SALA 1 - Regione Prelle

L'ARGILLA DI RONCO

L'ARGILLA Una delle ragioni della fama delle stoviglie ronchesi era dovuta alla qualità dell'argilla che le rendeva resistenti al fuoco e "non comunicava alle vivande alcun cattivo odore". L'argilla, o meglio le argille di Ronco, "stimate fra le migliori d'Italia", sono il prodotto di depositi di limi eolici (loess) e dell'alterazione di rocce; le terre impiegate dagli artigiani locali erano di tre specie: una di colore biancastro, una di colore bianco-grigio e un'altra bianco-giallastra. La prima veniva impiegata per fare il "bianchetto", il rivestimento chiaro di alcune tipologie di stoviglie; la seconda, corrispondente ai limi eolici e contenente un'alta percentuale di silice e allumina, per le sue elevate proprietà plastiche era ritenuta particolarmente pregiata; la terza, costituita da minerali argillosi, data l'alta percentuale di ossido di ferro, sotto l'azione del calore si tingeva di un bel colore rosso. I giacimenti più ricchi di argilla sono localizzati in regione Prelle, nella fascia intermedia che congiunge l'area collinare di Ronco con l'altopiano che si estende verso (Valsera) e .

LA CAVA E LA TECNICA DI ESTRAZIONE Individuato il filone di argilla, si asportava il materiale scavando nel terreno trincee e buche, collegate da gallerie, che potevano raggiungere profondità tra gli otto e i dieci metri. Servendosi di una zappetta, di una cesta con rami di salice e di un verricello azionato manualmente, la terra veniva portata in superficie e ammucchiata; successivamente, trasportata con la gerla o con un carretto ribaltabile chiamato "tumbarel" , veniva consegnata ai laboratori artigianali.

SALA 2 - Frazione Cantone

L'IMPIANTO PRODUTTIVO

L'IMPIANTO PRODUTTIVO, OVVERO LA CASCINA LABORATORIO L'artigianato della terracotta era un'industria profondamente radicata nell'ambiente naturale, ambiente dal quale prelevava non solo la materia prima, l'argilla plastica, ma anche l'acqua, necessaria al trattamento di depurazione e manipolazione della terra e buona parte del combustibile costituito principalmente da legna di castagno. Generalmente lo stovigliaio era anche agricoltore e conciliava, sfruttando i tempi morti dei cicli stagionali dei lavori in campagna, i due mestieri. Anche a Ronco, paese ad economia prevaletemente rurale, la cascina era l'abitazione tipica. L'edificio presentava quali elementi caratterizzanti: tre piani fuori terra, le murature in mattoni e pietre, la copertura in coppi, la facciata rivolta verso il cortile in terra battuta, la travatura in legno (prevalentemente di castagno) e il piano della lobia e del ballatoio che correva lungo la facciata; al piano terra si trovavano: la cucina, la cantina, la stalla e il laboratorio artigianale; al secondo piano le camere da letto e il magazzino delle terraglie; nell'ultimo piano, nel sottotetto ben areato, vi era il deposito dei prodotti della campagna. L'orientazione a sud,sud-est dei fabbricati rispondeva all'esigenza di poter usufruire della migliore insolazione, necessaria all'essiccazione delle terraglie. Completavano l'attrezzatura tecnica della cascina-laboratorio il porcile chiuso, l'orto, il giardino, la macina da piombo e le tettoie ausiliarie alle lavorazioni artigiane: quella che riparava la batteria delle fornaci e quelle che fungevano da legnaia, da rimessa per gli attrezzi agricoli e da deposito dell'argilla grezza. In Cantùn (frazione Cantone) e nella frazione San Grato, le botteghe di più antica tradizione furono quelle dei Gaja, dei Debernardi e dei Caucino.

