REGIONE AUTONOMA VALLE D’

Committente: MONTEROSA SKI Monterosa SpA Route Ramey 69 - 11020 Champoluc – Ayas (AO)

PROGETTO DI FATTIBILITÀ TECNICA ED ECONOMICA RIFACIMENTO TELECABINA CHAMPOLUC – CREST E OPERE CONNESSE

DOCUMENTO DI VALUTAZIONE ARCHEOLOGICA PREVENTIVA (Ai sensi degli artt. 95-96 del DLgs. 163/2006 e successivo DPr. 207/2010)

Professionisti Responsabili Dott. Archeologo Mauro CORTELAZZO Via Martinet 3 – 11100 Aosta Tel 348 6112187 Mailto: [email protected] Http://www.cortelazzomauro.it

Dott.ssa Archeologa Ada GABUCCI strada Andezeno 94 10023 Chieri (TO) Tel. 335 6437950 c.f. GBCDAA56M59L424P Mailto: [email protected]

Novembre 2017 CHAMPOLUC - Rifacimento Telecabina Champoluc - Crest – AYAS

DATI IDENTIFICATIVI DELL’OPERA E DELLA COMMITTENZA

Definizione dell’opera: PROGETTO DI FATTIBILITÀ TECNICA ED ECONOMICA RIFACIMENTO TELECABINA CHAMPOLUC – CREST E OPERE CONNESSE

Definizione della fase di progetto in relazione all’opera: PROGETTO PRELIMINARE

Definizione della natura del documento archeologico prodotto DOCUMENTO DI VALUTAZIONE ARCHEOLOGICA PREVENTIVA

Indicazione degli estremi dell’opera e degli esecutori di essa Committente: MONTEROSA SKI - MONTEROSA SpA Route Ramey 69 11020 Champoluc – Ayas (AO)

Indicazione delle figure di responsabilità con nominativi e iscrizione ai rispettivi albi Professionisti Responsabili: Dott. Ing. FRANCO TORRETTA Ordine ingegneri provincia Milano n. 20249 Route Ramey 69 11020 Champoluc – Ayas (AO) Relazione Geologica: Dott. Geol. ROBY VUILLERMOZ rue Charrey, 6 11100 AOSTA (AO)

Indicazione del soggetto incaricato dalla stazione appaltante Archeologo Responsabile: Dott. MAURO CORTELAZZO Via Martinet 3 – 11100 Aosta Tel - 39 348 6112187 Mailto: [email protected] Web www.cortelazzomauro.it

Archeologo Responsabile: Dott.ssa ADA GABUCCI strada Andezeno 94 10023 Chieri (TO) Tel. 335 6437950 c.f. GBCDAA56M59L424P Mailto: [email protected]

Data di consegna del documento NOVEMBRE 2017

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Il presente “documento di valutazione archeologica preventiva” è riferito alla richiesta avanzata da parte della Società MONTEROSA SKI SpA Route Ramey 69 11020 Champoluc – Ayas (AO), in merito ai lavori in oggetto, finalizzata all’elaborazione di una documentazione utile a consentire l’Ufficio della Soprintendenza Archeologica della Regione Valle d’Aosta nel potersi esprimere in merito all’interesse archeologico dell’area oggetto di realizzazione degli Rifacimento telecabina Champoluc- Crest e opere connesse. La valutazione archeologia preventiva è essenzialmente riferita alla movimentazione di terreno per le opere in oggetto e a tutte quelle operazioni che comportano modificazioni dei suoli previsti nel progetto. A tale richiesta facevano seguito i contatti con il responsabile del progetto l’Ing. Franco TORRETTA, di ottemperare a quanto richiesto al fine di permettere alla Soprintendenza regionale di esprimere il parere di competenza. L’elaborazione del documento era quindi predisposta dal dott. Archeologo Cortelazzo Mauro e dalla dott.ssa Archeologa Gabucci Ada.

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1. Scopo della valutazione archeologica preventiva

Nel presente documento si espongono i risultati dell’indagine di rischio archeologico (in scala da assente a elevato) inerenti l’area interessata dal progetto di realizzazione del Rifacimento telecabina Champoluc- Crest e opere connesse. L’opera, attualmente in fase di progettazione, si sviluppa nell’ambito del territorio di Champoluc, in particolare in prossimità della località denominata Crest nella porzione superiore del versante attraversato dal Torrente Fontaine. La costruzione del nuovo manufatto, secondo i dati forniti dal progetto a firma dell'Ing. Franco TORRETTA, per conto della Monterosa Ski SpA committente del presente lavoro, prevede la sostituzione dell'attuale impianto monofune del tipo telecabina a 6 posti ad ammorsamento temporaneo dei veicoli, con un nuovo impianto monofune del tipo telecabina a 8 posti ad ammorsamento temporaneo dei veicoli, per uno sviluppo lineare complessivo di circa 1000 mt, con relativo ammodernamento delle strutture connesse alla Stazione di Valle e della realizzazione di nuove strutture della Stazione di Monte collegate in parte alla Stazione già esistente. La finalità del presente lavoro, in ottemperanza con il DLgs 163/2006 artt. 95-96, consiste nel fornire indicazioni affidabili per ridurre il grado di incertezza relativamente alla presenza di eventuali beni o depositi archeologici e nel definire il livello di rischio circa la possibilità di effettuare ritrovamenti archeologici che possano interferire nel corso dei lavori in oggetto. Esso inoltre fornisce istruzioni specifiche circa le operazioni finalizzate all’abbattimento del rischio di danneggiamenti al patrimonio archeologico non ancora noto, e suggerisce le modalità operative, relativamente ai lavori previsti, adeguate agli indici di rischio riscontrati e conformi alle procedure usualmente richieste dalla Soprintendenza competente, sotto la cui direzione si svolge l’intera procedura e a cui spetta la condivisione delle proposte qui avanzate.

