La Copertina. Reinhold Messner
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DI REPUBBLICA laDOMENICA 31 AGOSTO 2014 NUMERO 495 domenica La copertina. Se l’arte va in tournée Straparlando. Ruggero Savinio: “Amo lo scuro” Cult La poesia del mondo. I cani di D’Annunzio Scala montagne da quando era bambino e adesso che sta per compiere settant’anni il grande alpinista torna sui suoi passi. E si racconta Messner Ora scendo ESTATE 1945, TORRI FERMEDA: LA SIGNORA MESSNER INSEGNA A SUO FIGLIO REINHOLD DI UN ANNO CAMMINARE/© ARCHIV GUIDO ANDRUETTO L’attualità. Io e Madiba REINHOLD MESSNER CASTEL FIRMIANO (BOLZANO) parla la segretaria RA CHE STO INVECCHIANDO, e dopo cinquant’anni di salite, mi (bianca) di Mandela ICORDO UN’ESCURSIONE nel bosco con i miei genitori. Io e Helmut, il mio sta bene andare anche un po’ in discesa. Con l’età l’unica Spettacoli. Io e Nemo, fratello maggiore. Fintanto che erano davanti a noi non avevo alcun cosa che aumenta è la ricerca di un po’ di comodità». Alla intervista a Mr. Pixar timore. Era tardi, e il tratto di bosco che mia madre aveva appena ere- vigilia dei suoi settant’anni, li compirà il prossimo 17 set- ditato, e che i miei volevano visitare per farsi un’idea, era ancora trop- tembre, Reinhold Messner non sembra affatto turbato dal- Next. Mai più senza, po lontano perché potessero raggiungerlo con noi bambini. Così ci la- «Ola prospettiva di invecchiare, sebbene la sua vita sia sempre stata consacrata al- le invenzioni Rsciarono ad aspettarli sotto un abete. Io e Helmut ci sedemmo l’uno accanto al- le sfide più avventurose e alle ascensioni più impegnative. tutte da inventare l’altro e osservammo papà scomparire nel nel bosco. Mamma gli era alle spalle. SEGUE CON UN’INTERVISTA NELLE PAGINE SUCCESSIVE SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE la Repubblica LA DOMENICA DOMENICA 31 AGOSTO 2014 32 La copertina. Reinhold Messner La paura? Un bosco di notte. Il dolore? Il Nanga Parbat. La gioia? Arrivare in cima Per il Re degli Ottomila l’ultima fatica è un’autobiografia lunga settant’anni <SEGUE DALLA COPERTINA GUIDO ANDRUETTO RIMO uomo al mondo a scalare tutti i quattordici Ottomila, e il pri- mo a salire sull’Everest in solitaria e senza ossigeno, l’alpinista sudtirolese, uno dei più grandi di tutti i tempi, ha realizzato tre- milacinquecento imprese di cui cento prime ascensioni, oltre ad avere attraversato a piedi il Tibet, l’Antartide, la Groenlandia e i deserti del Gobi e di Taklamakan. Ora, davanti a sé, vede il rifu- gio dei suoi settant’anni, un nuovo punto di arrivo che lo ha spro- nato a fare un bilancio della propria esistenza in un libro intitola- to La vita secondo me (Corbaccio): settanta capitoli, uno per cia- scun valore o sensazione che la montagna gli ha insegnato o tra- smesso. Ce ne parla dal suo Castel Firmiano, sopra Bolzano, dove nel cortile di uno dei sei musei dedicati alla montagna che com- pongono l’itinerario del Messner Mountain Museum, si è appena raccontato intorno al fuo- Pco in una bella serata. Sono in tanti a dirlo: lei settant’anni non li dimostra affatto. «E io dico che questi tanti si sbagliano. È da quando ho cinque anni che scalo montagne. I miei genitori mi hanno portato per la prima volta a fare un’ascensione che ero piccolissimo. Raggiungemmo la cima del Sass Rigais nelle Odle. E avevo cinque anni quando Bonatti, a di- ciannove, realizzava la sua ascensione dello sperone Walker alle Grandes Jorasses o della parete ovest dell’Aiguille Noire de Peuterey. Quello che voglio dire è che ho fatto tanto nel- la mia vita. I miei settant’anni me li sento tutti. La montagna è stata la mia seconda casa fin da quando ho imparato a stare in piedi. Non è stata la scuola o la chiesa a formarmi. I miei campanili sono state le torri di roccia e le cime delle montagne». ALBUM A proposito di Bonatti, qual è il segno più profondo che secondo lei ha lasciato? IN SENSO ORARIO: «La sua prima solitaria invernale lungo una via diretta, sulla parete nord del Cervino, ha I NOVE FRATELLI sancito la fine dell’alpinismo classico. Dopo il suo esempio la montagna ha rappresentato la MESSNER, possibilità di fare innumerevoli prime esperienze. E quelle esperienze hanno formato anche LUI È IL SECONDO il mio sapere. Oggi le trasmetto agli altri». DA DESTRA; Il suo ultimo museo sul Plan de Corones è un omaggio all’alpinismo tradizionale. DA RAGAZZO «Al mio, a quello di Bonatti, di Cassin. Sì, è un bagaglio di valori ed esperienze che si sta IN ARRAMPICATA; perdendo. Per questo ho ritenuto importante mettere in rilievo il potenziale dell’esperien- SUL CAMMELLO za dell’ultima realtà della natura e così custodire una parte della natura selvaggia della mon- COL FIGLIO SIMON; tagna. L’avventura