile. Quest’ultima però è affollata in modo noscenza. sospetto, perciò facciamo circolare la voce che per al- Parla molto e con voce tonante di cui si compiace. cuni mesi non si daranno “pacchi”. Nessun campo gli è estraneo ma la sua passione è la Io faccio a turno lezione ai giovani e alle donne. Le politica. Contro i comunisti è irritatissimo perché vo- vecchie fortunatamente hanno disertato e gli analfa- gliono far diventare poveri i ricchi e ricchi i poveri. beti sono passati ai corsi normali di scuola popolare Sbraita, urla, si accalora, per dimostrare l’irreligiosità che nel frattempo sono stati aperti. e l’immoralità di questo concetto e poi conclude: I giovani mi propongono quesiti ai quali rispondo – Ma se sapessero, se sapessero ciò che ci vuole per direttamente o faccio rispondere da persone più com- mantenere una proprietà! Loro stanno tranquilli, se petenti e disposte a collaborare. Alcuni giorni fa un

54 55 neo-laureato in chimica ha tenuto una interessante Sia i giovani che le donne sono entusiasti del mo- lezione sull’energia nucleare. do organico in cui ora si svolge il lavoro del Centro. Alcuni dei quesiti nascono dalle reali esigenze del- Ho espresso loro il timore, sortomi improvviso, che la loro vita di contadini e di pastori ma, più spesso, le materie da me scelte non li interessino. fanno sbalordire per la loro stranezza. – Ascoltiamo tutto volentieri, – mi hanno risposto, “Chi era Elena Argiva?”. “Quante mogli ebbe Matu- – abbiamo bisogno di imparare tutto. salemme?”. “Chi ha inventato il trasformatore elettri- Alle donne tengo un corso di pedagogia generale; co?”. “Come ha fatto Dio a creare tutte le cose in sei un collega insegna puericoltura. Parlavo dei giochi e giorni, e anche i giorni?”. “Cos’era il Caos e se esiste- ne ho tratto motivo per dire che a Fonni le bambine va prima della creazione chi l’aveva creato?” giocano poco e lavorano troppo. Ho detto che le ma- Uno dei giovani ha riempito un intero quaderno di dri non hanno il diritto di cancellare l’infanzia dalla quesiti sulla Bibbia. Credo di capire che, più che al- vita delle loro bambine. Tutte sembravano d’accordo tro, è a modo loro uno sfoggio di cultura. Ma voglio ma una delle meno giovani si è alzata e ha detto con sfruttare questo loro manifesto interesse per la storia una immobile tristezza scavata nel viso: e la letteratura al fine di scuoterli dall’inerzia. Biso- – Siamo troppo povere, signorina. Anche noi amia- gna si rendano conto che il loro modo di vita è ana- mo le nostre bambine e vorremmo vederle felici e ben cronistico e che si deve lottare per trasformarlo. Sta- vestite come le bambine dei signori, ma abbiamo biso- bilisco perciò di tenere un corso regolare, sia pure a gno del loro aiuto e non possiamo rinunziarci. Quando grandi linee, di storia sarda. Ma un’altra idea mi en- noi andiamo a zappare o a mietere e stiamo intere set- tusiasma: popolarizzare la nostra letteratura! E già timane lontane da casa, sono le più grandicelle delle immagino i pastori di Fonni ingentiliti e rasserenati nostre bambine che devono badare alla famiglia. Nella dalla lettura dei grandi poeti. stagione invernale, poi, è bene che vadano all’“aggiu- Altri colleghi si occuperanno di materie più tecni- du”; è l’unico modo perché possano sfamarsi tutti i che quali le scienze, l’aritmetica, la grammatica, l’or- giorni. Siamo povere, signorina, troppo povere… tografia. C’è in aria un vago progetto di organizzare Forse ho chiacchierato troppo, sinora… un corso di perfezionamento per pastori e qui, dove il legname abbonda, un corso di falegnameria. Anco- Comincio a capire la realtà di questo paese di mon- ra però non siamo riusciti a trovare un falegname di- tagna conosciuto in tutta l’Isola per i suoi campi da sci, sposto a divulgare i segreti della sua arte. per i suoi pastori nomadi, per la proverbiale avarizia

56 57 dei suoi abitanti la cui passione per il risparmio, frut- in lettura solo a chi dimostrerà di meritarli. Natu- to forse di una fame secolare, è tale che l’economia è ralmente son proprio quelle che meno li meritano ad ancora ferma a uno stadio antichissimo: la moneta in averne bisogno ed è proprio a loro che vorrei darli. circolazione è scarsa e il commercio si fa generalmen- Ma se non li presentassi come un premio difficile da te sulla base degli scambi in natura; gli abiti sono per ottenere li piglierebbero certamente in uggia. la maggior parte filati, tessuti, confezionati in fami- Trenta mani si levano: glia, orbace rosso per le donne, orbace nero per gli – Io! Io! uomini. Tutte credono di meritarli e tutte li desiderano. I “S’agu ha bintu sa butega” (l’ago - come operosità libri però son solo venti e devo deluderne qualcuna. femminile - vince il commercio) è una massima tipi- Al diario delle lezioni abbiamo aggiunto la voce “bi- ca del paese. blioteca”. I volumi più richiesti sono Conoscere le pian- te e Conoscere gli animali, due libricini di volgarizzazio- Con vari accorgimenti, molta buona volontà e mol- ne scientifica. Con mio grande disappunto le fiabe di tissima pazienza, siamo riuscite a compilare un voca- Andersen non sono gradite. bolarietto italiano-fonnese che ogni giorno arricchia- mo di nuovi termini. Le bambine si appassionano a A un tratto mi sono accorta di aver conquistato le questo lavoro di cui riconoscono l’utilità immediata bambine. Son sicura, non so bene perché, che ora mi e spesso ridono di me che pronunzio male il loro dia- vogliono bene; di certo si bisticcerebbero con chiun- letto. Infatti benché solo trentatré chilometri di stra- que per difendermi. Forse in questo cambiamento da provinciale separino Fonni da Nuoro può anche c’entra in qualche modo il mio abito nuovo, o forse capitare che un fonnese e un nuorese per intendersi la mia malattia dei giorni scorsi o, forse, i graziosi abbiano bisogno di un interprete. quadretti e i cartelloni che, per facilitare l’apprendi- L’italiano è poi per tutti i bambini sardi cresciuti mento delle scienze e della storia, ho appeso alle pa- nelle zone rurali una lingua straniera. reti dell’aula. Cominciano a scrivere un po’ meglio, più corrette Un caso fortunato mi ha fatto entrare in contatto e meno banali. Davanti al foglio bianco non hanno col Centro studi letteratura infantile di Torino. Mi più quella diffidenza che le costringeva a mentire sono stati donati una ventina di volumi. Li porto in con “pensierini” estranei ai loro interessi e alla loro classe e li presento alle bambine dicendo che li darò sensibilità.

58 59 Scrivono della primavera che è finalmente arrivata, dei noduli in entrambi i polmoni. Poi il carro ripartì. dei fiori che a mazzi portano in classe dalla campa- Credevamo sarebbero arrivate le medicine per i bam- gna, della neve che comincia a sciogliersi dopo che bini malati o predisposti. per mesi e mesi ha coperto orti e pascoli, del battesi- Per alcuni giorni ebbe l’avambraccio gonfio e ar- mo del fratellino nuovo, della gallinella che si è la- rossato; poi l’effetto della tubercolina scomparve e non sciata mangiare la zampa dal maiale, dei quadri che se ne parlò più. Dopo molto si seppe che la visita al- ornano l’aula, della loro vita di servette. le scolaresche faceva parte di un piano di studi stati- Cominciano anche a capire i problemi aritmetici e stici sulla diffusione della tubercolosi in rapporto al- fanno a gara a chi ne risolve di più e meglio. Per for- l’altitudine. Nient’altro. E così la smettemmo di aspet- tuna il Patronato scolastico ci ha messo a disposizio- tare le medicine. ne un numero sufficiente di quaderni a quadretti e le Maria continua a venire a scuola pallida e affamata. bambine non devono preoccuparsi di chiederli a casa. A causa della sua costituzione debole non può andare Alcune hanno già risolto tutti i problemi che io ho a servizio come le compagne che così almeno si sfa- preparato per loro. Altre sono più lente ma ormai mano. Alla Cassa Mutua le fanno delle iniezioni ma questo esercizio è per tutte uno sport e devo addirit- questo non può essere sufficiente, occorrerebbero an- tura frenare la loro passione aritmetica. che degli abiti caldi e dei cibi sostanziosi. Devo pensare che al principio dell’anno molte non La sua fame salta fuori nei modi più impensati. sapevano fare l’addizione e che la divisione ne ha fat- Scrive che le piacerebbe mangiare tanto da diventare to piangere parecchie per vedere quanta strada ab- “grassa come un maiale”. biamo percorso. Mi vuole bene, credo, e augura anche a me di di- ventare grassa a quel modo. Maria è una bambina pallidissima e di aspetto lin- Un giorno mi portò in dono una ciambella di vin- fatico. Deve essere cresciuta all’improvviso e l’abito, cotto. Gliel’avevano regalata e aveva pensato di far- l’unico abito che le conosca, le è diventato corto. Le mene un presente; ma non aveva resistito alla tenta- lunghe gambe ossute dalle ginocchia sporgenti son zione di mangiarne un pezzo. sempre livide di freddo. L’inverno è stato rigidissimo. A questi mille metri Quando venne il carro per la lotta antitubercolare, uno degli inverni più rigidi. E lei sempre col suo abi- alla cutireazione si rivelò positiva per la tubercolosi. tino di cotone, le spalle curve con le scapole alate, le Le fecero anche delle lastre al torace e le scoprirono grosse ginocchia nude.

60 61 La portai a casa e le feci infilare un mio vecchio sultato alquanto differente dall’originale. Ho letto e cappotto. Lo abbottonò tutto, si guardò nello spec- spiegato questa che a mio parere è una delle più bel- chio, lo sbottonò lentamente e se lo tolse. Lo ripiegò le poesie italiane. Le bambine erano commosse e, for- con cura e lo posò, quasi carezzandolo, sul mio letto. se per la prima volta, intuivano il dolore tutto uma- – Be’, che fai? Rimettilo, è tuo! no della Madre e lo strazio della Passione. – Oh, no grazie, non posso. Un intero pomeriggio alla macchina da scrivere. Ora – Perché non puoi? Ti dico che è tuo, non farmi tutte hanno il loro foglio dattiloscritto e ciascuna pen- adirare! sa alla parte che dovrà recitare. – Non posso perché mi vergogno… Io, con quello, Oggi la lettura è stata migliore del solito. Sono qua- sembro una p.! si soddisfatta: le bambine sono diventate sensibilissi- me alle più lievi stonature e apprezzano generosamen- È andata! Da molto quest’idea mi frullava per il ca- te le compagne che recitano meglio. po ma non osavo realizzarla. Ne avevo parlato con qual- Si immedesimano soprattutto nella parte della Ma- cuno vagamente sperando un incoraggiamento. Poi ho dre e del coro. Dicono “Figlio, figlio, figlio!” con lo deciso. stesso tono di dolore non rassegnato col quale le loro Il Pianto della Madonna di Jacopone somiglia alle mamme cantano i figli perduti. Nelle parole del co- lamentazioni funebri delle madri sarde. Molte volte ro ritrovano la incosciente crudeltà delle folle e dei le mie alunne, con gli occhi spalancati per l’emozio- bimbi e il ritmo diviene lento e staccato, la voce bas- ne, avevano udito le vicine che, sedute sui bassi sga- sa sembra sorgere da profondità inesplorabili. belli accanto al focolare spento, cantavano dondolan- dosi lentamente sui fianchi le lodi al figlio scompar- Da una settimana i giovani del paese vanno a canta- so e la acerbità del loro dolore. Intorno le parenti e le re “in malas” sotto le finestre di una ragazza che è ri- amiche facevano coro con lamenti sommessi. masta incinta da un venditore ambulante ogliastrino. La mia idea era dunque di presentare il Pianto della Lei non esce più e anche i familiari non osano mo- Madonna alle bambine e, se le mie previsioni si fosse- strarsi in giro. Camminano rapidamente, quasi stri- ro avverate, distribuire il poema su fogli dattiloscrit- sciando lungo i muri, a testa bassa per sfuggire gli ti e farlo recitare in classe. sguardi. E la gente dice: Mi è sembrato necessario correggere alcuni arcai- – Il peso delle corna gliela tira giù! smi e, il terribile frate mi perdoni, qualche verso è ri- Qualcuno ha scritto un lungo poema in cui ogni

62 63 verso è un insulto per la donna che con la sua colpa Lo scaldabagno funziona a legna e - dice il bidello - ha insudiciato il buon nome del paese. La poesia gi- dà tanto fumo che invade gli anditi e impedisce il re- ra di casa in casa e tutti la copiano e ne studiano a spiro. memoria le parti più gustose. La Croce Rossa Svizzera ci ha mandato dieci sapo- Se non fossero così umiliati i parenti scenderebbe- nette. È arrivato il momento di offrire alle bambine ro sulla strada a picchiare i giovani che cantano la se- la possibilità di fare un buon bagno caldo. Occasione renata insultante. Ma non lo fanno; essi in fondo so- forse unica nella loro vita. no consenzienti con la generale opinione. Si barrica- Ho parlato spesso della necessità del bagno, possi- no in casa e ascoltano sino a che, gonfi d’ira, non si bilmente quotidiano e almeno settimanale. Ne ho gettano sulla ragazza e la bastonano selvaggiamente parlato alle bambine e alle mamma come di una re- sino allo sfinimento. gola non solo igienica ma anche morale. Per il rispet- Due o tre volte arrivano i carabinieri per impedire to che dobbiamo a noi stessi e a quelli che ci devono “lo schiamazzo notturno”, ma un attimo prima i gio- stare vicini abbiamo l’obbligo di lavarci spesso - di- vinastri si sono dileguati e i tutori dell’ordine non cevo. Ma sapevo di predicare al vento. Non ignoravo possono che guardarsi intorno, forse pensando: “Pec- le loro condizioni di vita e ormai conosco troppo be- cato! Una così bella figliola, e sembrava anche one- ne le loro abitazioni perché possa credere che fare o sta…” non fare il bagno sia questione di buona volontà. Le chiassate dureranno ancora per qualche mese; Quando tutta la casa si riduce a uno o due ambien- quando sarà nato il bambino ci sarà finalmente il per- ti mal riscaldati e peggio aerati nei quali vivono in- dono; poi il tempo che è più pietoso degli uomini farà sieme genitori e figli, nonni e nipoti, galline e maia- dimenticare tutto. li, la capra e l’asinello; quando i servizi igienici indi- spensabili sono un lusso da signori, l’acqua un liqui- È primavera. Le bambine cantano volentieri e non do preziosissimo che già in primavera comincia a scar- riesco a tenerle ferme un momento. Vorrebbero anda- seggiare e che si porta con fatica, sottraendolo agli or- re a passeggio tutti i giorni, abbiamo però ancora ti assetati, da sorgenti spesso lontane dal paese, allora troppo da fare - il programma! - perché possiamo per- il bagno non è più questione di buona volontà e di metterci certi lussi. buona educazione e non potrà mai diventare una buo- Ho scoperto che in un ambiente annesso alla pale- na abitudine. stra esistono delle docce. Dico alle bambine che a scuola ci sono le docce e che

64 65 basta prenotarsi onde stabilirne i turni perché chi assordanti. Temo che qualcuna si sia scottata e busso vuole possa servirsene. Io le avviserò un giorno prima qua e là nelle cabine. Sono soltanto emozionate e non affinché portino la biancheria pulita, gli asciugama- si accorgono che per sfogarsi urlano più che possono. ni e un rametto di legna secca per contribuire al ri- Quelle del secondo turno sono impazienti, devo cor- scaldamento dell’acqua. Voglio anche sapere chi pre- rere a trattenerle. Il fumo continua ad arrivare a nuvo- ferirà entrare sola nella cabina e chi preferirà avere le ed io sono ormai quasi cieca; non c’è verso che le ba- una compagna che l’aiuti. Tutte sono libere di fare o gnanti vogliano uscire. La schiuma leggermente pro- non fare la doccia, di entrare sole o accompagnate. fumata delle saponette svizzere scola di sotto le porte Sono poche quelle che non si prenotano e con mia e invade l’andito. Devo impormi d’autorità e interrom- sorpresa tutte preferiscono avere compagnia. pere l’acqua per far sgombrare le cabine. Continua la Aria di festa l’indomani. Solo il bidello brontola, confusione quando devo distribuire gli asciugamni e per lui è una grossa seccatura. la biancheria pulita. Le cabine sono sei, circa diciotto bambine faranno Ma ora è finita, se Dio vuole! la doccia contemporaneamente. In due turni ce ne sa- Sono sorda, cieca, inzuppata sino alle midolla, affu- remo sbrigate. La stufa dà un fumo infernale. Si fati- micata e stanca sino all’abbrutimento. Le bambine in- ca a vedere un palmo dagli occhi. Le lacrime goccio- vece sono entusiaste e mi domandano quando ancora lano sino a terra. potranno fare la doccia. Sono ormai rassegnata a sacri- In mezzo alle nuvole le bambine si spogliano, di- ficarmi almeno una volta la settimana. spongono i vestiti su delle panche e me li indicano Siamo alla fine dell’anno e preferirei che le bambi- perché li possa porgere loro quando me li domande- ne si bagnassero dopo la scuola o prima, però hanno ranno. l’“aggiudu” e non possono disporre delle due ore set- Sono eccitatissime. Urlano, si spingono, saltano co- timanali che occorrerebbero. me selvagge. Solo due, già adolescenti nelle rigide sottovesti di tela grezza, stanno in un angolo vergo- Ora le mie scolare mi vogliono bene. Mi riaccompa- gnose. Con le braccia strette sul petto e un po’ curve gnano a casa dopo la lezione. Si urtano per potermi sta- sorridono intimidite. Le altre camminano disinvolte, re vicino. Mi strappano di mano la borsetta “per aiu- vestite solo delle lunghe capigliature ondulate, in at- tarmi a portarla”. Ed io, per non offenderle, fingo che tesa che l’acqua sia tiepida. quest’arnese, la cui unica utilità forse consiste nel dar- Quando tutte son sotto la doccia le grida divengono mi un po’ di disinvoltura, sia invece per me un inevi-

66 67 tabile fastidio di cui son felice se qualcuno mi libera. Temi di componimento Si chiudono le scuole. Una collega che mi si è sem- pre dimostrata amica e generosa di buoni consigli mi dice a bassa voce: – Sai, volevo dirtelo, ma non ho mai trovato l’oc- casione e il coraggio. Alcune mamme si sono lamen- tate col parroco perché tu alle bambine facevi fare il bagno nude. Si guardavano con malizia e facevano tra loro certi discorsi… oh, certi discorsi… “Il vento fischiava. La gente andava a raccogliere Ringrazio la collega e mi vien voglia di piangere. ghiande. Faceva molto freddo. Il giorno del vento gli Non vedo l’ora di partire. Tornare a casa. alberi si son tutti spogliati. Il giorno dopo ha nevica- to, quando sono andata all’acqua mi è caduta la broc- ca” (Anna). “Oggi sono andata al fiume per lavare un poco di panni. Mentre stavo lavando la giornata è diventata scura e subito è venuta la pioggia. Io mi sono tutta bagnata e ho cercato di finire in fretta ma pioveva tanto che non potevo nemmeno tornare a casa. Quan- do mi ha visto mamma mi ha subito preso i panni e mi sono asciugato al fuoco. Poi è venuta l’ora di tor- nare a scuola” (Isabella). Siamo alla fine del primo mese del secondo anno di scuola a Fonni. Ho ritrovato le mie alunne dell’anno scorso. Mancano quelle che, avendo compiuto i quat- tordici anni durante l’estate, non hanno più l’obbli- go scolastico, e le poche rimaste in terza. La classe quest’anno è meno numerosa e le bambine che già mi conoscono e che io conosco mi fanno lavo- rare con maggiore tranquillità. Nei loro quaderni an-

68 69 notano vento e neve. I vecchi prevedono un inverno nare a scuola. Le sere d’ottobre vado in campagna a eccezionalmente freddo. Più fame quest’anno. Ma le raccogliere le ghiande” (Grazia). bambine sono contente, giocano con la neve e, alcu- Raramente le bambine escono dall’argomento tem- ne, sognano la primavera. po. Pare che nient’altro le interessi. Talvolta parlano “In primavera fa belle giornate. Le campagne sono dei loro familiari. Ci tengono che io li conosca e li am- fiorite. Nel mese di maggio le bambine raccolgono i miri come loro li ammirano. fiori per portarli alla Madonna. In primavera i conta- “La mia mamma mi ha fatto il vestitino nuovo per- dini arano la terra e la zappano. La gente va a lavare ché faccio la brava. Mi ha condotto a Nuoro perché la biancheria, e il sole l’asciuga. Le campagne hanno hanno fatto il dibattimento a babbo e l’hanno condan- i prati verdeggianti” (Assunta). nato a quattro anni. Adesso gli rifaranno il processo il “Nella stagione d’inverno i campi sono coperti di mese venturo e non sappiamo se lo rimanderanno fuo- bianco e le pecore non possono pascolare. I pastori ri. Per questo mamma quest’anno non mi può compe- vanno nei Campidani per passare l’inverno là. Poi rare i libri” (Rosa). quando a Fonni fa tempo buono tornano” (Michelina). “La mia mamma è un po’ vecchia, è buona, si chia- “Siamo in dicembre, la neve è arrivata. Quando ne- ma Serusi Annarosa. Mi fa i vestitini e mi ha fatto an- vica in una notte d’inverno la neve cade piano piano; che il grembiulino. Adesso però sono a servizio e me non è come quando piove che si sente il rumore dei li fa la padrona. La mia mamma fa il pranzo e quan- tuoni o anche della pioggia. La neve si posa sulle pie- do me lo merito mi sgrida. Mi manda ai comandi, in tre, sui tetti, in qualunque cosa ci sia. A me quando chiesa, a scuola. La mia mamma fila e fa pure la cal- nevica piace tanto. Quando vedo le case bianche di ne- za” (Mariantonia). ve mi sembrano nuove. Si sta avvicinando il Natale, è “Il mio babbo è molto laborioso, va a lavorare per la il tempo della neve. Quando nevica dalle finestre en- sua famiglia, altrimenti muoriamo di fame. Sino a tra una luce radiosa” (Angela). oggi grazie a Dio abbiamo mangiato, così speriamo I temi dei componimenti sono liberi e c’è chi il 22 da oggi in poi. Babbo coltiva l’orto per le provviste di dicembre ama ricordare le dolci sere d’autunno. fagioli, di patate, di pomodori, ecc. Poi le piantine di “In ottobre si raccolgono le castagne, pere, mele. La mandorlo, di pesco, pero, melo” (Anna). campagna è verdeggiante e dagli alberi cadono le fo- “Mio fratello è un ragazzo molto bravo, e lavora glie. I contadini cominciano ad arare per seminare il sempre e ubbidisce. Specialmente ai miei genitori. grano, l’orzo, l’avena. La campana ci chiama per tor- Mio fratello studia ed è intelligente, credo che sarà

70 71 promosso. Porta la legna per casa e per cucinare la ce- ha nevicato molto, ha coperto tutti i tetti e le strade. na e il pranzo e anche per venderla alle vicine di casa Gli uccellini dell’aria vanno in cerca di una casetta co- per guadagnare un po’ di soldi per la famiglia e per la perta. Le bambine di scuola guardavano tutte fuori casa che è tanto vecchia che non si può neppure stare dalla finestra. Quando comincia a nevicare le galline dentro. Mio fratello aiuta anche il maggiore a mun- se ne vanno tutte al pollaio. In campagna la neve ha gere le pecore. Qualche domenica le conduce a pasco- coperto tutta l’erbetta”. lare per aiutare suo fratello poi stanco dal lavoro tor- Del resto gli argomenti “tempo”, “famiglia”, “lavo- na ad andare a falciare l’erba per i buoi” (Rita). ro” sono strettamente e intimamente legati nella co- Leggendo questi temi ricordo un mio alunno delle scienza di queste bambine; perché in realtà sul bino- scuole serali che, con orgoglio filiale, mi raccontò che mio tempo-lavoro si basa la vita della famiglia dei con- sua madre aveva allevato, tenendoli al seno insieme al- tadini e dei pastori sardi sempre in totale balìa delle l’ultimo nato, quattro porcellini che poi aveva vendu- intemperie. Per questo le bambine imparano presto a to, con tristezza, come se vendesse dei figli. Certo non scrutare il cielo con occhio ansioso: in estate perché li aveva allevati tutti insieme, ma uno dopo l’altro sin- una grandine improvvisa non distrugga il raccolto, in ché il latte le era bastato. Vendendoli quando già pe- inverno perché il tempo troppo freddo non decimi il savano diversi chili aveva guadagnato un bel gruzzolo. gregge. L’ultima, una bella porcellina bianca, l’avevano serba- Sono contenta che le mie alunne scrivano con disin- ta per la famiglia e il fratello di latte conduceva al pa- voltura delle cose per loro tanto importanti, ciò vuol scolo la sua rosea progenie. dire che hanno vinto quella paralisi intellettuale che Solo Letizia, la piccola illegittima, non ama parlare le coglieva davanti al foglio bianco. Mi pare giunto il della sua famiglia, preferisce descrivere la sua casa momento in cui, senza limitare la loro libertà, posso “bella e un pochino bassa ma vicina ad un palazzo suggerire dei “temi di osservazione”. Do una settima- grande” e ancora dire del tempo e delle sue giornate na perché tutte possano osservare le bancarelle multi- di lavoratrice precoce. “Io ieri sono andata in chiesa e colori dei venditori ambulanti che, ogni tre giorni, ho pregato. Dopo che sono uscita sono andata in cam- arrivano a Fonni con le loro mercanzie. Cominciamo pagna a raccogliere ghiande e ha nevicato e ha fatto così un piccolo studio dell’ambiente nel quale vivia- un po’ di vento e un po’ di ghiaccio. Quando sono mo, studio che sarà utile a me quanto alle bambine. tornata da raccogliere ghiande sono andata all’aggiu- A loro perché imparino a guardarsi attorno, a me per- du”. Oppure: “Oggi è una bella giornata. Stamattina ché, vedendole attraverso i loro occhi, conosca sempre

72 73 meglio il paese nel quale devo agire e le bambine che Più successo ha un altro tema: i ricchi e i poveri nel mi sono state affidate. comune di Fonni. Sembrerebbe che queste bambine “Martedì e venerdì vengono gli ambulanti a vende- vedano il loro paese diviso in due caste, quasi due raz- re stoffe e vestiti americani. La gente va a comprare e ze. “I ricchi sono diversi”, esse dicono. le donne dicono al padrone: – Quanto costa questa ro- “Il ricco è potente, è composto, quando c’è sole se ne ba? – E lui dice il prezzo e quella risponde: – Ma è sta seduto. Ma il povero certe volte ha bisogno di chie- troppo! – Il padrone le dice un altro prezzo, allora si dere l’elemosina e per vergogna non la chiede” (Nina). bisticciano e quella finisce per comprare” (Maria). “La moglie del contadino lavora continuamente per “Venerdì mamma aspettava che venissero le banca- diventare ricca. Invece le mogli dei ricchi sono diffe- relle per comprarmi un vestito. Quando mamma è renti perché non vanno a lavorare infatti anche se non andata a comprarmi il vestito ha domandato quanto lavorano hanno da mangiare; si mettono a fare delle costava e il negoziante ha risposto: – Quattrocento- maglie e non fanno niente. Le massaie vanno a zappa- cinquanta! – Quando mia mamma è andata al mer- re, a coltivare la terra, a seminare il grano. Nelle case cato c’era tanta gente che comprava della tela e do- dei ricchi c’è legna e pane” (Michela). mandava quanto costava al metro. Il giorno che han- “I poveri vanno a lavorare nella proprietà dei ricchi no portato le bancarelle sono andata a vedere. C’era- e i ricchi invece di lavorare sorvegliano. Nel mio pae- no dei bei vestiti a fiorellini. Il giorno stesso mia so- se i più poveri sono i contadini, non hanno la terra rella è andata a comprare una giacca per mio fratello, che lavorano come i servi della gleba” (Antoniangela). era proprio bellissima quella giacca!” (Ida). “Nel paesetto di Fonni ci sono molti poveri ma ci “Martedì gli ambulanti vengono a vendere stoffe per sono anche i ricchi. Un giorno mentre andavo a fare guadagnare pochi soldi. Vengono anche nelle giornate una commissione ho incontrato un poveretto che an- fredde, anche quando c’è la neve. Si fregano le mani dava da un ricco. Il poverino bussò alla porta, uscì il per scaldarsi un po’. Quando la gente va a comprare lo- padrone adirato domandando cosa voleva: – Perché ro rimangono contenti. Quando la gente va via dopo mi hai fatto uscire?” (Adelina). aver comprato loro cantano allegramente” (Luigia). “I poveri vivono male, non hanno né formaggio né È interessante notare come alle bambine fonnesi legna. Ma i ricchi stanno bene di tutto e si notano sfugga l’aspetto pittorico del fenomeno. Sono tutte sempre per la loro superbia. I poveri sono sempre intente a osservare l’abilità delle mamme a tirare sui stracciati, senza vestiti belli, i ricchi invece hanno prezzi. quasi sempre vestiti nuovi e scarpe nuove” (Maria).