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2. Definizione dell’ambito di studio e sintesi delle fonti utilizzate

Al fine di inserire l’area in oggetto in un contesto di riferimento più ampio e indispensabile per la comprensione delle caratteristiche geomorfologiche e delle dinamiche storico-archeologiche nell’ottica degli obiettivi prima indicati, si è definito come ambito di studio quella porzione di territorio che insiste in prossimità della località Champoluc. Si è considerata in particolare la fascia strettamente legata al tratto di versante che insiste sulla sinistra orografica del Torrente Évancon, al di sopra della suddetta località e si sono prese in considerazione le varie ed eventuali attestazioni riscontrabili sullo stesso versante riferibili a ritrovamenti di una certa rilevanza in modo da poter inquadrare le attestazioni dell'ambito del territorio. Il censimento delle attestazioni archeologiche a oggi note è stato svolto per il comune di Ayas, nel cui territorio si colloca l’opera prevista in relazione alle varie segnalazioni riscontrate. Si è comunque ritenuto utile compiere una verifica dei toponimi ricavabili dalla cartografia Tecnica Regionale per l’area e i versanti circostanti. La raccolta è stata eseguita a livello bibliografico procedendo con lo spoglio di quanto edito e pubblicato, dai dati presenti nell’Archivio dell’Ufficio Beni Archeologici e dall’archivio dei Beni Architettonici della Soprintendenza della Valle d’Aosta, dalle notizie degli scavi edite sui Bollettini dalla stessa Soprintendenza, di quelli confluiti nella Carta Archeologica oltre alle segnalazioni e identificazioni riportate dagli studi per i quali si rimanda alla bibliografia visionata (cfr. Bibliografia visionata in allegato). Per la stesura dell’elaborato si sono consultate alcune foto aeree della zona oltre alla cartografia e alle tavole di progetto. La consistenza e la tipologia dei dati raccolti, nonostante la mancanza di dati per la specifica zona d’intervento, hanno consentito di definire gli elementi per indicare le possibili valenze archeologiche e le caratteristiche ambientali del territorio. L’assenza di dati indiziari relativi a ritrovamenti archeologici tuttavia, non autorizza a escludere a priori la sussistenza di depositi archeologici, anche se certamente, come vedremo, proprio per le caratteristiche dell'intervento il settore presenta un indice di rischio basso. L’elaborazione delle informazioni acquisite ha portato alla definizione di indici di rischio, assoluto e relativo (per la cui definizione si veda § 8).

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FOTO AEREA (2012) con localizzazione delle aree interessate dai lavori

CARTA TECNICA REGIONALE con indicazione delle aree interessate dai lavori

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3. L’opera in progetto L’opera consiste in un progetto articolato nel quale si prevede la sostituzione dell'esistente linea di telecabina Champoluc-Crest con un nuovo impianto ruotato leggermente verso nord, rispetto alla linea attuale, e un allungamento di qualche decina di metri per permettere il collegamento con la stazione di partenza dell’impianto successivo. Nell'ambito di questa operazione sono previsti numerosi interventi migliorativi sia alla stazione di partenza sia nell'area della stazione di arrivo. In particolare è previsto oltre al riadattamento delle strutture già esistenti, anche la costruzione di nuovi edifici riguardanti il ricovero dei mezzi battipista e dei veicoli della telecabina. A questi si aggiunge una serie di infrastrutture legate sia al miglioramento della ricettività con la realizzazione di aree giochi e snow park, sia l'ammodernamento degli impianti di innevamento delle piste e la rimodellazione dei profili su ampi tratti di versante. La costruzione della nuova telecabina comporterà inoltre la costruzione di nuovi piloni (11 in totale). La maggior parte delle opere strettamente interessate dalla movimentazione dei terreni sarà concentrata alla stazione di monte Crest. Sia la costruzione di nuovi edifici che la rimodellazione dei profili delle piste prevede la rimozione e lo scavo di ampi tratti di versante il cui materiale di risulta sarà delocalizzato o per ricolmare zone nelle quali è prevista la costruzione di nuovi terrazzamenti o aree dove sussistono avvallamenti per ottenere una migliore riprofilatura dei percorsi sciistici. La pista Belvedere in particolare sarà rimodellata nella parte terminale per permettere un miglior rallentamento degli sciatori e per far si che possano arrivare alla zona di imbarco impianti posta a sud. Il livellamento interesserà una parte a destra della pista in modo da creare una zona di scivolamento e snow park. Per la pista Baby Crest è previsto un allargamento verso sud-ovest con la creazione di un terrazzo artificiale e una riprofilatura con il miglioramento del raccordo con la pista Ostafa 1. Ognuno di questi interventi comporterà altresì il riposizionamento o la costruzione ex novo degli impianti di innevamento con uno scavo per la posa dei tubi in alta pressione con tubazioni in ghisa DN150 PN64 per acqua, PEAD DN200 PN10 per aria e 3 cavidotti in PEAD DN63 PN10 che richiederanno la realizzazione di una trincea di profondità media di circa 1 mt e larghezza di 1,20 mt.

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Nella fase preliminare di buona parte delle operazioni sopra descritte è previsto lo scotico di tutte le aree in modo da preservare lo strato pregiato delle superfici erbose. Sono comprese le operazioni di scavo con mezzi meccanici, l’accumulo all’interno del cantiere e la successiva stesura del materiale stoccato. Lo scotico sarà eseguito a profondità variabili in funzione dello spessore del suolo vegetale e comunque ad una profondità minima non inferiore a 30- 40 cm e, nelle zone in cui lo strato di terreno adatto presenti spessori maggiori, si procederà ad uno scotico più profondo. In merito alla realizzazione della nuova linea della telecabina il progetto prevede la costruzione di un sentiero di soccorso che permetta di superare le asperità del terreno adottando dal punto di vista funiviario tutte le precauzioni per avvicinarsi al concetto di “soccorso integrato” al fine di limitare se non escludere le possibilità di soccorso aereo. Tale sentiero si sviluppa per buona parte in un settore di versante molto impervio e caratterizzato da frequenti e ripide balze rocciose evidenziandosi quindi come un tratto non caratterizzato da valenze di tipo archeologico. Le operazioni di movimentazione terra previste nel progetto assommano ad un volume totale di circa 55.000 mc concentrate prevalentemente nella stazione di monte a Crest.

