centro documentazione e studi cassinati

LuiGi serra i diritti di Passo neL reGno di naPoLi e Le tariFFe su Pietra neL

edizioni cdsc onlus cassino 2006

cdsc onLus centro documentazione e studi cassinati

LuiGi serra

i diritti di Passo neL reGno di naPoLi e Le tariFFe su Pietra neL moLise

cassino 2006 tutti i diritti sono riservati

© - cdsc onlus 2006

Edizione di 200 copie fuori commercio in copertina la taverna di dove una volta veniva riscos - so il passo; disegno dal vero di Gino alonzi. Premessa

nel corso dei millenni e prima di arrivare ai supporti moderni , l’uo - mo si è avvalso di tutti gli strumenti possibili per le sue rilevazioni contabili e, più in generale, per la disciplina ed il controllo dei rappor - ti economici. un posto nella vasta casistica è occupato dalle pietre, uti - lizzate sia direttamente nella viva roccia dove si sono formate nelle ere geologiche – come nel caso delle incisioni rupestri – sia come lastre incise ed esposte nei luoghi di passaggio, per portare a conoscenza del pubblico aspetti salienti della vita economica e sociale. Molto noti fra gli studiosi di storia della ragioneria sono i rendi - conti su lastre marmoree di delo nell’antica Grecia giunti fino a noi. le pandette su pietra relative ai passi nel regno di napoli, invece, con - tengono le tariffe dei passi, di cui mi occupo in questa ricerca. i diritti di passo rientrano tra le tariffe in senso stretto, se dovuti die - tro una controprestazione da parte di chi li riscuote, o tra le imposte indirette in caso contrario. ovviamente passando da una categoria all’altra senza soluzione di continuità, perché spesso si è trattato di pedaggio corrispondente solo in parte ad una controprestazione e per il resto ad una imposta vera e propria. così concepiti, i passi, fra i quali rientrano anche i dazi di importazione, i diritti portuali, quelli per l’at - traversamento dei fiumi con le scafe 1, ecc., ecc., hanno una origine molto antica. Già in Grecia, se non anche per i tempi anteriori, si riscontra un dazio di importazione, che era del 2% sul valore delle merci, mentre più alte erano le tariffe egiziane 2. a roma, fin dai primi tempi, si pagava il “portorio”, che poi venne esteso alle province; durante la repubblica c’erano anche i passi pagati dietro una contro - prestazione, come l’attraversamento di un ponte “pontaggio o pontati - co” oppure di un fiume con la scafa “scafaggio o pontonaggio”.

1 la scafa era una zattera trainata tra le due sponde del fiume dove mancavano i ponti. Molto diffuse anche nel cassinate durante il medio evo, alcune sono rientrate in funzione dopo la seconda guerra mondiale, fin quando non sono stati riedificati i ponti fatti saltare dai tedeschi in ritirata. Ma fino allo stesso periodo è rimasta in funzione anche qualche scafa esistente fin dal medio evo, in punti dove il primo ponte è stato realizzato solo mezzo secolo fa. luigi serra, Diritto di transito sulle scafe di Montecassino nel medio evo , in rivista italiana di ragioneria, 1999, n. 11- 12, pagg. 646-53. 2 amintore Fanfani, storia economica, parte i, pag. 55.

– 5– *** con la caduta dell’impero romano e la lenta decadenza dell’unità politica ed economica del suo vasto territorio, si moltiplicarono sem - pre di più le frontiere interne e con esse i dazi da pagare. con il feu - dalesimo i diritti di passo si diffusero ovunque perché, vista anche la facilità per riscuoterli, ogni signorotto non voleva rinunciare a questo ragguardevole vantaggio che, però, intralciava notevolmente i già ridotti traffici commerciali e faceva lievitare.i prezzi. né mancavano abusi perché, come sinteticamente rileva il Fanfani, “con diritto o senza, sulle vie, sui confini del feudo, nei passi montani, ai ponti, ai guadi, frequentemente il mercante occasionale o di professione era angariato con la riscossione dei pedaggi; e al pagamento di dazi si era sottoposti alle porte di città, agli approdi nei mercati” 3. Ma, come vedremo, oltre alle merci a volte pagavano anche i beni personali e perfino le persone, secondo una casistica molto articolata. il diritto di passo prendeva i nomi più strani, a seconda del mezzo di trasporto usato e del luogo di riscossione: portatico, sommatico, rota - tico, ripatico, pontatico, scafatico, vallatico, stratatico, pedatico, carra - tico, ecc. 4 abitualmente il tributo veniva riscosso dove era stata realiz - zata un’opera – come il ponte, il porto, il traghetto del fiume con la scafa – oppure dove c’era un ostacolo naturale – come il valico, il fon - dovalle, il guado del fiume, ecc. Però si parla anche di ostacoli creati artificialmente con il solo scopo di poterlo esigere, come in Provenza, dove furono tese delle funi attraverso le strade, che venivano abbassa - te per far passare i mercanti solo dopo aver pagato quanto richiesto 5. in fondo, se non c’era un’opera realizzata da qualcuno, che doveva essere compensato, il passo, sia naturale, come il valico, o artificiale, come le funi tese, veniva sfruttato sempre ed esclusivamente per la riscossione di una imposta indiretta. i passi proliferarono ovunque, specialmente sulle strade più impor - tanti, tanto che nei secoli Xii e Xiii, lungo la via Francigena se ne con -

3 a. Fanfani, op. cit., pag. 204. la situazione appare ben inquadrata da quella scena che, in un film del quale non ricordo il titolo, si svolge alla porta di una città: il pedone paga un soldo per entrare ma, avendo fatto qualche passo indietro, poi deve pagare di nuovo per attraversare la porta. 4 a. Fanfani, op. cit., pag. 222; luigi Fabiani, La terra di San Benedetto , vol. ii, pag. 376. 5 a. Fanfani, op. cit., pagg. 204-05.

– 6– tavano 11 nel tratto tra il Po a Piacenza e l’arno a Fucecchio 6. con gli abusi e le vessazioni c’erano obblighi paradossali o umilianti per i viaggiatori; così la prepotenza dei feudatari poteva portare alla richie - sta di un denaro in più, oltre il pedaggio abituale, al passeggero con qualche deformità fisica; in Provenza, dove sembra che la prepotenza sia stata maggiore, i giullari ed i menestrelli dovevano esibirsi in gio - chi, esercizi e corteggiamenti alla presenza della dama del castello, il pellegrino doveva cantare una romanza, il moro doveva gettare per l’a - ria il suo turbante e contare 5 soldi, “gli ebrei erano obbligati a porsi i calzoni in testa ed a recitare un pater nel dialetto del paese” 7. i passi nel regno di napoli

nel regno di napoli i passi sono rimasti in vigore fino al 1792, quando ormai erano stati aboliti negli altri stati italiani e quando era già scoppiata la rivoluzione Francese, che poi travolse tante cose anche in italia. Qui i passi dovuti dietro una controprestazione erano molto antichi, mentre quelli pagati come imposta, perché senza alcuna controprestazione, furono introdotti dai normanni nell’Xi secolo e passarono attraverso alterne vicende, con vari tentativi per regolamen - tarli e ridurne il numero, seguiti da periodi di turbolenta espansione al di fuori di qualsiasi controllo. in un primo tempo i normanni riserva - rono questo diritto allo stato, che lo riscuoteva direttamente con i suoi funzionari, oppure che lo dava in appalto ai privati. successivamente cominciarono a concedere in perpetuo i feudi con tutti i diritti relativi ai feudatari, che li potevano trasmettere ai propri eredi, discendenti naturali o meno che fossero 8. nei periodi di maggiore anarchia i baroni moltiplicarono i passi, che raggiunsero il numero di 800 in tutto il regno, a volte li spostarono da un punto del feudo all’altro, per poter controllare meglio i viandanti, e crearono i cosiddetti “passitelli” o “passi traversi” nelle vie seconda - rie, per poter estendere il tributo anche a quei viandanti che non pas - savano per la via principale per non allungare il percorso, oppure che la abbandonavano proprio per evitare il pedaggio; gli stessi baroni 6 Gino luzzatto, in Enciclopedia Italiana , voce “pedaggio”. 7 novissimo digesto italiano, voce “pedaggio”, che cita altra fonte. 8 vincenzo iacovetti, Saggio storico, critico, legale sovra gli aboliti passi nel Regno di Napoli , pagg. 3-6.