74 75 “I ricchi stanno bene e danno l’elemosina ai mendi- di leggere tra le righe un senso di rivolta contro l’inu- canti. Chiamano i contadini a lavorare i loro terreni. mano stato di cose? Le bambine di Fonni sono doloro- Le donne a cuocere il pane d’orzo e di grano. I ricchi samente ma rassegnatamente convinte che, sempre, da ai poveri danno da mangiare male, danno il pane d’or- una parte ci saranno i “ricchi proprietari di greggi e di zo mentre loro mangiano il pane di grano” (Rosa). tanche” e dall’altra i paria, “i servi della gleba”, come “Se qualche vecchio povero va dal ricco e gli chiede le loro famiglie per le quali un ramo di legna secca è l’elemosina molte volte gli chiudono la porta in fac- un tesoro e un pane d’orzo un dono della Provvidenza. cia e il povero se ne va disperato, ma se va da un po- Propongo un nuovo tema d’osservazione: le perso- vero quasi sempre ottiene. Infatti i poveri capiscono ne più importanti del paese di Fonni. di più chi ha la necessità. I ricchi vogliono male ai po- Il sindaco, il dottore, il maresciallo dei carabinieri, veri perché non sono ricchi come loro. I poveri stan- il parroco, per due settimane sono stati studiati e no senza legna e senza fuoco, fame e freddo, e non spesso le loro azioni e i loro atteggiamenti sono stati hanno scarpe per uscire fuori” (Anna). commentati maliziosamente dalle mie bambine. Una “I ricchi delle case grandi ogni giorno bevono mol- di loro mi dà la consolazione di mettermi prima fra to bene e mangiano cose buone. Sono sempre puliti e le persone importanti. ben vestiti, hanno dei bei palazzi, le tanche, gli albe- “Fra le persone importanti io descrivo la maestra. La ri dai quali possono tagliar legna per l’inverno. I po- mia maestra è bassa e magra, è tanto buona però quan- veri non hanno niente, comprano legna, sono sempre do la facciamo adirare ci dà gli zeri. Poi importante è mal vestiti, e qualche volta sporchi tanto da non po- il dottore. Lo vedevo d’inverno che andava nelle case, ter uscire fuori di casa, sono tutti stracciati, non man- era sempre con il bastone in mano, era tanto furbac- giano cose buone, sempre cose da niente. Invece i ric- chione, bussava alle case col bastone e entrava ridendo. chi quasi ogni giorno mangiano agnelli mentre i po- Poi c’è anche il parroco. Quando era malata mia mam- veri certe volte devono chiedere anche un pezzo di le- ma che è rimasta tre mesi a letto veniva quasi ogni gna” (Angela). giorno per visitarla, rideva sempre e raccontava delle Di fronte a tanta vivezza d’espressione, scaturita per storie. Ieri il parroco per contentarci ci ha fatto vedere virtù naturale dal forte e doloroso sentimento che esse un film” (Isabella). hanno delle disparità sociali ogni mia parola è super- “Le persone più importanti del mio paese sono le flua. Perché sottolineare la sconsolata miseria dei “po- autorità, il sindaco, il maresciallo, il dottore. Questo veri” e il chiuso egoismo dei “ricchi”? Perché sforzarmi si interessa molto della gente malata, è anche un tipo

76 77 serio non è di quelli gelosi. Ma la persona più impor- una città “industriale” delle più ricche d’Italia; la scar- tante è il sindaco. È sempre in giro, ha molti pensie- sezza d’importazioni dall’Italia meridionale corrispon- ri in testa. Quando io ci vado per farmi firmare qual- de all’altra notizia che in questa regione mancano le che ricetta rimango un giorno a cercarlo e quando lo industrie che producono ricchezza. Le mie alunne so- vedo glielo dico, prende la ricetta e mi dice: – Eh, eh, no sorprese che ciò che sta scritto nel libro sia “vero”, una firma sola vuole… questa vuole molte cose! – Io cioè di una realtà che può avere rapporti con la loro gliela lascio, poi dopo un poco torno per chiederglie- realtà. I risultati dell’inchiesta, copiati ordinatamente la e lui mi dice che non ne ha e che non sa nemmeno da Angela che ha la più bella scrittura della classe, se io gliene ho dato. Il parroco è tanto bravo e ci fa il stanno appesi sotto la carta geografica. Ma è ancora cinema gratis. Quando lui ci chiama andiamo corren- vuoto lo spazio sotto i cartelloni di storia. do nel salone e poi lui ci interroga. Lui si chiama pa- Propongo alle bambine altri due temi d’indagine: dre Egidio. Quando cammina, cammina con le brac- antiche usanze e monumenti nel comune di Fonni. cia conserte” (Maria). Le bambine devono informarsi dai “vecchi” su questi Capisco quali sono i criteri di bellezza per le mie argomenti e portare a scuola i risultati della loro in- bambine: del dottore più giovane, arrivato da alcune chiesta. settimane, Nina osserva che è “basso ma grasso e bel- “Nei tempi antichi le donne non erano come sono lo”, Anna e Luigia notano anch’esse che è “grasso e adesso, erano tutte vestite di orbace, gli uomini ave- bello”. A Fonni come in tutti i paesi poveri e primi- vano un corsetto di pelle sulle spalle, nella testa ‘sa tivi la pinguedine è sinonimo di bellezza. Tutte son berrita’, poi una cinta di pelle ricamata e al posto dei concordi nel giudicare il parroco “simpatico, svelto, pantaloni delle grandi brache di tela bianca. Ancora i gentile”, quasi tutte osservano che “se c’è un malato vecchi vestono così. Uomini e donne andavano scalzi. grave e lo chiamano va di corsa e dà l’olio santo”. Le case erano come le capanne dei primi uomini, non Tutte comprese nel loro compito di osservatrici le c’erano mobili, neppure letti, riposavano sopra il pavi- bambine continuano le indagini. Studiano le regioni mento. Ancora certi poveri vivono così. Allora non italiane e ora vanno per i negozi, armate di matita e c’erano né macchine né corriere, niente di ciò che ci dà quaderno, per informarsi di dove arrivino le varie mer- la vita moderna. Quando dovevano partire da un po- ci. Hanno constatato che la maggior parte dei prodot- sto all’altro andavano a piedi, soltanto i più ricchi an- ti provengono da Milano; acquista così un valore con- davano a cavallo. Il grano lo macinavano con un asi- creto l’affermazione del libro di geografia che questa è nello che girava una ruota di pietra” (Letizia).

78 79 “Gli uomini che abitavano anticamente nel mio pae- no venti anni. La donna antica filava, tesseva poi cuci- se erano vestiti in costume, non avevano luci per la va i vestiti tutti a mano perché macchine non ce n’e- notte, non conoscevano i fiammiferi e si servivano, per rano. Poi mangiavano senza tavoli, mangiavano con i accendere il fuoco, di un acciarino e di una pietra fo- cucchiai di legno, sdraiati per terra, tutti da un solo caia dalla quale facevano cadere la scintilla su una spe- piatto” (Adelina). cie di legno carbonizzato che facilmente si accendeva. Sui monumenti scrivono poco. Alcune parlano bre- Non avevano molini meccanici ma per macinare il vemente del santuario dei Martiri, una grande chiesa grano si servivano di una macina girata da un asino. barocca, meta di pellegrinaggi da tutti i paesi vicini. Per illuminare le case si servivano di rametti secchi di Sono io che devo spiegare che cosa sono le “domos de agrifoglio che usavano come lume quando di notte janas” e i nuraghi che spesso sono la meta delle nostre dovevano andare da una stanza all’altra. Non avevano passeggiate. Nelle “domos de janas” le bambine gio- camino ma facevano il fuoco al centro della cucina e cano volentieri e così, minutamente, me ne descrivono tutti sedevano attorno al focolare per raccontare delle l’interno: “Entro una casetta possiamo starci in sette. storie” (Antoniangela). Sedute ci stiamo comodamente ma non possiamo al- Non so come le bambine siano giunte a tale disin- zarci in piedi. Nelle pareti ci sono scavati dei rettan- voltura d’espressione. È passato appena un anno da goli piccoli piccoli che sembrano armadi a muro e dei quando balbettavano “lasquola è bela” “lamama e bra- caminetti piccoli piccoli e senza fumaiolo”. va”. Forse le conversazioni alle quali le ho abituate e le Vi sono poi le rovine romane a Soravile e ci propo- mie correzioni che, onde evitare la pedanteria, faccio niamo di visitarle la prima bella giornata. Così anche spesso sotto forma di gioco. Molto devono aver giova- la storia romana diventerà una realtà. to le letture fatte in classe e a casa. Spesso le bambine mi dicono che anche le loro mamme e i loro fratelli Finalmente una mattina di sole! Comincia a sentir- leggono con interesse i nostri libri. si la primavera anche se entro il paese la neve si accu- Non tutte, è vero, scrivono come Letizia e Anto- mula in mucchi grigiastri lungo le strade. È stato un niangela ma tutte dimostrano di aver qualcosa da inverno eccezionale. Nessuno, neppure i più vecchi, esprimere. ne ricordava uno simile. Per più di una settimana il “Nei tempi antichi non sapevano né leggere né scri- paese è rimasto isolato, non arrivava nessun mezzo. vere, erano tutti analfabeti. Nel mio paese erano tutti Solo alcuni giovani avventurosi hanno osato andare a vestiti in costume e andavano scalzi sinché non aveva- con gli sci e uno slittino per portare la po-

80 81 sta e i giornali. In paese mancava l’energia elettrica, il gnerò il catechismo ai bambini, leggerò un libro e se telegrafo e il telefono non funzionavano, cominciava a sarà necessario andrò in campagna. È la morte mia an- mancare la farina, alle case si accedeva dalle finestre dare in campagna. Infine imparerò tutte le cose ne- dei primi piani, l’acqua mancava e per gli usi dome- cessarie ad una brava donna” (Angela). stici si scioglievano al fuoco grandi pentole di neve. “Quando sarò grande imparerò a fare le faccende di Naturalmente in quei giorni anche la scuola è ri- casa, allargherò la lana, farò la calza e la maglia, andrò masta chiusa, tanto più che non abbiamo un riscal- all’orto. Rimarrò con la mia mamma cucendo, andrò damento che così in coscienza si possa chiamare. Più a lavare la biancheria nel fiume. La primavera andrò a di una volta ho visto le penne che cadevano improv- zappare il grano, le patate, e lavorerò per la nostra ca- visamente dalle manine irrigidite dal freddo. sa” (Grazia). Ora il sole comincia a farsi vedere e a scaldare. Uscia- Così press’a poco scrivono tutte. Mi fanno pena que- mo munite di bussola. Vogliamo stabilire esattamen- ste bambine già adulte per la loro eccessiva saggezza te la posizione di Fonni rispetto ai comuni confinanti. e propongo un tema che le faccia sognare. Che agitazione e che gusto! Nessun gioco è stato mai Vorrei proprio conoscere i loro sogni: “Se avessi una tanto divertente. Al nostro ritorno a scuola possiamo bacchetta magica che cosa mi piacerebbe fare?” scrivere “la storia e la geografia del comune di Fonni”. “Se avessi una bacchetta magica in primavera mi Posizione, natura del terreno, economia, usanze, sto- piacerebbe toccare un pezzo di terra per fare uscire ria, caratteristiche degli abitanti. Un lavoro collettivo una sorgente perché nel nostro orto non c’è acqua ab- che la calligrafa copia ed espone nell’aula. bastanza” (Rita). Su proposta di Raffaela le bambine hanno scritto “…Io vorrei diventare colta e interessante nella vi- sul tema “che cosa farò quando sarò grande”. Poche si ta. Poi vorrei esser felice e far felici tutti gli uomini, sono abbandonate ai sogni, solo Michelina immagina avrei anche desiderato ricchezze per impiegarle in di poter “insegnare ad alunne educate ciò che ora in- opere di bene” (Angela). segnano a me”. Le altre non vedono la loro vita futu- Anche Isabella desidera il “magico strumento” per ra diversa da quella attuale delle loro mamme e sorel- aiutare i parenti che sono poveri e per procurarsi dei le maggiori. vestiti e una bella casa. Molte desiderano “un paio di “Io quando sarò grande farò la sarta. Lavorerò in ca- scarpe, un paio di calze, un vestitino, un bel paltò e un sa, aiuterò mamma e cercherò di rendere contenti tut- vestito nuovo”. Alcune pensano ai giocattoli e li enu- ti quelli che mi stanno vicino. Nelle ore libere inse- merano con cura amorosa: “la bambola, la culla per la

82 83 bambola, un anello d’oro, la tombola, la cartella col brati. Ricche di molte nuove cognizioni si accingono piattino e la pentola, la palla…” Tutte però osservano a descrivermi gli animali preferiti e a dirmi i motivi che “la bacchetta magica è un’invenzione, io non ci delle loro preferenze. credo, però se fosse vero…” “L’animale che più mi piace e che meglio conosco è C’è chi desidera la bacchetta magica per toccarsi la il bue. Il bue è un animale molto utile agli uomini. testa per “farla diventare intelligente come quella del- Ha due corna, due occhi. L’occhio del bue è quasi tut- la maestra”. to nero, il bianco si vede poco poco, ha le orecchie lun- Maria che è malaticcia si preoccupa più delle altre ghe e pelose. Il collo grosso ha una cosa che pende sot- per le mie febbri reumatiche: “Se avessi la bacchetta to. Quella cosa che noi vediamo è il deposito della ro- magica con essa toccherei la maestra e le toglierei tut- ba che mangia e non mastica, poi a poco a poco quan- to il male e la farei grassa, robusta e sana. Anche se do non fa niente la rimastica e perciò si chiama rumi- non ho la bacchetta magica non le venga più male. nante. Il bue è un mammifero, cioè che allatta i figli Poi toccherei i quaderni, così farei sempre i compiti che nascono completi. Ha quattro zampe e perciò si bene e sarei promossa. Se l’avessi, con la bacchetta chiama quadrupede. Il bue è erbivoro perché mangia magica toccherei una pecora e ne farei un gregge con erba” (Antoniangela). migliaia di pecore e così avrei sempre il latte e il for- Come al solito le bambine di Fonni vedono di ogni maggio e potrei diventar grassa come un bue però cosa soprattutto il lato economico. Preferiscono perciò senza corna; poi toccherei un sacco di lana e la filerei gli animali più “utili”: la pecora, il bue, la gallina, “il tutto in una volta. Ma la bacchetta non l’ho”. gatto perché dà la caccia ai topi e difende le provviste Anche Grazia toccherebbe “una gallina che farebbe di casa”, la capra e il maiale. Solo Michela aggiunge: tante uova e le regalerei alla maestra e ne mangerei io”. “la rondine perché ha le ali nere ed è molto bella e il Solo Letizia, l’illegittima, scrive: “Se avessi la bac- passero perché è piccolo e povero”. chetta magica mi piacerebbe giocare. Con i giocatto- Anche Angela ammira il cavallo indipendentemen- li, con le compagne, con la bambola, con la palla, con te dalla sua utilità: “L’animale che più mi piace è il ca- la fune. Per me c’è la brocca però, non ho tempo per vallo. Il cavallo è un animale mammifero, quadrupe- giocare. Ma dei soldi che lavoro la mia mamma mi de, domestico. Il cavallo è un animale dalla corporatu- compra il vestitino”. ra snella. Mi piace molto anche perché i bei cavalli Le bambine sono entusiaste dei nuovi cartelloni di piacevano tanto al mio caro fratello che Dio si è preso scienze. Uno per i vertebrati, l’altro per gli inverte- nel suo regno, lasciando in noi il dolore e la gran me-

84 85 moria della sua bontà. Anche mio padre ha una ma- contentezza avrà provato lui e la famiglia! Non solo gnifica cavalla da corsa che è tra le migliori del paese”. lui ma anche la gente del nostro e dei paesi lontani. A “L’animale che più conosco e che più mi piace è la Fonni non s’era mai vista una folla simile aspettando gallina perché fa le uova e poi le cova e fa tanti pulci- l’arrivo di quell’anima innocente” (Grazia). ni. I pulcini nascono completi ma hanno poche pen- “Venerdì scorso è tornato alla luce e alla libertà il ne. La gallina io la conosco perché ha le gambe corte prigioniero Muntone e tutti dicevano: Evviva, evviva e nella testa una specie di cosa che si chiama cresta in Muntone! È andata molta gente ad incontrarlo che italiano. Noi ne abbiamo una che è malata alle gam- non c’era nemmeno quando è venuto il vescovo. Non be. Il becco ce l’ha corto, ha le piume che servono per lo hanno neanche lasciato uscire dal postale, ma l’han- i cuscini del letto, le penne non so perché servano. So- no tirato giù dal finestrino. E gli hanno fatto onore no utili, mangiano tutto e si chiamano uccelli da cor- così. I carabinieri erano un po’ adirati” (Adelina). tile. Le galline sono animali vertebrati. Una volta mio “Questi giorni scorsi è tornato dal carcere un giova- padre era malato e gli abbiamo dato un uovo al gior- ne che era stato condannato a trent’anni. I carabinie- no ed è guarito” (Maria). ri l’avevano incolpato invece non era vero che aveva “Preferisco la pecora perché è utile all’uomo. Ci dà fermato la corriera. Con un nuovo processo l’avvocato il latte e dal latte si fa il formaggio. Se non ci fosse- Gessa lo fece liberare. Siccome è povero, per pagare ro le pecore non avremmo il latte e il formaggio. Per l’avvocato hanno raccolto i soldi dai poveri e dai ric- comprare il formaggio ci vogliono molti soldi, spe- chi. Ma forse l’avvocato non vuole nulla. La gente che cialmente quest’anno che ha fatto un inverno così gli è andata incontro lo applaudiva. Anche io sono an- lungo. La pecora ci dà anche la lana e si fa l’orbace e data ad incontrarlo” (Anna). le calze che con filo colorato sono molto belle. La pel- Rosa, la figlia dell’ex bandito ora in carcere, scrive le si vende per fare le scarpe” (Caterina). con maggiore precisione e, mi pare, più freddezza: Qualcosa di nuovo è accaduto nel paese. Piccoli e “Sei anni al venti di questo mese il mio parente grandi ne parlano. Nelle case, nelle strade, alla fon- Muntone Giuseppe era innocente ma i signori della tana, al fiume mentre si sciacquano i panni. Anche a corte di Nuoro ritenendolo colpevole lo condannaro- scuola, naturalmente. no a trenta anni lasciando la sua famiglia addolorata. “Sei anni fa condannarono un ragazzo innocente per La sua innocenza lo portò a nuovo giudizio e il tren- delle calunnie. Finalmente dopo sei anni, fecero l’ap- ta di questo mese la corte di Cagliari lo liberò. È fa- pello e lo liberarono da trent’anni di prigione. Che cile immaginare la gioia che prova la famiglia a ve-

86 87 dere questo giovane che prima era stato condannato”. C’è un po’ di vento. Alcune delle bambine mi gri- Le bambine non hanno esagerato. È stata una festa dano da lontano “buone vacanze!” Un gruppetto si al- per tutto il paese. Le famiglie più facoltose si sono lontana senza guardarmi. Ne sono delusa e addolora- quotate per pagare le spese del processo, e la cosa è ta. Per tutta la sera hanno avuto un’aria da cospira- tanto più notevole in quanto i fonnesi non a torto so- trici che mi ha tenuta perplessa. no rinomati per la loro avarizia. Le ritrovo alla corriera, mi porgono una scatola di cartone decorata dalle mosche e mezza sgangherata. Sono passati due anni e all’improvviso mi viene un Dalla espressione nervosa e felice delle bambine ca- grande sconforto: mi pare di non aver fatto abbastan- pisco che è un dono. Ho già le mani ingombre dalle za. Devo riconoscere che nella mia classe ci sono stati borse e i pacchetti dell’ultim’ora. Depongo tutto sui dei progressi, ma è proprio merito mio o non piutto- gradini dell’ufficio postale e, per dimostrare che gra- sto dei due anni che comunque sono passati? Il paese disco, apro la scatola e faccio le meraviglie. Vedo dei è sempre lo stesso: l’“aggiudu” continua a tenere schia- biscottini polverosi e invito le bambine a gustarli con ve le bambine, la scuola è frequentata per timore del- me. Si allontanano scandalizzate e sorprese ma il mio la multa e dei carabinieri e le mie prediche al Centro sorriso le rinfranca. di cultura non hanno dato alcun frutto. Le stesse bam- Si parte. Le bambine mi applaudono. Il sindaco, i bine, le mie bambine, le guardo oggi e, dopo due an- carabinieri, gli impiegati della posta e altri rispetta- ni, penso che forse siamo ancora delle estranee le une bili signori che stanno sulla piazza sembrano infasti- per le altre. Guardo negli occhi stretti e obliqui di diti da quest’aria di festa. Oggi è solo sabato e non c’è Rita, in quelli giallognoli di Maria, nel viso asimme- nemmeno comizio. trico di Anna e non capisco se davvero esse abbiano Mi sento lievemente ridicola e commossa. Si parte. per me dell’affetto. Sono passati due anni. Il ponte che era crollato per Oggi ho distribuito le pagelle. Anche quest’anno se l’alluvione è ancora a terra. Alcuni operai in gamba- appena ricordavo un sintomo di intelligenza e di buo- li di cuoio e calzoni di velluto verde lavorano ai lati na volontà “ho promosso”. Mentre leggono i voti so- della voragine. La corriera sferragliante sembra tra- no impacciata e confusa. ballare sulla passerella. Non mi sento di fare il discorsetto di prammatica, Mi accorgo di tenere ancora in grembo la scatola le saluto come tutti i giorni e quasi scappo. Fra poco sudicia e scolorita. La apro. Tre uova, alcuni minu- passerà la corriera e mi riporterà a casa. scoli biscotti a forma d’animale, due bianchi dolci di

88 89 zucchero, sei caramelle, un nocciolo di pesca, nudo, Benpensanti a asciutto, un po’ levigato come una cosa preziosa tra- mandata per generazioni. Su tutto, bene in vista, un rettangolino giallo di carta straccia, i nomi delle bam- bine, la dedica e la preghiera di “restituire la scatola”.

A Bortigali ci si arriva in treno. Quel trenino che sulle rotaie a scartamento ridotto trotterella da qua- si un secolo per le salite tra Nuoro e . Si parte alle cinque del mattino. Il cielo è ancora scuro e le strade sono deserte; ma già da lontano si sentono i gridi rauchi e brevi con i quali la locomoti- va sembra voler esprimere la sua disperata stanchezza. Respira pesantemente andando avanti e indietro per la stazione, come un vecchio cantante che nel suo ca- merino si appresti alla serata d’addio. Alcuni detenuti ammanettati salgono, spinti da due carabinieri, sul vagone di terza. Un piccolo gruppo di parenti li saluta e con la tacita condiscendenza delle guardie porge loro qualcosa per il viaggio. Tovaglioli bianchi e odorosi di formaggio. Probabilmente vengo- no trasferiti dal carcere giudiziario di Nuoro a qual- che penitenziario del Continente. Il viaggio sarà lun- go e faticoso, può durare mesi e i prigionieri ci pen- sano con terrore. Lo scompartimento di prima è spazioso come un sa-

90 91 lotto. Ha i cuscini di velluto rosso adorno di pizzo; i miera. Galline tronfie di stupidità becchettano vicino finestrini, i parquets, i plafonds, i lampadari d’ottone alle rotaie. dorato a volute hanno un’aria confortevole e familiare In mezzo a campi di stoppie una strada tutta fossi che mi aspetto di vedere arrivare da un momento al- unisce la stazione a Bortigali. Si cammina, o meglio l’altro una vecchia servente in cuffia e guanti bianchi si salta, per un paio di chilometri. Si passa davanti al con un bricco di cioccolata fumante. Sono completa- cimitero e al caseificio, poi si arriva al paese che si svi- mente sola. luppa in lunghezza ai bordi della strada provinciale Le due carrozze vengono agganciate alla locomoti- Nuoro-Macomer. va che ha finito la sua ginnastica mattutina. Un ci- Al centro vi è un piccolo e pretenzioso monumento golio lungo come un sospiro e si parte. ai caduti; dietro, nascosta fra i platani, c’è la fontana. Alle prime luci del mattino la campagna è bella e Bortigali ha un aspetto di benessere e lindura. Le ca- invitante. Si potrebbe saltare dal treno, giocare un se hanno la facciata dipinta e a ogni finestra ci sono poco sull’erba, cogliere qualche fungo, rinfrescarsi al vasi di begonia. Begonie pendule, di lusso. ruscello che da molti chilometri accompagna la stra- Da alcuni decenni il paese è demograficamente in da ferrata, e senza neppure correre si riacchiappereb- decrescenza, perciò le aule scolastiche sono sufficien- be il treno alla curva successiva. ti. L’alternamento non è necessario e si può fare lezio- Mano mano la luce si è fatta piena e i gufi smetto- ne sempre di mattina, con orario normale. Le classi no di guardarmi con i loro occhi stupidi. Il sole co- sono poco numerose e i bambini vengono a scuola pu- mincia a essere alto, i colori dei fiori si fanno più vi- liti e vestiti quasi con eleganza. vi, si ha il presentimento di una giornata calda. Io ho una quinta femminile con diciotto allieve. Ci siamo fermati a sette stazioni ma non abbiamo Mi accolgono cortesemente e ascoltano in assoluto si- incontrato nessun paese. “Il personale viaggiante” ha lenzio la mia autopresentazione. Sono persino troppo scambiato qua e là delle chiacchiere con i capostazio- brave e gentili per le mie aspettative. Credo di aver ne e relative famiglie. Certe volte la sosta è stata così superato il loro esame. lunga e apparentemente ingiustificata che ho avuto il Anche con le colleghe ho un facile successo. Il mio sospetto che i ferrovieri fossero attorno a un tavolo per aspetto modesto le sorprende piacevolmente e le con- una partitina a tressette. quista. Una di loro mi dice che “credevano io fossi di- Ma adesso siamo finalmente alla stazione di Borti- versa”. gali. Gerani rossi alle finestre; un pozzo coperto di la- – Ci avevano detto che sei una ragazza con idee

92 93 molto strane… moderne… Invece hai l’aria per be- Davanti alla mia finestra il viottolo è stretto. Nel- ne, non hai nulla di speciale… la casa di fronte abita un pazzo che ogni tanto spor- Le ringrazio ma non riesco a nascondere la mia sor- ge le braccia dall’inferriata e grida qualcosa. Per non presa e la mia curiosità. Credevo di arrivare assoluta- sentirlo apro la radio a tutto volume. mente sconosciuta, invece una fama, e quale fama, Dal balcone della cucinetta invece si gode la passeg- mi aveva preceduto. Forse per gentilezza non mi di- giata: il paese ha abitudini signorili e gli uomini do- cono tutto ciò che immaginavano di me. Ripetono po il tramonto passeggiano avanti e indietro chiac- soltanto, vagamente: chierando. I giovani con gli alti stivali lucidi e i visi – Sì… diversa. Più alta… diversa, insomma! sanguigni, gli anziani con gli stretti pantaloni di pan- Vengono insieme a darmi gli auguri di bene arriva- no nero e un corto giubbetto di velluto a doppia bot- ta. Parliamo della scuola, dei superiori, di noi. Eccet- toniera, i baffi dritti incerati e la berretta accurata- to una sposa di trent’anni e il maestro fiduciario an- mente ripiegata alla sommità del capo. che lui piuttosto giovane, le altre quattro sono donne Passano anche delle ragazze ma camminano rapida- d’età. Pretendono che in virtù della colleganza ci dia- mente, con l’aria di fare qualcosa di utile. mo del tu e in principio è piuttosto imbarazzante, poi La mia presenza al balcone deve esser stata notata ci faccio l’abitudine. Dei superiori parlano senza sim- perché adesso gli uomini passando alzano il viso per patia ma con prudenza. guardarmi con curiosità manifesta. I più gagliardi si La padrona di casa che mi ha aiutato nei preparativi accarezzano i baffi e le lunghe basette. ci serve il caffè con i biscotti e il liquore con i ciocco- Qui uomini e donne sono timorati di Dio e alle fe- latini. Credo di essere stata all’altezza della situazione. ste la chiesa parrocchiale è affollatissima. Anche in Più tardi restituirò le visite. È un paese nel quale si ba- politica i bortigalesi sono benpensanti. Ci sono alcu- da all’etichetta. ni comunisti e pochi socialisti. La casa in cui abito è al centro del paese, la padrona – Quelli son comunisti all’acqua di rose, – dicono i è una vedova ancora energica e svelta. La mia camera, monarchici e i democristiani, – son brava gente… cre- piccolissima, ha le pareti ingombre di oleografie di dono di essere comunisti, ma non lo sono, sono perso- santi e di ingrandimenti a colori di uomini baffuti. ne oneste come noi… solo un po’ originali. Con tatto cerco di far capire che preferirei fossero tol- Il parroco è giovane e attivo. Un prete moderno. ti… finalmente vengo intesa e con le pareti bianche Con l’aiuto di alcune maestre ha organizzato un ri- respiro meglio. creatorio per i giovani e per i bimbi ed ha aperto una

94 95 sala di proiezione. Porta i films della serie di Don Ca- quella di cottura dove il latte bolle in grandi caldaie millo e di Gianni e Pinotto. Ma anche queste pellico- sospese sui fuochi di legna. C’è fumo e buio, la scena le sono così ridotte che lo spettacolo non durerebbe ha qualcosa di infernale, anche il vecchio in canottie- un’ora se ogni tanto non venisse interrotto per la tra- ra rosa che sente col dito il calore del latte. Mi dice smissione di Vecchio scarpone e Vola vola. Le ragazze se- che hanno i termometri a mercurio ma che lui il mi- guono cantarellando in sordina e i giovani fischietta- glior termometro lo ha nella mano che da trent’anni no. Poi lo spettacolo riprende. fa quel lavoro. Ma la vera eminenza grigia, quella che dall’ombra Ci danno dei pezzi di formaggio gommoso e le bam- governa il paese è Madre Maria, la superiora dell’asi- bine masticano golosamente. Il segretario ci conduce lo. È lei che amministra le opere benefiche, è lei che intanto alla salagione e alle cantine per la stagionatu- organizza i corsi di taglio, di cucito e di ricamo per le ra. Anche qui l’aria è greve e i pavimenti bagnati; gli ragazze. È lei che attraverso chissà quali segretissime uomini che vi lavorano hanno lo stesso viso pallido e vie sa tutto ciò che si dice o si pensa nelle famiglie. È malaticcio dei minatori. a lei che si rivolgono i parlamentari e i politicanti de- Prima di andar via riceviamo il dono di tre panet- mocristiani se vogliono essere sicuri che una loro ini- ti di burro da mezzo chilo ciascuno. ziativa non fallisca. La si vede talvolta girare nel paese per questue e vi- Insegnare a Bortigali è facile. Si ha la collaborazione site; ha un’aria affaccendata nel suo abito bianco svo- di tutto il paese e gli scolari sono spontaneamente di- lazzante. Le vengo presentata e con benevola voce na- ligenti e ordinati. Portano in classe dei vasi di fiori e sale mi dice di andarla a trovare all’asilo. Il suo gran- la scuola pare una serra. C’è tra maestri una tacita ga- de ventre mi domina. ra per l’aula più adorna. Anche la bidella, bisogna dirlo, è efficiente. È una Bortigali si vanta della prima cooperativa pastori che bella donna ancora giovane. Come invalido di guer- sia stata fondata in Sardegna. Al ragioniere che funge ra il titolare è il marito ma è lei che accudisce a tut- anche da segretario domando il permesso di condurre to. Il sabato si fa aiutare per la pulizia a fondo da al- le mie alunne in visita al caseificio. Ne è lusingato e mi cune vicine. Le scale e gli anditi sono luccicanti. dà appuntamento per l’indomani alle dieci. Adesso attende un bambino e si riguarda un po’; è Lo troviamo che ci attende all’ingresso e ci accom- il primo dopo dieci anni di matrimonio e vuole con- pagna gentilmente di sala in sala: la sala di raccolta, durre felicemente a termine la sua gravidanza.

