PIANO DI SVILUPPO STRATEGICO

ZONA ECONOMICA SPECIALE DELLA

PREMESSA

Il presente Piano di sviluppo strategico è stato elaborato in attuazione dell'articolo 4 del d.l. 20 giugno 2017, n. 91 "Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno" che individua la disciplina generale in materia di ZES (zone economiche speciali). Ai sensi di quanto stabilito dal comma 2 del medesimo articolo, la ZES è "una zona geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentino un nesso economico funzionale, e che comprenda almeno un'area portuale con le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) n. 1315 dell'11 dicembre 2013". Nell'ambito delle ZES, allo scopo di favorire la creazione di condizioni favorevoli allo sviluppo del tessuto produttivo, le aziende insediate possono beneficiare di specifici interventi e di condizioni favorevoli in termini doganali, fiscali, finanziari e amministrativi volti a promuovere lo sviluppo delle attività già presenti nell'area e ad attrarre l'insediamento di nuove imprese e nuovi investimenti. È prevista, infatti, l'applicazione di benefici fiscali e di semplificazioni rivolte al sistema produttivo e logistico territoriale, la cui disciplina generale è dettata all'articolo 5 del medesimo decreto. Le predette aree sono istituite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla base di una proposta formulata dalle Regioni interessate, corredata da un piano di sviluppo strategico. Le modalità di istituzione delle aree, la durata, i criteri generali per la loro identificazione e delimitazione, nonché l'accesso e la tipologia di benefici previsti e il contenuto del piano di sviluppo strategico sono stati definiti dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 12 del 25 gennaio 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2018. In particolare, l’articolo 6 del DPCM, rubricato “Requisiti delle proposte e Piano di sviluppo”, individua specificamente i contenuti minimi del Piano. L’articolo 7, rubricato “Istituzione della ZES", dispone che la durata della ZES non possa essere inferiore a sette anni e superiore a quattordici, prorogabile sino ad un massimo di ulteriori sette anni, su richiesta delle regioni interessate.

Il seguente Piano di sviluppo strategico, formulato dalla Regione Campania ai fini della costituzione della ZES, si inscrive all'interno delle strategie definite dalla Giunta regionale con la delibera n. 720 del 13 dicembre del 2016 ed è in linea con il Patto per lo sviluppo della Campania,

2 sottoscritto dal Presidente del Consiglio dei Ministri e il Presidente della Giunta regionale e ratificato con delibera n. 173 del 26 aprile 2016.

Ai fini di una più agevole consultazione, sono di seguito analiticamente indicate le specifiche articolazioni del presente Piano che recano il puntuale riscontro agli elementi minimi di cui all’articolo 6 del DPCM. Articolo 6 DPCM Riferimenti nel Piano di Sviluppo Strategico a) la documentazione di identificazione delle aree Cap. 3 La geografia della ZES individuate con l’indicazione delle porzioni di Campania pagina ____ e Allegato 1 territorio interessate con evidenziazione di quelle ricadenti nell’Area portuale; b) l’elenco delle infrastrutture già esistenti, nonché delle Cap. 4 Le infrastrutture di infrastrutture di collegamento tra aree non collegamento pagina ___ e Allegato territorialmente adiacenti, nel territorio di cui alla 1 lettera a); c) un’analisi dell’impatto sociale ed economico atteso Cap. 8 Analisi dell’impatto sociale ed dall’istituzione della ZES; economico atteso dalla istituzione della ZES pagina ___ d) una relazione illustrativa del Piano di sviluppo Cap. 5 Gli elementi caratterizzanti la strategico, corredata di dati ed elementi che ZES pagina ___ identificano le tipologie di attività che si intendono promuovere all’interno della ZES, le attività di specializzazione territoriale che si intendono rafforzare, e che dimostrano la sussistenza di un nesso economico-funzionale con l’Area portuale o con i porti di cui al comma 2, dell’articolo 3, nel caso la ZES ricomprenda più aree non adiacenti. Le aree non contigue devono comunque essere collegate alle aree portuali da infrastrutture adeguate alla realizzazione del Piano di sviluppo strategico; e) l’individuazione delle semplificazioni amministrative, Cap. 6 Le semplificazioni di propria competenza, per la realizzazione degli burocratiche e amministrative investimenti che la Regione si impegna ad adottare pagina ___ per le iniziative imprenditoriali localizzate nella ZES; f) l’indicazione degli eventuali pareri, intese, concerti, Cap. 9 I soggetti pubblici e privati nulla osta o altri atti di assenso, comunque coinvolti pagina ___ denominati, già rilasciati dagli enti locali e da tutti gli enti interessati con riguardo alle attività funzionali del piano strategico; g) l’indicazione delle agevolazioni ed incentivazioni, Cap. 7 Le agevolazioni finanziarie e senza oneri a carico della finanza statale, che possono fiscali pagina ___ essere concesse dalla Regione, nei limiti dell’intensità massima di aiuti e con le modalità previste dalla legge;

3 h) l’elenco dei soggetti pubblici e privati consultati per la Cap. 9 I soggetti pubblici e privati predisposizione del Piano, nonché le modalità di coinvolti pagina ___ consultazione adottate e gli esiti delle stesse; i) il nominativo del rappresentante della Regione o delle Cap. 10 Modalità e strumenti di Regioni, in caso di ZES interregionale, nel Comitato di governance della ZES pagina ___ indirizzo; l) le modalità con cui le strutture amministrative delle Cap. 10 Modalità e strumenti di Regioni e degli enti locali interessati, nel rispetto dei governance della ZES pagina ___ rispettivi ordinamenti, assicurano, anche attraverso propri uffici e personale, nonché attraverso accordi con le amministrazioni centrali dello Stato e convenzioni con organismi, ovvero strutture nazionali a totale partecipazione pubblica, l’espletamento delle funzioni amministrative e di gestione degli interventi di competenza regionale previsti nella ZES; m) l’individuazione, per esigenze di sicurezza portuale e Cap. 3 La geografia della ZES di navigazione, delle aree escluse. Campania pagina ____

La Regione si propone di effettuare, entro un anno dalla istituzione della ZES, un’autonoma verifica sullo stato di avanzamento delle attività e di attuazione degli interventi, anche in relazione ai territori ricompresi nella ZES, volta, tra l’altro, ad individuare eventuali aggiornamenti del Piano necessari per il raggiungimento dei risultati attesi. Tale verifica è trasmessa all’Agenzia per la Coesione territoriale a supporto delle valutazioni di cui all’art. 9 del DPCM.

4 1 – Il contesto di riferimento

1.1 Lo scenario socio - economico regionale

L’uscita dalla crisi, e l’entrata in una fase di ripresa economica, ha avuto tempi e modi diversi nelle regioni italiane. Già nel 2014 si erano manifestati i primi segnali dell’esaurimento della lunga fase recessiva, percepibili tuttavia solo in alcune regioni del Nord-Est e del Centro. Nel 2015 la ripresa economica si è propagata, sebbene con lentezza, in quasi tutte le regioni italiane, e segnatamente ha coinvolto anche quelle del Mezzogiorno. Il risultato economico nel 2016 conferma che la recessione è ormai alle spalle nella maggior parte delle economie locali regionali: il prodotto accelera in dieci delle venti regioni italiane, cresce con ritmi più contenuti in sei, mentre si riduce nelle restanti quattro. Nel Mezzogiorno l’inversione del ciclo economico mostra caratteri più marcati e un maggior grado di diffusione. L’area segna dunque un deciso cambio di passo che potrebbe portare rapidamente al recupero della produzione dopo un settennio di ininterrotta riduzione del livello del prodotto. Delle regioni meridionali, solo Abruzzo e Puglia avevano mostrato, analogamente alla maggior parte delle regioni centro-settentrionali, tra il 2010 ed il 2011, un incremento di ripresa dopo il biennio 2008-2009 di forte recessione. La Campania è la regione italiana, e non solo meridionale, che ha registrato nel 2016 il più alto indice di sviluppo. La crescita del 3,2% del Prodotto interno lordo, secondo i dati ISTAT, giunge al termine di un biennio, dal 2015 al 2016, tutto all’insegna di dati positivi. In Campania un ruolo trainante l’ha svolto l’industria, grazie anche alla diffusione di Contratti di Sviluppo, del Credito d’imposta e delle altre misure a favore delle PMI campane, ma ha potuto altresì beneficiare del rafforzamento del terziario nell’ultimo anno, frutto prevalentemente del positivo andamento del turismo. Non di meno alla Regione hanno giovato le misure di semplificazione amministrativa che hanno incoraggiato un netto miglioramento nei rapporti tra Amministrazione e sistema delle imprese, creando un clima favorevole allo sviluppo delle attività economiche. Del resto, un’amministrazione efficiente, efficace e trasparente, è l’ingrediente per assicurare quei guadagni di competitività necessari a riavviare il sistema economico su di uno stabile e robusto sentiero di sviluppo. In un sistema economico mondiale globalizzato i livelli di efficienza della Pubblica Amministrazione non possono essere distanti da quelli dei sistemi economici concorrenti. Il loro gap si misura in minore crescita e minore occupazione. Nel corso di un biennio circa l’indice di qualità della Pubblica Amministrazione in Campania - in una scala compresa tra 0 (mancanza di efficienza)

5 e 1 (piena efficienza) - è passato da 0,38 a 0,54 portandosi a ridosso delle regioni del Centro-Nord con buona qualità amministrativa. La crescita dell’economia campana si irrobustisce, assumendo i caratteri propri di una ripresa strutturale dello sviluppo in una fase in cui nuove catene del valore stanno ridisegnando la geografia economica mondiale e il Mediterraneo - nel quale la regione occupa una posizione centrale - si va affermando come il luogo privilegiato dei flussi mercantili mondiali. Il recupero dei tredici punti percentuali di prodotto persi nei sette anni di recessione non passa necessariamente per la ricostituzione della struttura economica preesistente, quanto per l’inserimento dell’economia regionale all’interno delle nuove reti dei flussi di scambi internazionali. Tale strategia è resa possibile dai cambiamenti in atto negli scenari geopolitici mondiali. Il risveglio dei settori manifatturieri campani e segnatamente di quelli legati all’ICT, alla meccanica, ma anche di quelli caratterizzanti il made in come il tessile e il mobilio - in genere, di quelli delle 4A - è nel solco di questa strategia e la scelta di costituire una Zona Economica Speciale rappresenta lo strumento per raccordare le attività produttive del territorio con il mercato mondiale, sfruttando l’evoluzione delle attività industriali verso i processi della logistica economica. Nel 2016, nella regione risiedono 5.839.084 abitanti, il 9,7% del totale nazionale e la popolazione occupata in attività produttive è il 41,2% della popolazione attiva a fronte del 57,2% nazionale. Il Prodotto interno lordo della regione è di 104.427 milioni di euro, pari al 6,2 % nazionale, un livello di un terzo inferiore al peso demografico della regione. Questo deficit va ricercato nella cronica insufficiente dotazione di capitale sociale produttivo, che non consente una accettabile allocazione della domanda di lavoro (il 20,4% della popolazione attiva è disoccupata rispetto all’11,7% nazionale e all’8,4% del Centro-Nord), cui si aggiunge una minore produttività di sistema; pertanto il livello di ricchezza prodotta imputabile a ciascun residente nella regione risulta di 17.866 euro, il 64,8% di quello medio nazionale. Tale ritardo accomuna le tre più grandi regioni del Sud: Campania, Puglia e Sicilia. È questo il retaggio di una lunga stagione di interventi la cui intensità ed estensione ha consentito alla regione e al Sud, nel suo complesso, solo di camminare con il resto del Paese, ma non di correre per superare i propri ritardi strutturali. La nuova stagione di politiche per la crescita della Regione ha dato il via ad una lunga corsa che ha come traguardo il superamento del ritardo di sviluppo. I segnali incoraggianti ci sono: del resto, una ripresa strutturale che si va consolidando, come vedremo, anche nel corso del 2017, nei settori suscettibili di recepire in modo profittevole azioni di stimolo come la costituzione della ZES, il raccordo di natura sistemica tra economia del

6 territorio ed economia del mare, insopportabilmente a lungo trascurata nelle strategie di sviluppo dei decenni trascorsi, possono costituire il propellente di questa strategia di intervento. Di seguito si danno alcuni significativi cenni sullo sviluppo dell’economia della Campania negli ultimi due decenni, teatro dei profondi cambiamenti strutturali nell’ambito di una crescente integrazione economica internazionale (Tab. 1.1, Fig. 1.1 e 1.2). Dopo la fase recessiva dei primi anni ’90, conseguenza del contenimento della spesa pubblica imposto dal processo di convergenza europeo e dal venir meno dell’intervento straordinario, la Campania aggancia il ciclo di ripresa che dura dal 1995 al 2000, con una crescita, favorita anche dal ripartire delle politiche regionali, che supera nel quinquennio quella del resto del Paese. Il successivo periodo 2001-2007 inizia con l’entrata dell’Italia nell’Euro e culmina con la più grande recessione dell’economia italiana (e mondiale). La regione, come, del resto, l’Italia intera, in questo periodo soffre un forte problema di stagnazione della crescita. Dal 2008-2009 si afferma una lunga fase recessiva, forse la più lunga dall’epoca contemporanea. La Campania risente della recessione anche in maggior misura che il resto del Mezzogiorno. Il PIL si riduce di 15 punti percentuali e l’occupazione di 10 punti; la produttività diminuisce di circa quattro punti percentuali. Ad ogni modo, se vista nell’arco del ventennio, la dinamica della produttività in Campania si mantiene decisamente superiore a quella rilevata per il resto del Paese, un risultato che rivela una tendenza del sistema economico regionale ad un più intenso processo di ristrutturazione, in grado di produrre, nella fase di ripresa, una più rapida capacità di risposta all’avvio dell’inversione ciclica, come si è avuto dianzi modo di illustrare. Il lungo periodo di recessione ha agito in profondità nel tessuto produttivo della regione intaccando il sistema manifatturiero più degli altri settori produttivi; il tasso di industrializzazione si riduce da 52 addetti industriali ogni mille abitanti nel 2008 a poco più di 40 nel 2016. Il processo di deindustrializzazione accomuna tutte le regioni italiane e la Campania, che conserva tra le regioni più grandi del Sud una posizione di rilievo, nell’ultimo biennio mostra inequivocabili segni di ripresa. Infatti, tra il 2008 e il 2014 il prodotto industriale della Campania si riduce del 31,7%, in linea con la media del Mezzogiorno con una diminuzione più che doppia del Centro-Nord (-12,8%), ma nel biennio 2015-2016 l’industria in Campania recupera quasi sei punti percentuali contro i tre nel Centro-Nord e i due nel Sud. Il settore delle costruzioni ha subìto anche con maggiore intensità dell’industria in senso stretto gli effetti di un’economia in recessione, riducendo del 38,2% il livello di prodotto tra il 2007 ed il 2014 contro il 36,6% del Mezzogiorno e il 30,3% del Centro-Nord; nel biennio 2015-2016

7 recupera in Campania quasi quattro punti percentuali rispetto ai quasi cinque del Mezzogiorno e ad un ulteriore calo nel Centro-Nord di 3 punti percentuali.

Tab. 1.1. PIL, occupazione e produttività, variazioni % (calcolate su valori concatenati - rif. 2010) Regioni e 1995 -2000 2001 - 2008 - 2015 2016 2008 - 2001 - 1995 - ripartizioni 2007 2014 2016 2016 2016

Variazioni medie annue Variazioni cumulate PIL CAMPANIA 2,1 0,8 -2,3 0,2 2,4 -13,0 -8,2 1,8

Centro-Nord 2,0 1,3 -1,1 0,7 0,8 -5,8 3,4 14,1 Mezzogiorno 2,0 0,6 -2,0 1,1 1,0 -11,3 -7,2 2,5 Italia 2,0 1,2 -1,3 0,8 0,9 -7,1 0,8 11,3

Occupati CAMPANIA 0,7 0,5 -1,5 0,8 3,3 -6,5 -3,2 0,1

Centro-Nord 1,2 1,5 -0,3 0,3 1,2 -0,6 10,3 16,9 Mezzogiorno 0,6 1,0 -1,2 1,6 1,5 -5,1 1,8 4,8 Italia 1,0 1,4 -0,5 0,7 1,3 -1,9 7,8 13,3

Produttività (valore aggiunto per occupato) CAMPANIA 1,4 0,2 -0,7 -0,7 -1,0 -6,4 -4,8 1,8

Centro-Nord 0,7 -0,2 -0,6 0,2 -0,6 -4,6 -5,8 -2,2 Mezzogiorno 1,4 -0,4 -0,7 -0,5 -0,7 -6,0 -8,5 -2,1 Italia 0,9 -0,2 -0,6 0,0 -0,6 -4,7 -6,0 -1,6

Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT

Fig. 1.1 Prodotto interno lordo (numeri indice 1995=100) 125,0

120,0

115,0

110,0

105,0

100,0

95,0

Campania CENTRO - NORD MEZZOGIORNO

8

Fig. 1.2. Produttività del sistema economico campano (numeri indice 1995=100)

109,0 108,0 107,0 106,0 105,0 104,0 103,0 102,0 101,0 100,0 99,0 98,0 97,0 96,0

Campania CENTRO - NORD MEZZOGIORNO

I settori terziari crescono nel lungo periodo perché l’economia richiede sempre maggiori servizi incorporati o scorporati dai prodotti industriali. Le dinamiche settoriali continuano ad essere caratterizzate da un processo di terziarizzazione dell’economia, che coinvolge tutti i settori e anche direttamente i consumatori. Questo rende parzialmente indipendente dal ciclo l’andamento del prodotto terziario. Se si esaminano gli ultimi quindici anni (periodo 2001-2016) i settori dei servizi sono stati il comparto trainante delle economie delle regioni centro settentrionali con un +8%, ma non in quelle del Mezzogiorno (-0,3%) e ancor meno in Campania (-2,2%). La divergenza nei comportamenti appare più evidente nella fase recessiva nel corso della quale i settori terziari perdono in Campania quasi un decimo del prodotto contro il -6,5% del Mezzogiorno e il -2,4% del Centro-Nord. Non si può trascurare comunque una più marcata reattività del terziario in Campania che - nel solo 2016 - recupera oltre due punti percentuali contro i 0,8 del Sud e i 0,6 del Nord. Il processo di accumulazione ha scandito i cicli economici che si sono succeduti dall’inizio del nuovo secolo. Gli investimenti fissi lordi hanno sostenuto la crescita del PIL campano nel periodo 2001-2007, aumentando del 2,15% in media all’anno, grazie soprattutto ai settori terziari, delle costruzioni e dell’agricoltura (tab. 1.2). L’industria manifatturiera invece ha mostrato evidenti segni di difficoltà, registrando con un calo dello 0,67% all’anno, anche se leggermente meno grave di quello del Mezzogiorno, ma a fronte di uno sviluppo del 2,23% nel Centro-Nord. L’industria manifatturiera campana si è trovata dunque ad affrontare il lungo periodo di recessione in posizione di debolezza rispetto alle regioni centro settentrionali; il risultato alla fine del periodo recessivo

9 appare del tutto scontato dunque: il valore degli investimenti industriali nel 2014 è meno della metà di quello del 2008 contro il -46,5 % del Mezzogiorno nel complesso e un relativamente assai modesto -13 % del Centro-Nord.

Tab. 1.2. Investimenti fissi lordi interni per branca proprietaria in Campania e nelle ripartizioni variazioni % (calcolate su valori concatenati con anno di riferimento 2010) Branche proprietarie 2001 - 2008 – 2015 - 2001 - 2008 - 2015 – 2007 2014 2016 2007 2014 2016

Variazioni medie annue Variazioni cumulate Campania Agricoltura, silvicoltura e pesca 2,69 -13,42 1,38 20,44 -63,53 2,77 In senso stretto -0,37 -9,83 3,26 -2,59 -51,53 6,62 Industria manifatturiera -0,67 -10,82 4,18 -4,59 -55,15 8,53 Costruzioni 7,65 -4,68 8,76 67,50 -28,52 18,28 Servizi 3,07 -8,52 2,50 23,54 -46,38 5,07 Commercio all’ingrosso e al dettaglio 4,99 -6,69 40,58 -38,43 Attività finanziarie e assicurative 2,17 -10,86 16,18 -55,28 Amministrazione pubblica altri servizi 3,42 -5,08 26,51 -30,59 Totale economia Campania 2,15 -8,99 2,65 16,09 -48,30 5,37

Mezzogiorno 1,80 -6,66 2,45 13,33 -38,27 4,95 Centro-Nord 2,32 -4,46 2,25 17,42 -27,35 4,54 Italia 2,19 -4,98 2,26 16,41 -30,05 4,58 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT

L'uscita dalla recessione dell’economia della Campania nel biennio 2015-2016 è stata incoraggiata da una ripresa del processo di accumulazione anche più intenso di quello del resto del Paese (5,4% a fronte del 4,5% del Centro-Nord e del 5% del Sud nel complesso). Uno stimolo particolarmente incisivo è stato indirizzato al settore manifatturiero con una crescita cumulativa degli investimenti dell’8,5%. Un risultato notevole che interviene dopo un lungo periodo, che va dal 2003 al 2014, contrassegnato da forti contrazioni dei livelli di flussi, salvo la singolare inversione del 2005. Quanto ai restanti settori dell’economia campana, stenta il riavvio di un processo di accumulazione nelle attività agricole, e assai prudente appare nelle attività terziarie. L’attività di accumulazione del capitale sembra proseguire nel 2017 e dovrebbe rafforzarsi nel 2018. Secondo l’annuale indagine condotta dalla Banca d’Italia tra settembre e ottobre del 2017 su di un campione di imprese industriali con almeno 20 addetti nei primi nove mesi del 2017 le imprese hanno nel complesso realizzato i piani di espansione degli investimenti formulati a inizio anno. Analogo atteggiamento è manifestato dalle imprese dei settori terziari (Fig. 1.3).

Fig. 1.3. Investimenti fissi lordi interni per branca proprietaria in Campania (indici 2000=100)

10 150,0 140,0 130,0 120,0 110,0 100,0 Costruzioni 90,0 80,0 TOTALE 70,0 Servizi 60,0 Industria manif. 50,0 Agricoltura 40,0 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 Agricoltura, silvicoltura e pesca Industria manifatturiera Costruzioni Servizi

In Campania il 55,6% del prodotto si concentra a Napoli il capoluogo di regione nel quale risiede il 53,2% della popolazione. Le altre quattro province producono il restante 44,4% del prodotto: la quota di , la seconda provincia della regione, è pari al 18,9%, quella di Caserta al 14,1%, mentre il prodotto di Avellino e Benevento risulta pari rispettivamente al 7,9% e al 4,9% del totale regionale (tab. 1.3). La distribuzione del prodotto non si discosta apprezzabilmente da quella della popolazione residente. Le pur modeste differenze tra la distribuzione della popolazione e quella del prodotto contribuiscono tuttavia ad evidenziare forme di squilibrio nella distribuzione regionale della produzione, alimentate anche da un differente livello di produttività aggregata espresso dai sistemi economici provinciali. La provincia di Napoli ha un prodotto pro capite pari al 104,5 di quello medio regionale, Salerno raggiunge il 99,9 e Avellino il 95,8%; più distanti dalla media regionale risultano invece Benevento (90,0) e soprattutto Caserta (89,8). Per queste ultime lo squilibrio si è accentuato nel periodo di recessione, appare infatti molto critica la posizione di Caserta mentre per Benevento prosegue la tendenza negativa in atto dai primi anni 2000. Tab. 1.3. Prodotto pro capite nelle province della Campania, (indice, Campania=100, calcolati su valori correnti) Province e regione 2000 2007 2014 Italia 100,0 100,0 100,0 Mezzogiorno (in % dell'Italia) 67,2 67,3 66,0 Campania (in % dell'Italia) 66,2 66,4 63,8 Campania 100,0 100,0 100,0 Caserta 90,6 95,2 89,8 Benevento 97,5 92,4 90,0 Napoli 103,6 103,1 104,5 Avellino 95,4 98,5 95,8 Salerno 99,7 97,8 99,9 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT

11 Tab. 1.4. Valore aggiunto nelle province della Campania, variazioni % (calcolate su valori concatenati, anno di riferimento 2010) Province e regione 2001-2007 2008-2014 2001-2007 2008-2014

Variazioni medie annue Variazioni cumulate Italia 1,15 -1,15 8,30 -7,75 Mezzogiorno 0,62 -1,83 4,44 -12,11 Campania 0,73 -2,13 5,26 -14,02 Caserta 1,88 -2,60 13,90 -16,86 Benevento -0,16 -2,97 -1,15 -19,02 Napoli 0,55 -1,95 3,93 -12,85 Avellino 1,16 -2,91 8,44 -18,66 Salerno 0,48 -1,83 3,44 -12,13 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT

La sostanziale stagnazione dell’economia della prima parte degli anni 2000 ha interessato soprattutto Napoli (+0,55%) e Salerno (+0,48%), mentre il prodotto dell’economia di Benevento si riduce in media dello 0,16% all’anno. La recessione manifesta i suoi effetti più gravi nelle province interne come Benevento (-2,97%), ma anche Avellino (-2,91%) e Caserta (-2,60%). Nelle province di Napoli e Salerno invece la contrazione è meno intensa e inferiore al 2% medio all’anno, un risultato relativamente meno grave determinato dalla più elevata presenza dei settori terziari propri delle aree metropolitane, Napoli del resto è tra le tre più grandi aree urbane italiane. Nelle province più interne invece, l’intero sistema economico ha risentito della recessione, che ha colpito in particolar misura il settore manifatturiero (tab. 1.4). La distribuzione delle attività industriali, se confrontate con la popolazione, presenta a livello provinciale evidenti diversità, soprattutto prima dell’insorgere della recessione economica (tab. 1.5). Avellino con un indice pari a 73,5 ogni mille abitanti risultava nel 2007 la provincia con un più elevata presenza di attività manifatturiere, seguita a distanza da Salerno con 52,4 addetti ogni mille abitanti e il resto della regione intorno ai 50 addetti. Il forte crollo delle attività nel settennio di crisi ha comportato un sostanziale avvicinamento tra le province campane: se tra la più industrializzata e quella meno nel 2007 la differenza si commisurava in quasi 25 punti (73,5 contro 48,9), nel 2014 la distanza si accorcia sino a 20 punti. La perdita di attività produttive industriali appare in tutta la sua gravità ad Avellino che passa da 73,5 a 55,8 addetti ogni mille abitanti, e, soprattutto, a Caserta (da 50 a 35,7), che risulta ora la provincia meno industrializzata della regione.

Tab. 1.5 . Popolazione, Prodotto e Tasso di industrializzazione (a)

12 Province e 2000 2007 2014 2000 2007 2014 2000 2007 2014 regione Popolazione Prodotto Tasso di industrializzazione

Campania 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 52,9 52,2 38,7 Caserta 15,0 15,3 15,4 13,5 14,6 14,1 50,3 50,0 35,7 Benevento 5,0 5,0 5,0 4,9 4,6 4,3 56,4 49,0 37,2 Napoli 53,7 53,3 53,2 55,6 54,9 55,6 49,0 48,9 36,9 Avellino 7,5 7,5 7,5 7,2 7,4 7,0 70,6 73,5 55,8 Salerno 18,8 18,9 18,9 18,8 18,5 18,9 57,8 52,4 40,2

(a) Occupati nell'industria in senso stretto ogni mille abitanti Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT

1.2 L’andamento dell’occupazione

Tra il 2008 ed il 2016 l’occupazione è diminuita di 1 milione di unità, di cui circa 600 mila nel Mezzogiorno e 400 mila nel resto del Paese. Nel terzo trimestre 2017, sui dati depurati da fattori stagionali, il Centro-Nord è ampiamente al di sopra dei livelli di fine 2008 (+279 mila unità), mentre il Mezzogiorno resta al di sotto di circa 206 mila unità, avendo recuperato circa il 65% delle unità perdute. La Campania alla fine del terzo trimestre del 2017 ha ampiamente recuperato i livelli pre- crisi (fig. 2.1). La ripresa dell’occupazione ha coinciso con un moderato calo della disoccupazione, fortemente aumentata nella lunga fase recessiva, che resta tuttora su valori circa doppi rispetto a quelli pre-crisi, anche per un tendenziale aumento della partecipazione al mercato del lavoro connesso all’allungamento dell’età pensionabile ed alle maggiori probabilità di trovare un lavoro. Il tasso di disoccupazione nel complesso delle regioni meridionali è salito dal 12% del 2008 al 20,7% nel 2014 per poi scendere al 19,6% nella media del 2016 e restare sostanzialmente sugli stessi valori (19,4%) nella media dei primi tre trimestri dell’anno in corso. La Campania si caratterizza per una ripresa più lenta nella seconda metà del 2014, ma che accelera decisamente nel 2016 e nei primi nove mesi di quest’anno. Il profilo ciclico della regione vede un andamento sostanzialmente simile al resto del Mezzogiorno all’avviarsi della ripresa ed una dinamica più accentuata a partire dal 2016. La Campania nel 2017 ha sostanzialmente recuperato i circa 140 mila occupati persi nel corso della fase recessiva. Fig. 2.1. Andamento dell’occupazione per area geografica (dati trimestrali destagionalizzati T4 2008 = 100)

13 102

100

98

96

94

92

90 2008 2009 2009 2009 2009 2010 2010 2010 2010 2011 2011 2011 2011 2012 2012 2012 2012 2013 2013 2013 2013 2014 2014 2014 2014 2015 2015 2015 2015 2016 2016 2016 2016 2017 2017 2017 ------T4 T1 T2 T3 T4 T1 T2 T3 T4 T1 T2 T3 T4 T1 T2 T3 T4 T1 T2 T3 T4 T1 T2 T3 T4 T1 T2 T3 T4 T1 T2 T3 T4 T1 T2 T3

Mezzogiorno Centro-Nord Campania

Il tasso di occupazione, nella regione, flette di poco più di un punto percentuale dal 42,4 del 2008 al 41,2% del 2016, con un calo più contenuto di quello rilevato per la media del Mezzogiorno (-3 punti circa dal 46% al 43%). La moderata flessione dell’occupazione in Campania si è combinata con un incremento particolarmente marcato delle persone in cerca di occupazione, che salgono da circa 240 mila nel 2008 a circa 418 mila unità, mentre il tasso di disoccupazione quasi raddoppia passando da circa il 12% a valori intorno al 20%. Il 2016 conferma e rafforza i segnali di ripresa emersi nel corso dell’anno precedente. Continua nella media dell’anno, l’andamento positivo dell’occupazione nel Mezzogiorno su ritmi più accentuati rispetto al resto del Paese. Il dato del Mezzogiorno in complesso sottende andamenti positivi in tutte le regioni con l’eccezione delle Isole. In base ai dati dell’indagine continua sulle forze di lavoro dell’ISTAT, il numero degli occupati nella media del 2016 in Campania è risultato pari a 1 milione 636 mila unità, circa 60 mila unità in più rispetto all’anno precedente, pari al +3,8% (+1,7% nel Mezzogiorno e +1,2% nel Centro-Nord). La sensibile ripresa dopo il moderato aumento dell’anno precedente lascia intendere un trend positivo di più ampio respiro (tab. 2.1).

14 Tab 2.1 Occupati, per sesso e classe d'età e cittadinanza (anno 2016 e III trim 2017) Regioni e Totale Maschi Femmine 15-34 35-49 50 ed Stranieri Italiani ripartizioni oltre

Media 2015 – 2016 variazioni assolute in migliaia Campania 2,1 2,9 0,6 18,8 6,2 34,8 1,6 2,0 Mezzogiorno 100,8 55,2 45,6 17,7 -25,7 108,8 90,9 9,9 Centro-Nord 192,3 93,4 98,9 26,4 -79,2 245,1 160,3 32,0 Italia 293,1 148,6 144,5 44,1 -104,9 353,9 251,2 41,9

Variazioni percentuali Campania 59,8 36,9 22,9 5,2 0,9 6,6 1,5 12,8 Mezzogiorno 1,7 1,5 2,1 1,3 -1,0 5,6 1,6 2,9 Centro-Nord 1,2 1,0 1,4 0,7 -1,0 4,8 1,1 1,6 Italia 1,3 1,1 1,5 0,9 -1,0 5,0 1,2 1,8

Media 2016 - 2017 (primi 3 trimestri) variazioni assolute in migliaia Campania 46,6 36,7 9,9 Mezzogiorno 63,8 42,0 21,8 -2,4 -20,9 87,2 8,9 54,9 Centro-Nord 196,8 76,6 120,2 42,8 -96,5 250,3 21,3 175,5 Italia 260,6 118,6 142,0 40,5 -117,5 337,5 30,2 230,4

Variazioni percentuali Campania 2,9 3,5 1,7 Mezzogiorno 1,1 1,1 1,0 -0,2 -0,8 4,1 2,5 1,0 Centro-Nord 1,2 0,8 1,6 1,2 -1,3 4,5 1,0 1,2 Italia 1,1 0,9 1,5 0,8 -1,2 4,4 1,3 1,1 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. Indagine continua sulle forze di lavoro.

La crescita dell’occupazione, in Campania, è più intensa per le femmine (4,2% a fronte del +3,6% dei maschi). Ancora in crescita con ritmo più accentuato gli occupati giovani fino a 34 anni (+5,2%), crescono anche le classi d’età centrali (+0,9%) e in maniera decisa gli occupati con 50 anni ed oltre (+6,6%). L’aumento dell’occupazione in Campania nella media dello scorso anno interessa sia gli occupati dipendenti (+3,2%) sia la componente autonoma, in crescita del 5,4%. Tra i dipendenti in aumento più deciso sono quelli con contratto a tempo indeterminato (+3,7%) mentre i dipendenti a termine crescono dello 0,6%. La crescita degli occupati riguarda sia il lavoro part time che sale del 5,2% sia il lavoro a tempo pieno dopo la lieve flessione dell’anno precedente (+3,5%, era -0,2% nel 2015). Resta elevata nella regione la quota del part time involontario (76,2% a fronte del 78,0% del Mezzogiorno in complesso) connessa alla carenza di opportunità di lavoro a tempo pieno. Il risultato complessivo della Campania riflette un andamento lievemente positivo nell’industria e in agricoltura ed un deciso incremento nei servizi. Nella regione crescono dello 0,4% gli occupati dell’industria e dell’agricoltura mentre aumentano del 5% quelli dei servizi. La

15 sostanziale stazionarietà dell’industria nella regione riflette un significativo aumento nell’industria in senso stretto (+5,4%, -6,2% nel 2015) mentre flettono decisamente gli occupati nel settore delle costruzioni (-9,0%) dopo la crescita dell’anno precedente (+2,9%). La decisa crescita dei servizi è particolarmente accentuata nel comparto commerciale e turistico (+7,1%, +4% nei servizi vari). La ripresa dell’industria in senso stretto è trainata in particolare dalle industrie estrattive, metalmeccaniche, minerali non metallifere, carta e stampa e tessili-abbigliamento. Tra i servizi le dinamiche più accentuate riguardano le attività finanziarie ed assicurative, il commercio, gli alberghi e pubblici esercizi ed istruzione e sanità. In Campania, le persone in cerca di occupazione nel 2016 sono 418 mila, erano 400 mila l’anno precedente; il tasso di disoccupazione dal 19,8% nel 2015 sale al 20,4% nel 2016. In calo invece la disoccupazione di lunga durata: i disoccupati da 12 mesi, erano il 68,4% del totale dei disoccupati nel 2015 e si sono ridotti al 68% nel 2016. Il tasso di disoccupazione di lunga durata resta al 13,8% oltre un punto in più rispetto alla media del Mezzogiorno. La situazione di squilibrio nel complesso del mercato del lavoro assume connotati di ancor maggiore gravità con riguardo ai giovani nonostante i recenti miglioramenti. Il tasso di disoccupazione giovanile 15-24 anni flette nel 2016 di circa 2 punti e mezzo, attestandosi al 37,8% a livello nazionale e al 51,7% nel Mezzogiorno (era al 54,1% nel 2015) con un picco del 54,4% per le giovani donne meridionali. Leggermente meno problematica è la situazione dei giovani campani nonostante il deciso calo dell’ultimo anno: il tasso di disoccupazione dei 15 – 24enni si attesta nel 2016 al 49,9% con un picco del 53,2% per le donne. Circa 559 mila sono i giovani campani tra i 15 ed i 34 anni che non lavorano e al tempo stesso sono fuori dal sistema formativo (neet). Di questi 198 mila sono in cerca di occupazione mentre 361 mila non cercano o cercano non attivamente perché ritengono che non ci opportunità di trovare un lavoro adeguato. Il 55% di questi giovani è diplomato o laureato. In Italia l’incidenza particolarmente elevata dei neet rispetto ai principali Paesi europei è essenzialmente ascrivibile alle regioni meridionali mentre i valori delle regioni del Centro-Nord sono abbastanza in linea con quelli medi europei. La strutturale carenza di domanda di lavoro in Campania come nel Mezzogiorno è alla base anche della ripresa dei flussi migratori e del pendolarismo di lunga distanza fuori regione e fuori circoscrizione. Negli ultimi anni, il pendolarismo Sud-Nord-Estero, in linea con quanto emerso per le emigrazioni, riflette le profonde difficoltà che hanno interessato la struttura economica e la società del Mezzogiorno ed è caratterizzato dal crescente coinvolgimento della componente giovanile più scolarizzata (tab. 2.2).

16 Tab.2.2 Giovani Neet di 15-34 anni nel Mezzogiorno per titolo di studio e regione nel 2016 (giovani non occupati e non in istruzione e formazione) Regione e Totale In cerca di Inattivi Nessun titolo Terza Diploma Laurea ripartizioni occupazione Licenza media elementare

Valori assoluti in migliaia Campania 559 198 361 26 225 251 57 Mezzogiorno 1.820 692 1.128 76 720 824 201 Centro-Nord 1.457 622 835 48 496 696 217 Italia 3.277 1.315 1.962 124 1.216 1.519 418 Incidenza sul totale della popolazione Campania 38,7 13,7 25,0 65,3 39,2 38,5 32,0 Mezzogiorno 37,5 14,3 23,2 64,2 37,4 37,3 33,3 Centro-Nord 18,8 8,0 10,8 48,7 18,5 19,3 16,1 Italia 26,0 10,4 15,6 57,2 26,4 26,2 21,4 Variazioni % sul 2007 Campania 0,4 68,2 -17,8 -53,5 -21,2 41,8 48,8 Mezzogiorno 6,0 56,1 -11,5 -46,5 -11,2 30,9 47,4 Centro-Nord 37,2 93,6 12,8 -27,8 24,7 51,2 57,9 Italia 17,9 71,9 -2,6 -40,6 0,6 39,5 52,7 Fonte: Elaborazioni Banca d'Italia e SVIMEZ su microdati ISTAT RCFL.

Nel complesso delle regioni meridionali, il fenomeno interessa nella media del 2016 circa 208 mila persone pari al 9,3% del complesso dei pendolari a fronte del 6,3% della media del Centro- Nord. Di questi 54 mila, in aumento rispetto al 2015 (48 mila), si muovono verso altre regioni ma appartenenti allo stesso Mezzogiorno mentre 154 mila si dirigono verso le regioni del Centro-Nord o verso l’estero. In Campania il pendolarismo fuori regione coinvolge circa 61 mila persone pari al 3,7% dell’occupazione. Di questi circa 9 mila 300 lavorano fuori dalla regione ma in regioni del Mezzogiorno, circa 47 mila lavorano nel Centro-Nord e quasi 4200 all’estero. Il quadro positivo della media del 2016 è essenzialmente dovuto all’andamento nella prima parte dell’anno. Negli ultimi due trimestri l’occupazione ristagna per poi riprendere a crescere nei primi tre trimestri del 2017. L’analisi dei dati depurati dai fattori stagionali evidenzia, a livello nazionale, una crescita degli occupati in tutti e quattro trimestri del 2016, più accentuata nel secondo trimestre. Una dinamica leggermente diversa caratterizza l’occupazione meridionale, con la decisa crescita nei primi due trimestri dell’anno, seguita da moderate flessioni nel terzo e nel quarto trimestre. Nella media dei primi tre trimestri del 2017, in Italia, l’occupazione cresce rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente di circa 261 mila unità, pari al +1,1%. L’incremento dell’occupazione interessa entrambe le circoscrizioni con ritmi sostanzialmente simili: rispetto al

17 corrispondente periodo del 2016, il numero degli occupati cresce di circa 64 mila unità (+1,1%) nel Mezzogiorno e di 197 mila unità nel Centro-Nord (+1,2%). Il prolungarsi della dinamica crescente nelle regioni meridionali, nonostante il moderato rallentamento, è un segnale incoraggiante, che testimonia come il Sud puntando su alcuni settori strategici e coadiuvato da un’azione politica più incisiva possa avviarsi su un sentiero di duratura ripresa. Il tasso di occupazione sale nella media dei tre trimestri di quasi un punto percentuale al 57,9% della popolazione in età da lavoro a livello nazionale e, rispettivamente, al 44% nel Mezzogiorno (+0,6 p.p.) e al 65,4% nel resto del Paese. In questo contesto, la Campania si caratterizza per un andamento marcatamente positivo dell’occupazione a partire dal 2016. Nella media dei primi tre trimestri del 2017 gli occupati campani sono circa 1 milione 682 mila: 47 mila in più rispetto allo stesso periodo del 2016 (+2,9%). Il tasso di occupazione sale nella regione di oltre un punto, dal 41,1 al 42,2%. Nel 2017, contribuiscono alla crescita dell’occupazione nella regione i settori extra agricoli mentre resta sostanzialmente stabile l’occupazione agricola: la crescita è particolarmente sensibile nell’industria (+7%) trainata dall’industria in senso stretto (+4,8%) e da una decisa inversione positiva del settore delle costruzioni (+11,9%). Più contenuta la crescita del settore dei servizi (+1,8%) ascrivibile in larga parte al comparto commerciale e turistico (+4,5%) mentre la dinamica degli occupati negli altri servizi rallenta sensibilmente (+0,7%) La percezione di maggiori opportunità di trovare lavoro attenua i fenomeni di scoraggiamento diffusi a tutte le aree del Paese, soprattutto tra i giovani, determinando una tendenziale flessione dell’offerta implicita di lavoro. Nella regione nei primi nove mesi del 2017 flettono gli inattivi in età lavorativa in complesso (-82 mila unità pari al -4,3%). La flessione degli inattivi è interamente ascrivibile alle forze lavoro potenziali, costituite da coloro che, pur non essendo a rigore inseribili tra le persone attive, sono disponibili, immediatamente o in tempi brevi, a lavorare (-85 mila unità pari al -12,8%). Indicazioni sostanzialmente positive provengono anche dai dati sul ricorso alla cassa integrazione guadagni. Rispetto ai primi nove mesi del 2016 le ore autorizzate nel corrispondente periodo del 2017 flettono sensibilmente (-23%, dopo la lieve flessione dell’anno precedente). Correggendo il tasso di disoccupazione con coloro che cercano lavoro non attivamente e con le unità virtuali a zero ore in cassa integrazione, emergono gli squilibri determinati dal lungo periodo di recessione e - al tempo stesso - i segnali di ripresa. Il tasso di disoccupazione così corretto flette di

18 quasi un punto percentuale nella regione rispetto ai primi nove mesi del 2016 attestandosi al 30,7%, in linea con il resto del Mezzogiorno.

1.3 L’andamento economico provinciale

Come la lunga e pervasiva la crisi non ha inciso allo stesso modo nelle province campane così la breve ripresa ha manifestato intensità differenziate nelle diverse province che si discostano sensibilmente dalla media regionale: Napoli, Avellino e, soprattutto, Benevento in peggio (rispettivamente -2,4%, -3,6% e -13,8% tra il 2008 ed il 2016). Salerno (-0,1%) ed in particolare Caserta (+1,5%) in meglio (tab. 3.1). L’andamento positivo nella provincia di Caserta è connesso ad una sostanziale tenuta dell’occupazione nel corso della crisi, con un moderato calo nel biennio 2014-15 ed una ripresa nel 2016 (+4,2%), trainata essenzialmente dai settori extra agricoli in presenza di un deciso calo dell’occupazione agricola. In forte recupero nell’ultimo anno anche la provincia di Avellino (+6,6%), in larga parte ascrivibile ai settori dell’agricoltura e delle costruzioni. Nell’ultimo anno, del resto, crescono decisamente tutte le province campane con solo Napoli sotto la media regionale (+2,8%). Particolarmente sensibile è l’espansione dei servizi nelle province di Caserta ed Avellino, dove cresce sensibilmente anche l’occupazione industriale. Nelle province di Napoli e Benevento invece la crescita dell’occupazione è sostanzialmente ascrivibile al settore terziario. Tutti i settori partecipano alla ripresa in provincia di Salerno, con una decisa crescita dell’industria in senso stretto che compensa la flessione nel settore delle costruzioni. La disoccupazione è elevata in tutte le province con l’eccezione di Benevento (13,6%) ed Avellino (14,6%), che presentano valori relativamente bassi del tasso di disoccupazione se raffrontati alla media della regione e al Mezzogiorno in complesso. Nel 2016 Il tasso di disoccupazione più elevato si rileva a Napoli (22,8%) seguita dalla provincia di Caserta (21,0%). Particolarmente grave è la disoccupazione giovanile (15 – 24 anni) che in provincia di Napoli si avvicina al 55%. Molto elevato è anche il dato di Avellino di poco inferiore al 51% (tab. 3.2).

Tab. 3.1 - Occupati per settore di attività economica, regione e provincia. Variazioni % 2008 - 2016 e 2015 – 2016 Province e Agricoltura Industria di cui: in Costruzioni Servizi Commercio, Altre Totale Regione senso alberghi e attività stretto ristoranti dei (g,i) servizi (j-u)

19

Variazioni % 2008 – 2016 CAMPANIA -6,0 -19,1 -11,2 -32,1 4,1 -1,0 6,6 -2,1 Caserta 21,9 -8,4 0,5 -23,9 3,9 8,5 2,4 1,5 Benevento -28,1 -26,7 -32,1 -19,3 -5,8 -16,0 -1,9 -13,8 Napoli -31,0 -20,6 -12,5 -34,0 4,4 0,7 6,2 -2,4 Avellino 59,7 -23,3 -22,8 -24,5 2,4 7,4 0,3 -3,6 Salerno -1,4 -18,6 -3,9 -39,6 6,5 -9,1 15,9 -0,1 Variazioni % 2015 – 2016 CAMPANIA 0,4 0,4 5,4 -9,0 5,0 7,1 4,0 3,8 Caserta -11,7 3,4 3,9 2,4 5,9 12,2 3,9 4,2 Benevento -20,3 -6,6 -0,1 -13,1 13,4 5,8 16,1 4,1 Napoli 0,4 -1,7 6,2 -15,5 3,9 6,1 3,0 2,8 Avellino 50,5 3,4 -4,0 25,7 4,8 19,8 -0,7 6,6 Salerno 4,6 3,1 11,8 -12,4 5,3 3,4 6,2 4,8 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. Indagine continua sulle forze di lavoro.

Tab. 3.2 Tasso di disoccupazione totale e giovanile (15-24) e tasso di occupazione per regione e provincia Province e Regione 2015 2016 Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale

Tasso di disoccupazione CAMPANIA 17,9 23,0 19,8 18,5 23,6 20,4 Caserta 16,9 24,6 19,6 19,3 24,0 21,0 Benevento 13,3 14,3 13,7 13,9 13,2 13,6 Napoli 20,1 25,9 22,1 20,5 27,2 22,8 Avellino 13,7 20,9 16,5 13,4 16,6 14,6 Salerno 15,8 18,0 16,6 15,9 20,1 17,5 Tasso di disoccupazione (15-24 anni) CAMPANIA 48,8 58,5 52,7 47,7 53,2 49,9 Caserta 56,0 64,6 59,5 44,5 42,0 43,6 Benevento 39,5 40,9 40,0 55,2 25,4 43,7 Napoli 48,1 60,3 53,2 51,7 58,9 54,7 Avellino 40,0 60,8 48,2 48,0 56,5 50,6 Salerno 42,5 52,2 48,3 50,8 38,0 50,0 Tasso di occupazione (15-64 anni) CAMPANIA 52,0 27,4 39,6 53,9 28,7 41,2 Caserta 49,0 24,1 36,5 49,9 26,4 38,0 Benevento 53,4 29,6 41,5 52,4 33,6 43,0 Napoli 50,4 24,9 37,4 52,1 25,5 38,6 Avellino 58,7 35,1 46,9 62,3 38,8 50,6 Salerno 56,4 33,9 45,1 59,5 34,9 47,1 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT. Indagine continua sulle forze di lavoro.

Un’analisi di maggior dettaglio territoriale riferita ai sistemi locali del lavoro evidenzia che nel corso della crisi, tra il 2008 ed il 2014, hanno tenuto i medio-piccoli sistemi locali specializzati (turistici, dell’agroalimentare e del tessile abbigliamento) (tab. 3.3). Tra i sistemi turistici, positivi i

20 risultati di quelli della provincia di Salerno e sostanzialmente negativi quelli della provincia di Napoli. I grandi sistemi urbani hanno tutti subìto l’impatto della crisi, con Salerno e Napoli che hanno mantenuto i livelli occupazionali pur in presenza di un forte aumento della disoccupazione, mentre Benevento, Caserta ed Avellino hanno registrato andamenti negativi sia in termini di occupazione che di disoccupazione. I risultati nel complesso positivi della provincia di Caserta sono ascrivibili alla parte occidentale della provincia gravitante nel sistema locale di Napoli (Capua, l’aversano, Santa Maria Capua Vetere). Nella provincia di Avellino risulta positiva la dinamica del Sistema locale di Ariano Irpino. La ripresa tra il 2014 ed il 2016 vede il ruolo trainante del Sistema Locale urbano-portuale di Napoli, che coinvolge l’area urbana della città e la parte occidentale della provincia di Caserta. Si conferma l’andamento positivo dei sistemi locali turistici, cui si aggiungono anche alcuni che avevano maggiormente subìto la crisi come Ischia e Sorrento. Sempre positivo, nella crisi come nella ripresa, l’andamento dell’occupazione nel Sistema Locale di San Giuseppe Vesuviano specializzato nel tessile abbigliamento. Molto moderata è la ripresa dell’occupazione nei sistemi urbani di Benevento, Caserta ed Avellino, che avevano subito un forte impatto negativo nel sessennio di crisi.

