I due

Tragedia lirica in tre atti

Libretto di

Musica di

PERSONAGGI

Francesco Foscari, Doge di Venezia, ottuagenario baritono Jacopo Foscari, suo figlio tenore Lucrezia Contarini, moglie di Jacopo Jacopo Loredano , membro del Consiglio de’ Dieci basso Barbarigo, senatore, membro della Giunta tenore Pisana, amica e confidente di Lucrezia soprano Fante del Consiglio de’ Dieci tenore Servo del Doge basso

Membri del Consiglio dei Dieci e Giunta, Ancelle di Lucrezia, Dame veneziane, Popolo e Maschere d’ambo i sessi.

Il Messer Grande, due figliuoletti di Jacopo Foscari, Comandadori, Carcerieri, Gondolieri, Marinai, Popolo, Maschere, Paggi del Doge.

La scena è in Venezia, l’epoca il 1457.

Prima rappresentazione assoluta: Roma, , 3 novembre 1844

(Editore Casa Ricordi, Milano) A chi leggerà

Il 15 aprile del 1423 fu elevato al trono ducale di Venezia, in concorrenza di Pietro Loredano. Cotesto Pietro non lasciò di avversarlo ne’ consigli per modo che una volta, impazientato - si il Foscari, disse apertamente in Senato: non poter credere sé veramente doge finché Pietro Loreda - no vivesse. Per una fatale coincidenza alcuni mesi dopo, esso Pietro e Marco di lui fratello improvvi - samente morirono, e, come ne corse voce, avvelenati. Jacopo Loredano, figlio di Pietro, lo pensava, lo credeva, lo scolpiva sulle loro tombe, e ne’ registri del suo commercio notava i Foscari a lui debito - ri di due vite, freddamente aspettando il momento di farsi pagare. Il Doge aveva quattro figliuoli; tre ne morirono, e Jacopo, il quarto sposato a Lucrezia Contarini, per accusa di aver ricevuto donativi da prìncipi stranieri, a seconda delle venete leggi, era stato mandato a confine, prima a Napoli di Romania, poscia a Treviso. Accadde frattanto, che Ermolao Donato, ca - po del consiglio dei Dieci, il quale condannato avea Jacopo, trucidato fosse la notte del 5 novembre 1450, mentre tornava da una seduta del consiglio al suo palazzo. Siccome Oliviero, servo di Jacopo, s’era il dì innanzi veduto a Venezia, e la mattina seguente il delitto ne aveva pubblicamente parlato ne’ battelli di Mestre, così i sospetti caddero sopra i Foscari. Padrone e servo furono esiliati a vita in Candia. Cinque anni dopo Jacopo, sollecitato avendo inutilmente la sua grazia, né potendo più vive - re senza rivedere l’amata patria, scrisse al duca di Milano, Francesco Sforza, pregandolo a farsegli in - tercessore presso la Signoria. Il foglio cadde in mano dei Dieci; Jacopo ricondotto a Venezia e nuova - mente torturato, confessò di avere scritta la lettera, ma solo pel solo desiderio di rivedere la patria, a costo ancora di ritornarvi prigione. Si condannò a tornare in vita a Candia, a scontarvi però prima un anno di stretto carcere, e se gli intimò pena di morte se più scritto avesse di simili lettere. Il misero Doge ottuagenario, che con romana fermezza assistito aveva ai giudizii ed alle torture del figlio, poté privatamente vederlo pria che partisse, e consigliarlo alla obbedienza e rassegnazione ai voleri della repubblica. Accadde in seguito, che Nicolò Erizzo, nobile veneziano, venuto a morte, si palesò uccisore di Donato, e volle si pubblicasse tal nuova a discolpa dell’innocente Jacopo Foscari. Alcuni autorevoli Senatori erano già disposti a chiederne la grazia, ma l’infelice era frattanto di cordoglio spirato nel suo carcere di Candia. Afflitto il misero padre per tante amarezze, vivea solitario, e poco frequentava i consigli. Jacopo Lo - redano frattanto, che nel 1457 era stato elevato alla dignità di decemviro, credette allor giunta l’ora di sua vendetta, e tanto occultamente adoprò, che il Doge fu astretto a deporsi. Altre due volte, nel corso del suo dogado, il Foscari desiderato aveva abdicare, ma non si era accondisceso alle sue bra - me non solo, ché anzi lo si era costretto a giurare che morto sarebbe nel pieno esercizio del suo po - tere. Malgrado tal giuramento, fu astretto a lasciare il palazzo dei dogi, e tornarsene semplice privato alle sue case, rifiutato avendo ricca pensione ch’eragli stata offerta dal pubblico tesoro. Il 31 ottobre 1457, udendo suonar le campane annuncianti la elezione del suo successore Pasquale Malipiero, provò sì forte emozione, che all’indomani morì. Ebbe splendidi funerali, come se morto fosse regnando, a’ quali intervenne il Malipiero in semplice costume di Senatore. Si è detto che Jaco - po Loredano scrivesse allora ne’ suoi libri, di contro alla partita che abbiam sopra citato, queste pa - role: I Foscari mi hanno pagato . È questo il brano di storia sul quale è basata la mia tragedia. Per l’effetto e pelle esigenze inseparabi - li a questo genere di componimenti ho dovuto dar passo ad alcune licenze che scorgervi facilmente si possono, e per le quali spero indulgenza dal culto lettore.