– 7– aumentarono le tariffe, a volte anche in misura consistente. sulla via da a napoli si contavano ben 8 passi nello spazio di 50 miglia, pari a circa chilometri 92,5, con una media di un passo ogni 12- 13 chilometri; altri 8 passi si contavano sulla strada di 9. Questi erano ubicati anche nei pressi dei tratturi, caratteristici di questa regione, attraverso i quali transitavano, fino ai tempi recenti, le numerose greggi durante la transumanza tra l’abruzzo e la Puglia, e dove è evidente che non c’erano opere realizzate dall’uomo. lo iacovetti ha cercato anche di classificare i numerosi passi, dividendoli in ben 7 categorie 10 . Federico ii con la sua politica accentratrice, tesa anche a ridimen - sionare il potere dei feudatari ed a favorire il commercio, pensava di abolire i passi, ma solo dopo aver liberato i baroni dalle relative con - troprestazioni. Però, assetato sempre di denaro nonostante l’introdu - zione di nuove imposte, a causa della sua dispendiosa corte viaggian - te e per le tante guerre intraprese, rinviò la loro abolizione a tempi migliori, e poi non ne fece più nulla 11 . ai tempi di carlo ii d’angiò (1285-1309) i passi furono aboliti, anche se, visto le vicende successive, sorge legittimo il dubbio che la loro riscossione non sia cessata veramente del tutto. comunque carlo iii di durazzo (1381-86), pressato dalle necessità belliche durante la guerra di successione contro luigi d’angiò, chiese aiuto ai baroni, che accorsero a sostenerlo; però questi in compenso ottennero la conserva - zione dei passi senza controprestazione, che erano stati istituiti senza giusta causa. siamo in un periodo di vera anarchia in cui, “postisi i baroni e le principali città del reame in una specie di licenza, attesero ad imporre nuovi dazi e nuovi diritti di passo nelle loro terre e giuri - sdizioni come se fossero sovrani”, mentre carlo iii “fu obbligato.con - cedere tutto quello che essi si fecero a domandare” 12 . in questo periodo la potenza dei baroni arrivò al punto di opporsi alla costruzione dei ponti, per non vedere deviate le linee del traffico che avrebbe danneggiato i loro feudi, soprattutto con la diminuzione

9 antonino di iorio, Alcuni aspetti della viabilità medievale e moderna: la esazione dei pedaggi attraverso i secoli , in “Misura - rassegna trimestrale di abruzzesisti - ca”, 1988 n. 2-3, pagg. 37-38, che cita altra fonte. 10 v. iacovetti, op. cit., pagg. 24-25. 11 v. iacovetti, op. cit., pag. 53 e seguenti. 12 lodovico Bianchini, Della storia delle finanze del Regno di Napoli , pag. 124. – 8– delle entrate provenienti dalla gestione dei passi 13 . con un editto del 1400 i passi furono di nuovo vietati, ma con l’av - vento della regina Giovanna ii (1414-35) i baroni, approfittando sem - pre della debolezza della situazione, non soltanto reintrodussero l’esa - zione dei passi già aboliti, ma ne crearono anche dei nuovi e ne aumen - tarono il pedaggio che, in alcuni casi, raggiunse la ragguardevole cifra di 15 carlini (1 ducato e ½) per ogni soma. come in un andirivieni, abolizioni e ripristini si susseguirono più volte, ed ecco che con alfonso i d’aragona ( 1442-58) i passi vennero di nuovo proibiti, almeno formalmente. Ma egli, bisognoso di tanto denaro come tutti i sovrani spagnoli che dominarono nel regno di napoli, dovette cedere alle richieste dei baroni, per cui, nonostante la sua buona volontà, sostanzialmente non approdò a nulla e vane restarono le iniziative intraprese in merito dalla regia camera. drastico, invece, fu l’intervento del suo successore Ferdinando i (1458-94), che nel 1469 ridusse i passi a 29, dopo averne aboliti ben 182; restarono in vigore quelli più antichi concessi dai normanni e dagli svevi, che potevano essere esatti in un solo posto. nella sop - pressione egli non risparmiò nemmeno i suoi parenti e, con un editto del 28 novembre 1471, impose ai baroni di mettere nei punti della riscossione una pietra con le insegne regali, che recasse la tariffa con l’indicazione delle merci soggette al pedaggio e la somma da pagare per ognuna. Poi un’altra lapide, con l’elenco dei passi soppressi, dove - va essere messa in tutti i punti dove questi erano stati proibiti. il pedag - gio, ridimensionato negli importi, poteva essere riscosso solo sulle merci che vi transitavano per il commercio 14 . l’ incisione su lastre di pietra di sentenze importanti destinate a valere nel tempo era in uso già presso i romani. Proprio nel Molise, negli scavi di sepino sono incise, all’esterno della porta di Boiano, gli estratti di tre lettere, che intimano ai magistrati di sepino e di Boiano di smetterla con le loro angherie ai danni delle greggi regie che, diret - te in Puglia, transitavano sul posto; comportamento che causava “un grave nocumento alla cassa imperiale” 15 . 13 antonino di iorio, op. cit., pag. 41, che cita anche altra fonte. 14 l. Bianchini, op. cit., pag. 192; v. iacovetti, op. cit., pag. 113. 15 Filippo coarelli – adriano la regina, Guida archeologica Laterza: Abruzzo e Molise , pagg. 212-14. le lettere, che risalgono agli anni 169-72 d. c., evidenziano tutto l’iter non facile della pratica. Gli appaltatori delle mandrie imperiali si lamentano con un aiutante

– 9– Quello di Ferdinando i fu sicuramente un provvedimento che deno - ta gli abusi ricorrenti e diffusi, e che diede i suoi frutti durante la sua vita e per qualche tempo ancora, ma poi la situazione ricadde nella solita anarchia dei baroni e puntualmente rispuntarono come funghi tutti i passi soppressi, ai quali se ne aggiunsero altri. Fra l’altro, per eludere la tariffa, vennero anche danneggiate gli importi incisi sulle pandette di pietra per renderli illeggibili ai passanti 16 . del resto ai tempi dei viceré, nei periodi di anarchia, anche le tariffe doganali veni - vano alterate dagli arrendatori che ne avevano affittato la riscossione perché, oltre alla tariffa stabilita dallo stato, riscuotevano anche un’ad - dizionale aggiunta di propria iniziativa 17 . in questi anni più volte i baroni bussarono al re per avere il ricono - scimento ufficiale dei passi da loro istituiti, adducendo varie motiva - zioni, e nel 1505 ottennero da Ferdinando il cattolico (1479-1516) quanto avevano richiesto. nel 1569, sotto Filippo ii di spagna (1554- 98), fu fatto un nuovo tentativo con la riduzione dei passi a 104 18 . Fra i tanti stratagemmi dei baroni per sfuggire alla soppressione, forse bisogna inserire anche il fatto che il registro conservato presso la regia camera contenete i decreti di proibizione, presenta 28 fogli strappati. ci dovette essere grande confusione se, come riporta sempre lo iacovetti, alcuni passi, vietati nel 1469, furono reintrodotti nel 1508 e riscossi fino alla soppressione generale del 1792; mentre qualche altro passo, come quello di san Germano (oggi cassino), pur non essendo stato soppresso nel 1469, nel 1508 non veniva riscosso 19 . i vari tentativi rimasero spesso una pura formalità perché, non - del ragioniere Generale dell’imperatore, dal quale dipendono le greggi, facendo presente che i magistrati di sepino perseverano con il loro “comportamento ingiu - stificato” e non intendono tener conto di qualsiasi intervento superiore, per cui con - sigliano di rivolgersi ad alcuni prefetti del pretorio e far scrivere direttamente ai magistrati molisani. Quindi, il ragioniere Generale – un liberto di nome cosmo – segue la strada suggerita e i prefetti da roma intimano ai responsabili di astenersi dalle loro violenze, minacciando, in caso contrario, un’inchiesta con i conseguenti “opportuni provvedimenti”. 16 v. iacovetti, op. cit., pag. 193. Praticamente successe quello che fanno oggi alcuni locali pubblici che espongono i listi dei prezzi in posti scarsamente visibili, in modo da poter maggiorare il prezzo delle prestazioni, specialmente se capitano clienti stranieri. 17 l. Bianchini, op. cit., pag. 435. 18 v. iacovetti, op. cit., pag. 133 nota. 19 v. iacovetti, op. cit., pagg. 136-38. – 10 – ostante la previsione di pesanti multe, le disposizioni relative veniva - no largamente disattese. nel 1690, con un nuovo tentativo, carlo ii (1665-1700) mandò un ispettore a verificare i passi, che erano saliti a 800, per accertare quelli abusivi. Furono controllate le tariffe, che dovevano essere uniformi a quelle.del passo più vicino, purché queste ultime fossero state approvate dalla regia camera; venne ribadito l’or - dine di.erigere le pandette nei punti di riscossione, con l’indicazione del pedaggio 20 . con l’intento di accelerare la definizione delle tante controversie, carlo ii ordinò alla regia camera di trattare le cause relative una volta alla settimana, ma questa, con un occhio di riguardo verso i baroni, andò avanti molto a rilento e nell’arco di 8 anni (1688-96) proibì un solo passo, ne permise altri 45 a seguito di transazioni e ne istituì due nuovi. si giunse a tassare anche gli attrezzi agricoli e gli strumenti di lavo - ro, le provviste per la famiglia e quelle per l’esercito, i bambini, ecc.; si discusse se dovessero pagare il pedaggio anche le prostitute, i loro protettori e perfino i cadaveri. vedremo che in alcuni casi, tra quelli da me studiati, le prostitute pagavano effettivamente il pedaggio, mentre nelle tariffe non c’è traccia per i morti. anche con questo tentativo di riordino dei passi, come del resto in tutti quelli fatti in precedenza, si diedero ai baroni termini perentori e ristretti per la presentazione dei titoli relativi, poi prorogati una o più volte perché molti non avevano ottemperato all’ordinanza. Per i passi istituiti o reintrodotti abusivamente c’erano poi anche le multe e l’ob - bligo di versare al fisco le somme riscosse indebitamente; ma i baroni, per non esibire i titoli, che evidentemente non avevano, e per non resti - tuire quanto dovuto, finivano con l’offrire “al regio Fisco qualche centinaio di ducati sotto nome di transazione” 21 ; il Fisco accettava con la rinuncia a qualsiasi azione, mentre i baroni continuavano a riscuote - re il pedaggio. a distanza di tanti secoli, vediamo che tutto ciò coinci - de perfettamente con i vari condoni che il governo vara ai nostri gior - ni per apportare soldi al bilancio dello stato. comunque un ridimensionamento drastico ci fu effettivamente in quanto, verso il 1734, i passi erano scesi a 173 22 . Probabilmente diver -

20 v. iacovetti, op. cit., pagg. 155-56. 21 v. iacovetti, op. cit., pag. 209. 22 l. Bianchini, op. cit., pag. 306.