96 97 Mi mostra una lucida tibia d’aquila che, a tal uo- ria perché questo, e non per colpa loro, è l’unico mo- po, tiene legata al collo con un cordoncino nero. Pa- do in cui sappiano studiare. È persino irritante la loro re sia infallibile contro gli aborti e le mastiti. troppa diligenza, tanto più che il risultato è una triste Come le altre donne del paese non porta il costume, uniformità. sostituito ormai da decenni con squallide vestaglie ne- Anche i loro componimenti son tutti uguali, corret- re o verde bottiglia, corte al ginocchio. tissimi ma desolatamente banali. La mamma è sempre Le bortigalesi vanno molto fiere del loro abbiglia- “l’angelo del focolare” e il babbo è “il sostegno della mento “civile” e parlano con distaccato disprezzo del- famiglia che a sera ritorna stanco dal lavoro, ma lieto le silanesi che, a pochi chilometri di distanza, conti- di ritrovare la serenità della casa”, il loro paese è “sa- nuano a vestire il costume tradizionale come “delle lubre e solatio”, la stagione che preferiscono è la pri- zulù”. mavera “perché l’uccello canta sul ramo”… L’amore per la modernità ha qui molte manifesta- Sono desolate e sorprese della mia incomprensio- zioni, fra l’altro uno spiccato dinamismo che fa le don- ne… Ma hanno ragione loro! Chi dunque mi potrà ne di Bortigali assidue clienti delle ferrovie. Per tutti accontentare se questi diciotto angeli mi annoiano? i loro acquisti e affari saltano in treno e si recano a Sas- sari; anche Nuoro è troppo arretrato per le loro esigen- ze. Poche vanno a lavorare in campagna, e solo le più vecchie. Le altre preferiscono badare alla famiglia e coltivare in casa delle piantine ornamentali. Molte ricamano a telaio e alcune dipingono a olio incredibili cuscini di velluto in seta. Mi ero abituata alla gente rude di Fonni e adesso, fra i garbati bortigalesi, mi sento di nuovo stonata come un cardo fra i tulipani. Anche con le bambine il mio tono deve ancora una volta modificarsi, deve diventare dolce e talvolta forse anche un po’ sentimentale. Sono intelligenti, certo, e studiose, forse troppo studiose. Qualunque lezione io assegni posso esser certa che l’in- domani l’avranno coscienziosamente mandata a memo-

98 99

Ho domandato e ottenuto trasferimento a Orgosolo. A Bortigali la noia cominciava a diventare insopporta- bile. Meglio scappare! Ora sono in viaggio verso la nuova sede. Strada di montagna, tutta curve. Da un lato e dall’altro colline bruciate dagli incendi di questa estate. Tra Nuoro e Mamoiada olivi e olivastri carbonizzati vestono di lutto la campagna. Passata Mamoiada la strada si fa ancora più ripida sino all’altopiano di Sa Lácana. Qui le querce sono vi- gorose e i graniti assumono forme terrificanti. I vetri gli sportelli i sedili le reticelle metalliche del postale tremano e tintinnano per ogni ciottolo sulla strada. Ho l’impressione che anche la mia testa si sia messa a risuonare come una cassa armonica. I visi intorno a me sono chiusi e gravi. Come inten- ti in segreti calcoli o preghiere. Un giovane col viso d’angelo bruno, in gambali di cuoio e velluto marro- ne come gli altri uomini ma degli altri più pulito, tie- ne un fucile tra le ginocchia. Mi osserva in tralice e,

101 dopo che per un paio di volte i nostri sguardi si sono capo del paese, proprio dove la strada si allarga e il incontrati, un sorriso gli trema all’angolo della bocca. postale può girare per il ritorno. Finisco per sorridergli anch’io, francamente. A scuola ci sono già altri colleghi: otto sono di Or- Nuvole di polvere bianca entrano dalle fessure. Tut- gosolo, anziani e variamente imparentati tra loro, tut- to si copre di un velo di cipria. Il mio vicino dice, non ti portano il lutto. Gli uomini una larga lista intorno so se per convinzione o per provocarmi: al braccio e le donne un velo nero sulla testa; abiti, – Mandano delle belle macchine a Orgosolo! Ma calze, scarpe nere. Anche i forestieri siamo otto, per lo forse non meritiamo di più… più giovani. Passiamo un vecchio ponte in rovina. Sassi dipinti Un grosso paese. L’“Università del delitto”. Mio mal- di bianco delimitano i tratti più pericolosi. Sotto, nel grado la stupida frase mi ronza nel cervello. torrente, giovani donne lavano panni grigiastri. A me tocca una prima mista. Non ho mai insegna- Una croce di ferro arrugginito ci introduce in Or- to a bimbi così piccini e ne sono preoccupata. Ci sa- gosolo. Le sue case bianche, i tetti rannicchiati. ranno altre due prime. La prima fermata è alla posta. Alcune donne nei co- Dagli elenchi dell’anagrafe trascriviamo i nomi de- stumi rossi della di Belvì scendono cariche gli obbligati. Uno mi colpisce: Tandeddu Pietro. Pre- di cestini e, con circospezione, domandano la strada go i colleghi di cedermelo. La mia è forse soltanto una per la casa della maga. Le orgolesi rispondono con sot- curiosità volgare, non so, quel che è certo è che non tile disprezzo ma senza ironia. vedo ragione di resisterle; sarà interessante conoscere Ci sorpassa la camionetta dei carabinieri che ci ha da vicino la famiglia dei banditi. scortato per tutta la strada. È bianca di polvere. Sia- Pietro Tandeddu è già qui con gli altri bambini ve- mo in ottobre e non piove da maggio. nuti per l’iscrizione. Un viso tondo molto simpatico, La seconda fermata è cento metri più in là, davan- vivissimi occhi nocciola, un largo graffio dall’una al- ti alla bettola di Canavedda. Qui il postale si svuota l’altra guancia attraverso il naso. Gli domando come e il fattorino monta sull’imperiale per scaricare il ba- se lo sia fatto. Mi guarda sorpreso e non risponde. gaglio: bisacce, scatole, sacchi, ferramenta d’aratri, Fatti gli elenchi si tratta adesso di scegliere le au- qualche valigia legata con spago. le, sono otto per sedici classi: trovare i banchi, le la- Il giovane col fucile mi offre un caffè al bar. Sono vagne, le sedie, le cattedre… perplessa e sto per accettare ma l’autista mi propone A questo punto si manifesta improvviso un certo un passaggio in postale sino alla scuola che è all’altro nervosismo e della diffidenza: sinora siamo stati tutti

102 103 molto gentili e cordiali, anzi alcuni dei colleghi or- – Ho detto no e basta con queste inutili discussioni! golesi hanno benevolmente ricordato di aver cono- La dentiera le trema in bocca; batte forte un piede sciuto mia madre, in gioventù, quando studiavano a per terra e rientra in aula. Mi sento come una scolara Nuoro nella vecchia scuola normale. colpevole di impertinenza. Ricordo che la collerica si- Durante l’estate il caseggiato ha ospitato una colo- gnorina è stata compagna di scuola di mia madre. Nei nia per tracomatosi e il mobilio è accatastato negli maestri anziani c’è sempre un certo disprezzo per i anditi; solo alcune aule sono già arredate, ma vi si so- “giovani”, è quasi naturale poi che chi è giovane e per no installate d’autorità le maestre più anziane. di più forestiero, come me, venga considerato quasi un I banchi che rimangono sono avanzi storici rifiutati intruso, con scarsi diritti e dubbie possibilità. ormai anche dai tarli: scolpiti e affaticati da genera- La cattedra è un tavolo male in gambe che per mol- zioni di scolari cigolano lamentosamente ad ogni pres- ti anni ha fatto buon servizio negli uffici comunali, il sione; sono a quattro-cinque posti e quasi tutti man- cassetto è stato chiuso con una chiave che non esiste cano di pedana e di cassetto. Alcuni sono tanto alti che più. Il suo contenuto misterioso potrebbe far lavorare per potercisi installare i bambini avrebbero bisogno di la mia fantasia quando nient’altro la tenesse occupata: aiuto. Ma ce ne sono quindici a due posti, nuovi e di antiche memorie municipali? Documenti preziosi per concezione quasi razionale. Stranamente nessuno li la loro data? Oppure materiale didattico, i molti nul- vuole. Mi sembrano belli, o almeno non brutti, li pren- la di cui ci gioviamo per rendere oggettivo il nostro derei io volentieri se non fossero così alti. insegnamento? Vecchi registri con nomi entrati nella In una delle aule già arredate ce ne sono altri più storia del paese? vecchi ma solidi e piccoli. Propongo alla collega che Quando riuscirò ad aprirlo verrà alla luce una ban- se n’è impadronita e che ha una terza di cedermeli in diera tarlata con la croce sabauda. cambio di quelli nuovi. Mi risponde no seccamente. La lavagna è di legno, appoggiata a un trespolo che Ci rimango male ma oso insistere. Penso voglia evi- minaccia continuamente di rovesciarsi. Mi procuro un tarsi il fastidio degli spostamenti e mi offro di fare il rampino e con del filo di ferro la fisso al muro. Non è lavoro da sola: bella e neppure funzionale, ma piuttosto che nulla… – Non dobbiamo badare alle nostre comodità ma a Dopo molto cercare trovo anche un piccolo arma- quella dei bambini, la scuola la facciamo per loro… In dio la cui vernice grigia è quasi scomparsa sotto il su- quei banchi i bambini di prima classe stanno troppo diciume che vi si accumula da anni. scomodi, questi sarebbero più adatti, più piccoli… Ma il bidello è un vecchio uomo dagli occhi velati

104 105 dalle cateratte, annega la sua noia nell’acquavite e dor- alunni” e ornando le aule e gli anditi con adatti car- me lunghi sonni su una panca in cucina. Negli anni in telloni didattici. Ma i “vecchi” sostengono che l’idea cui era valido fungeva da messo comunale, poi fu no- per quanto bella è inattuabile perché “quelli delle minato bidello, se non ho mal capito, col caritatevole scuole popolari” distruggerebbero tutto dopo alcuni proposito di fargli raggiungere i limiti d’età per la giorni. Come già è successo. Il Direttore insiste: pensione. A scuola lo “aiuta” la moglie cui una parali- – Dopo averli distrutti una volta non avranno vo- si ha rattrappito il braccio destro e che agita conti- glia né gusto di distruggerli una seconda e una terza nuamente la testa in un moto convulso. e pian piano impareranno a rispettarli e ad amarli. Per il suo male prende certe pastiglie da un tubetto – Già alcuni anni fa abbiamo tentato, – dice una di latta celeste che tiene sotto la blusa, nel seno, come maestra, – e quando le piantine hanno attecchito ho un amuleto. Mi dice che le giovano, ma ne consuma dovuto portarle a casa per evitare che fossero dan- troppe dovendo darne anche ad Amelia, la sua bambi- neggiate. Le tengo nel mio terrazzo. Naturalmente na di cinque anni che è molto viziata, come tutti i fi- sono sempre a disposizione della scuola. gli unici e di vecchi. Se gliele rifiutasse diventerebbe Il Direttore insiste, i maestri promettono. Sono con- invidiosa della mamma, e questo è proprio un cattivo tenta. Così com’è la scuola sembra una spelonca, no- sentimento! nostante gli anditi ampi e le aule luminose. Le chiedo di leggere l’iscrizione sulla scatola: indi- Così, fra compilazione di elenchi, sistemazione de- cato nel morbo di Basedow… ecc. gli arredi, discussione per gli orari e gli alternamen- Attendere che mi lavino l’armadio e che lo lavino ti è passata quasi una settimana. bene è assurdo. Decido di fare da me. Oggi è il primo giorno di lezione. Ho due scolare- sche di prima: devo supplire la collega con la quale Viene il Direttore, un giovane innamorato del suo mi alternerò nell’aula. Cinque ore, sessanta bambini. mestiere e pieno di buona volontà. Risiede a Fonni da Non riesco neppure a ricordare i nomi. Alcuni pian- cui didatticamente Orgosolo dipende, e compie ades- gono e vorrebbero tenere ancora la mano della mam- so le consuete visite di principio d’anno. Ci riunisce ma o della sorella che li ha accompagnati. Finalmen- nell’aula della maestra fiduciaria e ci parla con molta te riesco a sistemarli ai loro posti. Le gambe penzola- saggezza dei problemi scolastici. no dai sedili troppo alti. Ci invita a rendere la scuola più accogliente colti- C’è nell’aria un silenzio e una immobilità innatura- vando dei fiori che “ingentilirebbero l’animo degli li, so che non potrà durare perciò devo approfittarne.

106 107 Attendono qualcosa da me, comincio a parlare ma ho so posto sotto la lavagna e non l’ho potuto convincere appena aperto la bocca che un bambino scoppia in a sedersi sul banco. A tutte le mie esortazioni, a tutti pianto convulso. i miei ragionamenti, a tutti i miei ordini rispondeva Sembra che la mia voce lo spaventi, invoca la mam- con una punta di disprezzo: Bae! Bae! (Ma va! Ma va!). ma e mi inonda di lacrime. Vorrei farlo accompagna- Adesso all’improvviso, quasi si sia accorto del mio re a casa ma, come un naufrago alla sua tavola, si at- smarrimento, propone di raccontare lui una storia. tacca ostinatamente al banco. È disperato e io mi sen- È una filastrocca nel dialetto di Orgosolo e vi si fa to del tutto incapace di aiutarlo o di liberarmene. Ma ironia su un povero contadino baroniese che si vanta ora, quasi all’improvviso, tace, il piccolo incosciente, come di eroiche bardane di piccoli e trascurabili furti e ha il coraggio di sorridermi tra le lacrime. di angurie e meloni. Nell’ultimo verso c’è una parola Gli altri intanto sono in rivoluzione. Abbiamo già un po’ scurrile e i bambini ridono rumorosamente. detto la preghiera ma per calmarli non trovo di meglio Nell’entusiasmo sbattono le ribalte dei banchi provo- che ricominciare col segno della croce e l’avemaria. cando un rumore estremamente irritante, come un Approfitto del relativo silenzio che segue alla pre- manipolo di stonati tamburi. Solo adesso capisco per- ghiera per attaccare con Cappuccetto rosso. In princi- ché i maestri più furbi avevano preferito a questi i pio mi ascoltano con molta attenzione, seguono affa- banchi vecchi ed enormi però a ribalta fissa. scinati il movimento delle mie labbra. Ma poco dopo, Nessun altro vuole esibirsi ma Giovanni si dice di- e Cappuccetto non aveva ancora incontrato il lupo, si sposto a cantare. Sono ancora una volta imprudente e annoiano e cominciano ad agitarsi. Tanto vale che mi ringraziandolo invito i compagni ad imitarlo e a sta- dia per vinta: di ciò che dico in italiano non capiscono re bene attenti per imparare da lui. assolutamente nulla: dovrei parlare il loro dialetto ma Con voce acuta e sicura attacca Bandiera rossa. È una purtroppo non ne sono capace. Si ripete una situazio- fortuna che il bambino conosca solo il ritornello. Al- ne che avevo conosciuto a Fonni, ma qui peggiorata meno finisce prima. perché non ho interpreti. A Oliena ero stata accusata di “aver fatto politica a Mi soccorre Giovanni, un monello scalzo e magris- scuola” perché ai miei alunni delle popolari avevo simo con grandi occhi adulti e un ciuffo biondo impa- spiegato che il 25 aprile è la festa della Liberazione e stato di polvere. Si è fatto notare dal suo primo in- della resistenza al fascismo. Adesso non vorrei che mi gresso; è arrivato solo ed entrando ha lanciato un si accusasse di questa cosa ridicola: fare propaganda “buongiorno” spavaldo quasi provocatorio. Poi ha pre- politica in una prima elementare.

108 109 Dico ai bambini: – Alzatevi! – Non mi capiscono. Chiamo la mamma sperando di riceverne un consi- Mi spiego a cenni. – Sedetevi. – Non mi capiscono. Mi glio e un aiuto. Finisce che parliamo soltanto delle lo- spiego a cenni. ro disgrazie e della loro miseria. Giovanni è vivace; Bilancio di una giornata: hanno imparato due paro- suo padre ha avuto il torto di tenerselo troppo vicino, le italiane: alzatevi e sedetevi; ed io ho imparato un gli amici del padre sono amici suoi, lo portano per le nome: Giovanni. bettole; lo fanno bere e gli insegnano filastrocche e È già qualcosa. canzoni non sempre castigatissime, lo trattano da adul- Decisamente il protagonista di questi primi giorni to ed egli nei suoi sei anni si è convinto di essere su- è lui. Si rifiuta ancora di sedersi nel banco, preferisce periore ai marmocchi che a scuola fanno del loro me- sdraiarsi nella polvere sotto la lavagna. Niente può glio per rendersi graditi a questa “donnetta” venuta convincerlo. La sua risposta di sempre è: da Nuoro. Forse la sua spavalderia è anche una reazio- – Deu bardet! – che può corrispondere, grosso mo- ne alla sfortunata situazione familiare. Sono sette figli do, al nostro “…e che fa?”, carico di ironia. e un altro è in viaggio. Ma credevo di averla spuntata; finalmente aveva pre- La mamma mi racconta che un giorno, dopo aver so posto nel primo banco. Dopo un poco però mi vol- rapidamente consumato la razione che gli aveva dato, tai e lo vidi coricato ventre a terra sotto la pedana; mi Giovanni le domandava dell’altro formaggio. Ne ave- guardava con irriverente malizia e diceva: – Faccio il va comprato trecento lire proprio quel mattino e do- bandito! veva bastare per molto tempo. Rispose: Il padre è sotto giudizio di secondo grado con l’im- – Figliolino, il formaggio lo hanno i Chiolu, non noi. putazione di omicidio premeditato. È stato assolto – (I Chiolu sono la famiglia più facoltosa del paese). dalla Corte d’assise per insufficienza di prove ma ora, – Mamma, i Chiolu mangiano del loro, ma io ho dopo l’appello suo e del Pubblico ministero si rifà il fame del nostro! processo. Tutti in paese lo ritengono innocente. Giovanni è un ribelle, ubbidire è per lui un diso- Voglio allinearli e magari farli marciare un po’. Pen- nore, mi dà del tu e non teme nessuna minaccia. Gli so che generalmente i bambini godono di essere para- ho detto che se non accetta le regole non lo farò più gonati ai soldati e per incoraggiarli ad ubbidire dico la entrare a scuola. Mi ha risposto: prima banalità che mi viene in mente: – È forse tua la scuola? Tu sei di Nuoro, se hai vo- – Su, bravi, come soldatini! glia di comandare vattene al tuo paese! Ma subito mi rendo conto che i bambini di Orgo-

110 111 solo non possono avere idea di che cosa siano i solda- bambini sino ad ora non hanno dimostrato alcun de- ti; penso ai carabinieri, gli unici militari che cono- siderio di “esprimersi per immagini”. Hanno orrore scano e mi correggo: della matita e non vogliono usarla. – …come i carabinieri! Si divertono però a vedermi disegnare alla lavagna. Giovanni mi guarda con disprezzo ed esclama: Mi si affollano intorno e mi ordinano: – L’automobile! – Allora prendo il mitra e sparo tutte le donnette, Il carro! Il postale! L’aeroplano! – Ho successo. Uno di te per prima! loro esclama: – Bene! Così io ci monto sopra e i carabinieri non Ho dei bellissimi gessi colorati e disegno alla lava- mi prendono più. gna. Dico i nomi degli oggetti rappresentati, li faccio ripetere, ne dico i colori, invento piccole fiabe di poche Vengono a scuola puntualmente ma non tutti volen- parole e molti disegni. Cerco di render viventi nella tieri; la strada, la campagna, i giochi, le ricerche nei fantasia dei bambini le figure di cui la lavagna va po- mondezzai, le conversazioni dei grandi sono più diver- polandosi. Invito i bambini a disegnare sui loro qua- tenti che lo stare rinchiusi per tante ore con una quan- derni; nessuno mi ubbidisce, dicono che non sanno. tità di veti e di costrizioni. Tuttavia essi sanno di do- Solo un ripetente si azzarda a tracciare qualche linea. ver venire e vengono; devono imparare a scrivere e a Devo insegnare fra quali dita si deve tenere la mati- leggere e la mamma, quando tornano a casa, domanda: ta e in quale mano. Ma hanno paura, non vogliono – Oggi che cosa avete fatto? Avete cominciato le sporcare il quaderno nuovo di cui vanno fieri. Dopo aste? Fammi vedere il quaderno! molto ottengo che segnino dei puntini sugli incroci Quando vede i disegni che la maestra ha permesso, delle righe. È già un primo passo per esercitare la ma- o voluto, sgrida suo figlio e non crede che una brava no e l’occhio. maestra possa davvero permettere tali scarabocchi. L’indomani a scuola il bambino è irremovibile e pian- Una settimana è passata. I progressi sono scarsi: io ge perché non vuole disegnare. È giusto costringer- ho imparato i nomi degli alunni e loro hanno impa- lo? Vuole fare le aste, faccia le aste: anche questo è un rato i nomi degli oggetti dell’aula e i verbi più co- metodo per arrivare alla scrittura e forse non è del muni. In quanto al disegno e alla scrittura siamo an- tutto inutile anche come disciplina mentale. Ma so- cora lontani dal principio. prattutto è un buon metodo per evitare contrasti tra Il “disegno spontaneo” non è spontaneo affatto, i l’autorità materna e l’autorità della scuola.

112 113 Potrei ritirare i quaderni e tenerli in classe. Certo, è ca della prima elementare ma in verità mi aiutano po- una buona idea. Lo farò! Ma le prime volte è un dram- co. Vi si parla di spontaneità, di “desiderio naturale” ma: – È mio il quaderno! È mio, lo voglio! nel bambino di apprendere, ma evidentemente si pen- Parlavo dell’Angelo Custode. Ci vede, ci è sempre sa ad ambienti nei quali la civiltà dell’alfabeto ha con- presente, ascolta i nostri discorsi, vede anche nei nostri quistato posizione di preminenza. Insegne nei negozi, più riposti pensieri, riferisce a Dio della nostra con- nomi di vie e di piazze, targhe sui mezzi di trasporto, dotta… Era forse inevitabile che qualcuno dei bam- scatole e involucri con parole stampate, giornali e libri bini lo paragonasse alle spie e ai carabinieri. in ogni casa… Qui in tutto il paese ho visto solo due Giovanni pensò forse a quelli che accompagnarono targhe ed entrambe dicono “Bar”, gli unici mezzi pub- suo padre in carcere. Esplose: blici di trasporto sono gli autobus Nuoro-Mamoiada- – Non lo voglio, non lo voglio! Se ne vada! Orgosolo, i nomi delle strade nessuno ha curiosità né Stupidamente implacabile rispondo: bisogno di leggerli perché il paese è patriarcale e la – Ma lo hai! gente si conosce e si trova senza dover ricorrere a indi- – Ne sono stufo, se non se ne va lo piglio a sassate! rizzi, la carta stampata in circolazione è tanto scarsa – Non puoi, è d’aria. che ancora ha carattere di cosa preziosa e non viene vo- – D’aèra? Sa gherra li ’àcana! (D’aria? La guerra gli lentieri affidata alle mani distruttrici dei bimbi. facciano!). “Scoprire il centro d’interesse” suggerisce la moder- Di fronte a qualcosa di tanto vago ed evanescente na pedagogia, e su questo imperniare tutti gli inse- che neppure una sassata può scalfirlo si trova momen- gnamenti. Ma nella scuola di Orgosolo quale centro taneamente disarmato. Ma la sua truculenza di bam- di interesse potrà essere riallacciato non artificiosa- bino troppo cresciuto ha presto il sopravvento pur tra- mente all’apprendimento dell’alfabeto? sformandosi in ironico gioco di parole con l’inevitabi- le imprecazione finale. Per la compilazione del registro occorre conoscere la Vogliono fare solo ciò che già sanno: hanno impara- professione del padre degli alunni. Domando: to “i puntini” e si rifiutano di fare altro. Bisogna che – Che mestiere ha tuo padre? Che cosa fa? intervenga d’autorità per stimolarli a procedere. Tal- Ma sono troppo piccoli e non capiscono. Quasi tut- volta gravi conflitti. Alcuni piangono per ti mi rispondono: paura di non saper fare. – Nulla! Ultimamente mi sono nutrita di libri sulla didatti- Devo ricorrere alle vie traverse:

114 115 – Tuo padre lavora in campagna o in paese? Lavora – No, sono i Chiolu, i nostri vicini. con l’impresa, alla strada o alle case popolari? Ha il car- ro a buoi? Ha le pecore? Che cosa vi porta dalla cam- Ho fatto un’altra piccola inchiesta: “Che cosa avete pagna? mangiato prima di venire a scuola?” Solo così riesco ad arrivare al mio scopo, almeno ap- Su trenta solo due hanno avuto il latte. Gli altri una prossimativamente. Peppino, un bimbo piuttosto pa- tazza di caffè e delle fave secche rubate alla provvista cifico, grandi occhi nocciola e la testa di riccioli bion- per il maiale. Mi pare impossibile e insisto: – Tu cer- di, mi dice: to hai mangiato anche del formaggio, del pane… – – Noi siamo ricchi! Ma è così, una tazza di caffè e un pugno di fave. – Oh, davvero? Che cosa avete? Ne ho la conferma dalla mamma di Eugenio. Abita – Abbiamo un asino e babbo ci porta la legna. È vicino alla scuola e quando mi vede passare mi invita molto bello mio babbo! nella sua cucina. Ha una schiera di bimbi; tiene in Graziano, il ricco della classe, ride: braccio il più piccino, di dieci mesi, ma ha il ventre già – Cos’è un asinello? Sono poveri, sono! Non hanno sformato da una nuova gravidanza. Mi siedo davanti al neppure una casa, gliela abbiamo affittata noi e mam- camino, su uno sgabello di ferula; il mio alunno si na- ma dice sempre che pare una stalla. Poi non è vero che sconde dietro una catasta di ramaglia e mi guarda fur- suo babbo è bello, è vecchio suo babbo! tivamente, sicuro di non essere visto. I fratelli mi si Mi fa tanta rabbia che vorrei picchiarlo: per fortuna affollano intorno osservando con curiosità la mia bor- Peppino pensa ancora al suo asino e al bellissimo bab- sa, i miei guanti, la mia spilla sul risvolto della giacca. bo e sembra non sentirlo, continua a sorridere come La donna ravviva la fiamma e vi mette a bollire del un angelo rapito. caffè. Quando me l’offre il piccolo strilla e si lancia Anche Giovanni parla delle sue ricchezze, ma in mo- sulla mia tazza. La mamma ride e dice: do talmente amaro che mi impaurisce: – Il prepotente! Stia attenta, è invidioso perché a – Noi siamo ricchi davvero: Egidio sta con le peco- lui non ne ho dato. re, Andrea con le vacche, Salvatore con i maiali, Ana- – Certo, il caffè nuoce ai bambini… nio con le capre, babbo da solo dirige tutto. – No, stia sicura, è proprio caffè. Io, sa, non uso quei – Chi sono Egidio, Salvatore, Ananio, Andrea? So- pasticci di estratti o altro. Al bambino glielo ho do- no tuoi fratelli? vuto dare da quando aveva sei mesi e io, vergogna per- Ride perché ci sono cascata: sino a parlarne, sono rimasta di nuovo incinta e mi è

116 117 mancato il latte. Non potevo farlo morire di fame e gli quell’ambiente” tutti sono delinquenti a meno che davo zuppette di pane e caffè. non riescano a dimostrare il contrario, e non sempre – Ma il caffè eccita i nervi, dovrebbe dare il latte ai questo è possibile, neppure per un galantuomo. bambini; li rovina facendo così… vede, è già tanto Bisogna fare il vuoto intorno ai banditi: perciò con- nervoso e magrolino! fino in massa o, quando si vuol essere clementi, am- – Non so, forse ha ragione Lei; ma qui, sa, si usa co- monizione. Il che equivale, per un pastore che ha i suoi sì. Poi il caffè lo compriamo dal negozio e quando gli interessi in campagne lontane dal luogo in cui il ma- uomini son disoccupati si segna sul libretto e abbia- resciallo deve sorvegliarlo, a una condanna alla totale mo respiro sino a che non trovano lavoro e allora pa- rovina. ghiamo tutti i debiti. Il latte lo vendono le proprie- Si è arrivati al punto che un poliziotto analfabeta ma tarie e queste non accettano il libretto, vogliono il pa- ben impomatato può credere legittimo per lui fare il gamento immediato. Dicono che se non fosse per rea- padreterno con un onesto paesano colpevole di vestire lizzare subito converrebbe fare del formaggio… abiti di velluto e di spandere intorno odore caprigno. Avevo sempre sentito parlare di Orgosolo come di Perciò molti pastori, ad evitare grane, hanno venduto un paese di pastori, ora vado accorgendomi che questi il gregge ed hanno comprato buoi da aggiogare: se- non sono ormai che una scarsa percentuale. Dal dopo- condo l’opinione comune, infatti, operai e braccianti guerra a oggi, varie crisi e rivolgimenti hanno affret- hanno meno occasioni di incontrare, e quindi favorire, tato la trasformazione in braccianti di molti pastori i banditi. senza terra. Ma anche in Sardegna la motorizzazione agricola va Oltre le cause economiche - fitti sempre più esosi, diffondendosi e i carriolanti improvvisati non tardano siccità, morie - credo che molto abbia affrettato i ritmi a capire di aver fatto un brutto affare. E vendono i buoi di questo mutamento la persecuzione metodica e con- e si iscrivono come braccianti negli uffici del lavoro. tinuata cui i pastori son sottoposti “per provvedimen- Molti sono disoccupati e i loro bambini crescono sen- ti di polizia” quando nelle campagne si aggirano i ban- za latte. diti. E Orgosolo in questi ultimi anni di banditi ne ha avuto in continuazione. Vi sono adesso intere famiglie Mi piace parlare con la mamma di Eugenio; nono- al confino di Ustica e Portolongone; anche donne, “so- stante il caffè ai figli è una donna saggia e intelligen- spette di favoreggiamento”, sorelle o fidanzate dei te. Affrontiamo anche argomenti pedagogici e sono banditi. La teoria della polizia sembra essere che “in sorpresa della chiarezza con cui li tratta.

