intervista Mauro Forghieri Il signore in rosso

Quando si trattava di realizzare i potenti 12 cilindri delle più veloci auto del mondo, Mauro Forghieri era un mago. Ma oggi riesce con la stessa disinvoltura a creare monocilindri a 4 tempi per kart.

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AUTOMOBILE | SETTEMBRE 2009 PER UN QUARTO DI SECOLO HA DIRETTO IL REPARTO CORSE DELLA . SI È IMPEGNATO SU TUTTI I FRONTI, DALLA FORMULA UNO ALLE GARE IN SALITA, CONTRIBUENDO A CREARE IL MITO DEL CAVALLINO. OGGI, A 73 ANNI, CONTINUA A LAVORARE NEL MONDO DELLE COMPETIZIONI. E SUL FUTURO DELL’AUTOMOBILE, HA IDEE BEN CHIARE...

Testo: Marco Centenari | Fotografie: Romana Rocco

sempre emozionante trovarsi al cospet- to di uomo che ha costruito auto da cor- Èsa. Se poi si chiamano Ferrari, l’emozio- ne è più forte. Provammo una sensazione si- mile tanti anni fa di fronte a un certo Colin Chapman, inglese. O quando Dante Giacosa, torinese, ci raccontò della Fiat a turbina che nel 1954 avrebbe dovuto fare i 300 all’ora col rumore di un caccia F86, quello dei Diavoli Rossi. Le Frecce Tricolori non erano ancora nate quando io e quelli che sarebbero diven- tati miei colleghi andavamo alle elementari col grembiule nero e guardavamo le auto che pas- savano alla Mille Miglia. Avevamo anche sen- tito, o letto su uno dei pochi giornali che cir- colavano allora, che era morto a un grande pro- gettista di auto da corsa, Ferdinand Porsche. Chi pensava allora che un giorno io e Roma- na Rocco ci saremmo trovati davanti al mode- nese Mauro Forghieri? Ci siamo, è lui, ha 73 anni e sembra un giova- notto, in maglione rosso e calzoni grigi. È mol- to alto. Cosa gli possiamo chiedere? Del suo passato alla Ferrari? Lo sappiamo tutti: 26 an- ni a , massimo e unico responsabi- le del reparto corse. Tra l’altro è uscito di re- cente un suo bellissimo libro, scritto in colla- borazione con un caro amico e collega, Danie- le Buzzonetti: Trent’anni di Ferrari e oltre. Un te- sto che meriterebbe di essere inserito fra i li- bri scolastici su cui abbiamo studiato la sto- ria. Che cosa chiedo a Mauro? Lui capisce. «Vieni, facciamo un giro così vedi come lavo- riamo qui». L’azienda si chiama Oral Enginee- ring, ed è sulla strada per Maranello. «Faccia- mo le moto per la Superbike, facciamo i mo- tori per i kart da competizione. Abbiamo fat- to i motori di Formula Uno per la Lamborghi- ni e la BMW». Fanno un sacco di cose, di tecnologia molto avanzata. Persino una city car elettrica. Mau- ro sa che non siamo dei tecnici, non si dilun- ga in dissertazioni di cui capiremmo poco. Ci mostra le sale prova dei motori, con freni di- namometrici fino a 1.000 CV, ci fa vedere un’at- trezzatura speciale che a motore spento illu- mina le turbolenze all’interno della camera di scoppio. Ci fa vedere un sacco di belle cose, futuribili, ci fa sentire la sua voce quando di- ce «bravo» a uno dei giovani tecnici che ha la- vorato a un nuovo progetto. Ci fa vedere il sor- riso del ragazzo che ringrazia per l’apprezza- mento. È amato, ha carisma. È Mauro Forghie- ri. Chi? Quello spilungone appena uscito dal- 35