– 11 – si baroni, ben sapendo di non avere i titoli sufficienti per dimostrare il diritto sui passi istituiti abusivamente, li abolirono senza affrontare il giudizio della regia camera. così fu per il passo di campolato per l’attraversamento del fiume liri presso arce, dove c’era un ponte che consentiva soltanto il passaggio dei pedoni e delle bestie da soma, rea - lizzato probabilmente nel 1400. il ponte venne abbattuto proprio nel 1690, dopo che la regia camera aveva emanato una disposizione che vietava ai feudatari di avere due passi nello stesso territorio. la moti - vazione ufficiale fu quella di impedire il passaggio dei briganti, men - tre sostanzialmente si trattava di far scomparire un passo sul quale ormai il principe Gregorio Boncompagni-ludovisi (1642-1707) non poteva riscuotere più alcun diritto, avendone un altro più redditizio che esercitava nello stesso feudo 23 . l’abbattimento venne giustificato anche con la scarsa utilità pratica del ponte, che “poco o nulla avrebbe giovato essendo il fiume liri scarso tanto di acqua che fuori della stagione hiemale (invernale) si tra - gitta a guazzo e molte volte a piedi asciutti” 24 . affermazione quanto mai pretestuosa in quanto il liri ancora oggi non è guadabile in quel punto e meno che mai oltre 300 anni fa, quando sicuramente aveva una portata maggiore. si può ritenere molto probabile che, dovendo la gente pur attraversare il fiume in quel punto, il feudatario vi abbia impiantato un scafa, del resto con spesa contenuta, per il cui servizio i passeggeri avrebbe dovuto pagare il pedaggio, senza obiezione alcu - na 25 . nel 1734 i Borbone, istallatesi di nuovo nel regno di napoli e con indipendenza dalla spagna, cercarono subito di ridimensionare tutti i poteri dei feudatari; anche se non si proposero di abolire di un sol colpo il feudalesimo, cosa “che a quei tempi neanche con la forza delle armi si sarebbe potuto conseguire” 26 , lanciarono un avvertimento ai baroni e fecero nutrire qualche speranza al popolo. Fra l’altro

23 Ferdinando corradini, .di Arce in Terra di Lavoro. , vol. ii, pagg. 44 e 121-23. Fabio simonelli, Il culto di sant’Eleuterio , in:. Memorie di un paese, le immagini di Arce , a cura di romeo Fraioli, pag. 31, nota 15. 24 F. simonelli, op. cit., pag. 31, nota 15. 25 Più avanti vedremo che, quando crollò il ponte al passo de la lorda, il feudatario vi impiantò una scafa e si fece pagare contemporaneamente sia il diritto di passo che il pedaggio della scafa. 26 l. Bianchini, op. cit., pag. 435.

– 12 – Ferdinando i (1759-1825) fece preparare una nuova tariffa doganale dal supremo consiglio delle Finanze, nel quale sedeva anche Gaetano Filangieri, celebre economista, giurista ed avverso al latifondo ed al feudalesimo, che tanto intralciava lo sviluppo economico. sicuramente i Borbone dovettero interessarsi anche dei passi interni, vista la loro stretta vicinanza alle dogane; certo è che alcune pandette da me stu - diate fra quelle superstiti, risultano apposte sotto il loro regno. Maturati i tempi, sia pure con ritardo rispetto agli altri stati e men - tre la rivoluzione Francese sconvolgeva l’europa, Ferdinando iv (1759-1825), con decreto del 16 aprile 1792, abolì definitivamente i diritti di passo in senso stretto, o senza controprestazione. l’abolizione venne varata su proposta di nicola vivenzi, avvocato fiscale del patri - monio regio, ed a seguito dell’accertamento fatto nel 1777, quando emerse che a fronte di 245 passi autorizzati, ce ne erano altri 103 abu - sivi, oltre ad alcuni incerti 27 . egli, per lenire la stangata inferta ai baroni, stabilì anche un inden - nizzo per coloro che avessero dimostrato di aver ottenuto il passo in concessione dal re o di averlo acquistato da altri. Per l’abolizione di una così esosa imposta indiretta, che intralciava molto gli spostamenti di cose e persone, venne coniata anche una medaglia ricordo 28 . lo iacovetti, più volte citato e che si è occupato dettagliatamente della questione subito dopo l’abolizione, paragona Ferdinando iv ad “ercole liberatore.(che) vibrando un sol colpo, doveva atterrare quell’idra divoratrice, che vanamente fiaccata da tanti sovrani suoi predecessori, (invece) di rimanere in qualche maniera almen sconcer - tata, dalle replicate ferite aveva acquistato sempre maggiore vigore, e fermezza” 29 . È una descrizione che, al di là della retorica, descrive per - fettamente la situazione. ovviamente grande fu la festa per la popolazione, che vedeva abbat - tere le barriere con il relativo tributo. lo stesso autore, che circa un mese dopo fece un viaggio proprio nel Molise, ci descrive anche gli esattori dei passi ancora ai propri posti ed immusoniti, senza sapere

27 a. di iorio, op. cit., in Misura, n. 4, pagg. 29 e 33. 28 al diritto recava le teste del re e della regina e nel rovescio una ghirlanda intorno a due colonne, una delle quali spezzata, ed una catena rotta, per simboleggiare l’ab - battimento delle barriere; la scritta “Portoriis redemptis”e la data completavano il quadro. l. Bianchini, op. cit., pag. 449. 29 v. iacovetti, op. cit., pagg. 157-58.

– 13 – cosa fare dopo aver perso il lavoro, mentre tutti transitavano libera - mente, schernendoli col chiedere quanto dovessero pagare per non cadere in contrabbando, tanto che in uno di questi posti lo scherzo finì in una zuffa 30 . comunque, aboliti i passi, il carico fiscale, sia pure sotto una veste più razionale, si ripresentò subito a causa della guerra in corso; negli anni seguenti il governo centrale riversò sulle province diverse impo - ste straordinarie, che poi andavano sempre ad incidere sui cittadini 31 . se volessimo confrontare la situazione di allora con quella odierna, perché le ricerche storiche servono anche a questo, vediamo che ci sono molte similitudini perché, pur mancando gli sbarramenti delle strade e migliorati i sistemi di controllo, sostanzialmente il pedaggio, almeno per quanto riguarda il tributo da pagare, si sta diffondendo sempre più, ed a volte anche in modo alquanto arbitrario 32 . restarono i passi con controprestazione, come quelli per l’attraver - samento dei fiumi. Perciò c’è chi sposta la loro effettiva e definitiva abolizione al 1868, allorché il subentrato regno d’italia varò un piano organico per la costruzione delle strade, con le spese a carico delle pro - vince e dei comuni 33 . comunque, come già accennato, diverse scafe restarono in esercizio ancora per moltissimi anni 34 .

30 v. iacovetti, op. cit., pag. 15, nota. 31 l. Bianchini, op. cit., pagg. 449-50. 32 lasciamo stare i parcheggi a pagamento che si stanno diffondendo a macchia d’o - lio anche nelle cittadine di provincia, e veniamo ai passi carrabili fatti pagare anche dai comuni più piccoli; uno di questi ubicato nel cassinate, qualche anno fa, con il passo vero e proprio, impose un tributo per ogni allaccio di servizio con la via pub - blica (luce, acqua, telefono, ecc.). a volte anche il controllo dei limiti di velocità sulle strade può trasformarsi in un semplice diritto di passo: limiti troppo bassi rispetto alla strada percorsa; controlli sulle strade nazionali fatte dai comuni con postazioni dai cavalcavia e senza alcuna autorizzazione prefettizia; ecc., ecc. (a scanso di equivoci, dico che sono per il rispetto assoluto della legge e che non parlo minimamente per fatto personale). Ma ci sono altri casi che lasciano abbastanza perplessi, come quando si sente par - lare di pedaggio per automezzi.e per persone da far pagare per l’entrata in alcune grandi città turistiche; oppure, come mi è stato riferito da un’apposita agenzia, del “diritto di entrata” da pagare in certe città per i defunti che, deceduti fuori , vogliono tornare in quello di residenza per l’ultima dimora. 33 a. di iorio, op. cit. n. 4, pag. 33. 34 vedi nota 1.