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4. Inquadramento geomorfologico territoriale L’area che costituisce oggetto dell’intervento in progetto, è collocata all'interno del territorio comunale di Ayas. L'ubicazione dell'impianto interessa una porzione del versante orografico sinistro del torrente Évancon nei pressi della località di Champoluc tra le quote altimetriche comprese tra i 1500 e i 2000 mt slm. La zona nella quale insistono gli impianti appartenenti alla stazione di monte denominata Crest, area che maggiormente interessa gli aspetti archeologici, si trova in un punto del versante dove il profilo presenta una leggera contropendenza all'interno di un'area disboscata e prativa. I cinquecento metri del salto di quota sono quasi interamente superati con l'impianto della telecabina la cui linea attraversa tratti fortemente scoscesi e con abbondanti rocce affioranti.

Il versante è percorso trasversalmente dall'asta torrentizia del Torrente Fontaine che confluisce nell'Évancon in prossimità della località di Champoluc. La relazione geologica stilata dal Geologo Roby Vuillermoz ha evidenziato un assetto litologico caratterizzato dalla presenza di prasiniti, calcescisti grigi e metagabbri. I depositi di formazione quaternaria sono caratterizzati da detriti morenici con presenze di depositi glaciali in particolare lungo le creste e nella porzione più settentrionale del tracciato. Queste formazioni sono ricoperte da un livello vegetale, in parte anche di formazione antropica, di spessore variabile tra i 20 e i 40 cm.

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Nella zona dove dovrà essere realizzata la struttura per il ricovero dei mezzi battipista si è riscontrata la presenza di livelli o lenti caratterizzati da ristagni d'acqua tendenzialmente associati a torbe. Non a caso in tale punto si segnala il punto di captazione e l'opera di presa dell'acquedotto comunale. L'intervento in progetto interesserà marginalmente quest'area con una probabile ricollocazione dell'opera di presa. Il territorio della stazione a monte si caratterizza come fortemente antropizzato. Alcuni piccoli nuclei abitativi come France, Morélet, Crest Forné e lo stesso Crest da cui prende nome la località, testimoniano l'intenso sfruttamento, tramite pascoli e foraggi, di questa parte del versante. L'ampia porzione destinata a prato e pascolo dimostra, poiché si tratta di aree che da lungo tempo hanno subito deforestazione, una forte continuità insediativa a quote elevate ma ancora ai margini delle pendici coperte da vegetazione boschiva. Da

questa zona inizia la comba Cunêaz, con il relativo villaggio, fino a raggiungere il Col de Mascognaz. Lungo la conca di questo vallone desta un certo interesse l'attestazione di alcuni toponimi che sembrerebbero ricollegabili alle attività estrattive della pietra ollare. Si tratta in particolare delle località di Lavassey Dessus e di Lavassey situate ad una quota prossimo ai 2300 m slm. Poiché dal punto di vista geomorfologico il progetto insiste su di un territorio che geologicamente appartiene alla "Zona Piemontese dei calcescisti con pietre verdi", tale unità tettonica, che attraversa trasversalmente la Valle d'Aosta, presenta frequenti affioramenti di serpentiniti e pietre verdi facilmente lavorabili. Tra queste spicca il litotipo CORTELAZZO - GABUCCI _ Doc. Valutazione Archeologica Preventiva 11/2017 _ 9

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denominato "pietra ollare" e ampiamente sfruttato fin dall'antichità per la produzione di vasellame tornito. I due toponimi, presi in esame quali indicatori di attività antropiche o legate all’uso antico del suolo, sembrerebbero denotare la possibile esistenza di luoghi di estrazione.

L’area, data la quota altimetrica, non presenta copertura boschiva ma ampi pascoli con vari affioramenti rocciosi distribuiti parallelamente rispetto alle curve di livello. Il toponimo "lavasse" o "lavassey" potrebbe rappresentare una variante di "lavetz" ed essere riconducibile al termine “pietra lavezzara” che identifica un tipo di roccia facilmente lavorabile con la quale è possibile ricavare vasi di forma troncoconica, per l’appunto i lavezzi. Una situazione simile con toponimi riferiti a "lavetz" sono stati riscontrati nella valle di Gressoney nei pressi della località Gabiet sul versante orografico destro del torrente Endrebach. Pur essendo considerevole la distanza tra l’area interessata dal progetto e il sito per il quale si presuppone l’esistenza di cave, non è da escludersi che eventuali trovanti o materiali relativi all’attività produttiva di tali lavezzi, i quali per essere torniti richiedevano la presenza di acqua corrente, possano trovarsi in settori prossimi all’alveo del torrente. Il toponimo, nella zona di Ayas e in particolare sopra i 2000 metri, sembrerebbe però derivare, nel patois valdostano, dal termine "lavasse" cioè il rabarbaro alpino (Rumex alpinus) e il suffisso "-ey" indicherebbe il collettivo dei toponimi. Tale interpretazione, ricavata dalle indicazioni fornite dal BREL (Bureau régional ethnologie et linguistique)

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sembrerebbe inficiare le ipotesi in merito ad un possibile riferimento ad attività estrattive, ma l'alta densità degli affioramenti di litotipi di pietra ollare in questo settore della Valle, induce comunque cautela nell'escludere del tutto l'eventualità che l'indicazione toponomastica possa in qualche modo riferirsi a questo materiale.