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l’Università? Sì, lui si comporta come un gio- vane ingegnere sperimentatore che studia, che prova, che parla con i suoi, che tenta soluzio- ni nuove. Fa finta di niente, ma loro sanno chi è e che cosa ha fatto. Sembra un po’ più teso quando torniamo nel suo ufficio e si siede sulla poltrona dominata dalla gigantografia di un vecchio 12 cilindri Ferrari. Non è una foto: è un quadro, dipinto a mano. «Ma chi l’ha fatto? Sembra proprio una foto», dice Romana che se ne intende. L’ha fat- to il figlio di Maria Pia Fanfani, è molto bravo a disegnare e dipingere, e glielo ha regalato. Mauro è teso perché immagina che gli chiede- remo dei suoi trascorsi alla Ferrari. No. Secondo te, ingegnere, dove andremo a finire con l’automobile di oggi? Si illumina. «L’attuale motore a scoppio, o a ciclo diesel, ha ancora infinite possibilità di sviluppo. Sem- bra assurdo perché sono più di cent’anni che usiamo questo motore. E invece penso che sia- mo ancora agli inizi. Abbiamo fatto poco e ci sono ancora molto traguardi da raggiungere. Basta pensare al rendimento che, nel miglio- re dei casi, arriva al 40%. Tutto il resto viene sprecato e, in termini molto semplicistici, va a finire in inquinamento. Il motore elettrico invece ha un rendimento del 90%, spreca mol- to poco e sarebbe molto più vantaggioso. Il problema è l’immagazzinamento dell’energia,

Dopo l’esperienza a Maranello, Mauro Forghieri ha lavorato per e . Nel ’95 ha fondato la Oral Engineering, che si occupa di ricerca e sviluppo per il settore motoristico. Nella foto grande, è seduto alla scrivania. Alle sue spalle, il “ritratto” di un 12 cilindri Ferrari.

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La Oral Engineering di Forghieri si sta occupando dello sviluppo della moto del team Stiggy con motore Honda per il mondiale Superbike.

voglio dire del serbatoio. Fin che andiamo 500, con un motore che più semplice non si c’era un ragazzone pagato la cinquantesima avanti con le batterie odierne, che non sono poteva, o la 128, o la 127. Questa è stata la sua parte di Giacosa che lavorava 50 ore al giorno. molto dissimili da quelle di un secolo fa, il pro- grandezza: concepire e realizzare veicoli effi- E se il commendator Ferrari strillava perché blema non si risolve. Anche se può essere una cienti entro limiti di prezzo ristrettissimi ma le Lotus o le Ford andavano più forte, Mauro soluzione minima per il traffico nei centri ur- capaci di andare sul mercato». strillava più di lui. E la volta dopo vinceva. È bani, dove c’è concentrazione. Il car sharing, È vero, lo dicono tutti che realizzare un’utili- una storia incredibile, meravigliosa. È storia per esempio, con auto elettriche pubbliche a taria è più difficile che fare una Ferrari, per- vera, testimoniata, scritta. gettone o a scheda. Ma se voglio andare da ché bisogna lavorare entro limiti rigorosi di Mauro Forghieri è l’uomo che più di ogni al- a Roma, devo per forza usare un mo- prezzo, di dimensioni, di linea e soprattutto tro ha contribuito a creare il mito Ferrari. Sen- tore endotermico». di competitività commerciale. Mauro Forghie- za di lui, il vecchio commendatore non sareb- E l’idrogeno, la fuel cell? ri ha fatto questo con le auto da corsa Ferra- be arrivato a tanto. «Belle cose, del futuro. Non so se io e te le ve- ri. Limiti economici ristrettissimi imposti dal Mauro non se ne vanta, anzi tende a cambia- dremo. Forse i nostri figli. Citavi prima l’in- Commendatore, come quelli che il professor re discorso. Sì, qualche “primogenitura” con gegner Giacosa, un grande, che aveva fatto per- Valletta imponeva a Giacosa. Le Fiat doveva- la Ferrari l’ha avuta: come l’iniezione diretta, fino l’auto a turbina. Idea meravigliosa, ma no essere vendute, le Ferrari dovevano vince- l’aerodinamica, gli alettoni... forse anche nel quante ce ne sono in giro oggi dopo sessan- re. La Fiat vendeva, la Ferrari vinceva. A Tori- caso della monoscocca ci sarebbe da dire. La t’anni? Neanche una. E allora cos’ha fatto? La no c’era un genio come Giacosa, a Maranello struttura a nido d’ape no, quella gliel’ha fatta 38