21 Tab. 3.3 Il mercato del lavoro nei sistemi locali del lavoro della Campania (2008- 2016) Non Var. Numero In cerca Tasso Tasso forze di Popolazio Tasso Var. p.p.tass di Occupati di Forze di Popolazio di di Occupati Var. % Superficie lavoro in ne di 15 di 2008-16 o di Denominazione Gruppo comuni 2016 occupazi lavoro ne totale occupa- disoccu- 2008 occupati 2011 (kmq) età 15 anni o più attività disoccu 2011 (migliaia) one (migliaia) (migliaia) zione pazione (migliaia) 2014-16 anni e (migliaia) (%) pazione (Unità) (migliaia) (%) (%) Assolute % più 2008-16

NAPOLI BA3 58 808,3 663,2 199,6 862,8 1279,7 2142,6 2558,3 40,3 31,0 23,1 663,3 -0,1 0,0 9,9 13,4 BB1 4 168,6 4,6 1,0 5,6 8,0 13,6 15,4 40,9 33,8 17,5 4,1 0,5 13,3 4,4 12,4 SAN GIUSEPPE VESUVIANO CA1 5 78,5 28,9 6,6 35,5 50,7 86,2 103,6 41,2 33,5 18,7 27,3 1,6 5,7 6,8 4,9 A1 15 588,7 6,7 1,4 8,0 11,9 19,9 22,1 40,3 33,6 16,8 6,8 -0,1 -1,7 9,4 3,2 BB1 8 72,9 8,3 0,9 9,2 10,9 20,2 23,1 45,7 41,1 10,2 7,8 0,5 6,3 3,0 2,7 A1 4 389,2 19,3 3,8 23,0 30,8 53,9 62,9 42,8 35,7 16,4 21,0 -1,8 -8,5 4,9 2,5 CASTELLAMMARE DI STABIA A1 7 71,5 35,0 10,0 45,0 73,4 118,4 142,8 38,0 29,6 22,2 37,5 -2,5 -6,7 5,1 2,3 SANT'ANGELO DEI LOMBARDI D2 17 634,2 12,9 2,0 14,8 18,0 32,8 36,8 45,1 39,2 13,2 12,5 0,3 2,7 5,0 2,2 BB2 4 90,7 4,1 0,8 4,9 7,4 12,3 13,9 39,7 33,5 15,6 4,0 0,1 2,2 6,9 1,9 BA4 9 165,2 10,0 2,7 12,6 14,8 27,4 31,6 46,1 36,3 21,2 9,7 0,2 2,3 6,8 1,8 ISCHIA BB1 3 25,0 11,3 2,1 13,4 19,3 32,7 38,3 41,1 34,5 16,0 11,6 -0,3 -2,7 5,5 1,7 PIEDIMONTE MATESE A1 21 652,8 17,1 5,4 22,5 28,3 50,8 58,4 44,3 33,6 24,1 16,9 0,2 1,1 11,3 1,7 SORRENTO BB1 6 72,9 25,6 4,8 30,4 39,2 69,6 81,9 43,7 36,8 15,8 26,2 -0,6 -2,4 5,5 1,7 OLIVETO CITRA CB3 10 350,8 6,8 1,2 8,0 11,0 19,0 21,6 42,2 35,7 15,4 6,9 -0,1 -2,0 4,8 1,5 MORCONE D1 5 177,4 3,0 0,5 3,5 5,1 8,6 9,7 40,4 34,9 13,6 3,0 0,0 0,1 6,5 1,4 NOLA CB3 34 375,7 79,5 19,5 99,0 132,0 231,0 273,8 42,9 34,4 19,7 80,8 -1,3 -1,6 4,9 1,3 CAPACCIO BB1 4 229,2 12,1 3,2 15,2 17,7 32,9 38,0 46,3 36,7 20,7 12,0 0,1 0,6 8,4 1,2 A1 2 49,2 12,6 3,2 15,7 19,9 35,6 42,4 44,2 35,3 20,1 12,5 0,0 0,3 6,7 1,2 CB3 9 362,7 13,4 2,1 15,6 20,1 35,7 41,0 43,6 37,7 13,7 13,8 -0,3 -2,4 6,7 1,1 CAPRI BB1 2 10,5 5,2 0,6 5,8 6,5 12,3 14,1 47,4 42,4 10,5 5,2 0,0 0,1 6,1 1,0 CB3 11 385,3 7,9 1,5 9,4 13,2 22,7 25,7 41,7 35,0 16,1 7,8 0,1 1,4 6,6 1,0 SALERNO BA4 17 457,8 107,4 24,5 131,9 156,7 288,6 334,1 45,7 37,2 18,6 107,2 0,2 0,2 6,0 0,9 CB3 5 356,4 5,7 1,1 6,8 9,3 16,1 18,4 42,2 35,6 15,7 5,7 0,0 0,2 6,6 0,9 CASERTA BA2 20 285,0 87,3 16,4 103,7 157,0 260,7 308,6 39,8 33,5 15,8 90,1 -2,9 -3,2 5,4 0,8 MONTESARCHIO CA1 14 252,6 20,4 4,5 24,9 34,8 59,7 69,3 41,7 34,2 18,1 21,1 -0,7 -3,3 4,5 0,7 ARIANO IRPINO CB3 24 715,1 26,5 5,2 31,7 38,1 69,8 79,0 45,4 38,0 16,3 24,3 2,3 9,3 3,9 0,7 COLLE SANNITA A1 3 121,2 2,0 0,3 2,3 3,2 5,5 6,3 41,7 36,0 13,8 2,0 0,0 1,1 6,6 0,7 TELESE TERME A1 18 406,4 17,1 3,3 20,4 25,8 46,2 52,9 44,2 37,1 16,1 17,6 -0,4 -2,4 6,2 0,6 VALLATA CB3 9 383,2 5,6 1,1 6,7 8,8 15,5 17,4 43,0 36,0 16,3 5,5 0,0 0,6 5,4 0,6 SAN MARCO DEI CAVOTI CA1 5 186,9 3,5 0,6 4,1 5,7 9,8 11,1 41,4 35,5 14,4 3,7 -0,2 -5,8 6,6 0,5 TORRE DEL GRECO BA3 7 95,6 65,3 18,7 84,0 127,5 211,5 252,0 39,7 30,9 22,2 68,0 -2,7 -4,0 8,7 0,5 FORIO BB1 3 21,6 8,6 1,6 10,2 11,8 21,9 25,6 46,4 39,1 15,6 8,6 0,0 0,2 6,4 0,5 AVELLINO D1 48 762,1 63,4 12,3 75,7 93,8 169,5 195,0 44,7 37,4 16,2 65,7 -2,3 -3,5 6,1 0,5 BENEVENTO BA4 30 702,2 43,7 8,4 52,0 66,0 118,0 135,1 44,1 37,0 16,1 44,8 -1,2 -2,7 5,4 0,3 A1 14 358,9 8,1 1,2 9,3 12,9 22,2 25,1 42,0 36,4 13,3 7,9 0,2 2,2 4,0 0,2 TEANO CB3 18 472,7 17,5 3,9 21,4 30,2 51,6 59,3 41,5 33,8 18,4 17,5 0,0 -0,2 6,4 0,1 BB1 11 236,4 7,5 1,5 9,0 12,7 21,6 24,7 41,5 34,5 16,7 7,4 0,0 0,3 7,2 0,1 A1 15 474,5 9,0 2,0 11,0 17,3 28,3 32,2 38,9 31,7 18,5 9,3 -0,3 -3,6 7,0 0,1 PAGANI BA2 5 44,9 24,2 5,9 30,1 46,1 76,2 91,5 39,5 31,8 19,6 25,3 -1,0 -4,1 5,0 0,0 SOLOFRA CA2 3 62,4 10,7 2,2 12,9 14,1 26,9 32,1 47,7 39,7 16,9 10,8 -0,1 -1,3 6,2 -0,1 SESSA AURUNCA A1 5 317,9 13,3 2,7 16,0 26,8 42,8 49,0 37,4 31,0 17,2 14,2 -1,0 -6,8 7,5 -0,6 BB1 4 33,0 4,5 0,8 5,2 7,0 12,3 14,4 42,7 36,3 15,0 4,6 -0,2 -3,4 8,9 -0,9 D4 5 206,3 28,8 7,6 36,4 37,8 74,3 86,6 49,1 38,8 20,9 28,9 0,0 -0,2 8,5 -1,1 CB3 5 63,1 30,6 6,7 37,3 50,9 88,2 102,9 42,3 34,6 18,1 32,5 -1,9 -6,0 8,3 -1,9 SAN BARTOLOMEO IN GALDO CB3 11 484,4 5,2 0,7 6,0 8,2 14,2 15,9 42,0 37,0 11,9 5,5 -0,2 -3,8 6,2 -2,3 MONDRAGONE A1 11 405,6 28,0 8,7 36,7 74,8 111,5 133,8 32,9 25,1 23,7 32,9 -4,9 -14,9 6,6 -6,1

Denominazione dei Gruppi: A1: Sistemi locali non specializzati; BA2: Sistemi locali urbani pluri-specializzati; BA3: Sistemi locali urbani prevalentemente portuali; BA4: Sistemi locali urbani non specializzati; BB1: Sistemi locali turistici; BB2: Sistemi locali a vocazione agricola; CA1: Sistemi locali del tessile e dell'abbigliamento; CA2: Sistemi locali delle pelli e del cuoio; CB3: Sistemi locali dell'agro-alimentare; D1: Sistemi locali dei mezzi di trasporto; D2: Sistemi locali della produzione e lavorazione dei metalli; D4: Sistemi locali della petrolchimica e della farmaceutica Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT

1.4 L’internazionalizzazione

La Campania, anche in un periodo caratterizzato da una forte recessione (2007-2014), mostra non solo di tenere, ma anche di aumentare il grado di internazionalizzazione della propria economia. Il grado di apertura dell’economia regionale - misurato dal rapporto tra importazioni ed

22 esportazioni sul valore aggiunto - è aumentato dal 20,7% del 2007 al 22,9% del 2014 avvicinandosi apprezzabilmente al dato medio del Mezzogiorno (tab. 4.1). La Campania, come il resto del Mezzogiorno, partecipa al processo di apertura e globalizzazione: in un periodo di rallentamento degli scambi commerciali mondiali ha aumentato il volume delle esportazioni da 9,4 miliardi del 2007, a 9,5 nel 2014 ed a quasi 10 miliardi nel 2016. Dal 2000 ad oggi, il modello di specializzazione internazionale della Campania che, nella prima metà del decennio, si era avvicinato più a quello dei Paesi europei del Mediterraneo che a quello delle nazioni più industrializzate, negli ultimi anni mostra un evidente riallineamento verso queste ultime, avendo accelerato la presenza sui mercati esteri nei prodotti ad alto contenuto tecnologico. Tab. 4.1 Esportazioni e importazioni negli anni 2007, 2014 e 2016 in milioni di euro Province e Mondo Ue a Extra Area Mondo Ue a Extra Area Mondo Ue a Extra Area Regione 28 Ue a Medite 28 Ue a Medite 28 Ue a Medite 28 r. (a) 28 r. (a) 28 r. (a) 2007 2014 2016 Esportazioni Mezzogiorno 41.506 25.857 15.649 3.368 40.706 20.669 20.038 6.339 42.812 22.888 19.923 4.948 Campania 9.445 5.487 3.957 445 9.477 4.847 4.630 670 9.996 5.085 4.911 797 Caserta 1.148 812 336 52 1.067 736 331 84 1.118 779 340 104 Benevento 108 69 39 4 156 100 57 23 178 123 55 26 Napoli 5.010 2.542 2.468 203 5.056 2.129 2.926 217 5.306 2.273 3.033 275 Avellino 1.212 891 322 61 983 474 509 199 1.045 477 568 233 Salerno 1.967 1.174 792 126 2.216 1.408 808 145 2.348 1.433 915 160 Importazioni Mezzogiorno 49.786 14.496 35.290 3.107 50.790 15.137 35.653 4.065 44.066 17.381 26.686 3.035 Campania 10.057 4.199 5.858 845 11.029 5.110 5.920 853 12.268 6.023 6.246 947 Caserta 1.139 805 334 54 1.136 864 272 62 1.308 983 325 113 Benevento 213 139 74 10 137 89 49 18 202 142 60 28 Napoli 5.409 2.053 3.355 479 6.163 2.334 3.830 478 7.125 2.941 4.184 494 Avellino 1.750 530 1.220 101 1.815 964 851 100 1.917 1.177 740 112 Salerno 1.547 672 875 200 1.778 859 919 195 1.716 779 936 201

2007-2014 2007-2016 2014-2016 Variazioni cumulate % Esportazioni Mezzogiorno -1,9 -20,1 28,0 88,2 3,1 -11,5 27,3 46,9 5,2 10,7 -0,6 -21,9 Campania 0,3 -11,7 17,0 50,6 5,8 -7,3 24,1 79,2 5,5 4,9 6,1 19,0 Caserta -7,1 -9,3 -1,7 62,8 -2,6 -4,1 1,0 99,9 4,8 5,8 2,7 22,8 Benevento 44,9 44,5 45,7 519,0 65,3 79,0 41,1 580,0 14,1 23,9 -3,2 9,8 Napoli 0,9 -16,2 18,6 -7,2 5,9 -10,6 22,9 35,5 4,9 6,8 3,6 26,4 Avellino -18,9 -46,8 58,1 227,8 -13,8 -46,4 76,7 283,8 6,4 0,6 11,7 17,1 Salerno 12,7 19,9 1,9 15,8 19,4 22,0 15,5 27,3 6,0 1,8 13,3 9,9 Importazioni Mezzogiorno 2,0 4,4 1,0 30,8 -11,5 19,9 -24,4 -2,3 -13,2 14,8 -25,2 -25,3 Campania 9,7 21,7 1,1 1,0 22,0 43,4 6,6 12,1 11,2 17,9 5,5 11,0 Caserta -0,2 7,4 -18,6 14,9 14,9 22,2 -2,7 108,6 15,1 13,8 19,5 81,5 Benevento -35,4 -36,1 -34,0 73,3 -5,2 2,3 -19,2 167,2 46,7 60,0 22,4 54,2 Napoli 14,0 13,7 14,1 -0,1 31,7 43,2 24,7 3,1 15,6 26,0 9,3 3,2 Avellino 3,7 81,9 -30,3 -1,4 9,5 122,0 -39,4 10,5 5,6 22,1 -13,0 12,0 Salerno 15,0 27,8 5,1 -2,6 11,0 16,0 7,1 0,3 -3,5 -9,3 1,9 2,9

23 (a): Area Mediter. - Turchia, Albania, Croazia, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Mauritania, Libano, Siria, Israele, Territori Palestinesi, Giordania. - Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT

Il mercato di destinazione prevalente delle esportazioni della Campania resta, sia pur in contenimento, quello domestico dell’Ue a 28 Paesi, mentre cresce sensibilmente quello extra Ue, da poco meno di 4 miliardi di euro del 2007 ai quasi 5 del 2016. I rapporti con i Paesi dell’area mediterranea son molto modesti sia pur in crescita: dai 445 milioni di euro del 2007 ai 797 del 2016. In linea con la distribuzione delle attività produttive, le esportazioni si concentrano nella provincia di Napoli, oltre la metà del totale, seguita da Salerno e più distanti Avellino, Caserta e ancor più Benevento. La Campania presenta un elevato grado di specializzazione nelle esportazioni dei prodotti agroindustriali e di quelli legati al ciclo della moda, del legno, della stampa e dell’editoria, ma anche nella farmaceutica, negli apparecchi elettrici e soprattutto negli altri mezzi di trasporto nei quali si rinvengono le produzioni aerospaziali, dell'avionica, navali e ferroviarie. Tra le province, Napoli mostra un elevato grado di specializzazione, che raggiunge livelli elevati negli altri mezzi di trasporto e nella farmaceutica. Salerno presenta una forte specializzazione nel composito settore agricolo e agroindustriale e nel mobilio. Avellino è specializzata nelle esportazioni di cuoi e pellami ma anche di legno e articoli in legno, vetro e ceramiche. Caserta presenta un elevato indice di specializzazione nei computer e nelle produzioni in gomma e materie plastiche. Benevento si caratterizza per le esportazioni di prodotti chimici e di macchinari e apparecchi non elettrici (tab. 4.2). Nei primi nove mesi del 2017 l’export campano mostra un tendenziale rallentamento per via del sensibile calo delle vendite sui mercati dei 27 Paesi dell’Ue, in calo anche la presenza sui mercati dell’area mediterranea, che hanno limitato la crescita complessiva delle esportazioni verso il complesso dei Paesi extra Ue ad un sia pur ragguardevole +6,1%, dopo il +3,4% di un anno prima (tab. 4.3). Tra le province della Campania, migliora sensibilmente la posizione sui mercati esteri di Avellino, con un aumento delle esportazioni del 3,3%, e di Benevento, che inverte la tendenza al ribasso manifestata l’anno precedente. A fronte di un modesto rallentamento della crescita per Napoli (da 4% a 3,3%), si registra un drastico ridimensionamento del volume delle esportazioni a Salerno e un calo dell’1,9% a Caserta, la provincia che l’anno precedente aveva realizzato il più elevato tasso di crescita (+ 1%).

Tab. 4.2 . Indice di specializzazione per settore di beni esportati nel 2016 nelle province campane

24 Settori Caserta Benevento Napoli Avellino Salerno Campania Prodotti dell'agricoltura, della 1,2 1,4 0,6 0,7 2,0 0,8 silvicoltura e della pesca Estrazione di minerali 0,0 0,0 1,8 0,0 0,1 0,1 Totale Prodotti delle attività 1,0 1,0 1,0 1,0 1,0 0,8 manifatturiere Industrie alimentari, delle 0,6 0,6 0,7 1,1 1,9 1,9 bevande e del tabacco Prodotti tessili, 1,6 0,8 1,2 1,2 0,2 1,7 abbigliamento, pelli e accessori Industrie tessili 0,9 1,2 1,4 0,1 0,6 1,0 Articoli di abbigliamento 1,7 0,1 1,4 0,1 0,3 1,8 Calzature e prodotti in cuoio 1,6 1,3 1,0 2,4 0,1 1,7 Legno e prodotti in legno; 0,7 0,1 1,3 1,0 0,6 2,3 carta e stampa Legno e prodotti in legno, 0,2 0,7 0,8 3,7 0,8 1,4 esclusi i mobili Prodotti in carta, stampa, 0,8 0,0 1,4 0,6 0,5 2,6 editoria Coke e Prodotti petroliferi 0,4 1,4 1,7 0,2 0,0 0,0 raffinati Sostanze e prodotti chimici 1,0 2,2 1,0 0,7 1,0 0,3 Articoli farmaceutici, chimico- 0,2 0,0 1,8 0,2 0,1 1,2 medicinali e botanici Art. gomma e mat. plastiche, 2,5 1,9 0,5 1,2 1,3 1,1 altri prod. lavoraz. minerali non metallif. Art. in gomma e materie 3,3 2,1 0,4 0,4 1,4 1,2 plastiche Vetro, ceramica, materiali non 0,4 1,3 0,5 3,6 1,2 0,8 metallici per l'edilizia Metalli di base e prodotti in 1,8 1,7 0,4 2,9 1,1 1,3 metallo, esclusi macchine e impianti Computer, apparecchi 2,3 0,1 1,1 0,1 0,6 0,8 elettronici e ottici Apparecchi elettrici 1,3 0,3 1,1 0,7 0,9 1,7 Macchinari ed apparecchi 0,7 7,1 0,9 1,0 0,9 0,7 n.c.a. Mezzi di trasporto 0,5 0,1 1,5 0,6 0,3 0,5 Autoveicoli 1,5 0,2 0,8 0,2 1,6 0,1 Altri mezzi di trasporto 0,2 0,1 1,7 0,7 0,0 2,3 Prodotti delle altre attività 0,8 0,6 1,1 0,2 1,2 0,6 manifatturiere Mobili 0,6 0,3 0,7 0,3 2,3 0,3 Altre industrie manifatturiere 0,9 0,8 1,3 0,2 0,6 1,1 Altri 1,0 0,0 1,4 0,2 0,5 1,5 Totale 1,0 1,0 1,0 1,0 1,0 0,8 Totale esclusi Coke e Prodotti 1,0 1,0 1,0 1,0 1,0 1,0 petroliferi raffinati Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT.

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Tab 4.3. Esportazioni e importazioni nei primi nove mesi del 2015, 2016 e 2017 Province e Extra Ue Area Extra Ue Area Mondo Ue a 28 Mondo Ue a 28 Regione a 28 Mediter. (a) a 28 Mediter. (a)

III° Timestre 2015/III° Timestre 2016 III° Timestre 2016/III° Timestre 2017 Esportazioni Mezzogiorno 0,8 4,0 -2,8 -23,7 8,5 4,2 13,6 22,1 Campania 3,1 3,0 3,4 9,6 2,1 -1,7 6,1 -4,5 Caserta 4,1 0,9 13,4 71,9 -1,9 -2,1 -1,4 -24,3 Benevento -1,9 2,9 -11,8 20,5 1,4 -2,9 11,6 10,2 Napoli 4,0 3,0 4,7 16,9 3,3 -1,8 7,4 -5,4 Avellino 1,4 0,7 2,0 0,9 3,3 3,0 3,5 17,2 Salerno 2,0 4,8 -2,2 -10,3 0,6 -2,6 5,9 -24,5

Importazioni Mezzogiorno -11,1 1,6 -17,9 -24,0 13,9 3,8 20,5 12,9 Campania -0,1 2,9 -2,8 3,3 4,9 7,6 2,3 -8,0 Caserta 7,4 7,1 8,4 15,1 1,0 5,6 -13,6 -30,3 Benevento 21,5 31,8 2,4 44,1 -3,5 -7,8 6,9 26,7 Napoli 4,8 7,6 3,0 0,4 4,5 0,7 7,1 -6,7 Avellino -11,2 1,0 -25,7 -4,8 20,3 25,4 12,1 -21,8 Salerno -11,3 -16,0 -7,3 5,5 -6,4 11,2 -20,0 3,6

(a): Area Mediter. - Turchia, Albania, Croazia, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Mauritania, Libano, Siria, Israele, Territori Palestinesi, Giordania. Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT

1.5. Il ruolo degli investimenti esteri

Il processo di internazionalizzazione della Campania si manifesta in modo attivo con la propria presenza sui mercati esteri e si completa con la capacità del sistema economico regionale nell'attrarre gli investimenti promossi da operatori esteri. Gli investimenti diretti esteri possono contribuire alla diversificazione della base economica della regione, accrescere la capitalizzazione delle imprese, favorire un aumento delle esportazioni e promuovere nuove relazioni commerciali con le imprese locali. La presenza delle imprese a capitale estero può favorire l'introduzione di nuove pratiche di gestione e nuove tecniche di produzione.

Tab. 5.1 Imprese a partecipazione estera in Campania e nelle ripartizioni: numero, addetti e fatturato (a) Ripartizioni 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Imprese (unità) Nord-Ovest 6.706 6.879 6.981 7.053 7.096 7.149 7.224 Nord-Est 2.378 2.532 2.660 2.692 2.712 2.795 2.830 Centro 1.723 1.801 1.861 1.882 1.881 1.955 1.965 Mezzogiorno 623 683 725 745 741 747 749

26 Campania 152 148 153 159 162 172 175 Italia 11.430 11.895 12.227 12.372 12.430 12.646 12.768 Campania in % del 35,8 31,2 30,6 31,1 31,6 32,9 33,4 Mezzogiorno Addetti Nord-Ovest 709.839 694.341 694.488 690.886 688.754 693.319 709.784 Nord-Est 182.663 186.215 194.819 203.903 203.580 210.174 218.952 Centro 217.930 214.262 217.859 214.183 216.415 209.850 222.506 Mezzogiorno 54.745 52.070 53.672 57.529 59.899 57.247 60.630 Campania 11.227 10.674 10.653 11.881 13.541 12.753 15.703 Italia 1.165.17 1.146.88 1.160.83 1.166.50 1.168.64 1.170.59 1.211.87 7 8 8 1 8 0 2 Campania in % del 25,7 25,6 25,0 25,8 27,9 27,9 31,7 Mezzogiorno Fatturato (milioni di euro) Nord-Ovest 296.615 296.615 313.903 332.651 321.972 308.343 308.911 Nord-Est 60.885 60.885 66.679 73.703 71.252 71.337 76.082 Centro 130.860 130.860 147.685 152.752 152.081 150.258 145.821 Mezzogiorno 17.386 17.386 19.575 21.669 21.735 31.167 33.447 Campania 3.449 3.449 3.913 4.321 3.411 3.568 3.742 Italia 505.746 505.746 547.842 580.775 567.040 561.105 564.262 Campania in % del 28,1 28,1 28,6 28,4 23,1 24,3 25,3 Mezzogiorno (a) dati al 31 dicembre di ogni anno Fonte: banca dati Reprint, R&P - Politecnico di Milano - ICE Agenzia.

Come mostrano i dati della tabella 3.4 la Campania, in linea con il resto del Paese, non ha mai smesso di attrarre investimenti esteri anche nel periodo di recessione. Sono aumentate le imprese del 15,1%, a fronte di un più modesto 11,7% nazionale, gli addetti sono aumentati con maggiore intensità, +39,9% rispetto al +4,0% nazionale, indice di un irrobustimento della dimensione aziendale con conseguente accresciuta capacità di competere sul mercato interno e internazionale. In Campania è localizzato oltre un terzo delle imprese a partecipazione estera presenti nel Mezzogiorno, la quota degli addetti aumenta, tra il 2009 e il 2015, da poco più di un quarto a quasi un terzo. Il fatturato invece aumenta in Campania più lentamente che nel resto del Paese, riducendo la quota regionale sul Mezzogiorno dal 28,1% del 2009 al 25,3% del 2015.

1.6 Le tendenze in atto e il tessuto produttivo

L’abbrivo della crescita economica preso nel 2016, il +3,2% del PIL secondo l’ISTAT o il 2,4% del PIL secondo la SVIMEZ, dovrebbe conservarsi anche nel 2017. Questo scenario trova una conferma nei risultati degli andamenti congiunturali delle macrovariabili economiche che

27 presentano un affidabile grado di misurazione e di rappresentazione del risultato valido per il complesso dell’economia regionale. Nei primi nove mesi del 2017 si attenuano fortemente gli squilibri del mercato del lavoro e l’occupazione cresce più intensamente che nelle altre regioni italiane, soprattutto nel settore dell’industria in senso stretto e nelle costruzioni che conservano una particolare vivacità. Più moderata, seppur di una certa consistenza, appare l’evoluzione del complesso dei settori terziari dell’economia. La vivacità del mercato del lavoro si accompagna al previsto mantenimento di un elevato tasso di accumulazione di capitale produttivo sia nella componente secondaria che terziaria dell’economia. Tutto ciò lascia presagire un risultato non meno soddisfacente di quello conseguito dall’economia campana nel 2016. La costituzione della ZES si inserisce in una struttura produttiva nella quale domina la piccola e la micro dimensione aziendale - le unità locali con meno di 10 addetti sono l'87,9% del totale - e una specializzazione nelle produzioni tradizionali del Made in Italy e dell’agroalimentare, ma anche con importanti realtà nei settori tecnologicamente avanzati come l'aerospaziale, l'avionica, l’automotive, la cantieristica navale e le ferrovie. In Campania nel 2015, le unità locali nei settori extra-agricoli di mercato sono 361.725 e occupano 1.048.116 addetti. Nel 2012 erano quasi 6 mila in più, ma con 3,8 mila addetti in meno. Nel triennio dunque si è assistito ad un tendenziale irrobustimento della dimensione media aziendale (tab. 6.1).

Tab. 6.1 - Unità locali e addetti delle imprese attive dell'industria e dei servizi in Campania nel 2015 (valori medi annui) Regione e Dimensione aziendale province 0-9 10-49 50-249 250 e più totale u.l. addetti u.l. addetti u.l. addetti u.l. addetti u.l. addetti Industria in senso stretto Campania 27.177 63.002 3.216 60.148 462 42.570 47 29.320 30.902 195.041 Caserta 3.735 8.765 467 8.558 74 6.951 7 2.331 4.283 26.605 Benevento 1.608 3.528 190 3.397 28 3.005 0 0 1.826 9.930 Napoli 13.201 30.866 1.546 28.465 209 19.150 28 20.893 14.984 99.375 Avellino 2.750 6.392 343 6.274 49 4.248 5 3.862 3.147 20.776 Salerno 5.883 13.451 670 13.454 102 9.218 7 2.233 6.662 38.355 Costruzioni Campania 30.960 61.295 1.288 21.467 83 6.887 3 1.051 32.334 90.701 Caserta 5.609 10.566 216 3.628 7 474 0 0 5.832 14.668 Benevento 2.063 4.171 90 1.454 3 430 0 0 2.156 6.055 Napoli 13.028 26.826 657 11.242 56 4.586 3 1.051 13.744 43.705 Avellino 3.018 5.705 91 1.396 7 527 0 0 3.116 7.628 Salerno 7.242 14.027 234 3.746 10 871 0 0 7.486 18.644 Servizi Campania 289.087 480.862 8.426 149.217 874 81.738 102 50.558 298.48 762.375 9 Caserta 40.477 66.990 1.154 20.495 127 11.305 6 2.057 41.764 100.847 Benevento 14.731 23.939 297 5.268 31 2.887 1 305 15.060 32.399

28 Napoli 151.341 252.148 4.755 84.482 519 49.293 85 44.004 156.70 429.927 0 Avellino 21.662 35.416 494 8.697 48 4.482 2 1.334 22.206 49.929 Salerno 60.876 102.369 1.726 30.276 149 13.771 8 2.858 62.759 149.274 Totale Campania 347.224 605.159 12.930 230.833 1.419 131.196 152 80.929 361.72 1.048.11 5 6 Caserta 49.821 86.322 1.837 32.681 208 18.729 13 4.388 51.879 142.120 Benevento 18.402 31.638 577 10.119 62 6.322 1 305 19.042 48.384 Napoli 177.570 309.840 6.958 124.190 784 73.029 116 65.948 185.42 573.007 8 Avellino 27.430 47.513 928 16.367 104 9.256 7 5.197 28.469 78.332 Salerno 74.001 129.846 2.630 47.476 261 23.860 15 5.091 76.907 206.273 Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT

La Campania mostra indici di specializzazione che caratterizzano molto nettamente, rispetto al resto del Paese, il profilo e la struttura del proprio apparato produttivo (tab. 6.2). Con riferimento alla distribuzione sul territorio regionale dei comparti nei quali si registrano indici di specializzazione positivi (superiori a 1) rispetto al dato nazionale, l’agroalimentare presenta indici più alti nel beneventano per numero di imprese e nel salernitano per numero di addetti. Nei settori compresi nel sistema moda, quali l'abbigliamento il tessile e calzature, le province di Napoli e Avellino presentano gli indici di specializzazione più alti. Per la divisione fabbricazione di articoli in pelle e simili, com’è noto, emerge il dato della provincia di Avellino con indici di specializzazione per imprese e per addetti rispettivamente pari a 3,11 ed a 3,64. La provincia di Salerno mostra indici di specializzazione più alti nel settore agroalimentare e nell’ambito della divisione fabbricazione di coke e prodotti derivati. Il più complesso e articolato tessuto produttivo della provincia di Napoli presenta un’alta specializzazione nella fabbricazione di altri mezzi di trasporto, nella fabbricazione del coke e prodotti derivati e nell'industria alimentare. Con riferimento al trasporto marittimo, divisione nella quale l’indice di specializzazione regionale mostra un valore significativo rispetto alla media nazionale (1,79), gli indici di specializzazione più rilevanti per numero di imprese e per addetti si riscontrano nella provincia di Napoli.

29 Tab. 6.2. Indice di specializzazione del Mezzogiorno e della Campania rispetto al totale nazionale. Unità Locali settori industria e servizi 2015 Rami e branche Mezzogiorno Campania Caserta Benevent Napoli Avellino Salerno o Industria in 89 86 83 97 82 112 88 sensostretto - estrazione di minerali 132 43 52 92 13 123 66 da cave e miniere - alimentari, bevande e 159 131 132 191 106 180 157 tabacco - tessili, abbigliamento, 69 108 97 68 128 166 54 articoli in pelle e simili - prodotti in legno e 94 85 74 105 75 102 106 carta, stampa - coke e prodotti derivanti dalla 168 226 74 202 249 189 290 raffinazione del petrolio - prodotti chimici 71 81 104 82 73 75 86 - prodotti farmaceutici di base e di preparati 54 84 76 69 92 139 51 farmaceutici - articoli in gomma e materie plastiche e 105 89 89 146 68 119 115 lavorazione dei minerali - metallurgia, prodotti 80 81 82 94 73 107 88 in metallo - computer e prodotti di 40 39 57 21 41 28 31 elettronica e ottica - apparecchiature elettriche e non 37 50 74 92 41 72 40 elettriche per uso domestico - macchinari ed 31 31 23 30 25 41 46 apparecchiature nca - mezzi di trasporto 65 79 77 97 84 62 69 - altre industrie manifatturiere, 76 70 62 53 77 67 65 riparazione e installazione - energia elettrica, gas, vapore e aria 86 55 54 82 43 95 61 condizionata - acqua reti fognarie, attività di gestione dei 133 117 149 153 98 155 120 rifiuti e risanamento Costruzioni 92 79 100 101 66 97 87 Servizi 102 105 102 100 107 99 103 Commercio 125 131 134 115 136 118 125 Alberghi e Ristoranti 107 103 101 102 95 99 127 Trasporti e 93 93 84 78 96 80 102 Comunicazioni Attività finanziarie 87 87 81 85 91 83 84 Servizi alle imprese 83 86 76 89 90 85 84 Istruzione 93 102 126 82 107 69 88 Sanità e assistenza 102 98 105 101 102 96 85 Altri servizi 96 93 90 102 91 98 97

30 Totale 100 100 100 100 100 100 100 Elaborazioni Svimez su dati Istat

2 – La Campania nel contesto del Mediterraneo

2.1 Il ruolo del Mediterraneo nelle rotte globali

Il 2017 rappresenta una tappa importante nello sviluppo del trasporto marittimo che, dopo anni di crescita lenta, sta vivendo una ripresa significativa in tutti i settori. Clarkson Research stima che il traffico marittimo mondiale registrerà, alla fine del 2017, un aumento del 3,4% rispetto al 2016, con le tonnellate trasportate che ammonteranno a 11,5 miliardi. Il traffico globale di rinfuse secche si prevede in aumento del 3,5% nel 2017, grazie alla forte ripresa delle importazioni cinesi. Il commercio marittimo di petrolio (greggio e prodotti raffinati) si stima aumenti del 2% fino a 3,1 mld di tonnellate, evidenziando un tasso di crescita che risente della riduzione della produzione di petrolio da parte dei principali produttori e del maggiore utilizzo delle riserve da parte di alcuni importanti Paesi importatori. Nel segmento dei container Alphaliner stima un aumento annuo del 6%, riconducibile principalmente alla forte espansione dei traffici Far East-Europe e Transpacifici, nonché all’aumento dei volumi di traffico tra i Paesi asiatici. Naturalmente le previsioni sul commercio sono comunque inserite in un contesto geopolitico internazionale che presenta ancora molti fattori di rischio e di incertezza. Nel lungo periodo, inoltre, occorre considerare le implicazioni connesse alla cosiddetta quarta rivoluzione industriale, che potrebbero sovvertire le “classiche” regole del mercato dei trasporti e delle relazioni commerciali. In questo scenario, come ripreso costantemente dagli studi di SRM, il Mediterraneo ricopre un ruolo strategico, consolidatosi negli ultimi anni, grazie ad una serie di fattori, compresa la direzione lungo la quale si sviluppano le strategie di crescita delle principali economie mondiali. Il Mediterraneo, infatti, sul piano geo-economico interfaccia il grande mercato atlantico e nordeuropeo da un lato, e quello asiatico e africano dall’altro. Per questi motivi, la centralità del bacino mediterraneo negli scenari internazionali rappresenta un forte fattore di attrattività per investimenti pubblici e privati nel settore dei trasporti e della logistica, che continuano a crescere nonostante nuove criticità e conflietti. È un dato consolidato che il Mare Nostrum rappresenti una via privilegiata di transito per i traffici containerizzati - concentra il 25% dei servizi di linea mondiali

31 - e che sia un’area molto significativa anche per i traffici a corto raggio, in direzione nord/sud, in particolare in modalità Ro-Ro. Un altro aspetto rivelatore della centralità del Mediterraneo riguarda l’andamento dell’interscambio commerciale da e verso i Paesi dell’area MENA, che dal 2001 ad oggi conserva una crescita costante. Anche le strategie di crescita adottate dalle principali economie hanno contribuito a rafforzare la centralità nella geo-economia marittima del Mediterraneo: in particolare si fa riferimento alla Belt and Road Initiative lanciata dal Presidente cinese Xi Jinping nel 2013, che si propone di sostenere l’infrastrutturazione dei commerci euro-asiatici che trovano la rotta ideale proprio nel Mare Nostrum. Al riguardo, assumono un significato strategico gli investimenti cinesi nel porto del Pireo, privatizzato nel 2016 in favore della Cosco, 4° carrier mondiale e leader nel settore dry e liquid bulk. L’obiettivo dichiarato è quello di fare del Pireo il maggiore hub logistico per il Mediterraneo, snodo cruciale per il transhipment dei container provenienti dall’Asia. Il porto greco rappresenta l’investimento più evidente ed esplicito della Cina nel Mediterraneo, che ha visto intensificarsi la sua presenza sia sulla Sponda Nord che su quelle Sud – Est negli ultimi anni. Va detto, però, che non è l’unico investimento realizzato, poiché fa parte di una strategia molto più ampia che sta portando i suoi frutti. La crescente centralità del bacino è evidente anche dal dato dei flussi di navi container lungo le maggiori rotte Est-Ovest, che nel 1995 vedevano la “Trans-Pacific” valere il 53% dei transiti globali, a fronte del 27% della Asia-Europa (via Suez e Mediterraneo), mentre nel 2015 le due rotte si sono quasi equiparate (45% la prima e 42% la seconda). Il Canale di Suez – ora in grado di accogliere le grandi navi in entrambe le direzioni, accorciando notevolmente i tempi di attesa - è anche oggetto di un masterplan, in avanzata fase di realizzazione, per lo sviluppo di porti, zone industriali e centri servizio lungo tutto il suo corso. La finalità è di rendere il Canale stesso, non solo il tradizionale transito Oriente-Occidente, ma farne uno dei centri del commercio mondiale. Gli investimenti realizzati - e la generale ripresa del trasporto marittimo - hanno mostrato i loro effetti sul traffico di Suez, che dal 2001 al 2016 ha registrato un +120% delle merci in transito, con circa il 75% di queste riconducibili alle rotte Far East - Europe. Il 2017 si conferma un anno particolarmente positivo considerato che nei primi 9 mesi si è assistito ad una crescita dei volumi trasportati pari al 9,8%: l’espansione del Canale, avvenuta nel 2015, inizia a produrre i suoi effetti.

32 Questi dati confermano il complessivo sviluppo che vede i flussi cargo, dall’Asia verso l’Europa via Mediterraneo, crescere in modo sostenuto, elemento confermato anche delle analisi della Drewry. In particolare, secondo la società inglese, il traffico container dall’Asia al Mediterraneo, lungo l’intero 2016, è cresciuto del 2,5% a 5,2 milioni di TEU, in misura maggiore che verso il Nord Europa, migliorato dello 0,3% a 9,7 milioni di TEU. Con riferimento alle esportazioni europee verso l'Asia, il market share dei porti del Mediterraneo sta crescendo. Durante i primi 3 mesi del 2017 sono transitati 306.385 TEU rispetto ai 255.621 dello stesso periodo del 2016, con un aumento del 20%. La possibilità del Canale di Suez di accogliere le meganavi risponde alle esigenze del settore dei trasporti marittimi, particolarmente accentuato nel segmento container ma anche negli altri comparti, che in modo sempre più incisivo stanno seguendo la strada del gigantismo navale e delle grandi alleanze. Il fenomeno del gigantismo navale ha avuto un’accelerazione negli ultimi anni. Se solo nel 2012, le navi oltre i 10.000 Teus erano “solo” il 13% del totale di quelle in circolazione nei mari, oggi questa percentuale è già cresciuta al 23% e la previsione è di arrivare al 36% nel 2020. La rincorsa a navi sempre più grandi ha generato un diffuso fenomeno di oversupply, in particolare nel segmento dei container e delle dry bulk, nonostante la ripresa del trasporto marittimo desti preoccupazione sulla tenuta dei noli. Nel 2017, secondo la società di analisi Drewry, il margine di guadagno per le compagnie sui noli marittimi, è cresciuto rispetto al passato arrivando al 16%. Nello stesso anno, il profitto aggregato di tutti gli armatori del trasporto container toccherà i 5 miliardi di dollari, rispetto alla perdita di 3,5 miliardi di dollari archiviata nel 2016. Un risultato merito dei numerosi processi di fusione e acquisizione – dal 2016 ad oggi, il numero di vettori attivi nel settore è passato da 20 a 10 – ma anche dell’incremento dei traffici. Alphaliner ha stimato che complessivamente nel 2017 il volume di container movimentato nei principali porti del mondo è cresciuto del 6% rispetto al 2016, il tasso più alto raggiunto negli ultimi 6 anni, con Cina e USA a trainare la ripresa. Un’altra conseguenza del gigantismo navale si riflette direttamente sui porti, in quanto solo pochi scali mondiali, adeguatamente infrastrutturati e con tecnologie all’avanguardia, hanno la possibilità di poter gestire le navi giganti in modo efficiente. Ciò provoca pressioni sui terminal che si trovano nella necessità di investire per offrire sempre infrastrutture e soluzioni innovative flessibili e adeguate alle esigenze di una domanda sempre più sofisticata e concentrata. Il rischio è di indebolire la propria competitività nei modelli di scalo dei carrier. La complessità e il dinamismo dei profondi mutamenti economici e geografici indicati hanno condotto all’apertura di nuove direttrici internazionali, alla definizione di nuovi mercati e alla

33 formazione di nuovi flussi commerciali e a delineare nuovi collegamenti tra Estremo Oriente, Europa e Nord America favorendo il bacino del Mediterraneo come alternativa alle rotte tradizionali. Si assiste non soltanto ad un nuovo disegno dei commerci mondiali via mare, ma si stanno modificando anche le regole della competitività dei porti, che ormai non possono basare la loro crescita soltanto sulla dotazione infrastrutturale, ma devono essere in grado di offrire servizi a valore aggiunto, aree retroportuali che riconoscano per le attività manifatturiere e logistiche agevolazioni fiscali e burocratiche o, comunque, evolversi verso modelli innovativi (fig. 1.1).

Fig. 1.1. Numero di unità>18.000 TEU per anno di consegna e per ciascuna alleanza

Pre-2017 2017 2018 2019 2020

Maersk

2M MSC

CMA CGM COSCO Shg Evergreen Alliance OCEAN OOCL

Hapag Lloyd MOL Yang Ming NYK

THE Alliance K Line 0 5 10 15 20 25 30 35

Fonte: SRM su Alphaliner, 2017

2.2 La competitività portuale europea e nel Mediterraneo

Con l’aumentare dei traffici e delle rotte, e quindi della rilevanza del bacino del Mediterraneo nell’ambito dei trasporti e della logistica marittima, tutti i Paesi che si affacciano sulle sue sponde stanno perseguendo politiche di sviluppo del proprio sistema portuale e retro portuale, coscienti che questo rappresenti un elemento chiave per l’economia e per lo sviluppo e la proiezione estera di un’area. Diventa essenziale di conseguenza effettuare una analisi di competitività per regioni cui appartengono molteplici porti, al fine di ottenere un quadro più organico della dinamica delle aree di movimentazione dei commerci marittimi. Il periodo prescelto è fra l’anno della crisi del 2007 ed il 2016. Considerato che i flussi di merci che passano attraverso Suez in direzione Northbound hanno per il 31% come destinazione i porti dell’Europa Nord-Occidentale (per il 26,2% i porti sulle sponde

34 Sud-Est del Mediterraneo e per il 19% quelli del Nord Med) si è ampliata l’analisi di competitività - oltre che alle Sponde Sud, Est e Nord del Mediterraneo - anche al Northern Range. Il traffico container è indubbiamente il segmento di mercato sul quale si gioca la competitività del sistema portuale europeo ed internazionale; basti pensare che nell’arco del periodo prescelto i porti esaminati in questo documento hanno complessivamente registrato una crescita del 21% del numero di TEU movimentati. Il grafico che segue mostra come si sono distribuite le quote di mercato, espresse in TEU, tra i vari sistemi portuali tra il 2007 e il 2016.

Fig. 2.1 Peso delle regioni portuali nel traffico container (TEU)

Northern Range Sponde Sud-Est e Mar Nero Spagna Italia

2016 49% 29% 14% 8%

2007 56% 21% 13% 10%

Fonte: SRM su Port Authorities, 2017

Il Northern Range si conferma la più importante regione portuale containerizzata in Europa in termini di volumi, cresciuti nel periodo considerato del 6% con quasi 41 milioni di TEU. Tuttavia, se da un lato si consolidano le leadership rispettivamente di Rotterdam e Anversa, occorre sottolineare che il porto belga di Zeebrugge ha registrato una riduzione del 31% dovuto principalmente all’indebolimento della posizione nei modelli di scalo delle alleanze e dei vettori attivi nei traffici Europa-Estremo Oriente. Si evidenzia comunque che esso sta consolidando la sua posizione di leader mondiale nel trasporto auto nel mondo e ha assunto un ruolo chiave per il trasporto Ro-Ro per il mercato britannico. Molto più sostenuta appare la crescita dei porti lungo le sponde Sud ed Est del Mediterraneo e del Mar Nero che è stata pari al 68%, tenendo comunque conto che in valore assoluto il volume complessivo al 2016 è stato pari a 24 milioni di TEU. L’incremento maggiore è riconducibile alla performance del porto di Tanger Med (+394%), che nel 2007 aveva da poco iniziato le attività

35 terminalistiche e che in questi anni ha saputo consolidare i suoi traffici, grazie anche alle importanti zone franche di attività industriali e logistiche collocate nelle aree retroportuali. Significativo anche il risultato del Pireo, i cui volumi sono aumentati da 1,4 milioni di TEU nel 2007 a 3,7 milioni di TEU nel 2016 e di Port Said che, pur non avendo mostrato un incremento importante, mantiene la propria posizione con una movimentazione che oscilla sempre intorno ai 3 milioni di TEU. Anche la regione del Mar Nero, nel periodo considerato, ha visto aumentare il proprio traffico principalmente per la buona performance di Ambarli. La regione portuale del Mediterraneo spagnolo ha registrato una crescita del 29% rispetto al 2007, riflettendo il consistente incremento di Algeciras e Valencia che si confermano leader nel Mediterraneo. Il primo è un porto di transhipment che ha raggiunto il traguardo di 4,8 mln TEU nel 2016 ma si trova ad affrontare la forte concorrenza degli altri porti orientati principalmente alle attività di trasbordo, come Tanger Med in Marocco e Sines sull’Atlantico. I porti di Valencia e Barcellona sono invece gateway, che movimentano i container in maggioranza destinati al mercato interno. Anche se non coinvolti in quest’analisi, perché ancora limitati nel panorama europeo del traffico container, vanno comunque citate le interessanti performance dei porti del Portogallo. Essi stanno cercando di espandere le proprie attività mediante lo sviluppo del transhipment e rafforzando le relazioni commerciali con il mercato spagnolo mediante la realizzazione di un corridoio ferroviario. Il principale porto di Sines ha decuplicato il proprio traffico rispetto al 2007 raggiungendo 1,5 mln TEU nel 2016. Riguardo ai porti italiani, si registra una riduzione del peso del nostro Paese nella gestione dei container nel contesto europeo e del Mediterraneo. Tuttavia se il confronto 2007-2016 si estendesse a tutti i porti italiani (cioè anche a quelli con movimentazioni inferiori agli 800 mila TEU), la movimentazione complessiva di container non mostrerebbe variazioni particolari, oscillando sempre intorno ai 10,5 mln TEU. Ciò in primo luogo dimostra che, contrariamente alle altre regioni portuali in cui il traffico si concentra in pochi scali, in Italia è distribuito tra una pluralità di porti. Inoltre, si sta consolidando una dinamica che sta interessando il nostro Paese, ovvero il rallentamento dei porti di transhipment: il principale scalo italiano, Gioia Tauro, tra il 2007 e il 2016, ha registrato una riduzione del 17%, Taranto al momento è fuori dal mercato del transhipment e Cagliari nel 2016 ha movimentato 700 mila TEU, un dato non molto distante da quello del 2007. Molto interessanti sono invece le performance dei porti gateway, in particolare Genova, che ha realizzato un incremento del 24% dei

36 container, o La Spezia e Livorno, con un +7,2%, o anche Trieste, che ha quasi raddoppiato il suo traffico con circa 500 mila TEU. I dati disponibili (tab. 2.1) per i Top 15 Europei al primo semestre 2017 confermano le posizioni analizzate e la crescita generalizzata del 3,7%, seppure evidenziando differenze tra le varie regioni. Tab.2.1. Variazioni annue del traffico container (TEU) dei Top 15 porti europei Rank 2016 Est 2017 Port Growth 1H2017 1 1 Rotterdam 9,3% 2 2 Antwerp 1,9% 3 3 Hamburg 0,0% 4 4 Bremenhaven -4,9% 5 6 Algeciras -9,4% 6 5 Valencia -1,6% 7 7 Felixstowe 5,8% 8 8 Piraeus 3,8% 9 9 Marsaxlokk nd 10 11 Gioia Tauro 1,0% 11 12 Le Havre 7,8% 12 13 Genoa 13,3% 13 10 Barcelona 28,6% 14 15 Southampton 1,2% 15 14 Sines 34,0% Top 15 3,7% Fonte: SRM su PortEconomics e Autorità Portuali, 2017

Le performance registrate non sono espressione soltanto della differente situazione economica dell’hinterland di riferimento; i porti container stanno diventando sempre più sensibili alle decisioni che sono in grado di spostare importanti quote di traffico, anche in modo repentino, da una regione portuale all’altra. E’ opportuno inoltre evidenziare le cause delle differenti performance di Northern Range, Southern Range e Sponde Sud ed Est del Mediterraneo sono legate alle differenze in termini di mercato di riferimento tra le varie regioni. Da queste analisi ne discende che la competitività di un porto si sostanzia nella capacità dell’insieme dei soggetti (pubblici e privati) che in esso operano di proporre un’offerta qualitativamente elevata di infrastrutture e servizi, in grado di rispondere alle esigenze di mercato, sostenendo efficacemente la concorrenza di altri porti presenti nei differenti contesti territoriali, e di costituire, anche in assenza di porti-concorrenti, un fattore fondamentale di sviluppo economico locale e nazionale. In sostanza si tratta di una combinazione di azioni e strategie che varia dalle basse tariffe portuali alla produttività delle operazioni terminali ed al valore logistico che si viene a creare da quando sbarca un carico fino alla partenza. Tutto questo si lega alla presenza di zone economiche e

37 doganali speciali, veri e propri territori intorno ai porti dotati di legislazione differente da quella nazionale, permettendo un più facile trasbordo verso un paese terzo e favorendo così i flussi export/import e gli investimenti esteri.

2.3 Il Northern Range e il Southern range

Riguardo al Northern Range, è stato spesso messo in evidenza il vantaggio infrastrutturale dei suoi porti, la presenza di sistemi condivisi di cargo community, di ampie aree di manovra e deposito, gestite in rapidità da sistemi meccanizzati (es. carrelli cavaliere o straddle carrier) spesso anche automatizzati, di connessioni ferroviarie e fluviali rapide verso l’interno del territorio di importanti tessuti retroportuali (distripark) dove effettuare lavorazioni a valore aggiunto. Il Northern Range è stata la prima regione a sviluppare un nuovo modello portuale che integra il traffico commerciale con il valore logistico, il maggiore valore creato lungo tutto il flusso del processo produttivo e distributivo. Tali aspetti hanno contribuito a consolidare la leadership dei suoi scali, non limitata alla sola gestione dei container, ma estesa a tutti i segmenti di trasporto marittimo. L’importanza economica del porto di Rotterdam si spiega con il dato del valore aggiunto, diretto e indiretto, prodotto dal porto, che vale circa 21 miliardi di euro (il 3,1% del PIL olandese). Negli anni successivi alla crisi, caratterizzati da una domanda lenta, gli scali del Northern Range, oltre ad aver effettuato importanti investimenti nelle infrastrutture materiali, quali ad esempio, il Maasvlakte II a Rotterdam che consente di accogliere più mega navi contemporaneamente in modo completamente automatizzato, stanno concentrando la loro strategia di crescita sulle infrastrutture immateriali e sull’innovazione. I nuovi sviluppi nel campo dell’information technology (inclusi i tracking and tracing) stanno migliorando in misura consistente la competitività della catena logistica. La strategia adottata dal porto di Rotterdam delinea un nuovo percorso di crescita dello scalo, non più visto come mera infrastruttura, bensì come fulcro di attività economiche, non solo di tipo logistico e trasportistico, ma che proiettano il Paese verso nuovi traguardi di innovazione e “smart”. Il grafico mostra il trend del traffico dei porti dell’area nell’ultimo quinquennio.

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Fig. 3.1. Trend di traffico container dei porti del Northern Range. 2012-1° semestre 2017

45 40 35 30 25 +3% 20 15 TEU (Mln) 10 5 - 2012 2013 2014 2015 2016 1H17*

Rotterdam Hamburg Antwerp Bremen Le Havre Zeebrugge

* Il dato al primo semestre 2017 del porto di Zeebrugge non è disponibile Fonte: SRM su Autorità Portuali, 2017

Nel segmento dei container tutta l’area ha registrato, nel 1° semestre 2017, una crescita del 3%, ma i primi 3 porti hanno rilevato un aumento del 4%, maggiore di quanto è accaduto nel 2016 (+2%) e nel 2015 (-1%). Anche il Northern Range rientra nella sfera di interesse della Cina, che considera tutta la catena logistica che fa riferimento ai suoi porti molto importante nell’ambito della BRI.

2.4 Le relazioni commerciali con l’Italia, in particolare Area MENA e Africa

Nonostante la prolungata fase di instabilità interna che caratterizza diversi paesi della sponda sud del Mediterraneo, l’area MENA gioca un ruolo molto importante nelle relazioni commerciali dell’Italia con l’estero, sia quale area di sbocco per le produzioni nazionali, sia quale fornitore strategico di risorse energetiche tradizionali (gas e petrolio greggio essenzialmente). L’Italia è, in Europa, seconda solo alla Germania tra i partner commerciali dei paesi MENA; a fine anno l’interscambio commerciale – la somma di importazioni ed esportazioni italiane da e verso i paesi della regione Middle East North Africa – supererà i 77 miliardi di euro e nel 2018 sfiorerà gli 80.

39 Il trend di lungo periodo dell’interscambio commerciale tra Italia e area MENA registra una crescita di oltre il 70% tra il 2001 e il 2017 e, con riferimento all’interscambio di prodotti manifatturieri, del 100% nello stesso periodo. Inoltre, gli scambi commerciali di prodotti manifatturieri presentano un profilo di crescita costante, senza grandi variazioni tra un anno e l’altro e con un solo anno in cui il valore degli scambi è risultato in contrazione (il 2009, al culmine della crisi finanziaria globale). Includendo i prodotti di natura energetica (essenzialmente petrolio greggio e gas naturale importati in Italia e prodotti petroliferi raffinati in esportazione verso i paesi MENA), il trend dell’interscambio risulta più irregolare, con un’ampia variabilità nei singoli anni all’interno del periodo considerato. Più in dettaglio, si osserva una crescita costante tra il 2001 e il 2008, a cui ha fatto seguito un brusco calo nel 2009 (calo che ha interessato tutti i partner commerciali dell’area MENA competitors dell’Italia, per effetto della crisi economica internazionale) e una successiva ripresa nel periodo 2010-2012, con un’intensità simile ai competitors europei (Germania, Francia e Regno Unito) ma inferiore rispetto a Stati Uniti e Cina. A partire dal 2012 l’interscambio tra l’Italia e l’area MENA ha fatto registrare una costante contrazione, cui hanno contribuito la crisi politica in Libia (Paese con cui l’Italia aveva forti relazioni commerciali, all’interno delle quali l’interscambio di prodotti energetici aveva un ruolo preponderante) e, più in generale, la forte riduzione del prezzo del petrolio (negli anni 2015 e 2016) ha determinato un calo notevole nel valore dell’import-export energetico e dei prodotti ad esso associati; in sostanza, l’elevata volatilità del prezzo del petrolio ha determinato una forte variabilità del trend di lungo periodo dell’interscambio e, nel quadriennio 2012-2016, la sua contrazione. Se, da un lato, l’Italia rappresenta il secondo partner europeo dei paesi MENA (dopo la Germania) e il quarto in assoluto, dietro anche Cina e Stati Uniti, d’altro canto, l’incidenza dell’area MENA sul commercio estero totale dell’Italia (9,1% nel 2017) è superiore a qualunque altro Paese. Oltretutto, per le diverse macro-aree all’interno del territorio nazionale l’importanza dei paesi MENA è molto differente: il commercio estero con l’area MENA incide per una percentuale tra il 6,5% e l’8,7% sul totale dell’interscambio con l’estero nel Nord-Ovest, nel Nord-Est e nella macro-area Centro, percentuale che sale al 18,1% con riferimento al Mezzogiorno. L’Italia ha una lunga storia di rapporti commerciali con la regione nordafricana e mediorientale, favoriti naturalmente da una vicinanza geografica che non ha mai smesso di rappresentare un fattore importante nei rapporti tra Paesi.

40 Tali relazioni sono contrassegnate da una spiccata complementarietà, basti pensare al settore energetico, con un interscambio tra l’Italia e i Paesi MENA che complessivamente sfiora i 18 miliardi di euro, di cui ben 4 miliardi che riguardano esportazioni italiane: infatti, oltre alla forte e diffusa presenza di imprese italiane nei settori collegati all’industria estrattiva, in un’area d’importanza strategica per la sicurezza energetica del nostro Paese, l’Italia è a sua volta un importante fornitore di prodotti energetici raffinati. I numeri degli scambi commerciali tra l’Italia e i paesi MENA indicano, quindi, che in tutti i comparti produttivi i flussi di merci viaggiano i entrambe le direzioni, anche grazie ad una progressiva integrazione tra sistemi produttivi, favorita dalla vicinanza geografica e dalla complementarietà. Oltre all’industria estrattiva, sono numerosi i comparti produttivi in cui le relazioni tra imprese italiane e imprese locali hanno prosperato e continuano ad intensificarsi. In effetti, è la stessa composizione merceologica delle importazioni MENA a rappresentare un fattore potenziale di integrazione tra sistemi produttivi e di collaborazione tra imprese italiane e locali. La domanda di beni manifatturieri esteri da parte dell’area MENA è consistente (supera i 750 miliardi di euro) ed in crescita. Essa si concentra in gran parte (per il 42%) nel comparto del ‘made in Italy’ e nella meccanica. Questi due settori hanno anche registrato una sostanziosa crescita negli ultimi 5 anni (2011-2016): le importazioni nell’area MENA sono aumentate del 25,3% nel comparto della meccanica e del 16,6% nel ‘made in Italy’. In totale, l’export manifatturiero italiano verso l’area MENA è risultato pari a 37 miliardi di euro nel 2016, di cui oltre il 55% costituito da prodotti dei comparti meccanica e “made in Italy”. In questi comparti produttivi l’Italia registra una quota di mercato pari rispettivamente al 10,2% nella meccanica (dietro Cina e Germania) e al 4,2% nel “made in Italy” (alle spalle della sola Cina). Il Mezzogiorno incide per una quota modesta (7,8%) sull’export italiano verso l’area MENA, per una cifra di circa 2,9 miliardi di euro. Il processo di progressiva diversificazione produttiva in atto in molti Paesi dell’area MENA – in particolare nei paesi esportatori netti di petrolio – che ha l’obiettivo di attenuare la dipendenza dal comparto Oil & Gas puntando allo sviluppo di altri settori (turismo, in primo luogo, ma anche agricoltura, industria ed energie rinnovabili), favorirà il processo di sostituzione merceologica del commercio estero in questi paesi, da una prevalenza di prodotti di natura energetica verso produzioni manifatturiere. Importanti opportunità di sviluppo per le imprese, inoltre, sono legate

41 alla necessità di questi paesi di ammodernare e/o potenziare la propria rete infrastrutturale, attraverso grandi progetti di investimento. Ciò favorirà la crescita della presenza di imprese italiane nei Paesi MENA, e di conseguenza, si intensificherà la collaborazione tra queste imprese e quelle locali nei paesi ospitanti. Si consolideranno rapporti di fornitura e ci sarà un naturale processo di trasferimento tecnologico verso realtà produttive locali per le quali aumenteranno le opportunità di affari. Essere inseriti all’interno di catene internazionali di fornitura e consolidarne l’appartenenza rappresenta un fattore di sviluppo strategico per le imprese dell’area MENA: consente di acquisire know how e assumere best practices e, per questa via, introdurre innovazioni in processi, prodotti e servizi offerti che a loro volta aprono nuove opportunità di affari. In definitiva, due sono i fattori che possono favorire investimenti produttivi in Italia da parte di imprese di Paesi dell’area MENA. Da un lato, il progressivo intensificarsi dei rapporti d’affari con imprese italiane: infatti, il consolidamento dei rapporti cliente-fornitore e la partecipazione in pianta stabile all’interno delle catene internazionali di fornitura messe in piedi da grandi players italiani in diversi comparti potrebbero determinare l’esigenza di una maggiore vicinanza geografica delle imprese MENA fornitrici di imprese italiane alla casa-madre in Italia. D’altro canto, l’Italia importa dai Paesi MENA oltre 40 miliardi di beni di diversi comparti produttivi. L’esigenza di presidiare un mercato importante e dai grandi numeri come quello italiano potrebbe condurre numerose imprese dei Paesi MENA a realizzare investimenti produttivi nel nostro Paese, trasferendo uffici commerciali e centri di assistenza alla clientela.