SALA 3 - Frazione Ceresa

IL LABORATORIO ARTIGIANALE E LA FOGGIATURA

IL LABORATORIO ARTIGIANALE Il laboratorio nel quale l'artigiano lavora, coordinando l'attività con i cicli dei lavori agricoli, con le condizioni atmosferiche e sviluppando il massimo sforzo produttivo tra marzo e settembre, è un locale di modeste dimensioni, a pianta rettangolare, illuminato da due finestre. L'ingresso dà sul cortile per una porta di legno. Lo schema tecnico operativo del laboratorio è molto semplice. Il locale è organizzato razionalmente in due sezioni comunicanti: nella prima, dove viene eseguita la foggiatura del pezzo, sono collocati i torni, la buca con l'argilla trattata, l'impastatrice a rulli e gli attrezzi dello stovigliaio; nella seconda, che funge da temporaneo deposito, sono inserite nelle pareti perimetrali delle mensole sulle quali vengono appoggiate le assi con i pezzi appena torniti, prima del loro trasferimento all'esterno per la fase di essiccazione all'aria.

LE FASI DEL CICLO PRODUTTIVO DELLA TERRACOTTA estrazione dell'argilla stagionatura depurazione/manipolazione trafilatura foggiatura o tornitura essiccazione prima cottura verniciatura seconda cottura raffreddamento prodotto finito

IL TORNIO E LA TECNICA DI FOGGIATURA Il tipo di tornio utilizzato dagli stovigliai ronchesi è quello denominato "tornio veloce" o "tornio a pedale": si tratta di una macchina composta di due ruote di circonferenza diversa distanziate e collegate da un'asta di ferro. La ruota in basso, spinta dall'artigiano con il piede, imprime il movimento e funge da volano alla ruota più piccola posta in alto, ove è collocata l'argilla da foggiare. La foggiatura al tornio veloce avviene sfruttando la velocità di rotazione che il trasmette all'impasto e l'abilità delle dita dell'operatore che "alzano" e sagomano l'argilla plastica sino a quando questa assume la forma voluta. Nella frazione Ceresa i laboratori di più antica tradizione furono quelli dei Penna e dei Rey.

SALA 4 - Frazione Riviera

LA FORNACE

LA FORNACE L'atelier dello stovigliaio ronchese disponeva in genere di una batteria di quattro fornaci: tre adibite alla cottura dei prodotti (una fornace "grande", una "media", una "piccola") e una, di dimensioni ridotte, destinata alla calcinazione del piombo, il cosiddetto furnët dal piumb. La fornace ronchese appartiene alla tipologia delle fornaci verticali a pianta rettangolare, in mattoni; in questa struttura, nella quale le camere di combustione e di cottura sono separate da un setto forato di materiale refrattario denominato suola, i prodotti sono lambiti dalle fiamme; il tiraggio, nella camera di cottura priva di camino, è assicurato da apposite aperture praticate alle pareti, aperture che hanno anche la funzione di spioncini attraverso i quali l'artigiano può controllare le temperatura e ricavarne quegli indizi che gli consentono di valutare e governare l'intensità della combustione e la durata del trattamento di cottura del vasellame. Le fornaci divoravano una enorme quantità di legna ed era pertanto necessario, per l'economicità dell'operazione, sfruttare al massimo la capacità della camera di cottura. Per questo bisognava saperla caricare ad arte. Cominciando dalla parete di fondo, si disponevano i pezzi allineandoli in file intercalate da tegole che ne impedivano il contatto e si distanziava ciascun pezzo da quello soprastante mediante appositi spessori di argilla. La pila era innalzata sino all'inizio della volta curva; così procedendo e avendo cura di non occludere i fori praticati nel setto, per dare libero sfogo a fiamma e calore si realizzava, collocando negli spazi utili rimasti, eventuali pezzi di piccolo ingombro, il completo riempimento della camera di cottura. Nelle frazioni Riviera e Riviera inferiore i laboratori di più antica tradizione furono quelli dei Lanza, dei Martignone, dei Cantono e dei Moglia.