– 14 – Le pandette contenenti le tariffe

abbastanza numerosi anche i passi esistenti nel Molise, se si pensa che dei 182 aboliti nel 1469, ben 70 circa si trovavano in questa regio - ne. sulla strada di isernia, dove si contavano 8 passi, se qualcuno non si fermava nel punto di riscossione perché non sapeva di dover pagare il pedaggio, gli esattori prima lo lasciavano procedere oltre, ma appe - na si era allontanato di pochi metri, gli bloccavano il carico per esige - re multe arbitrarie 35 . le pandette contenenti le tariffe ed ancora esistenti da queste parti si possono.dividere in due gruppi. in un gruppo si possono inserire quelle relative ai passi senza alcuna controprestazione, i cui pedaggi costituivano una semplice imposta, perché riscossi dove non era stata realizzata alcuna opera consistente, oppure questa era del tutto margi - nale rispetto al tributo richiesto. infatti se il ponte crollava e si creava un passaggio alternativo del tutto naturale, il pedaggio continuava ad essere riscosso come se nulla fosse accaduto. nell’altro gruppo ci sono le pandette dei passi pagati dietro una con - troprestazione, come nei punti di attraversamento dei fiumi con la scafa, dove c’erano i costi per la costruzione dell’approdo e della zat - tera, e quelli per la sua manutenzione e per il suo esercizio. ovviamente, vista la situazione generale sopra descritta, il pedaggio comprendeva anche una entrata aggiuntiva per il feudatario, che era una imposta vera e propria. c’è poi uno terzo gruppo di pandette che, pur non contenendo le tariffe, si riferiscono sempre ai pedaggi o ad altri aspetti della vita economico-commerciale. il passo di sesto campano era ubicato lungo l’attuale strada statale 85, che da caianello porta a ed isernia, e la relativa pandetta ora è murata nel castello dello stesso comune, che si trova a qualche chilometro di distanza, nella parte alta del paese. essa reca l’intesta - zione di carlo iii di Borbone (1734-59), fa riferimento ad una decisio - ne della regia camera di napoli del 1740 e dimostra l’intervento di questa dinastia, da poco sul trono del regno di napoli, anche nella razionalizzazione dei passi. il diritto spettava al marchese spinola della Zerda e poteva essere

35 Giuseppe Maria Galanti, descrizione dello stato antico ed attuale del contado di Molise, vol. ii, pag. 68. l’opera, citata da a. di iorio, op. cit., in Misura, n. 2-3, pag. 38, è dell’anno 1781, di poco precedente l’abolizione del 1792.

– 15 – riscosso solo in questo punto di tutto il feudo, dove c’era anche una taverna. nel 1508, dopo una decisione della regia camera, emessa dietro interessamento dei mercanti di napoli, in questo passo erano esenti dal pedaggio le derrate alimentari destinate alla capitale del regno; nel 1569, poi, in una delle tante verifiche il passo venne riconosciuto legit - timo. la pandetta, che è in lingua italiana come tutte le altre qui esamina - te, intima al rispetto della disposizione, “senza alterazione alcuna”, con la pena, in caso contrario, della perdita del passo per il barone e la reclusione di 3 anni per l’esattore 36 . chi si fosse sentito leso per qual - siasi motivo, si sarebbe potuto rivolgere alla più vicina autorità giudi - ziaria, che avrebbe poi rimesso la questione alla regia camera in napoli. si tratta di un chiaro avvertimento contro i tanti e ricorrenti abusi, già visti in precedenza. comunque, nonostante le diverse precauzioni – testo in italiano, pedaggio da riscuotersi in un solo posto e minaccia di pene per i tra - sgressori – la pandetta come tutte quelle simili, presenta gli importi in lettere che, se da una parte garantivano contro la falsificazione, dal - l’altra, con l’analfabetismo diffuso di allora, poteva portare a facili rag - giri da parte degli esattori. È noto che spesso l’analfabeta non sa leg - gere le parole ma riconosce i numeri; poi anche gli importi che, con - trariamente ad una tabella moderna, non sono in colonna, bensì sparsi nel corpo del testo, rendono ancora oggi difficile la lettura per una rapi - da individuazione del pedaggio dovuto per una determinata merce. comunque va pur detto che, essendo il testo lungo, queste lastre di pie - tra calcarea locale sono molto grandi, e la forma tabellare avrebbe richiesto sicuramente uno spazio maggiore; però la forma potrebbe aver fatto, sia pure marginalmente, il gioco dei feudatari. la tariffa base per tutte le merci era di 3 grana per salma 37 , che per il grano scendeva a 2 perché di primaria importanza nell’alimentazio - ne umana; per 100 capi grossi di bestiame di pagavano 50 grana e 25 per quelli piccoli – capre, pecore ed agnelli – che poi risalivano a 30 36 nella trascrizione di Francesco valente in un’opera ancora inedita. 37 Ho sintetizzato la tariffa nella tabella comparata con gli altri passi, però sulla pan - detta il pedaggio di 3 grana è ripetuto una infinità di volte, a fianco di ogni cosa indicata singolarmente. la salma o soma, misura convenzionale locale, era la metà del carico di un asino, che poteva portarne due sul basto: una a destra e l’altra a sini - stra. – 16 – grana per i porci ed i castrati 38 . la tariffa si applicava alle quantità inte - re ed in proporzione alle frazioni di merci o di centinaio di animali. erano implicitamente esenti le persone comuni, mentre le prostitute, che in altri posti dovevano pagare il pedaggio, qui erano esentate espressamente dalla pandetta. una volta pagato il diritto, si era esenti dal ripagarlo se si riattraversava il passo con le stesse merci. si percorrono pochi chilometri sulla stessa strada statale e si giunge al passo di Macchia d’isernia situato sul torrente la lorda, ai confini con , nel cui castello si trova attualmente murata la relati - va pandetta; a meno che non ci sia una omonimia, questo passo venne soppresso nel 1469 e ripristinato con la marcata limitazione intrapresa nel 1569. comunque in questa zona, piuttosto limitata, si parla anche dei passi di capriati al volturno e di venafro, dei quali non si cono - scono le relative pandette, perché mai apposte o andate perse. né è possibile stabilire se si è trattato di passi veri e propri, senza contro - prestazione, o di pedaggi delle scafe per l’attraversamento dei corsi d’acqua, che qui pure sono numerosi. comunque, nella continua proliferazione dei passi, seguita da ridi - mensionamenti e nuove proliferazioni, va rilevato che, fin quando i feudi di Monteroduni e di Macchia di isernia appartennero ad un solo feudatario, il passo si pagava solo sul torrente la lorda, ma quando il feudo di Macchia venne venduto ad altro feudatario al primo passo se ne aggiunse un secondo sul fiume cavaliere, tra Macchia e isernia. a parte l’intrigata matassa dell’accertamento dei diritti trasferiti con la vendita del feudo, resta il problema di fondo che ognuno voleva avere il proprio passo per riscuotere i relativi diritti. va aggiunto poi che ad un certo punto i ponti dei due passi crollarono, ma si continuò a paga - re il relativo diritto di passo pur senza trarne alcun beneficio; allora venne impartito l’ordine di ripristinarli e per facilitare l’attraversa - mento dei corsi d’acqua si costruirono delle scafe, “ma ne rimasero aggravati i passeggeri che, oltre ai diritti del passo, dovevano pagare il traghettamento per sé e per la merce trasportata” 39 . sul passo de la

38 un grano o grana era la centesima parte del ducato, che si divideva in 5 tarì ed il tarì in 20 grana; il carlino era di 10 grana e nel 1862, al momento dell’unificazio - ne monetaria dopo la proclamazione del regno d’italia, il ducato fu convertito in lire italiane 4,25, rispettando il contenuto in argento fino delle due monete, che era di grammi 5 al titolo di 900‰ per la lira e di trappesi 25,75 al titolo di 5/6 per il ducato (un trappeso=grammi 0,890997). 39 antonio Maria Mattei, Memorie storiche di Monteroduni , pagg. 71-72.