F. M. P IAVE

6 [1. Preludio] Silenzio! Giustizia! Silenzio! Mister! ATTO PRIMO (partendo) Silenzio, mister!... Una sala nel palazzo ducale di Venezia. (Entrano nell’aula del Consiglio.) Scena prima Di fronte veroni gotici, da’ quali si scorge parte della città e delle lagune a chiaro di luna. A de - Scena terza stra dello spettatore due porte, una che mette negli appartamenti del Doge, l’altra all’ingresso [3. Scena e Cavatina] comune; a sinistra altre due porte che guidano all’aula del Consiglio dei Dieci, ed alle carceri di Jacopo Foscari che viene dal carcere preceduto Stato. Tutta la scena è rischiarata da due torce dal Fante del Consiglio, fra i Comandadori di di cera, sostenute da bracci di legno sporgenti Guardia. dalle pareti. Fante [2. Coro d’Introduzione] Qui ti rimani alquanto, finché il Consiglio te di nuovo appelli. Il Consiglio dei Dieci e Giunta, che vanno racco - gliendosi. Jacopo Ah sì, ch’io senta ancora, ch’io respiri Consiglieri e Giunta aura non mista a gemiti e sospiri. Silenzio, mistero qui regnino intorno. Silenzio... Mistero... (Il Fante entra in Consiglio.) Qui veglia costante la notte ed il giorno sul veneto fato di Marco il Leon. Scena quarta Silenzio, mistero Venezia fanciulla Jacopo ed i due Comandadori. nel sen di quest’onde protessero in culla, e il fremer del vento fu prima canzon. Silenzio, mistero la crebber possente Jacopo de’ mari signora, temuta, prudente, (appressandosi al verone) per forza e sapere, per gloria e valor. Brezza del suol natio Silenzio, mistero la serbino eterna, il volto a baciar voli all’innocente!... sian l’anima prima di chi la governa. Ecco la mia Venezia!... ecco il suo mare!... ispirin per essa timore ed amor. Regina dell’onde, io ti saluto!... Silenzio, mistero, silenzio, mister. Sebben meco crudele, io ti son pur de’ figli il più fedele.

Scena seconda Dal più remoto esiglio, Detti, Barbarigo e Loredano, che entrano dalla sull’ali del desio, comune. a te sovente rapido volava il pensier mio. Barbarigo Come adorata vergine Siam tutti raccolti? te vagheggiando il core, l’esiglio ed il dolore Consiglieri e Giunta quasi sparian per me. Il numero è pieno. Loredano E il Doge? Scena quinta Detti, ed il Fante che viene dal Consiglio. Consiglieri e Giunta Tra i primi qui giunse sereno: Fante de’ Dieci nell’aula poi tacito entrò. Del Consiglio alla presenza vieni tosto, e il ver disvela. Barbarigo, Loredano, Consiglieri e Giunta Or vadasi adunque, giustizia ne attende, Jacopo giustizia che eguali qui tutti ne rende, (Al mio sguardo almen vi cela, giustizia che splendido qui seggio posò. ciel pietoso, il genitor!)

7 Fante (S’alza) Sperar puoi pietà, clemenza... Per difesa all’innocente Jacopo presta tu del tuon la voce, Chiudi il labbro, o mentitor. ogni cor il più feroce farà mite il suo rigor. Odio solo, ed odio atroce in quell’anime si serra; Ancelle sanguinosa, orrenda guerra Sperar puoi dal ciel clemente da costor si farà. un conforto al tuo dolor. Ma sei Foscari, una voce vien tuonandomi nel core: Lucrezia forza contro il lor rigore Ogni cor ecc. l’innocenza ti darà. Odio atroce ecc. Ancelle ... al tuo dolor... (Tutti entrano nella sala del Consiglio.) Scena settima Sala nel palazzo Foscari. Dette, e Pisana che giunge piangendo. Scena sesta Lucrezia Vi sono varie porte all’intorno con sopra ritratti Che mi rechi?... favella: di morte dei Procuratori, Senatori, ecc., della famiglia Fo - pronunciata fu l’empia sentenza? scari. Il fondo è tutto forato da gotici archi, a traverso i quali si scorge il Canalazzo, ed in lon - Pisana tano l’antico ponte di Rialto. La sala è illuminata Nuovo esiglio al tuo nobil consorte da grande fanale pendente nel mezzo. del Consiglio accordò la clemenza.