118 119 – Dobbiamo stare bene attenti, noi genitori e voi Nel villaggio sardo la “critica” è la potenza segreta maestri, a non proibire troppo ai bambini; anch’essi che governa, è quella che in un giorno può distrugge- hanno le loro esigenze e ciò che a noi può sembrare re la vita di una donna, ridicolizzare un uomo in mo- inutile per loro è necessario. Però quando proibiamo do irrimediabile, far fallire un’idea, demolire una cor- una cosa dobbiamo tenere duro sino in fondo. Se ca- rente politica… Per paura della “critica” si tende tut- piscono che siamo deboli è un disastro… l’ho letto in ti a marciare sul binario tracciato da secoli e, per non un libretto che mi hanno dato alle Madri cattoliche aver distrutta la propria pace da penosi conflitti inte- ed è tutto vero. Ora però alle Madri non sono più an- riori, sarebbe augurabile non avere altra aspirazione data, le dirigenti sono delle bigotte, si son messe a far che quella di essere fedele copia dei propri antenati. politica… Ho altro cui pensare io! Anche qui arriva, e la guerra ne ha molto accelerato Condanna i sistemi educativi in uso a Orgosolo, per il processo, il soffio dei tempi nuovi; il macchinismo quanto in gran parte anche lei li segua; troppi legami fa la sua prima apparizione e, sia pure lentamente, le impediscono di essere la donna che vorrebbe. mutano anche i rapporti economici… Ma la “critica” La impossibilità per molti, quasi tutti in Sardegna, permane come un saldo roccione e il suo sgretolarsi è di essere ciò che veramente vogliono essere, di fare ciò impercettibile. Tutti i disagi di una società di transi- che ritengono meglio fare, di scegliere tra due strade e zione come è la nostra sono dalla “critica” acuiti. Per seguire quella che giudicano migliore è una delle cose essa ci si sforza di essere ciò che non si è più e mag- che rendono così desolato questo paesaggio umano. giormente si soffre di non essere ciò che si vorrebbe. Il nostro “destino” è reso spesso ancor più penoso da Solo i ricchi, ma i veramente ricchi e sono pochis- un carico di aspirazioni sbagliate o frustrate. Si intui- simi, potrebbero ignorare la “critica”, perché la “cri- scono nuove soluzioni ai problemi quotidiani, si ap- tica” stagnando nel basso neppure li sfiora. prezzano certi modi di vita dei “continentali”, che so- Anche la mamma di Eugenio sarebbe una donna di no per molti remoti quanto i marziani, ma è impos- tipo nuovo se l’ambiente così dappresso non la strin- sibile uscire dal cerchio soffocante delle piccole abi- gesse; perciò deve rassegnarsi a parlare soltanto. tudini, di sostenere l’ironia dei benpensanti, di vince- re la paura della “critica”. La parola snobismo qui evi- Un’altra rivelazione, oggi. Ho disegnato un letto e dentemente non esiste ma se ne ha bene il concetto e molti bambini insieme si sono alzati e indicando Gra- credo che molti preferirebbero essere considerati ladri ziano con l’aria di accusarlo di qualcosa di vergognoso che snob, e forse sono ladri per non essere snob. hanno detto:

120 121 – Lui dorme in un letto, come una donna! pezzo di pane con scarso companatico asciutto sono il Ho voluto indagare: fra tutti i miei alunni maschi più delle volte il loro pasto principale; se lo cacciano Graziano è l’unico che non dorma per terra. Anche io in tasca ed escono mangiucchiando per raccogliere le- ne sono scandalizzata, ma dire scandalizzata è dire po- gna nel bosco o per giocare sino a notte nelle strade. co, ne sono sconvolta. Le loro mamme spesso, quando essi vanno o torna- Non ho vissuto fra le nuvole sinora, però mai avrei no dalla scuola, non sono in casa; ad esse sono affida- immaginato una cosa simile. Sono bambini di sei an- ti quasi tutti i lavori dell’agricoltura e quotidiana- ni! Ho sempre sentito parlare di Orgosolo e dei suoi mente devono recarsi in campagna. Tre delle donne problemi, però adesso comincio a credere che, in fon- uccise negli ultimi anni di sangue incontrarono il lo- do, ne sappiamo ben poco. ro destino proprio mentre erano intente al lavoro dei Quando sin da bambini si è abituati a vivere rinun- campi e forse solo per aver visto qualcosa di compro- ziando a tutti gli agi, anche i più comuni, quando an- mettente. La campagna sarda è disabitata e perciò pe- che il latte è un lusso e il letto una mollezza vergo- ricolosa. gnosa, e l’ideale educativo è quello che può indurire La pulizia della casa e dei figli, la loro educazione, più rapidamente, non è strano che la vita del bandito, la cucina, la stessa incolumità personale passano in se- con tutti i disagi che comporta, non spaventi e conti- conda linea di fronte alle cure dovute all’orticello nel nui anzi ad avere un alone di eroismo romantico. quale crescono i legumi che saranno per tutto l’anno Noi maestri parliamo delle virtù cristiane: pietà, la base dell’alimentazione familiare. rassegnazione, perdono; i nostri alunni già conosco- Alla sera, ma non sempre, vi è un piatto di patate e no la legge della fierezza e dell’onore esasperati e la fagioli bolliti e conditi con un pugno di latte quaglia- legge biblica del taglione. to e tenuto sotto sale. Nelle grandi occasioni la pasta- Noi diamo norme igieniche, propagandiamo la pu- sciutta e la carne arrosto vengono mangiati a sazietà da lizia, il bagno frequente, i cibi sani e variati; essi nella quasi tutti. Le verdure fresche sono pressoché scono- generalità abitano case nelle quali l’aria entra spesso sciute e molto disprezzate. “S’erba a sos caddos” (L’er- solo dalla porta che si apre sul vicolo umido o sul cor- ba ai cavalli) si dice con ostentato disgusto. tiletto-stalla e dove i servizi igienici sono sconosciuti. D’inverno le famiglie abbienti fanno un gran con- Ritornando a casa spesso non trovano niente di caldo sumo di carni suine conservate che si danno anche ai perché non rientra nelle usanze orgolesi riunire a metà bambini, con la stessa indifferenza con cui si dà loro il giornata la famiglia attorno a un piatto fumante. Un bicchiere di vino, e al lattante la cotenna da succhiare

122 123 e sfregare sulle gengive nel periodo della dentizione. ba magistri non faticano a credere parlanti e pensanti. La pretesa di voler nutrire i bambini con cibi adatti Mi ascoltano con espressione estatica. agli adulti, e spesso neppure a questi, fa parte di una Giorni fa, quando una farfalla mia interlocutrice si antica tradizione educativa che sembra affondare le sue allontanava salutandomi gentilmente, Agnese che mi radici nella teoria dell’indurimento. Appena usciti dal- aveva ascoltato con gli occhi spalancati e le manine in- la primissima infanzia, quando appena si reggono sul- trecciate sotto il mento si scosse ed esclamò: – Come le gambe, i bambini cominciano ad essere trattati da vorrei esser figlia della maestra! adulti. Dormono per terra sulla stuoia di giunco, non C’era in questa esclamazione tutto il desiderio, sia pu- hanno più diritto a dare o ricevere carezze, hanno l’ob- re confuso, di appartenere a quella civiltà che la mae- bligo di difendersi da soli nelle inevitabili contese con stra rappresenta e nella quale non solo i sentimenti vio- i compagni e di trattare con familiarità gli amici del lenti che sono l’essenza della vita orgolese ma anche le babbo. Vengono castigati con ferocia se colti in fallo piccole cose gentili possono avere importanza. ma possono ascoltare i discorsi non sempre edificanti che gli adulti tengono in loro presenza. Così i bambini vengono a scuola per certi versi già maturi. C’è però in loro, latente, una sete di favole e di bello che li rifà simili a tutti i loro coetanei del mondo. Le mamme di Orgosolo non raccontano fia- be ai loro bambini che perciò sono, da questo lato, candidamente ingenui e creduloni. Adesso che cominciano a capire la mia lingua ho iniziato a svolgere il programma, anche di scienze e di aritmetica, raccontando favolette in cui io ed un numero vario di fiori, rondini, farfalle, siamo i pro- tagonisti. È poca modestia la mia mettermi in così poetica brigata ma ai bambini piace e le storie na- scono piuttosto suggestive. Riferisco le mie conversazioni con queste creature che i bambini di Orgosolo sanno mute ma che in ver-

124 125 Vecchi giocattoli e dieci lettini

Una squadra di muratori lavora per la sopraeleva- zione del caseggiato. Davanti alla mia finestra un mo- torino elettrico rimescola ghiaia e cemento e contem- poraneamente solleva l’impasto. Il suo rumore conti- nuo mi macina il cervello e porta i miei nervi ad una tensione pericolosa. Anche i bambini si lamentano. Non riesco a capire perché Genio civile e Comune ab- biano atteso proprio il momento della riapertura del- le scuole per iniziare il lavoro. Uno degli operai è il padre di Grazia. Timido e sor- ridente mi domanda della figlia. Ha l’aria di aspettar- si mirabilia però mi tocca deluderlo. La bambina mi pare malata, dovrebbe farla visitare da un buon medi- co: le trema la testa, ha gli occhi appannati e in certi momenti le si rovesciano; non capisce e non impara as- solutamente nulla. È triste dover dire queste cose a un padre che non vuol crederci! Mi risponde, ancora sorridente: – Oh, vedrà! Anzi è sveglia, in casa ha una lingua… Torniamo da scuola e ne parlo con una collega. Mi indica un ragazzo idiota sui tredici anni:

127 – Vedi, è il fratello di Grazia. Sono cinque figli, tut- Forse non è idiota, ma certo è immaturo; dentro la ti così, in confronto Grazia è quasi sana. sua grossa testa il cervello deve essere poco sviluppa- Adesso capisco le illusioni del padre. to come il corpo disarmonico: le gambe cortissime e Ho cercato di conoscere anche la mamma: una don- le piccole mani paffute. I compagni gli hanno dato na malaticcia ma di intelligenza normale. Piangeva un soprannome, “Su carranzolu e bintichimbe litros” dicendomi che i figli, grandi come sono, se la fanno (La botticella da venticinque litri), ma lui non se ne ancora addosso e a lei tocca ripulirli tutti i giorni. offende, forse neppure capisce. – Non ne posso più! Non so perché Dio mi ha vo- Adesso dopo aver pianto un po’ si calma e non dà luto così male. Ho cercato di farli ricoverare almeno più fastidio; un giorno mi ha persino sorriso. Lo ten- uno… Ma non si riesce mai, mancano sempre delle go in classe per accontentare la mamma che me ne ha carte, documenti, non so… Lei che va spesso a Ro- pregato: – Se non sta a scuola non so a chi affidarlo ma, signorina, cerchi lei di aiutarci! Non sono catti- quando vado all’orto. Ormai neppure le suore dell’a- vi, sa, i miei bambini, non fanno male a nessuno, ma silo l’accettano più, d’età è troppo grande. Ma io ho io sono così stanca… troppo bisogno di lavorare, non posso badare a lui Che cosa posso fare? Anche io mi oriento male tra tutto il giorno. Sa, non ho marito io! L’avevo ed era la burocrazia e le sue leggi. un bravo uomo che non meritavo. Se n’è andato e non mi ha più dato notizie di sé. Ma in coscienza non gli Una grossa testa dai lineamenti regolari e piacevo- posso dar torto. Mi han detto che ha fatto fortuna e li, il nasino coperto di lentiggini, Antonio ha otto che ha un bel gregge nelle campagne del Goceano. Io anni ma ne dimostra cinque, sì e no. glielo auguro perché è un uomo buono. Forse ha an- Tutti i giorni lo accompagna a scuola la mamma o che trovato qualcuno che gli fa il pane e la roba… mi il fratello maggiore. Il momento del distacco è dram- dispiace per i bambini. Però io me la sono meritata, matico, Antonio finisce per piangere e i primi gior- ben mi sta. ni non c’era nulla che potesse distrarlo, si buttava per – Lui era militare e mi son venduta tutto, anche il terra e piangeva sino a che per esaurimento si addor- tavolo dove mangiavamo. Avevo il vizio del caffè e a mentava. I miei tentativi di sistemarlo su un banco quei tempi il caffè non si trovava che a mercato ne- erano controproducenti perché lo svegliavano e rico- ro. Cominciai a commerciare ma gli altri diventava- minciava a piangere. Ora ho scoperto che la stagnola no ricchi e io sempre più povera, mi vendevo tutto e del cioccolato può tenerlo occupato per delle ore, la non guadagnavo che il caffè che bevevo. Ero giovane liscia e ne fa stelline e fiori. e scervellata, che Dio abbia pietà di me!

128 129 – Quando lui tornò fu tanto buono da perdonarmi e – Sono stata una peccatrice ma ora è finito, sono lavorando onestamente mi ricomprò le cose necessarie. un’altra. E Dio è buono con me: Luigi, il maggiore, è Dopo però dovette andare in Campidano come servo la mia consolazione. Bada al fratello, mi aiuta come pastore. Tra la guerra e le mie pazzie avevamo perdu- una donna, mi fa i servizi e guadagna qualcosa suo- to tutto. Voleva rifarsi il gregge perché non è bello per nando le campane della chiesa e facendo il sacrista. È un uomo sposato stare alle dipendenze di un padrone. vero che deve alzarsi ogni mattina prima dell’alba e – Ma quando lui, lontano, lavorava per noi, io, pec- che ha sempre sonno… La sua maestra dice che non ho catrice, caddi ancora una volta, e peggio di prima. coscienza a sacrificarlo così, dice che si addormenta an- Quando lui tornò aspettavo un bambino, il secondo, che a scuola e che perciò non impara nulla. Ma come questo, che non è suo. si fa? Le sue mille lire mensili ci sono necessarie. – Sono una disgraziata. Volevo bene a mio marito, lo rispettavo e lo rispetto perché è un vero uomo, ma Oggi il primo autodettato. I ripetenti hanno lavo- a quel demonio tentatore non ho saputo dire di no, rato in modo troppo meccanico, alcuni bambini mi che Dio mi perdoni, e ho tradito il padre di mio fi- hanno presentato degli arruffati pasticci indecifrabili, glio, l’uomo migliore di questa terra. altri mi hanno dato piacevoli sorprese. – Se n’è andato senza farmi scandali, e poteva anche Generalmente le bambine dimostrano di aver im- ammazzarmi. Ma ora il paese vede come vivo, nel la- parato più dei loro compagni, ma fra questi c’è Pie- voro e nella miseria, scontando i miei peccati. Non ho tro, intelligente e attento, che merita un premio: una più assaggiato una goccia di caffè. conchiglia “nella quale è rimasto un po’ del rumore – Antonio è nato settimino, sino all’età di cinque del mare”. Esce di scuola fierissimo, tenendola ben anni l’ho dovuto tener al collo perché non camminava. stretta all’orecchio. I compagni gli fanno ammirato Il dottore diceva che era rachitico e che non c’era nul- corteo sperando di poterla toccare. la da fare. Invece anche lui è cresciuto, povero figlio! Ciò che gli altri fanno in un anno lui lo fa in due, pia- Entrando a scuola, oggi, ho trovato tutti i banchi no piano; ma col tempo anche lui diventerà un uomo spostati, pilastri di legno sostengono lunghe travi che e non si dovrà vergognare della mamma. Perché io non rinforzano la volta pericolante. Le aule del primo pia- dico le parolacce né faccio i cattivi discorsi e i miei fi- no sono state sgombrate, quelle del terreno si posso- gli crescono nel timor di Dio e nell’onestà, educati e no adoperare perché le armature di legno dovrebbero gentili. escludere ogni rischio di crollo. Non è un piacere abi-

130 131 tarle, il chiasso che fanno i muratori al lavoro è sem- cito acconsentimento a possibili rapporti epistolari pre più insopportabile, ma non c’è pericolo di morte tra noi e i Signori del Comune. perciò non c’è neppure ragione di evacuarle. Naturalmente sta a noi essere discreti e lasciare que- Gli altri piani invece dovranno essere sgombrati im- sti rapporti nella sfera del possibile; il contrario sareb- mediatamente. I maestri sfrattati vanno al Comune be grave mancanza di tatto. per chiedere che vengano affittate delle case private da Quasi per diminuirci il pericolo di gaffes, il Comu- adibire ad aule. Il sindaco delega gli insegnanti ad oc- ne non ci dà inchiostro. Ma non mancano maestri di cuparsene. Per sei classi vengono affittate tre stanze; pervicace insensibilità che arrivano a fabbricarselo con alcuni maestri orgolesi insegneranno a casa loro. oscure polveri acquistate in farmacia. Dei carri a buoi trasportano le carabattole della scuo- È freddo. Sto a scuola come in montagna, cappotto, la. È una domanda oziosa ma mi piace farla: perché sciarpa e fazzoletto per proteggere le orecchie, mi muo- non si è lavorato d’estate quando la scuola era chiusa e vo di continuo tra un banco e l’altro ma il sangue con- le giornate lunghe e serene avrebbero permesso di por- gelato scorre lentamente e mi rincretinisce. tare più rapidamente a termine l’opera? Misteri, mi- E i bambini? Alla peggio ricoperti di abitini di co- steri della burocrazia. tone, spesso scalzi e di necessità quasi sempre seduti, le gambe penzoloni o raggomitolate, sugli scomodi È arrivato l’inverno. Anche Orgosolo col freddo non banchi. scherza, tira spesso del vento che si ingolfa nelle stra- È vero che a scuola c’è l’impianto di termosifoni, ma de, entra negli anditi della scuola facendo tremare le sono freddi. Il Comune di Orgosolo è ricco e possiede porte e spalancandole, sollevando dai mucchi bianche enormi distese di boschi. Ci sono tanti disoccupati che nuvole di calce. Nella mia aula la porta è senza serra- sarebbero felici di entrare in un cantiere di lavoro che tura e le finestre non hanno vetri. Per mezzo del bi- l’Ente Regione aprirebbe forse senza troppe difficoltà dello ho chiesto al Comune che venissero riparati. Ma se il Comune ne facesse richiesta. Perché non proget- la mia è una voce che grida nel deserto. tarne uno per la raccolta della legna? Il Comune non Il Comune si fa vivo solo una volta all’anno e mol- spenderebbe neppure un soldo, anzi curerebbe gratui- to solennemente quando ci manda il registro con una tamente le sue foreste, i disoccupati avrebbero lavoro, penna, alcuni pennini, due gomme, una matita rosso- i bambini non patirebbero tanto freddo. blu, una carta assorbente e alcuni fogli protocollo che Mi pare semplice e attuabile. Ne parlo con chi ha le sono come i simboli del nostro potere e insieme un ta- mani in pasta nell’amministrazione comunale. Non è

132 133 semplice e tanto meno attuabile. Perché? Non sono in gegnosità. Me ne hanno portato alcuni a scuola: “s’i- grado di capirlo. scopette” che è una piccola cerbottana ad aria com- Del resto i termosifoni non hanno mai funzionato e pressa, fuciletti, mitra, rivoltelle intagliate nella cor- probabilmente i tubi e la caldaia vanno revisionati. teccia di pioppo e, della stessa materia, piccole ma- Sinché il caseggiato scolastico non sarà terminato non schere di sapore arcaico, figurine di uccelli e di altri ne vale la pena… animali e un burattino tutto snodato le cui parti sono La neve cade abbondante e il bidello che mi cocco- innestate con chiodi di legno. la come una figlia mi manda un braciere. Lo metto È strano però, o per lo meno contro le convinzioni davanti alla cattedra e i bambini vengono in gruppi a generali di chi studia psicologia, che i piccoli orgole- scaldarsi. si preferiscano a questi originali e creati da loro i gio- Totoni inciampa e lo rovescia. L’indomani deve ve- cattoli standardizzati che si comprano nei negozi. An- nire a scuola scalzo perché la brace gli è entrata negli zi li sorprende e li diverte il mio interesse per i loro scarponi e gli ha causato delle bolle. È quasi incredi- piccoli capolavori. bile: quando è capitato l’incidente Totoni non si è la- Abbiamo in classe anche tre palline e una vaccherel- mentato né mi ha fatto capire che soffriva. Un vero uo- la di gomma, dei cubetti da costruzione, una piccola mo! automobile di latta, alcune stelle filanti, delle palline Inaspettate notizie da Firenze: avevo descritto a un’a- di carta colorata. Durante la ricreazione sono a dispo- mica in quella città i miei alunni e le loro condizioni sizione dei bambini e bisogna vedere con quale cura di vita. Intorno a una rivista di cui essa è direttrice è amorosa essi trattano questi giocattoli che portai a nata un’azione in favore dei bambini di Orgosolo. Han- scuola già vecchi. no già una certa somma. Che cosa suggerisco di più Il primo giorno la vaccherella suscitò un entusiasmo utile? Naturalmente dei letti, pochi o molti, quanti delirante, Don Coco si rotolava per terra gridando, le saranno. Ma completi di materasso e di lenzuola: non bambine battevano le mani. – Sorride, ha le zampe, ha saranno un’elemosina ma una lezione. le corna, ha le mammelle, chissà se dà latte… – erano Se poi, indipendentemente da questo, si potessero i loro commenti appassionati. raccogliere degli indumenti caldi e dei giocattoli, an- Ieri però è capitata una sciagura: Grazia, in un im- che se usati, sarebbe magnifico. peto d’amore, ha staccato a morsi il muso della muc- Qui, infatti, i bambini non hanno giocattoli esclusi ca. La costernazione dei bambini colmò l’aula di lutto. quelli che essi stessi si fabbricano con ammirevole in- Tentai di consolarli dicendo che si poteva farla guari-

134 135 re ricucendola. Oggi quasi tutti i bambini mi hanno doni. Trenta buste grandi quanto una mano, di mia portato ago e filo. Ad operazione terminata mi hanno fabbricazione. Le riempio di caramelle, una trottolina manifestato la loro soddisfazione: – Sorride di nuovo, con la sorpresa dentro, un fischietto per i maschi e una anzi ora, forse è più bella di prima! pupattola microscopica per le bambine. Fra una cosa e Presto sarà Natale e prepariamo il presepio. Gran- l’altra non ho speso più di cinquanta lire a testa. de abbondanza di muschio e di asparagina, di vital- Con la complicità del bidello che, una volta tanto ba e di corbezzolo; molta neve di bambagia, stelle ri- efficiente, li mette nell’aula prima del nostro ingres- tagliate nella stagnola, copia di nastri multicolori e so, tento di far credere che “i doni” li ha portati un ornamenti improvvisati. Andreana porta delle rose di angelo mandato da Gesù. carta celeste e aggiungiamo anche quelle. In principio son tutti scettici, poi devono arrendersi Nell’insieme è molto festoso il nostro presepio e i all’evidenza: io sono entrata nell’aula insieme a loro e bambini guardandolo congiungono le mani e danno chi altri allora se non un angelo poteva averli portati? esclamazioni estatiche. Però le figurine dei pastori so- Del resto sono così pazzamente felici di averli che non no di carta e l’umidità presto le stende a terra. Inva- stanno a sottilizzare troppo sulla loro provenienza. no tentiamo di puntellarle con sassi, decidiamo di ap- Sono pochi, due o tre, quelli che mangiano subito penderle alla volta di verzura. le caramelle; gli altri, dopo averle svolte per vedere se San Giuseppe, la Madonna, il bue e l’asino stanno davvero dentro la carta non c’è magari un sassolino, le ben saldi sulle loro gambe di creta. Gesù Bambino è conservano per mostrarle in famiglia. di celluloide e dorme su un giaciglio di vera paglia. Le bambine cercano le sorprese nelle trottole mentre La fama del nostro presepio varca le pareti dell’au- i compagni soffiano all’impazzata nei loro fischietti. la, si spande nelle altre classi e per il paese… Ogni Quale genio malvagio mi ha suggerito questi oggetti giorno aumenta il numero delle persone che doman- così crudeli per le mie orecchie e i miei nervi? dano il permesso di venire ad ammirare la meraviglia Giovanni mi si avvicina e parlando sottovoce, da delle meraviglie. Assunta conduce in schiera tutti i adulto a adulto, mi dice: fratellini e l’esempio è subito imitato. Vengono anche – Ma Gesù Bambino se è davvero così povero per- delle donne, avvicinandosi fanno il segno della croce: ché non se li conserva i soldi e si compra del formag- anche i muratori entrando si tolgono il berretto. gio anziché regalare a noi queste cose? È il desiderio di indagare su un fatto che non gli Per l’ultimo giorno prima delle vacanze preparo i pare chiaro o la riprovazione di un gesto assurdo?