– 17 – lorda seguirono discussioni secolari, tanto che il relativo ponte fu riedificato solo nel 1780, alla vigilia della soppressione generale dei passi, con una spesa di 2.588 ducati 40 . tornando alla pandetta di Macchia d’isernia ancora esistente vedia - mo che essa è costituita da due grosse lastre di pietra sovrapposte, reca l’intestazione di Ferdinando iv di Borbone (1759-1825), è dell’anno 1762, ma si richiama ad una sentenza del 1570, anteriore di quasi due secoli; dalla relazione fatta dal razionale nel 1762 si precisa di appre - stare una tariffa su pietra e in lingua italiana. secondo Giuseppe de Giacomo, quella giunta fino a noi è la tradu - zione di quella del 1570, che era in latino 41 . comunque il testo latino sarebbe stato di ben difficile comprensione per i mercanti, soprattutto nell’individuazione delle merci; mentre sarebbe veramente molto inte - ressante il confronto dei pedaggi delle due pandette, per accertare se si tratta o meno della stessa tariffa ed, eventualmente, la variazione inter - corsa nel tempo; però il testo di quella del 1570 purtroppo non è dis - ponibile. certo è che, caso raro anche se non unico, su questa epigrafe non appare il nome del concessionario di questo passo, mentre vi appa - re il nome del razionale (ragioniere) che ha fatto la relazione del 1762, che poi portò alla sua affissione 42 . la tariffa è molto dettagliata rispetto a quella vigente per sesto campano e, fra l’altro, fa anche una distinzione tra merce ricca e merce povera, articolando quella povera in più voci con diversa tassazione. Presenta poi una voce residuale con un pedaggio minimo per tutte quelle merci non contemplate nella pandetta; comunque c’è anche l’avvertimento che non si possono tassare quelle cose per le quali non si è mai pagato. il contenuto di questa pandetta è stato messo anche in versi, che sono stati poi tradotti in inglese, francese e tedesco 43 . Molto succinta, invece, la pandetta di , a circa 20

40 a. M. Mattei, op. cit. pag. 72. la questione dei confini tra il comune di Monteroduni e quello di Macchia d’isernia in questo punto si è protratta a lungo anche dopo la soppressione dei passi. 41 Giuseppe de Giacomo, Monteroduni: i feudatari, il castello ed il paese , pag. 48. 42 trascrizione di Giuseppe de Giacomo, Monteroduni dal feudalesimo ad oggi, pagg. 59-61. 43 Giuseppe Gamberale, Tavola osca c. d. di , ed altre epigrafi tradotte in libe - ri versi , pagg. 35, 41, 47 e 53. – 18 – Tabella riassuntiva dei pedaggi dovuti sui vari passi

su alcune pandette la tariffa per le merci si riferisce ad una “salma”, su altre ad una “soma”, che può essere normale o “minore”. la salma o soma era un sacco, che costituiva mezzo carico.a dorso di cavallo. Per facilitare la lettura, per ogni pandetta ho raggruppato le merci che pagavano lo stes - so pedaggio. Quando per una certa merce o persona su una determinata pandetta non c’è alcun riferimento, l’importo è in bianco; quando le stesse sono specificatamente dichiarate esenti dal pedaggio, lo spazio è sbarrato (—). i valori, anche se espressi in diversi sottomultipli del ducato (tarì, car - lini, grana), sono start trasformati tutti in grana, che era la centesima parte del ducato.

– 19 – chilometri da isernia, ma sulla strada statale 17; si trova murata sulla chiesa di san Bartolomeo, al suo posto originario, ai confini tra Molise ed abruzzo, in un punto di passaggio tra la valle del sangro e quella del volturno. anche questo passo, soppresso nel 1469, risulta ripristi - nato un secolo dopo. il pedaggio era di 3 grana per ogni soma di merce di ogni tipo, che scendeva a due per le some minori. il bestiame, invece, ne pagava 10 per ogni capo grosso ed uno per ogni capo piccolo. la pandetta, che è la più antica fra quelle consultate, fa riferimento ad una sentenza del 1691 ed è intestata a carlo ii re di spagna e delle due sicilie (1665- 1700) 44 . anche il suo contenuto è stato messo in versi 45 . dall’esame.comparato delle tre pandette appare uniforme il tratta - mento delle persone comuni che, non essendo nominate nella tariffa, è da ritenere che fossero esenti; una certa uniformità, ma molto appros - simativa, appare anche per le merci, mentre eccessivamente alto era il pedaggio degli animali al passo di rionero sannitico. invece, per gli ebrei e le prostitute la situazione era completamente diversa da un luogo all’altro, anche per queste distanze piuttosto brevi. l’ebreo al passo di Macchia d’isernia doveva pagare 5 grana, altrove era esente. Peggiore e più contrastante la condizione delle prostitute, che a Macchia d’isernia pagavano il doppio degli ebrei e la tariffa più alta, considerato che il pedaggio si riferiva ad una solo persona, mentre i capi di bestiame, sia grossi che piccoli, pagavano sì una cifra più con - sistente, ma per ogni centinaio; al passo di sesto campano, invece, queste donne erano espressamente esentate dal pagamento. da tutto ciò si evince che la prostituzione era molto diffusa, con la tendenza generalizzata a tassarla; l’esenzione dal pedaggio, per tradi - zione o motivi umanitari che fosse, era codificata nella pandetta, in modo da scoraggiare baroni ed esattori dalla riscossione indebita. dove l’esenzione non c’era, si calcava la mano non certo per limitar - la, ma per aumentare le entrate del feudo. nel secondo caso, poi, resta sempre da vedere come facessero gli esattori a distinguere con assoluta certezza le prostitute dalla altre donne, o se spesso non sorgessero anche delle spiacevoli e poco edifi -

44 trascrizione di Giambattista Masciotta, riportata da a. di iorio, op. cit., n. 2-3, pag. 46, nota 5. 45 G. Gamberale, op. cit., pagg. 37, 42, 48 e 54.

– 20 – canti controversie, che è facile immaginare 46 . sulle scafe del cassinate nel medio evo le prostitute pagavano il passaggio, ma era uguale a quello di tutti gli artigiani; qui, invece, oltre a dover pagare il pedag - gio senza alcun beneficio, mentre gli artigiani ne erano esenti, lo dove - vano pagare anche quando attraversavano il passo per motivi diversi dalle loro prestazioni professionali 47 . *** completamente diversa è la pandetta di speronasino, che reca la stessa intestazione di quella di rionero sannitico.e che fa ugualmente riferimento ad una sentenza del 1691, quando il diritto di esazione del passo venne riconosciuto a Giuseppe d’alessandro, duca di . si trovava nel comune di Pietrabbondante sul fiume trigno, tra e , sull’attuale strada sta - tale 650, che va da isernia a san salvo sul Mare adriatico, a circa 32 chilometri da isernia; anche ai tempi dei passi questa era una arteria importante che collegava vasto con napoli ed al centro di numerosi tratturi percorsi per la transumanza delle greggi. ora la pandetta si trova in una casa privata di Bagnoli del trigno. Questo passo venne soppresso dal Ferdinando i d’aragona nel 1469, insieme ad un altro abusivo sito nello stesso comune, ed in seguito ripristinato, e di nuovo soppresso nel 1569. la pandetta, anche se formalmente è simile alle precedenti, nella sostanza è alquanto diversa; infatti stava in un punto di attraversamen - to del fiume trigno, dove c’era una passerella o piccolo ponte, di cui si servivano i pedoni specialmente quando il corso d’acqua non era guadabile, mentre le bestie lo attraversavano scendendo nel suo alveo. Quanto alla tariffa, c’è un pedaggio minimo per tutti i tipi di merce ed una distinzione solo per gli animali, dividendoli in capi grossi e capi piccoli, e con una agevolazione per quelli che i pastori prendevano in affitto dalla regia camera. anche tutte le persone, a piedi o a cavallo

46 antonio Maria Mattei, a pag. 71 delle sue “Memorie storiche di Monteroduni”, parla di un documento di identità che ebrei e prostitute dovevano portare con sé, senza specificare quale. Già ai tempi di roma le prostitute dovevano farsi iscrive - re in un registro speciale, avere un certo costume e pagare una tassa.specifica. nel 1470 a napoli fu istituita una gabella speciale sulle prostitute, la cui riscossione veniva affittata ai concessionari, che versano un canone allo stato. a seguito di abusi, la legge venne riformata nel 1589 ed abolita nel 1678. (enciclopedia italiana, voce “prostituzione”. 47 l. serra, op. cit.