[4. Scena, Coro e Cavatina] Lucrezia La clemenza!... s’aggiunge lo scherno! Lucrezia esce precipitosa da una stanza, seguita D’ingiustizia era poco il delitto?... dalle Ancelle che cercano di trattenerla. Si condanna e s’insulta l’afflitto di clemenza parlando e pietà? Lucrezia No... mi lasciate... andar io voglio a lui... O patrizi, tremate... l’Eterno Prima che Doge egli era padre... il core l’opre vostre dal cielo misura... cangiar non puote il soglio. d’onta eterna, d’immensa sciagura Figlia di Dogi, al Doge nuora io sono: egli giusto pagarvi saprà. giustizia chieder voglio, non perdono. Pisana, Ancelle Ancelle Ti confida; premiare l’Eterno Resta: quel pianto accrescere l’innocenza dal cielo vorrà. può gioia a’ tuoi nemici! Al cor qui non favellano Lucrezia le lagrime infelici... Ah! o patrizi ecc. Tu puoi sperare e chiedere dal ciel giustizia solo... Pisana, Ancelle Cedi; raffrena il duolo... Ti confida ecc. pietade il cielo avrà. Lucrezia Sala come alla prima scena. Ah sì... conforto ai miseri del ciel è la pietà. Scena ottava (S’inginocchia) [5. Coro] Tu al cui sguardo onnipossente tutto esulta, o tutto geme; Membri del Consiglio de’ Dieci e Giunta che tu che solo sei mia speme, vengono dall’aula, assieme a Barbarigo e Lore - tu conforta il mio dolor. dano.

8 Barbarigo, Loredano, Consiglieri e Giunta Servo Tacque il reo! Ma lo condanna L’illustre dama Foscari. allo Sforza il foglio scritto. Giusta pena al suo delitto Doge nell’esilio troverà. (sospirando) Rieda a Creta. (Altra infelice!...) Venga. Solo rieda. Non si celi la partenza... (Il Servo parte) Imparziale tal sentenza (Non iscordare, Doge, chi tu sia.) il Consiglio mostrerà. (andandole incontro) Figlia, t’avanza. Piangi? Al mondo sia noto, che qui contro i rei, presenti o lontani, patrizi o plebei, Lucrezia veglianti son leggi d’eguale poter. Che far mi resta, se mi mancan folgori Qui forte il Leone col brando, coll’ale a incenerir queste canute tigri raggiunge, percuote qualunque mortale che de’ Dieci s’appellano Consiglio?... che ardito levasse un detto, un pensier. Al mondo sia noto ecc. Doge Donna, ove parli, e a chi, rammenta... (Escono tutti.) Lucrezia Il so.

Stanze private del Doge. Doge Le patrie leggi qui dunque rispetta...

Scena nona Lucrezia Avvi una gran tavola coperta di damasco, con Son leggi ai Dieci or sol odio e vendetta! sopra una lumiera d’argento; una scrivania e varie carte; di fianco un gran seggiolone, sul Tu pur lo sai, che giudice quale il Doge, appena entrato, si abbandona. in mezzo a lor sedesti, che l’innocente vittima [6. Scena e Romanza] a’ piedi tuoi vedesti; e con asciutto ciglio Doge hai condannato un figlio... Eccomi solo alfine... L’amato sposo rendimi, Solo! e il sono io forse? barbaro genitor!

(S’alza) Doge Oltre ogni umano credere Dove de’ Dieci non penètra l’occhio?... è questo cor piagato!... Ogni mio detto o gesto, Non insultarmi, piangere il pensiero perfin m’è osservato... dovresti sul mio fato... Prence e padre qui sono sventurato! Ogni mio ben darei... gli ultimi giorni miei, O vecchio cor, che batti perché innocente e libero come a’ prim’anni in seno, fosse mio figlio ancor. fossi tu freddo almeno come l’avel t’avrà. Lucrezia Ma cor di padre sei; Di sua innocenza dubiti? vedi languire un figlio, Non lo conosci ancora? piangi pur tu, se il ciglio più lagrime non ha. Doge Sì... ma intercetto un foglio [7. Scena e Duetto - Finale I] chiaro lo accusa, o nuora. Lucrezia Scena decima Sol per veder Venezia Detto, ed un Servo, poi Lucrezia Contarini. vergò, perdé lo scritto.