2.5 I porti della Sponda Sud-Est del Mediterraneo

Questa regione portuale abbraccia porti che appartengono ai 3 diversi continenti che si affacciano sul Mediterraneo: Europa, Africa, Asia. Il principale porto dell’area del Mediterraneo Orientale, per container movimentati, è il Pireo. Come noto, lo scalo greco ha intrapreso un forte sviluppo dal 2009, quando la consociata Piraeus Container Terminal di Cosco Shipping ha ottenuto la concessione per 35 anni dei moli II e III del porto. Nel 2016, Cosco Shipping ha acquisito il 67% del capitale azionario dell’Autorità portuale del Pireo, nell’ambito di un accordo finalizzato a trasformarlo in un importante hub per il trasporto al crocevia dell’Asia, dell’Europa e dell’Africa. L’accordo ha previsto un’offerta del valore di 368,5 milioni di euro: di questi 350 milioni di investimenti verranno realizzati entro il prossimo decennio,

42 non soltanto nel segmento dei container, ma anche nella crocieristica, cantieristica e nello sviluppo del Ro-Ro. Tra il 2010 e il 2016, la capacità di gestione delle merci del porto del Pireo è passata da 864 mila a 3,75 milioni di TEU (+334%), andando ad occupare la 3° posizione nel ranking del Mediterraneo e la 38° nel mondo. L’obiettivo dichiarato è quello di arrivare a 5 milioni di TEU entro il 2018. Nel giugno 2017 inoltre l’Autorità Portuale del Pireo e la Cosco Shipping, hanno firmato due memorandum d’intesa per rafforzare i legami commerciali. Il Pireo è il perno più importante dei flussi commerciali lungo la Belt and Road Initiative una volta giunti nel Mar Mediterraneo. Già oggi la Cosco controlla l’80% del cargo ferroviario greco ma nei piani cinesi, il Pireo dovrebbe essere collegato al cuore dell’Europa grazie alla costruzione di una linea ferroviaria lunga 350 Km e passante per i Balcani, lungo l’asse Skopje-Belgrado-Budapest, dell’importo di circa 3 miliardi di dollari. Fa parte del Gruppo Cosco anche Piraeus Consolidation & Distribution Center che opera nella Free Zone e offre servizi logistici con agevolazioni doganali e benefici fiscali per le merci. Restando nella parte orientale del Mediterraneo meritano una particolare attenzione i porti israeliani anch’essi oggetto di importanti investimenti cinesi, in quanto il Paese per il suo posizionamento strategico è di molto interesse nell’ambito della strategia BRI. Il governo israeliano attribuisce una enorme importanza al settore portuale considerando che il 99% in volume e l’80% in valore dell’import – export del Paese avviene via mare. Numerosi sono stati gli investimenti in infrastrutture portuali che hanno consentito una crescita media annua del segmento dei container negli ultimi 25 anni del 6,6%. Nel 2016 i principali 2 scali israeliani, Haifa e Ashdod, hanno gestito 2,7 milioni di TEU, ma con forti previsioni di crescita in relazione al completamento dei lavori di espansione in atto. Sono infatti in fase esecutiva 2 nuovi terminal, che porteranno la capacità in Israele fino a 7 mln di TEU. Shanghai International Port Group (SIPG) e Dutch Terminal Investment (TIL) hanno acquisito la gestione per 25 anni rispettivamente di Haifa Bayport e Ashdod Southport. Gli investimenti complessivi ammontano a 4 mld$. Anche il porto di Malta, istituito nel 1988 come primo hub di trasbordo nella regione del Mediterraneo, ha registrato una crescita notevole. Attualmente si colloca al 9° posto tra i porti europei ed è il 4° più grande centro di trasbordo e di logistica nella regione mediterranea, con oltre 3 milioni di TEU movimentati. Oltre il 95% del traffico container del freeport è attività di trasbordo e Marsaxlokk è un porto franco dogana per merci intercontinentali e offre anche una serie di agevolazioni alle imprese che si istallano e operano al suo interno.

43 Altamente dinamico in Turchia è il settore della logistica e dei trasporti, che sta conoscendo un grande sviluppo, reso ancor più interessante dalla posizione geopolitica del Paese, ponte tra Europa, Asia e Medio Oriente del Paese. Complessivamente i principali porti turchi, Ambarli sul Mar Nero e Mersin sul Mediterraneo, hanno movimentato nel 2016 2,8 e 1,4 mln di TEU. Anche i porti turchi sono oggetto dell’interesse cinese nell’ambito della strategia BRI che li ha portati ad investire 919,8 mln $ per l’acquisizione del 64,52% del capitale del Kumport Terminal di Ambarli nel 2015. Mersin dispone di una Free Zone che occupa oltre 7.800 persone, con un valore del commercio di 3,8 mld$. Le 421 imprese presenti (delle quali l’81% sono locali) operano prevalentemente nel tessile, nella manifattura della carta e dei prodotti in carta, e nella lavorazione dei metalli. I porti della Sponda Sud sono infrastrutture “più giovani” rispetto ai loro competitors europei. I fattori che hanno determinato il consolidamento della loro posizione nel panorama mondiale del traffico dei container sono state le infrastrutture, nelle quali i rispettivi Paesi hanno molto investito; le grandi aree retroportuali a disposizione; le basse tariffe e i bassi costi della manodopera che hanno consentito di attrarre le linee di navigazione, costantemente alla ricerca di costi più sostenibili. In tal modo, sono riusciti ad accrescere le proprie quote di mercato nel segmento dei container, ma l’evoluzione dei trasporti marittimi negli ultimi anni ha portato gli scali della Sponda Sud a ridisegnare le loro strategie di crescita, anche al fine di favorire l’economia dei Paesi cui appartengono. Oltre ad offrire infrastrutture in grado di gestire le navi sempre più grandi, essi hanno migliorato ed ampliato la propria offerta integrando i servizi portuali con quelli logistici ad elevato valore aggiunto. L’ampio progetto che riguarda la Suez Canal Zone modificherà il ruolo di Port Said, che si colloca all’imbocco settentrionale del Canale di Suez e che nel 2016 ha gestito 3 milioni di container, un dato in calo rispetto all’anno precedente ma che gli consente di conservare la leadership tra i porti nord africani. Il porto egiziano è naturalmente interessato dall’aumento di traffico che sta avvenendo nel Canale di Suez a seguito dell’allargamento avvenuto nel 2015 e che, dopo le iniziali difficoltà dovute al generale rallentamento del commercio mondiale, nel 2017 ha mostrato una forte crescita. Appena 3 giorni dopo l’inaugurazione del Nuovo Canale, con decreto presidenziale n.330/2015 è stata istituita la Suez Canal Economic Zone (SCZone) che copre un'area di 461 chilometri quadrati e 6 porti marittimi. L’obiettivo che si è posto il governo è trasformare l'area in un hub di logistica globale e in un centro di lavorazione industriale che serve l'Europa, l'Asia, i mercati dell'Africa e del Golfo per facilitare la crescita economica e creare posti di lavoro sostenibili

44 per la manodopera locale. La strategia è quella di creare un ambiente favorevole agli investimenti stranieri: il governo ha infatti previsto una serie di facilitazioni burocratiche e agevolazioni fiscali e doganali per le imprese che volessero insediarsi nell’area. Un ampio range di investimenti sarà possibile nella SCZone: dai servizi marittimi all’industria (potenziali opportunità riguardano il settore della farmaceutica, il food processing, l’automotive, il tessile e il petrolchimico), alle energie rinnovabili e all’ICT. Questo megaprogetto a lungo termine dovrebbe generare 12 mld$ ogni anno solo dai suoi 6 porti, dopo il completamento di tutti i progetti industriali e commerciali previsti, e attivare 1 milione di nuovi occupati nell’arco di 15 anni. Negli obiettivi del Governo la Zona potrebbe concentrare il 30-35% dell'economia dell'Egitto e diventare una delle principali sette zone al mondo per investimenti entro il 2030. Ancora una volta si evidenzia la presenza cinese, non soltanto nella gestione del Suez Canal Container terminal (SCCT) a Port Said da parte della Cosco, ma anche per gli investimenti e per gli accordi di collaborazione effettuati. Ne è un esempio la presenza della cinese Teda Investment Group che già nel 2013 ha firmato un accordo di sviluppo degli investimenti nella SCZone della durata di 45 anni che prevede un investimento complessivo di 500 mln$. La logistica e le infrastrutture rappresentano un ingranaggio fondamentale nei piani di sviluppo del Marocco e rappresentano, in una certa misura, la base necessaria alla sua competitività. Il principale porto dell’area è Tanger Med, attivo dal 2007, che si trova in una posizione strategica a 14 km dalla Spagna e sulla via di passaggio tra Asia, Europa e America; è circondato da una zona franca di attività industriali e logistiche. Integrando più di recente il deep sea con lo short sea e insediando impianti di logistica a valore (la Renault in attività assemblaggio), è divenuto una piattaforma logistica connessa con diversi porti europei, basandosi sul funzionamento della produzione just in time (l’assemblaggio della Dacia): la politica di gestione delle scorte a ripristino, che utilizza metodologie tese a migliorare il processo produttivo, cercando di ottimizzare non tanto la produzione quanto le fasi a monte e di alleggerire al massimo le scorte di materie prime e semilavorati necessari alla produzione. Tanger Med quindi non è solo porto: è una piattaforma logistica ed industriale di livello intercontinental,e interamente gestito dalla Tanger Med special Agency (TMSA). Il complesso portuale include: Tanger Med 1, che, con i 2 terminal affidati in concessione rispettivamente ad APM ed Eurogate, ha una capacità di 3 mln di TEU; Tanger Med 2 che avrà anch’esso 2 terminal dedicati alla gestione delle portacontainer di ultima generazione, in grado di

45 portare la capacità complessiva a 9 milioni di TEU. Tanger Med vanta tra i suoi clienti le più importanti shipping companies e nel 2016 ha gestito quasi 3 milioni di TEU. Tanger Med è anche una Grande Piattaforma Industriale (GIP) che comprende: • una zona franca logistica (MedHub) che prevede vantaggi fiscali e doganali. Nel 2016 dopo Adidas e 3M, anche Decathlon ha deciso di insediarsi qui occupando un'area di oltre 20 mila metri quadri di magazzini, che renderà il centro logistico di Decathlon a Tangeri il secondo più grande al mondo, dopo quello di Singapore, che movimenta tutta le merci destinate ai mercati asiatici; • una zona franca industriale (Tanger Free Zone) di attività polivalente, orientata all’esportazione, presso la quale operano 650 imprese e 50 mila lavoratori; • una piattaforma dedicata al settore automobilistico (Tanger Automotive City) che comprende il complesso industriale “Renault-Nissan”, uno degli investimenti più importanti del Mediterraneo, che gestisce anche il Terminal veicoli del porto. Sono inoltre presenti un centinaio di fornitori internazionali (Denso, Leoni, Delphi, Sumitomo, ecc.), che fanno del Marocco il più grande produttore di veicoli della regione MENA, con lo stabilimento Renault che realizza una produzione annua di quasi 400 mila veicoli. Il settore conta un totale di 152 imprese, 2,5 miliardi di euro di esportazioni legate all’automotive e 61.000 lavoratori qualificati. È poi presente una zona dedicata alle attività offshoring (Tetouan Shore) che è un outsourcing di servizi call center e che rappresenta un richiamo al nearshoring europeo con un’area di 28 ettari, un investimento complessivo di 120 mln€ e la creazione di complessivi 12 mila posti di lavoro. Tutte le zone franche interne al complesso di Tanger Med prevedono speciali procedure doganali, amministrative e sociali. Il grafico mostra il trend del traffico dei porti dell’area nell’ultimo quinquennio (e, laddove disponibili al primo semestre 2017).

46 Fig. 5.1. Trend di traffico container dei porti della Sponda Sud - Est. 2012-1° semestre 2017

Southern Med Eastern Med Black Sea

* Il dato al primo semestre 2017 di Port Said, Alexandria, Malta e Ambarli non sono disponibili Fonte: SRM su Autorità Portuali, 2017

2.6 La competitività dei porti italiani tra evoluzione normativa e nuove opportunità

In Italia è mancata a lungo la percezione dell’importanza dell’economia marittima, ciò probabilmente spiega i lunghi tempi di attesa della riforma della legge 84/94 sui porti che si richiedeva da oltre un decennio. L’analisi della quota di mercato nel segmento dei container, tra il 2007 e il 2016, mostra una riduzione per l’Italia compensata dalla crescita dei porti della Sponda Sud e spagnoli. La riforma introdotta dal Dlgs. n. 169 del 2016 relativo alla riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali ne ha ridotto il numero da 24 a 15, assegnando loro la nuova definizione di Autorità di Sistema Portuale (AdSP). Esse sono enti pubblici non economici di rilevanza nazionale a ordinamento speciale, dotate di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria, nonché di potere di ordinanza. La governance delle AdSP si incentra sulla figura del Presidente, al quale sono riconosciuti tutti i poteri gestionali di ordinaria e straordinaria amministrazione, che è affiancato da un Comitato

47 di Gestione molto snello, quale organo politico-strategico dell’ente. L’Organismo di partenariato della risorsa mare, che esprime la voce dei rappresentanti del mondo imprenditoriale e del mondo sindacale del settore portuale, ha funzione consultiva. Il coordinamento a livello nazionale delle scelte strategiche, che attengono ai grandi investimenti infrastrutturali, alle scelte di pianificazione urbanistica in ambito portuale, alle strategie di attuazione delle politiche concessorie del demanio marittimo, nonché di marketing e promozione del sistema portuale nazionale sui mercati internazionali, è attribuito alla Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema portuale. La riforma, oltre alla razionalizzazione amministrativa, prevede anche la semplificazione burocratica, con la realizzazione dello Sportello Unico Doganale e dei Controlli e dello Sportello Amministrativo Unico, un front office per tutti i procedimenti amministrativi e autorizzativi non riguardanti le attività commerciali e industriali. I due sportelli sostituiranno gli attuali 23 soggetti addetti ai 113 procedimenti amministrativi ed abbasseranno drasticamente i relativi tempi di funzionamento nonché quelli relativi allo sdoganamento. La riforma ha voluto dare un forte segnale di attenzione al settore marittimo portuale con l’obiettivo di realizzare un sistema nazionale integrato di trasporto, nel quale la logistica assume un ruolo determinante nell’interconnessione tra porti, interporti, ferrovie, autostrade. Essa si inserisce nella più ampia strategia delineata dal Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica (PSNPL), che punta sulla competitività dei porti e sostiene il ruolo dell’Italia, attraversata da quattro corridoi ferroviari Ten-t e con 8 mila chilometri di coste, come porto europeo nel Mediterraneo. Molti sono gli ulteriori interventi messi in campo dal MIT su logistica e portualità al fine di rafforzare i porti, nell’ambito delle sfide globali in atto: semplificazioni su escavi e dragaggi dei fondali; miglioramento dei collegamenti ferroviari di “ultimo miglio” (all’interno del contratto RFI sono stati attivati diversi collegamenti ferroviari portuali); scelta e revisione con il MIT dei progetti strategici ed accelerazione dei cantieri con fondi nazionali ed europei; conferma del “Ferrobonus” e “Marebonus” (nella Legge di Stabilità 2016 sono stati autorizzati 200 milioni di incentivi per il trasporto merci via ferrovia e via mare). Nella Legge di Stabilità 2016 è, inoltre, prevista la riduzione o esenzione dal pagamento della tassa di ancoraggio e delle accise nei porti di transhipment. La razionalizzazione amministrativa e la semplificazione burocratica erano due elementi importanti per ridare forza competitiva al nostro Paese. Le lungaggini e i vincoli delle procedure burocratiche e amministrative rendevano i tempi e i costi del nostro import-export marittimo

48 troppo elevati rispetto ai competitors. Allo stesso modo, le carenze del trasporto intermodale italiano hanno favorito il ricorso alla gomma, non soltanto per i collegamenti di ultimo miglio. Nello scenario del prossimo futuro, di fronte alla portualità italiana vi è una sfida di grande rilievo, dalla quale dipende il nuovo assetto della logistica nazionale. Negli ultimi anni si è evidenziata una difficoltà per i nostri hub, che hanno perso traffico, che invece è cresciuto, anche a tassi importanti, nei porti gateway (fig. 6.1).

Fig. 6.1. Trend traffico container nei porti hub e in quelli gateway italiani. 2007-2016

8 7

6 CAGR +2,1% 5 4 Hub

Milioni di TEU 3 Gateway 2 CAGR -3,3% 1 0 2007200820092010201120122013201420152016

Fonte: SRM su Assoporti 2017 In tale ottica il porto di solo transhipment (mare/mare dei flussi container), come Gioia Tauro ad esempio, sta conoscendo difficoltà, sia a livello inter-mediterraneo, sia nel confronto tra Southern e Northern Range (fig. 6.2).

Fig. 6.2. Trend di traffico container dei principali porti italiani. 2012-1° semestre 2017

Genoa La Spezia Gioia Tauro Leghorn 8 7 6 5 4

TEUs (mln) 3 2 1 - 2012 2013 2014 2015 2016 1H17

Fonte: SRM su Autorità Portuali, 2017

49 L’evoluzione del concetto di porto hub verso il ruolo di piattaforma commerciale integrata nella catena logistica delle diverse regioni portuali, nonché le performance registrate negli ultimi anni, suggeriscono che la strategia di sviluppo del nostro sistema portuale non cerchi la competizione con grandi hub del Mediterraneo come il Pireo, ma punti sul ruolo dei porti di accesso all’Europa. Non è un caso l’interesse della Cina per Trieste, porto europeo che gode di extraterritorialità doganale e collegato via ferro all’Europa centrale ed orientale. In questo modo si spiega anche l’investimento di 450 mln€ nel Terminal di Vado Ligure della Cosco e di Qingdao Port International Development, che hanno acquisito rispettivamente il 40% e il 9,9% del nuovo terminal in costruzione. L’obiettivo degli investitori cinesi e l’ambizione dei nostri scali è l’ampliamento del raggio di competitività del sistema portuale, che può proporre un’alternativa di servizio dal Sud per i traffici di import/export della Svizzera e della Germania meridionale (Baviera, Baden- Württemberg) attraverso la messa a punto di efficienti snodi intermodali, in grado di sfruttare le opportunità aperte dal prossimo completamento delle infrastrutture ferroviarie del corridoio Reno- Alpi. I porti del Mezzogiorno hanno un fattore di attrazione naturale, rappresentato dal loro posizionamento strategico che consente di evitare deviazioni di rotta: ma occorre migliorare l’aspetto intermodale. In particolare, la combinazione dei porti di Napoli-Salerno sul Tirreno e Bari- Taranto sulla dorsale adriatica può diventare la base logistica per l’insieme dell’industria italiana fino alla Pianura Padana. I fattori di successo analizzati in questo documento evidenziano che l’attenzione alle infrastrutture è stata affiancata dalla realizzazione di retro porti, dove avvengono le attività industriali e manifatturiere, accanto a numerose funzioni logistiche a valore in ambiente ZES (Zone Economiche Speciali, cioè con defiscalizzazione parziale o totale per i flussi export o riexport e import). Si sono mossi così anche molti altri porti nel Mediterraneo. Questa è la sfida aperta per la portualità italiana. L’attuazione della riforma è solo il primo passo: senza la costruzione di network di collegamenti terrestri efficienti e di retroporti dotati di aree logistiche, si rischia una stasi rispetto all’evoluzione della logistica portuale nei prossimi anni. L’istituzione delle ZES prevista dalla normativa italiana può creare ulteriore sviluppo e una nuova prospettiva di crescita nel campo della logistica e delle attività produttive. L’Italia può cogliere anche un’altra importante opportunità dovuta alla sua rilevanza nel settore Ro-Ro: il nostro Paese è leader, per numero di navi e tonnellaggio, della flotta mondiale di navi ro-ro cargo e passenger/cargo. Anche in questo caso l’esperienza di un paese competitor, il

50 Marocco, può offrire un esempio di buona pratica di innovazione portuale come adattamento alla competizione globale, come è avvenuto a Tanger Med. L’intuizione di successo è stata quella di svincolare lo scalo dalla sua natura di puro hub e affiancare il Ro-Ro al transhipment, generando in tal modo un traffico Short Sea Shipping, sia merci che passeggeri, che alimenta il porto e che dal porto viene alimentato. Importante sarà proprio la giusta integrazione deep sea-short sea per questo tipo di traffico. Lo sviluppo del trasporto combinato perciò e strettamente legato all’esistenza di una rete infrastrutturale capace di organizzare con efficienza ed efficacia il complesso processo logistico relativo sia al sistema di trasporto sia ai servizi funzionalmente legati alla movimentazione delle merci.

2.7 I Porti di Napoli e Salerno nello scenario euromediterraneo

Come si è verificato sinora, la centralità del Mediterraneo, nonostante la crisi, non è venuta meno, anzi il Mare Nostrum ha recuperato in termini di appetibilità commerciale, logistica ed infrastrutturale rispetto ai porti del Nord Europa, pur con le contrazioni di traffico che si sono determinate per effetto della crisi economica di lungo periodo. Tra le opportunità, sulle quali continuare a lavorare per sviluppare la portualità del Mediterraneo, vi è la compresenza di diverse tipologie di servizi e di organizzazione nel trasporto marittimo. Rispetto alle previsioni che erano alla base dei trend del passato, vi è da sottolineare la perdita di traffico rilevante dei porti di transhipment, a causa della decisa contrazione dei traffici mondiali, che ha colpito in misura minore i regional ports, tra i quali Napoli e Salerno. Insomma, il Sistema Portuale del Tirreno Centrale è stato in grado di cogliere una finestra di mercato derivante dalla rivitalizzazione dei regional ports, in uno scenario di razionalizzazione dei flussi di traffico nel cui ambito la riorganizzazione delle rotte ha assunto un ruolo maggiormente decisivo. Infatti, alcuni carrier internazionali hanno concentrato i loro traffici e la loro politica di trasporto marittimo sui porti di transhipment e su quelli di destinazione finale, altri hanno, invece, concentrato i loro traffici e le loro flotte sui regional ports, mentre altri ancora hanno coniugato entrambe le modalità di trasporto container. Questo vuol dire che, a differenza di quanto ipotizzato fino a qualche anno fa, si può prevedere una crescita del traffico non solo concentrata nei porti di transhipment, che anzi vivono una fase di accentuata concorrenza tra di loro, ma anche in tutti gli

51 altri regional ports. La crisi ha visto la formazione e l’evoluzione delle alleanze tra i grandi carriers internazionali, che hanno cercato, in tale maniera, di contrastare la perdita di volumi nel trasporto internazionale, concentrando su un numero minore di navi la quantità di container trasportati su rotte simili. Inoltre, bisognerà vedere se la concentrazione dei carriers su un numero minore di navi per percorsi simili e la condivisione degli slots, con conseguente concentrazione su un numero minore di porti, tra i quali Napoli e Salerno, fenomeno visto negli anni della crisi, farà rimanere buone quote di traffico nei porti scelti, anche allorquando queste sinergie di difesa dovessero completare i propri effetti, soprattutto in presenza di una ripartenza a ritmi più significativi dell’andamento economico globale. Per ora, e per i prossimi anni, è probabile che prosegua un fenomeno di razionalizzazione e di ottimizzazione delle rotte e delle flotte. Napoli e Salerno possono rendersi complementari e riuscire a crescere assieme se riusciranno a cogliere opportunità complementari di mercato. Questo fenomeno sta già accadendo nel segmento del traffico containers, in quanto l’alleanza 2M (Maersk e MSC) eleggerà il porto di Napoli, mentre The Alliance ed Ocean Alliance sceglieranno vocazionalmente lo scalo di Salerno. La capacità di proporsi in modo integrativo su stessi settori di mercato per il traffico commerciale implicherà capacità di regia da parte dell’Autorità ed intelligenza nelle scelte degli operatori. Recentemente Ocean Alliance ha scelto di fare scalo Salerno per il servizio settimanale diretto full container per la costa est gli Stati Uniti. Capacità di dialogo e di integrazione strategica fanno parte degli ingredienti necessari per una crescita consapevole in uno scenario instabile. Secondo il vigente Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica due fattori giocano a favore dell’idea che il sistema portuale e logistico del Mezzogiorno possa giocare un rinnovato ruolo di traino, non soltanto per la ripresa economica e lo sviluppo di quest’area del Paese, ma anche per il processo di coesione con il resto d’Italia e con l’Europa. In particolare, il sistema Napoli-Salerno rappresenta nel Mezzogiorno uno dei tre sistemi portuali principali a cui guardare con particolare attenzione. Infatti, detto sistema è visto come un unico grande sistema portuale multipurpose, giustificato da un grande bacino demografico ad alta densità di popolazione, ed anche dalla presenza di importanti poli produttivi composti da alcune grandi aziende e da sistemi di piccole e medie imprese che si estendono in Campania ed in alcune aree della Basilicata, della Puglia e del basso Lazio. I due porti operano sia nel mercato dei contenitori, che in quello di alcuni settori “general cargo”, come per esempio la filiera dell’auto.

52 Nel porto di Napoli il settore containers, dopo la buona performance del triennio 2010-2012, ha registrato un decremento nel triennio 2013-2015, in particolare nell’anno 2014, per poi intraprendere una lieve ascesa nel 2015 come si evince dal grafico seguente. Nel 2016 si è registrato un incremento pari al 10,3% rispetto all’anno precedente, superando il dato del 2013 (fig. 7.1). Fig. 7.1. Traffico container nel porto di Napoli (Teus)

600000

500000

400000

300000

200000

100000

0 2011 2012 2013 2014 2015 2016

% 2016 Tipologia traffico 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 /2015 traffico container 534.694 526.768 546.818 477.020 431.682 438.280 483.481 10,3 (TEU)

Nel 2012, con 546.818 teus, il porto di Napoli ha registrato il dato migliore, tenendo comunque conto che il 20% circa di tale volume era costituito da movimentazione di containers vuoti. Questa crescita va ricercata nella buona appetibilità commerciale del porto di Napoli (il capoluogo partenopeo è al centro di un’area urbana ed extraurbana tra le più popolose d’Europa) e nel fatto che lo scalo partenopeo, nel fenomeno di concentrazione dei carriers marittimi di linee e naviglio, si è trovato tra i porti beneficiari degli approdi scelti. La decisione di Cosco di acquisire lo scalo del Pireo ha ovviamente modificato lo scenario di riferimento del traffico containerizzato per il porto di Napoli, in quanto ha indirizzato flussi di traffico verso altre destinazioni. Si tratta ora di riannodare le fila di un diverso assetto competitivo, tenendo conto delle trasformazioni che si sono determinate e delle opportunità che possono essere costruite a seguito della riorganizzazione per grandi alleanze ed aggregazioni da parte dell’industria armatoriale. I traffici delle rinfuse solide e liquide del porto di Napoli hanno risentito significativamente degli effetti della crisi, in quanto la minore propensione al consumo e la tendenza costante alla

53 containerizzazione (per le merci solide) hanno un’influenza diretta su queste tipologie di trasporto. Nonostante la riduzione di tali traffici, essi rimangono estremamente importanti per il porto di Napoli, sia per alcune specificità merceologiche (prodotti chimici, grano, legname, cellulosa), sia per il valore aggiunto che esse tradizionalmente rappresentano per l’economia portuale.

Tipologia % 2016/ 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 traffico 2015 traffico rinfuse 4.419.297 4.363.460 3.295.637 4.059.988 5.341.497 5.988.578 6.103.834 1,9 solide

Nel triennio 2010-2012 le rinfuse liquide hanno registrato un valore maggiore rispetto alle rinfuse solide, per poi assistere a un’inversione di tendenza, che ha visto realizzare nel triennio 2013- 2015 un valore maggiore nel settore delle solide. Nel primo semestre del 2016 le merci liquide hanno presentato un aumento del 28,5%, soprattutto nel settore dei gas liquefatti, mentre le rinfuse solide hanno presentato una riduzione del 12,1% nel settore dei cereali; è da sottolineare il consistente aumento del 58,8% nel settore dei prodotti metallurgici, dei minerali di ferro, ecc.

Tipologia % 2016/ 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 traffico 2015 traffico 5.551.90 5.481.95 5.173.67 5.079.05 4.671.98 4.805.95 5.224.31 rinfuse 8,7 3 9 4 9 6 5 6 liquide

In generale, per quanto riguarda le dinamiche commerciali, il flusso prevalente vede una dominanza dell’import dall’Oriente (circa il 70% della quota import totale), con una estrema eterogeneità nelle tipologie di merce (parti elettriche, prodotti finiti elettronici, giocattoli, ceramiche, corsetteria, prodotti semilavorati, abbigliamento e quanto altro si produce in Oriente) per lo sbarco nel porto di Napoli; mentre prevale la tipicità dei prodotti campani (pasta e prodotti alimentari per il 65% e, poi, anche arredamento e prodotti finiti in genere) soprattutto per il Centro e il Nord America (circa il 65% della quota export totale), e, attraverso vari porti di trasbordo, anche per il Sud America. Una finestra strategica andrà dedicata nell’arco del prossimo quadriennio allo sviluppo delle rotte e dei collegamenti per il continente americano, considerati i rapporti storici di carattere secolare che legano la sponda tirrenica del Mediterraneo con quella parte di mondo, che mantiene comunque una rilevanza strategica ed industriale di primario rilievo. Mentre l’attenzione di molta parte del sistema portuale è indirizzata all’inspessimento delle connessioni verso l’Estremo Oriente,

54 non va assolutamente sottovalutata la potenzialità derivante dai collegamenti con il continente americano, anche per l’investimento che è stato completato nel raddoppio della capacità del Canale di Panama, che presenta caratteristiche compatibili con i fondali che saranno realizzati nei prossimi anni nella portualità campana. Il traffico Ro–Ro ha confermato la tendenza ad attestarsi su volumi costanti, ma dal 2013 presenta una tendenza all’incremento. Costante resta il successo delle rotte Napoli-Palermo e Napoli-Catania, insieme alla linea settimanale per Cagliari. Questi collegamenti hanno soddisfatto in pieno la politica trasportistica nazionale tendente allo spostamento delle merci dal trasporto su strada, ormai saturo, antieconomico e maggiormente inquinante, al trasporto via mare. Tale tipologia di traffico sta a cavallo tra il traffico commerciale e quello passeggeri, in quanto, accanto all’indubbia importanza nello spostamento dei mezzi pesanti dalla strada al mare, si registra un aumento dei flussi turistici da e verso la Sicilia (Fig. 7.2).

Tipologia 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 % traffico 2016/201 5 traffico RO- 6.068.78 5.791.35 5.742.90 5.437.46 5.495.65 5.656.11 5.903.74 4,4 RO (tonn) 3 1 5 9 4 6 1

Nella tabella che segue sono raccolti i dati relativi a tutte le tipologie di traffico per il porto di Napoli:

TIPOLOGIA 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 % TRAFFICO 2016/2015 traffico container 5.883.394 5.910.374 5.825.946 4.954.966 4.615.412 4.545.873 5.164.676 13,6 traffico rinfuse 4.419.297 4.363.460 3.295.637 4.059.988 5.341.497 5.988.578 6.103.834 1,9 solide traffico rinfuse 5.551.903 5.481.959 5.173.674 5.079.059 4.671.986 4.805.955 5.224.316 8,7 liquide traffico RO-RO 6.068.783 5.791.351 5.742.905 5.437.469 5.495.654 5.656.116 5.903.741 4,4 TOT 21.923.477 21.547.144 20.038.162 19.531.482 20.124.549 20.996.522 22.396.567 6,7 traffico container 534.694 526.768 546.818 477.020 431.682 438.280 483.481 10,3 (TEU) traffico Golfo 6.226.078 6.218.924 6.211.112 5.756.822 6.077.623 6.324.192 6.562.325 3,8 traffico crocieristi 1.139.319 1.297.267 1.228.651 1.175.034 1.113.762 1.269.571 1.306.151 2,9 Diversa, e più accentuata nella crescita, con una ciclicità differente, è stata la fase recente che ha caratterizzato il porto di Salerno. L’andamento dei traffici containerizzati movimentati nel porto di Salerno dal 2010 ha fatto registrare una fase di calo fino al 2012, anno in cui è stato realizzato un importante intervento di dragaggio dei fondali portuali. Negli anni successivi l’andamento si è bruscamente invertito in senso positivo, passando da 208.591 teus del 2012 a 406.000 teus del 2016, con un formidabile incremento del 95% in quattro anni. Gli ulteriori

55 approfondimenti dei fondali, previsti nei prossimi anni, consentiranno un’ulteriore crescita di tale tipologia di traffico.

2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 Contenitori (Teus) 234.809 235.209 208.591 263.405 320.044 359.328 388.572

I traffici dei rotabili nel porto di Salerno sono principalmente relativi alla movimentazione di camion e semirimorchi, accompagnati e non accompagnati, e di veicoli nuovi di fabbrica. Dal 2001 il Porto di Salerno è inserito nel nuovo sistema di trasporti marittimi dello Short Sea Shipping denominato "Autostrade del Mare". In questi 15 anni tale traffico (rotabili e passeggeri) ha conosciuto elevati tassi di crescita, grazie all'implementazione di nuove linee regolari RO-RO e RO- PAX e alla costruzione di due nuovi ormeggi dedicati. Negli ultimi anni si è determinata una stabilizzazione. I principali armatori che scalano Salerno con unità Ro-Ro sono Grimaldi Lines e Caronte & Tourist.

2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 Passeggeri (n) 244.935 267.205 247.413 203.899 204.834 132.807 109.164 Auto al seguito dei 60.399 50.960 54.675 36.628 31.314 23.441 20.328 passeggeri (n) Veicoli commerciali (n) 172.039 194.734 192.047 192.419 202.490 204.260 201.228

La compagnia Grimaldi Lines utilizza il proprio terminal salernitano anche per l’import-export di veicoli nuovi (autovetture e furgoni). Questo traffico ha fatto registrare un ragguardevole incremento, pari al 37%, dal 2010 al 2016.

2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 Veicoli nuovi 294.594 253.284 273.651 343.163 397.803 400.517 402.800 (n)

Oltre ai container e ai rotabili, sulle banchine salernitane sono movimentate merci di tipo breakbulk, in particolare prodotti siderurgici e altri metalli, e, in minore quantità, rinfuse solide. Anche questa tipologia di traffico ha beneficiato dei dragaggi realizzati nel 2012, con una crescita del 25% in quattro anni.

56 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 Altro General 1.036.726 977.585 952.289 1.017.795 1.107.275 1.251.351 1.193.251 Cargo (t)

Nella tabella che segue sono raccolti i dati relativi a tutte le tipologie di traffico nel porto di Salerno.

2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Ro-Ro (t) 5.931.240 6.596.581 6.539.495 6.613.158 6.994.620 7.045.070 6.947.049

Merci in 2.874.032 2.959.169 2.681.336 3.337.293 4.109.763 4.647.548 5.008.303 contenitori (t) Altro General 1.036.726 977.585 952.289 1.017.795 1.107.275 1.251.351 1.193.251 Cargo (t) Totale merci 9.841.998 10.533.335 10.173.120 10.968.246 12.211.658 12.943.969 13.148.603 movimentate (t)

Il totale delle merci movimentate nel porto di Salerno è cresciuto del 32% dal 2010 al 2016, con un incremento medio annuo del 4,7%. Tale risultato è reso particolarmente significativo da due circostanze: dall’essere stato conseguito in un periodo di grave stagnazione dell’economia del Paese; dalle limitazioni infrastrutturali esistenti nel porto Salerno, in termini di pescaggio, di lunghezza massima delle navi e di disponibilità di ormeggi e di piazzali di stoccaggio. Lo scalo salernitano può essere annoverato tra i più efficienti d'Europa nella sua classe dimensionale. I punti di forza del Porto di Salerno sono l'elevata capacità di movimentazione delle merci, l'ottima organizzazione del lavoro e la grande affidabilità e professionalità degli operatori portuali. Le potenzialità di sviluppo dei porti di Napoli e Salerno sono connesse a diversi elementi che è opportuno sintetizzare: • la presenza di una catchment area rilevante, per i passeggeri e per le merci, che offre un mercato capace di generare economie di scala per le attività marittime; • la complementarietà dei due sistemi portuali, entrambi multipurpose ma capaci di guardare a settori e mercati che possono non entrare in sovrapposizione; • un posizionamento geografico al centro del Mar Tirreno, in una posizione strategica per fungere da cerniera tra sponda Nord e sponda Sud del Mediterraneo. L’opportunità costituita dalla Zona Economica Speciale della Campania, che vede il proprio perno nei sistemi portuali e retroportuali di Napoli e Salerno, deve essere colta come una occasione per irrobustire la capacità di attrazione d’investimenti e iniziative nei settori della manifattura e della logistica, orientando l’approccio prevalentemente verso:

57 • i settori export oriented, in modo tale da valorizzazione la funzione di connettività assicurata dai sistemi portuali della Campania; • i sistemi di rete e le filiere produttive - complete di imprese nei quali la regione esprime una sua vocazione ad elevata specializzazione (le 4 A dell’Agroindustria, dell’Automotive, dell’Aerospazio e dell’Abbigliamento) per favorire l’inspessimento della capacità competitiva; • i settori strumentali allo sviluppo dell’economia del mare, che rappresenta un veicolo indispensabile per la crescita dell’apparato industriale della regione (cantieristica di costruzione e riparazione, depositi di stoccaggio per i prodotti energetici in porto, sviluppo di servizi project cargo per l’assemblaggio nelle aree logistiche); • le imprese innovative, legate al sistema dell’industria 4.0, della bioeconomia e dell’economia circolare, che, nell’ambito più generale di una politica fondata sui fattori di sviluppo, possono rappresentare una leva fondamentale per la crescita produttiva e l’occupazione dell’intera regione.

58 3 – La geografia della ZES Campania

3.1 Il percorso di individuazione delle aree

La Regione Campania, nell'ambito del Piano di sviluppo strategico di cui all'art.6 del DPCM, è stata chiamata ad identificare le aree da includere nella ZES. L'analisi territoriale è ovviamente partita dalle aree di cui alla delibera di Giunta regionale n. 720 del 13 dicembre 2016, con la quale, in un'ottica di impulso al Governo per la previsione di tale istituto, la Regione Campania aveva approvato la prima proposta progettuale, in attuazione del Patto per lo Sviluppo della Campania. Tale proposta già conteneva l’individuazione delle principali aree industriali e logistiche della regione, connesse con i due porti di Napoli e Salerno, in una logica di direttrici strategiche retroportuali. La proposta progettuale di cui alla citata DGR 720/2016, nell'ottica della massima trasparenza, ha rappresentato, nell'ambito della sperimentazione avviata, anche un'esplicita dichiarazione della Giunta Regionale in ordine alle aree che avrebbe inserito nella ZES nella fase di regime, consentendo alle Amministrazioni locali e a tutti i soggetti interessati di sollecitare integrazioni e fare proposte, secondo un iter informato e condiviso, in una logica partecipativa. In applicazione del DPCM approvato, è stato avviato un percorso di confronto e concertazione con i diversi soggetti interessati alla istituzione della ZES. In particolare, la Direzione Generale Sviluppo Economico ha tenuto una numerosa serie di incontri con gli enti interessati per rappresentare le specifiche articolazioni dell'istituto normativo e i suoi risvolti applicativi rispetto alle politiche insediative nella ZES, per poi trasmettere a detti Enti una formale richiesta di informazioni relativamente alle aree candidate. Le informazioni e i dati richiesti sono stati i seguenti: • Inquadramento urbanistico; • Individuazione planimetrica; • Natura giuridica delle aree, con la precisazione di eventuali procedure di esproprio; • Consistenza delle aree libere e delle aree assegnate; • Dotazione infrastrutturale; • Dotazione infrastrutturale logistica di collegamento con le aree portuali, con gli interporti e con le piattaforme logistiche; • Numero e tipologia delle imprese localizzate; • Specializzazione settoriale delle attività produttive e relativa agglomerazione.

59 Gli enti coinvolti hanno offerto il loro necessario contributo alla fase istruttoria prodromica all'individuazione delle aree, fornendo la proposta e i dati richiesti. In particolare, sono stati programmati diversi incontri, in occasione dei quali sono state illustrate le finalità della ZES ed è stato fornito tutto il supporto necessario per una corretta perimetrazione delle aree, alla luce del DPCM e delle direttrici del presente piano di sviluppo strategico. A supporto delle analisi compiute, la Direzione Generale per lo Sviluppo Economico e le Attività Produttive si è avvalsa della consultazione del sistema I.Ter. Campania, piattaforma informatica regionale, con informazioni georeferenziate relative ai differenti strati informativi territoriali. La consultazione e l'utilizzo della piattaforma I.Ter. ha consentito la misurazione puntuale e quindi la verifica dei dati pervenuti dai soggetti interpellati, nonchè la rappresentazione grafica delle aree sul territorio regionale e delle infrastrutture di collegamento tra le aree individuate e i porti, ai fini dell'evidenza del nesso funzionale. Il risultato dell'analisi e delle verifiche territoriali ha in buona parte confermato le scelte territoriali effettuate nella proposta iniziale, integrandole o rettificandole, alla luce delle indicazioni emerse dal DPCM, in un un'ottica di equilibrio territoriale e di inquadramento urbanistico delle aree oltre che di collegamento economico-funzionale con le aree portuali e, in particolare, con il porto di Napoli. Le aree selezionate sono state, quindi: il Porto di Napoli, il porto di Salerno e il porto di Castellammare di Stabia; le aree a vocazione industriale di Napoli Est e l’area di Bagnoli; gli aeroporti di Napoli e Salerno-Costa d’Amalfi; gli interporti di Nola (Campano) e di Marcianise (Sud Europa); la piattaforma logistica di Contrada Olivola; l’area industriale e logistica di Valle Ufita; le aree ASI di Nola, Pomigliano, Acerra, Marcianise, Aversa Nord, Castellammare, Salerno, Battipaglia, , Ponte Valentino; le aree PIP di Nocera e Sarno. In allegato si riportano le schede di dettaglio riferite alle aree/province individuate per la ZES. La scelta è stata effettuata in base a una logica che ha considerato l’importanza dei nessi tra i porti e le aree retroportuali, non come continuità spaziale ma come legame economico-funzionale con i principali snodi logistici e industriali dell’intera regione, in una logica che ha visto prevalere le direttrici strategiche anziché l’espansione territoriale omogenea, come previsto dall’art. 3 del DPCM e, in ogni caso, all’interno delle dimensioni fissate dallo stesso DPCM per la ZES della Campania. Nell’analizzare i legami fra i due scali portuali e le altre aree inserite nella ZES, è opportuno partire da un’analisi degli altri nodi dell’Area Logistica Integrata Campana. Essa movimenta circa 83

60 milioni di tonnellate di merci. Le merci trasportate via strada sono circa 35 milioni, con un quasi perfetto bilanciamento tra import ed export, mentre le merci che entrano ed escono via mare sono pari a circa 36 milioni di tonnellate, con circa 14.5 milioni in uscita e circa 21 milioni in ingresso. Focalizzando l’attenzione unicamente sull’export (vedi figura seguente), è interessante notare come i prodotti alimentari e gli altri mezzi di trasporto siano le uniche categorie merceologiche che ricoprono un ruolo non trascurabile nell’ambito del valore prodotto dal paese Italia. Le restanti categorie presentano un ruolo secondario ma, comunque, in crescita, ad esclusione del settore degli articoli in pelle.

PRODOTTI ALIMENTARI (25% valore) [11% ITALIA]

ALTRI MEZZI DI TRASPORTO (13% valore) [11% ITALIA]

PRODOTTI FARMACEUTICI (7% valore) [3.4% ITALIA]

ARTICOLI IN PELLE (5% valore) [3% ITALIA] Spiegano 75% Del valore MACCHINARI (5% valore) [0.7% ITALIA]

ABBIGLIAMENTO (5% valore) [2.6% ITALIA]

Fig. 3.1 - Commercio estero: export - categorie merceologiche

Come si evince dalla figura 3.2 si tratta dei settori che presentano le migliori performance (le richiamate 4A) e che trovano forte concentrazione anche nelle aree industriali. Ovviamente, i due porti sono i principali poli generatori/attrattori di merci, con il porto di Napoli capace di movimentare circa 22.4 milioni di tonnellate e il porto di Salerno in grado di movimentare più di 13 milioni di tonnellate. Entrambi i porti presentano flussi di merci significativi nel segmento container (5 milioni per entrambe le realtà) e Ro-Ro, con circa 6 milioni di tonnellate per Napoli e circa 7 milioni di tonnellate per il porto di Salerno (stabile rispetto al 2015). Analizzando il segmento container è utile notare come Napoli movimenti 485.000 TEU, mentre Salerno ne movimenti quasi 390.000 (cfr. fig. 3.2).

61 22.4 mln (t) [+6.7%] 483.500 TEU 13.2 mil (t) [+1.6%] 7.9 mln 388.600 TEU 14,5 mln 6.6 mln liquide liquide 6,5 mln 5.2 mln - solide solide 6.1 mln 0.12 mln container container 5.2 mln +14% 5.0 mln +8% Ro-Ro Ro-Ro 5.9 mln +5% 6.95 mln -1% varie varie - 1.0 mln

Fig. 3.2 – I flussi commerciali

Per quanto riguarda le altre tipologie, Napoli ricopre un ruolo importante nel settore delle rinfuse liquide (5.3 milioni di tonnellate) e solide (6.1 milioni di tonnellate), mentre Salerno svolge un ruolo più importante nel segmento delle merci varie (circa 1 milione di tonnellate). La selezione delle aree individuate offre, in buona sostanza a tutto il territorio campano di cogliere le opportunità di sviluppo insite nello strumento ZES, attraverso la rappresentazione dei settori di punta e della loro connessione con gli sbocchi portuali. Il decreto, all'art.3, pone in evidenza il nesso economico funzionale quale requisito della ZES. A ben guardare, in una realtà territoriale come quella campana nella quale si evidenzia quale punto di debolezza la scarsa capacità di collaborazione tra gli stakeholder, il nesso economico funzionale rappresenta anche un obiettivo sfidante, in quanto la ZES può attivare virtuosi processi di aggregazione e di “rete” fra i soggetti coinvolti, nell'accezione più ampia del termine. Inoltre, fermo restando la specifica declinazione prevista per la composizione delle ZES all'art.3 comma 2 del DPCM (porti, aree retroportuali, anche di carattere produttivo e aeroportuale, piattaforme logistiche e Interporti), la scelta delle aree sottende la ponderazione dei seguenti fattori: 1. gli agglomerati industriali gestiti dai Consorzi ASI sono caratterizzati da una lunga tradizione in termini di localizzazione e da una adeguata dotazione infrastrutturale e di collegamento, oltre che da una naturale vocazione all’attrazione d’investimenti sia greenfield che brownfield, basata anche sull’utilizzo e il controllo delle aree interessate; 2. la scelta di mettere a sistema gli agglomerati industriali più strategici con i nodi logistici è coerente da un lato con gli indirizzi già dettati dalla Giunta regionale con la DGR 324

62 del 06/06/2017 in tema di riforma dei Consorzi Asi , tra le cui finalità c'è la previsione di azioni di sistema volte a generare processi di attrazione degli investimenti, dall'altro rappresenta una scelta coerente con la politica industriale intrapresa dalla Regione Campania fortemente orientata al sostegno di consistenti programmi di investimento delle imprese, mediante il cofinanziamento con il Mise dei Contratti e degli Accordi di Sviluppo. A tal proposito, si evidenzia che negli agglomerati industriali selezionati, si registra la presenza del tessuto industriale con la maggior propensione all'utilizzo di detto strumento e quindi anche alle opportunità offerte dal riconoscimento della ZES in Campania , soprattutto in tema di agevolazioni fiscali . 3. le aree industriali dell'Agro-Nocerino-Sarnese (area PIP di Nocera e Sarno) evidenziano, in termini di vocazione territoriale, una specifica coerenza con i settori di punta della politica di sviluppo regionale (vedi l’agroalimentare); 4. l'area est di Napoli e Bagnoli rappresentano aree fortemente strategiche in termini localizzativi e di contiguità con il porto di Napoli per le quali l'inserimento nella ZES costituisce una significativa opportunità in termini di sviluppo e riqualificazione; 5. la programmazione 2014/2020 ha destinato risorse scarse per l'infrastrutturazione delle aree industriali ed in particolare, il POR FERS non ha previsto questo specifico obiettivo, come nella passata programmazione. In tale contesto, le aree selezionate si caratterizzano per una buona dotazione infrastrutturale e pertanto possono risultare più attrattive, consentendo tempi più rapidi per la localizzazione di nuove imprese e lo sviluppo di quelle esistenti. La dotazione infrastrutturale preesistente è dunque un fattore di accelerazione dello strumento ZES; 6. l'individuazione delle aree risulta coerente con le direttrici strategiche individuate al Tavolo Area Logistica Integrata (ALI) – Campania - sotto il coordinamento del Ministero dei Trasporti, che unisce come firmatari l’Autorità di Sistema Portuale del Tirreno Centrale, la Regione Campania, la Rete Ferroviaria Italiana, l’Agenzia per la Coesione e l’aeroporto di Napoli, a cui si aggiungono l’interporto Sud Europa, l’interporto Campano e l’aeroporto Salerno “Costa d’Amalfi”. L'ultimo ''Documento di Sviluppo e di Proposte”, approvato dalla Giunta Regionale del dicembre 2017, nell'ambito delle strategie individuate per la realizzazione della ZES, prevede di “supportare le connessioni stradali con le realtà inter-portuali e i principali agglomerati produttivi e industriali”. Nell'ambito delle infrastrutture stradali di

63 collegamento con la rete principale, è stato ritenuto necessario identificare tra gli interventi, la realizzazione o riqualificazione di raccordi stradali con i gli agglomerati produttivi e industriali più rilevanti della Regione ed in particolare, il completamento dei collegamenti con gli interporti e i collegamenti (anche interni) con le Aree Sviluppo Industriale (ASI). Si elencano gli interventi programmati più rilevanti destinati rafforzare i raccordi e le connessioni con le infrastrutture di collegamento. Nell'ambito del sotto-sistema marittimo: - il Grande Progetto Porto di Napoli - Collegamenti stradali e ferroviari interni al sedime portuale. L'intervento prevede il collegamento stradale con l'A3 e quello con la ferrovia, nonché una serie di adeguamenti della viabilità interni al sedime portuale; - il Programma di messa in sicurezza e potenziamento dei porti regionali mediante completamento / potenziamento / ammodernamento / messa in sicurezza della rete stradale; Nell'ambito del sotto-sistema aereo: - la realizzazione di un nuovo polo operativo logistico per rispondere alla crescente domanda dei corrieri espresso e per gestire tutto il traffico parcellizzato su gomma per il successivo instradamento sulle linee della Regione Campania e sulle linee nazionali; Nell'ambito del sotto-sistema interportuale: 10 la Strada di collegamento fra l'interporto di Marcianise, lo svincolo autostradale sull'A30 e la ex SS 265; 11 la realizzazione del raddoppio della presa e consegna nonché del suo prolungamento e del relativo sottopasso ferroviario per l'Interporto SudEuropa; 12 Completamento II e III lotto interporto di Nola. Si prevede il completamento delle seguenti opere già realizzate per l'80%: (i) la costruzione di due nuovi svincoli in entrata ed in uscita dall’area Asi per la connessione con la SS 7 Bis; (ii) la realizzazione di un nuovo asse di collegamento diretto tra il casello autostradale di Nola e l’area industriale per la connessione con la rete A30; (iii) la riqualificazione della viabilità a livello provinciale; 7. la scelta delle aree interne, invece, è strettamente connessa alla realizzazione dell'Alta Velocità Napoli-Bari che intercetta la piattaforma logistica localizzata a Benevento (località Olivola), l'Agglomerato Asi di Benevento-Ponte Valentino, nonchè la piattaforma logistica e l'agglomerato industriale di ''Valle Ufita“. Tale scelta è coerente con un'altra

64 direttrice strategica del citato documento, ossia l’obiettivo volto a ''supportare il trasporto ferroviario delle merci''. Infatti, nello stesso documento il collegamento Napoli- Bari è elaborato in ''un’ottica merci“. Sebbene la Napoli-Bari nasca come una linea per trasporto passeggeri, il progetto prevede la possibilità che possa essere anche una direttrice utilizzabile da flussi merci. La linea mette in stretto collegamento due distretti manifatturieri non trascurabili, due sistemi portuali rilevanti e consente interessanti opportunità per il settore logistico campano, in un’ottica di hub logistico e produttivo sovra regionale; 8. L'area industriale Asi del Calaggio e quella di Pianodardine completano il quadro delle aree interne, entrambe localizzate in prossimità dei caselli autostradali, rispettivamente di Lacedonia e Avellino Est della A16 Napoli Bari. A Pianodardine, si registra la presenza di imprese del settore metalmeccanico per la fabbricazione dei mezzi di trasporto, della lavorazione del legno, del settore alimentare, dei prodotti in metallo, del settore chimico e informatico. L'azienda di maggiori dimensioni per addetti e superficie utilizzata è la F.M.A. del Gruppo FIAT, che produce motori; di dimensioni minori, ma di notevole importanza, sono la Novolegno del gruppo Fantoni, la Denso Thermal System, la Umicore Italia S.r.l., la Flextronic International Avellino S.p.a. Nell'area di Calaggio, il settore prevalente è il metalmeccanico, con la lavorazione di componenti per l’industria aeronautica che si associa alla presenza di industrie del settore plastico, tessile ed alimentare. La composizione per tipologia e settore del tessuto industriale di queste aree ne denota la considerevole significatività per il contributo che offrono al sistema economico regionale, sia in termini di valore aggiunto manifatturiero, che di export marittimo e non. 9. la scelta degli aeroporti è in linea ancora con un'altra direttrice strategica del citato documento, che è quella di ''supportare il sistema aeroportuale campano''. Quest’ultimo si compone di due aeroporti, Napoli-Capodichino e Salerno “Costa d’Amalfi” (Piano Nazionale Aeroporti, 2015). Il primo, fiore all’occhiello del sistema aeroportuale italiano è in continua e forte crescita. Il secondo, è in attesa dell’allungamento della pista per aprirsi all’aviazione civile. Allo stato attuale, l’aeroporto di Napoli-Capodichino è l’unico a movimentare, con sistematicità, flussi merci. Se da un lato Napoli-Capodichino presenta vincoli geografici e infrastrutturali che ne limitano le potenzialità cargo future, dall’altro lato numerosi sono i vettori cargo interessati alla Campania. In particolare, la

65 società di gestione sta già provvedendo, autonomamente, ad ampliare le superfici esistenti ed ad adibire aree esistenti al traffico cargo, tuttavia appare necessario incrementare le aree funzionali alle attività logistiche. In tale scenario, l’esistenza di un’area prospicente il sedime aeroportuale e la vicinanza della Tangenziale di Napoli (A56) rappresentano un’opportunità da prendere in considerazione. Suddetta area, opportunamente infrastrutturata e integrata con il sedime aeroportuale, potrebbe diventare una base logistica rilevante, mentre il collegamento con la tangenziale potrebbe eliminare ogni possibile impatto sul già congestionato sistema della viabilità urbana a servizio dell’aeroporto. Un siffatto intervento consentirebbe al sistema aeroportuale campano di avere un ruolo non più marginale nell’ambito del trasporto aereo delle merci e di rappresentare sia un volano per l’occupazione sia un’opportunità per le aree industriali e i distretti in cui ricadono gli interporti campani. Per quanto concerne l’aeroporto di Salerno “Costa d’Amalfi”, benché in attesa del necessario adeguamento infrastrutturale, si deve evidenziare la sua posizione strategica e baricentrica rispetto ad aree industriali e produttive del settore dell’agro-alimentare. Nel medio-lungo periodo, anche alla luce della capacità di movimentazione che potrebbe offrire, è ragionevole supportare uno sviluppo delle attività logistiche con realizzazione di capannoni finalizzati al settore agro-alimentare. Inoltre questo aeroporto può supportare in una logica di complementarietà, le funzioni di trasporto merci, oltre che passeggeri, del sistema aeroportuale e logistico campano. Relativamente agli interporti, l’ALI Campania può contare su due strutture interportuali, entrambe con terminal intermodale, ma con superfici disponibili significativamente differenti.