– 21 – che fossero, erano tenute al pagamento del pedaggio, che era unico ed uguale a quello delle merci di qualsiasi valore. all’allargamento della base pagante fa riscontro una minore diversità della tariffa, mentre il pedaggio è ancorato più alla quantità delle cose che al loro valore 48 . la pandetta di , invece, presenta tutte le caratteristiche del servizio reso con la scafa a coloro che attraversavano il fiume. ora si trova conservata nei locali del municipio, ma a suo tempo era collo - cata nella località taverna diruta, nei pressi del fiume volturno ed a pochi chilometri dal passo di Macchia d’isernia. reca l’intestazione di Filippo v re di spagna e delle due sicilie (1700-1707) e fa riferimen - to ad una sentenza del 1707; il diritto della scafa è riconosciuto a Giulio caracciolo, duca di Miranda. dopo il solito cappello iniziale, che contiene le stesse disposizioni viste per il passo di sesto campano, ivi comprese le pene in caso di violazione del suo contenuto, viene la tariffa vera e propria. Questa, pur conservando la solita forma – importi in lettere e scritti nel corpo del testo – si divide in due parti, con a sinistra la tariffa estiva ed a destra quella invernale. tale disposizione mi ha anche agevolato nella ricostruzione della parte del testo danneggiato da una granata, che ha colpito la grossa lastra di pietra durante la guerra. la ricostruzione è stata possibile perché i nomi sono ripetuti in ambedue le parti, mentre varia il pedaggio dovuto. appare oltremodo chiaro il rapporto tra pedaggio e controprestazione, dove l’imposta o margine netto di entra - ta per il gestione è secondario rispetto al pedaggio complessivamente pagato. se oggi le imprese di servizio applicano le tariffe differenziate per indirizzare i clienti verso i tempi in cui un dato servizio è meno richie - sto, allora accadeva il contrario non per cercare di indirizzare la domanda, bensì per il fatto che, ingrossandosi i fiumi d’inverno, erano maggiori il lavoro ed i rischi per gli addetti alla scafa. del resto, tro - viamo la stessa disposizione anche a Piacenza, dove nel 1475 la tarif - fa raddoppiava quando il fiume si ingrossava ed usciva dal letto 49 . a Montaquila, come del resto per tutte le scafe, pagavano tutti, com - presi i contadini che abitavano in paese ed attraversavano il fiume per andare a lavorare i campi; e si pagava per ogni attraversamento, com - preso quello di ritorno. come riportato sinteticamente nella sottostan - 48 trascrizione di a. di iorio, op. cit., n. 2-3, pag. 47, nota 16. 49 tommaso Zerbi, La banca nell’ordinamento finanziario visconteo , pag. 77, nota 47. – 22 – te tabella comparativa, la tariffa invernale era il doppio di quella esti - va e nel caso del carretto (calesse) ancora più alta; la soma trasportata dal mulo era più pesante di quella trasportata dell’asino e, perciò, paga - va il 50% in più; sia gli animali grossi che quelli piccoli pagavano il doppio rispetto al pedaggio di speronasino, se d’estate, ed addirittura il quadruplo se d’inverso; eppure le due località non distavano molto, però diverse erano le condizione dei corsi d’acqua attraversati. anche l’abbazia di Montecassino, che nel Molise aveva vari posse - dimenti, era titolare dei passi, che sicuramente saranno stati diversi.

Tabella riassuntiva per l’attraversamento dei fiumi

* Per speron d’asino si parla di centinaio, per Montaquila di capi singoli, che qui sono stati riportati a 100. Per le merci le tariffa si riferisce ed una salma; tutti gli importi sono stati ridotti a grana per renderli confrontabili.

– 23 – uno si trovava sicuramente in comune di , sul trat - turo celano Foggia, per l’attraversamento del fiume sangro. Montecassino vi aveva un ponte in legno, rimasto tale fino ai tempi recenti, sul quale si poteva transitare anche con carri; a fianco del ponte c’era, come d’abitudine in casi simili, una taverna. oggi non si ha traccia della relativa pandetta, che pure doveva esserci, però si conosce l’affitto del solo ponte che, nel 1567, rendeva all’abbazia 26 ducati l’anno 50 . un’altra pandetta per l’attraversamento del fiume si trovava anche al passo del Garigliano, ma in quegli anni queste dovettero essere messe in tutti i posti dove c’era da riscuotere un tributo o una tariffa. Purtroppo molte sono andate disperse anche in tempi recenti, compre - sa quella del Garigliano, della quale però ci è stata documentata la tariffa 51 . anche se non siamo più nel Molise, ma sulla costa tirrenica, mi sembra opportuno parlarne ugualmente perché la pandetta ci offre sempre uno spunto per un esame comparato di quanto vigeva in mate - ria nel regno di napoli. la tariffa era unica per tutti i periodi dell’anno, forse perché il regi - me delle acque alla foce del Garigliano non creavano problemi parti - colari durante l’inverno. il pedaggio per le merci era molto alto, però c’era tutta una serie di importi ridotti per quelle di prima necessità per l’alimentazione umana, come: farina, frutta, sale, ecc. erano soggette al pedaggio sia le bestie con il basto che le persone che le conduceva - no, oltre, beninteso, alla merce trasportata. la tariffa era alquanto mag - giore per le persone a cavallo (grana 5), rispetto ai pedoni (grana 1) e alle bestie con basto (grana 3½); dove appare evidente che la tassazio - ne prendeva in considerazione, sia pure marginalmente, anche la clas - se sociale ed i motivi del viaggio di chi si serviva della scafa 52 . infine c’era un’apposita tariffa anche per le valigie trasportate, che pagavano come i pedoni.

50 archivio di Montecassino, libro mastro segnato “Y 1567” – conti 28 e 167. il ponte era affittato a valerio caramanica e agustino di mastro donato, ambedue di san Pietro avellana; il fitto scadeva il 31 maggio. 51 angelo de santis, La scafa e la bastia del Garigliano in un apprezzo del 1690 , ristampa in angelo de santis, Saggi e ricerche di storia patria , vol. ii, pagg. 18- 19. 52 in generale, e specialmente allora, le condizioni economiche di coloro che viaggia - vano per diporto, erano migliori rispetto a quelle di chi attraversava la scafa con le merci per la vendita.

– 24 – da un succinto esame comparato delle scafe qui viste, si rileva che per la pandetta del Garigliano non si parla di animali, salvo della bestia con il basto e del cavallo a seguito del cavaliere, perché gli abitanti del posto, che pure attraversavano il fiume con buoi ed animali piccoli negli spostamenti tra sessa aurunca e Gaeta, erano esenti dal paga - mento del pedaggio; però erano tenuti ad alcune prestazioni in natura a favore della scafa, “come fare le forcine, tirare la scafa, et altro” 53 . della pandetta si conosce solo la tariffa con gli importi, mentre la fran - chigia dal pedaggio doveva essere incisa sulla pietra prima o dopo. un’altra pandetta, invece, nega la pretesa delle truppe di stanza a Gaeta di essere esenti da tale pedaggio; la lastra di pietra, una volta ubicata nei pressi della scafa del Garigliano ed oggi conservata nella casa di angelo de santis a Minturno, non reca tariffa alcuna, ma si richiama direttamente al pedaggio ed all’altra pandetta sulla quale que - sto era scolpito. essendo la pietra mutilata, non se ne può stabilire la data che, comunque, dovrebbe essere dello stesso periodo delle altre esaminate in questa ricerca. il testo respinge le pretese delle truppe e ribadisce che tutti debbono pagare, perché il pedaggio è giustificato dal costo della zattera, del cavo di trazione, dell’ancoraggio a terra, della catena, della fatica per farla avanzare attraverso il fiume 54 . Le altre pandette

a questo punto, per una più completa visione dell’argomento, mi sembra opportuno parlare anche di alcune altre pandette che, pur non contenendo le tariffe, si riferiscono sempre ai passi o ad altri aspetti della vita economica. la prima riguarda i passi del duca di alvito, in val comino, tra sora e cassino in provincia di Frosinone, contigua a quella di isernia. la pandetta si trovava fino al 1967 nella fattoria della famiglia visocchi a sant’elia Fiumerapido, a pochissimi chilometri da cassino, dove era stata portata sicuramente da uno dei passi del duca di alvito. infatti la lastra calcarea fa riferimento a quelli di atina, san donato valcomino e vicalvi, che sono i tre punti di accesso alla valle di

53 a. de santis, op. cit., pag. 20, dove si cita altra fonte. 54 dalla trascrizione da me fatta con l’ausilio di cosmo damiano Pontecorvo, che si è anche attivato per un sopralluogo alla pandetta.

– 25 – comino, che allora costituiva il ducato di alvito. nel primo passo transitavano coloro che provenivano da cassino e dal casertano, nel secondo coloro che provenivano dall’abruzzo dalla parte di opi e nel terzo entravano nel ducato.coloro che provenivano da sora, dalla cam - pagna romana e dall’abruzzo ma dalla parte della valle di roveto. la pandetta, priva della data e di altre parti perché mutilata, risale quasi certamente alla fine del 1600, quando carlo ii di spagna (1665- 1700) mandò, nel 1690, un ispettore a verificare tutti i passi del regno di napoli 55 . Piuttosto breve la parte importante del documento, dove si impone che chi passa con le stesse merci in questi 3 passi, deve paga - re il pedaggio solo nel primo posto attraversato, mentre “negli altri due non si deve carcar alcuna” merce di tale costo. in altri termini, i 3 passi restano tutti in vigore, per evitare che i mercanti aggirino il punto dove avviene la riscossione per eludere il pedaggio, però, una volta pagato il dovuto, si è liberi da ulteriori pedaggi; ciò soprattutto per evitare la doppia o triplice tassazione nel commercio di transito attraverso il ducato. Perciò una copia della pandetta doveva trovarsi presso ognu - no dei 3 passi. Passi del Duca di Alvito Passo Rendita atina 20·–·– san donato 20·1·– vicalvi * 43·–·– totale 83·1·–

i valori sono in ducati e tarì. * Per vicalvi l’importo comprende anche l’entrata per le multe. comunque, quella del passo non doveva essere inferiore a 20 ducati perché, fra l’altro, vi transitavano anche molte greggi provenienti dalla campagna romana e dirette in Puglia per la transumanza.

55 sono molto grato al Prof. Giovanni Petrucci che mi ha segnalato la pandetta e che nel 1967 ebbe l’accortezza di trascriverne il testo; l’epigrafe, mutilata ed illeggibi - le in alcune parti, ci fornisce ugualmente notizie importanti sui questi passi. la lastra, dalle misure di centimetri 80x120, reca l’intestazione del re carlo e parla dei passi di atina, san donato e vicalvi, riscossi dal duca di alvito Francesco Gallio (1685-1702); la data della pandetta si può dedurre dalla coincidenza dell’e - poca dei due personaggi.