9 Doge ATTO SECONDO (commosso) È ver, ma fu delitto... Le prigioni di Stato. Lucrezia E aver ne dêi pietà. Scena prima Doge Poca luce entra da uno spiraglio praticato nel - Vorrei... non posso... l’alto del muro. Alla destra dello spettatore havvi un’augusta scala per cui si ascende al palazzo. Lucrezia Pietà! [8. Preludio, Scena e Preghiera] Ascoltami! Jacopo Foscari, seduto sopra un masso. Doge ... non posso... Jacopo Notte!... perpetua notte, che qui regni! Lucrezia siccome agli occhi il giorno, Senti il paterno amore... potessi almen celare al pensier mio il fine disperato che m’aspetta! Doge Tormi potessi alla costor vendetta! Commossa ho tutta l’anima... (s’alza spaventato) Lucrezia Deponi quel rigore... Ma, oh ciel! che mai vegg’io? Sorgon di terra mille e mille spettri!... Doge Han irto crin... guardi feroci, ardenti!... Non è rigore, intendi... A sé mi chiaman essi!... Uno s’avanza!... ha gigantesche forme!... Lucrezia Il suo reciso teschio Perdona... a me t’arrendi... ferocemente colla manca porta!... a me lo addita... e con la destra mano Doge mi getta in volto il sangue che ne cola... No... di Venezia il principe Ah! lo ravviso!... è desso... è Carmagnola in ciò poter non ha. Non maledirmi, o prode, se son del Doge figlio; Lucrezia de’ Dieci fu il Consiglio Se tu dunque potere non hai, che a morte ti dannò. vieni meco pel figlio a pregare... Me pure sol per frode il mio pianto, il tuo crine, vedrai, vedi quaggiù dannato, potran forse ottenere pietà. e il padre sventurato Questo almeno, quest’ultima prova, difendermi non può... ci sia dato, signor, di tentare; Non maledirmi, o prode, l’amor solo di padre ti mova, cessa, cessa... no... no! s’ora il Doge potere non ha. Ah! me pure ecc. cessa... cessa... la vista orribile Doge più sostener non so. (O vecchio padre misero, a che ti giova il trono, (Cade boccone per terra.) se dar non puoi, né chiedere giustizia, né perdono [9. Scena e Duetto] pel figlio tuo ch’è vittima d’involontario error?... Ah! nella tomba scendere Scena seconda m’astringerà il dolor!) Detto, e Lucrezia Contarini.

Lucrezia Lucrezia Tu piangi? la tua lagrima (scendendo precipitosamente dalla scala) sperar mi lascia ancor! Ah sposo mio!... che vedo!

10 Me l’hanno forse ucciso i maledetti, Lucrezia e per maggiore scherno No, non morrai, ché i perfidi, m’hanno qui tratta a contemplar la salma? peggiore d’ogni morte, Ah sposo mio! a noi, clementi, serbano più orribile una sorte. (Gli palpa il cuore; con gioia) Tu viver dêi morendo nel prisco esiglio orrendo... Vive ancor!... noi desolati in lagrime Qual freddo sudore! dovremo qui languir. Vieni, amico, ti posa sul mio cor! Jacopo Jacopo Oh ben dicesti!... all’esule (sempre delirando) più crudo della morte Verrò!... da’ suoi lontano è il vivere, o figli, o mia consorte!... Lucrezia Ascondimi quel pianto... Che di’?... su questo core affranto Jacopo mi piomban le tue lagrime M’attendi, a crescerne il soffrir. orrendo spettro... (S’ode una lontana musica di voci e suoni) Lucrezia Son io! Voci (lontane) Tutta è calma la laguna! Jacopo Voga, voga, o gondolier! Che vuoi?... Vendetta? Jacopo Lucrezia Quale suono? Non riconosci la sposa tua? Lucrezia Jacopo È il gondoliero (con forza) che pel liquido sentiero Non è vero!... provar debbe il suo valor.

(Lucrezia lo abbraccia con trasporto.) Voci (c. s.) Batti l’onda e la fortuna Jacopo ti secondi, o gondolier. (riavendosi) Voga, voga, o gondolier. Ah! sei tu? fia vero!... fra le tue braccia ancor?... Jacopo (con impeto) Lucrezia Là si ride, qui si muor! (con entusiasmo) Maledetto chi mi toglie Ah! ti posa sul mio cor... a’ miei cari, al suol natio; sul suo capo piombi Iddio Jacopo Respiro!... l’abbominio e il disonor. Fu dunque un sogno... orrendo sogno il mio! Jacopo, Lucrezia Il carnefice attende? L’estremo addio (con passione) vieni ora a darmi? Speranza dolce ancora Lucrezia non m’abbandona il core: (piangendo) un giorno il mio dolore / No! l’esiglio ed il dolore con te dividerò. Jacopo Vicino a chi s’adora E i figli miei?... mio padre? men crude son le pene: saran dischiuse loro queste porte, perduto ogn’altro bene, pria che il sonno mi copra della morte? dell’amor tuo vivrò.

11 Voci (interne; più vicine) Jacopo Ti secondi la fortuna, Come è soave all’anima voga, voga, o gondolier. della tua voce il suono!