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un inglese. Il 12 cilindri piatto, certo, ma il pro- blema è che lui doveva combattere su più fron- Pagine di una storia colorata di rosso ti. Non solo la Formula Uno. C’era la Formu- la Due, c’era il Mondiale marche con le sport- prototipi, c’era perfino il Campio- nato della montagna. Tutto sul- le sue spalle. C’era da fiondarsi a destra e a sinistra, da una pista al- l’altra, da un continente all’altro. Come quella notte che dovette af- fittare un’auto a Boston per raggiun- gere Montreal, in mezzo a una bu- fera di neve. Da solo. Qualche accen- no ai ricordi, nessuna recriminazio- ne, nemmeno sul fatto che il commen- datore si dimenticò di dargli la liqui- dazione, quello che oggi chiamiamo tfr. Poca importanza. Belli invece i ricordi dei suoi collabo- ratori tecnici: Rocchi, Salvarani, Farina, Bellei, Maioli... gente che ha lavorato co- me lui. E dei direttori sportivi come Dra- goni e Montezemolo. O dei meccanici co- me Borsari e Cuoghi, che lui per primo aveva messo a capo di due squadre distin- te, una per Regazzoni e una per Lauda. Sprazzi di memoria, niente di apologetico, parole buone per tutti. Come per quel picco- lo, grande, immenso collaudatore di . Per Surtees, per Bandini, Villeneuve, Scheckter. Recriminazioni? Nessuna. È stato e Mauro Forghieri. Soli con- faticoso ma bello. tro tutti. Gli avversari, i regolamenti, i po- Difficile capire un uomo del genere, è a un li- litici. Due uomini diversi per età, cultu- vello troppo alto. È come se Dante Alighieri ci ra, vocazione. Ma che insieme hanno parlasse di un paio di testi che ha buttato giù sempre fatto tremare il mondo dell’au- per le musiche di Baglioni. E la Divina Comme- tomobile. Non c’è stata coppia più te- dia? Ah quella? Quella è acqua passata, parla- mibile nella storia delle auto da corsa. tene con Benigni. Talento e ingegno, impresa e passione. No Mauro, per favore, dicci almeno qualcosa Dire che il libro di Mauro Forghieri (edi- della situazione attuale della Ferrari. Perché to da Giunti, 240 pagine di testo, 24 di vanno più forte le Brawn o le Red Bull? In alto la copertina del libro e, nella foto grande, immagini, prezzo 20 euro), magistral- «Credo che sia colpa del duello della stagione Forghieri con Enzo Ferrari. Qui sopra, un’immagine mente orchestrato dal collega Daniele passata, nelle ultime gare, quando Massa e Ha- del GP di Monaco del 1970: Forghieri parla con Gianni Buzzonetti, è una biografia o una cro- milton si giocavano il titolo. Ferrari e McLa- Agnelli e Franco Gozzi, direttore sportivo della nologia di trent’anni di vita della Ferrari ren hanno concentrato tutte le loro forze su stagione. Davanti a loro la nuova Ferrari siglata 312B. sarebbe troppo riduttivo. È un testo di quella fase mentre gli altri, che ormai erano storia vera, documentata, umanissima. fuori, pensavano già al futuro. Ma vedrai che È come se Mauro Forghieri avesse co- la Ferrari recupera». struito una nuova monoposto di Formula 1 e, anziché metterla nelle capaci mani di , di Per gente del nostro mestiere, che in quaran- o di , avesse deciso di affidarla a Daniele Buzzonetti. Che ha vinto. t’anni ne ha viste di tutti i colori e di tutte le facce, la commozione è un sentimento che non esiste. La paura sì, quella c’è sempre, non so- lo in casi drammatici come la guerra o il ter- remoto. Anche di fronte a personalità forti. Avevamo paura di Forghieri e invece, mentre lasciamo la Oral, in via Decorati al Valor Mi- litare 40, Baggiovara, Modena, traversa della grande via Ingegner Pietro Giardini che porta a Maranello e all’Abetone, una lacrimuccia ci è scesa. Anche a Romana, che fa finta di nien- te riponendo gli obiettivi del suo armamento Ancora Forghieri. Da sinistra: con Regazzoni; con Scheckter; con il collega Tommaso Carletti. fotografico. Ciao Mauro, e grazie. 40

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