L’interporto di Nola, gestito dalla Interporto Campano S.p.A., si colloca in posizione estremamente favorevole rispetto alle reti stradale e ferroviaria. Sorge a ridosso del CIS di Nola, che ospita tutti i maggiori grossisti dell’area napoletana e che rifornisce i commercianti al dettaglio di gran parte dell’Italia meridionale. Il sistema interportuale è progettato per movimentare a regime fino a 8,5 milioni di tonnellate di merce all’anno, di cui 5,5 con tecniche intermodali e 3 su strada. Esso è caratterizzato da un terminal intermodale, un’area autotrasportatore, un polo del freddo, magazzini e un’area dedicata ai grandi operatori logistici, oltre che un’area doganale. All’interno dell’Interporto operano due società con compiti differenti: Interporto Servizi Cargo e Terminal Intermodale Nola che gestisce il terminal intermodale. Le ultime statistiche disponibili indicano in

66 circa 330.000 le tonnellate gestite da ISC in uscita (circa 20.000 TEU), circa 180.000 tonnellate in ingresso (10.000 UTI) e circa 15.000 TEU gestiti da TIN. Il bacino prevalente è quello campano. L’interporto di Marcianise è gestito dalla società Interporto Sud Europa S.p.A. e si inserisce all’interno dell’area ASI di Caserta. Si sviluppa su una superficie di oltre 4 milioni di metri quadri, cui si aggiungono gli oltre due milioni dello scalo ferroviario RFI, la più grande stazione ferroviaria merci d'Italia (lo scalo merci Maddaloni-Marcianise). Attualmente, all’interno dello scalo è presente una stazione ferroviaria composta da un fascio arrivi di 21 binari, un fascio transiti ed un fascio direzione e partenze di 48 binari. Ubicato in prossimità della linea Alta Velocità (A\V) ed Alta Capacità lungo la dorsale tirrenica, è possibile ricevere i treni provenienti da Nord per il Sud e viceversa e dal Tirreno per l’Adriatico e viceversa con una capacità potenziale giornaliera di composizione e scomposizione pari a circa 200 treni al giorno. Nel 2015, il terminal ha movimentato 360 coppie di treni intermodali, per un totale di 6.728 TEU, che hanno collegato Marcianise a destinazioni in tutta Europa. Per quanto riguarda invece le coppie di treni convenzionali, queste sono state 769 e hanno collegato l'interporto a Villach (Austria), Lecco, Cittadella e Brescia. Il traffico gomma-gomma, sempre riferito al 2015, è consistito in 720.000 camion. Ai fini dei legami territoriali è opportuno ricordare che i principali nodi logistici campani si inseriscono, spesso, in tessuti densamente urbanizzati e in territori che presentano problematiche sociali, economiche e di sviluppo urbanistico non trascurabili: basti pensare al porto di Napoli che arriva nel centro storico economico, sociale e turistico di una città complessa come Napoli e che è attiguo alle aree a vocazioni industriali di Napoli EST, inserite nella ZES, e agli interporti Sud-Europa e Campano, che ritrovano all’interno di due distretti industriali, produttivi e commerciali di grande importanza, entrambi ricadenti nella proposta di ZES.

I contesti sociali ed economici si potrebbero giovare dei benefici indotti dalla una politica di sviluppo concordata con gli enti amministrativi coinvolti e dall’efficientamento delle stesse realtà logistiche, azione che può essere garantita dalla governance della ZES, coniugando lo sviluppo economico con lo sviluppo sociale e urbanistico delle aree coinvolte.

Definito il quadro dei nodi logistici, è opportuno provare a realizzare una rappresentazione delle principali caratteristiche delle aree industriali. La presenza diffusa, nelle diverse aree, di settori produttivi tradizionali come l’abbigliamento e l’alimentare/agro-alimentare (in particolare nell’area Torrese-Stabiese, ma anche nell’area casertana e avellinese), così come del settore delle pelli nell’area avellinese o altri settori tradizionali generalmente diffusi, è indicativa della compresenza,

67 nel territorio regionale, di settori tradizionali frammisti a settori innovativi e strategici, come quelli dell’automotive e dell’autotrasporto, dell’aerospazio, della biochimica, della carta e del packaging, del legno e della meccanica, dell’ICT e dell’industria 4.0 nel suo complesso.

Tali settori sono quelli che danno il maggior contributo ai flussi di merci nei porti campani.

3.2 Il criterio dell’inquadramento urbanistico

Si sottolinea che l'art.3, comma 2, del DPCM chiarisce che la ZES è di norma composta da territori quali porti, aree retroportuali, anche di carattere produttivo e aeroportuale, piattaforme logistiche e Interporti, escludendo le zone residenziali. Pertanto, oltre ai fattori ed ai principi sopra enunciati, si è reso necessario effettuare un approfondimento anche in ordine all'inquadramento urbanistico delle aree, atteso che il cambio di destinazione urbanistica delle stesse, rappresenta, ai sensi dell'art.8, comma 1, lett. b) del DPCM, una condizione per l'avvio delle verifiche da parte della Prefettura territorialmente competente. Si premette che la scelta delle aree, come evidenziato anche nel paragrafo precedente, è stata improntata a criteri di attrattività nonché di accelerazione delle procedure di localizzazione delle imprese. Pertanto, nella selezione è stato ritenuto requisito indispensabile l'inquadramento urbanistico delle aree a destinazione produttiva e logistica da parte degli atti di pianificazione generale, fermo restando, ove necessario, la successiva approvazione dei piani urbanistici attuativi e l'acquisizione delle aree da parte degli Enti di riferimento. In ogni caso, la scelta ha riguardato, in una logica selettiva e di chiaro indirizzo produttivo, le aree a vocazione logistica e produttiva, senza far ricorso alla flessibilità, pur prevista dalla norma di riferimento, dei cambi di destinazione d’uso. L'opzione per tali criteri è stata determinata non solo dalla necessità di scongiurare alla base fenomeni speculativi o di impiego improduttivo, ma anche dalla precisa volontà di offrire un pacchetto localizzativo che ai fini dell'insediamento non richieda lunghe e complesse procedure per il mutamento di destinazione urbanistica che potrebbero scoraggiare i nuovi investitori.

3.3 La dimensione demografica della ZES

In funzione delle aree individuate, la ZES interessa 23 dei 550 comuni della Campania. Le superfici interessate, come illustrato in altra parte del Piano, si estendono in misura prevalente nelle zone retroportuali di Napoli e Salerno, per proiettarsi puntualmente nelle realtà interne,

68 espressione dei fondamentali agglomerati industriali e piattaforme logistiche della regione, in un’ottica di sviluppo di macroarea. Nei 36 comuni interessati risiedono 2.029.864 abitanti dei 5.839.084 della Campania corrispondenti ad un peso pari al 34,76%. Popolazione Popolazione N.ro AREE ZES Comune coinvolto al al Differenza 31/12/2007 31/12/2016 1 Il Porto di Napoli Napoli 2 Il Porto di Castellammare di Castellammare di Stabia Stabia 3 Il Porto di Salerno Salerno 4 Le aree a vocazione Napoli industriale di Napoli Est 5 L'area Bagnoli/Coroglio Napoli 973.132 970.185 -2.947 6 L'aeroporto di Napoli Napoli Casoria 7 L'Interporto Campano Nola 8 L'area Asi di Nola Nola 32.746 34.432 1.686 Marigliano Marigliano 30.410 30.046 -364 9 L'area Asi di Pomigliano Pomigliano D'Arco 39.465 39.843 378 10 L'area Asi di Acerra Acerra 53.561 59.830 6.269 11 L'area Asi di Caivano Caivano 36.982 37.790 808 12 L'area Asi di Arzano Arzano 36.845 34.560 -2.285 Frattamaggiore, Casoria Casoria 80.331 77.319 -3.012 Frattamaggiore 30.779 30.076 -703 13 L’Interporto Sud Europa Marcianise 40.152 39.792 -360 di Maddaloni 38.653 39.093 440 Marcianise/Maddaloni 14 L'area Asi di Marcianise Marcianise/S.Marco San Marco Evangelista 6.074 6.579 505 15 L'area Asi di Aversa Teverola 12.893 14.460 1.567 Nord Carinaro 6.780 7.104 324 Gricignano di 9.799 12.116 2.317 Aversa 16 L’area industriale di Castellammare di 65.224 66.164 940 Castellammare "Foce Stabia Sarno" Torre Annunziata 46.946 42.627 -4.319 17 L'areoporto di Pontecagnano 24.651 26.165 1.514 Pontecagnano 12.908 13.613 705 18 L'area Asi di Salerno Salerno 140.489 134.850 -5.639 19 L'area Asi di Battipaglia Battipaglia 50.948 50.883 -65

69 20 L'area industriale di Nocera Inferiore 45.958 45.952 -6 Nocera 21 L'area Industriale di Sarno 31.332 31.511 179 Sarno 22 L'area Asi Fisciano 13.214 13.971 757 Fisciano/Mercato Mercato San 21.199 22.337 1.138 S.Severino Severino 23 La Piattaforma Logistica Benevento 62.827 59.945 -2.882 di Contrada Olivola 24 L'area Asi Ponte Benevento Valentino. 25 L'area Asi industriale e Flumeri 3.269 2.950 -319 Logistica di Valle Ufita Frigento 4.113 3.731 -382 26 L'area Asi di Avellino 57.071 54.561 -2.510 Pianodardine Grottolella 1.982 1.860 -122 Manocalzati 3.278 3.188 -90 Montefredane 2.324 2.263 -61 Prata di Principato 2.924 2.959 35 Ultra Pratola Serra 3.534 3.807 273 Atripalda 11.190 10.998 -192 27 L'Area Asi di Calaggio Lacedonia 2.909 2.304 -605

TOTALE 2.036.892 2.029.864 -7.028

La popolazione è praticamente invariata nel periodo 2007-2016, con una riduzione di soli 7.028. La Campania conserva ancora un elevato e tuttora stabile tasso di natalità: 8,6 per mille, secondo solo a quello del Trentino Alto Adige (9,5 per mille). La popolazione della Campania risulta ancora relativamente giovane, con un’età media di 42,1 anni contro i 43,7 del Mezzogiorno e i 44,9 dell’Italia. I flussi migratori esterni hanno consentito alla regione, come al resto del Paese, di crescere sino a tre anni fa, quando è cominciata la tendenza declinante della popolazione. La tendenza declinante della popolazione a livello nazionale è un processo ormai maturo, che si è innescato nel corso degli ultimi tre decenni e che dovrebbe affermarsi in tutta la sua preoccupante evidenza nei prossimi trenta-quaranta anni. Vi concorrono la crescente denatalità ed una tendenziale emigrazione, compensata solo in parte da una prevedibile immigrazione. Rompere il circuito vizioso nel quale si sta avvitando la demografia italiana e soprattutto quella del Sud, del quale la Campania rappresenta l’esempio più stringente, è una necessità e un obiettivo che la Regione intende perseguire. La realizzazione della ZES potrebbe costituire uno strumento di sviluppo valido a ridare fiducia ad imprese e famiglie per interrompere il perverso circuito

70 alimentato da sfiducia e insicurezza, oltre ad alimentare flussi di rientro e/o di non migrazione extra- regione.

4 - Le infrastrutture di collegamento

4.1 Le infrastrutture di accesso

Da sempre, la ricchezza e la qualità della vita di un territorio sono indissolubilmente legate all’efficienza del suo sistema di logistica e mobilità: per il sistema trasportistico di persone e merci, se la mobilità di queste è sufficientemente garantita, essa rappresenta una leva fondamentale per lo sviluppo. La ZES mette al centro il sistema logistico regionale, mettendone indirettamente in luce i punti di forza e di debolezza, in termini di numero e qualità dei collegamenti nell'ottica del rafforzamento delle interconnessioni e dei livelli di accessibilità. L'accessibilità, costituisce uno dei criteri più significativi sottesi alla selezione territoriale. A tal proposito, si richiamano i contenuti del capitolo relativo alla geografia delle aree, dove si sottolinea come l'individuazione delle aree sia ricaduta prevalentemente su quelle caratterizzate da una lunga tradizione in termini di localizzazione e conseguentemente da una migliore dotazione infrastrutturale e di collegamento, fondendo la scelta sul loro carattere logistico e produttivo.

4.1.1. La classificazione trasportistica

Dal punto di vista trasportistico, le aree individuate possono essere classificate, secondo la loro destinazione prevalente, in tre categorie, ed in particolare: nodi trasportistici; nodi logistici; aree produttive. Appartengono alla prima categoria le seguenti aree: il porto di Napoli, il porto di Salerno e il porto di Castellammare di Stabia; l'aeroporto di Napoli e l'aeroporto di Pontecagnano. Appartengono alla categoria dei nodi logistici le seguenti aree: l’Interporto Sud Europa di Marcianise/Maddaloni e l'Interporto Campano Nola. Infine, appartengono alla terza categoria le seguenti aree: l’area di Napoli Est (NA), e l’area Bagnoli/Coroglio (NA); le aree Asi di Nola Marigliano (NA), di Pomigliano (NA), di Acerra (NA), di Castellammare "Foce Sarno" (NA), di Marcianise/S.Marco (CE), di Aversa Nord (CE), di Salerno (SA), di Battipaglia (SA), di Fisciano/Mercato S.Severino (SA) e di Ponte Valentino (BN); le aree PIP di

71 Nocera (SA) e di Sarno (SA); l'area Asi industriale e Logistica di Valle Ufita (AV); la Piattaforma Logistica di Contrada Olivola (BN). Nei paragrafi che seguono viene fornito un quadro di sintesi delle reti infrastrutturali regionali, del livello di accessibilità delle aree selezionate ai nodi trasportistici e logistici ed infine il panorama del sistema di collegamenti per le aree che presentano la peculiarità di aree produttive.

4.1.2 Le reti infrastrutturali esistenti

La rete stradale Il ruolo fondamentale, in termini di collegamenti, è svolto dalla rete stradale. La rete autostradale della regione comprende la A1 Milano-Roma-Caserta-Napoli, che si interconnette a Napoli con la A3 (Napoli-Salerno-Reggio Calabria) e la A16 “Autostrada dei due mari” (ovvero Napoli- Avellino-Bari), mentre a Caserta si innesta la A30 (Caserta-Salerno). A Napoli, la A1 penetra nella città attraverso la Tangenziale di Napoli, che dopo aver attraversato la zona collinare della città, con oltre 15 uscite localizzate in punti nevralgici della città, prosegue verso est fino a Pozzuoli dove s’innesta con il prolungamento della SS7 quater verso il litorale Domitio. A Sud, la A3 in corrispondenza dello svincolo di si connette al raccordo autostradale Sicignano-Potenza, che rappresenta il collegamento autostradale per Potenza e per Metaponto. Tutti i capoluoghi di provincia della regione Campania sono tra loro collegati direttamente dal sistema autostradale ad eccezione di Caserta e Benevento, che sono collegate dalla “SS7 Appia”. Caratteristiche di singolarità sono da associare al tratto autostradale a pagamento della A3 “Napoli-Pompei-Salerno”: tale infrastruttura costituisce il raccordo tra l’autostrada A1 “Milano - Roma – Napoli” e il tratto dell’A3 Autostrada del Mediterraneo (ex “Salerno – Reggio Calabria”) in gestione ANAS. Oltre a tale funzione, la Napoli-Salerno rappresenta anche l’unica arteria di collegamento tra Napoli e la sua periferia orientale e vesuviana costiera, che si estende verso la costiera Sorrentina e Amalfitana. Per tali ragioni, questa autostrada risulta interessata da flussi di traffico intensi, che hanno richiesto l’adeguamento delle sue caratteristiche geometrico-funzionali tramite un programma d’intervento di ampliamento a tre corsie della sede autostradale e di potenziamento di alcuni degli svincoli esistenti e di realizzazione di nuovi svincoli, al fine di migliorare la qualità e la sicurezza della circolazione.

72 L’autostrada A3 Napoli – Salerno costituisce, inoltre, una delle arterie portanti a servizio dell’area Vesuviana, anche nel caso dell’eventuale necessità di esodo connesso al rischio Vesuvio. Problematiche di sicurezza stradale e di protezione civile connesse ancora all’emergenza “Vesuvio” investono, con particolare emergenza, anche la strada statale “SS 268 del Vesuvio”, dove sono in corso di interventi di raddoppio della carreggiata e di completamento del tratto di connessione con l’autostrada A3 Napoli – Salerno. Inoltre, vi sono una serie di arterie stradali, di livello gerarchico inferiore, che presentano caratteristiche geometriche o che assumono funzioni trasportistiche di livello primario e che rivestono un ruolo fondamentale nella rete regionale. In termini quantitativi, la rete stradale campana ha un’estensione complessiva pari ad oltre 25.000 km, suddivisi tra autostrade, strade statali, regionali, provinciali e comunali, come riportato nella tabella seguente. Tab.1.1 – Articolazione delle infrastrutture stradali regionali Strade Estensione [km] Autostrade 494 Strade statali 1.280 Strade regionali 1.599 Strade provinciali 6.480 Strade comunali 15.400 TOTALE 25.253

Nell’ambito della rete complessiva, può essere isolata una rete stradale di interesse regionale, da intendersi come l’insieme delle arterie stradali prevalentemente interessate da mobilità a carattere regionale (cfr. fig. 1.1). Tale rete, che ha un’estensione complessiva di circa 5.400 km, comprende le autostrade, le strade statali (ANAS), le strade regionali (ex-ANAS) e le principali strade provinciali, con almeno un nodo di intersezione con la rete regionale, statale e autostradale (circa 2.000 km). Da detta rete, quindi, risultano escluse le strade comunali e quelle strade provinciali interessate, prevalentemente, da mobilità a carattere locale.

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Fig. 1.1– Rete stradale di interesse regionale

L’estensione della rete autostradale rappresenta un importante indice dello sviluppo del settore trasporti, come riferimento alla ramificazione presente sul territorio e al contributo alla circolazione di grandi volumi di traffico veicolare e di merci. In Campania, la rete autostradale, presenta un’estensione di 494 Km e, rispetto alla rete principale, pesa per il 4,5%. L’analogo valore si rileva su scala nazionale, attestandosi al 3,7%. Inoltre, in Campania si registra una buona densità di rete stradale rispetto alla superficie territoriale ed il rapporto tra rete stradale e superficie è significativamente superiore rispetto alla

74 media nazionale: 3,3 km di autostrade per ogni 100 kmq di estensione territoriale regionale, contro i 2,24 km della media nazionale, 67,0 km di strade regionali e provinciali contro 51,42 km della media nazionale, 9,7 km di altre strade di interesse nazionale contro i 6,61 della media nazionale. Tuttavia, la dotazione infrastrutturale della regione Campania, pur risultando adeguata in rapporto all’estensione regionale, risulta limitata in relazione alla densità di circolazione (misurata dal rapporto fra numero di veicoli e chilometri di autostrade) e alla densità sulla popolazione (misurata dal rapporto tra chilometri di autostrade e numero degli abitanti). Nella tabelle seguente sono evidenziati i suddetti indicatori con il loro confronto rispetto agli analoghi misurati per altre aree significative.

Tab. 1.2- Indicatori di densità Anno -2013

Indici Territorio Strade Regionali e Provinciali Altre Strade di interesse Nazionale Autostrade Campania 67 9,7 3,3 Km strade per 100 kmq di superficie territoriale Sud ed isole 59,33 10,73 7,73 Italia 51,42 6,61 2,24 Campania 15,5 2,2 0,8 Sud ed isole 34,89 6,31 1,02 Km strade per 10.000 abitanti Italia 25,49 3,28 1,11 Campania 27,2 3,9 1,3 Sud ed isole 59,8 10,69 1,72 Km strade per 10.000 veicoli circolanti Italia 41,92 5,39 1,83 Fonte: elaborazioni Acamir su dati CNT 2013/2014

I noti fenomeni di congestione, rilevati su larghi tratti della rete autostradale campana, impongono rilevanti costi sia sotto il profilo privato (maggiore incidenza dei costi del trasporto e limitate possibilità di riorganizzazione della catena logistica) che da un punto di vista sociale (costi ambientali per maggior consumo di carburanti e maggiore incidentalità). E' opportuno sottolineare che il deficit infrastrutturale non deriva da una scarsa estensione della rete autostradale, come evidenziano i dati relativi alla densità di rete (rapporto fra chilometri di autostrade e chilometri quadrati di territorio), quanto dalla minore capacità (numero di corsie per senso di marcia) delle tratte autostradali campane rispetto ai flussi di veicoli che le attraversano, dall’inadeguato livello di servizio su alcune parti della rete e dall’insufficiente grado di connessione della rete medesima. In ragione di tali criticità, la rete stradale regionale necessita sia di interventi infrastrutturali in sede che di interventi di completamento e riammagliamento, accompagnati dall'indispensabile applicazione di tecnologie ITS per migliorare la gestione della rete sotto il profilo economico, ambientale e di sicurezza (riduzione del tasso di incidentalità), nell'ottica di un generale rafforzamento della sostenibilità del trasporto regionale.

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La rete Ferroviaria La rete ferroviaria, complessivamente, raggiunge un’estensione di poco superiore ai 1.400 km ed è gestita dalle seguenti società (fig. 1.2): • RFI spa (78,2% del totale); • EAV srl (20,5% del totale); • ANM spa (1,3% del totale). L’accesso ai servizi lungo la rete è garantito dalla presenza di 359 stazioni/fermate, delle quali 319 (88,9%) sono aperte all’esercizio: • 145 lungo la rete RFI (45,5% del totale); • 152 lungo la rete EAV (47,6% del totale); • 22 lungo la rete ANM (6,9% del totale). Più in dettaglio, la rete RFI si estende per oltre 1.000 km (comprensivi della tratta Campana della linea AV/AC): di questi, il 55% è a doppio binario ed il 77% è elettrificato. In base alle sue caratteristiche, la rete ferroviaria può essere suddivisa in: • rete fondamentale: caratterizzata da un’alta densità di traffico ed elevata qualità dell’infrastruttura (in ambito regionale/nazionale comprende gli assi di collegamento fra le principali città); • rete complementare: caratterizzata da valori di densità di traffico minori rispetto a quella fondamentale, costituisce la maglia di collegamento tra le direttrici della rete fondamentale. La rete fondamentale è costituita da: - a.1) linea AV Roma-Napoli; - a.2) linea Roma-Napoli via Formia/Villa Literno/Aversa; - a.3) linea Roma-Napoli via Cassino/Caserta/Cancello; - a.4) linea Napoli-Salerno-Battipaglia-Sapri-Paola/Cosenza/Reggio Calabria, (quadruplicata tra Napoli e Salerno con la nuova linea a Monte del Vesuvio) che costituisce la prosecuzione verso sud della linea AV Roma-Napoli e dell’esistente Roma-Napoli via Formia; - a.5) linea Caserta-Benevento-Savignano Greci-Foggia, parte della linea trasversale transappenninica Caserta- Foggia. La rete complementare è costituita da:

76 - b.1) “passante metropolitano” di Napoli; - b.2) Metropolitana di Salerno, costituita dal terzo binario della linea Salerno – Battipaglia; - b.3) linea Vairano Caianello-Venafro, tratta campana della linea per Isernia- Campobasso che, nella stazione di Vairano, si innesta sulla direttrice Cassino - Caserta – Napoli; - b.4) linea Battipaglia-Sicignano degli Alburni, tratta campana della linea Battipaglia- Potenza; - b.6) linea Salerno-Mercato S. Severino-Avellino-Benevento–Bosco Redole, tratta campana della linea Salerno-Campobasso. La rete ferroviaria gestita dall’EAV si compone di tre infrastrutture tra loro non interoperabili e serventi ambiti territoriali differenti: • ambito vesuviano: la rete ferroviaria afferente tale ambito ha una lunghezza complessiva di 142 km, distribuiti su sei linee che servono la parte sud-orientale dell’area metropolitana di Napoli, dal Nolano fino alla costiera sorrentina, comprendendo l’intera zona alle pendici del Vesuvio. Tale rete, che presenta una connotazione di tipo metropolitano a causa dell’elevata densità di stazioni (in media 1,5 stazioni/km), è a scartamento ridotto (950 mm), di conseguenza dal punto di vista infrastrutturale non è interoperabile con le altre reti ferroviarie; • ambito flegreo: la rete ferroviaria afferente tale ambito ha una lunghezza complessiva di 47 km distribuiti su due linee (Cumana e Circumflegrea) che servono la parte occidentale dell’area metropolitana di Napoli (comuni flegrei), nonché il capoluogo stesso attraverso la penetrazione urbana fino alla stazione di Montesanto. Tale rete, che presenta una connotazione di tipo metropolitano a causa dell’elevata densità di stazioni (in media 1,34 stazioni/km), pur essendo a scartamento ordinario (1435 mm), non presenta, dal punto di vista infrastrutturale, punti di contatto con le altre reti ferroviarie; • ambito metropolitano: l’infrastruttura ferroviaria afferente tale ambito ha una lunghezza di 10,2 km ed è costituita dalla linea metropolitana Aversa–Piscinola attraverso la quale i Comuni dell’area a Nord di Napoli sono collegati al capoluogo (in corrispondenza della stazione “Piscinola”, terminale della Linea 1). Tale linea, di tipo metropolitano, attualmente non presenta, dal punto di vista infrastrutturale,

77 caratteristiche di interoperabilità con altre reti ferroviarie, tuttavia sono in corso di esecuzione i lavori per consentire l’esercizio dei servizi a seguito del completamento dell’anello metropolitano della Linea 1; • ambito suburbano: la rete ferroviaria afferente tale ambito ha una lunghezza complessiva di 88 km distribuiti su due linee (Benevento–Cancello e Piedimonte Matese–Santa Maria Capua Vetere) che consentono, rispettivamente, il collegamento della Valle Caudina e dell’alto casertano con la rete RFI. Tale rete, a scartamento ordinario, è completamente interoperabile con quella RFI. La rete ferroviaria gestita dall’ANM si compone di due infrastrutture tra loro non interoperabili serventi altrettanti ambiti territoriali del capoluogo di tipo metropolitano ed in particolare: la linea 1 della metropolitana di Napoli ha una lunghezza di 16,4 km e consente il collegamento della periferia settentrionale del capoluogo (stazione terminale “Piscinola”) con la stazione centrale di Napoli attraversando sia la zona collinare che il centro storico. Attualmente, tale linea, dal punto di vista infrastrutturale, non presenta caratteristiche di interoperabilità con altre reti ferroviarie, tuttavia sono in corso di esecuzione i lavori per consentire l’esercizio dei servizi sulla linea EAV Aversa–Piscinola, a seguito del completamento dell’anello metropolitano della Linea 1; la linea 6 della metropolitana di Napoli ha una lunghezza di 2,3 km e consente il collegamento dell’area occidentale del capoluogo (Fuorigrotta) con la stazione di Mergellina. Attualmente, tale linea, dal punto di vista infrastrutturale, non presenta caratteristiche di interoperabilità con altre reti ferroviarie.

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Fig. 1.2 – Rete ferroviaria

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I nodi trasportistici Il sistema portuale della Regione Campania è costituito dal complesso di infrastrutture che svolgono funzione su scala nazionale, regionale e locale. I porti di Napoli e Salerno che negli ultimi anni stanno attraversando, sotto il profilo dei traffici, una fase di relativa espansione, sono le uniche infrastrutture del sistema portuale campano inserite nel Sistema Nazionale Integrato dei Trasporti (SNIT) dal Piano Generale Trasporti (PGT). Il Sistema Nazionale Integrato dei Trasporti comprende le infrastrutture di trasporto che costituiscono la struttura portante del sistema italiano di mobilità di persone e merci.

Il Porto di Napoli Per quanto riguarda il Porto di Napoli, il suo bacino è costituito da uno specchio acqueo che si estende su di una superficie di circa 2.700.000 mq (cfr. fig. 1.3). Il canale di accesso, di lunghezza 2.500 m circa e di larghezza variabile tra i 200 e 290 m, è posto a ridosso della diga Duca d'Aosta ed unisce l'avamporto con l'imboccatura di levante. Sul canale di accesso insistono alcune darsene o bacini disposti all'interno dello specchio acqueo portuale, i cui fondali vanno dagli 11 ai 15 m di profondità (cfr. scheda tecnica). Relativamente ai collegamenti, il porto di Napoli è servito dalle direttrici, stradale e ferroviaria, di interesse nazionale. Al porto, si accede direttamente dalla rete stradale nazionale attraverso un raccordo autostradale riservato e mediante un raccordo ferroviario, esclusivamente a servizio merci, in sede propria, collegato con la rete nazionale di RFI. Allo stato, tale raccordo costituisce una criticità a causa dell’interferenza con la viabilità cittadina.

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Fig. 1.3 – Il porto di Napoli

Il Porto di Salerno Il Porto di Salerno ha una superficie complessiva di 1,7 milioni di mq (cfr. fig. 1.4), dei quali 500.000 mq costituiti da aree a terra, destinate per 250.000 mq al deposito e movimentazione e per 250.000 mq a strade di circolazione e aree di servizio. Sul versante est è presente il Molo Manfredi, dove è concentrato il comparto della crocieristica con la Stazione Marittima (cfr. scheda tecnica). Il Porto è direttamente connesso alla rete stradale e a quella ferroviaria. Esistono tre varchi stradali che consentono, a chi proviene dal porto, di immettersi nella viabilità urbana o di accedere, attraverso un raccordo autostradale comune al traffico urbano, al casello di Salerno sulla A3 ed al nodo di Fratte. Dal nodo di Fratte è possibile raggiungere la tangenziale di Salerno e quindi l’area industriale di Pontecagnano, Battipaglia ed Eboli. Dal porto è immediatamente raggiungibile anche la statale 18 “Tirrena inferiore”. Il porto di Salerno è inoltre dotato di un raccordo ferroviario che lo collega direttamente alla stazione ferroviaria di Salerno.

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Fig. 1.4 – Il porto di Salerno

Il porto di Castellammare Il porto di Castellammare di Stabia di estende dal molo Quartuccio al molo Borbonico (cfr. scheda tecnica). L’accesso alla rete autostradale avviene mediante l’utilizzo della viabilità locale (via sorrentina) fino al congiungimento con la SS145 nei pressi di Pozzano e, da qui, verso lo svincolo di Castellammare di Stabia dell’Autostrada Napoli-Pompei-Salerno. Per il collegamento alla rete ferroviaria, esiste un tronchino di collegamento dalla linea Torre Annunziata – Castellammare (stazione terminale) fino al porto commerciale. Allo stato, tale tronchino non è utilizzato. L'aeroporto di Capodichino L’aeroporto di Capodichino è prevalentemente un aeroporto passeggeri. È situato a circa 7 km dal centro della città di Napoli e, ad eccezione di una piccola porzione ricadente nel comune di Casoria, risulta localizzato quasi interamente nel comune di Napoli. L’aeroporto ha una sola pista di volo di 2628 m di lunghezza e 45 m di larghezza con due banchine di 7,5 m ciascuna. A sud della pista principale vi è una pista di rullaggio larga 23 m con quattro bretelle di collegamento. Sono disponibili 15 piazzole di sosta per aeromobili. L’aerostazione si affaccia direttamente sul piazzale e gli aerei vengono raggiunti

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con autobus. La capacità della pista è valutata dall’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) in 28 movimenti/ora (cfr. scheda tecnica). Il terminal passeggeri si trova a 450 m dal raccordo autostradale di Capodichino (nodo di accesso all’A1, all’A6 ed all’A3); la strada che porta al terminal è a doppia carreggiata, inserita in aree edificate e con diverse immissioni. L’accessibilità al terminal dalla città è sviluppata lungo due assi principali: la Tangenziale e Corso Umberto Maddalena. Dalla Tangenziale, connessa alle autostrade A1, A16 e A3, è possibile immettersi direttamente nella strada di accesso all’aeroporto. Provenendo, invece, dal centro della città, si raggiunge l’aeroporto attraverso la viabilità urbana. Per quanto concerne i dati di trasporto merci, nel 2015 (fonte ENAC) dall’aeroporto di Capodichino sono arrivati e partiti 51.932 aeromobili, cui sono corrisposte 8.464 t di merce e posta movimentata (+8,9% rispetto al 2014). L'aeroporto di Salerno-Costa d’Amalfi E' un aeroporto nazionale aperto al traffico aereo nazionale e comunitario per attività di trasporto aereo non di linea, nonchè al lavoro aereo e scuola di pilotaggio. Sorge a cavallo tra i comuni di Pontecagnano-Faiano e in provincia di Salerno, a 12 km da Salerno e 70 km da Napoli. È dotato di un’unica pista di volo lunga 1.654 metri e larga 45 metri. L’accessibilità all’aeroporto è consentita attraverso lo svincolo “Pontecagnano Sud – Aeroporto” sulla A3, seguendo le indicazioni stradali lungo la SS18 in direzione sud – Battipaglia (cfr. scheda tecnica). I nodi logistici L’interporto Campano Si colloca in posizione estremamente favorevole rispetto alle reti stradale e ferroviaria. Il sistema interportuale è stato progettato per movimentare a regime fino a 8,5 milioni di tonnellate di merce all’anno, di cui 5,5 con tecniche intermodali e 3 su strada. Al suo interno, si possono individuare sei aree funzionali come più dettagliatamente illustrate nella scheda tecnica. Il terminal intermodale, di circa 225.000 mq, è dotato di un piazzale di 7,5 Ha, destinato allo stoccaggio ed all’handling, e di due sistemi di binari e piste affiancati, per il trasbordo di containers, casse mobili e semirimorchi. Ogni sistema ha tre binari con modulo da 750 m, due piste di scorrimento dei semiarticolati e fasce laterali per la sosta delle unità di carico durante le operazioni di trasbordo. Un binario parallelo ai due sistemi consente il disimpegno dei locomotori. Per entrambi i sistemi, è prevista la dotazione di tre trastainer.

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L’area è direttamente collegata alla rete autostradale nazionale e regionale, attraverso il casello di Nola dell’A30, e attraverso un percorso di circa 1 km, con la A16. L’impianto è dotato di una stazione RFI, denominata “Nola – Interporto”, gestita dalla Rete Ferroviaria Italiana con servizi Trenitalia, che è stazione di testa di una linea che si distacca dalla Cancello-Salerno. Complessivamente, il terminal è servito da una stazione di tredici binari, sempre con modulo di 750 m. I sei binari centrali sono elettrificati e collegati direttamente alla rete RFI. Affiancati ad essi, sui due lati, sono stati realizzati altri sette binari a servizio dei capannoni raccordati dell’interporto. L’interporto Sud Europa È collocato a cavallo dei comuni di Maddaloni e Marcianise, a 7 km dall’interporto di Nola, al centro di un importante nodo sia stradale che ferroviario. Il polo è collegato all’autostrada A1 tramite lo svincolo Caserta Sud mentre, da un punto di vista ferroviario, sorgendo a ridosso della stazione di smistamento di Marcianise, ha un raccordo diretto con la rete ferroviaria nazionale (cfr. scheda tecnica).

I collegamenti tra le aree produttive selezionate Nell’ambito del quadro infrastrutturale innanzi descritto, si descrivono i collegamenti tra le varie aree produttive e i nodi trasportistici e logistici, ovvero con i porti, gli interporti e gli aeroporti. Il sistema dei collegamenti stradali è abbastanza consolidato e quindi, per tutte le aree produttive, si può affermare che il livello di servizio è soddisfacente. In figura sono indicate la rete stradale primaria, la rete ferroviaria e le aree, già classificate per tipologia. In particolare, nella rappresentazione della rete stradale primaria, indipendentemente dalla tipologia di strada e dall’Ente gestore, sono rappresentate le sole strade con carreggiate separate e svincoli sfalsati, che presuppongono un buon livello di servizio. In sintesi, tutte le aree individuate sono poste in prossimità della rete stradale primaria, ad eccezione di qualche criticità specifica rispetto alle modalità di accesso alla rete. Per le sole aree produttive, nelle singole schede tecniche, sono indicate le distanze dai nodi trasportistici e logistici.. Per quanto concerne la rete ferroviaria, il collegamento principale è quello esistente tra il porto di Napoli e gli interporti di Nola e Sud Europa. Tale collegamento presenta un’interferenza con la viabilità comunale di Napoli che ne vanifica la funzionalità. Per le altre aree vi sono solo delle ipotesi di collegamento alla rete.

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Fig. 1.5– Le ZES e le reti infrastrutturali

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4.2 Lo scenario delle infrastrutture di telecomunicazione

In questa sezione, si riporta un approfondimento sulle infrastrutture di telecomunicazione sulle quali la Regione Campania, in coerenza con la politica nazionale, ha fortemente puntato per orientare le proprie strategie di sviluppo. Infatti, nell'ambito de Progetto Strategico Nazionale per la Banda UltraLarga, la Regione Campania sta realizzando il Programma di Interventi per lo sviluppo della Banda UltraLarga nel territorio regionale, con l'obiettivo di massimizzare la completa infrastrutturazione in banda ultra larga, attraverso il potenziamento del c.d. ultimo miglio, soprattutto con riferimento ai settori strategici per lo sviluppo sociale ed economico del territorio. E' stata prevista una copertura ad almeno 100 Mbps di sedi ed edifici pubblici (scuole e ospedali in particolare), delle aree di maggior interesse economico e concentrazione demografica, delle aree industriali e delle attività produttive strategiche (anche in coerenza con le linee di intervento tracciate dal Research and Innovation Strategies for Smart Specialization, RIS 3 Campania, Legge regionale “Manifattura 4.0”e Turismo), delle Università, dei Centri di Ricerca, dei principali siti e località culturali e turistiche, delle filiere enogastronomiche, degli snodi logistici Le aree ZES selezionate, in considerazione della specifica vocazione e destinazione produttiva , sono tutte incluse in tale Programma. Nel Programma Operativo Regionale, approvato dalla Commissione Europea nel dicembre 2015, la Regione Campania ha inserito, un asse dedicato allo sviluppo dell’Agenda Digitale per il territorio. E successivamente, con una delibera di Giunta Regionale del novembre 2016, ha approvato il documento “Agenda Digitale Campania”, che descrive il contesto di sviluppo e le linee strategiche di intervento. Con la politica economica regionale e con le scelte per la digitalizzazione, la Campania si è orientata a garantire una crescita equilibrata di tutto il territorio, che permetta di dare un ruolo, attraverso la rete telematica, anche alle zone a fallimento di mercato, alle aree interne, ai luoghi più lontani dagli agglomerati urbani, a tutti gli insediamenti industriali e ai nuclei di ricerca. In questo modo, sono state create le condizioni per nuove opportunità, in una logica di sviluppo integrato e di sistema. La priorità assoluta non è stata solo quella di coprire con la banda larga e ultra larga tutto il territorio regionale, ma anche quella di arrivare in tutti i luoghi, dove si fa ricerca e si produce, con la digitalizzazione più avanzata, integrando i network digitali con tutte le altre infrastrutture di rete presenti in Campania. Il primo obiettivo è stato legato all’esigenza di

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privilegiare l’“ultimo miglio”.Ovvero la connessione di rete più veloce con le attività produttive e di ricerca, per le quali è vitale possedere uno strumento di collegamento, in tempo reale, con i centri nei quali si dipana l’assetto della nuova economia. Il secondo scopo, altrettanto prioritario, è teso a creare connessioni tra le reti digitali, le reti elettriche, le reti di trasporto e ogni altro vettore che può aumentare il livello di informazione e comunicazione di ogni territorio della Regione. Un gruppo di lavoro sta svolgendo questa azione, che consente, anche sulla linea dell’alta capacità Napoli-Bari, di realizzare tutte le integrazioni necessarie, soprattutto a favore degli stabilimenti industriali. La finalità dell'azione regionale è quella di portare le connessioni più veloci fin dentro gli stabilimenti industriali, nei singoli impianti produttivi, nelle università e nei centri di ricerca. In questo modo, si è inteso evitare di possedere, da un lato, delle piattaforme all’avanguardia e, dall’altro, dei collegamenti finali che fanno perdere ogni capacità e potenza all’infrastruttura digitale di partenza.

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5 – Gli elementi caratterizzanti la ZES

5.1 Le politiche per lo sviluppo delle attività produttive

Le azioni programmate mirano al rinnovamento della base produttiva incentivando la localizzazione di nuove imprese, anche estere, oltre al consolidamento delle realtà esistenti nell'ottica della valorizzazione degli asset naturali e la riduzione degli impatti ambientali del tessuto produttivo esistente. In coerenza con i più recenti orientamenti europei, le azioni previste per lo sviluppo occupazionale e produttivo delle ZES in Campania, si focalizzano all’interno di ciascuna area sui settori produttivi, trainanti per il territorio di riferimento. In particolare, le azioni da implementare saranno finalizzate a: • sostenere lo sviluppo di sistemi e sottosistemi di impresa che in una logica di filiera consentano la valorizzazione/riqualificazione delle pre-esistenze produttive locali e lo sviluppo di economie di specializzazione produttive dei luoghi in grado di portare alla realizzazione di prodotti innovativi; • sostenere progetti pilota per innescare il cambiamento strutturale dei sistemi produttivi delle aree rispetto ad uno o più domini tecnologici produttivi. Gli interventi devono mirare a favorire tutte le condizioni per l'attrazione degli investimenti e, nel contempo, sostenere percorsi in grado di riattivare/riqualificare/diversificare le produzioni e gli asset (stabilimenti produttivi, servizi reali, competenze industriali, capitale umano) presenti in tali aree attraverso la valorizzazione di produzioni complesse di filiera, la qualificazione di subsistemi di fornitura trasversali, la riqualificazione dei settori maturi rispetto ai mercati emergenti e lo sviluppo di imprese innovative. Per qualificare le “nuove produzioni”, i progetti dovranno essere fortemente integrati con interventi di ricerca e sviluppo coerenti con le strategie di reindustrializzazione delle aree individuate, nonché con azioni integrate con il FSE Campania, volte a prevedere forme attive di rafforzamento delle capacità dei lavoratori. In sinergia con altri ambiti di programmazione locale/territoriale, si prevede la creazione di reti formali di Micro e PMI sul territorio in grado di favorire il coordinamento tra i soggetti preesistenti e di attirare nuovi soggetti nelle aree di intervento; la promozione di investimenti produttivi a carattere innovativo per la riqualificazione e riconversione industriale delle preesistenze

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produttive locali, ovvero la nascita o attrazione di nuove realtà imprenditoriali in grado di favorire la diversificazione dei sistemi produttivi delle aree; il recupero funzionale e l’efficientamento energetico delle unità produttive esistenti o dismesse; la riqualificazione o creazione delle infrastrutture per lo sviluppo delle attività produttive nelle aree interessate anche attraverso il ricorso a strumenti innovativi come quelle previsti dal Piano Junker, l’impiego di strumenti finanziari tradizionali e innovativi come quelli della finanza alternativa per lo sviluppo, allo scopo di sostenere la crescita dimensionale e la competitività delle imprese. I Programmi territoriali saranno elaborati, avviati, e implementati attraverso un percorso di coinvolgimento attivo degli stakeholders interessati a procedure negoziali in grado di favorire un approccio integrato finalizzato ad intervenire sui fattori di svantaggio territoriale, prendendo esempio il modello realizzato con i contratti e gli accordi di sviluppo a livello nazionale e regionale.

5.2 I fattori dello sviluppo e le filiere strategiche

La ZES si inserisce nell’ambito del più ampio programma di politica industriale della Regione Campania, come che in sintesi, è costituito da una serie di scelte e di iniziative connesse in un disegno strategico di sviluppo. Tra queste vi sono: 1. L’elaborazione di un sistema premiante delle realtà industriali più competitive rappresentate dalle eccellenze produttive attualmente o potenzialmente presenti sul territorio, con il superamento dei limiti connessi alle tradizionali azioni di sostegno indifferenziato ai settori produttivi. 2. Una politica industriale definita sulla base di una visione strategica della crescita territoriale, "per tasselli" connessi tra loro, al fine di attuare le priorità di un programma di azione concreto e immediato, che si connette direttamente alle scelte di politica economica nazionale, integrandosi con esse e sviluppandole a livello regionale. 3. Le scelte elaborate sono improntate ad una politica industriale fondata sui fattori di sviluppo capace di attrarre investimenti e di mettere le imprese che intendono investire nell'area ZES di competere, partendo da una base di comuni opportunità, puntando sui facilitatori degli investimenti esterni, sul credito di imposta automatico e su tutte le forme di sgravio fiscale che possono rappresentare un vantaggio per gli interventi produttivi effettuati in Campania.

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4. In una logica di valorizzazione dei territori e delle loro vocazioni produttive, sono state individuate anche alcune filiere strategiche, che, se messe a sistema, possono imprimere una spinta molto forte alla crescita regionale. Si tratta dell’aerospazio, dell’agroalimentare, dell’autotrasporto, dell'automotive, della cantieristica (a cominciare dall’area di Napoli e di Castellammare), della moda e dell’abbigliamento, che possono favorire non solo una valorizzazione delle capacità tradizionali della Regione, ma anche fornire una proiezione internazionale e una prospettiva di innovazione all’intero comparto industriale. Tali filiere strategiche, insieme a tutti i settori fortemente coinvolti nell'export, saranno poste al centro di scelte mirate per incrementare gli investimenti per riposizionamento, agglomerazione, ricerca e sviluppo. Il sostegno al sistema imprenditoriale di eccellenza deve concretizzasi sempre più con misure per il consolidamento economico-finanziario, allo scopo di rendere sempre più attraente il sistema campano allo sguardo degli investitori internazionali. Pertanto, le scelte politiche a livello regionale intendono puntare a determinare le condizioni per il rafforzamento delle reti produttive di eccellenza, favorendone la crescita dimensionale, l'aggregazione, la specializzazione ed il coordinamento di filiera, in una logica di innovazione di processo e di prodotto. In questo quadro, gli investimenti di grandi dimensioni devono servire a favorire e promuovere la crescita dell’intero sistema, puntando a sostenere la formazione di nuove catene del valore e filiere produttive complete, dall’ideazione alla commercializzazione di un prodotto. 5. Le misure per la valorizzazione dell'Industria 4.0. Al riguardo, l'Amministrazione intende proseguire nell’attivazione, dopo i contratti di Sviluppo, di ulteriori misure di sostegno all'Industria 4.0, sia per l'altissimo potenziale di sviluppo di lungo periodo insito nelle sue caratteristiche, che per i risultati delle prime analisi sul fenomeno che evidenziano una correlazione positiva tra questo tipo di organizzazione produttiva e importanti dinamiche di attrazione di nuovi investimenti e di reshoring. L'Industria 4.0 costituisce una delle leve principali attraverso cui incentivare la creazione di nuovi impianti industriali e il ritorno sul nostro territorio di impianti e realtà operative che sono state delocalizzate negli anni passati, sul modello di quanto è già accaduto in diverse aree deindustrializzate degli Stati Uniti e dell'Europa del Nord, che oggi riprendono ad acquisire la fisionomia di territori attrattivi per gli investimenti e coinvolti nelle dinamiche più avanzate del sistema

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economico proprio grazie alle potenzialità di questo innovativo modello di organizzazione industriale. Il 19 luglio 2016 è stata approvata la Legge regionale “Manifattura Campania: Industria 4.0”, con la quale sono state anticipate le scelte operate dal Governo con la strategia nazionale, denominata “Piano nazionale Impresa 4.0”, fondata sul sostegno ai fattori di competitività che permettono uno sviluppo trasversale e moderno, attraverso iper e super ammortamento per le imprese, il credito di imposta per la ricerca, finanziamenti alle imprese che innovano acquisendo beni strumentali e contratti di sviluppo dedicati. La Regione sta per emanare le sue Linee guida per l’Industria 4.0, che in via complementare al Piano Nazionale, potranno fornire il riferimento strategico per attivare, nell'ambito degli interventi che saranno programmati nelle aree individuate, la diffusione di tali tecnologie e lo sviluppo dell’ecosistema della quarta rivoluzione industriale in Campania. 6. Un altro fattore di sviluppo identificato dalla Regione Campania è il sostegno alle filiere della bioeconomia. A riguardo, la Regione riconosce e promuove i principi della economia circolare e della bioeconomia quale modello incentrato sulla sostenibilità, sull’efficienza dei processi produttivi, sulla rigenerazione territoriale e fondato sul principio del conseguimento del massimo risultato economico con il minimo spreco di risorse. L'attenzione ai comparti della cosiddetta bioeconomia è innanzitutto attenzione alla transizione da un sistema produttivo economico energivoro, basato sulle risorse fossili non rinnovabili e con accentuato impatto ambientale, ad un sistema sostenibile, fondato su un utilizzo razionale e sempre più integrato delle risorse biologiche. L'obiettivo è quello di promuovere lo sviluppo di un’economia a minore impatto ambientale, che rigeneri gli ecosistemi naturali anziché impoverirli e consideri lo sfruttamento delle risorse nel un più ampio contesto del sistema circolare di cui esse sono parte. A questo scopo, saranno previsti incentivi e condizioni di sistema che inducano l'innovazione dei processi produttivi sul piano tecnologico, sul piano organizzativo e su quello del bilancio sociale dell'impresa. Considerato il ruolo fondamentale della ricerca e delle scienze biotecnologiche in questo ambito, uno degli assi di intervento prioritari sarà la definizione di misure espressamente destinate a favorire l'interscambio tra mondo delle imprese e mondo della ricerca. Il settore della bioeconomia, infatti, poggia essenzialmente su 3 pilastri produttivi: il comparto agricolo, la zootecnia, la pesca,

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l’acquacoltura e le foreste; l’industria alimentare e quella della carta e del packaging, quella del legno; l’industria bio-based della chimica e fuels da fonti rinnovabili. 7. Considerando la forte attrattività del Made in Italy in ambito alimentare, la centralità dei prodotti agroalimentari campani, specie quelli della dieta mediterranea, e le accentuate caratteristiche di diversità e tipicità connesse alla ricchezza culturale dei territori, le azioni regionali sono orientate alla costituzione di filiere, di distretti e aggregazioni organizzate di imprese, università, istituzioni pubbliche o private di ricerca e soggetti attivi nel campo dell’innovazione, con valenza interdisciplinare e internazionale, in grado di riattivare la crescita sostenibile dei territori interessati, in linea con le agende strategiche comunitarie e con il Programma Europeo per la ricerca e l’innovazione per il periodo 2014/2020. Saranno, pertanto, sostenuti programmi di investimento di operatori economici che adottano modelli organizzativi ispirati ai principi della economia circolare, basato sulle tre “R”: ridurre (gli imballi dei prodotti, gli sprechi di materie prime, eccetera), riusare (allungando il ciclo di vita dei beni) e riciclare (gli scarti non riutilizzabili), nonché ulteriori forme di incentivi e sgravi per le realtà produttive che riorganizzino il modo di produrre e innovino i prodotti ottimizzando l’attività industriale e rendendola sempre più economicamente vantaggiosa e sostenibile. 8. Le misure per il sostegno all'efficientamento energetico. Sul fronte del contrasto ai cambiamenti climatici e, quindi, della riduzione di gas climalteranti, oltre ad azioni finalizzate alla diffusione delle energie rinnovabili, particolare attenzione sarà dedicata a migliorare l’efficienza energetica, garantendo vantaggi sia da un punto di vista strettamente ambientale, che da quello inerente i costi di produzione delle imprese, aumentandone quindi la competitività. L’obiettivo è, quindi, non solo quello di produrre energia, ma anche quello di usarne di meno attraverso il sostegno a quelle iniziative volte all’efficientamento delle attività ad alto consumo energetico delle imprese, sia quelle a grandi dimensioni che le PMI. Saranno, pertanto, sostenuti i programmi di investimento articolati su azioni, specificamente orientate all'efficientamento energetico. 9. La promozione e il sostegno all'internazionalizzazione delle imprese. Per migliorare le proprie prospettive e rafforzarsi, le aziende campane hanno bisogno di acquistare una dimensione internazionale. La ZES rappresenta uno strumento fondamentale per agganciare le opportunità offerte dai mercati dei paesi emergenti e con alto tasso di crescita, innestare il proprio ciclo produttivo sulle dinamiche dei settori

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di riferimento su scala globale ed entrare in relazione con gli operatori che a livello internazionale muovono determinano i flussi di venture capital e private equity. L'Amministrazione regionale sostiene le aziende per il conseguimento di tali obiettivi, attraverso interventi di sostegno selettivo, di facilitazione amministrativa, di supporto informativo e di promozione (collaborazione con ICE, SACE-SIMEST e MISE per il sostegno istituzionale all'export e la valorizzazione comunicativa del brand “made in Italy”). A queste iniziative, si collegano quelle volte all’attrazione di nuovi investimenti internazionali e all’incoming di nuove imprese dall’esterno della Campania. In questi ultimi anni si è già verificato, in particolare grazie a strumenti come i contratti di Sviluppo, un forte insediamento di imprese multinazionali, che stanno contribuendo alla crescita accelerata del tessuto produttivo regionale occorre proseguire in questa promozione e attività di carattere strategico, facendo della ZES un volano degli investimenti dall’estero e della presenza di grandi gruppi internazionali in Campania. Le linee del piano di sviluppo strategico della ZES indicano questo come un obiettivo fondamentale di crescita del sistema economico regionale e offrono un quadro di opportunità di straordinaria importanza. La riforma dei Consorzi di Sviluppo Industriale e la formazione di un’Agenzia Regionale di Sviluppo potrà ulteriormente consolidare questa azione volta all’accelerazione produttiva e all’internazionalizzazione dell’economia campana.