Lucrezia, Jacopo Lucrezia, Jacopo Ah! godrò! Così furtiva palpita Ah! speranza dolce ancora ecc. la gioia fra il dolor! / fra la gioia ed il dolor! [10. Terzetto e Quartetto] Doge Oh figli, sento battere Scena terza il vostro sul mio cor!... Il Doge, avvolto in ampio e nero mantello, entra nel carcere, preceduto da un servo con fiaccola, Jacopo che depone, e parte. Nel tuo paterno amplesso io scordo ogni dolore; Lucrezia, Jacopo mi benedici adesso, (correndogli incontro) da’ forza a questo core, Ah padre! e il pane dell’esiglio men duro fia per me. Doge (con slancio) Figlio!... Nuora!... Quest’innocente figlio trovi un conforto in te. Jacopo Sei tu? (s’inginocchia)

Lucrezia Doge Sei tu? Abbi l’amplesso estremo d’un genitor cadente... Doge Il giudice supremo Son io. protegga l’innocente... Volate al seno mio. Dopo il terreno esiglio giustizia eterna v’è; (Si abbracciano) al suo cospetto, o figlio, comparirai con me. Lucrezia, Jacopo, Doge Provo una gioia ancor! Lucrezia (Di questo affanno orrendo Doge farai vendetta, o ciel, (con passione) quando nel dì tremendo Padre ti sono ancora, si squarcerà il gran vel, lo credi a questo pianto; e scorgerà ogni ciglio, il volto mio soltanto il giusto, il reo qual è!) fingea per te rigor. (con tutta l’anima) Dopo il terreno esiglio, Jacopo sposo, sarò con te. Tu m’ami? (Restano abbracciati piangendo) Doge Sì. Doge (si scuote) Jacopo Addio... Oh contento! Ripeti il caro accento... Lucrezia, Jacopo Parti?... Doge T’amo, sì, t’amo, o misero... Doge il Doge qui non sono. Conviene.

12 Jacopo Loredano Mi lasci in queste pene? Tel vieta de’ Dieci la sentenza. Doge Il deggio... Doge (ironico) Jacopo Degno di te è il messaggio! Attendi... Loredano Jacopo Se vecchio sei, sii saggio. Ascolta... (ai Custodi che s’avanzano) Ti rivedrò? S’affretti la partenza.

Doge Lucrezia, Jacopo Una volta... Padre, un amplesso ancora. ma il Doge vi sarà! Doge Lucrezia, Jacopo (li abbraccia) E il padre? Figli!...

Doge Loredano Penerà. (dividendoli) S’appressa l’ora... Varcata è l’ora. (avviandosi) Addio! Lucrezia, Jacopo (disperati a Loredano) Jacopo Ah sì, il tempo che mai non s’arresta (disperato) rechi pure a te un’ora fatale, Ciel!... chi m’aita? e l’affanno che m’ange mortale più tremendo ricada su te. Il rimorso in quell’ora funesta Scena quarta ti tormenti, o crudele, per me. Detti, e Loredano preceduto dal Fante del Con - siglio e da quattro Custodi con fiaccole. Doge (a Lucrezia e Jacopo) Loredano Deh frenate quest’ira funesta; (dalla soglia del carcere) l’inveire, o infelici, non vale, Io! s’eseguisca il decreto fatale... sparve il padre, ora il Doge qui c’è. Lucrezia La giustizia qui mai non s’arresta; Chi? tu! obbedire a sue leggi si dêe.

Jacopo Loredano Oh ciel! (da sé, guardandoli con disprezzo) Empia schiatta al mio sangue funesta, Doge a difenderti un Doge, no, non vale: Loredano! per te giunse alfin l’ora fatale sospirata cotanto da me. Lucrezia La giustizia qui mai non s’arresta; Ne irridi anco, inumano? obbedire a sue leggi si dêe.

Loredano (Jacopo parte fra i Custodi preceduto da Lore - (freddamente a Jacopo) dano, e seguito lentamente dal Doge, che si ap - Raccolto è già il Consiglio; poggia a Lucrezia.) vieni, di là al naviglio che dêe tradurti a Creta. Andrai...

Lucrezia Io pur?

13 Sala del Consiglio de’ Dieci. Legga il reo la sua sentenza. Del Consiglio la clemenza [11a. Coro] or la vita ti donò.

Scena quinta Jacopo I Consiglieri e la Giunta, tra i quali Barbarigo, (restituisce la pergamena) van raccogliendosi. Nell’esiglio morirò. (con agitazione) Consiglieri e Giunta Non hai, padre, un solo detto Che più si tarda?... Affrettisi pel tuo Jacopo reietto? omai questa partenza. Se tu parli, se tu preghi Inulte l’ombre fremono, non sarà chi grazia neghi. ne accusan d’indolenza. Pregar puoi; sono innocente; Parta l’iniquo Foscari... il mio labbro a te non mente. ucciso egli ha un Donato. Per istranieri prìncipi Consiglieri e Giunta Non s’inganna qui la legge, l’indegno ha parteggiato. qui giustizia tutto regge. Non fia che di Venezia ei sfugga alla vendetta... Doge giustizia incorruttibile (s’alza, tutti lo imitano) non fia qui mai negletta; Il Consiglio ha giudicato: baleni, e come folgore parti, o figlio, rassegnato. punisca i traditori; mostri ai soggetti popoli Jacopo un vigile rigor. Mai più dunque ti vedrò? Giustizia, giustizia, ecc. Doge Forse in cielo, in terra no. Scena sesta Detti, ed il Doge, che preceduto da Loredano, Jacopo dal Fante del Consiglio e dai Comandadori, e Ah che di’?... morir mi sento... seguito dai Paggi, va gravemente a sedere sul trono. Lui seduto, tutti fanno lo stesso. Loredano (ai Custodi che gli si pongono al fianco, e si av - [11b. Scena e Finale II] viano) Da qui parta sul momento. Doge O patrizi... il voleste... eccomi a voi... Ignoro se il chiamarmi ora in Consiglio Scena ottava sia per tormento al padre, oppure al figlio. Detti, e Lucrezia Contarini che si presenta sulla Ma il volere vostro è legge... soglia co’ due figli seguita da varie Dame sue giustizia ha i dritti suoi... amiche e Pisana. m’è d’uopo rispettarne anco il rigore... (sospirando) Lucrezia Sarò Doge nel volto, e padre in core. No... crudeli!... Consiglieri e Giunta Jacopo Ben dicesti... Ah! figli miei!... miei figli! (vedendo aprirsi la porta) Il reo s’avanza. (corre ad abbracciarli)