136 137 I miei rapporti con lui sono adesso molto migliora- Qualche giorno dopo mi venne improvvisamente ti. È ancora strano e ribelle ma ha per me del rispetto. vicino e prendendomi entrambe le mani disse, dan- Cominciai a guadagnarmelo il giorno in cui pensai domi per la prima volta il pronome del rispetto: di mostrargli quanto io sia fisicamente più forte di lui. – Voi, maestra, siete la mia nuova amica! Era stato difficile da sopportare, per tutto il pome- Solo così, da pari a pari, da amico a amico, mi può riggio con sistematica determinazione aveva fatto il amare. C’è della compiaciuta meraviglia adesso anche contrario di ciò che gli chiedevo. Pur di indispettir- quando dice, più a se stesso che ai compagni o a me: mi si rifiutava persino di giocare e dimostrava di ac- – Lei, la maestra, se ne va a Nuoro, in postale… col corgersi di me e dei compagni solo per dare spintoni suo giubbotto… – E dice postale e giubbotto come e sabotare i girotondi. potrebbe dire, se ne avesse nozione, Cadillac e visone. Ormai era inutile fingessi di non vedere, il mio pre- Qualcuno poi ha messo in giro la voce che mio pa- stigio era in pericolo. Afferrai Giovanni per un polso e dre è ingegnere e che possediamo terreni e bestiame, per un quarto d’ora lo tenni in mio potere. Si divinco- io poi ho “lo stipendio”… Sono “quasi milionaria” e lava senza riuscire a liberarsi, sempre più ammirato, i bambini ne sono fierissimi. Perché deluderli? In però, della mia forza. realtà a loro confronto io sono proprio ricca sfondata. Era una lotta silenziosa in cui nessuno dei due ave- Quando si è parlato di mio padre, Giovanni che fa va bisogno di dire una parola, anche gli altri bambi- sempre le domande più audaci mi ha chiesto: – E si ni mi guardavano con palese ammirazione. Poi volli ubbriaca? – con aria di amichevole complicità, sicu- stravincere e, sollevatolo sulle braccia, il peso di un ro di una mia risposta affermativa. Infatti l’uomo che uccello, gli dissi: beve è qui tutt’altro che disprezzato; l’uomo che be- – Vedi quanto son forte? Posso fare di te ciò che vo- ve è “un uomo che può bere”, cioè che ha soldi, ami- glio, potrei anche farti volare dalla finestra. ci, signorilità. Chi non beve è avaro o miserrimo. Si Mi guardava con gli occhi spalancati, sicuro che dav- racconta di qualcuno che non potendo spendere nel- vero avrei potuto farlo, aspettando la mia sentenza più la bettola e fare bella figura con gli amici era rimasto incuriosito che pauroso. per tutta la domenica immusonito in casa, ben na- – Ma non lo faccio, stai tranquillo! scosto. Rimessosi in circolazione il lunedì, la camicia Da quel momento ci fu qualcosa di cambiato. L’an- ad arte spruzzata di vino, andava dicendo con aria tipatia e il disprezzo che egli mi aveva dimostrato sin sorniona: – Ma la sbronza di ieri, roba da non rac- dal primo giorno avevano ceduto il posto a un nuovo contare! Ho fatto cose che passeranno alla storia! sentimento. Finalmente tutti leggono e scrivono quasi bene e

138 139 cominciano a prendere gusto al disegno. Giovanni si Le cento pecore che gli amici raccolsero, questuan- rifiuta ma sa leggere anche lui: me ne sono accorta do per lui di paese in paese quando uscì dal carcere la un giorno in cui credeva di non essere osservato. prima volta, si trasformeranno adesso in carte da bol- Le sue disubbidienze ora non hanno più significato lo e onorari per gli avvocati. Ma certo non basteran- di sfida o di ostilità verso di me, sono soltanto un at- no. E allora? taccamento sentimentale a quella che egli crede sia la giusta linea di condotta per un “uomo” che abbia il Una forte pioggia si è abbattuta su Orgosolo la notte senso della propria dignità e indipendenza. scorsa. Le strade sono fangose e quasi impraticabili, un Di nuovo, qualche giorno fa, durante la ricreazione tavolone attraverso il cortile ci permette di raggiunge- si è messo a disturbare i giuochi dei compagni che gli re la porta della scuola. Gli anditi del piano terreno so- sembravano troppo infantili. Per renderlo innocuo ho no allagati, l’acqua è caduta a cateratte dal tetto scoper- pensato di isolarlo e gli ho ordinato di stare nel vano chiato per i lavori in corso, lungo le pareti inzuppate, della finestra. Stranamente non si è ribellato. dalle finestre sgangherate, dalle scale. Altre due aule Ho avuto la spiegazione della sua docilità l’indo- vengono dichiarate inabitabili. La mia continua ad es- mani quando, all’inizio della ricreazione, con atteg- sere “abitabile” nonostante i vetri rotti, il pavimento giamento di paziente sopportazione ha domandato: – Anche oggi in caserma? bagnato e i pilastri aggiunti per sostenere la volta. Si sentiva vittima di poliziesche persecuzioni e do- Il bidello domanda aiuto perché solo, con la sua vec- vetti tenerlo in gruppo per umiliare la sua sete di chia scopa e le gambe che non lo reggono, non ce la fa martirio. ad asciugare tutto. Però mi è amico, ne sono sicura. Spesso, vedendomi Ricomincia a piovere, piove con estrema violenza; arrivare, mi viene incontro con la manina tesa: – Come come sempre in Sardegna quando il cielo si apre. No- state? E la vostra famiglia se la passa bene? E i vostri nostante i puntelli c’è forse pericolo di crollo anche affari? – Tutto nel suo dialetto e nelle formule rituali nella mia aula. Per oggi decidiamo di rinunziare alle del suo paese. L’italiano lo parla solo quando vuole sot- lezioni. tolineare la sua ironia su qualcosa che gli paia estrema- L’appello di “Ali”, la rivista della mia amica, dà i mente ridicola e spregevole. suoi primi frutti. Sono annunziati da Firenze, da Ro- Si è concluso nei giorni scorsi il processo d’appello al ma, da Trieste i primi pacchi di giocattoli e di indu- padre. È stato condannato contumace a ventisei anni. menti e c’è la promessa di dieci lettini completi. Non Va incontro al terzo giudizio. La Cassazione. so quando arriveranno e vorrei tenere segreta la noti-

140 141 zia sino all’ultimo istante per non creare soverchie il- Li immagino tra le mani dei bambini e a stento fre- lusioni. Ma già Radio Cagliari e la stampa isolana se no il desiderio di portarli subito a scuola. È già stato ne sono impadronite, ancora non so come, e tutti nel annunziato il pacco della redazione di “Ali” ed è più paese ne parlano. I lettini saranno dieci, i bambini che opportuno, perché nessuno resti deluso, distribuirli dormono per terra sono tanti, mi trovo nell’angoscia tutti insieme. della scelta: quali saranno i più bisognosi? È tanto fa- Subito dopo arrivano le lenzuola cucite da un grup- cile essere ingiusti… po di signore di Pescara e la stoffa per i materassi e per Un’altra difficoltà pratica mi preoccupa: dove com- le federe; da un settimanale cagliaritano arriva una bi- piere la distribuzione? La faccenda non riguarda diret- bliotechina molto ricca e ben scelta, da Torino i tre vo- tamente la scuola, i lettini sono donati da una associa- lumi delle fiabe di Andersen, di Grimm, di Afanasiev. zione protestante che non ha a Orgosolo né sede né Anche a Nuoro e a Sassari alcune signore raccolgono simpatizzanti; dove depositarli nel momento tra il lo- indumenti per i bimbi di Orgosolo. È imminente l’ar- ro arrivo e la consegna ai destinatari? rivo dei lettini. Mi pare miglior partito domandare al Direttore il I colleghi orgolesi accolgono con freddezza e diffi- permesso di farli scaricare nel cortile della scuola, av- denza queste notizie. Il più giovane, un ragazzo alla visare i prescelti e in gran fretta distribuire tutto. ricerca di supplenze, non stupido ma corrotto dal- Mi risponde quasi subito con una lettera molto l’ambizione che nascendo su una base di pigrizia af- gentile: addirittura entusiasta dell’iniziativa dice che fonda le sue radici nell’opportunismo, mi investe in “si farà obbligo” di parlare ai superiori di me come piena strada accusandomi di favorire la penetrazione di “un’insegnante la cui azione educativa si esplica dei comunisti e dei protestanti nel paese. Spera evi- oltre le pareti dell’aula”. Troppa grazia! È importan- dentemente nel consenso del pubblico ma i pochi pae- te però che ho il permesso che domandavo. sani presenti ridono di lui e della sua commedia san- Arriva per primo il pacco della bambina di Trieste, fedista. piccoli oggetti sui quali restano tracce di lunghe ore Anche a scuola devo sostenere una discussione piut- di gioco. Apro la scatola e ne guardo il contenuto con tosto accesa con una delle colleghe più anziane: la stessa emozione che nel compiere questi gesti pro- – Basta col denigrare Orgosolo! Trovate argomenti verebbero i miei alunni. Vi è un bambolino nella cul- nuovi, Orgosolo non è più povero di altri paesi. Lei è la, delle figure intagliate nel legno o stampate in pla- mai stata in Baronia? Conosce i paesi dell’Ogliastra stica colorata, una camionetta di latta rossa. dove si mangia pane di ghiande e argilla? Qui non c’è

142 143 miseria, dovrebbe sapere ciò che spendono gli uomi- bra vergognarsi di dovermi fare questa ambasciata. È ni la domenica nelle bettole… e i cioccolati da venti- un brav’uomo e lo rispetto ma neppure per far piace- cinque lire che le cattive massaie, per non disturbarsi re a lui sono disposta a ubbidire. Mi vien voglia di a cucinare, comprano ai loro figli… Se dormono per scrivere su tutti i giornali del mondo. Se dipendesse terra non è perché non possano comprarsi un letto, da me… ma perché così preferiscono! Ora non si fa che parlare Sono ben decisa a far valere i miei diritti di cittadi- di Orgosolo, come se solo qui ci siano delinquenti, na italiana. Però mi viene un dubbio: forse cessiamo ma ci lascino in pace una buona volta! di essere cittadini, dal momento in cui diventiamo Cerco di spiegare che per me la sua affermazione impiegati dello Stato. Qui si dice di noi che “man- “preferiscono dormire per terra” e più o meno tutte le giamo il pane del governo”, infatti nella concezione altre non sono che una conferma a ciò che io ho sempre della gente comune, e noi stessi ne siamo contagiati, pensato e sostenuto, che il problema di Orgosolo è so- dipendiamo non dallo Stato - che del resto è qualcosa prattutto un problema di civiltà… Ma come sempre di troppo vago, c’è addirittura qualcuno che sostiene succede nelle discussioni troppo vivaci ognuno si tiene che lo Stato siamo noi, e allora dove si va a finire? - le sue opinioni; la mia interlocutrice continua a maci- ma dal governo e, come servi fedeli, non dobbiamo nare “che sono stanchi”, “che non sono delinquenti”, avere idee diverse da quelle di chi ci dà il pane. “che li si lasci in pace” e non sa che siamo quasi d’ac- Un po’ per vigliaccheria, per evitare grane con chi cordo. necessariamente resterà deluso - un po’ per comodità - Incontro il Direttore, mi chiama da un lato e, in visto che ormai la chiusura delle scuole è vicina, deci- gran segreto, mi dice che il Provveditore non è con- do di consegnare i lettini proprio nell’ultimo giorno tento dell’iniziativa in favore dei bambini poveri di prima della mia partenza per Nuoro. Orgosolo; si richiama ad una circolare ministeriale Mi sembra però inutile prolungare l’impazienza di per vietarmi d’ora in poi di scrivere dei miei alunni e vedere almeno i giocattoli fra le mani dei bambini. delle loro condizioni di vita, “spera che io la smetta Metto tutto in una borsa e mi dirigo verso la scuo- con queste storie”. Pertanto il Direttore è spiacente la. Come sempre, quando mi vedono arrivare, i miei ma deve ritirarmi il permesso di compiere nel cortile alunni mi corrono incontro. Notano subito la borsa di scuola la distribuzione dei lettini, se proprio non insolitamente rigonfia e, con la confidenza che dal pri- troverò un’altra soluzione lui chiuderà un occhio… mo giorno non ho saputo negar loro, mi assediano per Sono turbata, anche il Direttore è addolorato e sem- sapere che cosa ho portato di nuovo. Senza riflettere

144 145 rispondo: – I giocattoli che vi manda Paola, una bam- vostri! Però i bambini più bravi, quelli che oggi me- bina di Trieste, e le sue amiche. riteranno dieci nel dettato, sceglieranno per primi, poi L’urlo di gioia è così alto che il bidello si scuote dal man mano gli altri. suo torpore ed esce preoccupato dalla cucina. Il viso di Mai come oggi i miei alunni si sono impegnati nel Pietro si torce per l’emozione mentre la manina aper- lavoro, scrivono in silenzio e nell’aula si sente solo lo ta batte rapidamente la bocca come per trattenere un scricchiolio delle penne. Quando mi consegnano i qua- grido. derni i loro visi son rossi d’emozione. A stento riesco a convincere i bambini che devono L’imbarazzo della scelta non è grave, i giocattoli son attendere nel cortile sinché non li avrò chiamati. Bar- tutti belli ed io sono stata equilibrata nella divisione; rico la porta e con l’aiuto di una collega divido i gio- anche gli ultimi non hanno di che lamentarsi. cattoli in trenta gruppi che sistemiamo come in una Ma che cosa succede? I bambini non hanno ancora vetrina sul pavimento polveroso. Cerco di essere equi- finito di scegliere che già cominciano a scambiare… librata e giusta, non dovranno esserci gelosie. Natu- – Io ti do gli scarponcini, tu mi dai il tegamino ros- ralmente trattandosi di giocattoli non è neppure il ca- so, io ti do un’oca, tu mi dai la contadina di legno; so di fare questioni di poveri e di meno poveri. io ti do la credenzina azzurra, tu mi dai Pinocchio… Quando tutto è pronto chiamo i bambini. L’esplo- Oggi è venuta la zia Salvatore per accusare Luigi di sione è indescrivibile, irrompono nell’aula e si precipi- aver tolto alla nipote il bambolotto negro “ricordo tano intorno ai giocattoli: piccoli visi emozionati, ma- della maestra”. Vorrei accontentare la donna e far re- nine che applaudono, piedi e gambe che non riescono stituire il giocattolo alla bambina senza che però il a star fermi. Alcuni dicono i nomi degli oggetti che compagno ne patisca danno, so come stanno le co- man mano vanno isolando da quel complesso di mera- se… Ma ripercorrere la strada fatta dalla pupattola di viglie: – C’è il tavolo, ci sono le sedie, c’è la gallina, il scambio è impossibile; devo disinteressarmi della fac- tacchino, la camionetta, il camion con i cavalli sopra… cenda nella speranza che si arrivi ad una soluzione an- Finalmente anch’io riesco a farmi sentire: che senza il mio intervento autoritario. – Sono tutti per voi questi giocattoli, ve li mandano La donna se ne va, benedicendomi come al solito con da Trieste, da Torino, da Firenze, degli amici che an- quelle sue dita che sembrano d’argilla e la voce tetra di cora non conoscete. Ognuno di voi potrà averne tanti un savonarola. quanti ne ho messi su una mattonella. Ma sì, certo, per portarli a casa, proprio per tenerveli, per sempre, sono Si avvicina il giorno della chiusura e della distri-

146 147 buzione. Sono stanca e preoccupata; l’atteggiamento – Noi conosciamo lei, – rispondono, – se lei non se delle mamme verso di me è sempre affettuoso e cor- ne fosse interessata noi non avremmo ricevuto niente. diale senza piaggeria, i colleghi orgolesi e i benpen- Solo una ragazza che per conto del fratello ritira un santi mi trattano però con diffidenza. pacco di indumenti mi dice che essendo fra i più po- Un camion dell’impresa costruttrice delle case popo- veri avrebbero diritto al lettino, che a casa sua dormo- lari trasporta i lettini da Nuoro a Orgosolo. Nel can- no per terra anche le donne… Era inevitabile. Ci deve tiere stesso avviene la consegna. Per mezzo dei bambi- essere stato un errore, ma non posso rimediare. Le al- ni mando a chiamare le mamme, prima quelle che ri- tre donne però le danno addosso: – Vergognati, mise- ceveranno di più - il lettino con le lenzuola, le federe e rabile! La signorina dà ciò che può e solo ringraziarla il materasso - poi le altre cui è destinato il pacco degli dobbiamo, nessuno la costringeva a darci niente. indumenti usati. Per evitare invidie e malumori vorrei Piano piano tutte le donne si sono allontanate col che non si incontrassero. Ho cercato di essere giusta, loro carico, su per il colle nel sentiero appena trac- mi sono valsa anche dell’aiuto di persone che mi han- ciato, e adesso i bambini, senza la solita uniforme no aiutato a distinguere tra miseria e miseria. Ma so scolastica e appesi alle gonne materne, mi sembrano che sempre, se si tratta di ricevere qualcosa, tutti si cre- più piccini. dono più poveri del loro poverissimo vicino. Si voltano a salutarmi da lontano. Più tardi mentre I bambini mi hanno combinato un pasticcio. Le mi avvio per la corriera ne ritrovo alcuni con piccoli mamme son tutte qui, insieme. Ma non succede nul- doni per me: bottiglie di vino e di acquavite, formag- la di ciò che temevo: bisticci, recriminazioni, insul- gio dolce, un sacchetto di patate. La mia eloquenza vie- ti; tanto meno ciò che avevano temuto a Firenze: fu- ne messa alla prova quando tento di convincerli che cili e sparatorie. non posso accettare. Ma l’argomento “legge” non li con- Tutte le mamme mi ringraziano con uguale com- vince; dico allora che non ho una borsa abbastanza ca- postezza e dignità, io quasi mi scuso di non avere un pace per tutto ciò, ma evidentemente è anche questo lettino per ogni bimbo, ma tutte invariabilmente ri- un argomento inefficace perché alcuni, tenacissimi, mi spondono: offrono la loro borsa; altri verranno più tardi a Nuoro, – Lei sa quello che fa, del resto non era obbligata a a casa mia, con i loro poveri doni che, per non offen- darci niente. Dio le renda merito! dere, dovrò accettare. Spiego che ciò che distribuisco non è roba mia, par- La strada è polverosa e stancante come otto mesi fa lo della rivista e delle persone che se ne sono occupate. quando la percorsi la prima volta; ma i visi intorno

148 149 non mi sembrano più tanto chiusi né preoccupanti. Una madre, un padre, Don Coco Ormai so quali pensieri passano dietro quelle fronti nascoste dalle bende di lana scura o dal berretto a vi- siera. Non mi viene più in mente, adesso, quella stupida frase che mi frastornava il primo giorno: “Orgosolo Università del delitto”. Ben altre cose ho imparato di questo paese: la sua miseria, i suoi bambini denutriti, le sue donne dignitose, i suoi uomini perseguitati, il Quasi creata dall’aria la notizia si insinuò nelle ca- suo triste attaccamento a forme di vita superate, la sua se, sussurrata di bocca in bocca senza che nessuno sa- sfiducia non sempre immotivata nella giustizia e nel- pesse chi per primo l’aveva data. Ad avvalorarla c’e- la legge. ra quell’eccezionale passaggio di automobili militari e quel movimento di carabinieri e questurini. Poi ci fu la comunicazione ufficiale, con l’indicazione del luogo e dell’ora, che il bandito Pasquale Tandeddu era stato ucciso dalle forze dell’ordine. La notizia corrispondeva quasi completamente a quella che circolava in paese sin dal mattino. Soltan- to l’ora, inspiegabilmente, era diversa. Secondo il comunicato quando già in paese si par- lava della sua morte Tandeddu era ancora in vita. Un mistero da rompercisi la testa! Qualcuno disse che quando i carabinieri avevano sparato su di lui il bandito era già morto, ucciso for- se da amici traditori. Le solite favole, certo, che ger- mogliano nella fertile fantasia popolare. Vado a scuola un po’ ansiosa. Pietro Tandeddu, il mio alunno, è un bambino di sensibilità eccezionale e temo che abbia a risentirsi di tutta questa storia. È

150 151 il primo della classe: il più gentile, il più acuto, il Veramente Pasquale Tandeddu è già un mito per i più garbato nell’esprimersi, il più originale nel dise- bambini orgolesi cresciuti nel periodo della sua po- gnare, il più svelto in aritmetica, il più appropriato tenza. E per distruggere un mito non basta una presa quando legge. di veleno o una raffica di mitra, solo il lento logorio Mi vuole bene e anche io lo amo molto. Talvolta ba- del tempo che è paziente e non ha fretta può riuscirci. sta un sguardo affettuoso per fargli luccicare gli occhi Perciò la frase “è stato ucciso zio Pasquale Tandeddu” di commozione. Se poi lo accarezzo sono ammirevoli è un nonsenso che si ripete tanto per rifare i discorsi i suoi sforzi per dominare la gioia troppo violenta. dei grandi. Oggi è come al solito vicino al portone d’ingresso, Pietro non partecipa alla conversazione, ascolta con- ben pettinato e il colletto candido; come una gatta tegnoso e intimidito della grandezza che di riflesso pronta a difendere il suo piccolo c’è accanto a lui una gli viene dal suo meraviglioso parente. delle sorelle maggiori. Mi guarda con un mezzo sor- Orgosolo è costruito ad anfiteatro sul costone del riso, come per studiarmi, vuol sapere se anche io oggi monte verso la valle di Locoe; di fronte, alle pendici di non sono cambiata. Mi sforzo di essere naturale, rag- un altro monte, sta Nuoro. gruppo i bambini ed entriamo. Ho una fiducia quasi Giù, dove il paese termina e comincia la valle, c’è superstiziosa nei gesti consueti, mi pare abbiano po- la chiesa della Madonna dell’Assunta sulla cui abba- tere di spezzare il maleficio di situazioni tese o anor- gliante facciata gli scorsi anni i banditi scrissero a ca- mali. ratteri neri i nomi dei condannati. Ma in classe è impossibile evitare che i bambini par- Da allora ad uno ad uno, inesorabilmente, i martel- lino. Uno dice, e non posso fingere di non sentirlo: lati cominciarono a cadere “per mano di ignoti”. Alcu- – È stato ucciso “zio” Pasquale Tandeddu, il cugi- ni lasciarono il paese, abbandonando beni e interessi si no di Pietro! trasferirono a Cagliari nella speranza di sfuggire alla Basta perché tutti insieme si mettano a parlarne. sorte; i più coraggiosi e i più disperati rimasero in pae- Ognuno dice cose diverse in cui la fantasia si mesco- se vivendo nel sospetto e nel terrore. Solo di giorno la a qualche realtà. Ciò che è comune a tutti è la cer- osavano uscire e appena il sole calava si barricavano in tezza che ancora “zio Pasquale Tandeddu”, seduto col casa, decisi a non aprire a nessuno sino all’indomani. fucile imbracciato, nella sua grotta, continua ad at- Il distaccamento di polizia era stato rinforzato e in tendere fieramente invincibile l’arrivo dei carabinieri. ogni angolo, ad ogni ora, le divise erano forse più fre- E così resterà per sempre nella loro immaginazione. quenti del velluto verde dei pastori. Nonostante ciò

152 153 i banditi entravano nell’abitato, uccidevano i nemici tinaia di donne. Tutte le donne di Orgosolo. Sedute nelle loro case, davano spavalde dimostrazioni della a gruppi silenziosi lungo le pendici, nei cortili e nei loro potenza. terrazzi, sino alla sommità del paese, come sulle gra- Si racconta, e la storia per quanto incredibile è da- dinate di una arena. Mute e immobili, lo sguardo fis- ta per vera, che tempo fa un gruppo di uomini ma- so all’inferriata della piccola sala mortuaria. Fra le lo- scherati e armati attraversò la strada principale del ro mani scorrono i grani del rosario e questo è l’uni- paese, alle undici del mattino. Nessuno osò distur- co segno di vita. Che cosa si nasconde dietro i loro vi- barli: gli orgolesi vedono solo ciò che vogliono vede- si di pietra? Sollievo, timore, pietà, perdono? Forse re e la polizia ebbe la disgrazia, proprio quel giorno, tutti insieme questi sentimenti, forse soltanto un di non trovarsi sul posto e di sapere troppo tardi ciò piccolo breve pensiero: “Oggi tu, e domani?” che era accaduto. Questo senso di incertezza che genera tanta noncu- Ora Tandeddu giace ancora insepolto nel piccolo ranza per il proprio destino è ciò che maggiormente cimitero accanto alla chiesa dell’Assunta. Era un uo- colpisce nella gente di Orgosolo. Ma com’è veramen- mo di statura minuta, dalle membra eccezionalmen- te questa gente e chi ne può dire nulla di certo? te agili e il viso tondo, piuttosto comune. Adesso fi- Anche i bambini sono difficili da conoscere, impa- nalmente si può sapere come era fatto l’uomo che se- rano presto a sapere ciò che deve essere taciuto. Ra- condo l’opinione generale era il capo e l’organizzato- gazze di terza elementare raccontano adesso, ma solo re della delinquenza in Sardegna; l’uomo che la poli- adesso, ciò che negli anni scorsi per quanto stuzzica- zia ricercava da anni senza conoscerne il volto; l’uo- te non avrebbero detto. mo sul quale una taglia enorme pendeva; l’uomo che – Io lo conoscevo, zio Pasquale Tandeddu. Un gior- da anni nessuno poteva dire di aver incontrato. no ero alla vigna con mia madre ed è venuto a chie- Forse aveva camminato in mezzo alla gente e forse derci dell’uva, anche un’altra volta lo vidi: si nascon- si era seduto nelle bettole e sulle corriere accanto a deva nella chiesa di S. Marco e di lì scendeva in pae- coloro che lo cercavano. Ma nessuno sapeva che era se per incontrare gli amici. lui, che quello era il suo volto. Tutte l’hanno visto, tutte l’hanno conosciuto e mai Davanti al cancello una ventina di poliziotti arma- nessuno, sinora, ne aveva parlato. ti presidiano; quasi che il bandito, anche da morto, Ma il segreto pesa anche sulle persone più riserva- non abbia smesso di essere pericoloso. Intorno grup- te, perciò dei fatti altrui gli orgolesi cercano di sape- pi di curiosi arrivati da Nuoro, e poi centinaia e cen- re e di vedere meno che possono.

154 155 Ricordo il giorno dell’inaugurazione religiosa del- per avanzata gravidanza, sembra camminare da solo. l’anno scolastico. Eravamo in chiesa, e una collega di Vedendo le sue condizioni mi scuso di averla fatta ve- Nuoro svenne. Io ed un’altra la portammo fuori e, so- nire: stenendola per le ascelle, attraversammo il paese per – Se avessi saputo sarei venuta io da lei… condurla in casa di amici che le dessero assistenza. Era – Oh, si figuri… – ride e sembra divertita del mio mattina e lungo la strada, sedute sulle porte al sole, imbarazzo, – sino agli ultimi giorni vado al fiume a vedemmo molte donne. Altrove ci avrebbero infasti- lavare i panni e porto il cesto sulla testa. Ho cinque dito con la loro curiosità e con le loro domande. Qui figli, non ho tempo per viziarmi! Per l’altro bambino tutte fingevano di non accorgersi di noi e, senza osten- ho avuto le doglie sul monte. Ero andata a raccoglie- tazione o sgarbo, appena potevano ci voltavano le spal- re legna perché mio marito in quel periodo non pote- le evitando di incontrare il nostro sguardo. va, infatti grazie a Dio aveva lavoro, allora, lavorava Accadeva qualcosa di anormale e non volevano sa- all’impresa e guadagnava bene. Ero sul monte e co- perne niente… C’è sempre pericolo di essere chia- mincio a sentire i primi dolori, mi carico della legna mati a testimoniare. già raccolta e scendo giù quasi a rotoloni. Ma ogni Ma la morte di Tandeddu ha cambiato veramente tanto dovevo fermarmi perché mi pareva proprio di qualcosa. Così almeno si spera. non farcela più, ero tutta bagnata di sudore… La gen- te rideva quando mi vedeva passare, più larga che Peppino è uno di quei bambini trascurati dalla fa- lunga col fascio di legna in testa! Arrivata a casa mi miglia. Così almeno mi pare. Dopo quattro o cinque ero appena messa sul letto che avevo già partorito. mesi di scuola legge ancora sillabando e lo sforzo è Ebbene, mi è andato meglio degli altri! tanto grave che le vene del collo gli si gonfiano e la Adesso non so più che dirle, l’ho chiamata per rim- voce gli esce rauca. Raramente fa i compiti a casa e proverarla perché mi pareva che trascurasse il figlio, quando li fa sono scarabocchiati a matita. ma con quale diritto le parlo? Mando un biglietto ai genitori. Si presenta la mam- Bisogna però che dica qualcosa… La figlia maggio- ma e tiene in mano il mio foglio piegato con cura. re che ha nove anni potrebbe far leggere Peppino a Entrando mi sorride, passa accanto al banco del figlio voce alta, almeno per un’ora al giorno; forse bastereb- e facendogli una carezza sul capo domanda: – Ha fat- be per rimetterlo alla pari. to il birbone, questo “testa d’agnello”? Ride come ad una spiritosaggine. Sono quasi offe- È piccolissima di statura; il ventre enorme, gonfio sa, francamente non capisco che cosa ci sia da ridere

156 157 tanto. e, quando è domenica, con un bicchiere di vino in cor- – Oh, questa signorina! Ma Antonietta non sa leg- po si credono i padroni del mondo; dicono tutto ciò gere, è Peppino che insegna a lei. Dovrebbe sentire che hanno sul cuore, e gli altri che comandano ci can- che cosa ne vien fuori! Io son forestiera, non ho nes- cellano dall’assistenza e quando aprono i lavori siamo suno qui a Orgosolo, e quando i bambini han comin- gli ultimi a essere chiamati. Perciò dobbiamo tacere, ciato a venire, uno dietro l’altro, senza aiuti che vuo- ma fare anche i nostri interessi, come i ricchi fanno i le che facessi? Antonietta che è la maggiore a cinque loro… Ma sa, piaccia o non piaccia a quella gente, le anni già cullava i fratellini e mi faceva le commissio- donne che cominciano a capire che una cosa è la poli- ni. Pensi se potevo mandarla a scuola. Lo so anch’io tica e una cosa la religione sono molte. Se un giorno che non è giusto, che anche lei ha diritto all’istruzio- verrà a casa ne conoscerà qualcuna. ne, lo so ma non ci posso far niente. Con tanti figli e Quando nasce il bambino vado a trovarla. Annun- senza parenti che cosa potevo fare? Le vicine mi dan- zio la visita per non metterla in imbarazzo arrivan- no una mano, quando possono, ma anch’esse hanno il do all’improvviso. Ha partorito da tre giorni ma è loro daffare, non si può pretendere troppo. Per ora già in piedi, pallidissima in volto e con le mani gial- Antonietta mi aiuta in casa, quando avrà quattordici lognole. anni le ho promesso che la manderò alla scuola serale. La casa è piccola, evidentemente una sola stanza e Ritorna dopo qualche giorno, spontaneamente. Sem- la tettoia che ho visto nel cortile; però non è “quasi pre allegra mi viene incontro ridendo e dice: una stalla”, come aveva detto Graziano, anzi è puli- – Vengo a chiederle una carità. tissima e luminosa per una finestra che si apre sulla Detta da una donna incinta la frase è inequivocabi- piazzetta in pendio. le. Significa che mi prega di far da madrina al nasci- Vi è un letto matrimoniale in lamiera marrone e un turo. Le spiego che non posso: per ragioni politiche lettino di ferro, i risvolti delle lenzuola candidi. In le autorità ecclesiastiche me ne hanno tolto il dirit- un angolo un tavolo con la tovaglia ricamata, le taz- to. Se ne addolora ma la sua simpatia per me aumen- zine per il caffè, la zuccheriera colma, un cestello di ta. Me lo dice e, guardandosi attorno con circospe- biscotti coperto da una salvietta. zione e abbassando la voce, confessa: Le pareti sono state imbiancate di fresco e il pavi- – Anche noi siamo socialisti, abbiamo sempre vota- mento è ancora umido per essere stato lavato da poco. to per loro, ma dobbiamo essere prudenti. È già così La donna mi saluta con grandi sorrisi e mi sono ap- difficile la vita e gli uomini non riescono a dominarsi pena seduta che già mi presenta una tazza di caffè che

158 159 aveva tenuto sul fuoco aspettandomi. Per dimostrar- Si è fatto tardi, con le chiacchiere. La mamma dà il mi la sua simpatia e la larghezza con la quale mi vuo- seno al neonato che si è messo a strillare. Peppino, il le trattare pretende che lo impasti di zucchero. Mi mio alunno, s’è addormentato per terra e col capo ap- offre dei biscotti e poiché io ne voglio accettare solo poggiato al grembo della ragazza. Forse sogna l’eroi- uno me ne caccia a forza altri tre nella borsa. co sergente che su una jeep americana corre a portare I bambini mi guardano inghiottendo a vuoto ma aiuto ai partigiani, che erano un po’ come certi ban- compiaciuti perché tutta quella buona roba son loro diti, generosi e perseguitati… ad offrirmela. Ritorno a casa e nei viottoli umidi l’azzurro della La mamma così pallida si muove per la casa come sera è sempre più fitto. Anche a me turbinano nel un fantasma e fa paura. Sapere che si affatica per me cervello le storie di questa Orgosolo segreta. mi dà un impotente senso di rimorso. Per fortuna ar- riva una ragazza che con affettuosa burbanza la co- La prima volta che l’incontrai era sbronzo. Mi ven- stringe a sedere e assume la direzione dei festeggia- ne incontro offrendomi un mazzo di salacche molto menti in mio onore. odoranti e dicendo: Dopo il caffè un liquore dolcissimo con gli amaret- – Lei è la maestra di Luciana, la mia bambina, ed io ti… anche adesso i bambini stanno a guardare. sono felice di conoscerla e di stringerle la mano. Lei la – Li hanno già assaggiati loro! può stringere senza timore perché io sono un lavorato- Si parla del processo di “Sa Ferula” nel quale è im- re onesto e la mia mano è onorata più di quella di cer- plicato un gruppo di orgolesi. Si celebra adesso a Ca- tuni che sono riveriti per le loro ricchezze ma che nel gliari e le cose sembrano mettersi male per gli im- loro egoismo sono peggio delle bestie. Io so che lei ca- putati: il Pubblico ministero ha chiesto per quasi tut- pisce queste cose perciò mi son detto: Voglio stringe- ti l’ergastolo. re la mano della maestra di Luciana! La mia bambi- La ragazza è cugina di uno degli imputati, corre a na… Anzi, le voglio raccontare come l’abbiamo avu- casa per portarmene la fotografia. Un giovane dall’e- ta. Intanto, prenda, assaggi le salacche, sono buone… spressione gentile e i lineamenti piacevoli. Era sergen- Con un gesto largo si volse per allontanare gli sco- te dell’esercito, poi fu partigiano con gli americani, lari che, incuriositi, si erano raccolti intorno a noi; aveva anche la patente di guida. Dopo la guerra do- poi, confidenzialmente, si chinò verso di me. vette fare il servo pastore. Una serie sfortunata di cir- Era un uomo alto e mi sentivo schiacciata dalla sua costanze gli fu fatale. statura. Le salacche non mi attiravano e l’argomento

160 161 della conversazione mi pareva piuttosto scabroso. Gli ti a testimoni. Per farmi la carta vuole un agnello ed tesi la mano: io glielo porto, un agnello bianco e grasso di più di – Spero di incontrarla ancora una volta, signore… cinque chili, mi pare ancora di vederlo. E torno a casa Tenne la mia destra nella sua durissima e macchia- con la bambina. Luciana l’abbiamo chiamata perché è ta di calce mentre con la sinistra schiacciava sul pet- stata una luce che quel giorno mi ha guidato da Nata- to, come il cappello piumato di un cavaliere antico, lia per impedirle di uccidere la creaturina. il cartoccio sgangherato. Dopo questa prima conversazione non lo vidi per – No, ora che ci siamo mi deve ascoltare. Deve dun- molto tempo. Alla fine del trimestre, per la pagella, que sapere che mia moglie aveva già avuto tre aborti. venne la moglie, una donnetta sdentata e dall’aspet- Il medico di qui, un buon medico anche se siamo di to decrepito che con molta umiltà mi pregò di anda- partiti diversi, aveva detto che non c’era nulla da fare. re ad assaggiare il loro caffè se “non mi dispiaceva di Non saremmo mai riusciti ad avere un bambino. Co- entrare in una casa di poveri”. Promisi e da allora s’è la vita d’un uomo senza figli? Un albero senza frut- ogni giorno Luciana mi ricordava la promessa. ti… Ma mia moglie era troppo debole e non poteva Finalmente posso andare. La casa a due piani mol- tenere per tutti i nove mesi. Càpita che io vado a Nuo- to bassi sporge davanti all’ingresso per un portico ro… Via, andate via! – liberò finalmente la mia mano tozzo dipinto di turchino carico. Direttamente dalla e con gesti minacciosi e sguardi feroci disperse la pic- viuzza in ripido pendio, scendendo alcuni gradini, si cola folla che di nuovo si era assiepata intorno a noi. – entra alla cucina. Sotto la scala a pioli sta il tavolo sul Dunque càpita che io vado a Nuoro e incontro Nata- quale una crosta di formaggio e briciole di pane de- lia, una p. di Mamoiada, e lei mi dice: “Tua moglie li nunziano il pasto recente. Nell’angolo opposto in dia- vuole i figli e non riesce a farli, io non li voglio e li fac- gonale, il camino con molta cenere e poca brace se- cio. Guarda questa che è nata adesso, vado a strango- mispenta. Delle sedie impagliate lungo le pareti. larla perché non so che farne”. Io sono comunista ma L’ospite mi viene incontro, dritto in tutta la sua sta- un cuore ce l’ho, più di tanti altri che sono ricchi ma tura imponente, parlando e movendo le braccia per non danno acqua al Cristo, allora dico: “Disgraziata, esprimermi meglio il suo benvenuto. dàlla a me la bambina che la porto a mia moglie che La moglie si affretta a spolverarmi una sedia che, do- la alleva come sua, però un giorno non venire a cercar- po vari tentativi, riesce a sistemare evitando le buche la perché non te la farà neppure vedere”. Lei mi dice di del pavimento. Nell’agitazione dimentica di stringer- sì ma io non mi fido e chiedo una carta scritta davan- mi la mano.