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5. Elementi d’inquadramento storico dell’area e delle valenze

archeologiche La valle d'Ayas, afferente alla valle principale della Regione, costituisce un territorio che lungo il suo solco vallivo presenta un ampio numero di agglomerazioni e molte tracce dell'attività umana. Pur trattandosi di un ramo laterale, il suo sbocco verso il crinale alpino, arriva a collegarsi con quello proveniente dalla sfociando nel passo del Col de Saint-Théodule. Il passo, pur trovandosi a quote elevate (3.300 metri slm), è stato ampiamente sfruttato sia in epoca romana sia in particolare nel medioevo potendo avvalersi di un periodo meteorologico che è stato definito come "optimum climatico". La presenza romana lungo l'asse vallivo è testimoniata dal ritrovamento di alcune tombe purtroppo non sempre localizzabili in modo preciso. Di alcune si hanno segnalazioni sulla base di una serie di materiali editi nel 1869 da parte di Bartolomeo Gastaldi che riproduceva dei vasi in pietra ollare e alcuni avanzi di tornitura provenienti dalla Val d'Ayas e dalla Valtournenche (GASTALDI 1869, p. 114). Mentre gli avanzi di tornitura non lasciano dubbi sull'impiego del tornio azionato ad acqua per la realizzazione dei vasi, diversamente gli oggetti rappresentati sembrerebbero appartenere a una tipologia realizzata a mano, senza l'ausilio del tornio, con due prese orizzontali piuttosto ampie poco sotto l'orlo. Le due cose sembrerebbero tra loro cronologicamente incompatibili poiché i vasi realizzati con questa tecnica daterebbero all'epoca imperiale romana mentre gli avanzi di tornitura dovrebbero datarsi a partire del IV- V secolo d.C. Purtroppo la perdita di questi oggetti (non sembrano esistere nei magazzini della Soprintendena Archeologica della Valle d'Aosta cosi come nei magazzini di quella torinese) non consente di operare ulteriori verifiche e poter osservare se per la realizzazione dei vasi eseguiti a mano fu impiegata una roccia simile a quella frequentemente riscontrabile a Saint-Jacques o se altrimenti si tratti di un'importazione dal Vallese dove tali manufatti sono molto diffusi proprio in epoca imperiale (PACCOLAT MORET 2007, fig. 5). L'impossibilità di poter stabilire da dove provenissero i vasi limita valutazioni in merito, tuttavia per una possibile attribuzione di questi ritrovamenti alla Val d'Ayas, ci soccorre un altro ritrovamento relativo ad una sepoltura ad Antagnod. Il rinvenimento di una tomba ad Antagnod è indicato in una lettera del priore Gal a Carlo Promis del 9 settembre 1840 (GAL 1868-1869, p. 108). Lo stesso priore riporta un'altra descrizione dello stesso ritrovamento all'interno di un suo scritto in merito ad alcuni ritrovamenti valdostani pubblicato circa un ventennio più tardi (GAL 1862, pp. 23-24). Egli CORTELAZZO - GABUCCI _ Doc. Valutazione Archeologica Preventiva 11/2017 _ 13

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così descrive la scoperta: "On a découvert à Ayas, au midi du chemin qui conduit du hameau d'Antagnod au chef lieu, un tombeau romain consistant en un petite urne cinéraire de pierre ollaire très bien travaillée dans son contour, contenant de petits os calcinés, recouverte d'une petite carrée en marbre blanc et flanquée de deux petite manuelles d'un excellent grés, qui avait servi à aiguiser, plus une lampe sépulcrale, portant le nom Atimeti, ornée d'une tète qui parait celle d'un faune. C'était, ce me semble, le tombeau d'un enfant d'un rémouleur ou d'un piquer de pierre. On y a trouvé des anneaux antiques" (GAL 1862, pp. 23- 24). Se dalla descrizione non è possibile stabilire se l'urna in pietra ollare fosse o no tornita, certamente l'indicazione " très bien travaillée dans son contour" da adito a diverse interpretazioni. Gli altri materiali associati confermerebbero la datazione della tomba all'età imperiale e quindi la possibilità di attribuire al vaso una forma con le prese laterali ricavate attraverso una lavorazione manuale e non al tornio. Di fatto questa tipologia di vasi sembrerebbe ricondurre ad una cultura transalpina più legata al versante svizzero e più diffusamente utilizzata in epoca romana imperiale con attardamenti fino al III secolo. Di un'altra tomba romana si ha segnalazione da parte del Barocelli (BAROCELLI 1925, p. 99) nella località di Lignod, un piccolo nucleo di abitazioni in prossimità dello stesso abitato di Ayas. Di questa tomba è riferito che conteneva alcuni oggetti di corredo tra i quali "un vasetto di fine terracotta di una forma rara a bicchiere". I materiali di questa tomba, quasi certamente di epoca imperiale romana, furono a quel tempo trasferiti al Museo di Antichità di Torino e forse lì andrebbero cercati. Di fatto questi ritrovamenti pur nella loro laconicità attestano la frequentazione di questo tratto della Val d'Ayas già in epoca antica. La frequentazione di questo tratto della valle in epoca romana sembra dunque ben documentata a testimonianza di come anche le valli laterali costituissero territori sottoposti a sfruttamento agricolo e attraversati da percorsi ampiamente utilizzati. La Comba Cunéaz tra l'altro, attraverso il Pentecoll, consente un rapido valico verso la Valle di Gressoney e l'abitato di Gressoney La Trinité. Lo sfruttamento dei giacimenti di pietra ollare costituì per la Val d'Ayas, ma ovviamente non solo per questa valle, un'importante attività prolungatasi lungo un arco cronologico molto ampio. Le particolari caratteristiche di questa roccia permettono, anche ad una osservazione superficiale, di poterla individuare anche in luoghi distanti dalle zone di estrazione. Molti dei corredi tombali appartenenti a sepolture di epoca tardo antica e altomedievale recano vasi realizzati con questa pietra. La presenza di grosse lamelle di