SALA 5 - Frazione Regis

LA PRODUZIONE

LA PRODUZIONE Alla fine dell'Ottocento, quando l'attività artigianale aveva raggiunto uno dei livelli più alti di sviluppo con 35 laboratori in attività, la produzione annua stimata ammontava a circa due milioni di pezzi. La capacità produttiva di una ditta con circa quattro operai raggiungeva mediamente le otto grosse. La grossa era la misura con la quale gli stovigliai di Ronco calcolavano e confezionavano i pezzi prodotti. Ovviamente la grossa variava nel numero dei pezzi in ragione delle dimensioni del pezzo; vi erano, di conseguenza, grosse da 12, 24, 36, 48 e perfino di 72 pezzi nel caso, ad esempio, dei foiòt, i tipici tegamini di terra rossa con manico cilindrico cavo. La gamma dei prodotti era molto ampia: in genere il campionario tradizionale può essere suddiviso, in relazione al ciclo di lavorazione, in due distinte linee di prodotti: le ceramiche prive di rivestimento, più economiche in quanto sottoposte ad un solo trattamento di cottura, e quelle invetriate, decorate e colorate. Un'altra distinzione è da farsi tra ceramiche da fuoco e ceramiche non da fuoco, riconducendo i tipi prodotti nei laboratori ronchesi alla loro funzione pratica, i tipi più tradizionali e diffusi rispondenti alle necessità quotidiane comprendevano recipienti e oggetti per: la preparazione degli alimenti; la cottura degli alimenti; il servizio e la consumazione degli alimenti; la conservazione e il trasporto degli alimenti; l'igiene; usi domestici diversi; usi agricoli; l'edilizia. Nella frazione Regis i laboratori di più antica tradizione furono quelli dei Cantono e dei Caucino.

SALA 6 - Frazione Cavaletto

IL COMMERCIO

IL COMMERCIO L'eccezionale qualità della materia prima che li rendeva particolarmente resistenti al fuoco e il prezzo "fenomenalmente basso" assicurarono per secoli ai prodotti dell'artigianato ronchese uno straordinario successo commerciale. In particolare le stoviglie di terra rossa, comunemente note col nome di bielline, erano richieste, oltre che sui mercati locali, anche su quelli delle limitrofe province di Novara, Vercelli e Torino e raggiungevano anche i centri della Lombardia, del Veneto, della Liguria, del Lazio e dei più vicini cantoni svizzeri. Il trasporto ai mercati di sbocco era effettuato nel lontano passato a dorso di mulo dai venditori ambulanti del Mortigliengo, successivamente coi carri dei corrieri di Ronco e di e infine, dalla seconda metà dell'Ottocento, per le partite più ingenti e per i clienti più distanti, su ferrovia, dalla stazione di Biella. Importanti ai fini dello smercio della produzione erano le fiere e i mercati della provincia, ove gli artigiani si improvvisavano commercianti al minuto e trattavano direttamente con il pubblico la vendita degli oggetti esposti su bancarelle. Di grande rilevanza la fiera di San Giacomo, che si svolgeva a il 25 luglio e quella di San Bartolomeo, che aveva luogo a Biella il 24 agosto; era consuetudine in queste occasioni regalare ai bambini giocattoli e fischietti di terracotta. Nel Cantone Cavaletto e nella frazione Chiesa i laboratori di più antica tradizione furono quelli dei Penna e dei Gagliazzo.

SALA 7 - Frazione Gagliazzo

L'INDOTTO: LA MACINA DA PIOMBO, I TRASPORTI

L'INDOTTO: IL MULINO E IL FORNO DA PIOMBO, I TRASPORTI L'industria artigianale delle terraglie aveva come corollario numerosi mestieri e piccole imprese di servizi intermedi. Ruoli complementari ed essenziali avevano i mastri da muro specialisti nella costruzione e manutenzione delle fornaci, i fornitori di manganese, di rottami di piombo e di rame. I cavallanti e i corrieri che rifornivano le aziende di legna da ardere e trasferivano ai mercati e alla stazione di Biella la produzione dei laboratori contribuivano con i loro servizi al risultato finale delle aziende artigiane e rappresentavano una voce significativa nell'economia della comunità. Una funzione importante ebbero per un lungo periodo i mulini da piombo e a minerale che operavano in Ronco e che rifornivano gli stovigliai di litargirio (ossido di piombo) e di manganese triturato. E' documentata la presenza di una "pesta" azionata dall'acqua del Riale con annesso forno da litargirio di proprietà della famiglia Uglione, e di un mulino a palmenti azionato da un mulo bendato del Péru D'Alessio, in cantone Gagliazzo.