Gli effetti di tali linee strategiche troveranno ulteriore vigore cavalcando la ripresa che, come riportato nell’ultimo Rapporto Svimez, sta interessando le regioni del Sud Italia nel loro insieme. Il Mezzogiorno, uscito dalla "lunga recessione", nel 2016 ha infatti consolidato la ripresa con una crescita dell’1% del PIL, facendo registrare una performance ancora superiore, se pur di poco, al resto del Paese e confermando il trend positivo del 2015,che lo stesso Svimez aveva giudicato eccellente. La ripresa dunque si consolida con un risultato non scontato: anche nell’anno in corso, infatti, il Mezzogiorno terrà sostanzialmente il ritmo della crescita nazionale. Sempre gli studiosi della SVIMEZ sottolineano che i risultati raggiunti dal Sud nel biennio scorso derivano anche dalla profondità della crisi precedente, e sono il frutto di fattori per molti versi particolari: le fluttuazioni climatiche che hanno favorito la produzione agricola nel 2015, le vicende geopolitiche del Mediterraneo che avvantaggiano il nostro turismo, gli investimenti legati alla chiusura del ciclo della programmazione comunitaria che hanno avuto un impatto importante nel 2015 e hanno continuato a produrre effetti cumulati.

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Per consolidare tali processi, si richiama la necessità di interventi strategici e di lungo periodo, capaci di impattare in modo radicale sulle dinamiche di sviluppo della nostre aree e fra essi in primis, la ZES. http://www.svimez.info/images/RAPPORTO/materiali2017/2017_11_07_linee_app_stat.pdf

5.3 Le politiche per l’innovazione - RIS3 (N.B. MI SEMBRA ANCORA DEBOLE NELL’ANALISI, CHE EVIDENZIA SOLO I DATI NEGATIVI, E NELLA PROPOSTA)

La Campania è una delle principali regioni italiane per dimensione e attività nel campo della ricerca e dell’alta formazione ed è il principale polo di ricerca del Mezzogiorno. Nella Regione operano 7 università, 40 istituti di ricerca avanzata, 10 centri di competenza, oltre 25 cluster tecnologici riconosciuti dal MIUR (tra distretti tecnologici e laboratori pubblico-privati ed aggregazioni pubblico-private), 5 incubatori d’impresa e 2 parchi scientifici e tecnologici. Dal lato del sistema impresa, nonostante l’elevato potenziale di innovazione e la massa critica di risorse umane e finanziarie impiegate per supportare a livello regionale i processi di valorizzazione del sistema della ricerca e di connessa evoluzione tecnologica del sistema delle imprese regionale, i risultati conseguiti nei primi anni del periodo di programmazione 2007-2013 non solo tali da segnare un significativo miglioramento competitivo del sistema dell’innovazione in Campania. Da un’analisi comparativa delle performance dei sistemi regionali dell’innovazione, la Regione Campania è classificata tra i sistemi scarsamente innovativi. Come riportato, anche, nella RIS3 CAMPANIA 2014-2020 il sistema regionale campano - classificato insieme a Abruzzo, Puglia, Basilicata e Sardegna tra i medium-low innovators – presenta i seguenti punti di debolezza: un carente livello di investimenti di venture capitalists nella fase di early stage financing; una scarsa capacità di collaborazione inter-impresa ai fini dello sviluppo di innovazioni di prodotto e di processo; una ridotta percentuale di imprese che innovano in house o in collaborazione; una limitata capacità brevettuale; una scarsa capacità delle imprese di realizzare innovazioni di prodotto o di processo e di tradurre le eventuali innovazioni in impatto sulla efficienza dei processi produttivi. La domanda di servizi di supporto all’integrazione tra le imprese e tra le imprese e i “fornitori di conoscenza” è evidente se si guarda al ruolo delle reti di diversa articolazione e all’impatto che queste hanno in termini di innovazione locale e nazionale. L’Indagine MET, a tal proposito, mette in 94

evidenza come al Sud sia particolarmente scarsa la diffusione di accordi di cooperazione sofisticati tra imprese. Tale carenza ha un impatto significativo sui risultati dell’innovazione. Le imprese che cooperano sono molto più innovative e internazionalizzate delle imprese che operano in maniera isolata. La carenza di imprese in rete e di imprese che cooperano in maniera sistematica nelle regioni dell’Obiettivo Convergenza, e in Campania in particolare, ha effetti negativi sulla capacità innovativa di questi territori. Emerge, inoltre, con forza l’assenza dalle filiere della Campania e delle regioni dell’Obiettivo Convergenza dei servizi alla produzione. Nell’ambito della programmazione europea e nazionale del ciclo 2014-2020 e tenendo conto dell’analisi SWOT della Smart Specialization Strategy (RIS3 Campania) di confronto con il partenariato economico e sociale, è stata delineata la strategia regionale in materia di ricerca e innovazione, con l'intento di connettere la ricerca e l’innovazione allo sviluppo economico e sociale. Il modello di sviluppo regionale segue la logica della valorizzazione delle eccellenze e supporta il sistema economico e istituzionale nella programmazione di interventi che consentano di: favorire un accesso più di diffuso all’innovazione; supportare lo sviluppo competitivo dell’imprenditorialità, al fine di valorizzare tecnologie e saperi locali e stimolare la cooperazione e le sinergie su scala internazionale; sostenere l’offerta di servizi qualificati per l’innovazione allo scopo di accrescere il contenuto innovativo applicato alla produzione di beni e servizi per il mercato e la collettività. La logica sottesa al modello di formulazione della RIS3 Campania supera la declinazione settoriale che tradizionalmente ha informato la programmazione regionale, cercando, ove possibile, di introdurre un approccio tematico che - teso alla valorizzazione osmotica del potenziale locale industriale (domini produttivi) e di innovazione tecnologica (ambiti tecnologici strategici) - è incentrato sulla definizione delle aree di specializzazione (domini tecnologico-produttivi) e sulla selezione, rispetto a ciascuna area di specializzazione, delle traiettorie tecnologiche in grado di prefigurare per il sistema campano: l’affermarsi di veri e propri Lead Markets cui è possibile ricondurre una consistente quota della domanda presente e, soprattutto, futura di beni e servizi; lo sviluppo di Emerging Markets che consentono un riposizionamento/riqualificazione delle produzioni tradizionali (es. sistema moda), nonché lo sviluppo di nuove produzioni ad alta intensità di conoscenza (es.Blue economy, Bio economy, Manifattura 4.0, Industrie creative). La RIS3 ha individuato, sulla base del livello di specializzazione territoriale e del potenziale di sviluppo industriale e di mercato, valutato in una prospettiva sovraregionale, gli ambiti di specializzazione (Aerospazio; Trasporti di superficie e logistica avanzata; Energia e ambiente; Beni culturali, turismo ed edilizia sostenibile; Biotecnologie e salute dell’uomo; Nuovi Materiali e

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Nanotecnologie) su cui concentrare gli investimenti in RS&I, dando priorità allo sviluppo delle tecnologie abilitanti (KETs) che maggiormente rispondono alle sfide sociali e che consentono applicazioni in più settori industriali attraverso processi di cross-fertilization (ad esempio, sviluppo di materiali avanzati per l’industria pesante; nuovi processi biotecnologici a basso impatto ambientale utilizzabili nei settori agro-industria, farmaceutica e nutraceutica). Partendo dalla valorizzazione delle esperienze della precedente programmazione, la RIS3 Campania delinea quali fattori strategici regionali: il sostegno all’intera catena dell’innovazione (dalla ricerca fondamentale all’immissione sul mercato di prodotti e servizi innovativi) come presupposto per lo sviluppo di fattori critici di successo: valorizzazione delle competenze e infrastrutture di eccellenza per la RS&I; diffusione economica dell’innovazione tra i soggetti – in primis le PMI- e nei processi produttivi e sociali; aggancio a reti internazionali; entrata in mercati emergenti e riqualificazione innovativa delle produzioni tradizionali; sviluppo dell’e-gov e dei servizi ICT a cittadini ed imprese; la focalizzazione degli interventi in quei domini tecnologico-produttivi (Aerospazio; Trasporti di superficie-Logistica; Biotecnologie-Salute dell’Uomo-Agroalimentare; Energia-Ambiente; Materiali avanzati- nanotecnologie) in grado di assicurare un adeguato livello di competizione sovraregionale in complementarietà con le catene del valore internazionale. La Smart Specialization Strategy (RIS3 Campania) individua priorità strategiche di intervento differenziate, che, da un lato, tendono alla valorizzazione delle eccellenze nel contesto industriale e della ricerca (valorizzazione degli attori della RS&I, valorizzazione del capitale umano regionale, sviluppo di start up innovative e della finanza regionale per la RS&I) e, dall’altro, incidono sulle condizioni di contesto che consentono di alimentare tali eccellenze e di favorirne la relativa valorizzazione e diffusione. La poliedricità di azione della RIS3 Campana si traduce nel medio termine nel perseguimento di direttrici di azione in grado di assicurare: un’evoluzione del sistema produttivo e della ricerca in grado di impattare con un effetto leva sul territorio ed in una prospettiva sovraregionale; nuove opportunità di mercato tramite l’evoluzione delle industrie tradizionali in industrie emergenti e il sostegno alla nascita di nuove imprese; la creazione di un ambiente di Open Innovation in grado di facilitare l’interazione e il reciproco arricchimento (cross-fertilisation) tra ambiti tecnologici e settori diversi.

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5.4 Le politiche del lavoro (N.B. INESISTENTE! SEMBRA UN PROGRAMMA ELETTORALE. Attendere testo ASS. PALMERI)

Le strategie produttive della Regione si fondano anche sulla capacità di pianificare e sostenere interventi di politiche attive al lavoro tesi allo sviluppo socioeconomico dei territori, anche attraverso il rafforzamento della rete pubblico/privata dei Servizi al Lavoro, la valorizzazione delle sinergie con le politiche formative e di istruzione, il contrasto al lavoro irregolare e la diffusione della cultura della prevenzione i materia di sicurezza, salute e benessere sui luoghi di lavoro. L'obiettivo è la realizzazione di un mercato del lavoro equo, efficiente, inclusivo. La sfida sulle politiche del lavoro nella Regione Campania coincide con la capacità di affrontare le priorità che la programmazione comunitaria ha fissato, connotandole con contenuti specifici, originali e peculiari della nostra realtà economica e sociale. La programmazione FSE 2014- 2020 rappresenta il principale strumento di intervento in questo campo, coerentemente con gli obiettivi e i risultati attesi del Programma di governo regionale. Nel corso del 2017-2020 si darà attuazione ai principali avvisi e bandi del POR FSE 2014-2020. Fra i target delle azioni individuate sono previsti i disoccupati di lunga durata o a rischio di disoccupazione, i lavoratori coinvolti in situazioni di crisi, quelli in esubero e privi di ricollocazione e quelli a rischio di esclusione, i giovani, le donne e le categorie deboli e svantaggiate. Per il target 'giovani' l’azione regionale viene svolta in sinergia con il Patto per la Campania. L’impianto strategico e di indirizzo relativo si fonda essenzialmente sulla programmazione di policy integrate finalizzate al miglioramento del mercato del lavoro locale. In particolare i due driver sono: le attività per lo sviluppo del mercato del lavoro, con l’obiettivo di qualificare e rafforzare i servizi attivi della rete degli operatori accreditati per aumentarne l’efficacia in termini di maggiore occupabilità e occupazione; il sostegno all’occupazione, con l’obiettivo di ricollocare e riqualificare i lavoratori, mantenere i livelli occupazionali e promuovere l’inserimento lavorativo delle persone a maggior rischio di esclusione sociale. Costituiscono pilastri di tale impianto: la promozione delle politiche del lavoro e il potenziamento della rete dei servizi per l’impiego a contrasto della disoccupazione, anche mediante il supporto alla creazione di impresa; l’incremento della partecipazione al lavoro e l’occupazione delle donne; il miglioramento della governance nell’attuazione delle politiche del lavoro; il rafforzamento delle competenze dei giovani ai fini di favorirne l’occupabilità, sia per ridurre la dispersione scolastica che per sostenere l’innovazione e la competitività delle imprese, attraverso

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la promozione dei tirocini e del contratto di apprendistato; l’accompagnamento alle transizioni (da lavoro a lavoro, da scuola a lavoro ecc.); il sostegno ai processi di aggiornamento e riqualificazione nell’ottica dell’apprendimento permanente; lo sviluppo del partenariato territoriale con la Rete locale degli operatori. L’azione regionale si dispiega, pertanto, integrando e fondendo l’intento politico con atti amministrativi diretti al raggiungimento degli obiettivi.

5.5 Le attività da promuovere e rafforzare

Il lungo periodo di recessione ha agito in profondità nel tessuto produttivo della regione Campania, intaccando diversi settori produttivi ed in particolare il sistema manifatturiero. Il tasso di industrializzazione si riduce da 52 addetti industriali ogni mille abitanti nel 2008 a poco più di 40 nel 2016. Il processo di deindustrializzazione accomuna tutte le regioni italiane. La Campania, che conserva una posizione di rilievo tra le regioni più grandi del Mezzogiorno, ha mostrato comunque nell’ultimo biennio inequivocabili segnali di ripresa, che si collocano nell’ambito di un trend confortante che riguarda l’intero Mezzogiorno. L’indice sintetico elaborato da Confindustria e SRM (2017), che fotografa lo stato di salute dell’economia meridionale, ha fatto registrare per il terzo anno consecutivo un rialzo, allineandosi ai valori del 2009. Con riferimento alla struttura produttiva meridionale, posto pari a 100 il totale delle imprese del Mezzogiorno, si riducono le imprese con un numero di addetti da 1 a 9, mentre crescono dello 0,2% le imprese che hanno tra 10 e 49 addetti. Quest’ultimo dato può essere interpretato come un segnale di irrobustimento del tessuto produttivo, che trova conferma anche nella continua crescita delle società di capitali. Ciò premesso, al fine di identificare le attività che si intendono promuovere e rafforzare all’interno della ZES, si propone un’analisi delle principali caratterizzazioni industriali della regione, concentrando l’attenzione su quei comparti che appaiono più significativi per rilevanza strategica (peso nell’economia regionale e nella specializzazione territoriale), per i nessi economico-funzionali con l’area portuale (Napoli-Salerno-C.Mare di Stabia), nonché con i territori, oltre all’area portuale, interessati dalla ZES. Dato lo scopo, l’analisi dei comparti non può prescindere dal collegamento con le aree incluse nella ZES. Ogni area, infatti, esprime una o più specificità economiche di cui il piano strategico deve necessariamente tenere conto. Ciò è in parte già evidenziato nella sezione dedicata all’analisi dell’impatto economico-sociale a cui si rimanda per le ulteriori considerazioni ivi contenute. 98

Pertanto, considerato che i driver principali sono due, e precisamente, le attività strategiche e le eccellenze che esprime il territorio coinvolto nella ZES e il legame economico-funzionale dei territori individuati con l’area portuale identificata, si offre innanzitutto una breve panoramica sull’evoluzione dei settori economici in Campania al fine di fornire una fotografia complessiva dei caratteri dell’intera regione per poi approfondire il rapporto tra i territori e i comparti logistico- produttivi in ambito ZES. In primo luogo, oggi, ed in futuro sempre di più, l’efficacia e l’efficienza dei settori industriali (in primis il manifatturiero), sono collegate strategicamente all’evoluzione del terziario. Infatti, il contenuto di “servizi” che anche il prodotto “manufatto” presenta, o da cui lo stesso è in qualche modo derivato, rappresenta una componente importante dei moderni modelli economici. Il sistema del valore generato dalla manifattura è in sostanza sempre più interconnesso con il sistema del valore dei servizi. Questi ultimi vanno intesi sia come servizi a valore aggiunto (si pensi al campo della ricerca tecnologica, ai servizi internet, alla trasmissione ed elaborazione dati), sia come servizi offerti in ambito infrastrutturale e distributivo (si pensi ad esempio alle reti ed ai vettori di trasporto). Nello specifico, partendo proprio dai comparti dei servizi, va evidenziato che gli stessi appaiono in crescita nel lungo periodo, attraverso dinamiche settoriali che continuano ad essere caratterizzate da un intenso processo di terziarizzazione dell’economia. Questa dinamica coinvolge quasi tutti i settori economici ed anche i consumatori. Se si esaminano gli ultimi quindici anni (periodo 2001-2016) i settori dei servizi sono stati il comparto trainante delle economie delle regioni centrosettentrionali con un +8%, ma non in quelle del Mezzogiorno (-0,3%) e ancor meno in Campania (-2,2%). La divergenza nei comportamenti appare più evidente nella fase della recessione, nel corso della quale i settori terziari hanno perduto in Campania quasi un decimo del prodotto contro il -6,5% del Mezzogiorno e il -2,4% del Centro-Nord. Tuttavia, va evidenziata una più marcata reattività del terziario proprio in Campania nell’ultimo periodo di tempo. Infatti, nel solo 2016, il comparto dei servizi recupera oltre due punti percentuali contro i 0,8 del Sud e i 0,6 del Nord (Svimez, 2017), concorrendo in modo significativo alla ripresa del PIL regionale. Pertanto, sulla base di tali considerazioni, un rafforzamento delle attività economiche, anche con specifico riguardo al manifatturiero, potrà ulteriormente beneficiare di un potenziamento del sistema dei servizi come fattore di sviluppo dell’economia regionale in senso ampio e del tessuto industriale in particolare, come asse strategico fondamentale di una nuova prospettiva di crescita produttiva. In questo senso, le logiche di interconnessione con specifico riguardo al sub-sistema dei trasporti (segnatamente quelli di tipo marittimo) è un elemento di caratterizzazione della ZES, che

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vede la Campania in una posizione favorevole sia per la localizzazione geografica, sia per la dotazione di siti portuali ed aeroportuali ulteriormente potenziabili anche grazie alle misure previste dalla ZES. Passando al comparto industriale, come evidenziano i dati Svimez (2017), in Campania un ruolo trainante nello sviluppo del PIL (+2,4% nel 2016) lo ha avuto l’industria. Infatti, sebbene la regione possa contare sul contributo di altri importanti settori, come il turismo, la Campania non può fare a meno di rafforzare e valorizzare le attività produttive che ne caratterizzano il territorio. Ossia, pur considerando che la Campania occupa nei servizi oltre 760.000 unità (Svimez, 2017), il comparto dell’industria in senso stretto occupa oltre 195.000 addetti, con una media per unità locale doppia rispetto all’ampio comparto dei servizi (6,7 contro 2,6). Pertanto, posto che il sistema economico regionale è fatto prevalentemente di PMI, il comparto manifatturiero esprime comunque realtà mediamente più grandi delle piccole o micro-imprese che caratterizzano l’ampio comparto dei servizi. Ciò vuol dire una maggiore massa critica delle realtà produttive che a loro volta concorrono ad alimentare l’attività economica del terziario. Senza un tessuto industriale forte anche i servizi rischiano di perdere la loro competitività, basti pensare al peso dell’export marittimo generato dai settori manifatturieri sulle attività svolte dalle aree portuali (oltre il 90% dell’export che transita per i porti della regione) per avere un’idea della relazione a filo doppio che lega l’industria e i servizi. Nell’ambito del comparto dell’industria in senso stretto, i settori manifatturieri hanno assunto un ruolo importante nell’uscita dalla recessione dell’economia della Campania nel biennio 2015-2016, incoraggiata da una ripresa del processo di accumulazione degli investimenti anche più intenso di quello del resto del Paese (5,4% a fronte del 4,5% del Centro-Nord e del 5% del Sud nel complesso). I settori manifatturieri hanno generato uno stimolo particolarmente incisivo con una crescita cumulativa degli investimenti del + 8,5%. Un risultato notevole che interviene dopo un lungo periodo, compreso tra il 2003 ed il 2014, contrassegnato da forti contrazioni dei livelli di flussi, salvo la singolare inversione del 2005. Va considerato, inoltre, il recupero dei livelli di occupazione nel manifatturiero che sono cresciuti del 5,4% nel 2016 e del 6% nei primi tre trimestri del 2017. Focalizzando maggiormente l’attenzione sui settori manifatturieri di interesse per la ZES (Tab. 5.1), si nota come, tra gli altri, un ruolo significativo in termini di peso nell’economia regionale è assunto dal settore alimentare, dei metalli e macchinari, dell’abbigliamento e del legno. Infatti, questi quattro settori, se considerati congiuntamente, accolgono il 29% delle aziende ed oltre il 26% degli addetti presenti in tutti i settori manifatturieri campani. Un altro dato importante si riscontra

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con riferimento al numero medio di addetti per azienda nei settori dei mezzi di trasporto (39,6), della chimica (10,81) e della elettronica (8,95). Tali settori, pur avendo un’incidenza relativamente minore sul totale degli addetti presenti nei settori manifatturieri campani, sembrerebbero presentare imprese di dimensioni mediamente maggiori in confronto agli altri settori di interesse ZES. Un ulteriore elemento caratterizzante l’economia della regione è la presenza di importanti distretti industriali. Infatti, i sette distretti campani (Conserve di Nocera, Alimentare napoletano, Mozzarella di bufala campana, Abbigliamento del napoletano, Calzature napoletane, Concia di Solofra ed Alimentare di Avellino) costituiscono il 26% di tutti i distretti presenti nel Mezzogiorno ed esprimono il 40% (665 milioni di euro) dell’export dei distretti meridionali. N.B. AUTOMOTIVE E AEROSPAZIO è CERTO ???

N.B. Nella tabella 5.1 RESTA COSI’ ANCHE DOPO L’INGRESSO DI NUOVE AREE NELLA ZES Tab. 5.1 - Settori manifatturieri di interesse ZES

Settori Manifatturieri N° Addetti Aziende Addetti Export Marittimo Incidenza Ateco N° Aziende (interesse ZES) Addetti medi (%) (%) (€)- 2016 % 29; 30 mezzi di trasporto 275 10.905 39,66 0,53% 3,67% 650.239.526 16,91% 10 alimentare 5.445 31.298 5,75 10,55% 10,53% 1.486.126.050 38,64% 24;25; 26 2metalli, macchinari, elettronica 4.874 27.442 5,63 9,44% 9,24% 952.607.673 24,77% 20; 21; 22 chimica 821 8.879 10,81 1,59% 2,99% 234.721.116 6,10% 15; 16 abbigliamento 2.419 13.621 5,63 4,69% 4,58% 202.747.662 5,27% 16; 31 legno e mobilio 2.329 6.975 2,99 4,51% 2,35% 31.647.699 0,82% Totale 16.163 99.120 6,13 31,32% 33,36% 3.558.089.726 92,52% Altri settori manifatturieri 35.444 198.003 5,59 68,68% 66,64% 287.840.971 7,48% Totale altri settori manifatturieri 51.607 297.123 5,76 100,00% 100,00% 3.845.930.697 100,00% Nota: mezzi di trasporto comprende automotive,aeromobili, cantieristica; chimica comprende materie plastiche. Fonte: Istat 2015, Classificazione ATECO 2007

Il peso sull’economia regionale e nazionale di tali comparti si riflette in termini considerevoli anche sulle esportazioni. Nel 2017, le filiere produttive di eccellenza hanno registrato ottime performance per l’export. La Campania è la prima regione esportatrice del Mezzogiorno e la nona a livello nazionale, con 10 miliardi di beni esportati, pari al 2,4% del totale dell’export italiano, facendo, registrare un tasso di crescita delle esportazioni pari al + 3% nel 2016 ed al +2,3% nel primo semestre 2017. Tra i settori che si caratterizzano per un ammontare maggiore di esportazioni vi sono quelli della metalmeccanica e della elettronica (37,4%), supportati soprattutto dalle vendite nel comparto degli aeromobili e dei veicoli spaziali, e della filiera agro-alimentare (oltre il 30%), che beneficia delle importanti produzioni di eccellenza presenti nell’area campana. Relativamente a tale filiera, la categoria merceologica “frutta e ortaggi lavorati e conservati” rappresenta la più venduta in 101

assoluto, elevati volumi di vendita si registrano anche per i “prodotti da forno e farinacei” e per i “prodotti di colture agricole non permanenti”. Importanti livelli di export si segnalano anche con riferimento al settore della chimica, gomma e plastica (13,8%), grazie principalmente ai medicinali e preparati farmaceutici e agli articoli in materie plastiche. In particolare, la crescita delle esportazioni nel settore della chimica è adducibile all’incremento delle vendite di prodotti farmaceutici, il cui andamento è dettato anche da scelte di allocazione della produzione nell’ambito di catene internazionali del valore. Altro settore di rilievo in termini di export è quello della moda (11,4%), che può contare sulla presenza sul territorio dei distretti tessili di San Giuseppe Vesuviano e di S. Agata dei Goti-Casapulla- S.Marco dei Cavoti- Aversa-Trentola Ducenta, delle calzature napoletane e del conciario di Solofra. Meno rilevanti dal punto di vista dimensionale appaiono le esportazioni del legno e della carta (pur rivestendo un ruolo importante nell’ambito dell’economia campana e all’innovazione produttiva regionale) e delle altre industrie. In termini dinamici, l’export manifatturiero campano fa registrare su un orizzonte temporale di medio-lungo periodo (2007-2016) un incremento consistente delle esportazioni nel settore alimentare (+63%) e nel settore dei mezzi di trasporto (+35,8%), più contenuta ma pur significativa appare la crescita nel comparto della meccanica (+9%). Un elemento distintivo delle esportazioni campane è rappresentato dalla loro distribuzione per settore di attività rispetto a quanto avviene a livello nazionale. Infatti, secondo le stime di Unioncamere (2016), nel resto del Paese le esportazioni si concentrano in maggior misura rispetto all’economia regionale nella metalmeccanica ed elettronica (48,3%), nella chimica, gomma e plastica (18,4%) e nell’altra industria (10,8%) e in misura decisamente più marginale nella filiera agro-alimentare (8,9%). Alla luce delle caratterizzazioni dell’export e delle dinamiche riguardanti il mercato del lavoro e la ripresa dei consumi, l’istituzione della Zona Economica Speciale può rappresentare per l’economia regionale uno strumento per raccordare ulteriormente le attività produttive del territorio con il mercato mondiale, sfruttando l’evoluzione delle attività industriali verso i processi della logistica economica. L’avvio della ZES potrà inoltre generare un’accelerazione del processo di sviluppo economico regionale, tanto più necessaria se si tiene conto della dimensione e delle caratteristiche del sistema economico e della società della Campania. Un altro aspetto di rilievo ai fini della identificazione delle attività che si intendono sviluppare all’interno della ZES, è il forte grado di specializzazione territoriale che si riscontra nell’area campana, in confronto al resto del Paese. Proseguendo in una logica di analisi settoriale, e facendo riferimento agli indici di

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specializzazione adoperati dalla Svimez, si offre una breve disamina del tipo di specializzazioni riscontrabili nelle diverse aree campane, che trovano riscontro nelle linee di indirizzo territoriale e settoriale della ZES. A livello regionale, i maggiori livelli di specializzazione manifatturiera si segnalano con riferimento ai comparti dell’alimentare e del tessile-abbigliamento, seguiti dalla chimica (con particolare riguardo alle materie plastiche ed alla farmaceutica), dalla lavorazione del legno e dai trasporti (Svimez, 2017). Volendo effettuare una valutazione della distribuzione delle attività nelle diverse province, si nota come ognuna di queste sia caratterizzata da diverse tipologie di specializzazioni e specificità. Ad esempio, il settore agroalimentare riporta indici di specializzazione più alti nel beneventano per numero di imprese e nel salernitano per numero di addetti. Nei settori compresi nel sistema moda, quali l'abbigliamento il tessile e calzature, le province di Napoli e Avellino presentano gli indici più alti. Una elevata specializzazione è presente anche con riferimento alla fabbricazione di articoli in pelle e simili, nella provincia di Avellino. La provincia di Salerno, invece, mostra indici di specializzazione più alti nel settore agroalimentare. Il più complesso e articolato tessuto produttivo della provincia di Napoli si caratterizza per elevati livelli di specializzazione nella fabbricazione di mezzi di trasporto e nell'industria alimentare. L’aerospazio è presente nelle province di Caserta, Napoli e Avellino, con alcune eccellenze produttive, legate anche al sistema di grandi progetti nazionali (Leonardo) ed esteri. La cantieristica è presente in provincia di Napoli e, in particolare, nell’area torrese-stabiese. La rilevanza del segmento manifatturiero campano appare ancora più significativa se si concentra l’analisi sui settori che, nell’ambito delle stesse politiche industriali regionali, vengono convenzionalmente definiti come appartenenti alle filiere delle 4A+Pharma (Aerospazio; Automotive; Alimentare; Abbigliamento, Farmaceutico). Queste ultime generano in Campania 4.036 mln di euro di valore aggiunto, 5.789 mln di euro di export, rappresentano 16.061 imprese ed occupano 69.920 persone. I settori appartenenti a tali filiere rivestono una considerevole significatività per il contributo che offrono al sistema economico regionale, rappresentando quasi il 50% del valore aggiunto manifatturiero, il 61% dell’export (anche non marittimo) ed il 47% degli addetti, a fronte, rispettivamente, del 31%, del 35,4% e del 30,3% a livello nazionale. Investire nelle filiere 4A+Pharma ha un effetto economico considerevole sia sull’economia della regione Campania, sia a livello nazionale. Un investimento di 100€ attiva domanda endogena nei settori 4A+Pharma della Campania di 50,6 euro, a fronte di una domanda attivata dall’esterno pari a 49,4 euro. L’impatto della domanda di prodotti 4A+Pharma che si genera in Campania ha un

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più alto indice di diffusione nel settore 4A+Pharma nazionale in confronto alle altre regioni italiane, per la presenza di una forte integrazione di filiera a livello nazionale ed internazionale. L’effetto spillover che si genererebbe in Campania per un investimento di 100 euro nei settori 4A+Pharma è pari a 49,4 euro, considerevolmente superiore in confronto ai 32,7 euro che si attiverebbero in una altra generica regione italiana. Tali dati indicano che un investimento effettuato in Campania in queste filiere produttive ha una rilevante ricaduta positiva sull’economia della regione stessa e su quella del resto del Paese. In tal senso, l’istituzione della ZES può costituire uno strumento per incrementare la densità imprenditoriale, permettendo in tal modo di massimizzare l’impatto economico endogeno degli investimenti. Un altro importante driver per lo sviluppo economico–industriale dell’economia campana è rappresentato dall’apertura internazionale, a cui comunque guarda la ZES come strumento di politica economica. La Campania, pur collocandosi al di sotto della media nazionale, rappresenta una delle principali realtà del Mezzogiorno in termini di scambi commerciali con l’estero. Durante il 2015 la Campania ha fatto registrare scambi con l’estero per circa 22 miliardi di euro, di cui oltre 12 miliardi sono riconducibili alle importazioni e quasi 10 miliardi riguardano le esportazioni. Considerando il rapporto percentuale tra il valore aggiunto e le esportazioni, all’interno della regione si segnala una maggiore vocazione alle esportazioni nella provincia di Avellino (quasi il 17%), Salerno (13,4%) e Napoli (10,2%) rispetto alle provincia di Caserta ed in particolare al beneventano (4,3%), dove le esportazioni sembrano assumere una rilevanza marginale per il sistema economico locale (Unioncamere, 2016). Una posizione di rilievo, in termini di apertura al commercio internazionale del segmento industriale campano, è costituita dalle connessioni che esso presenta con l’area portuale. La significatività di questo canale di sbocco è evidente se si considera che il 54% circa di tutte le merci dirette all’estero sono movimentate attraverso mezzi navali. Nel 2016, secondo quanto riportato dalla Banca d’Italia, l’attività portuale è aumentata presso i due principali porti campani (Napoli e Salerno). In particolare appare cresciuta la movimentazione delle merci, soprattutto di quelle trasportate con container. Considerando l’export marittimo, è possibile effettuare alcune valutazioni di sintesi in merito al grado di connessione economico-funzionale dei settori manifatturieri di interesse della ZES (N.B. QUI NON OCCORRONO AGGIORNAMENTI ALLA LUCE DELL’INCLUSIONE DELLE NUOVE AREE??) con l’area portuale campana (figg. 5.1 e 5.2). Nello specifico, appaiono particolarmente interessanti le esportazioni marittime relative al settore alimentare, dei metalli e macchinari, e dei mezzi di

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trasporto che coprono rispettivamente il 39%, il 25% ed il 17% delle esportazioni via mare dell’intero comparto manifatturiero campano. Questi tre settori, se considerati congiuntamente, fanno registrare, nel 2016, più di 3 miliardi di euro di export marittimo. Il dato diviene ancora più significativo se si considerano anche gli altri tre settori di interesse della Zes (chimica, abbigliamento, legno e mobilio), che contribuiscono a far salire l’incidenza al 93% del totale delle esportazioni via mare fatte registrare da tutti i settori manifatturieri campani. Al fine di approfondire l’analisi anche in termini dinamici, in Figura 5.3 si propone una rappresentazione del trend che i principali settori manifatturieri campani hanno fatto registrare in termini di traffico marittimo (in export) nell’arco temporale 2011-2016. In particolare, posto pari a 100 il dato 2011, si evidenzia un incremento per i comparti dell’abbigliamento, dei metalli, dell’alimentare, dei mezzi di trasporto, con particolare riferimento in particolare all’ Automotive e all’Aeronautico. Appare, invece, stabile il comparto dei macchinari ed in riduzione il comparto Chimico e delle Materie Plastiche. Quest’ultimo è l’unico settore che presenta una riduzione, con un calo del 10%, mentre soprattutto i Metalli e l’Alimentare hanno registrato performance di crescita a doppia cifra, rispettivamente del +57% e del +35%. Infine, si propone una tabella di sintesi (Tab.D.1) che riepiloga, in base alle caratterizzazioni settoriali delle are coinvolte in ambito ZES, i principali settori da promuovere e (N.B. SPIEGARE LA TABELLA ED AMPLIARE QUESTA PARTE) rafforzare attraverso la ZES e che presentano un alto grado di connessione economico-funzionale con l’area portuale. Quest’ultimo aspetto viene certificato dall’alta incidenza (circa il 93%) che i settori industriali individuati in ambito ZES hanno sul valore complessivo dell’export marittimo manifatturiero in Campania. In particolare, oltre all’attività terminalistica svolta nell’area portuale e che può essere fatta rientrare nel più ampio segmento servizi, date le aree coinvolte, i principali settori su cui punta la ZES in termini di promozione e rafforzamento sono: l’Alimentare (di cui 4A); l’Abbigliamento (di cui 4A); l’Automotive e l’Aerospazio (di cui 4A); la Chimica (compreso la farmaceutica); i Macchinari e l’Elettronica; la carta, il packaging e il legno. Infine, nel modello ZES un ruolo importante verrà assolto dal c.d. quasi manufacturing, cioè delle attività che partono dalla logistica economica (o a valore) e raggiungono l’industria regionale presente nelle aree selezionate, al fine di consolidarla e farla crescere nei modelli di assemblaggio e finissaggio (oltre che nelle funzioni tipiche del controllo qualità, confezionamento, etichettamento, consolidamento dei flussi per destinazione estera, deposito, ecc.). Si tratta di attività logistiche tipiche, che pesano non poco sui costi industriali e che hanno come strumento di scelta delle filiere

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il cosiddetto “tasso traslog” (trasporti+logistica) che determina sempre più le scelte insediative delle attività produttive.

Fig. 5.1 - Trend delle esportazioni marittime per settore tra il 2011 e il 2016 (Anno base: 2011).

Alimentare Mezzi di trasporto Macchinari Metalli Prodotti chimici e materie plastiche Abbigliamento-Moda 157,083

134,740

116,476

103,497 100,157 100,0 89,874

2011 2012 2013 2014 2015 2016

Fig. 5.2 - I principali settori che esportano “via Mare” in Campania – dati al 2016

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Altro; Mln €212; Abbigliamento; 6% Prodotti chimici Mln €203; e materie 5% plastiche; Mln €235; 6% Alimentare ; Mln € 1.486; Metalli; Mln 40% €433; 12%

Macchinari; Mln Mezzi di trasporto €520; (Automotive e 14% Aeronautico); Mln. €650; 17%

Fonte SRM su Coeweb

Fig. 5.3 - Trend dell’export via mare per singolo settore

Alimentare 1.600

1.500 1.486

1.400

1.300 Milioni 1.200

1.100 1.103

1.000 2011 2012 2013 2014 2015 2016

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Mezzi di trasporto 900 850 Milioni 800 750 700 650 650 600 550 558 500 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Macchinari 550 519 520 500

450 Milioni 400

350

300 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Metalli 450 433 400

350

Milioni 300 276 250

200 2011 2012 2013 2014 2015 2016

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Abbigliamento-Moda 235 230

Milioni 225 220 215 210 205 203 200 195 196 190 2011 2012 2013 2014 2015 2016

5.6 Sintesi di alcuni fattori strategici della ZES

Individuare il perimetro della ZES, sia a livello di aree che di filiere logistico-produttive, è l’elemento di carattere strategico connesso alla capacità di attrazione degli investimenti che siano funzionali per:  consolidare il tessuto industriale esistente per i fattori alla base delle strategie di sviluppo e nei settori competitivi per il territorio regionale;  migliorare la qualità dell’offerta logistica, aumentando frequenza e qualità delle connessioni;  attrarre nuovi investimenti, anche internazionali, per rendere globale il mercato della produzione e del consumo;  adeguare la struttura produttiva territoriale alle innovazioni tecnologiche;  determinare un modello di stretta interrelazione tra ricerca, innovazione ed attività produttive;  attivare processi di aggregazione e di scambio tra gli Enti referenti delle aree comprese nella ZES e tra le imprese, per affrancarsi dal rischio di "nanismo imprenditoriale" ed essere in grado di competere sui mercati globali, attraverso la crescita dimensionale delle imprese, la costruzione di filiere produttive complete e la complessiva diffusione di nuovi asset produttivi e di competitività del sistema economico campano.

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Considerando questi fattori strategici, sono rappresentate alcune delle politiche di sviluppo che possono riguardare più da vicino aree e vocazioni della ZES. Nell’area passeggeri del porto di Napoli i settori di investimento e gestione che possono essere attratti riguardano lo sviluppo turistico e le funzioni di connessione marittima ad esso collegate. Nell’area commerciale del porto di Napoli (da Calata Porta di Massa a Pietrarsa) i settori attrattivi per vocazione sono quelli della cantieristica per riparazioni navali, delle attività logistiche connesse alla gestione delle banchine di sbarco ed imbarco delle merci, dello sviluppo di approvvigionamenti energetici per le fonti a minore impatto ambientale (in particolare il deposito di GNL previsto dal piano energetico nazionale). Nell’area di Napoli Orientale, appare opportuno concentrarsi sulla attrazione della logistica a valore aggiunto, vale a dire su quelle attività di postponement che prevedono la lavorazione delle merci imbarcate e sbarcate; in particolare, appare possibile generare lavorazioni a valore aggiunto per il ciclo del settore del trasporto, dell’aerospazio e della meccanica; dialogando con settori caratterizzati da un’elevata competitività, che possono beneficiare di ulteriori elementi di vantaggio competitivo se si sviluppano iniziative di project cargo. L’intera area orientale ha una storica vocazione produttiva, che pur in una logica di conversione e delle nuove forme della produzione sempre più intelligente rappresenta un bacino di attrazione di insediamenti produttivi. L’area di Bagnoli è interessata da un importante esperienza di collaborazione istituzionale, che ha portato alla sottoscrizione lo scorso luglio di un accordo a tre Governo, Regione, Comune che dovrebbe garantire un cronoprogramma puntuale reso al recupero dell’area non solo ambientale ed urbanistico ma anche di connessione con gli altri quartieri attraverso il recupero di funzioni sociali ed economiche, tali da garantire anche attraverso un adeguata rete di trasporto, un continuum con la città e la linea costiera. Nelle strutture interportuali di Nola e di Marcianise, vanno concentrate attività industriali e di logistica al servizio delle movimentazioni portuali, per creare quelle condizioni competitive indispensabili per favorire lo sviluppo della intermodalità nei collegamenti e l’inspessimento delle strutture produttive collocate in aree già infrastrutturate, con un modello di logistica a chilometro zero che favorisca la competitività della crescita industriale. Nel porto di Castellammare di Stabia, tradizionalmente orientato alla attività di costruzione navale, con lo stabilimento di Fincantieri e con tutta l’eredità di una prestigiosa origine storica, vanno attratti investimenti che potenzino e modernizzino la matrice industriale nel settore, puntando ad una modernizzazione tecnologica coerente con la dimensione e con le caratteristiche

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dell’impianto e dell’indotto, oltre che a interventi di connessione e modernizzazione infrastrutturale. Nell’area commerciale del porto di Salerno, occorrono investimenti logistici per l’aumento della capacità di stoccaggio, in particolare per il traffico automotive e ro-ro, che costituiscono elementi particolarmente vitali per lo sviluppo delle attività di connessioni marittime del porto di Salerno. Nell’area retrostante del porto di Salerno, in particolare quella porzione libera dell’ASI posta alle spalle del sedime portuale, possono essere insediate attività industriali connesse al ciclo logistico a valore aggiunto, oltre che può consentire di dare respiro e spazio alla crescita delle attività di stoccaggio e di lavorazione delle merci in ingresso ed in uscita dal porto di Salerno, oltre che attività industriali di altro tipo. Nell’area dell’agro nocerino-sarnese, laddove si concentrano i principali produttori della filiera alimentare e conserviera, va condotta una azione di assetto industriale e di evoluzione nella struttura della organizzazione logistica, per trasformare un’organizzazione polverizzata del ciclo logistico - gestito in proprio da ciascuna azienda - verso una gestione professionale in outsourcing che determini economie di scala e maggiore efficienza. In quell’area vanno potenziate le sinergie e le filiere industriali e la loro vocazione all’esportazione. Nell’area di Battipaglia si possono concentrare le funzioni connesse alle attività logistiche e produttive per il baricentro meridionale del territorio industriale salernitano, superando definitivamente la situazione di crisi di questi anni. Quest’area è particolarmente utile per un processo di riconversione industriale e per nuovi insediamenti produttivi da attrarre anche con la ZES. Nell’area di Valle Ufita, all’interno del comprensorio caratterizzato da insediamenti dell’industria produttrice di autobus in fase di ripresa e potenziamento, possono essere orientati ed attratti investimenti di logistica di filiera che siano funzionali anche alle opportunità che deriveranno dal potenziamento della linea ferroviaria di collegamento tra Napoli e Bari e dal ruolo di hub logistico interregionale, con particolare riguardo all’industria di Melfi e alle produzioni pugliesi e delle altre regioni …………….. . Negli agglomerati industriali gestiti dai Consorzi ASI può attivarsi un processo di consolidamento e sviluppo del tessuto industriale esistente, anche in chiave di innovazione tecnologica dei processi produttivi. Da aggiornare con l’inserimento delle altre aree

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N.B. (QUESTA PARTE SULLE VOCAZIONI DELLE SINGOLE AREE è DEBOLISSIMA E VA COMPLESSIVAMENTE RAFFORZATA, INDIVIDUANDO MISSIONI PRODUTTIVE E LOGISTICHE PRECISE PER CIASCUN PEZZO, SULLA BASE DI UN’ANALISI DELL’ESISTENTE E DELLE POTENZIALITA’ DI SVILUPPO RAFFORZATE DALLE POLITICHE INDUSTRIALI DELLA REGIONE DI QUESTIONI (BASTEREBBE INDICARE AREA PER AREA LE INDUSTRIE, I CONTRATTI DI SVILUPPO, GLI INTERVENTI PER LE AREE DI CRISI E I VECCHI CONTRATTI DI PROGRAMMA Già REALIZZATI O FINANZIATI!) VA INDICATA QUINDI UNA VOCAZIONE E UNA PROSPETTIVA DI CRESCITA PER CIASCUNA AREA.

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7 – Le semplificazioni burocratiche e amministrative

7.1 La semplificazione normativa e amministrativa

Ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legge 20 giugno 2017, n. 91 “Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno”, convertito in legge, con modificazioni, dall’ art. 1, comma 1, legge 3 agosto 2017, n. 123, Le nuove imprese e quelle già esistenti, che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o di investimenti di natura incrementale nella ZES, possono usufruire delle seguenti tipologie di agevolazioni: a) procedure semplificate, individuate anche a mezzo di protocolli e convenzioni tra le amministrazioni locali e statali interessate, e regimi procedimentali speciali, recanti accelerazione dei termini procedimentali ed adempimenti semplificati rispetto a procedure e regimi previsti dalla normativa regolamentare ordinariamente applicabile, sulla base di criteri derogatori e modalità individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, se nominato, previa delibera del Consiglio dei ministri;...[omissis]…”. L’articolo 6, comma 1, lettera e), del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri predisposto ai sensi del comma 3 del citato articolo 5 del decreto legge n. 91 del 2017 al fine di definire “Le modalità per l'istituzione di una ZES, la sua durata, i criteri generali per l’identificazione e la delimitazione dell’area nonché i criteri che ne disciplinano l'accesso e le condizioni speciali di cui all'articolo 5 nonché il coordinamento generale degli obiettivi di sviluppo” indica, tra i contenuti del Piano di sviluppo strategico che deve sostanziare la proposta di istituzione della ZES, anche la “individuazione delle semplificazioni amministrative, di propria competenza, per la realizzazione degli investimenti che la Regione si impegna ad adottare per le iniziative imprenditoriali localizzate nella ZES”. La semplificazione normativa ed amministrativa assurge a rango di vera e propria regola di gestione, nonché di esigenza per i cittadini e le imprese nei paesi ad economia di mercato, laddove, nel tempo, le funzioni pubbliche sono aumentate e si sono stratificate; al contempo si è manifestata una sostanziale moltiplicazione di soggetti titolari di diverse competenze amministrative, con consequenziale aumento eccessivo del peso della regolazione che, alla fine, può essere oneroso e

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sproporzionato, se non ingiustificato, e dunque penalizzante per l’attrattività del territorio. L’esigenza di semplificazione in questi casi si manifesta in modo particolarmente evidente in contesti in cui si verificano fenomeni di competizione tra territori, soprattutto se la congiuntura non favorevole presuppone la necessità di recuperare efficienza, anche in termini di riduzione dei costi amministrativi e regolatori effettivamente comprimibili, perché non necessari. La semplificazione, quale leva attivabile per rendere attrattivo un territorio rispetto alle opzioni allocative degli investimenti, impone l’adozione di puntuali politiche ed interventi normativi ed amministrativi che puntino allo snellimento delle procedure, alla riduzione dei termini procedimentali e alla riduzione degli oneri amministrativi (cosiddetti “oneri informativi”, OI).

7.2 Le attuali misure di semplificazione per le imprese nella ZES

La Regione Campania, sulla scia delle riforme e delle misure di semplificazione ed efficientamento della pubblica amministrazione messe in atto dal legislatore nazionale, in attuazione degli articoli 29, comma 1, e 64, comma 2, del proprio Statuto è impegnata in un’azione permanente di promozione della semplificazione normativa e amministrativa, perseguendo la razionalizzazione dei procedimenti e delle azioni di competenza, e tendendo a rendere sempre più semplice, trasparente e diretto il rapporto tra amministrazione, cittadino e impresa, anche in termini di garanzia del rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi. In coerenza, tra l’altro, con i principi derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea ed in particolare con le Comunicazioni della Commissione Europea COM(2011)78 del 23 febbraio 2011 (Small Business Act) e COM(2015)215 del 19 maggio 2015 (Better regulation for better results), anche alla luce delle proposte formulate dall’OCSE nel rapporto denominato “Better Regulation Europe: Italy”, numerosi sono gli interventi normativi periodici introdotti attraverso le leggi regionali di semplificazione annuali. In particolare, il percorso di semplificazione normativa ha ricevuto un decisivo impulso con la legge regionale 5 dicembre 2005 n. 21 “Riordino normativo ed abrogazione espressa di leggi tacitamente abrogate o prive di efficacia”, il cui articolo 2 prevede che “Entro il 31 marzo di ogni anno, la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale uno o più disegni di legge per la semplificazione, il riassetto normativo e l’eventuale codificazione della disciplina legislativa di ogni settore o materia di competenza della Regione. Il legislatore regionale ha definito il contenuto della

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medesima legge, statuendo che la stessa provveda a dichiarare l’abrogazione espressa di norme regionali legislative e regolamentari già tacitamente abrogate o, comunque, prive di efficacia; a semplificare la disciplina dell’organizzazione amministrativa e dei procedimenti amministrativi di competenza della Regione; ad attuare il coordinamento tra le norme, a semplificare il testo delle disposizioni e ad attribuire, infine, alle fonti regolamentari il compito di integrare ed attuare la disciplina legislativa delle materie non coperte da riserva assoluta di legge. La legge di semplificazione annuale è diventata dunque un significativo strumento di razionalizzazione normativa a cui il legislatore regionale ha fatto periodicamente ricorso allo scopo di snellire il panorama legislativo di riferimento. In particolare, dal 2015 in poi, la regione Campania ha adottato significativi provvedimenti normativi di semplificazione volti non solo a razionalizzare l'assetto normativo vigente, ma soprattutto ad introdurre misure concrete di semplificazione procedimentale e di liberalizzazione delle attività economiche di iniziativa privata. Occorre far menzione dunque, delle leggi di semplificazione aventi portata generale, tra cui la legge regionale 14 ottobre 2015, n. 11 “Misure urgenti per semplificare, razionalizzare e rendere più efficiente l'apparato amministrativo, migliorare i servizi ai cittadini e favorire l'attività di impresa. Legge annuale di semplificazione 2015”, la legge regionale 8 agosto 2016, n. 22 “Legge annuale di semplificazione 2016 - Manifattur@ Campania: Industria 4.0.; nonché la legge regionale 28 luglio 2017, n. 23 “Regione Campania Casa di Vetro. Legge annuale di semplificazione 2017.

7.2.1. La legge regionale 14 ottobre 2015, n. 11

La legge regionale del 14 ottobre 2015, n.11 recante Misure urgenti per semplificare, razionalizzare e rendere più efficiente l'apparato amministrativo, migliorare i servizi ai cittadini e favorire l'attività di impresa. Legge annuale di semplificazione 2015 ha avviato detto processo di semplificazione normativa e amministrativa. Tale semplificazione, che per le attività di impresa, ha previsto l'istituzione dello Sportello Unico Regionale per le Attività Produttive (SURAP), è finalizzata, tra l'altro, a favorire il miglioramento della gestione degli interventi attraverso l’introduzione di una disciplina fissa delle scadenze temporali dei procedimenti amministrativi, in grado di rendere più certi i programmi d’investimento proposti sul territorio. Sul piano delle liberalizzazioni, la medesima legge regionale, collocandosi nello stesso percorso normativo avviato dallo Stato, ha previsto che le stesse siano, a seconda dei casi e salvo esplicite eccezioni, sottoposte a mera comunicazione o a 115

segnalazione certificata di inizio attività. Si segnalano, più nel dettaglio, le seguenti misure di semplificazione: a. l’individuazione espressa dei termini, fino a novanta giorni, per la conclusione dei procedimenti amministrativi di propria competenza. I procedimenti per i quali non siano stati fissati i termini di conclusione si perfezionano secondo la regola generale di 30 giorni. E' stato previsto, inoltre, che la durata massima di un procedimento non possa superare i 120 giorni, fissando in tal modo, un termine di conclusione procedimentale più breve rispetto a quello di 180 giorni, stabilito dalla normativa statale;1. In caso di mancato rispetto dei termini di cui all'articolo 9 non riconducibili a gravi, documentati e giustificati motivi, in caso di violazione di quanto previsto dall'articolo 10, al dirigente o al funzionario responsabile del procedimento non è attribuito totalmente o parzialmente, in ragione della gravità o della reiterazione della violazione, rispettivamente, il trattamento economico accessorio o l'indennità di risultato. Il legislatore, peraltro, non si è limitato solo ad individuare i termini di conclusione procedimentale, ma ha anche comminato le sanzioni da applicare in caso di mancato rispetto della tempistica ivi indicata. Ha quindi stabilito che “l'amministrazione regionale è tenuta al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza della inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento” e ha previsto che l'amministrazione regionale “è tenuta, su istanza di parte, a corrispondere all'interessato a titolo di indennizzo per il mero ritardo, conseguente alla inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, una somma per ogni giorno di ritardo con decorrenza dalla data di scadenza del termine del procedimento che sarà detratta dall'eventuale risarcimento, determinata con delibera di Giunta regionale anche ai sensi dell'articolo 28 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69(Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia) convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. In tali casi, l'amministrazione regionale propone azione di rivalsa nei confronti del dirigente o funzionario accertato essere responsabile del ritardo. Rilevante è la previsione in base alla quale “la mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare ed amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente” b. con regolamento regionale 29 marzo 2016, n. 2 Regolamento di attuazione dell'articolo 9 della legge regionale 14 ottobre 2015, n. 11 sono stati dunque definiti i termini di 224 procedimenti amministrativi, termini plausibili e compatibili alla natura ed alla complessità

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del procedimento. Ed invero, soltanto per 42 procedimenti amministrativi sono stati definiti termini pari a 120 giorni; c. il divieto per la pubblica amministrazione regionale di richiedere documenti di cui la stessa o altra p.a. sia già in possesso; in caso di mancato rispetto dei termini di cui al punto b), non riconducibili a gravi, documentati e giustificati motivi, e in caso di violazione di quanto previsto al precedente punto c), al dirigente o al funzionario responsabile del procedimento non è attribuito totalmente o parzialmente, in ragione della gravità o della reiterazione della violazione, rispettivamente, il trattamento economico accessorio o l’indennità di risultato. d. la facilitazione dell'accessibilità e della reperibilità di tutte le informazioni utili ai cittadini ed agli operatori economici afferenti ai procedimenti amministrativi regionali e necessarie per la presentazione delle istanze, attraverso l'attuazione del programma denominato “La Regione in un click”. Il programma è stato approvato con delibera di Giunta regionale n. 606 del 3 maggio 2016, n. 192 ed avviato con successive aTtività amministrative; e. l’abrogazione in via generale delle disposizioni normative regionali che subordinano l'avvio di una attività economica a limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso comunque denominati, nonché alla iscrizione in albi, elenchi o altri registri, che non siano giustificati da interessi costituzionalmente rilevanti e delle norme che pongono ingiustificati divieti e restrizioni alle attività economiche; f. l’introduzione generalizzata della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA); g. l’istituzione di un apposito Sportello Unico Regionale per le Attività Produttive (SURAP), al fine di semplificare e rendere concretamente possibile l’apertura di una nuova impresa in tempi certi e brevi.

Come anticipato nel Paragrafo 6.4.3. la Regione Campania in attuazione della delibera di Giunta regionale n. 648 del 22 novembre 2016 ha stipulato nel gennaio 2017 un Protocollo d’intesa con Unioncamere Campania. Il Protocollo prevede, tra le sue finalità, la semplificazione degli aspetti burocratici e amministrativi connessi all’esercizio dell’attività di impresa. Regione ed Unioncamere, infatti, si sono impegnate a promuovere a promuovere sul territorio regionale un’offerta di servizi SUAP omogenea e con un elevato livello di standardizzazione dei contenuti a vantaggio delle imprese, capace di conseguire un valore aggiunto in termini di efficacia, semplificazione e contenimento dei costi per gli Enti coinvolti nella gestione degli adempimenti

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amministrativi; nonché a definire e a mettere in campo azioni congiunte per dare la massima diffusione alla piattaforma nazionale “impresainungiorno.gov.it” per l'erogazione dei servizi SUAP realizzata dal Sistema Camerale, sostenendo l'utilizzo della componente di front office presso tutti i Comuni.

In attuazione di tale Protocollo d’Intesa sono stati previsti alcuni tavoli tematici interistituzionali dedicati ad argomenti settoriali e, in particolare: 1) applicativi informatici a supporto dei SUAP; 2) banca dati procedimenti amministrativi di interesse delle imprese; 3) formazione per uffici regionali, comunali, provinciali e camerali e per le imprese (e loro associazioni) ed i tecnici (ed ordini professionali).; 4) semplificazione (quest’ultimo tavolo strettamente connesso a quello della banca dati e destinato a trattare in particolare le tematiche sanità, edilizia, commercio e ambiente).