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clorite, al cui interno risultano annegati cristalli di granato, permette un'attribuzione che, pur senza analisi mineralogiche, può essere piuttosto affidabile. La presenza di luoghi di tornitura nella Val d'Ayas, proprio sulla base dei ritrovamenti nel territorio valdostano, ma non solo, può essere ricondotta a un momento cronologico per lo meno attribuibile dal IV secolo d.C. in poi. In particolare la produzione testimoniata a Saint Jacques dai numerosi ritrovamenti dei residui di tornitura, costituisce un riferimento d'indubbio interesse poiché, per il momento rappresenta il solo sito cui possono essere attribuiti i numerosi oggetti che si rinvengono in contesti archeologici dal IV secolo fino almeno all'XI secolo. Purtroppo il luogo non è mai stato oggetto di indagini mirate, tuttavia l'esistenza di laboratori specializzati nella tornitura dei vasi è testimoniata oltre che dagli avanzi di tornitura di cui si è detto, anche da precisi riferimenti storico-bibliografici. Precisate quindi le peculiarità archeologiche di questo ramo vallivo e considerata la densità insediativa di tutta la zona interessata dai lavori, con la presenza di vari nuclei abitati e la favorevole esposizione del luogo, si può ritenere che anche questo settore del versante possa aver avuto anche in epoca antica fenomeni di frequentazione umana. A ciò si aggiunga il possibile collegamento a indicazioni toponomastiche forse legate proprio all'estrazione della pietra ollare come nel caso delle località di Lavassey (ma si vedano le considerazioni,

indicate sopra, in merito all'attribuzione del toponimo al termine Lavasse cioè al rabarbaro alpino). Nell'area interessate dai lavori inoltre si sono evidenziate, in base all'osservazione CORTELAZZO - GABUCCI _ Doc. Valutazione Archeologica Preventiva 11/2017 _ 15

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delle riprese aeree del 2012 (Geoportale del Servizio Regionale), alcune anomalie determinate da variazioni colorimetriche del manto erboso che trovano riscontro anche nel profilo morfologico del versante. Una zona in particolare prossima all'attuale stazione di monte della telecabina mostra una forma rettangolare piuttosto definita, frutto certamente di attività antropica. L'operazione di survey, eseguita in quell'area in data 14 novembre 2017, non ha fornito riscontri legati alla presenza di strutture interrate poiché non emergevano al suolo elementi lapidei di alcun tipo. Morfologicamente però ancora oggi è discretamente leggibile in superficie uno spazio rettangolare che modifica il profilo del versante creando un'area pianeggiante in un punto dove invece la pendenza è costante. L'assenza di elementi strutturali sul suolo attuale indica che tale anomalia potrebbe ricondursi, con molta probabilità, a una delimitazione realizzata con materiale deperibile la cui epoca cronologica rimane al momento sconosciuta.

Lo scarso interro e la limitata potenza dei depositi antichi in tutto questo settore, non consente di escludere che tale attività possa essere riconducibile anche epoche antiche. Tutta quest'area inoltre non sembra essere stata interessata a suo tempo dai lavori di costruzione della telecabina. Prova della conservazione di tale situazione sembra essere anche quanto ancora leggibile nelle foto zenitali recentemente realizzate per il progetto in

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questione. L'immagine evidenzia ancora alcune tracce anomale che corrispondo, almeno in parte, con quanto osservabile in quella del 2012. Occorre segnalare però che nelle precedenti immagini aeree del 1999 e del 2005 (sempre riferibili al geoportale della Regione) l'anomalia è meno evidente e poco percepibile. Impossibile stabilire se tali differenze siano dovute ad una particolare luce al momento delle riprese o ad una diversa umidità del terreno, elementi che incidono molto nella possibilità di riscontrare tali tracce. La colorazione scura leggibile nella foto del 2012 sembrerebbe riferibile ad una situazione in cui la traccia potrebbe indicare l'esistenza di un fosso o di elementi vegetali che nel tempo hanno lasciato una maggior presenza di umidità nel terreno. Certo è singolare osservare come l'anomalia presenti un orientamento coincidente con la parcellizzazione catastale, il che sembrerebbe avvalorare l'esistenza di un'evidenza fisica. Un lato della traccia rettangolare coincide perfettamente con il limite della particella e un secondo costituisce la prosecuzione della divisione perpendicolare delle particelle soprastanti.

Dal punto di vista archeologico, quindi, il settore interessato dalle opere connesse al rifacimento della telecabina e ai vari annessi, come le relative sistemazioni delle piste e la costruzione di nuovi fabbricati, insiste in una zona che per la sua particolare esposizione e l'intensa frequentazione antropica, caratterizzata da una trapuntata distribuzione di piccoli nuclei abitativi, si configura come potenzialmente confacente ad attività umane. Posto sulla

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cresta del pendio in un tratto di versante che dal punto di vista morfologico crea una leggera contropendenza, potrebbe rivelarsi favorevole a presenze e frequentazioni di epoca antica. Come mostrato nell'immagine sottostante oggi il terreno presenta anche leggere depressioni all'interno di un ampio tratto che diversamente dalla linea di pendenza del versante si presenta quasi perfettamente orizzontale creando una sorta di piccolo terrazzo. Rispetto all'intero areale interessato dai lavori questa porzione di superficie è l'unica che mostra variazioni così evidenti del profilo morfologico pur non evidenziando, come anzidetto, presenze o accumuli di pietrame in superficie.