Doge Barbarigo, Loredano, Consiglieri e Giunta (Dona, o ciel, a me costanza!) (Sventurata!... Qui costei!) Doge Scena settima (con un grido) Detti, e Jacopo, che entra fra quattro Custodi. Sventurata! Loredano Doge, Barbarigo, Loredano, Consiglieri (dà una pergamena al Fante che la consegna a e Giunta Jacopo, il quale legge) Quale audacia vi guidò?

14 Jacopo Pisana, Dame Miei figli! miei figli!... (ai Consiglieri) Quelle innocenti lagrime (Prende i figli e li pone in ginocchio ai piedi del muovano il vostro core; Doge) in voi clemenza ispirino, ne plachino il rigore: Queste innocenti lagrime di pace come un’iride ti chieggono perdono... qui brilli la pietà. a lor m’unisco e supplice a’ piedi del tuo trono, Loredano Parta... perché ancor esita? padre, ti grido, implorami, Parta lo sciagurato! concedimi pietà! Lucrezia Lucrezia La sposa, i figli seguano, (ai Consiglieri) dividano il suo fato. O voi, se ferrea un’anima non racchiudete in petto, Jacopo se mai provaste il tenero Ah sì... di padri e figli affetto, quelle strazianti lagrime Loredano vi muovano a pietà. Costor rimangano: la legge omai parlò. Doge (da sé) (Toglie i figli dalle braccia di Jacopo, e li conse - Non ismentite, o lagrime, gna ai Comandadori) la simulata calma; a ognuno qui nascondasi Jacopo l’affanno di quest’alma, (al Doge) Ai figli tu dell’esule ne’ miei nemici infondere sii padre e guida almeno... non potria la pietà. Tu li proteggi...

Barbarigo Doge (a Loredano) Misero! Ti parlin quelle lagrime, o Loredano, al core; Jacopo quei pargoli disarmino (con passione) l’atroce tuo furor; Vedi, al sepolcro in seno, almeno per quei miseri illacrimata polvere t’inchina alla pietà. fra poco scenderò.

Loredano Doge, Loredano, Consiglieri e Giunta (a Barbarigo) Parti; t’è forza cedere, Non sai che in quelle lagrime la legge omai parlò. trionfa una vendetta, Lucrezia, Pisana, Barbarigo, Dame che qual rugiada scendono Affanno più terribile al cor di chi l’aspetta, chi mai, chi mai provò! che per gli alteri Foscari sentir non vo’ pietà? (Jacopo parte fra le guardie; Lucrezia sviene in braccio alle Dame. Tutti si ritirano.) Consiglieri e Giunta (tra loro) Son vane ora le lagrime; provato è già il delitto: non fia ch’esse cancellino quanto giustizia ha scritto; esempio sol dannabile sarebbe la pietà.