7.2.2 Lo Sportello Unico Regionale per le Attività Produttive (SURAP)

In particolare, il SURAP, attivato con delibera di Giunta regionale del 27 ottobre 2015 n. 515 nell’ambito della Direzione Generale per lo Sviluppo Economico e le Attività Produttive, è teso al perseguimento dei seguenti obiettivi (art. 19, legge regionale n. 11 del 2015): garantire e favorire la libertà di iniziativa economica, di insediamento e di svolgimento di attività produttive in conformità ai principi riconosciuti dall'Unione Europea, rimuovendo ogni ostacolo all’esercizio della libertà d’impresa; valorizzare il potenziale di organizzazione, produttività, innovazione e crescita delle singole imprese e del settore produttivo regionale, adeguando l'attività della pubblica amministrazione alle loro esigenze; perseguire lo sviluppo di condizioni di contesto più favorevoli per l’insediamento e per lo sviluppo delle imprese e delle reti di imprese, per la realizzazione degli investimenti e la crescita dell’occupazione produttiva; garantire il diritto delle imprese ad operare in un quadro normativo certo e semplificato, al fine di assicurare la massima trasparenza dei procedimenti, riducendo al minimo i margini di discrezionalità della pubblica amministrazione, i tempi burocratici ed in ogni caso eliminando ogni adempimento non indispensabile, generalizzando gli automatismi e l’impiego della digitalizzazione, allo scopo di limitare al massimo le scelte discrezionali ed eliminare ogni forma di intermediazione impropria; attivare il processo e le condizioni per la progressiva riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese in conformità a quanto previsto dalla normativa europea; favorire l’attrazione degli investimenti, sia

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esterni che interni, sul territorio regionale; fornire informazioni sulle opportunità insediative e promuovere il sistema produttivo regionale e l'attività d’impresa su tutto il territorio regionale. La legge istitutiva ha attribuito al SURAP compiti di informazione relativa alle opportunità localizzative esistenti, alle iniziative di carattere promozionale in corso, alle normative applicabili, alle agevolazioni e ai finanziamenti disponibili per le imprese e ad ogni altra informazione utile disponibile a livello regionale, di assistenza e consulenza alle imprese, di collegamento tra gli operatori ed i SUAP territorialmente competenti, di assistenza e supporto ai medesimi nell'interpretazione e nell'applicazione della normativa di riferimento. Nel tempo si sono aggiunte ulteriori competenze. La legge regionale 5 aprile 2016, n. 6 ha, altresì, previsto sia compiti di coordinamento per il SURAP, sia – nei casi di inerzia o di inadempimento che comportino il mancato rispetto dei termini previsti dalla normativa vigente per la conclusione dei procedimenti – la sostituzione da parte del SURAP dei SUAP comunali territorialmente competenti. Tale norma, favorendo la certezza dei tempi procedimentali, è finalizzata a rafforzare l’attrattività del territorio campano. Inoltre, con l’introduzione del comma 1-bis nell’articolo 20, della legge regionale n. 11 del 2015 ad opera dell’articolo 3, comma 1, lettera a) della citata legge regionale n. 6 del 2016, come modificato dall’articolo 16, comma 4, lettera a), della legge regionale 8 agosto 2016, n. 22, sono state attribuite al SURAP le funzioni di amministrazione procedente: nel caso di iniziative di interesse regionale inerenti attività economiche, produttive anche che comportino varianti urbanistiche, le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi conferite ai Comuni dal Titolo II Capo IV del decreto legislativo 31 marzo1998 n. 112 (“Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59). Ai sensi del medesimo comma “L’individuazione dell’interesse regionale degli interventi avviene con delibera di Giunta regionale”.

7.2.3 La qualità della normazione

Con particolare riguardo alla semplificazione normativa sono stati previsti, infine, strumenti volti a garantire il miglioramento della qualità della normazione. In particolare, è stata avviata la predisposizione di testi unici nella materia del commercio e più in generale delle attività produttive. Sono stati inoltre definiti a livello di legislazione regionale gli strumenti volti a garantire la qualità

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delle tecniche di normazione, sia ex ante (analisi tecnico normativa ATN, analisi di impatto della regolazione AIR) sia ex post (verifica di impatto della regolazione VIR e clausole valutative). Per quanto concerne l'AIR, in particolare, sono state previste forme di consultazione anche per via telematica allo scopo di quantificare l'impatto della normativa e verificarne l'utilità per la collettività.

7.2.4 La modulistica standardizzata

In materia di semplificazione assumono particolare rilevanza gli accordi tra Governo, Regioni ed Enti locali siglati in Conferenza Unificata, (n. 46 del 4 maggio 2017; n. 76 e 77 del 6 luglio 2017; n. 119 del 5 ottobre 2017; n. 18 del 22 febbraio 2018) con i quali è stata approvata la modulistica unificata e standardizzata per le principali attività commerciali, artigianali e edilizie in attuazione delle specifiche previsioni dei decreti attuativi della cd. riforma Madia (decreti legislativi n. 126 del 2016 e 222 del 2016). Su base nazionale, il numero annuo di adempimenti edilizi coperti dalla nuova modulistica è pari a circa 2.700.000, mentre la nuova modulistica commerciale e artigianale fa riferimento a settori di attività in cui operano oltre 1.500.000 imprese (vedi nota aggiornamento al DEF). È agevolmente intuibile il ritorno in termini di maggiore certezza di disciplina e tempi, nonché di riduzione dei costi e degli adempimenti. La Regione Campania ha recepito gli accordi del 2017 rispettivamente con le delibere di Giunta regionale n. 308 del 31 maggio 2017 e n. 569 del 20 settembre 2017, ed ha successivamente provveduto con i decreti dirigenziali della Direzione generale per lo Sviluppo economico e le attività produttive n. 32 del 21 giugno 2017, n. 53 del 28 giugno 2017 e n. 235 del 29 settembre 2017, nonché della Direzione generale per il Governo del territorio, i lavori pubblici e la protezione civile n. 19 del 22 giugno 2017 e 119 del 16 ottobre 2017, ad adeguare la modulistica alle peculiarità regionali, che è stata successivamente trasferita ai Comuni, al fine di pubblicare sui propri siti istituzionali ed utilizzare i nuovi moduli unici standardizzati. Il SURAP sta assicurando assistenza e supporto ai SUAP nell'interpretazione e nell'applicazione della normativa nonché l’omogeneità dei comportamenti relativi agli adempimenti necessari per l’insediamento, l’avvio e l’esercizio di attività produttive di beni e servizi, allo scopo di favorire l’adozione di procedure e prassi amministrative uniformi nel territorio regionale. La standardizzazione e la unificazione della modulistica sono indispensabili anche per dare impulso all´informatizzazione delle procedure e alla trasparenza nei confronti dei cittadini e delle imprese e a semplificare, pertanto il dialogo con gli operatori economici.

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Una modulistica unica a livello nazionale, infatti, consente l’individuazione in maniera esaustiva dei contenuti dei moduli e delle informazioni, nonché della documentazione da allegare alle istanze; accentua gli obblighi di trasparenza, imponendo la pubblicazione sul sito della modulistica e relativi allegati; garantisce certezza degli obblighi, vietando la richiesta di informazioni o documenti ulteriori rispetto a quelli indicati, nonché di documenti in possesso di una pubblica amministrazione.

7.2.5. La legge regionale 8 agosto 2016, n. 22

Con la legge regionale 8 agosto 2016, n. 22 recante Legge annuale di semplificazione 2016- Manifattur@ Campania: Industria 4.0, la Regione Campania, sulla scia del percorso tracciato dalla legge regionale n. 11 del 2015, ha rafforzato il processo di liberalizzazione delle attività economiche di competenza della Regione, dettando discipline specifiche in materia di attività commerciali temporanee, agenzie di viaggio e di turismo, attività ricettive, attività agrituristica, in materia di attività agricole e in materia di pesca e di ittiturismo. È stata, inoltre, prevista l’elaborazione di un programma per il monitoraggio e la misurazione degli oneri amministrativi ai fini di una loro riduzione. In particolare, ai sensi dell’articolo 4 della citata legge regionale n. 22 del 2016, rubricato Misurazione degli oneri amministrativi e sussidiarietà orizzontale la Giunta regionale: nelle materie di propria competenza, elabora un programma per la misurazione annuale degli oneri amministrativi derivanti da obblighi procedurali e informativi, anche con l'obiettivo di giungere ad una consistente riduzione di tali oneri (per oneri amministrativi si intendono i costi degli adempimenti cui cittadini ed imprese sono tenuti nei confronti delle pubbliche amministrazioni nell'ambito del procedimento amministrativo, compreso qualunque adempimento comportante raccolta, elaborazione, trasmissione, conservazione e produzione di informazioni e documenti alla pubblica amministrazione). Il successivo comma 2bis delinea i contenuti del suddetto programma, che deve tra l’altro individuare anche le aree di regolazione ad alto impatto, ossia quelle gravate da oneri burocratici particolarmente elevati e ridondanti, ai fini della loro misurazione e riduzione. Allo scopo di promuovere la attrattività del territorio campano, infine, sono state introdotte importanti misure volte a dare slancio allo sviluppo industriale in chiave 4.0. Significative sono le misure di semplificazione introdotte dal legislatore regionale anche in tale ambito, si consideri ad esempio, la istituzione della “Piattaforma tecnologica Fabbrica Intelligente” che è un portale dedicato, accessibile a chiunque, che consente di divulgare la produzione industriale innovativa e il lavoro

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artigiano digitale della Regione, sia in ambito nazionale che internazionale, mediante la pubblicazione di informazioni e di progetti e lo scambio di migliori pratiche. Nella medesima prospettiva si inscrive la previsione di piattaforme di esposizione e promozione online dedicate alle produzioni della manifattura innovativa e dell'artigianato campano (artt. 23 e 24 l.r. n. 22 del 2016).

7.2.6. La legge regionale 28 luglio 2017, n. 23

Con la legge regionale 28 luglio 2017, n. 23 recante Regione Campania Casa di Vetro. Legge annuale di semplificazione 2017 è stata prevista la istituzione sul sito internet della Giunta della Regione Campania di due sezioni specifiche denominate Campania Semplice e Campania Partecipa, in cui sono rispettivamente presentate proposte di semplificazione da parte dei soggetti in vario modo interessati e pubblicati gli schemi dei disegni di legge al fine di acquisire, commenti, osservazioni e proposte da parte dei potenziali destinatari della norma (con il metodo della consultazione), nell'ottica di semplificazione dei processi decisionali, normativi e amministrativi e al fine di redigere il Programma dell’attività di semplificazione regionale. In particolare, nel rispetto dell’articolo 2 della citata legge regionale n. 23 del 2017, rubricato Campania semplice, la Giunta regionale è tenuta ad adottare un Programma dell’attività di semplificazione regionale individuando le concrete misure di semplificazione adottabili e i relativi tempi, previa acquisizione di proposte di semplificazione da parte dei portatori di interesse, sulle aree tematiche attinenti ai settori considerati strategici nella risoluzione di approvazione del documento economico e finanziario regionale (DEFR). Il Programma ha le seguenti finalità: semplificare i processi decisionali, normativi e amministrativi; assicurare il rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi; rendere più efficiente ed efficace l'azione amministrativa; diminuire i costi; migliorare i servizi erogati; rendere maggiormente omogenea l’azione delle diverse strutture amministrative. Sono state previste, inoltre, sanzioni volte a responsabilizzare le strutture amministrative regionali nell’adozione degli atti volti a dare attuazione agli adempimenti previsti dalle leggi e sono stati sanciti ulteriori obblighi di trasparenza e previste misure aggiuntive per l'accesso civico agli atti di interesse regionale. La medesima normativa, infine, ha allocato in capo al SURAP il coordinamento delle strutture amministrative regionali e degli enti strumentali regionali limitatamente allo svolgimento della Conferenza di servizi interna regionale finalizzata alla definizione della posizione unica dell’Amministrazione regionale in seno alle Conferenze di servizi decisorie convocate in forma

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simultanea e modalità sincrona ai sensi dell’articolo 14-bis, commi 6 e 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

7.3 Ulteriori misure di semplificazione che la Regione Campania si impegna ad adottare per le iniziative imprenditoriali localizzate nella ZES.

La Regione Campania, come si è visto, ha adottato un insieme organico di misure di semplificazione normativa, burocratica e amministrativa, che consentono di avere già a disposizione strumenti di grande efficacia per la ZES. Tuttavia, allo scopo di rendere sempre più forte l’efficacia della Zona Economica Speciale, si impegna ad adottare ulteriori misure di semplificazione e nuovi provvedimenti, volti a rendere più facile e rapida l’attuazione di interventi operativi e investimenti nella ZES.

7.3.1. La rappresentanza unica regionale nelle conferenze di servizi

La Regione intende dare attuazione all’articolo 20, comma 1, lettera f-bis della legge regionale n. 11/2015, ai sensi del quale il SURAP svolge anche le funzioni di coordinamento delle strutture amministrative regionali e degli enti strumentali regionali limitatamente allo svolgimento della Conferenza di servizi interna regionale finalizzata alla definizione della posizione unica dell’Amministrazione regionale in seno alle Conferenze di servizi decisorie convocate in forma simultanea e modalità sincrona ai sensi dell’articolo 14-bis, commi 6 e 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi). Ai sensi dell’articolo 14-ter, comma 3 della legge n. 241 del 1990, Ciascun ente o amministrazione (statale, regionale, ecc.) convocato alla riunione della conferenza di servizi in forma simultanea e in modalità sincrona è rappresentato da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente e in modo univoco e vincolante la posizione dell'amministrazione stessa su tutte le decisioni di competenza della conferenza, anche indicando le modifiche progettuali eventualmente necessarie ai fini dell'assenso. Nel caso di conferenze cui partecipino amministrazioni non statali, il successivo comma 5 dispone che Ciascuna regione e ciascun ente locale definisce autonomamente le modalità di designazione del rappresentante unico di tutte le amministrazioni riconducibili alla stessa regione o allo stesso ente locale nonché l'eventuale partecipazione delle suddette amministrazioni ai lavori della conferenza.

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Al fine di adempiere agli obblighi normativi nazionali e regionali sopra riportati, la Regione disciplina le modalità di individuazione e designazione del rappresentante unico regionale (ovvero il soggetto abilitato ad esprimere definitivamente, in modo univoco e vincolante, la posizione di tutti gli uffici regionali e/o di tutte le amministrazioni riconducibili allo stesso livello territoriale di governo regionale nelle conferenze di servizi decisorie in forma simultanea e in modalità sincrona indette da un ufficio o ente regionale o a cui essi siano convocati); l’elenco delle amministrazioni riconducibili alla Regione la cui posizione è espressa dal rappresentante unico; le modalità di svolgimento della conferenza di servizi interna, finalizzata alla definizione della posizione unica degli uffici ed enti regionali da riportare, ad opera del rappresentante unico, nelle conferenze di servizi decisorie in forma simultanea e in modalità sincrona indette da uffici o enti regionali o a cui essi siano convocati. Tra le modalità dettate, alcune sono da tarare sulle peculiarità della ZES: la Struttura di missione ZES (vedi cap.10: trattasi della specifica struttura amministrativa cui è demandato l'espletamento delle funzioni amministrative e di gestione degli interventi di competenza regionale previsti nella ZES) è individuata quale ufficio deputato a svolgere i compiti di rappresentante unico regionale nelle conferenze di servizi convocate per lo svolgimento dei procedimenti amministrativi di interesse ZES. In questo modo, si prevede una netta facilitazione delle attività svolte dall’amministrazione pubblica a favore della ZES, stabilendo peraltro un collegamento tra struttura e attività di gestione e misure e modalità di semplificazione, che è uno degli assi portanti della governante proposta e da realizzare per la stessa Zona Economica Speciale.

7.3.2. Il SURAP quale amministrazione procedente

In attuazione della disposizione di cui al comma 1-bis dell’articolo 20 della legge regionale n. 11/2015, è garantito il riconoscimento del requisito di interesse regionale a qualificate iniziative inerenti le attività economiche produttive localizzate all’interno delle aree ZES, con la consequenziale attribuzione delle funzioni di amministrazione procedente alla competenza del SURAP per i relativi procedimenti insediativi. Tali sono gli interventi relativi all’avvio di nuove imprese che intendano localizzare nella ZES la propria sede o unità locale, le quali ultime possano definirsi di grandi dimensioni ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE e del Decreto del Ministero delle Attività produttive 18 aprile 2005, come dimostrato da un piano economico finanziario asseverato ai sensi dell’articolo 183, comma 9, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

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Per le procedure amministrative necessarie all’insediamento delle iniziative imprenditoriali nella Zona Economica Speciale ricadenti nella competenza degli Enti Locali, pertanto, il SURAP su impulso della struttura di Missione per la ZES e avvalendosi del supporto di quest'ultima, coordina i SUAP che offriranno il loro supporto, anche per il tramite di appositi accordi, con l’obiettivo di semplificare al massimo le possibilità di insediamento e la realizzazione di grandi progetti di investimento.

7.3.3. La riduzione degli oneri istruttori ed amministrativi e l’attività regionale di semplificazione

La Regione intende garantire la massima riduzione degli oneri istruttori richiesti nell’ambito dei procedimenti amministrativi limitatamente alle aree ZES, e focalizzare sulle medesime l’attenzione della propria attività di semplificazione, normativa ed amministrativa, per l’anno 2018, in modo da individuare eventuali ulteriori e specifiche iniziative di semplificazione misurate sulle peculiarità delle aree ZES. Tra i cosiddetti “oneri regolatori”, ovvero i costi che la regolazione pubblica impone ai propri destinatari, accanto ai costi di adeguamento, che derivano dall’obbligo di conformare la propria condotta a quanto previsto dalle norme (tra cui vi sono anche gli oneri amministrativi, cioè i costi sostenuti per rispettare obblighi amministrativi o informativi, per i quali ultimi si rinvia al successivo approfondimento, e i costi strutturali di lungo termine, che derivano dagli effetti indiretti delle norme sulla vita delle imprese o dei cittadini - ad esempio gli impatti della regolazione su struttura dei mercati o modelli di consumo), si collocano anche i costi finanziari diretti, che derivano dall’obbligo di versare somme di denaro all’autorità pubblica a titolo di diritti, bolli, imposte, ecc. Ai sensi della vigente normativa, è possibile per le amministrazioni titolari di funzioni amministrative chiedere agli istanti oneri istruttori. Utilmente, dunque, in un’ottica di promozione ed incentivo degli investimenti in area ZES, la Regione individua tutti gli spazi di possibile riduzione di detti oneri per i procedimenti di propria competenza e promuove, anche attraverso appositi protocolli ed intese, analoghe iniziative da parte degli altri enti interessati. Si intende, altresì, includere la ZES della Campania tra i settori che dovranno essere interessati dai futuri "Programma per la misurazione degli oneri amministrativi derivanti da obblighi procedurali ed informativi ai fini della loro riduzione" e "Programma di attività di semplificazione regionale", previsti dagli articoli 4 della legge regionale n. 22 del 2016 e 2 della legge regionale n. 23 del 2017.

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Infatti, ai sensi dell’articolo 4 della legge regionale n. 22 del 2016, rubricato Misurazione degli oneri amministrativi e sussidiarietà orizzontale la Giunta regionale nelle materie di propria competenza, elabora un programma per la misurazione annuale degli oneri amministrativi derivanti da obblighi procedurali e informativi, anche con l'obiettivo di giungere ad una consistente riduzione di tali oneri (per oneri amministrativi si intendono i costi degli adempimenti cui cittadini ed imprese sono tenuti nei confronti delle pubbliche amministrazioni nell'ambito del procedimento amministrativo, compreso qualunque adempimento comportante raccolta, elaborazione, trasmissione, conservazione e produzione di informazioni e documenti alla pubblica amministrazione). Il successivo comma 2bis delinea i contenuti del suddetto programma, che deve tra l’altro individuare anche le aree di regolazione ad alto impatto, ossia quelle gravate da oneri burocratici particolarmente elevati e ridondanti ai fini della loro misurazione e riduzione. Inoltre, nel rispetto dell’articolo 2 della legge regionale n. 23 del 2017, rubricato Campania semplice, la Giunta regionale adotta un Programma dell’attività di semplificazione regionale individuando le concrete misure di semplificazione adottabili e i relativi tempi, previa acquisizione di proposte di semplificazione da parte dei portatori di interesse, sulle aree tematiche attinenti i settori considerati strategici nella risoluzione di approvazione del documento economico e finanziario regionale (DEFR). Il Programma ha le seguenti finalità: semplificare i processi decisionali, normativi e amministrativi; assicurare il rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi; rendere più efficiente ed efficace l'azione amministrativa; diminuire i costi; migliorare i servizi erogati; rendere maggiormente omogenea l’azione delle diverse strutture amministrative. Al fine di adempiere agli obblighi normativi regionali sopra riportati, pertanto, la Regione sta predisponendo un atto di disciplina delle modalità con cui elaborare ed avviare entro il 2018 i citati programmi di misurazione degli oneri amministrativi e di semplificazione amministrativa. Il medesimo atto conterrà anche le modalità con le quali i portatori di interesse, ovvero i cittadini, le imprese, le organizzazioni di rappresentanza delle imprese, le organizzazioni sindacali, gli ordini professionali, le associazioni e i comitati civici, gli enti locali, gli uffici regionali, le agenzie e gli enti regionali ed i loro dipendenti, anche tramite le proprie associazioni rappresentative, possono presentare le proprie proposte di semplificazione. L’atto deliberativo conterrà i riferimenti necessari a qualificare la ZES, in quanto afferente alla materia dello sviluppo economico e delle attività produttive, area di regolazione ad alto impatto nonché settore strategico del DEFR, al fine di includerla tra le fattispecie che saranno interessate dai

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futuri interventi di semplificazione. Mediante la fase di consultazione, pertanto le imprese e le relative associazioni di categoria potranno proporre ulteriori e specifiche iniziative di semplificazione misurate sulle peculiarità delle aree ZES.

7.3.4. Gli accordi, i protocolli e le convenzioni con gli enti pubblici

Allo scopo di disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune con gli enti coinvolti nei procedimenti amministrativi di interesse della ZES, si opererà attraverso specifici accordi da stipulare ai sensi dell’articolo 15 della legge n. 241 del 1990. In considerazione della complessità e della pluralità di soggetti pubblici coinvolti nei procedimenti amministrativi da attivare ad opera delle imprese che avvieranno attività economiche od investimenti nella ZES, occorre concordare con gli enti coinvolti modalità condivise di collaborazione. Gli accordi bilaterali o multilaterali tra la Regione e le altre amministrazioni interessate, statali o locali, possono contenere, a titolo esemplificativo: l’esatta individuazione dei casi in cui è necessaria l’acquisizione di pareri, autorizzazioni o nulla osta comunque denominati e di quelli per i quali non è richiesto il parere o c’è silenzio significativo; la riconduzione ad unità delle prassi amministrative; la riduzione dei termini di conclusione procedimentale fino alla metà. Si prevede, altresì, di sottoscrivere protocolli e convenzioni con le amministrazioni locali e statali interessate, volte a disciplinare procedure semplificate e regimi procedimentali speciali. Ai sensi dell’articolo 5 del decreto legge n. 91 del 2017, sulla base di criteri derogatori e modalità individuate con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, la Regione si impegna infatti a promuovere protocolli e convenzioni con le altre amministrazioni locali e statali interessate per l’individuazione di procedure semplificate e regimi procedimentali speciali recanti accelerazione dei termini procedimentali ed adempimenti semplificati rispetto a procedure e regimi previsti dalla normativa regolamentare ordinariamente applicabile. Inoltre, nei protocolli, anfranno regolati anche eventuali sgravi o incentivi di pertinenza degli altri enti, che possano integrarsi o accompagnare le misure regionali in materia.

7.3.5. Proposta di modifiche al D.P.R. 12 settembre 2017, n. 194

Il testo vigente del D.P.R. Regolamento recante norme per la semplificazione e l'accelerazione dei procedimenti amministrativi, a norma dell'articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n. 124, consente che mediante delibera del Consiglio dei Ministri vengano individuati in concreto 127

singoli progetti di rilevanti insediamenti produttivi, opere di rilevante impatto sul territorio o di avvio di attività imprenditoriali suscettibili di avere positivi effetti sull'economia o sull'occupazione, per i quali possono essere ridotti fino alla metà i termini di conclusione dei procedimenti necessari per la localizzazione, la progettazione e la realizzazione dell'opera, lo stabilimento dell'impianto produttivo e l'avvio dell'attività. Il regolamento detta, inoltre, per i suddetti interventi e procedimenti una dettagliata disciplina di esercizio del potere sostitutivo ad opera del Presidente del Consiglio dei Ministri. Occorre, però, individuare puntualmente i progetti interessati, secondo modalità prefissate dall’articolo 2 del regolamento e nel rispetto di una definita tempistica. Appare utile pertanto proporre al Governo di modificare il citato regolamento, nel senso di prevedere, quale deroga alla suesposta procedura, che le richiamate disposizioni di riduzione dei termini procedimentali e di esercizio del potere sostitutivo possano applicarsi in via generale per tutti i procedimenti afferenti agli insediamenti produttivi nell’area ZES Campania, e non solo, dunque, per singoli e specifici progetti da individuare caso per caso.

7.3.6. Lo Sportello unico ai fini della “Concentrazione amministrativa”

Ai sensi del comma 1 dell’articolo 19-bis della legge n. 241 del 1990, rubricato Concentrazione dei regimi amministrativi, sul sito istituzionale di ciascuna amministrazione è indicato lo sportello unico, di regola telematico, al quale presentare la SCIA, anche in caso di procedimenti connessi di competenza di altre amministrazioni, ovvero di diverse articolazioni interne dell'amministrazione ricevente. Possono essere istituite più sedi di tale sportello, al solo scopo di garantire la pluralità dei punti di accesso sul territorio. Spetta a detto sportello unico, poi, interloquire con le altre amministrazioni interessate e trasmettere loro la SCIA ricevuta e la correlata documentazione allegata. In tale ottica, pertanto, si intende individuare la specifica struttura amministrativa deputata all’espletamento delle funzioni amministrative e di gestione degli interventi di competenza regionale previsti nella ZES, come sportello unico ai fini sopra descritti, in raccordo con le funzioni di competenza dell’Ufficio relazioni con il pubblico regionale.

7.3.7. La riforma dei Consorzi ASI

Con deliberazione della Giunta Regionale n.324 del 06/06/2017, è stato demandato agli Uffici della Direzione Generale Sviluppo Economico e AA.PP. il compito di portare a conclusione le attività finalizzate alla proposizione, con il supporto dell'Ufficio legislativo, del disegno di legge volto 128

al riordino delle funzioni in materia di aree produttive e alla ridefinizione dell'organizzazione delle aree di sviluppo industriale, da sottoporre al Consiglio regionale. La Giunta ha fornito le linee di indirizzo, sotto riportate, cui attenersi per la redazione del disegno di legge in materia di assetto delle aree industriali: - preliminare esame della situazione economica, finanziaria e patrimoniale dei consorzi ASI attualmente in essere; - individuazione di un nuovo asset organizzativo che preveda la istituzione di un nuovo soggetto giuridico per la gestione coordinata degli agglomerati industriali dell'intero territorio regionale idoneo ad attrarre investimenti anche internazionali; - previsione di azioni di sistema volte a generare processi di attrazione degli investimenti; - promozione, avvio e monitoraggio dell'attuazione di programmi di sviluppo in conformità con gli indirizzi regionali; - individuazione di strumenti urbanistici che definiscano regole certe e trasparenti per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo regionale; - previsione di meccanismi volti a salvaguardare e valorizzare, nel rispetto della legislazione nazionale, il personale, le competenze e le professionalità attualmente in organico presso gli attuali consorzi; - previsione di meccanismi volti a garantire la gestione collettiva degli spazi e dei servizi comuni, mediante la previsione dei condomini obbligatori di impresa; - attribuzione alla Regione ogni utile e necessario compito e funzione di vigilanza e controllo con connessi poteri sostitutivi, in caso di inerzia o di inadempimento da parte degli organi dell'ente.

Su questa base l’Amministrazione Regionale intende avanzare una proposta complessiva di riforma, che conterrà anche un riferimento diretto alle aree ASI individuate all’interno della ZES, per favorirne l’efficientamento, la promozione e la crescita in termini di opportunità di investimento, di attrattività e di sviluppo

7.4 Sintesi delle misure di semplificazione

L.R. 14-10-2015 n. 11

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Misure urgenti per semplificare, razionalizzare e rendere più efficiente l'apparato amministrativo, migliorare i servizi ai cittadini e favorire l'attività di impresa. Legge annuale di semplificazione 2015. ARTICOLI SINTESI Previsione di testi unici finalizzati a raccogliere e a coordinare l'intera disciplina regionale in materia di Art. 3 agricoltura, attività produttive, turismo, commercio e produzione, trasporto, distribuzione dell'energia per quanto di competenza regionale. Previsione di strumenti volti a garantire il Artt. 4, 5, 6, 7, 8 miglioramento della qualità della normazione (ATN, AIR, VIR, clausole valutative e drafting normativo). Previsione di sanzioni in caso di mancato rispetto dei Art. 8 bis termini stabiliti per la adozione degli atti attuativi delle leggi. Previsione del regolamento contenente la indicazione dei termini di conclusione dei procedimenti e statuizione della regola secondo la quale il termine massimo di conclusione dei procedimenti è di 120 gg (A tale norma si è data attuazione con il regolamento regionale 29 marzo 2016, n.2, Regolamento di attuazione dell'articolo 9 Artt. 9 e 11 della legge regionale 14 ottobre 2015, n. 11, con cui sono stati definiti i termini di 224 procedimenti amministrativi). Previsione di sanzioni a carico di dirigenti e funzionari in caso di mancato rispetto dei termini procedimentali e previsione del risarcimento del danno ingiusto subito a causa della violazione del termine di conclusione del procedimento. Divieto di richiesta di documenti in possesso Art. 10 dell'Amministrazione. Previsione di un programma denominato la Regione in un click allo scopo di garantire la piena accessibilità alle informazioni utili ai cittadini e agli Art. 12 operatori economici (Il programma è stato avviato con Delibera di Giunta regionale del 24 novembre 2015, n. 606). Disposizioni volte a liberalizzare le attività economiche e a subordinare l'esercizio delle attività di impresa alla segnalazione certificata di inizio Art. 13, 14, 15 attività, con asseverazioni o senza; previsioni finalizzate a semplificare i procedimenti autorizzatori nei casi in cui questi siano previsti dalla legge. Art. 16 Soppressione dell’Albo delle imprese artigiane. Art.18 Soppressione delle Commissioni provinciali e regionale per l'artigianato 130

Istituzione Sportello Unico Regionale per le Attività Produttive volto a rendere concretamente possibile Art. 19 l'apertura di una nuova impresa in tempi certi e brevi (Lo sportello è stato istituito con DGR n. 515 del 2015). Art. 20 Definizione dei compiti del SURAP. In particolare, attribuzione al SURAP della attività di coordinamento delle strutture amministrative regionali e degli enti strumentali regionali ai fini della Art. 20 definizione della posizione unica dell'Amministrazione regionale in seno alle Conferenze di servizi. Attribuzione al SURAP, nel caso di iniziative di interesse regionale inerenti attività economiche e produttive che comportino eventualmente varianti urbanistiche, delle funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi conferite ai comuni dal d.l.vo 112 del 1998. Istituzione di una banca dati accessibile per via telematica, finalizzata alla raccolta e diffusione delle informazioni concernenti l'insediamento e lo svolgimento delle attività produttive. Previsione in capo al SURAP di poteri sostitutivi nei confronti dei Suap territorialmente competenti, nei casi di inerzia o di inadempimento che comporti il mancato rispetto dei termini previsti dalla normativa vigente per la conclusione dei procedimenti. Previsione della assegnazione, da parte del Presidente della Giunta regionale, all'ente inadempiente di un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti. Previsione che, decorso inutilmente tale termine, il Surap, sentito il Suap inadempiente, adotti le attività richieste per la conclusione del procedimento in tempi certi. Attribuzione al dirigente del SURAP delle funzioni di garante regionale dell'imprenditore, mediante l’attribuzione delle attività d'impulso nei confronti delle diverse strutture regionali interessate da Art. 21 procedimenti amministrativi in materia di attività economiche e d'impresa, e segnalazione al Presidente della Giunta delle eventuali violazioni dei termini procedimentali, per consentire l'applicazione delle sanzioni di competenza.

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L.R. 8-8-2016 n. 22 Legge annuale di semplificazione 2016 - Manifattur@ Campania: Industria 4.0. ARTICOLI TESTO Elaborazione di un programma per la misurazione Art. 4 annuale degli oneri amministrativi derivanti da obblighi procedurali e informativi. Definizione di specifici programmi pluriennali volti ad effettuare il monitoraggio degli oneri amministrativi e ad assicurare la più ampia semplificazione Art. 5 amministrativa per le imprese manifatturiere innovative e del lavoro artigiano digitale, anche attraverso accordi con gli enti locali e le altre amministrazioni pubbliche interessate. Semplificazioni in materia di attività commerciali Art. 8 temporanee. Semplificazioni in materia di parcheggi per gli esercizi Art. 9 commerciali. Semplificazioni in materia di agenzie di viaggio e di Art. 10 turismo. Art. 11 Semplificazione per le attività ricettive. Art. 12 Semplificazioni in materia di attività agrituristica. Art. 12 bis Semplificazioni in materia di attività agricole Art. 13 Semplificazioni in materia di pesca e di ittiturismo. Adozione delle Linee Guida dell'Industria 4.0. che hanno lo scopo di promuovere l'incontro tra tecnologie digitali Art. 17 di produzione e realtà manifatturiere tradizionali, garantendo un'evoluzione del know-how e delle competenze. Iniziative per la promozione della manifattura innovativa finalizzate a promuovere la formazione, la Art. 20 valorizzazione e la diffusione delle conoscenze in tema di manifattura innovativa e di lavoro artigiano digitale. Previsioni volte a favorire le Officine della Manifattura Innovativa allo scopo di garantire lo sviluppo e la valorizzazione economica e sociale e la rivitalizzazione Art. 21 dei territori e dei centri urbani, a partire dalla riqualificazione delle aree industriali dismesse o inutilizzate e dai processi di trasformazione urbana. Misure volte a garantire il sostegno e la promozione Art. 22 delle esperienze di coworking sul territorio regionale al fine di favorire nuove forme di attività delle

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microimprese e la collaborazione tra le stesse, altre imprese ed altri soggetti portatori di innovazione. Previsione di una "Piattaforma tecnologica Fabbrica Art. 23 Intelligente" volta a promuovere i prodotti e i servizi dell'Industria 4.0 Sostegno alla diffusione dei Market Place dell'industria innovativa e del lavoro artigiano digitale allo scopo di Art. 24 promuovere l'innovazione di prodotto, di processo e organizzativa dell'industria manifatturiera e di internazionalizzare la commercializzazione dei prodotti. Promozione di strategie innovative improntate all'innovazione aperta al fine di incentivare la competitività del sistema produttivo regionale e di Art. 25 incrementarne le performances in tema di ricerca e innovazione, con particolare riferimento alle imprese di medie e grandi dimensioni. Promozione e sostegno dello sviluppo e del consolidamento delle industrie culturali e creative allo scopo di promuovere e sostenere lo sviluppo e il Art. 26 consolidamento delle industrie culturali e creative che operano nei macro-settori di intervento indicati dalla norma L. R. 28-7-2017 n. 23 Regione Campania Casa di Vetro. Legge annuale di semplificazione 2017. ARTICOLI SINTESI Istituzione sul sito internet istituzionale della Giunta della Regione Campania di una sezione specifica Art. 2 denominata Campania Semplice suddivisa per aree tematiche. Istituzione di una sezione sul sito internet istituzionale della Giunta della Regione Campania denominata Campania Partecipa in cui sono pubblicati gli schemi dei Art. 3 disegni di legge o le linee di indirizzo normativo al fine di acquisire, commenti, osservazioni, proposte da parte dei potenziali destinatari della norma. Introduzione di ulteriori misure volte a rendere effettivo Art. 5 l’accesso civico agli atti di interesse regionale. Art. 6 Misure in materia di economia circolare e bioeconomia. Semplificazioni in materia di impresa agricola e ulteriori Art. 9 modifiche legislative.

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8 - Le agevolazioni finanziarie e fiscali

A partire dagli elementi di contesto, gli strumenti agevolativi che la Regione intende mettere in campo sono finalizzati, da un lato, al rafforzamento della base produttiva regionale esistente, attraverso l’incremento del livello di competitività, innovazione e sostenibilità, e alla nascita di nuove imprese altamente innovative e, dall’altro, all’attrazione di imprese esterne. La strategia sottesa agli strumenti è quella di incentivare l’approccio intersettoriale e per fattori di sviluppo, orientato alla fertilizzazione reciproca fra settori tradizionali e ad alta tecnologia per consentire un maggiore irrobustimento del tessuto produttivo regionale. La finalità è quella di sostituire una politica dell’offerta indifferenziata o caratterizzata da interventi a pioggia su interi comparti o filiere che, nel medio periodo, possono comportare effetti distorsivi sulla crescita, come di fatto si è registrato nelle passate esperienze, con una politica basata sui fattori di sviluppo, caratterizzata dall’uso congiunto ed integrato di diversi strumenti nazionali e regionali affinché tutte le imprese possano competere, partendo da una base di comuni opportunità. Queste misure, inoltre, hanno il pregio dell’automatismo e dell’assoluta mancanza di discrezionalità, ponendo su uno stesso piano tutte le imprese, a prescindere dal settore di appartenenza. In coerenza con i più recenti orientamenti europei al riguardo, le azioni previste per lo sviluppo occupazionale e produttivo delle ZES in Campania, si focalizzano, all’interno di ciascuna area, sulle vocazioni produttive trainanti per il territorio di riferimento. Nell’area interessata dall’intervento trovano ampia rappresentanza, tra l’altro, le 4 A del sistema produttivo regionale: nell’ASI di Acerra Pomigliano sono localizzate numerose imprese del settore Aerospazio e Automotive; gli interporti di Nola e Marcianise rappresentano importanti aree logistiche a supporto dell’abbigliamento, mentre nei comuni del salernitano si registra un significativo insediamento delle imprese del comparto agroalimentare. (N.B. QUESTA PARTE VA MEGLIO DETTAGLIATA, AREA PER AREA, COME ANCHE IN PRECEDENZA VA FATTO!!!) Il presente Piano individua difatti alcune filiere strategiche che, se messe a sistema, possono imprimere una spinta molto forte alla crescita regionale nelle aree bersaglio. Si tratta dell’aerospazio, dell’agroalimentare, dell’autotrasporto, dell'automotive, della cantieristica, della moda e dell’abbigliamento, che possono fornire non solo una valorizzazione delle capacità tradizionali della Regione, ma anche una proiezione internazionale e una prospettiva di innovazione

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all’intero comparto industriale. Tali filiere strategiche, insieme a tutti i settori fortemente coinvolti nell'export, saranno oggetto di specifiche priorità per incrementare gli investimenti per riposizionamento, ricerca e sviluppo; in questo quadro esse rappresentano driver trainanti anche per le economie interne all’area ZES. Le scelte politiche a livello regionale intendono puntare, inoltre, a determinare le condizioni per il rafforzamento delle reti produttive di eccellenza, favorendone la crescita dimensionale, la specializzazione ed il coordinamento di filiera, in una logica di innovazione di processo e di prodotto. Le grandi e medie imprese, dunque, non devono svilupparsi in autonomia, ma contribuire alla crescita di un sistema, di un’economia innovativa e integrata, in cui le PMI sono chiamate a svolgere un ruolo essenziale in termini di aggregazione e crescita dimensionale e competitiva. In tale contesto, la Regione Campania intende utilizzare il set degli strumenti agevolativi a disposizione, in coerenza con la normativa vigente in materia di aiuti di stato, per privilegiare gli investimenti effettuati dalle imprese operanti all’interno delle ZES ovvero che intendano insediarvisi.

8.1 L’architettura agevolativa

Prima di presentare gli strumenti agevolativi che potranno favorire gli investimenti nei territori oggetto di intervento, è opportuno sottolineare che l’orizzonte strategico e temporale della ZES va ben oltre quello della attuale programmazione 2014/2020, dipanandosi su un arco temporale di 14 anni estensibile per ulteriori 7 anni. In questo contesto, nella presente fase saranno definiti i confini della pianificazione al fine di poter poi implementare all’interno degli stessi le politiche industriali e logistiche e gli strumenti di intervento. In ogni caso, si evidenzia che l’attrattività delle ZES è funzione non solo delle agevolazioni attivabili, ma anche della connessa disponibilità e qualità delle infrastrutture materiali e digitali presenti e della qualità dei processi amministrativi in termini di certezza e velocità dei tempi. Per tale ragione, oltre all’effetto trainante degli incentivi acquisiscono un valore determinante gli ulteriori fattori specificamente identificati nel Piano. Il quadro agevolativo fa riferimento al sistema più generale degli incentivi, includendo anche quelli di matrice nazionale cofinanziati con risorse regionali, in modo da poter massimizzare il risultato, anche al di là delle risorse regionali già disponibili. L’architettura agevolativa è strutturata, infatti, in modo da poter soddisfare una domanda eterogenea in termini di: dimensione dell’investimento; settore di attività; tipologia di investitore; progetto e carattere dell’iniziativa.

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Coerentemente a quanto ricordato non si intende avviare nuovi strumenti, ma arricchire con risorse specifiche l’ampio set di strumenti già attivi, individuando, se del caso, specifiche priorità per gli investimenti da realizzare nei territori ZES. Gli incentivi saranno prioritariamente mirati a sostenere grandi progetti di investimento, nonché lo sviluppo di sistemi e sottosistemi di impresa che in una logica di filiera consentano la valorizzazione e la riqualificazione delle pre-esistenze produttive locali e lo sviluppo di economie di specializzazione produttive dei luoghi in grado di portare alla realizzazione di prodotti innovativi. I benefici e le agevolazioni previsti saranno destinati alle imprese produttive e di logistica, come meglio definite nei singoli avvisi e regolamenti successivi e comunque nel rispetto delle regole degli aiuti di Stato. Grazie all'uso congiunto ed integrato di diversi strumenti, tutti mirati a dare concreta attuazione alla strategia regionale che si basa sui fattori di sviluppo e che promuove le filiere industriali sia tradizionali che innovative, gli interventi sono definiti in stretta sinergia con il Governo centrale, sfruttando le opportunità offerte dalle misure agevolative già esistenti, di diretta competenza regionale ovvero declinando sul territorio quelle di matrice nazionale. Le risorse programmabili per il periodo 2018-2020 sono analiticamente rappresentate di seguito con riguardo ai singoli strumenti. Tale policy potrà essere implementata nel periodo immediatamente successivo, nel momento in cui sarà possibile programmare ed allocare ulteriori risorse, come quelle, finora solo indicate programmaticamente ma non ancora allocate specificamente, per l’attuazione della ZES all’interno del Patto per lo Sviluppo della Campania sottoscritto con il Governo nazionale.

8.2 Gli strumenti nazionali cofinanziati con risorse regionali

8.2.1 I Contratti di Sviluppo

Il Contratto di sviluppo, introdotto nell’ordinamento dall’articolo 43 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, ed operativo dal 2011, rappresenta il principale strumento agevolativo dedicato al sostegno di programmi di investimento produttivi strategici ed innovativi di grandi dimensioni per rafforzare la struttura produttiva dei territori attraendo anche investimenti esteri. Nell’ambito dei programmi di sviluppo possono essere previsti anche programmi di ricerca, sviluppo ed innovazione strettamente connessi e funzionali tra di loro. I programmi di sviluppo possono essere realizzati da una o più imprese, italiane o estere, anche mediante il ricorso al contratto di rete. La gestione dei contratti di sviluppo è affidata all' Agenzia nazionale per l'attrazione degli

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investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia che opera sotto le direttive ed il controllo del Ministero dello sviluppo economico. I destinatari delle agevolazioni sono: il soggetto proponente, l’impresa che promuove il programma di sviluppo ed è responsabile della coerenza tecnica ed economica del programma medesimo; le imprese aderenti, le eventuali altre imprese che realizzano progetti di investimento nell’ambito del programma; i soggetti partecipanti agli eventuali progetti di ricerca, sviluppo e innovazione. Il Programma di sviluppo oggetto del Contratto può riguardare la realizzazione di: programmi di sviluppo industriali di grandi dimensioni, compresi i programmi riguardanti l’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli; programmi di sviluppo per la tutela ambientale; programmi di sviluppo di attività turistiche che possono comprendere, per un importo non superiore al 20% degli investimenti da realizzare e programmi destinati allo sviluppo delle attività commerciali. L’importo complessivo delle spese e dei costi ammissibili alle agevolazioni non deve essere inferiore a 20 milioni di euro, oppure a 7,5 milioni di euro qualora il programma riguardi esclusivamente l’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli. Il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 8 novembre 2016 ha introdotto la possibilità di stipulare “Accordi di Sviluppo” tra il Ministero, Invitalia (soggetto gestore), l’impresa proponente e le eventuali Regioni cofinanziatrici, per promuovere la realizzazione di programmi che rivestono una particolare rilevanza strategica in relazione al contesto territoriale di riferimento. In questo caso, i programmi di sviluppo devono presentare investimenti pari o superiori a 50 milioni di euro (ovvero 20 milioni se relativi al settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli) e devono rispettare almeno una delle seguenti condizioni: essere coerenti con il piano Impresa 4.0, prevedere un rilevante incremento occupazionale o essere promossi da imprese straniere. Il DM ha previsto anche il cosiddetto “fast track”, una procedura semplificata che riduce i tempi di tutte le fasi che dall’istruttoria portano all’erogazione delle agevolazioni. Le agevolazioni sono concesse, nei limiti delle vigenti norme in materia di aiuti di Stato, nelle seguenti forme, anche in combinazione tra loro: a) finanziamento agevolato, nei limiti del 75% delle spese ammissibili; b) contributo in conto interessi; c) contributo in conto impianti; d) contributo diretto alla spesa. L’entità delle agevolazioni, nel rispetto dei limiti delle vigenti norme in materia di aiuti di Stato, è determinata, sulla base della tipologia di progetto, dalla localizzazione dell’iniziativa e dalla dimensione di impresa, fermo restando che l’ammontare e la forma dei contributi concedibili vengono definiti nell’ambito della fase di negoziazione. Dalla data di ammissione alle agevolazioni,

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i programmi di sviluppo devono essere avviati entro il termine massimo di sei mesi e devono essere conclusi entro 36 mesi, fatti salvi tempi eventualmente più ristretti. La Campania, in base ai dati forniti da INVITALIA, risulta nettamente in testa alla graduatoria delle regioni italiane per domande di Contratti sin qui agevolati e presentati. A fronte delle 462 domande presentate dall’avvio dello strumento in Regione Campania su 663 nazionali, al febbraio 2018, i Contratti campani finanziati risultano essere 47, il 41,6% di quelli complessivamente finanziati nel Paese, e riguardano la realizzazione di 1.556,85 milioni di euro di investimenti, cui corrispondono 847,23 milioni di euro di agevolazioni concesse. Nel complesso, a tali investimenti, si ricollega la salvaguardia o la creazione di occupazione per oltre 21.800 addetti.

Province* Iniziative Investimenti Agevolazioni Occupazione** finanziate AV 7 € 248.989.291 € 130.481.482 5.027 AV; SA 1 € 19.751.178 €14.364.901 189 AV; BN; CE; NA 1 € 13.414.853 € 9.932.202 80 BN 1 € 45.512.017 € 11.250.000 352 CE 5 € 204.887.311 €131.532.597 1.617 CE; NA 2 € 74.112.937 € 36.411.413 1.325 NA 16 € 591.910.769 € 314.912.997 8.970 NA; SA 2 € 69.836.623 € 34.835.227 682 SA 12 € 288.429.216 € 163.507.721 3.602 Totale 47 € 1.556.844.195 € 847.228.540 21.844 Fonte: Comunicazioni Invitalia

Ulteriori 6 degli 16 Contratti di Sviluppo multiregionali riguardano, inoltre, progetti di investimento che interessano anche la regione Campania, per 247,29 milioni di euro di investimenti e 118,54 milioni di agevolazioni. Nell’ambito di tali dati sono da segnalare le iniziative di Ge.Avio S.r.l., Denso Thermal System S.p.A. e Nestlè Italia S.p.A, cofinanziate dalla Regione Campania per complessivi 19,5 Meuro nell’ambito di specifici Accordi di Programma. Sulla scorta dei dati relativi alle iniziative già ammesse a finanziamento con i fondi nazionali e in presenza di un consistente bacino di istanze che non erano finanziate per mancanza di risorse, la Regione Campania ha deciso di cofinanziare lo strumento nazionale. Nello specifico, con Deliberazione della Giunta Regione n. 285 del 23.05.2017 è stato approvato lo schema di Accordo di Programma tra il MISE e la Regione Campania, poi sottoscritto in data 22.06.2017, per l’implementazione dei Contratti di Sviluppo. L'Accordo prevede che la Regione Campania, a fronte 138

di un impegno finanziario a carico del Mise pari a 175 Meuro, concorra agli adempimenti finanziari di propria competenza nel limite massimo di 150 Meuro a valere sulle assegnazioni di cui al Patto per lo Sviluppo della Regione Campania – Fondi FSC 2014/2020, per un totale, quindi, di risorse stanziate pari a 325 Meuro. In particolare, occorre ricordare che il suddetto Accordo destina 235 Meuro, di cui il 53,85% a carico del MISE e 46,15% a carico della Regione Campania, per finanziare iniziative relative a specifici settori (quelli delle 4A: Automotive, Autotrasporto e cantieristica, Aerospazio, Abbigliamento e moda, Agroalimentare e Agroindustria, compreso packaging, carta e legname ed inoltre ICT e Turismo) presentate e non ancora finanziate al momento della sottoscrizione dell’AdP. Sulla scorta dei dati trasmessi da Invitalia aggiornati al 31/12/2017 sono state già ammesse a finanziamento iniziative per un totale di investimenti da realizzare pari a circa 201,5 Meuro e agevolazioni richieste pari a circa 105,5 Meuro, di cui circa 48,7 Meuro rappresentano il cofinanziamento della Regione Campania, mentre risultano in istruttoria altre sei iniziative che se ammesse a finanziamento assorbirebbero altri 115,9 Meuro di cui 53,4 Meuro circa, di cofinanziamento regionale. L’Accordo di Programma del 22/06/2017 dispone inoltre che gli ulteriori 90 Meuro sono da utilizzarsi per finanziare nuove istanze di Accordi di Programma e Accordi di Sviluppo presentati dopo la sottoscrizione dell’AdP del 22/06/2017. Ad oggi sono in corso di valutazione 4 Accordi di Sviluppo, per un totale di agevolazioni richieste pari a 93,2 Meuro, e 2 Accordi di Programma, per un totale di agevolazioni richieste pari a 26,5 Meuro. I dati sovraesposti rendono evidente il forte tiraggio di questo strumento in Campania. Il gradimento delle imprese sia per il territorio campano che per lo strumento agevolativo di che trattasi è confermato anche dai recenti dati forniti da Invitalia che ha dichiarato che al 31 dicembre 2017 i Contratti di Sviluppo complessivamente presentati e sospesi, per assenza di dotazione finanziaria (al netto di Accordi di Programma e Accordi di Sviluppo già in fase di deliberazione), sono 37 e prevedono la realizzazione di investimenti complessivi per circa 1,1 miliardi di euro a fronte di agevolazioni richieste pari a circa 700 Meuro. Sulla base del tasso storico di approvazione, pari a circa il 40%, si stima che il fabbisogno di risorse aggiuntive sia pari a circa 300 Meuro. In continuità con quanto già effettuato, si prevede di intervenire con specifici Accordi di Programma destinando, allo strumento nel periodo 2018-2020, le disponibilità residue sulla specifica linea di intervento strategico del Patto per lo Sviluppo della Regione Campania, nonché sulle ulteriori disponibilità che potranno essere pianificate allo scopo. Si intende, in particolare,

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individuare, d’intesa con il MISE una linea dedicata per gli interventi ricadenti nelle zone economiche speciali specificatamente dedicata ad Accordi di Sviluppo. I contratti di sviluppo conosceranno un’ulteriore accelerazione per le decisioni assunte dal Comitato Interministeriale per la programmazione Economica nella recente seduta del 28 febbraio u.s. che, a valere sul FSC ha approvato l’assegnazione di ulteriori risorse pari a 880 milioni al Piano Operativo “Imprese e Competitività” del Ministero dello sviluppo economiche. Per la Regione Campania, tale decisione permette la possibilità di finanziare velocemente, in forza dell’Accordo di Programma Quadro con il MISE, ulteriori programmi di investimento. Con tale strumento si vuole dotare la ZES del più potente incentivo finora impiegato per l’attrazione di grandi investimenti, che potrebbe fornire uno straordinario impulso alla Zona Economica Speciale della Campania.

8.2.2 Il Credito di Imposta per Investimenti

La Legge 28/12/2015, n.208 (Legge di stabilità 2016) ha introdotto, per gli anni dal 2016 al 2019, un credito di imposta a favore delle imprese che acquistano, anche in leasing, beni strumentali nuovi facenti parte di un progetto di investimento iniziale e destinati a strutture produttive ubicate nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, e nei territori ammissibili alle deroghe delle regioni Molise, Sardegna e Abruzzo. Con il decreto legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18, tale disciplina è stata oggetto di integrazioni e modifiche che hanno aumentato il tiraggio dello strumento. In sintesi l’articolo 7 quater del suddetto decreto legge ha previsto, tra l’altro: l’innalzamento delle aliquote del credito d’imposta che sono stabilite nella misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020: dal 10% al 25% per le grandi aziende, dal 15% al 35% per le medie e dal 20% al 45% per le piccole imprese; il calcolo del credito d’imposta sulla base dell’ammontare complessivo dei costi sostenuti; l’aumento dell’ammontare massimo agevolabile per ciascun progetto di investimento per le imprese: definendo in 3 milioni di euro per le piccole imprese, in 10 milioni di euro per le medie imprese e in 15 milioni di euro per le grandi imprese; la cumulabilità del credito d’imposta con altri aiuti di Stato e con gli aiuti de minimis, nei limiti dell’intensità o dell’importo di aiuti più elevati consentiti dalla normativa europea. Sono soggetti destinatari dell’agevolazione i titolari di reddito d’impresa a prescindere da forma giuridica, categoria dimensionale e regime contabile adottato. Possono inoltre beneficiare del credito di imposta anche gli enti non commerciali solo per la parte dell'attività commerciale eventualmente

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esercitata. Il credito di imposta compete in relazione agli investimenti realizzati a decorrere dal 1°gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2019, connessi ad un progetto di investimento iniziale rivolto a: creazione di un nuovo stabilimento; ampliamento della capacità produttiva di uno stabilimento esistente; diversificazione della produzione di uno stabilimento esistente per ottenere prodotti mai fabbricati precedentemente; cambiamento fondamentale del processo di produzione complessivo di uno stabilimento esistente. Il credito d'imposta è commisurato, nella versione applicabile su tutto il territorio eleggibile, alla quota del costo complessivo dei beni. Per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, si assume il costo sostenuto dal locatore per l'acquisto dei beni, tale costo non comprende le spese di manutenzione. L’intensità di aiuto dell’agevolazione è commisurata in un massimo di 45 % per le piccole imprese, 35 % per le medie imprese e 25 % per le grandi imprese. Per fruire del credito d’imposta, i soggetti interessati devono presentare, in via telematica all’Agenzia delle Entrate un’apposita comunicazione nella quale devono essere indicati i dati degli investimenti agevolabili e del credito d’imposta del quale è richiesta l’autorizzazione alla fruizione. L’autorizzazione o meno alla fruizione del credito d’imposta è comunicata dall’Agenzia delle entrate in via telematica mediante un’apposita ricevuta. Il beneficiario può utilizzare il credito d'imposta maturato solo in compensazione a partire dal quinto giorno successivo alla data di rilascio della ricevuta attestante la fruibilità del credito d’imposta. Le risorse disponibili si ripartiscono tra: oneri totali di intervento previsti dalla legge n.208/2015: 617 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019; oneri di intervento a valere su programmi FESR (sia PON che Por Regionali): 250 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019. Il MISE con il DM 29 luglio 2016 ha assegnato al credito d'imposta, in fase di prima applicazione, risorse per un importo pari a euro 163 milioni di euro a valere sul Programma operativo nazionale «Imprese e competitività» 2014-2020 FESR - Asse III - «Competitività PMI». La Regione Campania, con la Delibera 161 del 19 aprile 2016, ha provveduto a dare avvio all’attuazione dello strumento agevolativo “Credito di Imposta per investimenti”, destinando in fase di prima applicazione 25 milioni di euro e programmando ulteriori risorse fino a soddisfare la domanda potenziale stimata in circa 306 milioni di euro. Successivamente con Delibera di Giunta Regionale n. 140 del 13 marzo 2018 ha individuato il Ministero dello Sviluppo Economico quale Organismo Intermedio del POR Campania FESR 2014-2020 Obiettivo Specifico 3.1 “Rilancio della propensione agli investimenti del sistema produttivo”, Azione 3.1.1.