L'ampio intervento di scotico e i numerosi e consistenti interventi volti a modificare molti dei profili dei versanti previsti dalla fase progettuale, asporteranno terreni superficiali per un'estensione molto ampia e concentrata prevalentemente nei tratti maggiormente favorevoli. Un ulteriore elemento a favore dell'intensa frequentazione è determinato dalla densità delle parcellizzazioni catastali che in questo tratto del versante si fanno particolarmente fitte. Tale intensità testimonia il valore e la redditività, per quanto limitata a queste quote elevate, dei territori in questione.

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6. Valutazioni sulla presenza di torbiere Le torbiere rappresentano quello che si potrebbe definire un "cripto paesaggio" che solo attente e puntuali ricerche, insieme ad accurate indagini sono in grado di rivelare. Recenti studi e trincee esplorative compiute tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso dall’Università di Milano e dal CNR sul sito dell’Alpe Courtlys hanno fornito interessanti indicazioni sulla storia del clima e delle variazioni climatiche in rapporto alle popolazioni preistoriche e protostoriche della Valle d’Aosta. Le ricerche erano state indirizzate a definire le fasi di avanzata e ritiro di uno dei più importanti ghiacciai con il suo ampio anfiteatro morenico, il ghiacciaio del Lys. Le trincee esplorative furono realizzate sulla sponda orografica sinistra del Torrente (vedi immagine fotografica allegata) ma le informazioni ricavabili dalla sequenza stratigrafica emersa e dalle analisi polliniche hanno consentito di determinare la storia delle oscillazioni del ghiacciaio negli ultimi 3000 anni. I pollini contenuti all’interno della torbiera sono stati anche sottoposti ad analisi C14 ed hanno fornito datazioni interessanti proprio a proposito dello sfruttamento dell’area e alla sua copertura vegetazionale. Lo studio è stato recentemente pubblicato da Cesare Ravazzi (Tremila anni di storia del clima in Valle d’Aosta, La registrazione dell’anfiteatro del ghiacciaio del Lys, Augusta, 2011, pp. 16-19). In tale lavoro si evidenziava come la torbiera venne a formarsi in seguito a una fase di avanzata glaciale avvenuta durante l’Età del Ferro circa 2700 anni fa, dimostrando come proprio in quest’età la zona fosse circondata da foreste di abete bianco poi scomparso in epoca tardo romana. Proprio all’Età del Ferro, infatti, deve essere ricondotto l’inizio del ritiro del ghiacciaio che favorì la formazione di un laghetto e conseguentemente della torbiera. Quest’ultima si sviluppò per quasi duemila anni ma, nell’XI secolo dopo Cristo, fu sepolta da sabbie laminate, che presentano uno spessore di oltre 60 cm (livelli più chiari nella figura). Il seppellimento della torbiera sembra essere stato “provocato dai depositi di un piccolo torrente che

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fuoriusciva direttamente dal ghiacciaio, cioè uno “scaricatore glaciale” che lambiva il fianco sinistro (orientale) del ghiacciaio. In base a questi dati si può desumere che, intorno all’XI secolo dopo Cristo, il ghiacciaio si portò nuovamente in prossimità del sito. L’analisi del polline fossile contenuto nelle torbe ha confermato a grandi linee la cronologia ottenuta con il radiocarbonio ed ha aggiunto informazioni sulla vegetazione. Nella prima età del Ferro la zona era circondata da foreste di abete bianco; le foreste arretrarono nella seconda età del Ferro, finché, in età tardo romana, l’abete bianco scomparve. Inoltre, l’analisi pollinica ha stabilito che nell’XI secolo dopo Cristo il pascolo dell’Alpe Courtlys non era ancora stato aperto” (RAVAZZI, 2011, 18). Gli studi compiuti hanno altresì attentamente individuato l’evoluzione del ghiacciaio negli ultimi 150 anni. Dalla piccola età glaciale con la massima espansione nel 1821 testimoniata dalla presenza di cordoni morenici fino all’attuale posizione attraverso una serie di altri cordoni morenici che attestano le sequenze dell’arretramento. Un recente lavoro nel Vallone di San Grato di Elisabetta BRUGIAPAGLIA (Il Vallone di San Grato ed il suo ruolo per la ricostruzione paleo ambientale con particolare riferimento all’occupazione umana. Importanza biologica e scientifica delle torbiere, in "Augusta", n. 48. 2016, pp. 9-19), ha apportato nuove informazioni in relazione a due piccole torbiere. I siti indagati di Réich e della Mongiovetta, a quote altimetriche prossime al sito in questione ca. 1900 m slm, sono estremamente interessanti perché localizzati ad un’altitudine ottimale per evidenziare le oscillazioni del limite altitudinale degli alberi e per registrare le modificazioni della vegetazione determinate dalle attività umane. Analisi furono a suo tempo eseguite anche al lago di Champlong (BRUGIAPAGLIA, Dynamique de la végétation tardiglaciaire et holocenedansles Alpes italiennes nord-occidentales, Thèses Sciences Université Aix-Marseille III: 148 pp.). I due siti del Vallone di San Grato hanno restituito una stratificazione di livelli torbosi con presenza di pollini e frammenti lignei che coprono un arco cronologico compreso tra il 9200 BC e l'epoca odierna. La sedimentazione nel sito di Réich iniziò circa 9200 BC (profondità del livello torboso 250-245 cm) ma il ritiro del ghiacciaio era cominciato già da prima, tanto che intorno alla torbiera si era formata una vegetazione di arbusti/alberi, non evidenziabile con l’analisi pollinica, ma grazie ai frammenti di legno e scaglie di cono delle conifere. I risultati ottenuti dallo studio dei pollini e delle spore contenuti nei sedimenti della torbiera di Mongiovetta appartengono a livelli compresi tra 148 e 144 cm di profondità, ossia la parte più profonda che è stato possibile carotare, e avrebbero un’età di circa 3960

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BC. La sedimentazione inizia nell’età del Bronzo e già durante questo periodo sono evidenti alcuni deboli segnali di antropizzazione quali il polline dei cereali e della canapa. Questi studi oltre a costituire una testimonianza rilevante della ricchezza d'informazioni desumibili dalle ricerche compiute sui ghiacciai, attestano altresì l’esistenza di archivi naturali e antropici che ci restituiscono nuove conoscenze “non soltanto sul problema della fase fredda dell’età del Ferro e delle prime società rurali alpine, ma su numerose tappe della storia dell’ambiente e dell’uomo nella vallata dalla fine dell’ultima glaciazione, all’incirca durante gli ultimi 17 mila anni” (RAVAZZI, 2011, 19).