15 ATTO TERZO Fendi, scorri la laguna, che dinanzi a te si stende; chi la palma ti contende L’antica piazzetta di San Marco. non ti vinca, o gondolier. Batti l’onda, e la fortuna Scena prima assecondi il tuo valore... Il canale è pieno di gondole che vanno e vengo - alla bella vincitore no. Di fronte vedesi l’isola dei Cipressi, ora San torni lieto il gondolier. Giorgio. Il sole volge all’occaso. [13. Scena ed Aria] [12. Introduzione e Barcarola] Scena terza La scena, da principio vuota, va riempiendosi di Detti. Escono dal palazzo ducale due trombet - popolo e maschere, che entrano da varie parti, tieri seguiti dal Messer Grande. I trombettieri s’incontrano, si riconoscono, passeggiano. Tutto suonano, ed il popolo si ritira. Anche le gondole è gioia. scompariscono dal canale, ove si avanza una galera, su cui sventola il vessillo di San Marco. Popolo Alla gioia, alle corse, alle gare... Popolo sia qui lieto ogni volto, ogni cor. La giustizia del Leone!... Figlia, sposa, signora del mare, finché passi... via di qua. è Venezia un sorriso d’amor. Come specchio l’azzurra laguna (Si ritirano e si tengono a molta distanza) le raddoppia il fulgore del dì. Le sue notti inargenta la luna, Barbarigo né le grava se il giorno sparì. Di timor non v’ha ragione! Alla gioia, alle corse ecc. Loredano Questo volgo ardir non ha. Scena seconda Loredano e Barbarigo mascherati, a parte. Scena quarta Barbarigo Sbarca dalla galera il Sopracòmito, a cui il Mes - Ve’! come il popol gode... ser Grande consegna un foglio. Dal ducale pa - lazzo poi esce lentamente fra i custodi Jacopo Loredano Foscari, seguito da Lucrezia e Pisana. A lui non cale, se Foscari sia Doge, o Malipiero. Jacopo Donna infelice, sol per me infelice, Popolo vedova moglie a non estinto sposo; Alla gioia, alle corse ecc. addio... fra poco un mare fra noi s’agiterà... e per sempre!... Almeno Loredano tutte schiudesse ad ingoiarmi... tutte (si avanza fra il popolo) le sirti del suo seno. Amici... che s’aspetta?... Le gondole son pronte; omai la festa Lucrezia coll’usata canzone incominciamo. Taci, crudel, deh taci! Popolo Jacopo Ben dicesti... allegri, orsù, cantiamo. L’inesorabil suo cor di scoglio, più di costor pietoso, (Tutti vanno alla riva del mare; co’ fazzoletti frangesse il legno, ed una pronta morte bianchi e co’ gesti animano i gondolieri colla se - quest’esule togliesse guente Barcarola:) al suo lento morire... Paghi gli odii sariano e il mio desire. Tace il vento, è queta l’onda; mite un’aura l’accarezza... Lucrezia Dêi mostrar la tua prodezza, E i figli? e il padre? ed io? prendi il remo, o gondolier. La tua bella dalla sponda Jacopo già t’aspetta palpitante; Da voi lontano è morte il viver mio. per far lieto quel sembiante All’infelice veglio voga, voga, o gondolier. conforta tu il dolore,

16 de’ figli nostri in core o stirpe abbominata, tu ispira la virtù. m’è gioia il tuo dolor!) A lor di me favella: di’ che innocente io sono, (Jacopo, scortato dal Sopracòmito e dai Custo - che parto, che perdono, di, sale sulla galera. Lucrezia sviene fra le brac - che ci vedrem lassù. cia di Pisana; Loredano entra nel palazzo duca - Lucrezia le; Barbarigo s’avvia per altra strada; il popolo si Cielo, s’affretti al termine disperde.) la vita mia penosa!... Jacopo Stanze private del Doge come nell’Atto primo. Di Contarini e Foscari mostrati figlia e sposa; [14. Scena ed Aria] che te non veggan piangere, gioir alcun ne può. Scena quinta Il Doge entra afflitto. Loredano (imperiosamente al Messer Grande) Doge Messere, a che più indugiasi? Parta, n’è tempo omai. Egli ora parte!... ed innocente parte!... Ed io non ebbi per salvarlo un detto!... Jacopo Morte immatura mi rapia tre figli!... Chi sei? Io, vecchio, vivo per vedermi il quarto tolto per sempre da un infame esiglio! Lucrezia Chi sei? (Depone il corno)

Loredano Oh morto fossi allora, (si leva per un istante la maschera) che quest’inutil pondo Ravvisami. sul capo mio posava!... Jacopo Almen veduto avrei Oh ciel, chi veggio mai!... d’intorno a me spirante i figli miei!... Il mio nemico dèmone! Solo ora sono! e sul confin degl’anni mi schiudono il sepolcro atroci affanni. Lucrezia, Jacopo Hai d’una tigre il cor! Scena sesta Jacopo Detto, e Barbarigo che entra frettoloso recando (con passione) un foglio. Ah padre, figli, sposa, a voi l’addio supremo; Doge in cielo un giorno avremo mercè di tal dolor. Barbarigo, che rechi? Sposa, addio! Barbarigo Lucrezia Morente Ah ti rammenta ognora, a me un Erizzo inviò questo scritto. che sposo e padre sei, Da lui solo Donato trafitto che anco infelice dêi ei confessa, ed ogn’altro innocente. vivere al nostro amor! Addio! (Esce)

Pisana, Barbarigo, Popolo Doge (Frenar chi puote il pianto (con gioia) a vista sì tremenda!... troppo, infelici, è orrenda Ciel pietoso, il mio affanno hai veduto, tal pena ad uman cor!) a me un figlio volesti renduto! Loredano (Comincia la vendetta, Scena settima tant’anni desïata; Detto, e Lucrezia.