162 163 Entrano delle vicine che mi hanno visto arrivare e il destino non esiste, siamo noi che ce lo facciamo con che vogliono conoscermi. Spingono verso di me, co- le mani e con la testa, vero signorina? me per chiedere una benedizione, delle bimbe recal- – Dunque l’anno scorso mi son trovato con alcune citranti e mi salutano informandosi con premura del- decine di migliaia di lire in tasca. Allora che faccio? la salute mia e della mia famiglia. Poi si accoccolano Dico a questa immondezza, – e guarda teneramente per terra accanto al camino. la moglie che dal basso ricambia lo sguardo con umi- Io e il padre di Luciana dominiamo dall’alto, come le gratitudine, – senti ce ne andiamo un po’ di tem- seduti in trono, quella piccola folla in attesa. po in Continente a visitare i miei fratelli e così anche Per fortuna non devo parlare molto. Basta che ca- Luciana e tu vedete il mare? rezzi ancora la meno selvatica delle bambine e che mi – Mi metto i soldi in tasca e partiamo. A Civitavec- informi della sua età perché il ghiaccio si spezzi. Le chia c’era mio fratello che ci aspettava sul porto con donne mi guardano con sollievo e il padre di Lucia- una carrozza. Come dei veri signori ci ha trattato! na può impadronirsi della situazione. – Mio fratello è macellaio, fornitore della colonia Volgendo alternativamente gli occhi da me alle don- penale. Non perché è mio fratello, ma una buona po- ne che lo seguono con muta ammirazione comincia, in sizione, non c’è che dire. Ha un figlio ragioniere e italiano e assaporando le frasi e la voce potente: una figlia che studia maestra, come lei. – Questa signorina che per fortuna e con nostra sod- – Ci accoglie dunque come doveva, la sua casa era disfazione è la maestra di Luciana, anche se è piccola la nostra. Io tutte le mattine uscivo, compravo sigari e bruna, il colore ha poca importanza è l’animo che e sigarette e andavo a vedere i condannati quando dal conta, scrive sui giornali e sa farsi ascoltare. Io spero carcere li trasportavano alle saline. Quando passavano persino raddrizzi la mia Luciana che, forse per la cat- gettavo i sigari e le sigarette attraverso i reticolati. tiva natura della madre, è piuttosto dura e non studia. – Un giorno dalla folla dei disgraziati sento uno che E così dà molto dolore a suo padre, perché io davanti grida in nuorese: “Tu sei sardo!” ed io rispondo: “Sì, di a Dio e agli uomini sono il suo vero padre, che per lei Orgosolo! E tu chi sei?”. “Sono il Tale, di Nuoro, e ho farebbe qualunque cosa. L’ho anche portata in Conti- subito capito che solo un sardo poteva pensare di fare nente. Cosa che i ricchi non fanno con i loro figli che ciò che fai tu. E un sardo povero perché di ricchi ne in questo disgraziato paese crescono selvaggi, senza passano tutti i giorni ma non hanno tempo per noi…” mai vedere il vero bene della terra. E poi finiscono co- – Torno a casa e dico a mio fratello: “Senti, ho vo- me finiscono e si dice “era destino!”, ma che destino, glia di conoscere Ananio, il nostro fratello ingegnere

164 165 che non vedo da quando era bambino di sei anni e nella strada e sento mio fratello che mi chiama dalla andava scalzo come noi”. finestra: “Vieni, vieni! Che è arrivato Ananio!” – Infatti lei, signorina, deve sapere, queste donne lo – Ritorno e quel signore col cappello era Ananio, sanno già, che Ananio è cresciuto a Roma perché se mio fratello, l’ingegnere. l’hanno portato lì dei signori che l’hanno fatto stu- – A farla breve ci porta a Roma, a casa sua. Una casa diare. Vengono qui ad Orgosolo come tanti, forestie- che non vi dico, tutta di marmo come una chiesa; nep- ri attirati dalla miseria nostra, e vedono Ananio. Un pure riuscireste a immaginarla. Le scale con l’ascensore bel bambino intelligente e vispo era allora! Lo pren- e i rubinetti dell’acqua calda, ogni comodità. La mo- dono in amore e chiedono alla buon’anima del mio glie e i figli molto gentili. A Luciana hanno sùbito da- babbo il permesso di portarselo via. Ne aveva altri sei to tante cartoline e poi gliele ricompravano a cinquan- insieme a lui ma mia madre, le donne sono spesso stu- ta e cento lire l’una. pide, mi scusi signorina non dico per lei, e non vedo- – Ananio, l’ingegnere, ci fa salire sul camioncino e no dove sta il bene, mia madre non voleva staccarsi ci porta a girare Roma. E così comincia a farci vedere dal figlio. Per fortuna mio padre era un uomo in gam- chiese, tante chiese, belle sì, ma tutte chiese. Alla fi- ba e non le diede ascolto. ne io gli dico: “Senti fratello, tu forse ti sei scordato – Ora Ananio, mio fratello, è ingegnere e il suo no- perché manchi di lì tanti anni, ma chiese ce n’è anche me con l’indirizzo è nel libro dove ci sono tutte le a Orgosolo. Fammi vedere qualcosa di nuovo!” persone importanti che hanno il telefono. Lei che va – Allora andiamo in un’osteria e lì c’era una donna spesso a Roma lo può cercare così vede se dico bugia. grassa seduta davanti al banco e beveva vino, da sola. – Mio fratello dice: “Va bene! Gli telefono” Ed io Quando vede Luciana le offre una pasta ma Luciana la dico: “Ricordati però che se non viene lui qui da me rifiuta ed io sono contento… da una donna così! Ad un io da lui non vado”. certo punto è completamente ubbriaca e si addormen- – Fa il numero e risponde la moglie. Parlano e poi ta con i gomiti appoggiati sul tavolo, grassa e grande lui dice che Ananio non era in casa. che sembrava una montagna. Dopo molto arriva un si- – La mattina dopo io scendevo le scale, mio fratello gnore, un signore magro e piccolino di corporatura ma abita al quarto piano, lì le case non sono tane di volpe ben vestito e distinto, un impiegato di quegli uffici al- come queste, scendevo le scale per andare alle saline e ti che ci sono a Roma doveva essere. Questo signore si incontro un signore elegante col cappello. Ci guardia- avvicina alla donna e la tocca sulla spalla: “Anche og- mo, poi ognuno va per i fatti suoi. Dopo un poco ero gi te la sei presa?” e lei risponde… su, Luciana, dillo

166 167 tu alla signorina che cosa ha risposto la donna, su, non Il giorno della chiusura deve essere gradevole, scel- ti vergognare, dillo… ebbene, e lei risponde: “Oggi e go perciò un’altra occupazione che diverta i miei alun- sempre!” e si rimette a dormire. ni. Componimento illustrato su tema libero. Non san- Le donne ridono scandalizzate ma forse anche se- no ancora che le medie son fatte e scrivono con molto gretamente compiaciute che esistano donne capaci di impegno, anche i bambini generalmente svogliati e rispondere con tanta arroganza al marito. faciloni. Capisco che hanno delle speranze che saranno Le tazzine da caffè tremano sui piattini, Luciana deluse e mi dispiace. Avrei voluto promuovere tutti, passa col vassoio a ritirarle. ma questo benedetto senso di giustizia… Al padre luccicano gli occhi di soddisfazione: “Il sole va ruotando con i suoi capelli di fuoco. Il – È proprio una bella serata, questa, una serata da sole è cattivo. Il sole è rosso. Il sole è molto cattivo. signori! Brucia la terra, l’erba, tutto. E il contadino lavora con Gli scrutini sono finiti. Il registro e le pagelle scrit- i buoi. La luna è povera. È allegra. La luna va sola nel ti. Tutto è ormai deciso: assoluzioni e condanne. È cielo e senza vestiti. Ma lei se ne importa e non ha difficile l’ultimo giorno di scuola, forse più del pri- bambini”. mo. Le frecce dell’orologio s’impigliano ai numeri e il Il foglio costellato di macchie e la scrittura grosso- tempo non passa mai. lana sono indubbiamente di Giovanni Piras, “Don In realtà da quando ieri l’ultimo bambino ha con- Coco”. Suoi i disegni astratti. Triangoli e rombi in- segnato il suo elaborato e i più incerti in aritmetica tersecantesi su piani diversi in due toni di marrone e sono stati chiamati alla lavagna mi sembra di non di arancione. Una spirale al centro deve essere il so- aver più niente da fare che leggere i voti. Assoluzio- le. Raggruppando diversamente le figure geometri- ni e condanne. che più semplici egli rappresenta volta a volta: “Una Ma quattro ore per questo sono troppe e bisogna in bambina che trascina una casa sul cui tetto grida una qualche modo colmarle. Racconto una fiaba e per- cornacchia”, “La mia casa e la mia mamma che porta metto ai bambini di sedere sugli scrittoi anziché sui l’acqua sulla testa”, “La mia sorellina Paolina che ha sedili. È una cosa che li diverte e li eccita sempre mol- sei mesi”, “La mia mamma che è sempre ammalata”, to, perciò, ad evitare che divenga insipida, la concedo “L’autotreno che fa il terremoto”. solo in occasioni speciali. Dopo una prima fiaba la se- La prima volta che mi spiegò, nel suo dialetto anco- conda, poi la terza… ho la gola secca ma il pubblico ra infantile, il significato delle sue composizioni cre- è insaziabile. detti che volesse burlarsi di me e che inventasse lì per

168 169 lì qualunque cosa gli venisse in mente, senza alcuna se ne senta estraneo. Certe volte, come un ospite incer- vera associazione con ciò che gli stava dinanzi. to, sembra chiedere scusa di essere al mondo. Per prova, a distanza di tempo, gli feci ripetere le Anche a scuola entra esitante: sulla porta si guarda spiegazioni; per gli stessi simboli erano invariabil- intorno con un sorriso timido che gli stira la bocca mente le stesse storie. Un giorno finì per spazientirsi dai denti candidi e radi; poi avanza bilanciandosi sui e mi disse: – Ma ve l’ho già detto, questo è il terre- larghi piedi nudi. moto e questa è Paolina! Suo padre, bracciante, sa lavorare di lesina e trin- Dal suo tono capii che gli pareva ovvio vedere in cetto e durante la disoccupazione invernale avrebbe quegli intrichi geometrici dai colori spenti e la so- tempo per calzare tutti i suoi dodici figli, ma Don rella Paolina e il terremoto. Coco va scalzo perché così gli piace. Credo di indovi- Per esercitarlo nella lingua e per evitare a me stessa nare in lui il bisogno di entrare nel contatto più di- di fare confusioni per lui evidentemente offensive, gli retto con tutte le cose essenziali della vita: la polvere ho dato l’abitudine di scrivere un titolo accanto ai di- e le pietre delle strade, l’acqua dei rigagnoli, le foglie segni. cadute e l’erba. Anche le mani le appoggia agli og- Sollevo la testa dal foglio e i miei occhi s’incontra- getti come se tema di muoversi tra apparenze fanta- no con i suoi grandi, scuri, obliqui nel viso rotondo stiche; un incantesimo sembra circondarlo. schiacciato dal naso camuso che allunga verso la boc- Nei mesi freddi portava un vecchio spolverino noc- ca due perenni candele di moccio. La sua solita espres- ciola, da donna, chiuso sul petto da una grande spilla sione di fiducia affettuosa non manca di intenerirmi. di sicurezza di cui era fiero. Nonostante una cintura Don Coco apprezza i miei sorrisi ed esprime il mas- stretta alla vita con qualche civetteria, le falde arriva- simo della sua simpatia chiamandomi compare e vano alle caviglie lasciando scoperti appena i piedi dandomi qua e là colpetti camerateschi. Certo impa- che solo nelle giornate di neve si rassegnavano alle rerà anche lui, un giorno, che questo non si deve fa- scarpe. Ora ha smesso lo spolverino e indossa un vec- re, ma allora sarà meno simpatico. chissimo grembiule nero di cui solo le trame longitu- Ora che sono in seconda e che cominciano a sentirsi dinali hanno resistito all’usura e che perciò si presen- “grandi”, i compagni sorridono di lui e delle sue stra- ta a frange che, partendo dalla cucitura del carré, si nezze, ma con benevolenza. Del resto è difficile non fermano ai fianchi sotto le tasche. All’altezza del ven- amarlo, cordiale e affettuoso com’è. È curioso lo stupo- tre si allargano mostrando i pantaloni di velluto mar- re con cui guarda le cose, anche le più comuni, quasi rone trattenuti da uno spago. Intorno al collo un fiam-

170 171 mante colletto di plastica bianca. co…” Dove può aver letto questa frase? So quali sono Eccetto alcuni momenti di entusiasmo in cui perde state le sue letture sino ad oggi: il libro di prima clas- il controllo e scoppia in risate che mettono in subbu- se l’anno scorso, il libro di seconda quest’anno, i libri glio la classe, Don Coco è un bambino amabile e uno della bibliotechina scolastica… Li conosco riga per ri- scolaro ubbidiente. Si sforza di far bene ma appena nel- ga e non c’è nulla di simile. A casa so con certezza che la strada dimentica i propositi fatti in classe e non si ri- non ha libri… corda della scuola e delle lezioni sino all’indomani. “…Il sole è molto cattivo. Brucia la terra, l’erba, Qualche volta, è capitato spesso nelle prime giorna- tutto. E il contadino lavora con i buoi…”. te di primavera, non sa resistere al richiamo del sole e Il dramma di suo padre, il dramma di tutti i sardi delle lucertole. Allora non riconosce il cancello della che vivono sulla terra e della terra, il dramma della scuola e lo sorpassa con indifferenza dirigendosi verso Sardegna. Il sole che qui da noi non è una benedizio- la valle. Dopo le sue fughe mi è sempre venuto in- ne ma un dio malefico dai capelli di fuoco. Il dram- contro sorridendomi timidamente e forse sperando in ma della siccità e insieme della infinita pazienza del un rimprovero che gli faciliti l’espiazione. contadino sardo che con l’aratro a buoi continua a ra- Vorrebbe seguire le lezioni, almeno perché ha capi- schiare la sua terra arida. Il dramma di questi bambi- to che ci tengo, ma non gli riesce. Nonostante i no- ni ai quali la violenza del sole rende scarso il pane e stri sforzi combinati i suoi dettati son sempre carichi spesso nullo il companatico. di errori, dimentica parole e altre le scrive per metà, “…La luna è povera. È allegra. La luna va sola nel e costellati di macchie: l’inchiostro e il pennino devo- cielo e senza vestititi. Ma lei se ne importa e non ha no aver fatto una congiura contro di lui. Non è mai bambini”. riuscito a imparare una poesia e le tabelline a comin- Il paesaggio cambia. Dopo la tristezza per la vita ciato a ricordarle dopo che, per una settimana, io e lui dell’uomo tenuto dal sole in schiavitù, la luna e la va- abbiamo rinunciato alla ricreazione, per studiarle in- stità del cielo nel quale essa vaga in tutta la letizia sieme. L’ho anche rimproverato, più di una volta, ma della sua solitudine. non ho ottenuto niente. Così, mio malgrado, il suo Per i poveri, i rapporti sociali sono spesso un peso e nome è fra i condannati. Ho creduto di ubbidire a una nella luna che può andare in giro sola e senza vestiti esigenza di giustizia. il bambino coperto di stracci riflette una sua ideale Ma ora, tenendo in mano il suo foglio, sono presa dai aspirazione di libertà. Il fatto poi che la luna “non ab- dubbi. “Il sole va ruotando con i suoi capelli di fuo- bia bambini”, osservazione suggeritagli dall’assenza

172 173 di stelle nelle notti lunari, appare al membro di una Questa è la mia gente famiglia, in cui di bambini ce n’è troppi, una condi- zione che di per sé è causa di felicità. Che importa se ci sono tante macchie sul foglio e se la scrittura è grossolana? Don Coco ha imparato ad esprimere la parte più vera e originale di sé, questo mondo nel quale tutto ha un’anima di cui egli inten- de il linguaggio, senza che il pennino e l’inchiostro lo paralizzino. Don Coco ha vinto la sua battaglia col E adesso sono tre anni che insegno a Orgosolo. Tre pensiero scritto. Don Coco ha vinto la sua battaglia col anni in cui tanti clichés che avevo quando arrivai so- pensiero scritto. Don Coco non merita di essere con- no scomparsi e un nuovo sentimento li ha sostituiti: dannato. sentimento che è di affetto e di solidarietà per questi Afferro una gomma: Piras Giovanni di Francesco, bambini, per le loro mamme, per i loro padri e fra- rimandato. Piras Giovanni di Francesco, approvato. telli. Orgosolo non è più l’“Università del delitto”. Tutti nel paese mi conoscono e tutti mi salutano; en- tro nelle loro case e mi scaldo alla fiamma dei loro fo- colari, ascolto le loro storie e partecipo ai loro dram- mi, bevo il loro caffè e mangio le loro patate. I loro problemi sono i miei problemi, perché questa è la mia gente. Mi è sorella Rita che senza null’altro chiedere che simpatia mi parla del marito disoccupato, dei debiti da pagare, dell’affitto di casa che, mese su mese, as- somma ormai a settantamila lire - e la cifra acquista per me una nuova dimensione - dei bambini che cre- scono e che hanno bisogno di cibo e di vestiti, almeno in inverno, della sua salute minata dalle gravidanze… Mi è sorella Pasqua che ha trentacinque anni e ne dimostra cinquanta. Si è sposata che ne aveva diciot-

174 175 to e attende adesso il decimo figlio. Pasqua che per la co, un avvocato. Spogliati della carne e dei suoi erro- stanchezza e la debolezza è diventata folle e va per il ri i tre spiriti sono impietosi e veritieri, ma esigono paese, di cucina in cucina, cercando compagnia e sva- fede e devozione. Se i consigli risultano qualche volta go, lontana dai suoi bambini che piangono tossiscono inefficaci è solo per un errore commesso applicandoli. gridano sempre. È mia sorella anche Elisabetta, la maga. Nei suoi oc- Mi è sorella Santina che bussa a tutte le porte per- chi luminosi non c’è ipocrisia o calcolo, c’è la fede c’è ché la liberino della figlia che da quando l’uomo cad- l’amore. C’è la fede nelle proprie sovrannaturali virtù de ucciso sotto i suoi occhi nella strada di fronte, ulu- e c’è l’amore per coloro che in queste virtù ripongono la tutte le notti, dal momento in cui silenziose calano speranza. le prime ombre sino a che l’alba non sorge. Allora di- Molte miserie hanno visto i suoi occhi, molti dram- venta calma e si addormenta. La casa è di un solo am- mi hanno udito le sue orecchie, molti dolori hanno le- biente, non si può sfuggire al tormento di quelle gri- nito le sue labbra. Da ciò la sua grandezza e la sua di- da e anche quando la ragazza tace tutti son tesi ad at- gnità che la fanno simile alla pizia di un culto remo- tendere il suo prossimo urlo. tissimo. Mia sorella è Assunta alla quale in una sera di ven- Sono miei fratelli questi uomini - cinquanta, cento, to fu ucciso il marito. – Badava ai fatti suoi, non ave- duecento? - che sparsi sulla collina, le braccia incro- va rapporti con polizia né con banditi. Perché l’han- ciate e i visi di pietra, guardano la ruspa che scava per no ucciso? – Quando ripete la frase che, come la nota la costruzione della nuova strada. È efficiente la ru- di un disco spezzato, le si è fissata nella mente, i suoi spa, non ha fame e da sola compie il lavoro di cento occhi scuri sono enormi e riflettono la tragedia e il braccianti. Non si può fermare il progresso ma non si mistero di tutti i delitti inesplicabili. può inghiottire la fame. Sono mie sorelle queste donne che, nelle mani ossu- Sono miei fratelli questi giovani che vengono ad of- te e come impastate di terra e legno, stringono il sac- frirmi la candidatura nella lista di pastori e contadini chetto di tela bianca con i doni propiziatori per la ma- e operai che intendono presentare per le elezioni co- ga nella quale soltanto riposano ormai le loro speran- munali. ze. Non so per quanto tempo ancora potrò stare a Or- Per uccisioni, furti, malattie, vendette, prigionia, gosolo e rifiuto. Ma con l’ostinazione dei santi ritor- perdite, odio, amore, malocchio nessuno è di lei più nano per molti giorni a pregarmi, e sempre con lo potente. Alberga in sé tre spiriti: un prete, un medi- stesso argomento come un ritornello:

176 177 – Tu sei dei nostri, tu ci capisci e sai anche scrivere. temeva di non riuscire a dominare un gregge così nu- Senza di te che cosa sarà la nostra lista? Un corpo sen- meroso… Allora tornai a casa e gli feci un pastore col za testa. fucile e con le pelli, vestito col nostro costume. Un Anche Bore è mio fratello, Bore che al tempo delle pastore giovane e capace che avrebbe lavorato con fe- più feroci repressioni ha dovuto vendere il gregge scen- deltà per il suo padrone. Ma allora mi accorsi che nel- dendo alla condizione di bracciante. E conobbe la dif- la sua nicchia Isidoro era invidioso e forse offeso con ficoltà di trovar lavoro e dopo il lavoro ci fu l’infortu- me. I suoi buoi erano magri e la loro pelle cadeva a nio e l’ospedale e l’invalidità. Adesso quando il tempo macchie. Gli feci due buoi grassi e con grandi corna lo permette siede sulla sponda del torrente e mentre arcuate e un bellissimo aratro forte e potente. Isidoro aspetta che le trote si impiglino all’amo ripensa alla quando lo vide fu contento e mi sorrise, voltando un sua vita oscura alternata di speranza e di ribellione, di poco la testa sorrise anche ad Antonio e furono di disperazione e di abbandono. nuovo amici. Non avrei sopportato di lasciarli per È mio fratello il vecchio scultore che mi riceve nel causa mia in quella disamistà. buio della sua cucina emozionato e felice come se da Mi sono fratelli gli altri vecchi di Orgosolo, quelli lui sia entrata la vita. Al centro della stanza c’è il fo- che negli angoli delle cucine fumose recitano i salmi colare quadrato e il fumo esita negli angoli e nella vol- della Bibbia e quelli che a sera si riuniscono sul co- ta di canne prima di trovare la via verso la porta. Il cuzzolo brullo e ventoso presso la croce delle missioni. vecchio dalla grande barba grigia lavora nel vano del- Lì, nella cava di sabbione carnicino che divora il colle la finestra mezzo accecata da una catasta di legna. Con come un fetido cancro, i vecchioni orgolesi trascinano strumenti preistorici intaglia una maschera di quercia i loro giorni ormai inutili. Appollaiati sui calcagni es- e mi parla con entusiasmo candido dei suoi lavori. si sembrano uno stormo di falchi prigionieri. Il vellu- – Un giorno andai in chiesa e vidi che il nostro S. to stinto degli abiti ha il colore della terra, spiccano Antonio non aveva che un solo maiale. Mi fece pena. solo i berretti di pelo nero e le folte barbe ricciute. Allora tornai a casa e gliene scolpii uno e poi un al- Stanno immobili e le parole cadono rade e pesanti co- tro, e un altro ancora… Sembrava che una voce mi di- me sassi. cesse dentro di non fermarmi. I porcellini venivano su Talvolta giocano a carte, lunghe partite a briscola e belli, vivi, uno diverso dall’altro… Ne feci venti- a scopone durante le quali la conversazione si riduce a quattro. Quando andai in chiesa a portarglieli mi brevi imprecazioni e a qualche sonoro raschio di gola. sembrò che il santo fosse triste e preoccupato; forse Quando il vento, nonostante le pietre poste a trattene-

178 179 re le carte, rende impossibile la partita commentano i ze, intimidite per la familiarità inconsueta, vennero a fatti del giorno con dialoghi in cui le pause sono spes- forza tirate nel cerchio. so più significative delle parole. Ci furono le corse dei cavalli e le gare poetiche. Co- Raramente riemergono storie delle quali furono te- me un qualunque villaggio pacifico anche Orgosolo muti protagonisti: antiche storie che il tempo seppel- ebbe la sua festa. E invano il parroco si oppose negan- lisce ma che nei loro cuori continuano a vivere come do al priorato il piazzale della chiesa. Il cortile della i ricordi epici della giovinezza. Quarant’anni sono pas- scuola fu arena e teatro. sati in un battito d’ali e non molto è cambiato. Qua- E ci fu anche il carnevale mascherato. La polizia die- rant’anni sono forse un sogno, come la vita… de il permesso e, travestiti da donna, i giovani sfilaro- Dirigo i miei passi verso la cava, mi piacerebbe non no in corteo tenendosi sottobraccio a due a due. Erano vista sedermi tra loro e ascoltare. È ancora presto per maschere tristi e un po’ macabre. Sembravano fanta- la riunione serale, seduto sul basamento della croce vi smi al funerale di un fantasma. Due di loro si rifugia- è un solo vecchio. In basso, nella valle, il vento agita rono nel portone della scuola e sollevando la pezzuola le chiome degli ulivi e le macchie di lentischio; sale sulla bocca mangiarono rapidamente dei torsoli di ca- fino a noi un fruscio, come di un mare lontano. Il vec- volo. chio tace, la barba grigia appoggiata alle nocche no- Ci furono nascite e battesimi, ci furono nozze e fu- dose. Le sopracciglia ispide calate sugli occhi, pare nerali. Ci fu il sarto che venne ucciso per errore, e ci fu addormentato. il ricco che venne ucciso per vendetta, ci fu il neonato Ad un tratto, senza voltare il capo, più a se stesso che venne trovato nel pozzo e ci fu la vedova che s’im- che a me dice: piccò. – Parla, parla, il vento… e nessuno lo ascolta. Co- Nessuno ebbe per lei una parola di pietà. Aveva me- me noi vecchi… Ed è meglio tacere… no di trent’anni e aveva vissuto col marito solo alcune settimane, poi lui era morto. In sei anni di vedovanza Molti fatti avvennero in questi tre anni, fatti ora mai nessuno aveva trovato nel suo comportamento tristi ora allegri. motivo di critica. Poi, all’improvviso, una sera di no- Ci fu la festa della Madonna di Mezz’Agosto e dopo vembre, i ragazzi che giocavano nell’orto scoprirono tanti anni anche a Orgosolo si ballò. Tenendosi per nel pozzo il cadavere del neonato. Galleggiava gonfio mano ballarono la sardana uomini e donne nei ricchi e informe sull’acqua scura. Gli gettarono un sasso e un costumi di panno rosso e di broccato verde. Le ragaz- braccio si staccò e affondò lentamente e senza rumore.