– 26 – nelle secolari vicende dei passi, si sa che quelli di san donato e vicalvi furono aboliti nel 1469, però nel 1595 venivano regolarmente riscossi –.come veniva riscosso anche quello di atina – e se ne cono - sce anche la rendita che fruttava al feudatario. da una relazione riser - vata sulla valutazione del ducato, ai fini del suo acquisto da parte dei Gallio, appare che i 3 passi rendevano annualmente non meno di 60 ducati 56 . Meno redditizio era il passo della vicina sora per il quale si riscuo - tevano, nel 1519, solo 12 ducati 57 , in seguito scesi ad 8. lo stesso feu - datario aveva anche il ducato di arce, dove per i passi incassava somme ben più consistenti.

Passi del Duca di Sora ed Arce 58

Passo 1539-56 1580 sora 8 isoletta 65 a 120 b campolato (tra arce e Fontana liri) 14 a 28 isola del liri 99 a) l’importo comprende anche il fitto dell’osteria. b) l’importo comprende anche il fitto dell’osteria e quello di una vigna.

Benché incompleta, a causa dei dati mancanti o non uniformi, la tabella rende comunque le entrate che il duca di sora percepiva per i passi, la cui crescita nel tempo dipende sicuramente dall’incremento generale dei prezzi, dall’aumento della pressione fiscale, ma anche dal traffico che vi transitava. infatti il primo documento, senza data ma riferibile al 1539-56, parla chiaramente che i passi di isoletta e campolato – quest’ultimo già incontrato sopra – nel passato erano stati affittati per somme maggiori, ma al presente non se ne poteva ricava - re di più a causa dei briganti, che da queste parti hanno sempre imper -

56 “relazione familiare (riservata) de lo stato d’alvito fatta a l’ill.mo card.le di como - 1595”, in: Il ducato di Alvito nell’età dei Gallio , tomo ii, pagg. 29, 32 e 44. 57 alessandro rosa, Gli statuti municipali cinquecenteschi della città di Sora , vol. i, pag. 128. 58 la tabella è stata ricavata da: Ferdinando corradini, op. cit., vol. ii, pagg. 148-57. – 27 – versato, anche dopo la proclamazione del regno d’italia e fin verso il 1870. anzi i documenti ci chiariscono di più perché nel il passo di campolato il calo dei traffici causato dai briganti poteva aggirarsi intorno al 30%, facendo scendere l’affitto da 20 a 14 ducati. ovviamente queste erano le entrata nette per i feudatari per cui, essendo la riscossione dei passi data in affitto, per stabilire il loro peso effettivo su chi vi transitava bisognerebbe conoscere quanto incamera - to dagli esattori. *** torniamo in provincia di isernia dove si trova un’altra pandetta, che è ubicata sulla cappella di san domenico, al suo posto originario, in comune di . È dell’anno 1793, quindi posteriore all’abolizio - ne dei passi, ed indica il diritto che dovevano pagare gli animali che transitavano per un tratturo, non per il semplice passaggio, ma perché pascolavano l’erba che cresceva ai lati del percorso e che era destina - ta ai buoi da lavori degli abitanti locali. secondo lo studioso antonino di iorio, che ne ha trascritto e pub - blicato il testo, qui c’era una via per il passaggio delle greggi dirette in Puglia. l’esazione del diritto, ritenuta abusiva nel 1777, nel 1793, dopo accertamenti fatti dal governo, venne riconosciuta all’università (comune) di carovilli, secondo l’antica usanza; e la sentenza venne trascritta sulla pandetta 59 . il testo dell’epigrafe, che è prevalentemente di carattere giuridico, contiene anche la tariffa del tributo, che era di 15 grana per ogni morra (gregge) di pecore, di 50 grana per ogni centinaio di porci e di 300 grana per ogni centinaio di capi grossi; se le pecore pernottavano lungo questa via la tariffa saliva a 20 grana. appare evidente che il tributo era in proporzione al beneficio ricevuto o al danno arrecato agli abitanti locali, dove per le pecore l’importo è riferito ad un gregge, qualunque ne fosse il numero dei capi, mentre per i maiali, che di solito arrecano anche un danno maggiore, la tariffa, oltre ad essere più alta, era stabi - lita per un numero di capi ben definito. la mancata osservanza della tariffa comportava una multa di 25 once d’oro. *** una terza pandetta si trova nell’abbazia di canneto, nel comune di roccavivara (campobasso) sul fiume trigno e sulla strada statale isernia san salvo, già vista. Questa località, abitata fin dai tempi anti - 59 a. di iorio, op. cit., in Misura, n. 4, pagg. 30-31. – 28 – chi, è un altro punto di passaggio tra l’abruzzo ed il Molise, dove si sono svolte sempre le fiere, come solitamente avveniva fino a mezzo secolo fa nei pressi dei santuari, in occasione di determinate feste reli - giose. la pandetta è del 1605, fa riferimento alle 3 fiere annuali che si svolgevano in questo posto e le prolunga tutte di due giorni. nello stes - so tempo, abolisce un tributo che prima si pagava nella fiera di san Gennaro e, per la tranquillità dei commercianti, ordina all’esattore di essere equo nella riscossione di una tassa proporzionale, che colpiva gli scambi 60 . i pedaggi istituiti durante l’occupazione francese

aboliti i passi da Borbone nel 1792, con l’occupazione francese venne poi abolito definitivamente, nel 1806, anche il regime feudale 61 . Ma i pedaggi dove c’era una controprestazione rimasero e vennero anche adeguati al cambiamento dei servizi e ne vennero creati degli altri per le nuove costruzioni, come ponti e strade. al primo gruppo appartiene il pedaggio previsto per l’attraversa - mento del fiume calore nei pressi di solopaca (Benevento), sulla stra - da per campobasso, che si stava realizzando a spese delle province di terra di lavoro (caserta) e Molise, dove oggi si trova il ponte Maria cristina. nel 1811 il ponte di legno era in costruzione e con un decre - to fu stabilito il pedaggio da pagare quando sarebbe entrato in funzio - ne 62 . sul posto c’era ancora la scafa con la sua tariffa, quasi sicuramente incisa su pietra, ma della quale oggi non se ne ha traccia per il con - fronto, che pure sarebbe molto interessante. il decreto relativo al pedaggio del ponte parla di “tariffa stampata”, che sembra escludere l’incisione su pietra e propendere per un supporto più semplice ma meno duraturo, quale potrebbe essere un cartello; esso doveva essere sempre affisso alle due teste del ponte. la tariffa, come appare dalla tabella seguente, era poco articolata, ma colpiva tutti i passanti in proporzione al beneficio ricevuto. comunque erano esenti dal pedaggio tutti coloro che, a piedi, con ani - 60 trascizione di G. Gamberale, op. cit., pag. 24. 61 legge 2 agosto 1806. 62 regio decreto 10 gennaio 1811, n. 859.

– 29 – mali o con carri, avessero attraversato il ponte perla coltivazione dei campi circostanti o per il pascolo del bestiame. erano esenti anche alcune autorità dello stato. Però questa tariffa non entrò mai in vigore, perché il ponte venne bruciato durante la costruzione e per l’attraversamento del fiume rima - se in funzione la scafa, i cui gestori furono sicuramente gli autori del - l’incendio per non perdere la rendita ed il lavoro che avevano. uno dei pedaggi del secondo gruppo si riscontra, invece, sulla stra - da da sperone ad ottaviano nella zona di napoli, che in quello stesso Passi autorizzati dal governo francese nel 1811

anno 1811 si stava completando 63 . il pedaggio veniva riscosso in 4 punti: a ottaviano, a somma, a Quercia ed ai confini tra Ponticelli e Barra. la tariffa, più articolata della precedente, era più bassa, non contemplava i pedoni, e per i carri carichi era il triplo di quelli scari - chi; come già visto per il ponte sul calore, c’erano le solite esenzioni per il traffico locale.

63 regio decreto 22 febbraio 1811, n. 906.