L'area oggetto dell'intervento non sembrerebbe presentare delle vere e proprie torbiere tuttavia a monte di dove dovrà essere edificata la rimessa per le macchine battipista è presente una sorgente che è stata captata per l'acquedotto comunale. Lo scavo da realizzare, che entrerà per vari metri nel versante, potrà eventualmente mostrare qualche

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traccia o sedimentazione legata al passaggio di acque superficiali e all'eventuale formazione di depositi. Tale sedimentazione potrebbe offrire informazioni per quello che si potrebbe definire un relitto di torbiera forse anche legato in antico alla presenza di ghiacciai. La conservazione di un eventuale strato di torba garantirebbe la possibilità di raccogliere un abbondante numero di informazioni. Dovendo l'attività in progetto asportare interamente tutto il deposito si verrebbero a perdere in tal modo le sequenze polliniche e la loro stratificazione. I dati desunti dalle analisi compiute a Courtlys e nel Vallone di San Grato rappresentano le tante valenze che il corretto approccio a questo tipo di depositi è in grado di garantire.

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7. Valutazioni del rischio archeologico Sulla base delle considerazioni sinora esposte si ritiene l’area a medio rischio archeologico, per ciò che concerne il possibile rinvenimento di elementi di antropizzazione di epoca storica in tutti i settori dove sarà prevista la movimentazione di terreno anche e soprattutto per i livelli superficiali. L'intensa frequentazione dell'area e dei percorsi non consente di escludere a priori l’eventuale presenza di qualsivoglia ritrovamento in particolare per epoche storiche, ma non si posso escludere eventuali presenze preistoriche e protostoriche. Ciò che emerge dalle osservazioni fino ad ora avanzate è il carattere particolare di quest'area dove la situazione ambientale, con la possibile presenza di una torbiera e le tracce desunte dall'analisi delle fotografie aeree, ne determinano le peculiarità. La stessa situazione geomorfologica di cui si è detto, rende ipotizzabile la presenza di tracce archeologiche soprattutto in quelle aree oggi maggiormente antropizzate e sfruttate con terreni da foraggio variamente interessati da nuclei abitati. Le operazioni indicate in progetto prevedono la totale asportazione dei depositi superficiali, lo scavo di porzioni di versante e la rimodellazione di vari profili per facilitare la percorrenza delle piste. A queste si devono aggiungere anche gli interventi, sempre seguiti nel settore in questione, degli impianti di innevamento che comportano lo scavo di trincee. I ritrovamenti episodici testimoniati lungo la Val d'Ayas dimostrano come, già in epoca romana, la frequentazione umana avesse colonizzato le aree meglio esposte e come i percorsi e i passi che consentivano la comunicazione con altre valli fossero intensamente utilizzati. La favorevole esposizione del pianoro prossimo alla località Crest, dove è prevista la costruzione della stazione di monte e le autorimesse dei mezzi battipista cui si deve sommare la realizzazione delle fondazioni degli ultimi quattro plinti della telecabina che insistono all'incirca sullo stesso settore, costituisce un discrimine importante per l'eventuale presenza di depositi o stratificazioni archeologiche legate ad antiche attività insediative. A ciò si deve aggiungere una delle caratteristiche della Val d'Ayas relativa alla intesa attestazione di affioramenti di cloritoscisti, spesso con granati o con cristalli di clorite, dai quali era possibile ricavare vasi in pietra ollare torniti. Le segnalazioni lungo i due versanti sono numerose e le recenti ricerche hanno dimostrato un numero sempre più crescente di segnalazioni. In definitiva l'area interessata dai lavori pur non evidenziando la presenza di ritrovamenti archeologici ma sulla base delle considerazioni sinora presentate, si ritiene che debba considerarsi a medio rischio archeologico per ciò che concerne il possibile

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rinvenimento di elementi di antropizzazione di epoca storica e preistorica. L'esistenza di una possibile area con la presenza di una torbiera rappresenta, per ciò che concerne la raccolta d'informazioni in merito a questo settore di versante un'eventualità da considerare con un certo interesse. L'attuale esistenza di strutture insediative e la situazione geomorfologica di cui si è detto, rendono comunque ipotizzabile la presenza di antiche tracce insediative. La zona indicata nella cartografia allegata, costituisce un settore nel quale non si può escludere a priori, l'esistenza di elementi antropici siano essi relativi ad antiche strutture abitative o a semplici articolazioni degli spazi agricoli o ancora, all'eventuale presenza di precedenti canalizzazioni finalizzate ad approvvigionare le località del versante. Pur ponendo l’accento sulla debole valenza di possibili ritrovamenti archeologici nell’area in oggetto, si suggerisce di compiere controlli durante le fasi operative dello scotico e dello scavo di parti del versante, in prossimità della zona indicata in giallo nella carta qui allegata.