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Si riportano di seguito i dati sull’assorbimento forniti dall’Agenzia per la Coesione al 30.08.2017.

I dati forniti dal MISE, aggiornati al 10/01/2018, relativi alle istanze presentate in Campania da piccole e medie imprese, non appartenenti al settore agricolo e della pesca, autorizzate dall’Agenzia delle Entrate alla fruizione del credito d’imposta sono i seguenti: • n. totale progetti autorizzati: 4.343 • totale investimento lordo: € 584.741.158,00 • totale credito imposta: € 186.113.473,00 • importo medio dei progetti: € 134.640,00 In questo periodo, nella provincia di Avellino sono stati autorizzati n. 634 progetti per un investimento lordo totale pari a € 105.221.078,00 e credito d’imposta pari a € 35.931.015,00. Nella provincia di Benevento sono stati autorizzati n. 513 progetti per un investimento lordo totale pari a € 62.521.952,00 e credito d’imposta pari a € 22.095.851,00. Nella provincia di Caserta sono stati autorizzati n. 481 progetti per un investimento lordo totale pari a € 64.445.139,00 e credito d’imposta pari a € 20.582.922,00. Nella provincia di Napoli sono stati autorizzati n. 1.419 progetti per un investimento lordo totale pari a € 162.408.105,00 e credito d’imposta pari a € 48.906.712,00. 142

Nella provincia di Salerno sono stati autorizzati n. 1.296 progetti per un investimento lordo totale pari a € 190.144.884,00 e credito d’imposta pari a € 58.596.973,00. Occorre sottolineare che l’articolo 5 del Decreto Legge 20 giugno 2017, n. 91, dedicato ai benefici fiscali ed alle semplificazioni, al comma 2 specifica che in relazione agli investimenti effettuati nelle ZES, il credito d'imposta di cui all'articolo 1, commi 98 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015 n. 208, è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquisiti entro il 31 dicembre 2020 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 50 milioni di euro. Pertanto, con l’istituzione della ZES in Campania, sarà possibile attrarre investimenti fino all’importo di 50 milioni di euro, massimale più elevato di quanto ordinariamente previsto (3 milioni di euro per le piccole imprese, a 10 milioni di euro per le medie imprese e a 15 milioni di euro per le grandi imprese), determinando, in tal modo, una maggiore capacità di realizzare la necessaria massa critica nello sviluppo delle aree. Per tale finalità, sono state destinate dal comma 5 dell’art. 5 del DL 91/2017 ulteriori 206 Meuro (intesi complessivamente per tutte le aree ZES). In particolare, 25 milioni di euro nel 2018, 31,25 milioni di euro nel 2019 e 150,2 milioni di euro nel 2020.

8.2.3 Gli interventi per il rilancio delle Aree di Crisi Industriale (L. 181/89)

7.3.4 Gli interventi per il rilancio delle Aree di Crisi Industriale (L. 181/89) L’intervento di cui alla legge 15 maggio 1989, n. 181 è finalizzato al rilancio delle attività industriali, alla salvaguardia dei livelli occupazionali, al sostegno dei programmi di investimento e allo sviluppo imprenditoriale delle aree colpite da crisi industriale e di settore. La riforma della disciplina degli interventi di reindustrializzazione delle aree di crisi, di cui all’art. 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, ha previsto l’applicazione del regime di aiuto di cui alla legge n. 181/1989 sia nelle aree di crisi complessa, sia nelle situazioni di crisi industriali diverse da quelle complesse che presentano, comunque, impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull'occupazione. In questo secondo caso si parla di aree di crisi non complessa. Si tratta di interventi aventi la natura di agevolazioni concesse nella forma del contributo in conto impianti, dell’eventuale contributo diretto alla spesa e del finanziamento agevolato, alle condizioni ed entro i limiti delle intensità massime di aiuto previste dal regolamento (UE) n. 651/2014 (“Regolamento GBER”). Sono ammissibili alle agevolazioni le iniziative che: (i) prevedano la realizzazione di programmi di investimento produttivo e/o programmi di investimento per la tutela ambientale, eventualmente completati da progetti per l’innovazione dell’organizzazione, con

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spese ammissibili non inferiori a 1,5 milioni di euro; (ii) comportino un incremento degli addetti dell’unità produttiva oggetto del programma di investimento. Il finanziamento agevolato concedibile è pari al 50% degli investimenti ammissibili. Il contributo in conto impianti e l’eventuale contributo diretto alla spesa sono complessivamente di importo non inferiore al 3% della spesa ammissibile. Il loro importo complessivo massimo è determinato, in relazione all’ammontare del finanziamento agevolato, nei limiti delle intensità massime di aiuto previste dal Regolamento GBER. La restituzione deve avvenire in massimo 10 anni, a cui si aggiunge un periodo di preammortamento massimo di 3 anni; un finanziamento a fondo perduto e contributo diretto alla spesa non superiore al 25% dell’investimento ammissibile. L’ammontare del contributo dipende dalla localizzazione e dalla dimensione dell’impresa, oltre che dalla tipologia del regime di aiuto richiesto; un’eventuale partecipazione al capitale su richiesta dell’impresa. Le tre tipologie di agevolazioni non possono comunque superare il 75% dell’investimento complessivo Sono soggetti destinatari di questi interventi grandi, piccole o medie imprese, come classificate sulla base dei criteri indicati nell’allegato 1 al Regolamento GBER 651/2014 e nel decreto del Ministro delle attività produttive del 18 aprile 2005. Con riferimento alla forma giuridica può trattarsi di società di capitali, incluse le società cooperative e consortili, già costituite alla data di presentazione della domanda di agevolazioni. Possono presentare domanda alle agevolazioni in parola anche le Start up, non essendo la misura collegata a preesistenti dati contabili. I settori ammissibili alle agevolazioni di cui alla legge 15 maggio 1989, n. 181 (contributo in conto impianti, eventuale contributo diretto alla spesa e finanziamento agevolato) sono: manifatturiero; estrattivo di minerali da cave e miniere; produttivo di energia o di tutela ambientale; dei servizi alle imprese; dello sviluppo dell’offerta turistica attraverso il potenziamento e il miglioramento della qualità dell’offerta ricettiva. Le misure finalizzate al rilancio delle aree di crisi industriale consentiranno di accrescere la capacità attrattiva delle ZES in considerazione della loro inclusione, totale o parziale, all’interno del perimetro della ZES. Pertanto, le misure di cui alla L. 181/89 costituiscono uno strumento agevolativo a disposizione degli investitori che desiderano rilanciare aree già industrializzate.

8.2.3.1 Interventi della Legge N. 181/1989 per Aree di Crisi non Complessa

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Le aree di crisi non complessa riguardano i territori individuati dal decreto direttoriale 19 dicembre 2016.

Ai fini della selezione, in coerenza con il D.M. 4 agosto 2016 che definisce i criteri per l'identificazione dei territori ammissibili alle agevolazioni previste per le aree di crisi industriale non complessa basati sui sistemi locali di lavoro (SLL) è stato effettuato uno screening dei singoli Sistemi locali del lavoro, riportando i seguenti dati:

1. Popolazione;

2. Sup. totale del Sistema locale;

3. n. Unità locali manifatturiere;

4. n. addetti imprese manifatturiere;

5. superficie con destinazione industriale (aree PIP – insediamenti produttivi – agglomerati industriali).

La scelta tecnica dei parametri e della relativa pesatura ha tenuto a base le seguenti motivazioni:

1. gli interventi per le situazioni di crisi industriale non complessa devono determinare, comunque, un impatto significativo sullo sviluppo e l'occupazione nei territori interessati;

2. l’approccio selettivo ha inteso individuare, in tale ambito, aree territoriali che seppure in difficoltà, presentano un tessuto industriale in grado di esprimere una domanda di agevolazione in linea con le finalità del decreto ministeriale;

3. la “pesatura” dei SLL è stata effettuata sia in termini di addetti di settore che di superficie di area industriale. Tuttavia, considerato che non tutti gli addetti del settore manifatturiero sono concentrati nelle aree di insediamento produttivo, si è ritenuto di dare un punteggio maggiore ai parametri relativi agli addetti piuttosto che a quello relativo alla superficie. Conseguentemente è stata elaborata una griglia di valutazione dei SLL, articolata sui seguenti parametri:

1. rapporto n. addetti imprese manifatturiere/totale addetti

2. rapporto n. addetti/popolazione SLL 145

3. rapporto sup. industriale SLL/sup. industriale totale

4. performance export SLL (PE_Q - rilevazione Istat) per la valutazione del grado di apertura e di qualità del tessuto industriale

Con decreto direttoriale 24 febbraio 2017 del Mise sono stati stabiliti i termini e le modalità per la presentazione delle domande per l’accesso alle agevolazioni.

Lo sportello, chiuso il 6 aprile 2017 per l’alto fabbisogno espresso, che ha superato largamente la dotazione finanziaria disponibile (l’ammontare di agevolazioni richieste è stato pari a 634,6 milioni di euro). Secondo quanto indicato da Invitalia, soggetto gestore per conto del MiSE dell’intervento, sono stati rilevati i seguenti dati con riferimento alla nostra regione: domande presentate relative alla Campania, n. 119; investimenti pari a 554 Meuro; agevolazioni richieste pari a 402,2 Meuro; nuovi occupati previsti pari a 1.585.

Gli investimenti di questo tipo ricadenti nelle aree ZES Campania sommano a circa 240meuro, per 170 meuro circa di agevolazioni previste e con un impatto di 500 occupati circa.

In considerazione del fabbisogno di risorse relativo alle imprese campane che non risulta soddisfatto dalla dotazione messa a disposizione del MISE con lo sportello aperto il 04/04/2017, la Giunta Regionale con deliberazione n. 560 del 11/09/2017, ha demandato alla Direzione Generale per lo Sviluppo Economico e le Attività Produttive l’adesione a un Accordo di Programma tra il Ministero dello Sviluppo Economico e la Regione Campania finalizzato a: finanziare i programmi di investimento localizzati nei territori delle aree di crisi non complessa della Regione Campania, le cui domande di agevolazione, presentate ai sensi del decreto direttoriale del MiSE del 24 febbraio 2017, risultano sospese per esaurimento delle risorse nazionali disponibili; destinare in via prioritaria, attraverso la pubblicazione di uno specifico avviso, una quota pari al 20% delle risorse in perenzione amministrativa di cui alla legge 14 maggio 2005, n.80, al finanziamento dei progetti di investimento da realizzare nei territori dell’area di crisi di Acerra che non risultano selezionati tra le aree di crisi industriale non complessa (SPIEGARE); utilizzare le risorse disponibili per il finanziamento, in conformità con la disciplina della legge 181/1989 e ss.mm.ii., di progetti di investimento da realizzare nei territori riconosciuti, ai sensi del decreto Mise 19/12/2016, quali aree di crisi non complessa e, come pure nei comuni dell’area di Marcianise di cui alla L.311/04 e dell’area di Acerra di cui alla L.80/05 (???). Per realizzare le suddette finalità il MiSE e la Regione Campania si sono 146

impegnati a garantire rispettivamente euro 67.613.249,00 ed euro 45.000.000,00 per complessivi 112,6 Meuro, senza considerare gli incentivi destinati alle imprese campane in base al bando nazionale, pari a circa 13 Meuro. (RIVEDERE TUTTO QUESTO PUNTO) L’Accordo di Programma Quadro sulle aree di crisi non complesse è stato sottoscritto il 19 dicembre 2017. Si evidenzia, in questo ambito, che con la Deliberazione n.748 del 20/12/2016, la Giunta regionale ha definito di intervenire anche a favore dei territori esclusi dalle aree di crisi non complessa, attraverso apposito provvedimento (DGR 604/2016). Sono stati all’uopo programmati 15 Meuro, a valere sul POC Campania 2014-2020, per attivare una procedura ad evidenza pubblica per la selezione di programmi di investimento finalizzati al rilancio dei territori esclusi dalle aree di crisi non complessa, che tenesse conto, per quanto compatibili, dei criteri e delle modalità di cui al decreto ministeriale 9 giugno 2015 e relativa circolare. Con il Decreto Dirigenziale n. 114 del 3 aprile 2017 è stato pubblicato l’Avviso, a fronte del quale sono pervenute n. 20 domande per un importo complessivo di investimenti pari ad € 74.918.826,25 e una richiesta complessive di agevolazioni pari ad € 56.189.119,69. L'istruttoria è in fase di conclusione. (N.B. E CHE CONNESSIONE C’E’ TRA QUESTE INIZIATIVE E LA ZES? MANCA TOTALMENTE- INSERIRE!!)

8.2.3.2 Interventi della Legge N. 181/1989 per Aree di Crisi Complessa

Le Aree di crisi industriale complessa sono aree che riguardano specifici territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale e con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, non risolvibili con risorse e strumenti di sola competenza regionale. La complessità deriva da: crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull’indotto; grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione sul territorio. Il Ministero cura l’attuazione delle politiche e programmi per la reindustrializzazione e riconversione delle aree e dei settori colpiti dalla crisi mediante la stipula di appositi Accordi di Programma di adozione dei PRRI – Progetti di Riconversione e Riqualificazione Industriale. I PRRI promuovono, anche mediante cofinanziamento regionale e con l'utilizzo di tutti i regimi d'aiuto disponibili per cui ricorrano i presupposti, investimenti produttivi anche a carattere innovativo, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree

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industriali dismesse, il recupero ambientale e l'efficientamento energetico dei siti e la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi. Con la DGR 590 del 3/10/2017, l'Amministrazione regionale ha elaborato la proposta da sottoporre al Ministero dello Sviluppo Economico per il riconoscimento di situazione di crisi industriale complessa ai sensi del D.M. 31 gennaio 2013. La proposta avvia un percorso fondamentale per lo sviluppo delle aree individuate, con l'elaborazione di un piano di riqualificazione e riconversione industriale che porterà alla sottoscrizione di uno specifico Accordo di Programma con il MISE ((N.B. SPIEGARE PERCHE’ IL PROTOCOLLO D’INTESA APPROVATO E SUOI CONTENUTI). La Regione Campania ha programmato risorse per un ammontare di 23 Meuro. In particolare, sono stati individuati tre poli di crisi industriali, definiti in logica di contiguità territoriale: Polo Acerra- Marcianise-Airola; Polo Torre Annunziata-Castellammare; Polo Battipaglia- Solofra (N.B. SPIEGARE perché QUELLE AREE E COME SI INTRECCIANO CON LA ZES). A seguito di tale delibera, con decreto ministeriale 22 novembre 2017 sono state riconosciute, ai sensi dell’ art. 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 e del DM attuativo 31 gennaio 2013, quali aree di crisi industriale complessa della Regione Campania, i Poli industriali di Acerra-Marcianise-Airola, Torre Annunziata-Castellammare e Battipaglia-Solofra. I Poli ricomprendono 24 Comuni riconducibili a Sistemi Locali del Lavoro: Caserta, Napoli, Salerno, Nola, Montesarchio, Solofra, Battipaglia, Castellammare, Torre del Greco. (N.B. NON C’E’ ALCUNA CONNESSIONE TRA QUESTA INIZIATIVA E LA ZES. VA INDICATA. INOLTRE VANNO RIPRESI I CONTENUTI DEL PROTOCOLLO APPROVATO ANCHE ALLA FINE)

8.2.4 Incentivi per l’assunzione di lavoratori svantaggiati in Campania (decontribuzione)

L’articolo 1, comma 178, della Legge di stabilità n. 208 del 28 dicembre 2015 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ha prorogato su tutto il territorio nazionale in forma ridotta l'esonero contributivo, per il settore privato, per le nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato, con esclusione dei contratti di apprendistato e dei contratti di lavoro domestico, relativamente alle assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2016 e

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stipulate entro il 31 dicembre 2016. Ai sensi della predetta legge lo sgravio contributivo è consistito nell’esonero dal versamento del 40% dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, per un periodo massimo di 24 mesi, e con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nel limite di 3.250 euro su base annua. Data la possibilità di cumulabilità degli incentivi statali con altri incentivi aventi natura economica, la Regione Campania, con Delibera di Giunta Regionale n. 160 del 19.04.2016, ha previsto la concessione, a valere sulle risorse del POR Campania FSE 2014-2020, di incentivi aventi natura economica quantificati in misura tale da poter compensare l’ulteriore differenza del 60% dell’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro di cui all’articolo 1, comma 178 della L. 208/15 e, comunque, nel rispetto del limite massimo dell’entità stabilita dalla legge. Con la succitata Delibera è stato programmato un importo pari a € 50.000.000,00 finalizzato all’avvio di un intervento che preveda incentivi aventi natura economica da utilizzare con riferimento al biennio 2016-2017, a valere sull’Asse I, Obiettivi specifici 1, 2 e 3 del POR Campania FSE 2014-2020. Tale misura regionale, attuata con l’avviso pubblico Incentivi per l’assunzione di lavoratori svantaggiati in Campania – annualità 2016, di cui al Decreto Dirigenziale n. 76 del 08.07.2016, è stata destinata alle imprese, ubicate in Campania, che hanno assunto a tempo indeterminato “lavoratori disabili”, “lavoratori svantaggiati” o “molto svantaggiati” residenti in Campania. Alla scadenza dell’avviso pubblico le imprese che hanno presentato istanza di partecipazione risultano essere n. 3.324 per un totale di n. 7.684 nuove assunzioni, di cui n. 61 relative a lavoratori disabili, n. 2.516 per lavoratori molto svantaggiati e n. 5.107 per lavoratori svantaggiati. La Delibera n. 160/2016, inoltre, ha previsto la possibilità di riservarsi l’integrazione della misura in argomento con ulteriori risorse, per la medesima annualità in considerazione dell’impatto della misura sul territorio, ed eventualmente a valere per le assunzioni effettuate nell’annualità 2017 e a quelle riferite agli anni successivi, anche alla luce delle determinazioni che saranno assunte dal Governo in esito alla ricognizione avviata ai sensi di quanto disposto dal comma 110 dell’art. 1 della citata legge 208/2015. L’attuazione della misura ha prodotto economie da destinare, conformemente a quanto già deliberato, ad analoghe misure prioritariamente per le iniziative attive nelle aree ZES. Gli incentivi regionali si intrecciano con altri due importanti strumenti previsti dalla normativa nazionale.

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Il primo noto come “Incentivo occupazione Mezzogiorno”, attivo dal 1 gennaio 2018 per l’intero anno, e in sostanziale continuità con l’Incentivo occupazione Sud del 2017, riguarda le seguenti categorie:

- lavoratori e lavoratrici di età compresa tra i 16 anni e 34 anni di età;

- lavoratori e lavoratrici con 35 anni di età e oltre, privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.

L’incentivo, la cui attuazione è demandata all’Inps, riguarda le regioni Abruzzo, Molise, Sardegna, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e prevede sgravi dei contributi a carico dei datori di lavoro privati, da fruire mediante conguaglio sui contributi Inps.

Il secondo noto come incentivo strutturale all’occupazione giovanile stabile previsto dalla Legge di bilancio 2018 promuove l’occupazione giovanile stabile spettante ai datori di lavoro privati per:

• assunzioni a tempo indeterminato;

• trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato, purché il lavoratore sia in possesso del requisito anagrafico alla data della trasformazione;

• prosecuzione di contratto di apprendistato, purché il lavoratore non abbia compiuto 30 anni di età alla data della conferma in servizio; effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2018. In tali casi si prevede un esonero pari al 50% dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi Inail, nel limite dell’importo massimo di € 3.000 annui, riparametrato su base mensile. I lavoratori devono

 non aver compiuto il 30° anno di età (35 anni di età limitatamente alle assunzioni effettuate entro il 31/12/2018);

 non essere stati occupati a tempo indeterminato presso il medesimo o altro datore di lavoro.

8.2.5 Gli interventi per l’efficienza energetica

Tra i principali fattori che possono migliorare la competitività del Paese, il settore energetico ha un ruolo predominante, seppur scontando alcune debolezze strutturali. L’Italia, infatti, ha prezzi dell’energia mediamente superiori ai concorrenti europei, e ancor più rispetto ad altri Paesi come gli Stati Uniti, anche a causa di un mix energetico basato 150

principalmente sul gas differenziandosi molto dalla media UE che contempla un notevole apporto del nucleare e del carbone. L’efficienza energetica ha infatti il pregio di essere lo strumento più economico per l’abbattimento delle emissioni di CO2, con un ritorno sugli investimenti positivo per il Paese, di generare domanda in un mercato dove sono attive molte imprese italiane, di accrescere la sicurezza energetica e di ridurre il deficit della bilancia commerciale. La forte dinamica dei prezzi energetici registrata su scala mondiale nell’ultimo decennio, inoltre, ha posto al centro del dibattito di policy la relazione tra la spesa energetica delle imprese e la loro competitività. In Europa la questione energetica viene spesso indicata come uno dei principali fattori di freno all’espansione dell’industria e recentemente è stata al centro dell’agenda delle istituzioni comunitarie, in particolare per l’ampliamento dei differenziali di costo con gli Stati Uniti dovuto alla forte riduzione dei prezzi energetici in questo paese derivante dalla maggiore disponibilità di idrocarburi non convenzionali. In Italia, dove elevati sono nel confronto internazionale la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di energia e i prezzi pagati da imprese e consumatori, le considerazioni circa la competitività delle imprese si sommano alla preoccupazione che impianti produttivi ad alta intensità energetica possano essere delocalizzati. In tale contesto, l’atto di indirizzo in materia adottato dalla Regione Campania (Schema di PEAR adottato con DGR n. 363 del 20/06/2017 – attualmente in VAS), pone l’obiettivo prioritario di favorire una crescita attraverso una strutturale riduzione dei costi di produzione e, al contempo, un minore impatto ambientale in termini di esternalità negative determinate dal ciclo di produzione. Con l’approvazione del POR FESR Campania 2014/2020, infatti, il tradizionale obiettivo della riduzione dei consumi energetici negli edifici e nelle strutture pubbliche o ad uso pubblico è stato integrato con l’obiettivo della riduzione dei consumi energetici e delle emissioni nelle imprese e integrazione di fonti rinnovabili. Con la DGR n. 529 del 4/10/2016, inoltre, la Giunta regionale della Campania ha già approvato un programma di sostegno alle PMI finalizzato alla realizzazione di interventi di efficientamento energetico realizzati previa diagnosi energetica e eventualmente accompagnati dal rilascio della certificazione di conformità alla norma ISO 50001. Il piano finanziario complessivo prevede l’allocazione di euro 2.388.000,00 per la realizzazione delle diagnosi e per l’ottenimento

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delle certificazioni di conformità e di euro 5 Meuro, come stanziamento iniziale, per la realizzazione degli interventi di efficientamento suggeriti dalle diagnosi. Lo stanziamento sopra segnato, è stato integrato con la destinazione di ulteriori 10 Meuro dalla D.G.R. n. 531 del 08/08/2017. Vista la estesa partecipazione di imprese al primo avviso, con successiva DGR n. 736 del 27/11/2017 è stato approvato un nuovo Programma per partecipare all’Avviso pubblico emanato in data 8 novembre 2017. Con la pubblicazione del nuovo bando, presumibilmente nel secondo trimestre del 2018, la cui dotazione è fissata in € 11.535.142,85, potranno essere finanziati, previa diagnosi energetica, i seguenti interventi: − installazione di impianti di cogenerazione ad elevato rendimento e di impianti di trigenerazione; − interventi finalizzati all’aumento dell’efficienza energetica nei processi produttivi, diretta a ridurre l’incidenza energetica sul prodotto finale, tali da determinare un significativo risparmio annuo di energia primaria; − interventi mirati alla riduzione dei consumi energetici mediante una riorganizzazione di processi di produzione basati sulla tecnologia e su device in grado di comunicare autonomamente tra di loro (smart factory e industria 4.0); − interventi finalizzati all’aumento dell’efficienza energetica degli edifici nell’unità locale; − sostituzione puntuale di sistemi e componenti a bassa efficienza con altri a maggiore efficienza; − interventi di installazione di impianti a fonti rinnovabili a condizione che l’energia prodotta sia destinata all’autoconsumo; − interventi di ottimizzazione tecnologica, miglioramento delle centraline elettriche e installazione di sistemi di controllo e regolazione capaci di ridurre l’incidenza energetica sul processo produttivo dell'impresa.

8.3 Gli strumenti a diretta competenza regionale

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Di seguito si riportano i principali strumenti agevolativi attivati e/o avviati nell’ambito della programmazione regionale 2014/2020, che la Regione Campania intende utilizzare per favorire gli investimenti nella Zona Economica Speciale in coerenza con gli obiettivi sopra declinati. A tal proposito si evidenzia che gli interventi dedicati potranno essere ulteriormente rafforzati nel momento in cui l’Amministrazione Centrale renderà disponibili le risorse pari a 300 Meuro (a valere su PON 2014-2020 e altre fonti nazionali) rientranti nel “Patto per lo Sviluppo per la Campania” sottoscritto il 24/04/2016 e riprogrammato (con gli stessi importi) il 12/05/2017 per l’intervento strategico “Istituzione di Zona Economica Speciale (ZES)”. N.B. METTERE QUI GLI STRUMENTI NAZIONALI COFINANZIATI E POI QUELLI REGIONALI!!!

8.3.1 Le agevolazioni per la riduzione degli Oneri IRAP

L'Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) è stata introdotta nell'ordinamento tributario italiano dal decreto legislativo n. 446/1997. A seguito dell'approvazione della legge finanziaria 2008 ha assunto la natura di tributo proprio della Regione ed in generale colpisce il valore della produzione netta generato dai soggetti passivi di imposta sui singoli territori regionali. L'imposta regionale sulle attività produttive si applica sul valore della produzione netta derivante dall'attività esercitata sul territorio della regione ed è pertanto dovuta alla regione nel cui territorio tale valore della produzione è realizzato. Al fine di consentire un abbattimento totale o parziale del carico dell’IRAP, la Regione Campania ha previsto forme di rimborso dell’imposta dovuta. In particolare, l’articolo 1, comma 60 della legge regionale 31 marzo 2017 ha previsto: che la Regione Campania conceda un contributo alle imprese che realizzano un nuovo insediamento produttivo sul territorio regionale, fino ad un massimo pari al 100% del valore dovuto dell’imposta regionale sulle attività produttive; che il contributo venga calcolato sull'imposta dovuta dalle imprese per i cinque anni successivi alla data di iscrizione nel registro delle imprese della nuova sede operativa; che le imprese beneficiarie della agevolazione debbano garantire la permanenza, per cinque anni, della nuova sede operativa sul territorio regionale, pena la restituzione del contributo percepito.

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Con riguardo alla riduzione degli oneri per le imprese derivanti dal pagamento dell’imposta IRAP, al fine di dare attuazione legge regionale 31 marzo 2017, n.10, art. 1 co. 60, la Regione Campania ha previsto uno stanziamento iniziale pari ad euro 300.000,00 per l'annualità 2017 e pari a euro 500.000,00 per ciascuna delle annualità 2018 e 2019, con la possibilità che dette risorse possano essere incrementate con ulteriori disponibilità di bilancio derivanti dalle programmazioni statali ed europee in coerenza con la normativa vigente in materia. In aggiunta a quanto già previsto dalla Legge regionale 31 marzo 2017, n. 10, art. 1 co. 60, si prevede di utilizzare le risorse allo stato disponibili sull’intervento strategico “Credito d'imposta e strumenti di decontribuzione” dell’FSC 2014-2020, pari a € 10.000.000,00, assegnate nell’ambito del Patto per lo Sviluppo della Regione Campania all’intervento, per ulteriori agevolazioni fino ad un massimo del 100% dell’imposta dovuta dalle imprese, prioritariamente, ovvero, previa notifica alla Commissione Europea di un apposito regime di aiuti, esclusivamente insediate nelle zone ZES e che si impegnano a mantenere la loro sede per 7 anni. In tal modo, gli operatori che insediano attività imprenditoriali nelle zone economiche speciali potranno godere di uno strumento agevolativo dedicato, che consentirà di ridurre gli impatti sul reddito derivanti dal pagamento dell’imposta.

8.3.2 Le agevolazioni IRAP per le Start Up Innovative (LR n.6/2016)

La legge regionale n. 6 del 5 aprile 2016 Prime misure per la razionalizzazione della spesa e il rilancio dell’economia campana prevede all’art. 2 la possibilità di concedere alle start up innovative, di cui alla Legge n. 221/2012, un contributo per lo sviluppo di processi innovativi fino ad un massimo del 100% dell’Irap relativa ai periodi di imposta 2016, 2017 e 2018. Il contributo rappresenta un'agevolazione in regime de minimis ed è assegnato attraverso una procedura a sportello rivolta alle imprese iscritte nell’apposita sezione speciale aventi sede legale e operativa in Campania. La Giunta ha deliberato una assegnazione pari a 900mila euro per ciascuno dei periodi di imposta. Su questa base si prevede una assegnazione pari 1 meuro per gli anni 2019-2020.

8.3.3 Il Contratto di Programma Regionale

Il contratto di programma regionale è finalizzato a valorizzare la contrattazione programmata a livello regionale e a favorire l'attuazione di interventi complessi di sviluppo territoriale realizzati da una singola impresa o da gruppi di imprese nell'ambito della programmazione concertata e volti a generare positive ricadute sul sistema produttivo regionale, a 154

cominciare dalla realizzazione di un’ampia azione di innovazione produttiva delle PMI campane, in direzione dell’Industria 4.0, e della costituzione di filiere produttive complete, in grado di accrescere dimensionalmente l’impatto delle imprese campane e d’incrementarne i livelli di competitività. Il contratto di programma regionale costituisce lo strumento regionale, coerente con le normative settoriali, con gli indirizzi programmatici del DEFR (Documento di Economia e Finanza Regionale), con gli indirizzi urbanistico - territoriali, per l'attuazione di politiche di sviluppo locale intese a: attuare una politica selettiva per migliorare la capacità di innovazione e la qualità delle imprese attraverso la valorizzazione di determinate filiere strategiche; promuovere ed attrarre investimenti produttivi sul territorio regionale per il rilancio dell'economia regionale; far crescere il tessuto produttivo esistente, anche attraverso l'aggregazione economica delle imprese, l'allargamento dimensionale delle stesse e puntando sulle eccellenze; assicurare l'efficacia e la coerenza dell'intervento pubblico, integrandone i diversi ambiti di intervento relativi ad attività produttive, ricerca ed innovazione tecnologica, formazione ed occupazione; conseguire l'efficienza e l'efficacia dei procedimenti di spesa in coerenza con la programmazione finanziaria regionale, integrando risorse regionali, nazionali e comunitarie; favorire l'integrazione della Regione con il sistema finanziario coinvolto nel finanziamento delle iniziative e nel raggiungimento degli obiettivi economico sociali prefissati. Sulla scorta dell’esperienza maturata nell’attuazione dell’intervento, la Regione Campania intende provvedere al finanziamento dello strumento agevolativo in modo da consentire la pubblicazione di nuovi avvisi pubblici. La Regione intende destinare al finanziamento dello strumento agevolativo un importo di almeno 160 Meuro tra risorse nazionali e comunitarie. Inoltre l’Amministrazione si è già attivata per incrementare tale dotazione attraverso la richiesta di un nuovo riparto a valere sul FSC 2014-2020, finalizzata al recupero di risorse per alcuni interventi tra cui 102 Meuro per il “Rifinanziamento Contratti di Programma”. Esso rappresenta lo strumento principe della strategia agevolativa regionale, concentrando le risorse su grandi interventi, che valorizzino, tuttavia, soprattutto il ruolo delle PMI.

8.3.4 Gli Strumenti del POR FESR Campania 2014/2020

Incentivi per l’innovazione dei processi produttivi Con DGR n. 65 del 7 febbraio 2017 la Regione Campania ha programmato l’avvio di strumenti agevolativi volti a favorire i processi di innovazione del sistema economico attraverso il sostegno

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all’implementazione e applicazione dei risultati (tecnologie, prototipi, brevetti, ecc) della ricerca e dello sviluppo industriale nel processo produttivo. Gli interventi mirano a rinnovare la base produttiva e a consolidare le realtà esistenti, vincolando l’azione a percorsi di sviluppo imprenditoriale fondati sulla specializzazione tecnologica delle produzioni, in coerenza con i settori individuati dalla RIS3 Campania e con le strategie industriali della Regione. In particolare, nell’ambito degli interventi di consolidamento aziendale, gli investimenti materiali ed immateriali sono volti all’introduzione di strumenti ICT, al potenziamento del digital manufacturing, nonché all’acquisizione di impianti ad alta tecnologia integrati in piattaforme ICT, in stretta relazione con gli obiettivi della legge regionale 8 agosto 2016, n.22 per l'Industria 4.0. Gli investimenti finanziabili sono relativi ad attività materiali e immateriali per la creazione di un nuovo stabilimento, all'ampliamento della capacità di uno stabilimento esistente, alla diversificazione della produzione di uno stabilimento per ottenere prodotti non fabbricati precedentemente o a un cambiamento fondamentale del processo produttivo complessivo di uno stabilimento esistente, derivanti da attività di ricerca industriale e di trasferimento tecnologico, con particolare riferimento all'Industria 4.0. Le risorse programmate per il 2018 ammontano a 15 milioni di euro a valere sull’Asse 3 del POR Campania FESR 2014/2020.

Incentivi per attività di trasferimento tecnologico e prima industrializzazione Altro fattore predominante al fine di cogliere le opportunità di crescita economica e sociale su scala regionale, nazionale ed internazionale, è la capacità di innovare il sistema produttivo. In tal senso, sempre con la Deliberazione di Giunta Regionale n. 65/2017, la Regione Campania ha inteso avviare percorsi volti a favorire la qualificazione dei processi di trasferimento tecnologico e di prima industrializzazione, sostenendo gli investimenti volti a consolidare un collegamento tra il potenziale produttivo e la ricerca per favorire il trasferimento di output di quest’ultima nel sistema economico, onde rispondere più proficuamente alle esigenze del mercato e potenziare conseguentemente la competitività del sistema industriale in ambito extraregionale ed internazionale. Le attività finanziabili sono relative a: attività di ricerca industriale e sviluppo sperimentale, con queste ultime che coprano almeno la maggioranza dei costi complessivi previsti, sviluppati nell'ambito di tutti i domini produttivi indicati dalla RIS3 Campania, anche con riferimento all’evoluzione delle industrie tradizionali (ad esempio il sistema moda) e ai mercati emergenti individuati dalla RIS3 Campania (Blue-Economy, Bio-Economy, Manifattura 4.0; Industrie creative); azioni sviluppate nell'ambito di tutti i domini produttivi indicati dalla RIS3 Campania, anche con

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riferimento all’evoluzione delle stesse industrie tradizionali e agli stessi mercati emergenti individuati dalla RIS3 Campania; analisi di fattibilità tecnico/economica: attività di valutazione del rischio, analisi di mercato o di gestione della proprietà intellettuale di un nuovo prodotto, di un servizio o di un processo, possibilmente attraverso un’applicazione innovativa delle tecnologie, delle metodologie, o dei processi aziendali, con l'obiettivo di immettere l’innovazione sul mercato; collocazione dell’innovazione sul mercato: servizi di consulenza per il trasferimento tecnologico e l’innovazione, volti alla tutela della proprietà intellettuale di un nuovo prodotto, di un servizio o di un processo, o alle attività atte ad adeguare i processi aziendali esistenti. Le risorse programmate per il 2018 ammontano a 35 milioni di euro, a valere sull’Asse 1 del POR Campania FESR 2014/2020.

Incentivi per le Start Up Innovative Campania Start Up Innovativa è la misura attivata dalla Regione Campania per dare attuazione all’intervento “Bando supporto allo sviluppo di spinoff e startup innovative”, a valere sul POR Campania FESR 2014-2020, nell’ambito dell’Asse I - obiettivo tematico 01 “Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione”. Il primo Avviso pubblicato a giugno 2017, con una dotazione di 15 milioni di euro, si pone l’obiettivo di sostenere la creazione ed il consolidamento di startup innovative ad alta intensità di applicazione di conoscenza e di spin-off della ricerca per aumentare la competitività del sistema produttivo regionale, attraverso lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e servizi ad alto contenuto innovativo. Le iniziative devono essere coerenti con le traiettorie di innovazione delle aree di specializzazione della strategia Regionale della RIS 3. I beneficiari possono essere sia micro che piccole imprese costituite da non più di 48 mesi a far data dalla pubblicazione che risultano essere, all'atto della presentazione della domanda di agevolazione, già iscritte nel Registro delle Imprese presso la C.C.I.A.A., nella sezione speciale dedicata alle start-up innovative sia Promotori d’impresa che intendano costituire una micro o piccola impresa e iscrivere la stessa nel Registro delle Imprese sezione speciale start up presso la C.C.I.A.A. entro 5 giorni dalla comunicazione di ammissione alle agevolazioni. Sono finanziabili le seguenti tipologie di spese: a) investimenti materiali; b) investimenti immateriali; c) servizi reali funzionali all’avvio e/o allo sviluppo; d) spese di gestione. Gli investimenti devono essere ricompresi fra i 50.000,00 e 500.000,00 € con un contributo previsto in conto capitale pari al 65%. Nel 2019 si prevede la pubblicazione di un ulteriore Avviso con una previsione di risorse stimabili pari ad ulteriori 15 milioni di euro.

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Gli strumenti finanziari nella programmazione dei fondi strutturali in Campania1 Per il periodo di programmazione 2014-2020, il Titolo IV del Regolamento (CE) 1303/2013 (artt. 37-46) introduce gli Strumenti Finanziari (SF) sostituendo il termine di Strumenti di Ingegneria Finanziaria (SIF) introdotti nel precedente periodo di programmazione 2007-2013 dall’art. 44 del Regolamento (CE) n. 1083/2006. Ai sensi del citato Regolamento n. 1083/2006, l’Autorità di Gestione poteva utilizzare i seguenti Strumenti di Ingegneria Finanziaria: (a) per le imprese Jeremie, (b) per lo sviluppo urbano Jessica e (c) per l'efficienza energetica e le energie rinnovabili negli edifici Jessica e Jeremie. Il ritorno di tali investimenti, avviati nell’ambito degli SIF, consente oggi di attivare, tramite i fondi strutturali, altri investimenti destinati a molteplici destinatari finali sul ciclo di finanziamento corrente, al di là del periodo di programmazione iniziale, creando così un lascito duraturo dei fondi UE. Nel 2014 la Commissione Europea ha prodotto un documento di sintesi a supporto delle Autorità di Gestione per l’uso degli strumenti finanziari nel periodo di programmazione 2014- 2020 in cui è sottolineata l’importanza della strategia degli strumenti finanziari come leva degli investimenti pubblici. La tendenza è di ricoprire il gap di risorse finanziarie disponibili attraverso gli strumenti finanziari, creando le condizioni per ridurre gli effetti negativi che il decremento graduale delle risorse pubbliche a disposizione potrà produrre nel perseguimento degli obiettivi di sviluppo e di coesione. Più in generale, gli Strumenti Finanziari costituiscono un metodo di erogazione dell’aiuto al beneficiario più efficiente delle tradizionali sovvenzioni a fondo perduto, in quanto possono realizzare: - un effetto “moltiplicativo” che consente di accrescere l’impatto dei programmi e che corrisponde alla possibilità di attivare un numero maggiore di interventi a parità di risorse finanziarie impegnate; - una maggiore efficienza dell’intervento che deriva dalla natura rotativa degli SF e che fa sì che una parte delle risorse possa essere riutilizzata durante e dopo il termine della programmazione ampliando la capacità di incidenza dell’azione strutturale e rendendo l’intervento dei Fondi più sostenibile a medio-lungo termine; - una migliore qualità dei progetti, in quanto l’investimento deve essere ripagato dalle risorse generate; ciò implica la necessità di una maggiore disciplina finanziaria nella scelta degli interventi e, quindi, la selezione di iniziative sostenibili anche da un punto di vista economico e finanziario.

1 Fonte: “Valutazione ex ante degli Strumenti Finanziari POR FESR 2014-2020” 158

In particolare, gli investimenti attuabili con gli Strumenti Finanziari (SF) riguardano: 1. la partecipazione in c/capitale alla creazione e/o allo sviluppo di attività e progetti imprenditoriali (PMI). 2. il finanziamento del debito nella forma di prestiti, leasing o garanzie.

Il sostegno che l’attuazione di questo specifico SF determina a beneficio degli investimenti delle imprese può riguardare investimenti materiali e immateriali, nonché la provvista di capitale circolante nei limiti delle norme sugli aiuti di Stato e, comunque, sempre al fine di incentivare il cofinanziamento del settore privato.

Nel secondo caso, lo SF destinato al sostegno delle PMI - sempre rappresentato da finanziamenti “rimborsabili” – può essere costituito, nello specifico, da diverse tipologie di “modelli”, predefiniti/standardizzati e non, tra i quali: - prestiti con condivisione del rischio (Fondi per mutui), vale a dire, prestiti con tasso agevolato per le PMI; - micro-credito; - garanzie limitate su portafoglio per le PMI (Fondi di garanzia), corrispondenti ad una protezione del rischio di credito fino a un importo massimo della perdita; - prestiti per rinnovo, costituiti, nello specifico, da prestiti destinati a migliorare l’efficienza energetica e le energie rinnovabili nel settore residenziale.

L’accesso al credito e gli strumenti finanziari a favore delle imprese

L’analisi condotta sul credito alle imprese – nel Mezzogiorno e, più specificamente, in Campania - per quanto non abbia portato ad una valutazione quantitativa del deficit di finanziamento cioè in termini di domanda insoddisfatta che non riesce ad essere riequilibrato attraverso le forze del mercato (affidandosi, ad esempio, ad una variazione dei prezzi/tassi di interesse), ha fornito comunque una serie di informazioni convergenti sulle problematiche che l’apparato produttivo regionale deve ancora fronteggiare in funzione delle esigenze di raccolta e mobilizzazione delle risorse finanziarie necessarie agli investimenti.

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In sintesi, tanto dal punto di vista dei principali indicatori, quanto sul piano dei comportamenti degli operatori, innanzitutto dal lato dell’offerta, nonché delle opinioni e delle necessità espresse dai destinatari (imprese-domanda), lo scenario che si è chiaramente evidenziato rivela una situazione assai critica nell’accesso al credito da parte delle aziende campane. Una condizione nella quale restrizioni dei volumi, costi elevati e complessità delle procedure finiscono per consolidare uno stato di sottocapitalizzazione e di insufficiente dotazione di mezzi per le aziende per il quale è sempre più indispensabile l’intervento finanziario, compensativo e di stimolo, che il settore pubblico e le sue politiche possono proficuamente realizzare. La Regione Campania, con l’obiettivo di migliorare la capacità di accesso al credito e alla finanza di impresa, ha introdotto, a valere sul PO FESR 2007-1320 alcuni strumenti di finanza innovativa come sintetizzati nella seguente tabella:

SIF Prospetto di sintesi 2007-2013

Con riferimento alla nuova programmazione 2014 – 2020, particolare interesso viene riservato agli strumenti misti che prevedono sia il fondo perduto che il finanziamento agevolato in considerazione dei vantaggi tipicamente ascrivibili agli strumenti di prestito che riguardano le condizioni favorevoli rispetto al mercato. Le imprese tendono a prediligere il prestito rispetto al capitale di rischio per la riduzione dei costi di informazione e di soluzione del prestito. Inoltre l’inclusione nel prestito di agevolazioni consente l’applicazione di tassi inferiori a quelli del mercato, ampliando la platea dei potenziali client.

Interventi per le imprese artigiane mediante il ricorso a strumenti finanziari La Regione Campania è da sempre vicina al mondo artigiano ed a quello delle micro e piccole imprese, interpretando così la funzione di Ente estremamente attento allo sviluppo del territorio e rispondendo alle necessità economiche e sociali delle imprese regionali artigiane.

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In linea con le trasformazioni del mercato, facilitando l’accesso al credito, ha offerto nel tempo diverse tipologie di agevolazioni finanziarie e contributi per le micro, piccole e medie imprese artigiane. In riferimento all’analisi della domanda e dell’offerta di credito, il comparto artigianato non si discosta dalla situazione riguardo il sistema produttivo in generale e le PMI, posizionandosi comunque nella fascia di imprese con un profilo di rischio complesso dovuto ad una prevalenza imprese di piccole dimensioni e quindi tipicamente sottocapitalizzate. A ciò si aggiunge la frizione generata dai pilastri degli Accordi di Basilea, che rendono l’accesso al credito difficile per queste tipologie di imprese se non supportati da garanzie. Nell’ambito della nuova programmazione 2014-2020 la Giunta Regionale con la deliberazione n.633 del 18/11/2017, al fine di promuovere il sistema artigianale coniugando la sua valenza turistica, in termini di “attrattore territoriale”, con la caratterizzazione creativa e culturale legata alle specificità produttive in qualità di “importante comparto dell’Industria Culturale e Creativa”, prevede l’erogazione di finanziamenti a sostegno delle micro, piccole e medie imprese artigiane, nell’ottica di agevolare gli investimenti nel settore dell’artigianato tradizionale, artistico e religioso. Lo schema di attuazione della misura è configurato con una dotazione complessiva di 30M di euro, di cui • 15M di euro a valere sulle risorse del POR FESR 2014-2020 Asse 3 Obiettivo Tematico 3, priorità di investimento 3b, Obiettivo specifico 3.3 linea di azione 3.3.2. • 15M di euro a valere sui rientri dell’iniziativa JEREMIE Campania. Le agevolazioni previste saranno concesse tra un minimo di 25.000 euro e un massimo di 250.000 euro a copertura del 100% dell’investimento nella forma del contributo in Conto Capitale (tra 40% e 60%) dell’investimento ammesso e Finanziamento a tasso agevolato (tra 60% e 40%). E’ prevista una polizza in forma di fideiussione esterna allo strumento finanziario misto. Lo strumento prescelto è uno strumento misto che prevede la combinazione di un contributo in conto capitale (de-minimis) tra il 40% e il 60% dell’investimento proposto, con un finanziamento a tasso agevolato, che copre la restante parte del 60%-40% del contributo in conto capitale. La garanzia relativa ai rientri del prestito agevolato non rientra nello strumento finanziario ma è richiesta come polizza assicurativa o fideiussoria da parte di soggetti abilitanti (banche, assicurazioni e Confidi).

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Il ricorso allo strumento misto deriva dalla necessità, da un lato, di aumentare la competitività delle PMI, e dall’altro di garantire la redditività stessa dello strumento. L’amministrazione regionale ha inteso programmare lo strumento finanziario misto nell’ottica di incrementare le risorse comunitarie attraverso l’uso dei rientri Jeremie producendo così un’aggiuntività, ulteriore rispetto a quella garantita dal cofinanziamento nazionale e regionale, nell’ambito dello strumento, e quindi un effetto leva rispetto al contributo comunitario. Nella tabella n. 22 sono stimati, in base agli scenari ipotizzati, i valori dell’effetto leva.

8.4 Altri strumenti attivabili

8.4.1 Interventi per lo Sviluppo Imprenditoriale in Aree di Degrado Urbano

La Città di Napoli gestisce, ai sensi del Decreto del Ministro delle attività produttive 14 settembre 2004, n. 26, la concessione delle agevolazioni a favore degli investimenti promossi dalle piccole imprese e delle micro-imprese artigiane, industriali, commerciali, di servizi e sociali, aventi unità locale nelle Municipalità/Quartieri oggetto delle agevolazioni. Fra i quartieri interessati vi sono aree che ricadono nella ZES - Napoli EST - per le quali è possibile, di concerto con l’Amministrazione Comunale e a seguito di accordi, individuare premialità e/o settori privilegiati. I Settori ammissibili sono: commercio al dettaglio di vicinato; artigianato; somministrazione di alimenti e bevande; strutture turistico-ricettive; servizi al cittadino e alle imprese in genere. Le spese agevolabili sono: servizi reali: (fino al 10% dell’investimento); macchinari, attrezzature ed attività immateriali; opere murarie assimilate fino al 30% dell’investimento. Si prevedono investimenti fino a € 100.000.00, con un contributo massimo di € 65.000, di cui metà a fondo perduto e metà da restituire a tasso agevolato. Per le imprese non costituite o da costituire, è anche previsto un contributo fino a € 15.000 per le spese di gestione.

8.4.2 Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese

L’Unione europea e lo Stato Italiano affiancano le imprese e i professionisti che hanno difficoltà ad accedere al credito bancario perché non dispongono di sufficienti garanzie. La garanzia pubblica, in pratica, sostituisce le costose garanzie normalmente richieste per ottenere un finanziamento. Il Fondo di garanzia per le PMI persegue la finalità di favorire l’accesso alle fonti

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finanziarie delle piccole e medie imprese mediante la concessione di una garanzia pubblica che si affianca e spesso si sostituisce alle garanzie reali portate dalle imprese. Il Fondo è gestito per conto del Ministero dello Sviluppo Economico dal Raggruppamento temporaneo di imprese costituito dalla mandataria Banca del Mezzogiorno MedioCredito Centrale e dalle mandanti Artigiancassa S.p.A., MPS Capital Services Banca per le Imprese S.p.A., Mediocredito Italiano S.p.A. e Nexi S.p.A. La garanzia concessa dal Fondo è una agevolazione finanziata anche con le risorse europee dei Programmi operativi nazionali e regionali. La garanzia del Fondo può essere attivata solo a fronte di finanziamenti concessi da banche, società di leasing e altri intermediari finanziari a favore di imprese e professionisti. Il Fondo non interviene direttamente nel rapporto tra banca e cliente. Tassi di interesse, condizioni di rimborso ecc., sono lasciati alla contrattazione tra le parti. Ma sulla parte garantita dal Fondo non possono essere acquisite garanzie reali, assicurative o bancarie. Possono essere garantite le imprese di micro, piccole o medie dimensioni (PMI) iscritte al Registro delle Imprese e i professionisti iscritti agli ordini professionali o aderenti ad associazioni professionali iscritte all’apposito elenco del Ministero dello Sviluppo Economico. L’impresa richiedente la garanzia del Fondo è sottoposta a valutazione sul grado di rimborsabilità del finanziamento garantito. Deve perciò essere considerata economicamente e finanziariamente sana, sulla base di appositi modelli di valutazione che utilizzano i dati di bilancio (o delle dichiarazioni fiscali) degli ultimi due esercizi. Le start up sono invece valutate sulla base di piani previsionali. L’intervento è concesso, fino ad un massimo dell’80% del finanziamento richiesto alla banca, su tutti i tipi di operazioni sia a breve sia a medio-lungo termine, tanto per liquidità che per investimenti. Il Fondo garantisce a ciascuna impresa o professionista un importo massimo di 2,5 milioni di euro, un plafond che può essere utilizzato attraverso una o più operazioni, fino a concorrenza del tetto stabilito, senza un limite al numero di operazioni effettuabili. Il limite si riferisce all’importo garantito, mentre per il finanziamento nel suo complesso non è previsto un tetto massimo.

Strumenti finanziari alternativi

Al fine di potenziare la capacità di investimento delle imprese operanti anche nell’ambito delle ZES, l’Amministrazione Regionale sta valutando la possibilità di finanziare strumenti finanziari alternativi (es. mini bond) all’interno del POR FESR Campania 2014-2020. Si stanno, allo scopo,

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effettuando specifiche verifiche sulla compatibilità di tali strumenti con i contenuti del Programma e con i Regolamenti Comunitari che regolano gli Strumenti di Ingegneria Finanziaria e disciplinano gli Aiuti di Stato e sulle relative modalità attuative. Posto che, ai sensi dell’art. 38 del Reg. (UE) n. 1303/2013, sussistono diverse opzioni per implementare gli Strumenti finanziari, le analisi svolte portano ad individuare l’organismo gestore nell’ambito della fattispecie disciplinata dall’art. 38 (4) (b) iii “organismo di diritto pubblico o privato”. Le esperienze della programmazione 2017/2013 evidenziano come i gestori dei fondi e gli intermediari finanziari prescelti sono tipicamente istituti finanziari esistenti (non sempre banche) o enti controllate dallo Stato/Regione, con esperienze precedenti in ambiti simili (come altri strumenti finanziari, mutui ipotecari, servizi finanziari pubblici, ecc.). La scelta dei gestori di fondi del settore privato è meno perseguita, anche in ragione dei tempi delle procedure, sebbene la procedura del dialogo competitivo può rappresentare una formula adeguata per lo scopo. In tale contesto si innesta la volontà dell’Amministrazione regionale di addivenire ad un accordo con Banca del Mezzogiorno, Cassa di Depositi e Prestiti e Associazione Bancaria Italiana finalizzato a regolare e a favorire il sostegno finanziario alle PMI e alle imprese che opereranno nelle ZES. Banca del Mezzogiorno MedioCredito Centrale, oggi di proprietà al 100% dell’Agenzia Nazionale per gli invetsimenti, rappresenta una realtà bancaria di assoluto prestigio per il Credito alle imprese finanziando importanti realtà del tessuto industriale italiano e contribuendo allo sviluppo del Mezzogiorno. Essa è impegnata principalmente nella gestione di due fondi del Ministero dello Sviluppo Economico, ovvero del Fondo Centrale di Garanzia, attraverso il quale viene favorito l’accesso al credito delle PMI, e del Fondo Crescita Sostenibile, finalizzato a sostenere e promuovere progetti di ricerca e sviluppo. La Banca è leader nella gestione di incentivi alle imprese cofinanziati dai Fondi Strutturali soprattutto nei settori della ricerca e dell’innovazione.