180 181 I bambini gridarono e accorse gente; un uomo tentò È però vero che, quasi per spezzare la monotonia, di ripescarlo con una bagneruola, ma bastava toccarlo qualche volta uomini mascherati circolano per il pae- perché si sfacesse. Per trovare la testa e il braccio fu se e assaltano in pieno giorno l’ufficio postale. Sono lì necessario svuotare il pozzo. Giacevano sul fondo sab- accanto due caserme della polizia, bisogna avere del bioso insieme a un cranio di capra e alla carcassa di un fegato o della disperazione per tentare un colpo così. gatto. Ma tutto finisce nel nulla, senza neppure uno sparo, La notizia volò sul paese, e da tutti i cortili e da tutti senza nessuna perdita, senza nessun guadagno. Qual- i terrazzi si affacciarono donne a guardare verso l’orto. che urlo, un breve corpo a corpo - ma ci fu? - tra un La vedova si vestì rapida e silenziosa e s’avviò alla carabiniere e un bandito, lo svenimento dell’impiega- corriera per Nuoro. Aveva due fratelli nel capoluogo ta postale, qualche chiacchiera nelle cucine, il raccon- e non era strano che andasse a salutarli per la festa dei to concitato dei bambini l’indomani a scuola. morti. Come fu che si cominciò a sospettare di lei? La Ci fu tra l’altro la nevicata dello scorso febbraio. In- voce circolando di bocca in bocca acquistò certezza e sieme ai primi fiocchi di neve arrivarono i saltimban- vigore. La vedova fu costretta dai familiari a tornare chi, tentarono di rizzare le sottili assi della loro ca- in paese per smentire con la sua presenza la calunnia. panna nel cortile della scuola indurito dal gelo. Ave- La stessa notte s’impiccò a una trave in cucina. vano le mani paonazze e irrigidite e ogni tanto le na- I bambini cantavano per le strade la sua storia ver- scondevano sotto le ascelle e saltellavano per scaldar- sificata da un anonimo e la scrivevano sui quaderni si. Ma il lavoro procedeva lentamente e la neve cade- di scuola. va sempre più fitta. Ci furono anche delle innovazioni nel paese: il bar Si capì che il maltempo sarebbe durato a lungo e centrale acquistò uno specchio e un biliardo, la stra- che, senza riscaldamento e con i bambini così mala- da principale venne asfaltata, fu istituita una secon- mente coperti, la scuola non avrebbe potuto funzio- da condotta medica e il pievano istallò un cinema nel nare. La corriera non arrivò e con una jeep della poli- salone parrocchiale. E questa è una novità che non sa- zia andai a casa. A Nuoro però ebbi rimorso e tentai rebbe stata possibile quando gli uomini dopo il tra- di tornare a Orgosolo. Ma la strada era ormai blocca- monto si dovevano barricare nelle case attendendo ta. Per due volte si disse che era stata riaperta ma do- che l’alba venisse a liberarli dal pericolo di un’imbo- po alcuni chilometri si dovette tornare indietro. D’al- scata. Ora si esce senza troppo timore anche quando tronde anche se fossi rimasta a chi avrei potuto gio- la notte è calata. Il tempo della paura sembra finito. vare? Tuttavia non riuscivo a non pensarci e assurda-

182 183 mente mi sentivo colpevole di non esser tra loro. Pen- aveva davvero un letto? - e giaceva su una stuoia ac- savo spesso anche a quei guitti che avevo visto senza canto al camino. La cucina era buia ma pulita, il rame casa e senza risorse. Sapevo che erano stati una setti- luccicava alle pareti. Sedetti davanti al fuoco accanto a mana a Mamoiada ma non ebbero spettatori e non po- lei. Dalla porta si vedeva un lembo di cielo e le stalat- terono dare spettacolo. Rimasero però, forse resi abu- titi di ghiaccio che pendevano dalle tegole. lici dalla fame o forse di giorno in giorno ingannati Cominciai a conoscere i particolari orgolesi della ne- da una rifiorente speranza. Quale illusione li portò ad vicata; storie di pastori isolati nel e cre- Orgosolo? duti morti, storie di malattie e di fame, ma soprattut- Li ricordo con le spalle ossute e ingobbite dal fred- to storie di umana solidarietà. do e le zazzere inanellate coperte di neve. Li imma- Anche i saltimbanchi non erano stati abbandonati; ginavo mendicanti in un paese di poveri… qualcuno li aveva ricoverati in un garage, altri li ave- Quasi tutte le sere si diceva che la corriera sarebbe va nutriti, altri li aveva consolati. Avevano trovato in partita, al mattino mi ritrovavo alla rimessa ma du- Orgosolo e in un momento come quello la simpatia rante la notte era caduta altra neve. che invano avevano atteso in altri paesi. “Fagiolino”, Finalmente attraverso Locòe si poté raggiungere “Meazza”, “Luca” erano diventati popolari e i bambi- Orgosolo. Era una pena vedere quanto gli ulivi si era- ni a scuola ne ripetevano i lazzi e le barzellette. no risentiti del freddo; i rami pendevano grigi e bru- E ci fu a scuola la visita del medico scolastico, il nuo- ciati come da un incendio, le foglie accartocciate e vo medico condotto. E il mio spavento quando, dopo secche. che gli ebbi segnalato “i casi” (ha gli occhi arrossati e I bambini ci erano venuti incontro. Forse ci avevano cisposi, tiene sempre la bocca aperta e non riesce a sta- atteso così tutti i giorni. Della mia classe mancava so- re attento, è perennemente raffreddato, da mesi ha la lo Giuseppa cui il freddo aveva provocato una paresi pelle coperta di croste purulente, gli trema la testa, facciale. Andai a trovarla. Era stata la più bella delle non vede bene, piange facilmente…) mi disse: mie alunne: due grandi occhi verde-azzurri in un visi- – Hanno tutti una malattia molto grave… – pen- no morbido tutto fossette. Adesso la bocca storta le sai a qualche morbo epidemico e trascolorai – …de- impediva di parlare bene. La palpebra le copriva l’oc- nutrizione cronica. chio destro. Appena entrai tentò di dirmi qualcosa ma Venne l’autunno e il tempo della vendemmia. Le si accorse che non la capivo, tacque di colpo e mi mosche troppo nutrite di mosto divennero pesanti e guardò corrucciata. Si rifiutava di stare a letto - ma aggressive e fu allora il tempo dell’acquavite.

184 185 …Se ne sente ovunque l’aroma; nelle case, per le Si distilla nei cortili e nelle vigne, con antiquati strade, nella corriera, nelle vesti delle donne e nel fia- lambicchi di rame e di vetro; le grandi caldaie bollo- to degli uomini. Dappertutto ci sono piccole distille- no per giornate intere e spesso anche la notte. Gli uo- rie clandestine ma invano le guardie di finanza vanno mini a furia di assaggiare il liquore e di respirarne intorno annusando. Un efficiente servizio di spionag- l’aroma finiscono per ubbriacarsi e per cantare il ma- gio in cui tutto il paese è volontariamente ingaggia- linconico “Bomborimbò”. to, sino ai bambini le donne i vecchi, controlla i mo- I carabinieri non hanno il compito di vigilare su vimenti dei finanzieri e li rende inutili. questa materia e talvolta anche loro siedono attorno Oggi dal postale ne scendono due; devono aver ri- ai fuochi profumati e l’euforia alcoolica affratella tu- cevuto una precisa denunzia perché subito domanda- tori e trasgressori della Legge… no a un gruppo di donne l’indirizzo di Ballore Luisa Poi il cielo diventa più chiaro, impercettibilmente fu Domenico. Le interrogate stanno un momento so- ogni giorno si scolora. La lucentezza del sole è più vrappensiero, poi si guardano tra loro come dubbiose: dura, il vento solleva turbini di polvere e i monti si – Chi sarà mai? Ma… Chissà? Ah, sì… forse capi- coprono di bianco. È l’inverno. Presto sarà Natale. Si sco… Deve essere Zia Luisa Prontu; sì, proprio lei, da accendono vecchie e nuove speranze nei cuori, si ha parte di padre le spetta Ballore. Sì, Zia Luisa Prontu l’illusione che davvero il Natale e il messaggio degli deve essere. Salgano per quel viottolo, poi girino a si- angeli ai pastori significhino qualcosa. nistra e camminino ancora un poco sino alla seconda Poi un giorno ci svegliamo e inaspettatamente, a- strada a destra, di lì arrivino alla piazza con l’abbeve- prendo le finestre al mattino, ci accorgiamo che è pri- ratoio e domandino ancora a qualcuno perché sono mavera. Allora i bambini sono più spesso assenti dal- molto vicini. la scuola; imbambolati dal calore del sole e dal ronzio Le guardie hanno appena voltato le spalle che le delle mosche sonnecchiano. Il “programma” mi spin- donne chiamano un ragazzo dall’aria svelta: – Corri, ge, divento nervosa ma il mio attivismo affonda inef- vai da Zia Luisa Ballore e dille che i finanzieri la cer- ficace nel morbido della loro noia. L’idea delle vacan- cano. Li abbiamo mandati da Zia Luisa Prontu che ze e dell’estate diventa aggressiva. non ha vigna né orto e se non distilla la sua miseria al- E anche l’estate arriva. tro non ha da distillare. Ma tu, – e chiamano un altro Ci fu tra le altre l’estate in cui accompagnai Pietro, ragazzo, – corri per la strada più breve e avverti anche Mariangela, Andreana a una colonia di Sorrento. Non lei, che non si spaventi povera vecchia! conoscevano il mare, non erano mai usciti da Orgoso-

186 187 lo. Andare a Sorrento fu un viaggio intorno al mondo. line e lettere. Pietro restò sul Continente. Un amico Quando nel giardino pubblico di Nuoro videro la incontrato nella colonia si occupa di lui e della sua piccola vasca con i pesci rossi mi domandarono se il educazione. mare era quello e se eravamo arrivati a Sorrento. Pietro Tandeddu, il bambino che il primo giorno di Dai finestrini dell’auto che ci portava a Olbia guar- scuola, col graffio attraverso il viso come uno sfregio, darono le nuvole sinché non si addormentarono ab- era per me soltanto “il cugino dei banditi” e che, pia- bracciati come fratelli. Non ebbi il coraggio di sve- no piano, con la sua grazia la sua intelligenza la sua gliarli quando all’orizzonte comparve il nastro di ra- sensibilità mi conquistò. so azzurro che doveva stupirli. All’imbarco era buio Pietro Tandeddu che ricordo con la conchiglia che e dopo aver salito la scaletta non riuscivano a capire “conservava il rumore del mare” appoggiata all’orec- di trovarsi sulla nave. Li feci passeggiare sui ponti e chio e col visino pulito e il sorriso timido il giorno in per i saloni ma continuavano a domandarmi: cui con la morte di Pasquale la sua famiglia si avvia- – Quando andremo sulla nave? Dov’è il mare? va ad uscire dalle cronache italiane. Il mare era invisibile, affogato nella notte. Pietro Tandeddu che immagino adesso silenzioso at- Arrivando a Roma mi domandarono del Papa e fu- tento garbato nel collegio di Rimini dove, in un am- rono sorpresi di non vederlo alla stazione per salutare i biente umano favorevole, fa i primi passi su una stra- forestieri. Poi contarono i piani dei palazzi e attesero da nella quale tutte le sue migliori qualità potranno che il bersagliere di Porta Pia continuasse la sua corsa. svilupparsi e dare frutto. Ci fu il treno per Napoli e di nuovo la stanchezza li fe- Ci scrive delle lettere dalla sua nuova casa “di mat- ce dormire. Lì ebbero il più grande dei gelati alla fra- toni e di pietre, con molte stanze e grandi e con mo- gola e sul trenino della Circumvesuviana voltarono di- bili nuovi e di legno, e il giardino con gli alberi e con gnitosamente il capo per sfuggire la vista del ciarlata- le finestre grandi con i vetri”. Ci ha mandato anche no che inginocchiandosi e fingendo di piangere ci of- delle fotografie. Sorride ed è vestito con eleganza: è già friva i suoi dolciumi. Poi ci fu l’arrivo a Sorrento, il lo- diverso dai compagni rimasti qui che cominciano a ro primo bagno con acqua tiepida e sapone profumato, parlare di lui come di un personaggio fiabesco. il loro primo pigiama di cui si fecero spiegare l’uso. Il mito dunque è cambiato: prima era “zio Pasquale Poi l’estate passò e ci fu di nuovo l’autunno e la Tandeddu”, il bandito, adesso è Pietro Tandeddu, lo scuola. Mariangela e Andreana parlavano ai compa- studente. gni degli amici lasciati a Sorrento e spedirono carto- Ed ecco mi riaffiorano alla memoria le parole che

188 189 Giuseppe Marotta, pastore di Orgosolo, scrisse nella sua autobiografia per la rivista “Nuovi Argomenti”: “…In età scolastica i miei genitori fecero di tutto per farmi andare a scuola ad impararmi a scrivere e a leg- gere. Ma i loro impegni e le ripetizioni della maestra non riuscivano a vincere nei bambini la fantasia di di- ventare buoni pastori. Anziani pastori, analfabeti, pur disprezzando la vita di stenti e di patimenti, sostene- vano che per essere buoni pastori non era necessario an- Prefazione all’edizione del 1975 dare a scuola, né saper leggere e scrivere, ma, piuttosto, non aver paura delle tempeste, né dei ladri, ecc… Il Postilla all’edizione del 1975 dialogo tra i compagni era quello del pastore coraggio- so che cammina di notte sfidando le oscurità e le in- temperie del tempo, va a cavallo portando il latte e l’a- gnello…”. Domando ai miei alunni e forse più ancora a me stessa: – Che cosa farete da grandi? La risposta è immediata e sorprendente: – I tratto- risti! Sulla strada davanti alla scuola, in una nuvola di polvere passa un grande trattore rosso. I bambini sa- lutano entusiasti affollandosi alla finestra. I trattoristi. E perché no? Pietro, Giovanni, Peppi- no, Totoni, Don Coco, uomini nuovi.

190 191 Prefazione all’edizione del 1975

Invecchiano i romanzi, e persino i libri di poesia invec- chiano; a maggior ragione e più rapidamente dovrebbero invecchiare delle opere come queste due mie che non han- no mai preteso essere altro che testimonianze. Per meglio dire, avrebbero potuto e dovuto invecchiare, nei diciotto anni che sono trascorsi dalla pubblicazione dell’una e nei quattordici trascorsi dalla pubblicazione dell’altra, se la società sarda e italiana che vi veniva de- scritta in alcuni dei suoi aspetti e settori, si fosse evoluta guarendo e crescendo dai mali che allora la affliggevano e che, in particolare, segnavano i destini e le vite dei perso- naggi dei due libri. Allora il dispiacere di doverli considerare come dei pic- coli oggetti da museo, anziché strumenti ancora utili, sia pure nella loro modestia, sarebbe stato per me considere- volmente minore di quello che provo quando sono costret- Si riportano qui appresso la Prefazione e la Postilla scritte da Maria ta ad ammettere che, sebbene con qualche cambiamento e Giacobbe per l’edizione del 1975 del Diario di una maestrina (Bari, La- non sempre per il meglio, la realtà sociale e umana che me terza, collana “Tempi Nuovi”; originariamente per lo stesso editore li aveva suggeriti è fondamentalmente immutata. nella collana “Libri del tempo”, 1957). In quel volume si riproponeva della scrittrice anche Piccole cronache, del 1961 (Bari, Laterza, “Libri del Quando nel 1956-57 lavoravo al Diario di una maestrina, Tempo”), e a ciò si devono i riferimenti a quest’opera contenuti nei te- la Sardegna non aveva smesso di sperare nel Piano di Ri- sti che seguono. nascita che, approvato con una legge del 1948, era ancora

192 193 agli studi per i suoi particolari. Più che la mia età allora avrebbero reso accoglienti e popolose quelle solitudini giovanile, fu la fiducia che da molti si riponeva nell’attua- dove sino ad allora solo i pastori con le loro greggi aveva- zione di quel Piano, fiducia che io condividevo, a sugge- no trovato difficile asilo. rirmi di chiudere questo libro con una immagine di spe- Alla vita di sacrifizio e di isolamento del pastore tradi- ranza. zionale, ancora un nomade esposto alle intemperie come i Era una Sardegna povera quella che avevo descritto, ma suoi antenati di mille e mille anni prima, presto sarebbe una Sardegna che forse stava per svegliarsi e rialzarsi. succeduta la vita associata e più a noi contemporanea del- Molti erano i disoccupati e moltissimi i sottoccupati e i l’allevatore e del coltivatore radicato alla terra resa amica sottopagati, molti erano gli analfabeti, molti erano i bam- dal lavoro e dall’acqua. Nei villaggi rinati, nuove scuole bini che morivano durante la prima infanzia, e fra quelli avrebbero insegnato ai giovani la tecniche moderne che che sopravvivevano molti erano i denutriti, molti erano fanno più redditizio e meno faticoso il lavoro dell’uomo. quelli che evadevano all’obbligo scolastico e moltissimi Pietro, Giovanni, Totoni, Don Coco, troneggiando alle- erano quelli per i quali la scuola, così com’era, anche se gri sui trattori rossi che avevano sognato da bambini, frequentata restava un episodio più che altro negativo avrebbero contribuito alla rinascita della loro terra. Una ri- dell’infanzia, molti erano quei giovani che finivano per nascita scaturita dal basso e che sarebbe stata economica e trovarsi in conflitto con le leggi dello Stato, moltissimi morale insieme, perché l’una non è concepibile se disgiun- quelli che, per procurarsi il lavoro che la Costituzione di- ta dall’altra. ce essere un “diritto e un dovere” per tutti i cittadini del- Ma gli anni purtroppo passavano, senza che la montagna la Repubblica, dovevano lasciare la loro terra che pure era riuscisse a partorire il topo. Quell’autonomia amministrati- già una delle meno densamente popolate d’Europa. va di cui la regione godeva e che avrebbe dovuto colmare il Però, in attesa del Piano di Rinascita, già cominciavano solco che, per evidenti ragioni storiche e geografiche, in ad avvenire delle cose importanti che avrebbero potuto tra- Sardegna più che altrove separava lo Stato dal cittadino, sformare la Sardegna in un ridente giardino. Il sole che non riusciva a diventare operante. Il governo di Cagliari Don Coco, nel suo componimento di seconda elementare, non aveva più rapporti coi cittadini sardi e con le loro esi- aveva chiamato “cattivo” stava per diventare “buono”: genze, di quanti ne avesse avuto quello di Roma e, a suo delle enormi dighe per la raccolta delle acque in laghi tempo, quello di Madrid. Ne era anzi diventato un doppio- montani erano in costruzione. Quelle acque avrebbero ne, con aumento mostruoso di burocrazia e, se possibile, con rifornito i paesi assetati e avrebbero trasformato il deser- una quasi maggiore incompetenza. to sardo irrigando ed elettrificando le campagne. Si sa- Quando l’undici giugno 1962 il Parlamento della Re- rebbe fatta la riforma agraria, delle piccole industrie col- pubblica finalmente approvava “quel complesso organico laterali sarebbero sorte… erbai, frutteti, orti, giardini di disposizioni conosciute come Piano di Rinascita della

194 195 Sardegna, assistite da uno stanziamento di 400 miliardi di sarebbero sembrate ovvie, non furono fatte, “non sta tanto lire, ripartiti in un arco di dodici anni”, si dice che il sena- nella carenza di finanziamento quanto nella difficile e one- tore Gianquinto abbia commentato: “La Sardegna è stata rosa distribuzione delle acque imposta dalla frantumazione assolutamente tagliata fuori dalla grande operazione che la della proprietà e, soprattutto, nella mancanza di una effi- riguarda”. E non era certo la prima volta che la Sardegna ciente collaborazione fra iniziativa pubblica, mondo urbano era oggetto e non protagonista della sua stessa storia. e mondo rurale”. 400 miliardi di lire parevano molti, anche se ripartiti in In altre parole perché non si ebbe il coraggio di mettere dodici anni; ma purtroppo quella somma non fu aggiuntiva il dito nella piaga, non si osò toccare il vero grosso proble- rispetto agli stanziamenti ordinari, come era stato promes- ma sardo che è quello della distribuzione della proprietà so. Con quei fondi del “Piano di Rinascita” si dovettero fi- terriera; non si ebbe il coraggio di gettare finalmente un nanziare opere di carattere ordinario e contingente. L’obiet- ponte fra le necessità delle grandi masse rurali e le sottili tivo “dello sviluppo economico e del progresso dell’Isola” esigenze degli equilibrismi politici e clientelari. doveva ancora una volta essere rimandato. Per lo stesso motivo si lasciava languire la pastorizia la Tuttavia sarebbe stato ovvio che, come il Piano di Ri- quale, sebbene esercitata ancora in forme e con metodi prei- nascita suggeriva in vista fra l’altro dell’obiettivo della storici, era una delle poche voci attive nell’economia isola- piena occupazione, si concentrassero gli sforzi per favori- na. Nel quadro di così diffusa disoccupazione, si calcolava re immediatamente l’agricoltura e la pastorizia e per risa- che essa desse lavoro, nel 1960, a 35.000 uomini, e quindi nare il settore minerario, cioè per incrementare le tradi- sostentamento, sia pure elementare, ad almeno centomila zionali risorse sarde. persone. Quasi a un decimo cioè della popolazione sarda. Invece, sebbene diciannove dighe fossero già costruite e Con i suoi due milioni e mezzo di pecore, sui sei milio- agibili e altre sette fossero in costruzione, sebbene già si di- ni e mezzo allevati in tutta Italia, il patrimonio ovino del- sponesse di una quantità d’acqua sufficiente a irrigare l’Isola era una delle sue maggiori e più sicure ricchezze. 180.000 ettari di terreno, si risparmiò sulla necessaria cana- Ma non solo non si fece nulla per incrementarlo, non lo si lizzazione e non si irrigò neppure un decimo di quanto sa- sostenne neppure con una normale assistenza tecnica ed rebbe stato possibile. Ancora oggi i laghi artificiali sardi so- economica quando, per l’ingresso dell’Italia nella Comu- no, secondo l’espressione di Alfredo Todisco, come delle nità Economica Europea, i prodotti della pastorizia sarda “botti prive di rubinetto”. si trovarono a dover affrontare la difficile concorrenza dei Perché? c’è da domandarsi. prodotti similari degli altri paesi comunitari i quali, nel Il rapporto pubblicato nel 1970 dalla Commissione Par- campo dei finanziamenti all’agricoltura, avevano privile- lamentare sui fenomeni di criminalità in Sardegna, rispon- giato il settore dell’allevamento. de che il motivo per cui quelle opere di canalizzazione, che Il problema era però, come per l’irrigazione e quindi per

196 197 un programma organico di risanamento agricolo, che non provato in una sua seduta del 10 maggio 1966. Quell’ordi- si poteva seriamente pensare di aiutare la pastorizia senza ne del giorno esprimeva la necessità di “trasformare e mi- toccare la grossa proprietà assenteista. gliorare le strutture economiche e sociali e riequilibrare In una regione in cui il reddito medio pro capite era nel l’attuale distribuzione del reddito nell’Isola, eliminando le 1960 di 220.044 lire, inferiore cioè ancora al reddito me- cause di fondo dell’arretratezza del settore agro-pastorale e dio italiano del 1957 che era di 229.862 lire, circa 25 mi- il sottosviluppo industriale mediante la liquidazione della liardi di lire erano prodotti dall’allevamento degli ovini in proprietà fondiaria assenteista”. quella forma quasi brada di cui si è detto. Ma non ebbe questo coraggio e questa coerenza, sia per Ma di questi 25 miliardi, dai 13 ai 15 andavano diretta- non disturbare i grandi elettori sardi nei loro interessi mente ai proprietari dei pascoli incolti, e che incolti conti- concreti, sia perché già sulla Sardegna si avevano altri pia- nuavano a restare perché nessuna legge obbligava il pro- ni ben più radicali. prietario a farvi degli investimenti quando, senza rischio né La soluzione definitiva del problema sardo (solo un po’ fatica alcuna, già gli rendevano così lautamente. meno disumana di quella adottata trentacinque anni prima In una pubblicazione dell’Associazione Regionale Pasto- da altri pseudopolitici e pseudoscienziati nordeuropei, per ri Sardi, del 1966, si poteva legger che “per un gregge ti- risolvere un altro “problema”) stava per essere tirata fuori po di cento pecore, che dà un prodotto lordo di poco più di come un macabro coniglio dal cappello dei necrofori no- un milione, il pastore paga in affitto-pascolo dalle 550.000 strani in combutta con i “tecnici” d’oltremare. alle 650.000 lire annue”. Abbandonata al suo destino l’agricoltura, sabotata la pa- Se all’esosità dei fitti si aggiungono i prezzi di monopo- storizia, smantellate o quasi le industrie estrattive - i pochi lio fatti dagli industriali caseari, non può sorprendere che il minerali prodotti continuavano a venir esportati grezzi al- proprietario di duecento pecore, lavorando praticamente le raffinerie del continente - si cominciò a pronunziare la ventiquattro ore su ventiquattro (perché per chi deve dor- formula magica: “poli di sviluppo”. Poli di sviluppo indu- mire all’addiaccio e con un occhio aperto, neppure il sonno striale, poli di sviluppo agricolo, poli di sviluppo turistico. può essere riposo) si trovasse a guadagnare netto alla fine Mentre il Piano di Rinascita, con l’obiettivo anche della dell’anno non più di 120.000 lire, e cioè 10.000 lire al me- piena occupazione, proponeva “la concentrazione degli in- se per sé e per la famiglia! vestimenti riservati alle industrie nelle piccole e medie Per sanare questo assurdo stato di cose - una industria so- aziende manifatturiere, con particolare riguardo per quel- cialmente utile ed economicamente attiva per la comunità, le che utilizzano le risorse locali”, si finanziavano con fon- ma quasi passiva per chi la esercitava con tanto sacrifizio - di pubblici - i fondi appunto destinati alla “rinascita” - in- sarebbe bastato che la Giunta Regionale avesse il coraggio dustrie che nessun rapporto avevano con le risorse locali e e la coerenza di rendere operante un ordine del giorno ap- in ogni senso parassitarie nel corpo dell’Isola.

198 199 Come esempio si può addurre la cartiera di Arbatax che ta anni, cioè per un periodo durante il quale i capitali che lavora su legname importato di paesi del Mar Nero, inqui- lo Stato e la Regione sarda hanno investito in queste indu- na le acque prima molto pescose di Tortolì e soffoca l’agri- strie non saranno ancora ammortizzati. coltura di quella zona prima florida. Con un investimento Se a ciò si aggiunge che in stabilimenti così moderni si di 26 miliardi, la Regione riusciva a procurare lavoro a non è calcolato che ogni posto lavoro viene a costare intorno ai più di 500 operai, in una industria avulsa dall’ambiente e cento milioni, si vede subito che per creare quel minimo che non reinveste in Sardegna ma esporta immediatamente di 30.000 posti lavoro promessi, occorrerebbero ben tre- i suoi profitti. Profitti su lavoro sardo e su capitali sardi. mila miliardi di lire. E 30.000 posti non sarebbero suffi- “Una politica che ha promosso in modo plateale la calata cienti neppure a dare lavoro ai disoccupati residenti nel- delle grosse aziende capitalistiche straniere. Una politica l’Isola, e tanto meno sarebbero in grado di dare uno sboc- che… ha mortificato tutte le autentiche e reali risorse eco- co vitale ai sardi che sono emigrati e che, così come oggi nomiche dell’Isola… alla resa dei conti, un processo di in- stanno le cose, mai potranno tornare. dustrializzazione estremamente nocivo all’economia isola- In realtà, e nonostante i “poli di sviluppo industriale”, na”, scrive il giornalista cagliaritano Alberto Rodriguez* anche a causa dello smantellamento delle industrie estrat- che continua dimostrando come, con un investimento di 48 tive, dal 1964 al 1970 il livello di occupazione industria- miliardi per l miglioramento dei pascoli, solo all’aumenta- le in Sardegna è sceso di 12.000 unità. E ciò, come si è vi- ta produzione del latte la Sardegna avrebbe potuto avere un sto, non significa un incremento delle attività agricole, ché introito annuo di 120 miliardi superiore all’attuale, mentre, anzi i pochi insediamenti dell’ETFAS (Ente Trasformazio- con una cifra appena inferiore, 42 miliardi, il Credito In- ne Fondiaria Agraria in Sardegna) vengono lasciati langui- dustriale Sardo non aveva finanziato che una società petro- re: creati sul modello sorpassato della piccola proprietà e lifera per una industria capace di dare lavoro a non più di isolati in un contesto fisico ed economico non preparato a 350 operai. Un’industria anche questa che esporta i suoi riceverli, erano del resto già nati asfittici. profitti fuori dalla Sardegna. Gli unici finanziamenti di qualche rilievo nel campo E ciò avveniva e continua ad avvenire in un momento in dell’agricoltura vengono attribuiti agli speculatori olan- cui nessun paese che possa evitarselo accetta di avere a che desi, danesi, tedeschi e belgi che impiantano in Sardegna fare con le industrie petrolchimiche, e in un momento in delle serre modello per la produzione di fiori e di primi- cui, anche secondo le previsioni più ottimistiche, si sa che zie che per via aerea forniscono i vari mercati europei. la terra non può più produrre petrolio per più di cinquan- Come quelli di “sviluppo industriale”, questi “poli di sviluppo agricolo” restano avulsi dall’ambiente, non pro- vocano il sorgere di piccole industrie alimentari collate- * Cfr. R. Carta Raspi, Storia della Sardegna, Mursia, Milano 1971. rali, occupano un numero molto limitato di mano d’ope-

200 201 ra non specializzata e poco pagata, esportano all’estero, La totentanz delle cambiali cominciava. Sulla scia dell’au- insieme ai loro prodotti anche i loro profitti. Profitti su mentato disagio economico, della sfiducia nel presente e capitali sardi e su lavoro sardo. nell’avvenire, delle tentazioni consumistiche, e certo anche Nella logica dei “poli di sviluppo” e dei finanziamenti sotto la suggestione dell’incontro con altre forme di vita e di ai benefattori che in questi ultimi dieci-quindici anni si criminalità, il banditismo sardo tradizionale esplodeva di sono gettati sulla Sardegna con la grazia caritatevole de- nuovo, e degenerava in forme gangsteristiche e mafiose, che gli avvoltoi sulla gazzella morente, rientra anche il turi- prima gli erano estranee. smo di lusso che ha cominciato a concedere i suoi favori Per gli stessi motivi, per gli stessi disagi e per gli stessi alle zone più belle delle nostre coste e che ci ha dato la miraggi, l’emigrazione aumentava e aumenta di anno in gioia e la soddisfazione di vederle fotografate a colori sui anno. Una emigrazione in molti casi disorganizzata e av- rotocalchi più prestigiosi. Di vederle fotografate e solo fo- venturistica che spesso, dalla povertà del villaggio, non tografate, perché alla maggioranza di noi ormai ce ne è conduce che alla miseria ancora più squallida delle barac- negato l’ingresso, a meno che non siamo tra i privilegiati copoli e dei lager. Per molti emigrati, soprattutto fra i gio- che vi hanno trovato lavoro come personale di fatica. vani, complici l’umiliazione, la disperazione e lo sradica- Accanto alle zone riservate al turismo di lusso si comin- mento, fu la degenerazione l’unica strada che si aprì. cia però, con ancora maggiore danno ecologico e con altret- Dal 1950 al 1970 si calcola che 350.000 sardi abbiano tanto scarso vantaggio economico per i Sardi, nell’opera di lasciato l’Isola: il venti per cento della sua popolazione, e “rapallizzazione” delle nostre coste, secondo la felice espres- la sua parte più attiva. La sola città di Torino ospita, e in sione di Alfredo Todisco per un così infelice fenomeno. parte occupa, 60.000 sardi. Contemporaneamente all’aggravarsi del problema della Nei villaggi destinati allo smantellamento sono rimasti disoccupazione, negli ultimi tre lustri si è per altro verso i vecchi, dei quali si attende la morte, e i bambini che ap- verificato il fenomeno di un flusso di “danaro facile” che pena ne avranno l’età cercheranno di fuggire anche loro. arriva in Sardegna e rapidamente ne esce, dopo aver fatto Sono rimasti anche i pochi che hanno trovato impiego nel- salire i prezzi anche per chi il danaro l’ha “difficile”. le nuove industrie, e soprattutto come manovali e murato- Insieme sono arrivati gli echi del cosiddetto “miracolo ri per fabbricarne gli stabilimenti; i pochi che hanno con- economico italiano”: attraverso i rotocalchi, il cinema, la servato il loro lavoro tradizionale e alcuni altri: uomini e televisione, il “mondo moderno” si presenta col suo aspet- donne molto testardi e coraggiosi, o troppo rassegnati. to di una felicità tutta basata sulle possibilità di consuma- Nelle città invece prosperano i professionisti e i buro- re, di spendere, di sprecare. Una sfida, una risposta offen- crati, gli unici che, insieme agli imprenditori stranieri, siva alle abitudini e alla necessità di parsimonia del mon- abbiano veramente beneficiato della cosiddetta Rinascita do rurale sardo. Sarda e del cosiddetto miracolo economico italiano.