Dettaglio su Foto Aerea 2012 In giallo l'area a medio rischio archeologico

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Dettaglio su Carta Tecnica Regionale In giallo l'area a medio rischio archeologico

Veduta generale dell'area interessata dai lavori da sud/ovest

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8. Valutazione degli indici di rischio archeologico

La Valutazione Preliminare di Rischio Archeologico di un’area definisce la probabilità della presenza di depositi o manufatti di interesse archeologico (emergenti o interrati) e la probabilità che essi interferiscano con le opere in progetto. La valutazione di Rischio Archeologico si distingue in ASSOLUTO e RELATIVO e comporta la definizione di un indice di rischio basato su di una scala teorica di 6 livelli: NULLO, BASSO, MEDIO, MEDIO-ALTO, ALTO, CERTEZZA DELLA PRESENZA.

Il rischio ASSOLUTO riguarda la presenza e il grado di conservazione di eventuali depositi archeologici in una determinata area. La determinazione dell’indice di rischio assoluto è effettuata sulla base dei seguenti fattori:  attestazioni archeologiche: presenti o ipotizzate  caratteristiche geomorfologiche e topografiche dell’area: in base alle loro potenzialità rispetto ad una occupazione antropica o nell’ottica del livello di conservazione di eventuali depositi o della loro tipologia (in situ o in giacitura secondaria)  indicazioni fornite dalla toponomastica: presenza di toponimi rivelatori di resti sepolti

Per rischio nullo s’intende che nell’area si sia già verificata, attraverso precedenti indagini e/o bonifiche archeologiche, l’assenza di depositi di tipo archeologico. Per certezza della presenza s’intendono quelle aree per le quali si è già accertata la presenza di depositi archeologici, manifesti o interrati, a prescindere dall’eventuale esistenza di un vincolo archeologico.

Il rischio RELATIVO riguardala la previsione, in relazione alla tipologia delle opere da realizzarsi, della eventualità di interferire nel corso dei lavori con depositi archeologici. La determinazione dell’indice di rischio relativo è effettuata sulla base dei seguenti fattori:  l’indice di rischio assoluto assegnato all’area nella quale vengono effettuate le opere in progetto  la tipologia dei lavori (scavi, rilevati, obliterazione di superfici etc.)

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Per rischio nullo s’intende che nell’area sia già stata verificata, attraverso precedenti indagini e/o bonifiche archeologiche, l’assenza di depositi di tipo archeologico o che, riguardo le caratteristiche delle opere in oggetto, il rischio sia di fatto assente (mancanza di operazioni di scavo e/o obliterazione di porzioni di terreno, lavori in galleria, etc.). Per certezza della presenza s’intendono quelle aree per le quali si è già accertata la presenza di depositi archeologici, manifesti o interrati, a prescindere dall’eventuale esistenza di un vincolo archeologico e a prescindere dalla tipologia dei lavori.

Valutazioni di rischio archeologico assoluto L’opera in oggetto non insiste su aree nelle quali si è accertata la presenza di resti archeologici, dove vige l’obbligo di bonifica completa dei depositi archeologici attraverso la programmazione di uno scavo archeologico mirato. L’opera in oggetto non è altresì da ritenersi a rischio nullo di interferenza, in quanto le opere non insistono in alcun punto su aree già archeologicamente bonificate o oggetto di sondaggi. Per i motivi suddetti, l’indice di rischio assoluto della presenza di depositi o di elementi di interesse archeologico nell’area di intervento è ritenuto  BASSO in tutta l'area interessata dalla realizzazione dell'opera.

Valutazioni di rischio archeologico relativo Si reputa che la costruenda telecabina con tutti i vari edifici e infrastrutture annesse sia da ritenersi a rischio nullo di interferenza con resti antichi, poiché non si segnalano rilevanze strutturali nelle immediate circostanze. Tuttavia, sebbene non vi siano attestazioni di ritrovamenti ad oggi noti che si pongano in adiacenza dell’area in oggetto, essa presenta comunque alcune criticità. La zona è verosimilmente a rischio di rinvenimenti occasionali, soprattutto in merito alla frequentazione avvenuta nel corso dei secoli. Particolare però risulta la posizione favorevole e l'intensa frequentazione del luogo con la possibile esistenza di una torbiera che potrebbe restituire interessanti e importanti informazioni sulla storia del clima e della copertura vegetativa della Valle nel corso dei millenni. Per i motivi suddetti si considera pertanto l’indice di rischio, relativo alla tipologia delle opere di interferire con manufatti e depositi d'interesse archeologico corrispondente a quello assoluto genericamente medio, ovvero:

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 MEDIO in tutta l'area interessata dalla costruzione della stazione di monte e dei locali annessi compresa la costruzione degli ultimi pilastri della telecabina in prossimità della stazione di monte e gli scavi per gli impianti di innevamento.

Prescrizioni operative consigliate per l’abbattimento del rischio In un’ottica di abbattimento del rischio archeologico e di una valutazione costi-benefici, si ritiene che la ricaduta specifica sulle opere in progetto degli obblighi di tutela previsti per i beni archeologici si possa configurare nella seguente procedura, calibrata sull’indice di rischio riscontrato e sulle modalità delle lavorazioni previste. Al fine di procedere in modo tempestivo durante le operazioni di scavo e scotico, che si ritengono a rischio potenziale di rallentamenti causati da eventuali ritrovamenti occasionali o possibili interferenze, si suggerisce che:  l’espletazione degli obblighi di tutela possa configurarsi eventualmente con l’assistenza archeologica continuativa alle sole operazioni di scotico e scavo, da concordare preliminarmente con la Soprintendenza competente, svolta da un archeologo qualificato, la cui presenza in cantiere in caso di rinvenimenti garantisce la tempestività dell’applicazione delle procedure previste.  Si suggerisce altresì di prevedere un circoscritto progetto d'indagine strettamente legato all'eventuale presenza di una torbiera con la realizzazione di carotaggi pollinici, studio degli stessi in laboratorio e l'assistenza alle operazioni di asporto del deposito.

Dott. Mauro CORTELAZZO

Dott.ssa Ada GABUCCI

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