– 30 – appendice

lapide ora murata nel cortile del castello di sesto campano ed una volta ubicata a valle al Passo della taverna. trascrizione dell’arch. Francesco valente di venafro.

caroLus dei Gratia utrisQue siciLiae reX Panneta seu tariFFa delli deritti del Passo del sesto dell’ill.Mo d. carlo aMBroGio / sPinola della Zerda MarcHese de los BalBases il Quale si Ha da assiGGere in un luoGo / solaMente e ProPrio nella taverna detta del Passo del sesto nella strada reale da Quei / Pas - seGGieri cHe Passano Per Quella colle loro soMe di roBBe MercanZie ed anaMali senZa al / teraZione alcuna da osservarla inviolaBilMen - te alias iPso Facto iPsoQue / iure s’intenda incorso alla Pena della Perdita del Passo Predetto ed altro / a iure statuta c0ntra nova et indeBita vectiGalia eXiGentes sive iMPonen / tes ed all’esattore d’an - ni tre di Galera e sentendosi alcuna Parte lesa Per / Qualsisia con - trovenZione si ne PiGli inForMaZione a sua istanZa dalle corti / con - vicine e si Mandi suBito in reGia caMera et Penes acta eXactio / Prae - dicta Fiat Hoc Modo v2 = Per oGni salMa di Gran valore Grana tre / Per oGni salMa di Panni Grana tre = Per oGni salMa di caso Grana tre / Per oGni salMa di Pelle Grana tre.= Per oGni salMa di sola Grana tre / Per oGni salMa di vaccHetta Grana tre = Per oGni salMa di cannavello (tes - suto di canapa di un certa lunghezza) / Grana tre = Per oGni salMa di Miele Grana tre = Per oGni salMa / di tarantola (tessuto dal pelo lungo e morbido = dalla città di taranto) Grana tre = Per oGni salMa di raMa Grana tre = Per / oGni salMa di salZuMe d’oGni sorte Grana tre = Per oGni salMa di / leGna - Me Quale serve Per Fare tinta Grana tre = Per oGni soMa di /.Grano Grana due = e se le d.te salMe non saranno di carico intiero PaGano / solaMente Pro rata alle suddette raGioni e non PiÚ = Per centinaro d’ani / Mali Grossi carlini cinQue = Per centinaro d’aniMali Minuti cioÈ Peco / re, caPre ed aGnelli Grana venticinQue = Per centinaro di Porci e castra / ti carlini tre = e se detti aniMali saranno MaGGiore o Minor nuMero nu / Mero di un centinaro, si PaGHi Pro rata alle sud.e raGione e non PiÙ = e se / PaGHerÀ una volta e Poi tornasse a Passare colle Mede.Me roBBe ed aniMali non / sia tenuto a PaGare cosa alcuna = iteM Per QualsivoGlia Meretrice non / si esiGGa cosa alcuna = iteM non si esiGGa cosa alcuna Per le roBBe cHe / servono Per uso ProPrio di casa FaMiGli e Possessione sotto le Pene ut suPra / datuM neaPoli eX reGia caMera suMMaria die / 14 Mensis JunY 1740 - ludovicus / .erno M. c. = carlo Mauro = .M. Fiscus ruoti = doMinicus cecere / .ario. .ocus siGni

– 31 – lapide ora murata nel castello di Monteroduni ed una volta ubicata a valle, al passo di Macchia d’isernia sul torrente lorda. trascrizione di Giuseppe de Giacomo, “Monteroduni dal feudalesi - mo ad oggi”, pagg. 59-61.

Ferdinando iV Per la GraZia di dio re delle due sicilie e / GerusaleMMe, inFante di sPaGna duca di ParMa PiacenZa / e castro &c. Gran PrinciPe ereditario della toscana. / Pandetta delli diritti del Passo della lorda inserita nella relaZione Fat / ta a 27 7MBre 1762 dal siG. raZionale d. Giovanni Bruno da aFFiGGersi in Mar / Mo in idioMa italiano. Per oGni salMa Grossa di Gran valore coMe vel / luto o seta Grana cinQue. Per oGni salMa di Panni di colore Grana tre / Per oGni salMa di droBretti (panni di lino e bambagia tessuti a napoli) e di altre oPere o Panni BiancHi Grana tre / Per oGni liBra di ZaFFrano se si trasPorta colle Bisacce nulla si esiG - Ga / Ma se si trasPorta con salMa un tari e se sarÀ di MaGGior nuMero della / salMa si PaGa Per rata. Per oGni salMa di raMa, olio, lana, cacio, cera, Miele, / aroMi, Ferro, acciaro, PioMBo, staGno, Pece, Pelli di aniMali, conFetti, Zucca / ro, salsuMi Grana tre. Per oGni salMa di vetri, vino, corde o Funi, sPaGHi / Grana due. Per oGni salMa di vasi di creta Grano uno. Per oGni salMa di sa / le non si PaGa. Per oGni salMa di nocelle, noci colle scorZe e di castaGne / Grano uno. Per oGni Bove doMato Grana tre. Per oGni cavallo, Giu / Menta, Mulo o Mula cHe si trasPorta in caPeZZa Per vendere Grana / tre. Per oGni centinaio di aniMali Baccini due tari e Grana dieci. Per / oGni centinaio di Pecore, castrati, BestiaMi caPre ed altri aniMali / Minuti Grana venticinQue. Per oGni salMa di selle, Barde, coverte / di cavalli, GuarniMenti, ceGne, carne salata, Pesci e scarPe Grano uno / Per oGni eBreo Grana cinQue. Per oGni Mola di Molino Grana due / Per oGni Meretrice Grana dieci. Per oGni salMa di olive Grano uno. / Per oGni Martello e coc - cHiara di FaBricatore nulla si PaGa. Per oGni ac / cetta, Fauce e seGa nulla. Per oGni salMa di Metallo lavorato o no / staGno Fino Grana tre. Per oGni salMa di tavole rusticHe Grano uno / Per oGni sFratta - tura di cose di case nulla. Per oGni salMa di altre / cose oltre le sudette Grano uno. e se saranno di nuMero MaGGiore / o Minore Per rata alla detta raGione. e se colle stesse Merci, cose e / roBBe ed ani - Mali Per le Quali una volta si È PaGato il Jusso torneranno / a Passare non siano tenuti a PaGare. PariMente É stato Proveduto / cHe il Jusso del sudetto PassaGGio non si esiGGa Per le Bisaccie nÉ Per / cose cHe si Portano Per uso ProPrio o di QualcHe FaMiGlia o Per altre cose / Per le Quali Per leGGe, costuMe o PrivileGio il detto Jusso in detto Pas / so non sia stato solito esiGGersi nÉ deBBia sotto Pena staBilita dalla / leGGe contro Gli esattori di nuove GaBBelle o iMPonenti. Hoc suuM / Per oGni salMa di Frutti e di verduMi Grano MeZZo. dato dalla reGia / caMera 18 luGlio 1570. anniBal Moles JosePH cecero.

– 32 – lapide ora esistente nel comune di Montaquila, ed una volta ubica - ta nei pressi della scafa per l’attraversamento del volturno. l’epigrafe è stata colpita verso il centro, ma nella parte della tariffa estiva, da una granata, per cui alcune parole sono state completamente asportate; la ricostruzione – in minuscolo tra parentesi – è stata fatta, ove possibile, sulla scorta dell’analoga tariffa invernale.

PHiLiPPus V dei Gazia reX Pannetta seu tariFFa delli deritti della scaFa di Mont / aQuila del - l’ill.re duca di Miranda d. Giulio caracciolo utile P.ne (padrone) / della terra suddetta e scaFa Posta in territorio di detta terra soPra / il FiuMe volturno Quale s’ave da esiGGere da Quelle Persone, soMe, ani / Mali ed altro cHe Passaranno Per d. scaFa alla sottoscritta raGione / senZa alteratione da osservarla inviolaBil. alias sintenna incorso / alla Pena della Perdita di d. scaFa ed all’esattore anni tre di Galera servata / la ForMa delle reG. PraMM. e costit del reGno sentendosi cia - scHeduna / Persona lesa se ne PiGli dalla corte convicina inForMatio - ne si Mandi in caMera. / eXactio Predicta Fit Hoc Modo videlicet in teMPo di estate .Per oGni Per - in teMPo d’inverno . Per oGni Per - sona a Piedi Grano uno e / MeZZo. sona a Piedi Grana tre. Per / oGni Per oGni soMa soMarina Grana / salMa soMarina Grana Quattro. due. Per oGni soMa di Mulo Per / oGni soMa di Mulo Grana Grana (tre?). / Per oGni calesso sei, Per oGni ca / lesso Grana Grana dieci. (Per ogni) / lettiGa venticinQue. Per oGni / lettiGa Grana venti. Per oGni. / ni cinQue. carlini Quattro. Per centi / naio Per oGni centinaia di (animali gros) / di aniMali Grossi cioÈ vaccHe, / si cioÈ vaccHe, Bovi, BuFale, Bovi, BuFali, cavalli e GiuMente caval (li e giumen) / te Grano uno a Gra / na due Per PeZZo. Per centi - testa. Per centi (naio di ani) / Mali naio di ani / Mali Minuti cioÈ Minuti cioÈ caPre, Pecore, aGnel / Porci, Pecore, aGnel / li, caPre e li e caProni carlini cinQue. caProni carlini dieci.

datuM neaPoli eX reG. caM. suM. die 23 Men. Maii 1707 d. andreas / Guerrero de torres 2 Mc land siXto v.F. ianuarius ceceri act. / eXtrac - ta Presen. coPia a reGistro intitulato de decreti / della reG. caM. della ProHiBitione e liMitaZione de Passi / del Presente reGno Penes suBscriPtuM actuariuM cuM / Quo Facta collatione concordat et in FideM e & dat / neaP. eX reG. caM. suM. d. 22 M. iunii 1707 doMinicus ceceri act.

– 33 – sommario

PreMessa PaG .3 i Passi nel reGno di naPoli 5 le Pandette contenenti le tariFFe 13 le altre Pandette 23 i PedaGGi istituiti durante l’occuPaZione Francese 27 aPPendice 29

finito di stampare nel mese di marzo 2006 presso la tipografia ugo sambucci - cassino