8.4.3 Agevolazioni doganali

Dal punto di vista doganale, i vantaggi per le imprese consistono nella velocizzazione delle procedure e nelle agevolazioni doganali di natura sospensiva riguardanti, ad esempio, i dazi e l’IVA. Nel caso ad esempio di merci importate da Stati extra UE, fino al trasferimento della merce dall’area

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speciale verso un qualsiasi Stato UE (compreso quello nel cui territorio è situata la ZES), il pagamento dei dazi all’importazione, delle tasse e delle misure di politica commerciale è sospeso mediante il vincolo della merce al regime di transito: dal momento dell’immissione in libera pratica in un determinato Paese membro, si applica l’obbligo del pagamento dei dazi, dell’Iva per destinazione (se la merce è introdotta per la prima volta in un Paese UE) e degli altri diritti fino a quel momento sospesi, pur se, come avviene in alcuni Paesi, con l’ulteriore agevolazione del differimento della loro riscossione dopo sei mesi, ad un tasso di interesse annuo ridotto. Il Codice Doganale dell’Unione (Re. UE n. 952/2013 del 9 ottobre 2013) ha fatto venir meno la distinzione tra “zone franche del tipo di controllo I” e “zone franche del tipo di controllo II” e, pertanto, il nuovo assetto regolamentare fa sì che esclusivamente con legge nazionale ciascun Paese membro possa designare come zone franche doganali (eventualmente istituite all’interno di zone economiche speciali) alcune porzioni del territorio doganale dell’Unione Europea, stabilendone la delimitazione geografica e regolamentandone i punti di entrata e uscita. A questo proposito, la Regione propone l’avvio di un tavolo specifico di confronto con il Governo nazionale per verificare concretamente la possibilità di una riforma, a favore delle ZES, di questa normativa.

8.5 Cantieristica e logistica: focus.

Un approfondimento autonomo merita il settore della cantieristica navale, che ha conosciuto una profonda crisi, anche per una pressione fiscale quasi punitiva introdotta nel 2011, e che a partire però dalla seconda metà del 2014 ha segnato, anche per una favorevole congiuntura internazionale, una forte ripresa, tanto che gli operatori affermano che oggi la nautica italiana è più forte di prima. È da segnalare però, che il rapporto tra il settore della nautica e le aree ZES – ed il complessivo sistema di aiuti che esse rappresentano - registra un paradosso: se da un lato, infatti, nelle aree ZES legate alle aree portuali le imprese della filiera trovano naturale collocazione, dall’altro la normativa comunitaria sui regimi di aiuti non appare premiante. Per tale motivo, si ripropone al Governo nazionale di affrontare tale problematica in sede comunitaria per trovare una soluzione per le ZES. L’esigenza di maturare un’analisi per individuare, nell’ambito dell’attuale quadro, un percorso virtuoso capace di sostenere le imprese di tale filiera appare ancora più pressante considerato l’importanza che assume nella nostra regione e che vede la provincia di Napoli fra le prime, a livello nazionale, per unità locali e addetti nella produzione della cantieristica e della nautica. 165

A tal fine, appare opportuno distinguere lungo la filiera i diversi competitors impegnati in maniera diretta e riconducibili a tre macro aggregati: cantieristica; accessori; componenti motori; ai quali si aggiunge l’ampio range di altri operatori, che soprattutto nell’ambito di Impresa 4.0, possono offrire prodotti e servizi ad alto valore aggiunto. Si ritiene, infatti, che Industria 4.0 rappresenti un’opportunità che forse la nautica non ha ancora recepito a sufficienza; le conseguenze sia in termini economici sia produttivi di un utilizzo massivo delle soluzioni offerte sono facilmente intuibili: basti pensare alla stampa in 3D che potrebbe portare alla realizzazione di un’intera imbarcazione, ma anche, in caso di avaria, alla riproduzione, nei porti più remoti del mondo, di piccoli componenti di manutenzione, ovvero, ancora, all’utilizzo a bordo di Internet of things che permetterebbe un controllo in tempo reale di tutti i componenti, migliorando la sicurezza di cose e persone. Inoltre, nel settore dei trasporti marittimi e della logistica in genere, sono già realtà le più ampie applicazioni dei sistemi di RFID. In questo quadro ampio e variegato, guardando al sistema di aiuti vigenti, il contesto relativo al settore delle costruzioni navale non appare favorevole, in quanto l’art. 13 del Reg. 651/2014, come modificato dal Reg. 1084/2017, alla lettera a) esclude espressamente l’applicabilità delle norme in materia di aiuti a finalità regionale di cui all’art. 14 del medesimo regolamento. D’altro lato anche la corretta delimitazione dei confini della cantieristica appare ambigua, in quanto l’unica definizione ricorrente è quella relativa alla disciplina degli aiuti di stato per la costruzione navale (2011/C 364/06), che seppure non più applicabile al punto 2, individuava il campo di applicazione della stessa, ovvero la concessione di aiuti per la “[…] costruzione, la riparazione e la trasformazione di navi, nonché aiuti all’innovazione concessi per la costruzione di strutture galleggianti e mobili in alto mare” ed al successivo punto 12, forniva le definizioni di riferimento2.

2 Il punto 12 della Disciplina, così recita: “Ai fini della presente disciplina, valgono le seguenti definizioni: a) «costruzione navale»: la costruzione, nell’Unione, di navi mercantili a propulsione autonoma; b) «riparazione navale»: la riparazione o la revisione, nell’Unione, di navi mercantili a propulsione autonoma; c) «trasformazione navale», la trasformazione, nell’Unione, di navi mercantili a propulsione autonoma di almeno 1 000 tsl ( 1 ), purché i lavori eseguiti comportino una modifica radicale del piano di carico, dello scafo, del sistema di propulsione o delle infrastrutture per l'accoglienza dei passeggeri; d) per «nave mercantile a propulsione autonoma» si intende una nave che per il suo sistema permanente di propulsione e guida presenta tutte le caratteristiche della navigabilità autonoma in alto mare o per vie navigabili interne e appartiene a una delle seguenti categorie: i) navi marittime di almeno 100 tsl e le navi della navigazione interna di dimensione equivalente adibite al trasporto di passeggeri e/o di merci; ii) navi marittime di almeno 100 tsl e le navi della navigazione interna di dimensione equivalente adibite all'esecuzione di servizi specializzati (per esempio, draghe e rompighiaccio); iii) rimorchiatori con una potenza non inferiore a 365 kW; iv) scafi non ancora terminati delle navi di cui ai punti i), ii) e iii), che siano galleggianti e mobili; 166

Pertanto, nell’ipotesi auspicata di sostenere le imprese direttamente impegnate nel settore della costruzione navale sarà necessario procedere alla notifica dell’aiuto stesso, sulla scorta di quanto agli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2014-2020 (GUUE C 209 del 23/07/2013). Orbene, considerato che il problema appare generalizzato per tutte le ZES nazionali che, come da dettato normativo, dovranno comprendere almeno un'area portuale, è auspicabile individuare a livello del Governo italiano, anche attraverso la notifica di un aiuto nazionale, un iter che possa portare alla definizione positiva di tale possibilità. Una considerazione merita anche il comparto della logistica e dei trasporti, altrettanto caratterizzante le aree e gli interporti interessati dalla ZES, per i quali si registra uno spazio di intervento più chiaramente definito in questo modo: 1. interventi promossi da imprese riconducibili al settore della logistica, nella misura in cui con tale locuzione ci si riferisca ad imprese la cui attività è riconducibile a codici ATECO diversi da quelli individuati all’art. 2 punto 45 del Reg. 651/20143. A queste imprese sarebbe applicabile l’art. 14 del medesimo regolamento e quindi, potrebbero beneficiare di aiuti e dello stesso credito di imposta ampliato, previsto dalla norma in materia di investimenti nella ZES; 2. per quanto al settore dei trasporti, così come lo stesso è definito all’art. 2 punto 45 del Reg. 651/2014, il settore è escluso dal campo di applicazione dell’art. 14 del medesimo regolamento, di conseguenza le imprese operanti in quei settori non sono ammissibili ai benefici delle norme in materia di ZES. In tal caso, andrebbero individuate caso per caso le specifiche norme di riferimento applicabili alla fattispecie e, in assenza di esenzioni dall’obbligo di notifica, procedere con la notifica ex art. 108 par. 3 TFUE. e) «strutture galleggianti e mobili in alto mare»: strutture per l’esplorazione, lo sfruttamento e la produzione di petrolio, gas o energia rinnovabile che presentano le caratteristiche di una nave mercantile, tranne la propulsione autonoma, e sono destinate a essere spostate più volte nel corso del loro ciclo di funzionamento. 3 A titolo di esempio si pensi a tutte le attività riconducibili al codice 52 della classificazione ATECO, ovvero: 52 MAGAZZINAGGIO E ATTIVITÀ DI SUPPORTO AI TRASPORTI 52.10.10 Magazzini di custodia e deposito per conto terzi 52.10.20 Magazzini frigoriferi per conto terzi 52.21.10 Gestione di infrastrutture ferroviarie 52.21.20 Gestione di strade, ponti, gallerie 52.21.30 Gestione di stazioni per autobus 52.21.40 Gestione di centri di movimentazione merci (interporti) 52.21.50 Gestione di parcheggi e autorimesse 52.21.60 Attività di traino e soccorso stradale 52.21.90 Altre attività connesse ai trasporti terrestri nca 52.22.01 Liquefazione e rigassificazione di gas a scopo di trasporto marittimo e per vie d'acqua effettuata al di fuori del sito di estrazione 52.22.09 Altre attività dei servizi connessi al trasporto marittimo e per vie d'acqua 52.23.00 Attività dei servizi connessi al trasporto aereo 52.24.10 Movimento merci relativo a trasporti aerei 52.24.20 Movimento merci relativo a trasporti marittimi e fluviali 52.24.30 Movimento merci relativo a trasporti ferroviari 52.24.40 Movimento merci relativo ad altri trasporti terrestri 52.29.10 Spedizionieri e agenzie di operazioni doganali 52.29.21 Intermediari dei trasporti 52.29.22 Servizi logistici relativi alla distribuzione delle merci 167

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9 – Analisi dell’impatto sociale ed economico atteso dalla istituzione della ZES 9.1 Benefici e aree di impatto Le Zone Economiche Speciali (ZES) sono uno strumento di sviluppo e di politica industriale adottato da molti Paesi (cfr. Tab. 9.1): nel mondo si contano 3500 ZES. Molti studi recenti dimostrano che il benessere sociale complessivo può essere migliorato attraverso le ZES (Jenkins et al., 1998; Miyagiwa, 1986; Alder et al., 2013; Wang, 2013). Ricerche empiriche evidenziano in via ex-post che le ZES hanno attratto investimenti diretti esteri (IDE), hanno generato posti di lavoro, incrementato esportazioni, ed hanno dimostrato un effetto costi- benefici positivo (Chen, 1993; Warr, 1989; Jayanthakumaran, 2003; Monge-Gonzalez et al., 2005; Zeng, 2010; Fuller e Romer, 2012). Inoltre, le ZES possono dare vita ad esternalità e processi di apprendimento per le imprese locali. Spillovers positivi possono presentarsi sotto forma di maggiore produttività economica, nuova tecnologia disponibile, benefici sociali per la popolazione locale (Ge, 1990; FIAS, 2008; Wang, 2013). La letteratura specializzata (Zheng, 2016) conferma che, se implementate con successo, le SEZ possono concorrere a generare due tipologie principali di benefici sociali ed economici (ved. Tab. 9.2), che ne giustificano la crescita di popolarità in diversi contesti economici, più avanzati e in via di sviluppo: a. benefici economici "diretti", come la generazione di occupazione, la crescita delle esportazioni, le entrate governative, guadagni in valuta estera; b. benefici economici "indiretti", come l'aggiornamento delle competenze, il trasferimento tecnologico e l'innovazione, la diversificazione economica e il miglioramento della produttività delle imprese locali. Da questa sintesi si evince che, tra le altre, sono probabilmente 3 le principali aree economiche che possono beneficiare delle ZES. Di seguito, si forniscono alcuni elementi di dettaglio per ognuna delle aree individuate. a) Le esportazioni Le ZES per poter esprimere al meglio il loro potenziale di sviluppo sulle esportazioni devono operare in contesti di libero scambio. In questo senso l’UE rappresenta un contesto favorevole per le ZES, che si insediano nei Paesi membri. In particolare, alcune analisi (Johansson e Nilsson 1997) dimostrano che i Paesi che non riescono ad eliminare le restrizioni commerciali e non adottano strategie orientate all'esportazione hanno meno probabilità di sperimentare un impatto positivo sugli scambi internazionali. A titolo di esempio, le ZES istituite in Repubblica Dominicana hanno

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contribuito ad aumentare l'occupazione ed i livelli di produttività; tuttavia, il Paese ha mantenuto una serie di barriere commerciali, che hanno limitato l'impatto sulle esportazioni delle ZES (Rhee et al., 1990). La conferma dell’impatto favorevole sulle esportazioni deriva da studi della Banca Mondiale, che confermano che le ZES, una volta a regime, comportano un aumento medio delle esportazioni nella misura del 40% (SRM, 2017). Nell'Asia meridionale, area molto importante come insediamento di ZES, Aggarwal (2005) e Aggarwal et al. (2008) dimostrano un impatto positivo sulla diversificazione delle esportazioni. In sintesi, le ZES sono associate in senso positivo con espansione e diversificazione delle esportazioni, a patto di operare in contesti dai ridotti vincoli commerciali.

b) La valorizzazione industriale ed il trasferimento tecnologico L’altra importante area di impatto è data dalla valorizzazione delle industrie del territorio. Alcune analisi evidenziano un effetto favorevole sulla riqualificazione industriale e sul trasferimento della tecnologia, con ricadute positive anche in termini di incremento dei livelli di forza lavoro qualificata. Ad esempio, prendendo a riferimento le ZES insediate in Messico, alcuni studi (Sadni- Jallab e Blanco de Armas, 2002) evidenziano come la quota di manodopera qualificata in Messico è aumentata dal 6,6% al 7,2% in 10 anni. Ulteriori analisi confermano che le ZES hanno svolto un ruolo importante nell'aggiornamento industriale e nel trasferimento di tecnologia. In particolare in Asia, in Paesi come Corea del Sud, Taiwan (Cina), Malesia e Filippine, alcune analisi (Lall, 2000) rilevano che sono stati conseguiti significativi miglioramenti industriali nel settore dell'elettronica. Allo stesso tempo, la “Economic zone Authority” delle Filippine ha dichiarato un notevole aumento dei livelli di competenze nelle eco-zone (FIAS, 2008). In sintesi, dalle ZES si attende una ricaduta positiva in termini di valorizzazione industriale e del capitale umano impiegato.

c. Il mercato del lavoro Insieme all’export, l’area che forse più di ogni altra si presenta come elettiva in termini di impatto delle ZES è quella del mercato del lavoro, con particolare riguardo al tema dell’occupazione. Ciò viene confermato passando in primo luogo in rassegna alcune delle esperienze di ZES già insediate in altri contesti.

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Ad esempio, le oltre 7.000 aziende della zona franca di Jebel Ali a Dubai impiegano attualmente 170.000 persone (circa 25 addetti per azienda), ovvero il 13% della forza lavoro di Dubai. Otto ZES in Bangladesh hanno attratto 412 imprese che hanno effettuato investimenti per 2,6 miliardi di dollari (6,3 milioni di dollari per azienda) e hanno impiegato 350.000 persone (IFC, 2016). Nella Repubblica Dominicana, l'occupazione nelle zone industriali è passata da 500 nel 1970 a quasi 200.000 nel 2007 (circa 5.250 addetti per anno, con un tasso di crescita pari a +400%). In Madagascar, un progetto della Banca Mondiale da 165 milioni di dollari ha contribuito ad aumentare di dieci volte (10x) il numero di imprese, incrementando di quasi un 1/7 il numero di posti di lavoro nei poli di Fort Dauphin e Nosy Be. In sintesi, le ZES sono associate in senso positivo ad un aumento dell’occupazione. Pertanto, facendo riferimento ad un approccio valutativo multilivello, che comprende le esperienze precedenti, la dimensione economico-industriale della ZES della Campania e le stime parametriche dei benefici incrementali, le sezioni successive sono dedicate a queste tre principali direttrici di analisi dell’impatto sociale ed economico (vedi fig. 9.1).

9.2 Alcune esperienze internazionali come strumento di valutazione dell’impatto economico sociale delle ZES Al fine di approfondire l’impatto sociale ed economico delle ZES di seguito si offre una panoramica di alcune iniziative particolarmente importanti, per dimensione e/o per coerenza con quanto la Campania intende attuare. Si tratta di una valutazione di tipo indiretto che concorre a formare un quadro degli effetti attesi.

Le ZES in Cina In uno studio condotto su 321 “prefecture-level municipalities” cinesi, alcune analisi precedenti (Wang, 2013) confrontano le differenze tra i Comuni che hanno creato una ZES da diversi anni con quelli che le hanno istituite solo di recente. L’autore riscontra che le ZES hanno un’associazione positiva con l’incremento degli Investimenti Diretti Esteri (IDE). Inoltre, le ZES favoriscono la creazione di cluster industriali, generando anche aumenti salariali per i lavoratori. Gli effetti sono eterogenei: per le zone create più di recente i benefici sono minori rispetto alle zone

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create in fasi precedenti. Ciò conferma che le ZES richiedono un tempo medio/lungo di andata a regime. In tal senso, avere previsto per la ZES in Campania un arco di 7 anni sembra ragionevole. In particolare, dai modelli di analisi si evince che gli IDE pro capite aumentano in media del 6% nell'anno in cui il programma ZES è attuato, con un aumento fino al 75% sei anni dopo. Risultati simili sono riscontrabili con riferimento ad altre variabili, come la total factor productivity (TFP) e la crescita dimensionale delle attività insediate. In sintesi, i risultati confermano gli effetti positivi derivanti dalla implementazione di Zone Economiche Speciali (+IDE; +Cluster Industriali; +Salari), ma essi richiedono diversi anni per manifestarsi pienamente.

Le ZES in Polonia Nel 1994, la Polonia ha intrapreso un programma per lo sviluppo di ZES. Mentre in Cina le ZES hanno rafforzato il processo di agglomerazione economica, l'obiettivo della Polonia, al contrario, è quello di sostenere i livelli d'occupazione nelle zone semi-urbane e rurali al di fuori dei centri urbani principali di Danzica - Poznan - Varsavia. Recenti studi (Camilla Jensen, 2017), facendo riferimento al modello Difference in Difference (modello di analisi panel che usa un gruppo di controllo e un gruppo oggetto di trattamento o principale), valuta se l’implementazione di ZES è riuscita a sostenere l'occupazione nei Comuni che presentavano una maggiore probabilità di essere influenzati negativamente dalla transizione economica che ha caratterizzato il Paese. Questo studio analizza gli effetti del programma ZES considerando tre periodi. Un primo periodo definito “fase pilota”, dal 1995 al 1999, un secondo e terzo periodo definiti come “fasi di lancio e consolidamento”, dal 1999 al 2014. Lo studio evidenzia come un primo cambio di tendenza si genera nel corso della fase di lancio del programma. Tuttavia, i maggiori risultati desiderati in termini di occupazione sono raggiunti solo nella fase di consolidamento. Quest’ultima è stata incentivata anche dal sostegno della politica regionale dell'UE. In sintesi, i risultati di un’analisi con e senza (Difference in Difference) confermano un impatto occupazionale positivo delle ZES, ancora una volta con tempi medio/lunghi.

Il caso del porto di Tanger Med in Marocco Il porto di Tanger Med è tra i maggiori hub del Mediterraneo per movimentazione container e mezzi navali transitati ed è dotato, nella zona retroportuale, di una Free Zone strutturata. Situato

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a circa 40 km dalla città di Tangeri, è il più grande porto del Marocco. Nonostante sia uno scalo “giovane”, dal 2007 al 2016 ha aumentato la movimentazione di container di 20 volte arrivando a circa 3 milioni di Teus. L’insediamento industriale che ha guidato lo sviluppo della ZES di Tanger MED è l’automotive, attraverso l’investimento di Renault. In particolare, si producono modelli di Dacia venduti in Marocco o esportati principalmente in Europa, Africa e nell’area Mena. Il 10 luglio 2017, il sito produttivo ha celebrato la milionesima vettura prodotta in cinque anni. Oggi, lo stabilimento presenta capacità di produzione di 340.000 macchine. Il caso si caratterizza per essere un sistema di aree di seguito elencate. - Tanger Automotive City (TAC): é la parte della Zona dedicata al settore automotive, che ruota intorno all’investimento effettuato dalla Renault-Nissan. Si esplicita in 300 ettari, dove sono allocate oltre 40 imprese del settore della componentistica per auto. - Tanger Free Zone: si tratta di un area di 400 ettari, vicina all’aeroporto di Tangeri, dove sono ubicate imprese che si occupano dei settori automotive, aeronautico e tessile. - Tetouan Park: è un Parco Industriale e Logistico sviluppato su un’area di 150 ettari ancora in fase di evoluzione. Si pone l’obiettivo di fornire servizi logistici e distributivi a valore aggiunto, cioè con annesse lavorazioni industriali (che sarebbero effettuate da piccole industrie di manifattura leggera) per le imprese della Free Zone. A regime, il Parco dovrebbe creare 5.000 posti di lavoro; l’investimento iniziale per la predisposizione dell’area è stato di 15 milioni di euro, ma il piano complessivo di risorse impiegate raggiungerà a regime 45 milioni. - Tetouan Shore: area dedicata ai servizi di business (banche e assicurazioni) ed ai servizi in outsourcing (esempio: call center o gestione di piattaforme tecnologiche). Il Tetouan Shore è una piattaforma integrata con 22.000 mq di uffici e servizi coperti. Il fulcro della ZES è la dotazione di una Free Zone che ospita complessivamente circa 600 imprese di tutti i settori produttivi che realizzano un totale export di oltre 4 miliardi di euro. Essa è impropriamente definita Free Zone, in quanto si tratta in realtà di sei zone, ognuna con una vocazione diversa e concepite sempre per avere una perfetta integrazione con lo scalo portuale. In sintesi, la sinergia tra area portuale ed industria è un driver di sviluppo strategico in termini di successo e di impatto socio-economico favorevole delle ZES. Riepilogando, dalle esperienze e dagli studi precedenti sulle ZES è possibile ricavare i seguenti principali fattori di impatto sociale ed economico:

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 aumento degli investimenti diretti esteri;  valorizzazione di cluster industriali;  miglioramento delle condizioni economiche del mercato del lavoro;  promozione del trasferimento tecnologico e qualificazione del capitale umano;  impatto positivo sull’occupazione;  aumento dell’export;  sinergia con i sistemi portuali e di logistica integrata.

9.3 Premesse strategiche per l’impatto economico-sociale della ZES in Campania Le prospettive economiche collegate alla ZES possono concorrere a rafforzare i trend positivi già indicati a livello di contesto regionale. Al riguardo, l’impatto atteso dalla ZES non può prescindere dalla valutazione di alcune prospettive strategiche, già in parte enunciate nella sezione dedicata alla relazione illustrativa del Piano di Sviluppo Strategico. Dalle analisi che precedono, si rileva come l’attrazione di nuove imprese rappresenti un importante vettore d’impatto economico positivo, in termini di miglioramento dei livelli di produzione di ricchezza, di reddito e di occupazione sull’economia locale. Tale impatto dipende dalle capacità del territorio di destinazione di offrire un ambiente favorevole, sul piano infrastrutturale e tecnologico e del sistema politico-istituzionale di modellare un contesto accogliente e di offrire pacchetti localizzativi attraenti per gli investitori. La valorizzazione dell’industria di trasformazione, basata sulle vocazioni dei territori, unita all’attrazione di industrie dall’estero, possono dare vita ad ulteriori fenomeni di “fertilizzazione industriale”, con riflessi positivi sulla nascita di nuove imprese e sullo sviluppo di relazioni di complementarietà con le aziende esistenti. Nell’ottica economico- industriale, tale approccio è a sua volta collegato allo sviluppo di Catene Globali del Valore (CGV). In tal senso, la sinergia infrastrutturale con i porti e le piattaforme logistiche rappresenta un requisito essenziale per coniugare industrie e servizi, aumentando così il volano di crescita associabile alla ZES. Questa nuova area può concorrere a mitigare alcuni gap territoriali che, se colmati, possono liberare risorse per la crescita economica. Ad esempio, la Regione Campania ha storicamente dimostrato una bassa capacità di attrazione d’imprese. Al 2016, la Campania ha attirato imprese a partecipazione estera in misura pari al 5,87% sul totale di tali tipologie di imprese attive in Italia, e al 23,4% relativamente alla loro presenza nel Mezzogiorno. In termini di addetti, tale presenza registra appena l’1,29% di occupati in rapporto al totale degli addetti in imprese a partecipazione

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estera presenti in Italia (15mila addetti in Campania contro 1,2 milioni di addetti a livello nazionale), anche se con una presenza più significativa se paragonata alle altre regioni meridionali. In secondo luogo, e questo è un dato positivo, la Regione Campania, con la presenza di sette Università, potrà unire alla struttura delle agevolazioni previste dalla ZES, anche un ambiente favorevole al trasferimento tecnologico. Con ciò contribuendo a valorizzare uno dei driver fondamentali di sviluppo che, come abbiamo visto, sono associabili alle ZES. In terzo luogo, la Campania può beneficiare della sua posizione geografica verso il Mediterraneo e della crescita di efficienza e di efficacia che può essere associata all’impianto delle ZES con riferimento al sistema portuale. La presenza di aree portuali in grado di favorire gli scambi internazionali e l’integrazione logistica (vedi gli interporti), possono essere un fattore sia di impatto che di ulteriore sviluppo legato alla ZES. In quarto luogo, l’altro fattore di impatto economico funzionale dell’area ZES deriva dalle imprese presenti nelle aree individuate (Flumeri, Sarno, Castellammare di Stabia, Nocera Inferiore, Marcianise, Acerra, Pomigliano, Nola, Napoli, Salerno, Battipaglia), oltre naturalmente ai porti e alle aree retro-portuali di Napoli, Castellammare e Salerno. Tali aree, con le loro vocazioni industriali e la capacità di servizio logistico, rappresentano un fattore critico per il successo della ZES. Pur avendo subito gli effetti della crisi, le aree individuate contengono al loro interno le principali concentrazioni di imprese e sistemi locali produttivi della regione Campania, quali l’automotive; l’aerospazio; l’agro- alimentare; l’abbigliamento, la chimica e la farmaceutica. Tali sistemi produttivi, a loro volta collegati attraverso un sistema infrastrutturale con le aree portuali, possono incrementare il livello di presenza nei mercati internazionali, utilizzando ulteriormente le vie del mare. Relativamente a queste ultime, i dati più recenti sul terminalismo evidenziano, nei primi 10 mesi del 2017, che il porto di Napoli ha fatto registrare un tasso di crescita del traffico container pari al +7,5%, mentre il porto di Salerno va a doppia cifra con il +15,22%. Si tratta, quindi, di segnali che delineano uno scenario favorevole per la portualità come sistema infrastrutturale essenziale per l’esportazione, che potrà ulteriormente svilupparsi grazie all’insediamento della ZES. Infatti, la dotazione di infrastrutture portuali ulteriormente potenziate potrà contribuire alla crescita dei sistemi produttivi locali, contribuendo allo spostamento del baricentro del loro mercato di destinazione, dal locale al globale. Per realizzare questa prospettiva strategica, l’istituzione della ZES va letta in modo integrato con il PON “Infrastrutture e reti” 2014-2020, così come un ulteriore fattore critico saranno i Corridoi europei, tesi a rafforzare i collegamenti con il Nord e l’Est dell’Europa, ed il Piano Nazionale Strategico della Portualità e della Logistica. Se tali interventi, prevalentemente di logistica e

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infrastrutturali, saranno integrati e coordinati con le politiche industriali ed il sistema di incentivi annessi alla ZES, quest’ultima potrà concorrere in tutta la sua potenzialità allo sviluppo regionale in termini di assoluto successo.

9.4 La valutazione di impatto economico della ZES in Campania Sulla base delle considerazioni precedenti e di ulteriori elementi di analisi, di seguito si propongono alcune stime di impatto potenziale della ZES sull’economia in Campania. La chiave di lettura deve essere integrata, trattandosi di più traiettorie, tra le varie possibili che i percorsi di sviluppo legati alla ZES possono intraprendere. Il processo di valutazione si basa su un percorso per gradi e diverse aree di impatto. In particolare, le analisi non possono prescindere dai fattori e dai settori che la ZES intende promuovere e valorizzare e che presentano un nesso funzionale ed economico con il sistema della portualità commerciale in Campania che fa capo al Porto di Napoli e di Salerno, oltre che Castellammare di Stabia. Pertanto, rinviando alla sezione dedicata ai settori i maggiori dettagli sull’analisi industriale, le valutazioni tese ad una prima quantificazione di impatto tengono conto dei seguenti passaggi principali: a) individuazione delle aree in cui si articola la ZES; b) caratterizzazione settoriale delle aree individuate; c) peso economico dei settori e legame funzionale con il sistema portuale; d) impatto dei settori sull’export marittimo; e) impatto su nuovi investimenti, occupazione e valore aggiunto4. Date le diverse aree di impatto, considerando la complessità della valutazione, si è inteso fare ricorso a più metodi che tengono conto: (a) dello status-quo generato dalle aree e dai settori coinvolti; (b) dei potenziali effetti incrementali dovuti alla ZES. Le aree extra-portuali e i settori coinvolti Le aree extra-portuali individuate per la ZES sono: 1) Flumeri

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Questo approccio metodologico consente di considerare gli effetti di primo livello della creazione della ZES (ovvero la scala di attività delle imprese situate nel territorio della ZES), mentre non analizza gli effetti indotti (cioè l'impatto delle imprese situate nel territorio della ZES sui risultati economici delle imprese al di fuori della ZES) osservabili in alcuni casi studio. Questa scomposizione non nega però l’esistenza di effetti di crowding-in / crowding-out e spillover relativamente al funzionamento della ZES. 176

2) Manocalzati 3) Frigento 4) Montefredane 5) Pratola Serra 6) Lacedonia 7) Sarno 8) C. Mare Stabia 9) Nocera Inferiore 10) Marcianise 11) Acerra 12) Marigliano 13) Nola 14) Napoli (est e Bagnoli) 15) Casoria 16) Arzano 17) Frattamaggiore 18) Torre Annunziata 19) Caivano 20) Pomigliano 21) Battipaglia. 22) Fisciano 23) 24) Salerno 25) Benevento 26) Maddaloni 27) 28) Bellizzi 29) S. Marco Evamgelista 30) Teverola 31) Gricignano di Aversa 32) Carinaro 33) Carinaro

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Attraverso la consultazione di più fonti (Svimez; Delibera 720/16 e 590/17 della Regione Campania; SRM), sono state raccordate le aree che compongono la ZES ai settori produttivi distintivi. Tale raccordo è sintetizzato nella successiva tabella 9.3. I settori coinvolti occupano oltre 99.000 addetti (Istat 2015; SRM), pari al 33% del totale manifatturiero in Campania, e contano oltre 16.000 aziende, pari al 31% del totale manifatturiero su base regionale. Il secondo passaggio è rappresentato dalla stima del peso economico che i settori individuati hanno in relazione al nesso funzionale con il sistema portuale in Campania (fondamentalmente Napoli e Salerno). Dai dati disponibili si evince che i settori di interesse delle aree componenti la ZES esprimono un volume di export marittimo in valore pari a 3,5 miliardi di euro (93% del totale dell’export marittimo, manifatturiero e non, della Regione Campania). Ciò conferma il valore strategico dei settori individuati in ragione del legame economico, oltre che funzionale, con l’area ed il sistema portuale in ambito ZES (vedi Tab. 9.4). Da rilevare, poi, che, se come passaggio successivo si focalizza l’analisi sui settori che convenzionalmente fanno capo a quelle che secondo le stesse politiche industriali regionali vengono identificate con le 4A (Aerospazio; Automotive; Alimentare; Abbigliamento), il peso economico sull’export marittimo vale circa 2,3 miliardi di euro (pari al 66% del totale dell’export marittimo manifatturiero della Campania). Quindi, l’individuazione delle aree mostra una sostanziale coerenza sotto due direttrici principali: 1. le politiche industriali intraprese dalla Regione Campania; 2. il nesso economico-funzionale con le aree portuali (vedi Tab. 9.5). Nel complesso, quindi la dimensione economica dei settori di interesse ZES è così stimabile5: 1. aziende: > 16.000 2. addetti: > 99.000 3. export marittimo: > 3,5 miliardi di euro. In termini incrementali, l’analisi di impatto si focalizza su più aree di valutazione.

5

Si precisa che il numero di aziende considerate appartengono ai settori di interesse ZES, ma possono ricadere attualmente anche in aree geografiche non ZES. Il riferimento agli addetti riguarda gli occupati in aziende operanti in Campania in settori di interesse ZES. 178

Impatto sull’export portuale Tra le regioni meridionali, la Campania fa registrare una progressiva crescita dell’export con picchi nel settore farmaceutico ed agroalimentare. Nel 2016, la Campania ha contribuito all'export nazionale per un + 2,9% sul 2015 (Istat, 2016). Un peso determinante nell’ambito delle esportazioni campane è assunto dall’export via mare, il quale assume un’incidenza del 54% di tutte le merci del territorio dirette all’estero mediante mezzi navali. La vocazione all’export via mare ed il trend crescente delle esportazioni campane può essere valorizzato dall’istituzione della ZES. Al riguardo, facendo riferimento ad altri modelli di analisi, si rileva che secondo le stime elaborate dalla Banca Mondiale, una volta a regime, una ZES può fare registrare un effetto incrementale sull’export di un territorio nella misura del +40%. Volendo applicare tale stima alla Campania, l’effetto atteso a regime potrebbe essere quantificato in un incremento di 1,5 miliardi di euro su base 2016, portando così il valore del traffico export marittimo riferito ai “settori ZES”, da 3,5 miliardi a 4,9 miliardi di euro (3,5 x 1,4 = 4,9).

Impatto sui nuovi investimenti, l’occupazione ed il valore aggiunto Come abbiamo visto nelle analisi precedenti, l’occupazione ed i nuovi investimenti rappresentano uno degli aspetti su cui l’istituzione di una ZES può impattare maggiormente. Al riguardo, il dato di impatto economico è relativo all’effetto degli incentivi (fiscali/amministrativi/contributivi) previsti per la ZES. Si precisa che quanto di seguito rappresentato si riferisce sia ad investimenti attivabili da parte di nuove imprese o di imprese di nuovo insediamento eventualmente beneficiarie delle misure attivabili in ambito ZES, sia ad investimenti di sviluppo da parte di aziende già esistenti. Inoltre, data la natura di alcune misure di seguito descritte, le stime sull’occupazione si riferiscono sia ai nuovi addetti potenziali che alla occupazione salvaguardata o stabilizzata. Limitando l’analisi al sostegno pubblico per nuovi investimenti, oltre al credito d’imposta ex L. 208/2015 e ex L. 18/2017, la logica di intervento a sostegno delle iniziative in ambito ZES può rifarsi ai seguenti strumenti: - Contratto di programma regionale (stanziamento 260 €/mln, rapporto medio agevolazione/investimento, in funzione della dimensione aziendale, 50%); - Contratto di sviluppo, D.L. 112/08 (stanziamento 635 €/mln, rapporto medio agevolazione/investimento, in funzione della dimensione aziendale, 50%);

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- Rilancio aree di crisi industriale, L. 181/89 (stanziamento 135,6 €/mln, rapporto medio agevolazione/investimento, in funzione della dimensione aziendale, 50%); - Riduzione degli oneri derivanti dal pagamento IRAP, FSC 2014-20 (stanziamento 10 €/mln) e riduzione oneri IRAP per start-up (1 €/mln); - Strumenti POR Fesr Campania 2014-20 (stanziamento 65 €/mln); - Decontribuzione (stanziamento circa 20 €/mln); - Efficienza energetica (stanziamento 11 €/mln). Relativamente al credito d’imposta per gli investimenti, considerando gli anni 2018-2019, le risorse totali teoricamente stanziate ammontano ad euro 1.234 milioni. Di questi, nella stima d’impatto ai fini ZES, si assume la percentuale di assorbimento espressa dalla Regione Campania pari al 40%, con un rapporto tra investimento/agevolazione pari a 2,6. A questa misura si somma un ulteriore credito d’imposta specifico per investimenti ZES in ambito Italia (stanziamento 206 €/mln). Pertanto, l’insieme delle misure applicabili in ambito ZES esprime una potenziale di risorse a sostegno dei programmi di sviluppo aziendale pari a circa 2,578 €/mld, da utilizzare da parte delle imprese nel rispetto dei limiti imposti dai regimi di aiuto europei. Trattandosi di misure che possono riguardare anche aree e settori extra ZES, la valutazione delle ulteriori ricadute economiche tiene conto di un parametro di stima prudenziale rappresentato dall’incidenza dei settori di interesse della ZES in ambito regionale sul totale dei settori del comparto manifatturiero (la stima è pari al 30% sulla base delle imprese facenti capo ai settori rilevanti per la ZES). Considerando il credito d’imposta per gli investimenti, le risorse potenzialmente attratte dalla ZES vengono stimate in 148 €/mln [(40% x 1.234) x 30%] che, in base al rapporto di 2,6 per ogni euro di agevolazione, esprime un potenziale di investimento attivabile pari a 385 €/mln. A questo si aggiunge l’ulteriore effetto atteso dal credito d’imposta specifico in ambito ZES e pari a 214 €/mln [(40% x 206x100%)x2,6] Gli ulteriori strumenti di agevolazione (Contratto di Programma Regionale; Contratto di Sviluppo; Rilancio delle Aree di Crisi) esprimono un potenziale di intervento pari a 309,18 €/mln (30% x 1.030,6), che, considerando un rapporto medio agevolazione/investimento pari al 50%, corrisponde ad investimenti potenzialmente attivabili pari a 618 €/mln. Inoltre, la misura legata all’agevolazione ai fini IRAP, potrebbe generare un intervento pari a 3,0 €/mln (30% x 10), che con un rapporto medio tra agevolazione/investimento pari al 50%, che porterebbe ad investimenti attivabili per 6,0 €/mln. A questo si aggiunge la misura agevolazione

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IRAP start-up che potrà generare un intervento pari a 0,300 €/mln, con impatto atteso in termini di investimento pari a 0,600 €/mln, con un rapporto medio agevolazione/investimento pari al 50%. Infine, si considerano gli effetti delle misure relative agli strumenti POR FESR Campania 2014- 2020 (19,5 €/mln = 65 €/mln x 30%), Efficienza energetica (3,45 €/mln = 11,5 €/mln x 30%), Decontribuzione (6 €/mln = 20 €/mln x 30%), Agevolazione Start UP (0,3 €/mln = 1 €/mln x 30%) per un totale di 28,92 €/mln, che, assumendo un rapporto medio agevolazione/investimento pari al 50%, ed un reinvestimento di risorse pari al 50% delle economie generate dalla decontribuzione, potrebbero attivare investimenti complessivi pari a circa 54 €/mln. Pertanto, il totale degli investimenti attivabili in ambito ZES viene stimato pari a 1,277 €/mld. (pari a circa 2x le risorse delle misure di intervento potenzialmente attratte a livello di aziende impegnate in settori di interesse della ZES)6. Tra le ricadute degli investimenti potenzialmente attivabili vi è l’impatto sull’occupazione in termini di nuovi addetti e/o di salvaguardia/stabilizzazione dell’occupazione attuale. La stima di tale ricaduta non è semplice, essendo molteplici le variabili sistemiche che possono impattare su tale dato. Tuttavia, nel voler tentare una stima di massima ci si è rifatti prudenzialmente alla media tra due parametri che costituiscono gli estremi di una forchetta. Da un lato vi è il dato Istat del rapporto investimento/addetto che nella sola industria è pari mediamente a 9.100 euro su base Italia (Istat, 2014). Dall’altro, vi è il rapporto tra addetti (nuovi e/o stabilizzati) ed investimenti attivati grazie ai Contratti di Sviluppo in Campania. Tale rapporto è pari in media a 55.000 euro circa (compresi i contratti multiregionali). La media tra i due dati citati è pari ad euro 32.000 per addetto (nuovo/stabilizzato). Pertanto, se per le imprese operanti in settori di interesse nell’ambito ZES venisse confermata la capacità di saturazione almeno pari al 30% del monte risorse potenzialmente attivabile dalle misure prima elencate, potrebbe ricavarsi un impatto che riguarderebbe circa 41.400 addetti tra nuova occupazione e salvaguardia occupazionale. Infine, considerando il dato medio del valore aggiunto/addetto nel Mezzogiorno, pari a € 47.100 (Istat, 2014), l’ulteriore ricaduta potenziale della ZES riguarda un valore aggiunto per l’economia regionale stimabile in 1,95 €/mld ca. (€ 47.100 x 41.400). Attualizzando la stima sulla base delle più recenti informazioni sul valore aggiunto/addetto al Sud, il parametro si porta ad €

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Come parametro di confronto si tenga presente che il rapporto tra investimenti finanziati e risorse stanziate attraverso i Contratti di Sviluppo in Campania è pari a 2x. 181

50.200, con una ricaduta per l’economia regionale pari a 2,08 €/mld ca. (€ 50.200 x 41.400). Facendo una media il dato stimato si attesta sui 2 €/mld ca. di valore aggiunto per la regione Campania.

Sintesi degli impatti sociali ed economici della ZES Di seguito si propone una sintesi dei valori e delle diverse aree di impatto riconducibili alla ZES in Campania secondo una logica sia statica che dinamica (a regime). a) Occupazione attuale settori coinvolti: 99.000 unità. b) N° aziende attuale settori coinvolti: 16.000 aziende (dato che riguarda i settori di interesse ZES). c) Valore export attuale marittimo settori coinvolti: 3,55 miliardi di euro. d) Valore incremento export marittimo: 1,50 miliardi di euro. e) Investimenti attivabili: 1,27 miliardi di euro. f) Occupazione potenzialmente coinvolta (nuova/stabilizzata): 41.000 addetti. g) Valore aggiunto atteso per la Regione: 2 miliardi di euro.

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Tab. 9.1 - Statistica descrittiva ZES nel mondo

N. medio N. medio N. medio % media di Esp. Su Esportazioni Esp. medie per Area Geografica N. di zone N. Impre se N. lavoratori lavoratori per lavoratori per Imprese per Tot Esportazioni Area ($ million) zona ($ million) zona azienda zona Geo America Centrale 155 7.356 5.252.216 24.175 33.885 714 47 156 60% Medio Oriente 50 13.314 1.043.597 782.042 20.872 78 266 15.641 69% Nord Africa 65 4.806 643.152 21.869 9.895 134 74 336 66% Africa Sub S. 90 2.478 860.474 194.944 9.561 347 28 2.166 71% USA 713 2.500 340.000 23.000 477 136 4 32 31% Sud America 43 8.281 459.825 1.976.505 10.694 56 193 45.965 72% Transition Economies 400 10.584 1.400.379 26.936 3.501 132 26 67 51% Regione Caraibica 250 4.307 546.513 40.029 2.186 127 17 160 73% Oceano Indiano 1 649 182.712 767 182.712 282 649 767 61% Europa 50 2.290 364.818 1.522.065 7.296 159 46 30.441 44% Pacifico 14 9.369 145.930 3.766 10.424 16 669 269 60% TOTALE 3500 132.175 65.980.763 36.994.632 18.852 499 38 10.570 65% Fonte: ILO, Geneva (2015)

Tab. 9.2 - Tipologie di Benefici Diretti ed Indiretti Attesi Benefici diretti Benefici indiretti Generazione di posti di lavoro °° Investimenti diretti esteri ° Entrate statali ° Crescita delle esportazioni ° Aggiornamento delle competenze ° Esperienze di riforma economica più ampia ° Trasferimento di tecnologia e adozione di moderne pratiche di gestione ° Diversificazione delle esportazioni ° Migliore efficienza commerciale delle imprese locali ° Sviluppo e/o rafforzamento di cluster industriali °

Tab. 9.3 – Aree e settori ZES (aggiornare Tabella con gli altri comuni)

Aree (extra portuali) Zona Settori Manifatturieri Flumeri ASI-Valle Ufita automotive Sarno PIP alimentare C.San Giorgio PIP alimentare C.Mare Stabia ASI Foce Srano cantieristica metalmeccanica Nocera Inferiore Fosso Imperatore alimentare Marcianise ASI - San Marco - Interporto chimica metalmeccanica alimentare elettronica Acerra Pomigliano/Acerra-ASI chimica metalmeccanica abbigliamento Nola Interporto - ASI automotive aeronautica abbigliamento Napoli Est - Bagnoli alimentare abbigliamento Salerno ASI alimentare chimica legno Battipaglia ASI chimica metalmeccanica elettronica Nota: chimica comprende materie plastiche e farmaceutica

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Tab. 9.4 - Settori di interesse ZES e peso economico sull’export marittimo. Ateco Settori Manifatturieri (interesse ZES) Export Marittimo (€)- 2016 Incidenza % 10 alimentare 1.486.126.050 39% 24;25 metalli e macchinari 952.607.673 25% 29; 30 mezzi di trasporto 650.239.526 17% 20; 21; 22 chimica 234.721.116 6% 15; 16 abbigliamento 202.747.662 5% 16; 31 legno e mobilio 31.647.699 1% Totale 3.558.089.726 93% Altro 287.840.971 7% Totale export (manifatturiero e non) 3.845.930.697 100% Nota: mezzi di trasporto comprende automotive,aeromobili, cantieristica; chimica comprende materie plastiche. Fonte: SRM 2017

Tab. 9.5 - Peso economico delle 4A sull’export marittimo (valori in €). Codice Settori Manifatturieri (interesse ZES)-4A Export Marittimo - 2016 Incidenza % 4A alimentare 1.486.126.050 42% 4A mezzi di trasporto 650.239.526 18% 4A abbigliamento 202.747.662 6% Totale manifatturiero (4A) 2.339.113.238 66% altri settori manifatturieri interesse Zes 1.218.976.488 34% Totale manifatturiero 3.558.089.726 100% Nota: mezzi di trasporto comprende automotive,aeromobili, cantieristica; chimica comprende materie plastiche.

Fig. 9.1 - Principali aree di ricaduta economica della ZES

Valorizzazione Export Occupazione Industriale

Bibliografia per l’analisi di impatto economico sociale

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10. I soggetti pubblici e privati coinvolti 10.1 Consultazioni intervenute nella fase prodromica alla formalizzazione del Piano di Sviluppo Strategico La Regione Campania, ai fini dell'elaborazione del presente Piano di Sviluppo Strategico è stata fortemente impegnata in un percorso di confronto e concertazione con gli stakeholder e con i diversi soggetti territorialmente coinvolti nella istituzione della Zona Economica Speciale in Campania. Il lavoro prodromico alla formulazione del documento è stata realizzata, all'esito dell'approvazione della DGR 720 del dicembre 2016, con la quale l'Amministrazione regionale aveva già compiuto un primo passo significativo per l'individuazione delle aree, sulla base delle prime analisi territoriali e in assenza degli strumenti normativi intervenuti più avanti. Anzi, la citata deliberazione ha fondamentalmente rappresentato un vero e proprio atto di impulso al Governo per la previsione di tale istituto, in attuazione del Patto per lo Sviluppo della Campania. In questa fase, si sono tenute numerose riunioni con l'Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, avvalendosi della collaborazione volontaria e del confronto con importanti istituti di ricerca e con docenti universitari esperti in logistica ed economia per un indispensabile approfondimento, uno studio sulle esperienze già realizzate in altri Paesi, nonché per procedere ad un’analisi di scenario al fine di mettere a sistema i complessi fattori che convergono nel percorso di istituzione della ZES. La Regione Campania ha svolto nella fase prodromica all'approvazione del D.P.C.M. anche un ruolo molto incisivo in sede di Conferenza Stato Regioni, fornendo una serie di elementi e di integrazioni di cui l'Ufficio Legislativo del Ministero per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno ha tenuto conto nella fase di stesura del provvedimento definitivo. In attuazione del DPCM è stato avviato, nel contempo, un articolato percorso di confronto e concertazione, con le organizzazioni datoriali e le OO. SS dei lavoratori, conclusosi con una riunione congiunta, svoltasi in data 09/02/2018, in occasione della quale, sono stati forniti interessanti spunti di riflessione ed è stata espresso un assenso sul lavoro complessivo svolto dall'Amministrazione regionale. Un percorso puntuale è stato effettuato, altresì, con i diversi soggetti interessati alla istituzione della ZES ed in particolare con i referenti/titolari delle aree già individuate con la DGR 720/2016. Nel seguente prospetto sono indicati gli enti interpellati per ciascuna area individuata:

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Aree Enti Il Porto di Napoli Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale Napoli Est Comune Napoli L'area Bagnoli/Coroglio Comune Napoli - Invitalia L'aeroporto di Napoli Comune Napoli - Comune di Casoria - GE.S.A.C. SpA L'Interporto Campano Interporto Campano SpA - Comune di Nola L'area Asi di Nola Marigliano Consorzio Asi di Napoli L'area Asi di Pomigliano Consorzio Asi di Napoli L'area Asi di Acerra Consorzio Asi di Napoli L'area Asi di Caivano Consorzio Asi di Napoli L'Area Asi di Arzano Frattamaggiore Consorzio Asi di Napoli L’Interporto Sud Europa di Interoporto Sud Europa SpA – Comune di Marcianise/Maddaloni Maddaloni – Comune di Marcianise L'area Asi di Marcianise/S.Marco Consorzio Asi di Caserta L'area Asi di Aversa Nord Consorzio Asi di Caserta Il Porto di Castellammare di Stabia Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale L’area industriale di Castellammare "Foce Consorzio Asi di Napoli Sarno" Il Porto di Salerno Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale L'aeroporto di Pontecagnano Aeroporto di Salerno - Costa d'Amalfi SpA – Comune di Pontecagnano – Comune di Bellizzi L'area Asi di Salerno Consorzio Asi di Salerno L'area Asi di Battipaglia Consorzio Asi di Salerno L'area Asi Fisciano/Mercato S. Severino Consorzio Asi di Salerno L'area industriale di Nocera Comune di Nocera L'area Industriale di Sarno Comune di Sarno La Piattaforma Logistica di Contrada Olivola Comune di Benevento L'area Asi Ponte Valentino. Comune di Benevento – Consorzio Asi di Benevento L'area Asi industriale e Logistica di Valle Ufita Consorzio Asi di Avellino L'area Asi di Pianodardine Consorzio Asi di Avellino L'area Asi di Calaggio Consorzio Asi di Avellino

La Direzione Generale Sviluppo Economico ha programmato una serie di incontri con gli enti per rappresentare le specifiche articolazioni dell'istituto normativo e i suoi risvolti applicativi rispetto alle politiche insediative nella ZES e per fornire tutto il supporto necessario ai fini di una corretta perimetrazione delle aree, alla luce del DPCM e delle direttrici del presente Piano di Sviluppo Strategico. A valle di detti incontri è stata trasmessa a tutti gli enti una formale richiesta di informazioni relativamente alle aree candidate.

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Gli enti hanno offerto il loro necessario contributo, fornendo la proposta di perimetrazione e i dati richiesti. L'Ufficio, anche con il supporto della Piattaforma I.TER. Campania ha effettuato una puntuale attività istruttoria sulle proposte, per verificarne, alla luce dei criteri individuati, i requisiti per l'inclusione nella proposta territoriale della ZES Campania.

A conclusione dell'iter condotto, gli enti interpellati sono stati chiamati, con la sottoscrizione di una formale dichiarazione, a dare atto del percorso compiuto rispetto alla proposta formulata e confrontata con gli Uffici competenti, con l'impegno a garantire ogni supporto necessario al regolare svolgimento delle attività funzionali all'attuazione del Piano di Sviluppo Strategico, ivi compresa la disponibilità a sottoscrivere accordi finalizzati al riconoscimento dei benefici di semplificazione previsti, agli sgravi fiscali o ad altre misure a favore dell'attrazione di investimenti.

10.2 Tavolo di Partenariato Nell'ottica della massima condivisione, alla luce dei principi di sussidiarietà orizzontale, nel convincimento che la concertazione è il principio fondamentale su cui devono fondarsi le scelte per le politiche di sviluppo regionale, è stato convocato, in data 13/02/2018, il Tavolo di Partenariato, opportunamente integrato con un elenco di soggetti aggiuntivi rispetto a quelli coinvolti per regolamento. Il Tavolo di Partenariato è così composto:

Organizzazioni rappresentate Partecipante al tavolo del 13/02

1 CGL (si può eliminare questa colonna?)

2 CISL

3 UIL

4 UGL

5 CIDA

6 CONFINDUSTRIA

7 CONFAPI

8 CONFCOMMERCIO

9 CONFESERCENTI

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10 CNA

11 CLAAI

12 CASARTIGIANI

13 CONFARTIGIANATO

14 COLDIRETTI

15 CIA

16 CONFAGRICOLTURA

17 LEGA DELLE COOPERATIVE

18 AGCI

19 CONFCOOPERATIVE

20 UNCI

21 ABI

22 CONFSERVIZI

23 LEGAMBIENTE

24 WWF

25 ACLI

26 TERZO SETTORE

27 ANCI

28 LEGA DELLE AUTONOMIE LOCALI

29 UPI

Gli altri soggetti convocati al Tavolo di Partenariato per la ZES

1 Università degli Studi di Napoli Federico II

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2 Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli

3 Università degli Studi di Salerno

4 Università degli Studi del Sannio

5 Università degli Studi di Napoli Parthenope

6 Università degli Studi "Suor Orsola Benincasa

7 Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"

8 Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della provincia di Avellino

9 Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della provincia di Benevento

10 Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della provincia di Caserta

11 Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della provincia di Napoli

12 Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Salerno

13 Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale

14 Interporto Campano S.p.A

15 Interporto Sud Europa S.p.A

16 GE.S.A.C. S.p.A.

17 Aeroporto di Salerno – Costa d’Amalfi S.p.A

18 Anasped

19 Assiterminal

20 Assologistica Operatori Logistici Intermodali

21 Confcommercio

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22 Confindustria

23 Assocostieri

24 Confitarma

25 Fedarlinea

26 Federagenti

27 Fedespedi

28 Fercargo

Il Tavolo di Partenariato ha espresso un orientamento favorevole alla proposta generale e agli indirizzi del PIano di Sviluppo Stategico illustrati nel corso dell’incontro, confortando in questo modo le scelte in corso di definizione da parte della Giunta Regionale per l’istituzione della Zona Economica Speciale.

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10.3. Consultazione dei Sindaci L'art.5, comma 2 del D.P.C.M. prevede che ai fini della proposta di istituzione della ZES siano “sentiti i sindaci delle aree interessate”. Pertanto, in data XX/03/2018, è stata convocata una riunione con tutti i sindaci delle aree interessate ai quali è stata presentata la presente proposta di piano di sviluppo strategico.

Elenco comuni convocati

Comune di Napoli Comune di Nola Comune di Maddaloni Comune di Pontecagnano Comune di Bellizzi Comune di Nocera Inferiore Comune di Sarno Comune di Benevento Comune di Salerno Comune di Battipaglia Comune di Fisciano Comune di Mercato S.Severino Comune di Caivano Comune di Arzano Comune di Frattamaggiore Comune di Casoria Comune di Pomigliano Comune di Acerra Comune di Marigliano Comune di Flumeri Comune di Lacedonia Comune di Frigento Comune di Manocalzati Comune di Montefredane Comune di Pratola Serra Comune di Marcianise Comune di S. Marco Evangelista Comune di Teverola Comune di Gricignano di Aversa Comune di Carinaro Comune di Castellammare di Stabia Comune di Torre Annunziata

Il percorso si è concluso con la sottoscrizione della dichiarazione con la quale gli enti interessati alla ZES hanno dato atto di aver condiviso e concordato la perimetrazione delle aree

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incluse nella proposta ricadenti nell'ambito territoriale di propria competenza, nonché le articolazioni della proposta di Piano di Sviluppo Strategico e impegnandosi a garantire, per quanto di competenza, ogni supporto necessario al regolare svolgimento delle attività funzionali all'attuazione del piano strategico per il perseguimento dei connessi obiettivi di sviluppo.

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