17 Lucrezia Doge (entrando, desolata) Signori!... ho ben inteso? Ah! più figli, infelice, non hai... nel partir l’innocente spirò!... Loredano Uniti or qui ne vedi Doge a ricever da te l’anel ducale... Ed io il cielo placato sperai! Doge me infelice! più figli non ho! (alzandosi impetuoso) Da me non l’otterrà forza mortale!... (Vacillando si abbandona sul seggiolone) Due volte in sette lustri, dacché Doge io sono, ben due volte Lucrezia chiesi abdicare, e me’l negaste voi... Più non vive... l’innocente Di più... a giurar fui stretto.... s’involava a’ suoi tiranni!... che Doge morirei!... forse in cielo degli affanni Io, Foscari, non manco a’ giuri miei. la mercede ritrovò. Sorga in Foscari possente Barbarigo, Loredano, Consiglieri e Giunta più del duolo or la vendetta... Cedi, cedi, rinunzia al potere, tanto sangue un figlio aspetta o il Leone t’astringe a obbedir, quante lagrime versò. cedi, cedi.

(Parte.) Doge Questa dunque è l’iniqua mercede, che serbaste al canuto guerriero? [15. Scena ed Aria finale] Questo han premio il valore e la fede, che han protetto e cresciuto l’impero? Scena ottava A me padre un figliuolo innocente Doge ed un Servo. voi strappaste, o crudeli, dal core! A me Doge pegli anni cadente Servo or del serto si toglie l’onor! Signor! chiedon parlarti i Dieci... Barbarigo, Loredano, Consiglieri e Giunta Doge Pace piena godrai fra tuoi cari... (Che bramano da me?...) (al servo che esce) Doge Entrino tosto... Fra miei cari?... Barbarigo, Loredano, Consiglieri e Giunta A quale onta novella ... cedi alfine; ritorna a’ tuoi lari. mi serbano costoro! Doge Fra miei cari?... Rendetemi il figlio: Scena nona desso è spento... che resta?... Doge, Barbarigo ed i Membri del Consiglio dei Dieci e Giunta, fra i quali è Loredano, che gra - Barbarigo, Loredano, Consiglieri e Giunta vemente entrano e, dopo inchinato il Doge, gli Obbedir. si dispongono intorno. Doge Doge Ah! rendetemi il figlio ecc. O nobili signori, che si chiede da me?... v’ascolta il Doge... Barbarigo, Loredano, Consiglieri e Giunta Cedi, cedi... (Si ripone in capo il corno ducale) Doge Che venga a me, se lice, Loredano la vedova infelice... Il Consiglio convinto ed il Senato, che gli anni molti e il tuo grave dolore (Uno esce) imperiosamente A voi l’anello... Foscari ti chieggono un riposo, ben dovuto più Doge non sarà. a chi tanto di patria ha meritato, dalle cure ti liberan di Stato. (consegna l’anello ad un senatore)

18 Consiglieri e Giunta Lucrezia, Loredano Tosto la gemma infrangasi. Quel bronzo / Il suono ferale, che intorno rimbomba, Loredano com’orrida tromba (va per torgli di capo il corno ducale) vendetta suonò! Deponi ogn’altra insegna... Barbarigo Doge Quel bronzo ferale (a Loredano) pel vecchio rimbomba, Non mi toccare, o misero... più presto la tomba n’è la tua destra indegna... dischiudergli può!

(consegna il corno ad altro senatore, un terzo lo Doge spoglia del manto.) Quel bronzo ferale ecc.

Scena ultima Consiglieri e Giunta Detti, e Lucrezia. Tal suono ferale, che all’alma rimbomba, Lucrezia più presto la tomba Padre... mio prence!... dischiudergli può! Doge Doge Principe! D’un odio infernale ecc. (con passione) Lo fui, or più nol sono... Lucrezia Chi m’uccideva il figlio, Ah! nell’ora fatale ora mi toglie il trono... sii grande, sii forte, Vieni, vieni, fuggiam di qui. maggior della sorte che sì t’oltraggiò! (Prende per mano Lucrezia e s’avvia, quando è colpito dal suono delle campane di San Marco; Barbarigo, Consiglieri e Giunta con disperazione) Ah! troppo fatale quest’ora tremenda, Che ascolto! Oh ciel! salutano la sorte più orrenda me vivo un successor! su desso gravò!

Loredano Loredano (avvicinandosi al Doge, con gioia) Ah, quest’ora fatale, In Malipier, di Foscari bramata dal core, s’acclama il successor. più dolce fra l’ore alfine suonò! Barbarigo, Consiglieri e Giunta (a Loredano) Doge Taci, abbastanza è misero; Ah! morte è quel suono! rispetta il suo dolor. Lucrezia Lucrezia Oh cielo! Già di Foscari Fa’ core... s’acclama il successor! Doge Doge Mio figlio! mio... (da sé, nella massima commozione) Quel bronzo ferale, (cade morto) che all’alma rimbomba, mi schiude la tomba... Lucrezia, Barbarigo, Consiglieri e Giunta sfuggirla non so. D’angoscia spirò! D’un odio, d’un odio infernale la vittima, la vittima sono... Loredano (con disperazione) (scrivendo sopra un portafoglio che trae dal se - più figli, più trono, no) più vita non ho!... Pagato ora sono!

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