202 203 Abbastanza indicativo del castello di carta che è l’econo- viste per le zone di riserva guidata. Gli altri dovrebbero ar- mia isolana di questi anni è certo il fatto che il reddito in rangiarsi con l’emigrazione, visto che la mendicità forse sa- Sardegna si divide oggi quasi esattamente fra un 50% pro- rebbe proibita. veniente dalle attività terziarie e un 50% a sua volta ri- Il piano per il Parco Nazionale del Gennargentu suscitò partito fra industria e agricoltura. Mentre la media nazio- preoccupazioni e proteste in tutta la zona interessata. Vi nale per le spese di pubblica amministrazione è del 9%, in furono convegni, discussioni, ordini del giorno. Ma sicco- Sardegna raggiunge il 18%, superando addirittura quella me ubi major minor cessat, che cosa può contare il parere del- di Roma, la città burocratica per eccellenza, che è del le popolazioni interessate di fronte al parere dei “tecnici”? 14%. E ancora meno può contare se questi tecnici, i nuovi semi- Il topo con tanto sforzo partorito dalla montagna si sta- dei della nostra epoca, sono stranieri. va trasformando in un mostro. Sul finire degli anni ’60, il Per essi il Parco Nazionale del Gennargentu, come pure piano per la soluzione finale “del problema delle zone in- quell’operazione che eufemisticamente viene chiamata “ri- terne in Sardegna” cominciò a chiamarsi “Parco Naziona- strutturazione dell’agricoltura sarda” (e che già per il 1980 le del Gennargentu”. prevede una ulteriore riduzione di 200.000 unità fra gli ad- In nome di proclamate esigenze ecologiche (insussistenti detti al settore), non sono che particolari di quel piano eco- queste esigenze quando si trattava di impiantare le indu- nomico europeo che, sostenendo una concentrazione indu- strie parassitarie e veramente inquinanti che, da parte di un striale in alcune zone del centro-Europa, condanna le zone giornalista di “Le Monde”, meritarono alla Sardegna di periferiche, e fra queste la Sardegna, al ruolo di riserve di questi anni il titolo di poubelle d’Europe) 366.000 ettari del- mano d’opera. la provincia di Nuoro vennero destinati a riserva naturale e Ma è forse solo una coincidenza fortuita che, mentre si divisi in una zona di “riserva integrale” dove nessuno fanno questi progetti economici ed ecologici, nella zona avrebbe più diritto d’abitare e non sarebbero ammesse che immediatamente limitrofa a quella destinata al Parco Na- visite autorizzate e accompagnate; in una seconda fascia di zionale del Gennargentu, nel comune di , la “riserva naturale guidata”, dove il pascolo e l’allevamento NATO abbia la sua Cape Kennedy italiana? E che a Tavola- sarebbero permessi solo a certe condizioni; e infine in una ra, cioè nello specchio di mare prospiciente questa stessa terza fascia destinata a insediamenti turistici. zona, abbia asilo un’altra istallazione militare che, a quan- Quarantasette comuni della provincia di Nuoro, e fra to si dice, dovrebbe essere una delle più potenti e più peri- questi Orgosolo, Fonni, Oliena, sarebbero ridotti a una spe- colose d’Europa? È forse solo una coincidenza che, in que- cie di riserva indiana. I pastori sarebbero scacciati dall’area sta Sardegna che si spopola, la NATO abbia le importanti che è la loro, alcuni troverebbero lavoro, forse, come sala- basi di Teulada e di Decimomannu, e la nuova base per na- riati agricoli nelle grandi aziende di tipo capitalistico pre- vi atomiche di La Maddalena? È solo un caso che nello stes-

204 205 so comprensorio destinato a riserva naturale, e in una delle disse che: “Lo spopolamento progressivo della Sardegna, sue zone più fertili e ridenti, a pochi chilometri da Nuo- che è una delle regioni europee col più alto tasso di emigra- ro, 10.000 ettari di quei terreni tolti ai pastori siano stati zione, deve essere visto alla luce della funzione che la NA- destinati al poligono di tiro di Pratobello? TO assegna all’isola dove ha istallato le sue più importanti Ed è forse ancora un caso che, col pretesto di combattere basi atomiche e missilistiche in Europa e dove perciò è con- il banditismo, nella stessa zona del Parco venissero scatena- veniente fare per quanto è possibile il deserto”. te quelle truppe speciali antiguerriglia, chiamate “baschi Devo però dire che questo concetto, presentato con fred- blu”, che tanto utili avrebbero potuto essere a qualche alto dezza professionale e senza alcun commento da uno per il ufficiale con velleità golpiste e che in provincia di Nuoro quale l’espressione geografica che si chiama Sardegna e la condussero la loro esercitazione più spettacolare e, almeno gente che - per quanto tempo ancora? - vi abita, non sem- ai fini dell’ordine pubblico, più inutile? bravano essere che pedine e caselle di una scacchiera, ha E sarebbe anche un caso che quegli stessi giornali e gior- aumentato i miei sospetti sulla possibile scaltrezza che for- nalisti i quali, in toni estremamente lirici, parlano delle se si nasconde sotto l’apparente insipienza di coloro i qua- bellezze naturali da salvare nel comprensorio del Gennar- li in questi ultimi venti anni hanno manipolato i destini gentu, e dei daini e dei mufloni da proteggere, siano gli della mia isola. La parola genocidio ha cominciato a non stessi che hanno chiesto, e probabilmente son pronti a chie- sembrarmi sproporzionata. dere di nuovo, la “vietnamizzazione” di quella stessa zona So anche di non essere la sola ad avere questi timori: di- quando anziché sotto il profilo di “asilo degli ultimi mu- versi politici e studiosi sardi, e non sardi, li hanno già floni” la consideravano sotto quello di “covo del banditi- espressi. Fra gli altri, il prof. Giovanni Lilliu, titolare del- smo”? la cattedra di archeologia all’università di Cagliari, e de- Se l’uso dei defolianti chimici, dei lanciafiamme e dei gas mocristiano militante. asfissianti non fosse stato sufficiente, quegli stessi giorna- “In Sardegna c’è un inquinamento culturale ‘straniero’ listi così amanti della natura chiedevano la deportazione in molto progredito: nei grandi centri imprenditoriali oligo- massa delle popolazioni selvagge che ingiustamente vi abi- polistici, nei serragli d’oro turistici, nei recinti della base tano senza capire quanto lo Stato italiano le ami, anche se atomica ‘yankee’ di La Maddalena. Potrà essere non lonta- non riesce a dimostrarlo. no il tempo in cui si parlerà della Sardegna come di regio- Io non sono in grado di dire se tutte queste siano delle ne fallita e di ‘nazione perduta’ ”, scrive il prof. Lilliu. coincidenze fortuite, o se avesse ragione quel giornalista in- “Dopo che i contadini hanno costruito tre ‘cattedrali’ nel glese, corrispondente da Roma di uno dei più grandi gior- deserto (Sarrok, Porto Torres, ), il dio petrolio li ha nali borghesi europei, il quale, intervistato dalla televisione cacciati via perché il suo tempio è cibernato, può andare da danese in un programma sulla situazione politica italiana, solo. I lavoratori che l’hanno costruito non sono più conta-

206 207 dini né sono diventati operai: sono solamente sottoproleta- prese dai nuovi circoli culturali sorti e operanti in diver- ri disoccupati, disponibili per l’emigrazione e/o per il cri- se città e paesi dell’Isola. mine”, scrive il poeta Francesco Masala. Del risveglio politico sono una prova anche i quattro “Un immenso esercito di emigrati, che hanno aperto gli giorni di manifestazioni e di assemblee popolari a Orgoso- occhi e conoscono la violenza che li ha strappati al loro lo, nel novembre del 1968. Durante quei giorni la popo- Paese, è spiritualmente presente in Sardegna; essi gridano lazione di questo paese che non si è smesso di chiamare e premono perché i sardi non ancora emigrati e non anco- “università del delitto” dimostrò di poter fare scuola come ra corrotti, riprendano la lotta per la difesa del diritto di “università di democrazia”. cittadinanza sarda, del diritto al paesaggio sardo, alla par- La cronaca di quei quattro giorni sarebbe materia suffi- lata ai suoni ai colori agli affetti della Sardegna, e dunque ciente per un libro intero. Io mi limiterò a ricordare come a un lavoro in Sardegna”, scrive il leader del movimento sar- sui muri bianchi della chiesa, dove quando io insegnavo a dista, prof. Michele Columbu, deputato al Parlamento e Orgosolo i banditi scrivevano i nomi dei loro condannati a scrittore. morte, si potesse leggere: “Cristo non era prete ma operaio Il diffondersi a tutti i livelli e il coagularsi in forme sem- ed era magro”, “Il vero cristiano deve essere rivoluziona- pre più consce e politicizzate del vecchio e mai spento sen- rio”. Mi limiterò a ricordare le scritte sui muri della nuova timento di una speciale appartenenza etnica da difendere, scuola industriale: “Qui si fabbricano emigranti specializ- sono prove della convinzione che si sta facendo strada fra i zati”, “Meccanici! Il vostro avvenire è l’emigrazione”; e le Sardi che negli ultimi decenni è stato perpetrato ai loro scritte sui muri della scuola professionale femminile: “Que- danni uno dei più grandi tradimenti della loro storia, e sta è una scuola per serve specializzate”. Mi limiterò a ri- forse il più fatale e definitivo. cordare la civilissima lettera indirizzata dal Circolo Giova- Nel quadro di questa presa di coscienza politica rien- nile di Orgosolo agli agenti di polizia stazionati nel loro trano episodi come l’occupazione, da parte di migliaia di paese. donne di bambini di uomini, dei pascoli di Pratobello per Dopo un invito “a venire a discutere, da pari a pari, di po- difendere il diritto dei pastori a restarvi, contro la desti- litica e dei problemi che assillano la nostra società…per po- nazione a uso militare che se ne era fatta; rientra la resi- ter essere amici”, i giovani orgolesi mettevano in rilievo stenza della popolazione di Lula alla costruzione nel terri- l’assurdità del fatto che quei poveri figli di proletari vesti- torio del suo comune di un’altra industria parassitaria e ti in divisa si lasciassero usare contro altri figli di proletari inquinante (anche Lula sarebbe nella zona paesaggistica senza divisa, a difesa di interessi che erano di chi poveri li da proteggere ma, di fronte alle esigenze industriali, gli aveva voluti e continuava a volerli, quelli con divisa e quel- improvvisati amanti della natura non possono che tacere); li senza divisa. E concludevano dichiarando: “Noi, siatene rientrano i numerosi dibattiti e le numerose iniziative certi, non andremo a rubare qualche pecora e non uccidere-

208 209 mo per vendetta personale come i nostri antenati, ma se Postilla all’edizione del 1975 continueremo a ignorarci, a non discutere fra noi, inevita- bilmente un giorno o l’altro ci troveremo gli uni contro gli altri e allora non ci sarà tempo per spiegazioni”. In quegli stessi giorni che videro riunito tutto il paese in un fervore di discussioni, di progetti, di iniziative, uno dei molti documenti emessi dall’assemblea permanente chiedeva che i problemi del comune venissero risolti “con la parteci- pazione di tutto il popolo, senza intermediari esclusivisti e arrivisti”. Fra i problemi di “vitale importanza” per la ri- Ma che cosa fanno oggi quelli che a Orgosolo furono miei nascita economica e morale del paese, si poneva la elimina- allievi e miei amici? Che cosa ne è stato di Eugenio, di To- zione dello “stato umiliante della donna, causato dalla to- toni, di Don Coco, Andreana, Luciana, Mariangela, Peppi- tale subordinazione economica e sociale” di essa. Ciò quan- no, Graziano, Giovanni, Pietro e gli altri? do il problema della donna non era ancora un argomento ob- Eugenio, Andreana, Luciana, Giovanni, Don Coco, Pie- bligato per la gente che conosce le mode. tro non sono più in Sardegna, fanno parte anche loro del grande esercito degli emigrati, partiti per destinazioni diverse M. G. e accolti da sorti diverse: Eugenio lavora in fabbrica, a Mi- marzo 1975 lano; Andreana è pure a Milano, dove ha appena terminato un corso per infermiere; Luciana lavora a Vigevano, come portantina in una casa di cura; Giovanni ha tentato con me- no fortuna degli altri l’esperienza torinese; Don Coco, do- po aver passato l’infanzia in un istituto per orfani nel qua- le apprese il mestiere di meccanico, lavora alla Renault, abita alla periferia di Parigi, è sposato a una bella ragazza egiziana (che “ama la lettura”, come lui mi ha scritto) e di recente è diventato padre (“i figli sono il sole della vita”, se- condo una sua espressione in un’altra sua lettera). Pietro, dopo che l’accompagnai a Sorrento, per le vacan- ze estive tra la seconda e la terza elementare, insieme a Ma- riangela e ad Andreana, rimase a Napoli con Cesare Zac- caria e Giovanna Berneri che lo tennero agli studi sino al- la terza media. Cioè sino a quando Cesare Zaccaria disgra- 210 211 ziatamente morì, e Pietro dovette tornare in Sardegna. Qui, agnelli cominciano a nascere e cade la prima neve, e la come egli stesso mi scrisse, “un po’ con l’aiuto di Giovan- cambiale che sta per scadere, e l’intermediario che non ti na Berneri, un po’ coi sacrifizi dei familiari”, prese sette paga il giusto prezzo per il latte e l’agnello, frutto esclu- anni fa il diploma di perito agrario. Contro le troppo gra- sivo delle tue fatiche, e i mutui della Regione che pure vi difficoltà economiche, la sua non comune intelligenza, dovrai restituire? Come dimenticare il figlio che non può la sua volontà, la sua serietà, non furono sufficienti a ren- andare a scuola perché ti serve in campagna o perché non dergli possibile la continuazione degli studi per i quali è puoi comprargli il libro o mandarlo a pensione? Come di- tagliato. L’Italia e la Sardegna che regalano miliardi ai pe- menticare il giorno in cui per aver alzato la voce con un trolchimici sono troppo povere per poter investire nell’i- signore, sei restato ammutolito nel sentirti dire PASTO- struzione dei loro figli migliori. RE! No, non si può dimenticare, la gente capirà”. Per alcuni anni Pietro ha insegnato con grande entusia- A Orgosolo sono rimasti, o almeno c’erano ancora qual- smo in una scuola per figli di agricoltori in Campania. Spe- che tempo fa, Peppino e Totoni che ogni tanto trovano la- rava di poter esercitare su quei giovani e sulle loro famiglie voro come manovali. un reale influsso educativo; si è scontrato invece con la bu- Graziano, quello che essendo “ricco” da bambino dor- rocrazia che vede con sospetto l’educazione che può sve- miva “in un letto come una donna”, fa il pastore nelle cam- gliare le coscienze e che vuole e ammette solo una scuola a pagne di Macomer e, frequentando quando può una scuo- sua immagine e somiglianza, cioè morta e mortificante. la serale, spera di poter prendere un giorno il diploma di In una delle sue ultime lettere, dopo avermi con ama- geometra. rezza descritto le sue lotte quasi senza speranza per salva- La sua cuginetta Mariangela è l’unica, insieme a Pietro, re il salvabile in quell’esperimento nel quale continuava a ad aver proseguito gli studi oltre la scuola dell’obbligo. credere, Pietro conclude: Fa la spola tra Orgosolo e Cagliari dove frequenta la fa- “Per quanto riguarda i pastori sardi, ho ancora fiducia coltà di lettere. D’estate ha qualche volta lavorato come in loro come soggetti rivoluzionari, nonostante il consu- vigilatrice in una colonia marina per figli di emigrati; mismo sia penetrato anche da noi e l’avere la lavatrice in un’esperienza che ha trovato molto positiva “perché mi ha casa sia più importante che avere un libro, nonostante che permesso di conoscere direttamente i problemi dei nostri i mezzi d’informazione e tutto il resto ci bombardino emigrati”, mi scriveva. quotidianamente e tentino di imporci i loro pseudovalo- Per alcuni anni è dovuta andare a Roma molto spesso, ri. Ma come dimenticare la lotta contro le intemperie, il per assistere una sorellina ricoverata in un istituto per sor- freddo delle notti all’addiaccio, la solitudine delle monta- di dal quale recentemente fu dimessa con un diploma di gne, non certo frutto di libera scelta? E come dimentica- dattilografa. “Ora ha tentato due concorsi per un impiego re l’ansia causata dal fatto di non avere la terra quando gli - mi scrive Mariangela - ma ci sono poche speranze di vin-

213 cerli. Non c’erano che cinque e sedici posti, rispettiva- no e mi condusse a vedere la grande novità della quale mente per 568 e 1676 concorrenti. Non vede l’ora di ini- avevo il torto di non essermi accorta: un angolo del corti- ziare a lavorare perché qui s’annoia molto, mentre a Roma le era stato chiuso e vi era stato sistemato un gabinetto, il tempo le passava più in fretta, forse perché studiava”. con la tazza di maiolica e l’acqua corrente. A uno dei bambini del Diario di una maestrina è andata Quando scrivevo il Diario di una maestrina, c’era dentro fortunatamente molto meglio di quanto io non avessi po- di me, vivissima, un’altra storia che mi chiedeva di venir tuto prevedere: Antonio, quello che piangeva e s’addor- raccontata: era la storia di una bambina alla quale, come mentava sul banco e che i compagni avevano sopranno- a molti di quei ragazzi che l’adulta sviluppatasi da lei ave- minato “su carranzolu ’e bintichimbe litros”, ha frequen- va avuto per allievi, era stata usata violenza. tato a Trieste una scuola per cuochi e ora lavora in un al- Non la violenza della miseria, nel suo caso, ma la vio- bergo a Nuoro. Si è anche comprato l’automobile e va e lenza delle persecuzioni politiche di cui i suoi genitori viene tra il suo posto di lavoro e Orgosolo dove abita in- erano stati vittime e di cui lei aveva sofferto con la con- sieme alla madre ormai vecchissima. centrazione e la profondità di cui i bambini sono capaci. Di quelli che allora erano adulti molti sono emigrati, Se il fascismo fosse davvero rimasto sepolto sotto le ro- alcuni sono morti, come il padre di Don Coco, perito in vine di cui aveva coperto l’Italia e l’Europa, forse non sa- un incidente sul lavoro, e la madre adottiva di Luciana. rebbe valsa la pena di raccontare quella storia. Ma pur- Gli altri son sempre lì, col loro grosso carico di preoccu- troppo non fu così. Dopo essersi tenuti nascosti per qual- pazioni e di dolori ma anche pronti a riceverti col sorriso che tempo come scarafaggi colpiti dalla luce, i fascisti già sincero e il calore affettuoso dei fratelli. Alcuni hanno tro- cominciavano a uscire strisciando dai loro nascondigli. vato alloggio nelle case popolari di nuova costruzione, ma Prima come quasi patetici anche se repulsivi “nostalgici”, la maggior parte non ho difficoltà a ritrovarli nelle stan- poi sempre più impudenti e aggressivi. ze e nei cortili dove abitavano venti anni fa. La storia di quell’altra bambina sarda, con la sua espe- Neppure le strade e l’aspetto del paese sono cambiati. rienza di un’infanzia non consumata, di un’infanzia politica, Quando, durante una delle mie ultime visite, sostai in come qualcuno più tardi la definì, forse avrebbe potuto aiu- uno di quei cortili, tutto mi sembrava esattamente ugua- tare a ricordare o a capire quanta mediocrità e quanta cru- le a quando da giovane maestra andavo per ricevervi ami- deltà avessero albergato quelli che di nuovo si mostravano cizia e ospitalità. Anche i bambini che si affollavano in- in giro fingendosi vittime ed eroi. Forse le mie Piccole cro- torno al gruppo degli adulti mi parevano uguali a quelli nache potevano essere un contributo, anche se modesto, nel- che conobbi allora e che oggi non sono più bambini; ma l’opera di smascheramento che si era resa necessaria. fu proprio una ragazzina scalza e dalla testa arruffata di E oggi, a quindici anni dalla sua prima edizione, quale ricci castani che, quasi con impazienza, mi prese per ma- attualità può ancora avere questo libro?

214 215 La domanda è quasi retorica, e me ne scuso. Se la de- troppi, insopportabilmente troppi sono nel mondo di og- scrizione della situazione politica ed economica in Sarde- gi i bambini che, in modo più o meno drammatico, sen- gna poteva essere necessaria, non sarà certo necessario che tono riflessa anche nella propria personale esperienza, la io descriva agli Italiani la situazione politica in Italia. micidiale attualità di quella malattia politica che in Italia Tutti sappiamo fin troppo bene che, se quindici anni fa si chiamava e si chiama fascismo; altrove ha preso altri no- poteva ancora essere lecito considerare i fascisti nostrani mi ma la sua sostanza è la stessa. come dei tetri sopravvissuti, oggi non si può che pren- Scrivere di loro, ricordarli, mi pare un dovere. Ed è di derli terribilmente sul serio come strumenti di strage, di tutti loro, non solo di quella bambina sarda di oltre tren- persecuzione e di morte. ta anni fa, che io ho voluto parlare in questo mio libro. In Italia e in altre parti del mondo, fascismi vecchi e nuo- Carla, una bambina di tredici anni, figlia di emigrati vi hanno da allora quasi ininterrottamente conculcato i lo- sardi a Roma, mi scrive: ro oppositori e costretto fiumane di profughi (qualche vol- “Io nelle vacanze ho letto soprattutto la storia dello svi- ta chiamati “emigrati”) ad abbandonare le loro case e le lo- luppo della politica italiana dal ’19 al ’69. Nonostante la ro famiglie; bambini di ogni parte del mondo continuano malattia in casa sono attualmente impegnata nel ricerca- per ragioni politiche a perdere i loro genitori e a essere de- re la storia, gli uomini e le ideologie dei nostri partiti in rubati della propria infanzia. Parlamento. Sono euforica perché 1) nelle scuole italiane Anche in Spagna, sebbene ridotto ormai a una mummia s’impara anche a rubare ma la politica è quasi tabù, quin- meccanica, il vecchio dittatore contro il quale combatte- di è unico il caso di ricerche politiche, 2) la politica è do- va il padre di Marina Geremia, la bambina protagonista po la poesia la mia vera grande passione, 3) il lavoro è di- di Piccole cronache, continua e non vanamente a minaccia- viso tra me e Barbara, io ho scelto la parte più delicata e re di morte i suoi oppositori. complessa: DC e MSI. L’ho fatto perché voglio distrugge- Perché gli si oppone, in nome degli stessi ideali di fra- re agli occhi delle mie compagne la falsa patina di demo- tellanza umana e di libertà che avevano attirato sui prota- crazia di cui si veste il MSI. L’impresa però non si presen- gonisti di Piccole cronache le persecuzioni fasciste, in que- ta tanto facile perché la mia professoressa è un bel po’ rea- sto anno 1975, a Madrid, rischierà la vita davanti a un tri- zionaria, ma questo mi stimola oltremodo”. bunale falangista la dottoressa Eva Forest Sastre, attual- Una lettera che, pur nella sua ingenuità, dice cose mol- mente in prigione, incolpata di un delitto che i suoi stes- to serie e mi conferma nella convinzione che la ristampa si accusatori sanno non compiuto da lei. Come in certi ar- di queste mie due opere possa essere utile, e che vi sia una cinoti e tragici casi italiani di questi anni. stretta affinità fra i problemi e le esperienze che, sebbene Eva Forest Sastre ha dei figli, dei bambini come quelli da angoli diversi, entrambe descrivono. della famiglia Geremia di Piccole cronache. E veramente M. G.

216 217 INDICE

Diario di una maestrina

7 Una ragazza di buona famiglia 21 Noviziato vagante 29 La feccia di Oliena 43 Fonni: scolari all’aggiudu 69 Temi di componimento 91 Benpensanti a Bortigali 101 Orgosolo 127 Vecchi giocattoli e dieci lettini 151 Una madre, un padre, Don Coco 175 Questa è la mia gente

193 Prefazione all’edizione del 1975 211 Postilla all’edizione del 1975 Volumi pubblicati:

Tascabili . Narrativa Grazia Deledda, Chiaroscuro Grazia Deledda, Il fanciullo nascosto Grazia Deledda, Ferro e fuoco Francesco Masala, Quelli dalle labbra bianche Emilio Lussu, Il cinghiale del Diavolo (2a ristampa) Maria Giacobbe, Il mare (ristampa) Sergio Atzeni, Il quinto passo è l’addio Sergio Atzeni, Passavamo sulla terra leggeri Giulio Angioni, L’oro di Fraus Antonio Cossu, Il riscatto Bachisio Zizi, Greggi d’ira Ernst Jünger, Terra sarda Salvatore Niffoi, Il viaggio degli inganni (2a edizione) Luciano Marrocu, Fáulas (2a edizione) Gianluca Floris, I maestri cantori D.H. Lawrence, Mare e Sardegna Salvatore Niffoi, Il postino di Piracherfa Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò Giorgio Todde, Lo stato delle anime Francesco Masala, Il parroco di Arasolè Maria Giacobbe, Gli arcipelaghi (ristampa) Salvatore Niffoi, Cristolu Giulio Angioni, Millant’anni Luciano Marrocu, Debrà Libanòs Giorgio Todde, La matta bestialità Sergio Atzeni, Racconti con colonna sonora e altri «in giallo» Marcello Fois, Materiali Maria Giacobbe, Diario di una maestrina Francesco Abate, Il cattivo cronista Narrativa In coedizione con Edizioni Frassinelli Salvatore Cambosu, Lo sposo pentito Marcello Fois, Sempre caro Marcello Fois, Nulla (2a edizione) Marcello Fois, Sangue dal cielo Francesco Cucca, Muni rosa del Suf Giorgio Todde, Lo stato delle anime Paolo Maccioni, Insonnie newyorkesi Marcello Fois, L’altro mondo Bachisio Zizi, Lettere da Giorgio Todde, Paura e carne Maria Giacobbe, Maschere e angeli nudi: ritratto d’un’infanzia Giulio Angioni, Il gioco del mondo Aldo Tanchis, Pesi leggeri Maria Giacobbe, Scenari d’esilio. Quindici parabole

Poesia Giovanni Dettori, Amarante Sergio Atzeni, Due colori esistono al mondo. Il verde è il secondo Gigi Dessì, Il disegno Roberto Concu Serra, Esercizi di salvezza Serge Pey, Nierika o le memorie del quinto sole

Saggistica Bruno Rombi, Salvatore Cambosu, cantore solitario Giancarlo Porcu, La parola ritrovata. Poetica e linguaggio in Pascale Dessanai

FuoriCollana Salvatore Cambosu, I racconti Antonietta Ciusa Mascolo, Francesco Ciusa, mio padre Alberto Masala - Massimo Golfieri, Mediterranea

I Menhir Salvatore Cambosu, Miele amaro Antonio Pigliaru, Il banditismo in Sardegna. La vendetta barbaricina