in alta quota presuppone ancora uno spazio libero del pericolo». DURANTE UNA Dopo una vita tanto avventurosa ha davvero deciso di deporre le armi? SPEDIZIONE; «Sono salito fin dove mi è stato possibile. Più in alto e più lontano sinceramente non pote- CON BONATTI vo andare. Adesso non si tratta di non fare nulla perché ho già fatto tutto, ma di dare un sen- ALL’ERMITAGE so nuovo alla mia vita nella vecchiaia». © RIPRODUZIONE RISERVATA DI COURMAYEUR Più su non potevo <SEGUE DALLA COPERTINA gli altri, il senso d’orientamento ci manca: o contro di me. E anche a trovare una strada Cominciai con la ricerca del corpo di mio REINHOLD MESSNER meglio, ho cominciato a fare attenzione mil- per il futuro. I miei genitori, i miei fratelli e i fratello e con la salita di altri ottomila. En- le volte a quello che non conoscevo, dopo che miei amici volevano che io abbandonassi trambe le cose mi valsero un mare di criti- ENTREi loro passi si perdevano una volta ho commesso l’errore madornale l’alpinismo; il capo spedizione aveva profe- che. Poiché a molti sedicenti idealisti non in lontananza, calò il buio in- di non tenere conto di un pericolo. Quando tizzato già in Pakistan che a causa dell’assi- piacque che una persona gravata dalla re- torno a noi. Non era ancora siamo in azione, noi uomini non parliamo deramento non avrei più potuto arrampica- sponsabilità per il proprio fratello conti- notte, ma quella luce velata quasi per niente. Solo dopo, quando il peri- re; qualche “amico” si allontanò da me. Quel nuasse a dedicarsi alle sue passioni. rendeva il mondo che ci cir- colo è passato, ci torna la parlantina — come periodo di crisi mi ha insegnato che il carat- Intraprendemmo in due una spedizione Mcondava più angusto, misterioso e pericolo- una sorta di rinascita. È sciocco colui che nel tere di un uomo viene fuori più chiaramente nella valle del Diamir. Con una Jeep scen- so a un tempo: ogni scricchiolio, ogni stridio bosco non fa attenzione alle tracce. Coloro quando chi ti sta di fronte è al tappeto. demmo lungo il fiume da Gilgit attraverso la delle ghiandaie sui cembri, persino il bruli- che non si fidano dei segni cui non sono in Solo nel novembre nel 1971, quando tor- valle dell’Indo fino a Gonar. Da lì prose- chio delle formiche ci induceva a stringerci grado di dare una spiegazione naturale non nai sul Nanga Parbat per cercare mio fratel- guimmo a piedi. Durante il pomeriggio, con sempre più l’uno all’altro. Aspettammo. Il sono fifoni, bensì persone esperte. Dunque lo, fui consapevole che avrei cominciato una quattro giovani indigeni attraversammo la tempo sembrava non passare mai, e quando la mia paura, un tipo di “paranoia costrutti- nuova vita. Con una donna forte al mio fian- deserta valle Bunar. A sera giungemmo in si fece notte, i pericoli sembrarono ancora va”, non era stata altro che la reazione natu- co — Uschi Demeter — riuscii a vivere sen- un piccolo villaggio all’inizio della valle del più imminenti. La paura cresceva. Quel che rale di un bambino prudente. Se non l’aves- za rimuovere la responsabilità di avere per- Diamir: con i suoi alberi di albicocco ricoper- di giorno aveva soddisfatto la nostra curio- si sviluppata presto, non sarei sopravvissu- so mio fratello e concedendomi di provare ti delle autunnali foglie ingiallite e i campi di sità — il vento tra gli alberi sotto la cui chio- to. Sono rimasto colpito dalla grande pru- dolore quando mi ritrovavo lì dove avevamo grano maturi appariva come un’oasi dorata ma ci eravamo seduti, le corse nel bosco, uno denza di molti alpinisti. Questo fatto non de- condiviso le nostre grandi avventure. Quan- in quel deserto di pietra color ruggine. Sotto scoiattolo — cedeva man mano il posto a un ve però far pensare che le persone previden- do ci ritrovammo a passeggiare tra i ban- di noi, gorgogliava un fiume glaciale. Sul ver- prepotente senso di impazienza. Come se ti si blocchino di fronte all’azione. Chi ci chetti del Rajah Bazaar di Gilgit, quella pic- sante destro della gola, roccioso, un ripido dentro di noi vivessero due entità: una che si pensa due volte prima di osare, non può fare cola città nel nord del Pakistan mi incantò sentiero saliva costantemente superando IL LIBRO svegliava di notte e una che viveva di giorno. esperienza. Ci sono uomini d’avventura pru- con la stessa magia che aveva incantato me lastroni di roccia e costeggiando precipizi. “LA VITA SECONDO Che fosse capitato qualcosa ai nostri genito- denti e meno prudenti. L’uomo prudente e Günther quando l’avevamo visitata prima Nel tardo pomeriggio giungemmo a Djel, un ME” DI REINHOLD ri? Ma allora perché non tornavano? Sarem- soppesa tutti i rischi e agisce di conseguen- dell’ascensione del Nanga Parbat.