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Donato Seaii

Lo " Stato di Squinzano ", nella II metà del sec. XVIII, era costituito dal Principato di Squinzano, il Marchesato di (coi suffeudi di Afra e Bagnara), le Baronie di Salice e di (col suffeudo di Monticello)i. Estintasi la famiglia degli Enriquez (1749), il feudo era passato ad un loro pa- rente, Alfons() Filomarino, duca di , quindi, dopo la morte di costui, improle, a Nicola Filomarino (1754). Questi, per sanare la pesante situazione debitoria da cui era gravata l'eredi- tà, incalzato dai creditori, nell'aprile del 1761 vendette (per 246.000 ducati) le Baronie di Salice e di Guagnano al principe Michele Pignatelli; a costui, nel settembre dello stesso anno, diede in affitto sessennale le terre di Campi e di Squinzano con l'impegno di cedergliele definitivamente non appena gli si fos- se offerta l'occasione di acquistare un altro feudo vicino a Cutrofiano o a Na- poli L'accordo, però, andò a monte e i due baroni adirono il tribunale, finchè, nel 1769, il S.R. Consiglio si espresse in favore della figlia ed erede dell'ormai de- funto Nicola, Marianna Filomarino, che rientrò in possesso dell'intero Stato di Squinzano, previa restituzione al Pignatelli della somma da lui sborsata in pre- cedenza per l'acquisto di Salice e di Guagnano2. Il feudo così ricompattato, continuò ad appartenere ai Filomarino fino all'e- versione della feudalità (Legge 2 agosto 1806). Limitatamente al Principato di Squinzano, i diritti esercitati dai feudatari erano i seguenti3: • Giurisdizione (con gli utili e gli interessi connessi) delle prime e seconde cau- se civili, criminali e miste col mero e misto imperi°, quattro lettere arbitrarie, potestà di spada e facoltà di commutare le pene in tutto il territorio di com- petenza della Corte Baronale del paese. Detta competenza si estendeva, oltre che sul feudo di Squinzano (detto Feu-

l Cfr. P. Coco, Cenni storici di Squinzano, , 1922 pp. 309-346 (doc. XIII: Memoria- le della lite tra i Filomarino e i Pignatelli, 1761-1766). 2 3 AsL, not. Spoti, 13/13, 1762, ff 234-253r (Inventario dei beni delle Terre di Campi e di Squinzano, date in affitto al principe M. Pignatelli - Atto del notaio napoletano G. Narici di Napoli del marzo 1761). Vedere anche P. Coco, Cenni storici di Squinzano, cit., Appendice X, pp. 299-305 (Memoriale della cessione del feudo di Squinzano - tramite il not. C. Bran- caccio - a G. Enriquez, stilato a Napoli il 6 aprile 1634).

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do Franco o dell'Abate) anche, sui suffeudi di Pitello, di Cisterno (vulgo, La Badessa), di Balesio, di Cerrate (limitatamente al territorio circostante l'anti- ca abbazia, detta anche S. Maria del Popolo), di Afra e Bagnara, sebbene sul piano amministrativo e fiscale appartenessero ad altre Università4. • Ius della Mastradattia e della Bagliva nonché la Zecca dei pesi e misure su tutto il territorio di competenza giurisdizionale. Come si vede, nel feudo di Squinzano, nei secc. XVII — XVIII, non gravava- no decime sui prodotti della terra o sulla compravendita di beni immobili né altri diritti feudali, peraltro del tutto sconosciuti ai suoi abitanti fin da quan- do il paese staccatosi, nel 1560, dalla Città di Lecce (di cui da tempo imme- morabile era stato "casale de corpore"), per settantatre anni si era retto auto-

4 Cnt, tll bn prt d Ctrn rntrvn nl fd d l, n ll d rhrl Afr nr n ll d Cp (h nl 00, v l bnt nnz nh d prprtr trrr nzn. Qt vllnt d ptnz rdznl fl dtrnò pr lnh nfltt tr lUnvrtà d Snzn l ltr pr tt. rtlrnt nt frn ntrt fr Snzn Cp Slntn pr lttrb zn ntrtv fl d ffd d Afr nr, pprtnnt n tp ll f l Mrnt (h v l d ttt prdtt dll trr, p pt, n l d Cp, Sl Gnn ldn, h n bbr nfr d Crl nl 40. (Cfr. AS, nt. A. Mt, 66, 82v84v, n S. FRACASSO, Regesti del not. Minioti, "Std Slntn" II 2000, 2002 nt. G.G. lppll, 6, ff. 42v486v 60, ff. 4r42r (n G. C, I notai leccesi del 500, , f. 2 AS, Bollettino delle sentenze della Commissione Feudale, . 4 dl 0080. n Invntr d bn dl nd rdnnd ldn, tlt dl nt. G.. n nl 64 (A, 8 rlt h nl fd d Afr, fdtr rtvn l rdzn vl, rnl t n n l "rvtù dll d" ttt prdtt dll trr, ntr n ll d nr (dt lr l ptt "d rtrdnd" d Alndr d Mn t, rh d Aj rtvn nh l " j lnd". I d fd frn nl nl C tt d Snzn dl 46, , n t rr dllUnvrtà d Cp, n tt dl l ntnz dll Cr dll Sr, n d n pr: Cp vrbb n t l bntnnz l Crt fdl d Snzn v vrbb rtt l p tnz rdznl (fr. nt. . Spt, t, 1762). Nel 1778, la R. Camera della Sommaria sentenziò che i due feudi erano da considerarsi pertinenze di Campi, la quale si affrettò ad imporre ai proprietari di terre la presentazione di nuove " Rivele" entro 15 giorni, fra le vi- brate proteste degli squinzanesi (AsL, prot. noi. 1. Marino, 98/18, 1778, ff. 152v-154v). Nel 1807, infine, all'epoca del Censimento Fondiario, su iniziativa del Direttore Catasta- le di Lecce, onde venire incontro alle richieste dei proprietari terrieri dei due paesi, i due feu- di furono divisi rispettivamente per metà: quella detta del "Monte " (le serre salentine) lam- bita dalla via Consolare Cellino-Squinzano, percorsa dal R. Procaccio, fu assegnata a Sqyuinzano, a cui era contigua; quella detta della " Valle" (della Cupa ) fu attribuita a Cam- pi (cfr. AsL, Scritture delle Università e Feudi-Squinzano, b 93/7, 1811). La ripartizione non risolse il problema perché, a seconda della dislocazione delle terre, una parte dei proprietari (sebbene campioti) pagarono le contribuzioni a Squinzano; parte (anche se squinzanesi) pagarono a Campi.

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nomamente, rinunciando, poi, alla demanialità (perché oberato dai debiti) nel 1633, in favore di Giovanni Enriquez, marito di Maria Paladini, marchesa di Campi Salentina5. Ma il feudo di Squinzano era (ed è ) piuttosto limitato e, per questo, buona parte dei proprietari squinzanesi possedeva i beni rustici nelle contrade limitro- fe, in particolare negli antichi feudi di Afra, Bagnara e Cisterno (La Badessa), dove erano in vigore le decime. Nel feudo di Afra, gli Enriquez, prima, e i Filomarino, poi, esercitavano, ol- tre alla giurisdizione delle prime e seconde cause civili, criminali e miste, anche il diritto della decima sulla vendita dei fondi, nonché sull'uva e vino mosto, fa- ve verdi e secche, fagioli e altri legumi, bambace, olio, grano, orzo, avena6. Nel feudo di Bagnara, poi, gravato dagli stessi pesi feudali di Afra, le deci- me erano esatte oltre che dai Filomaino anche dalla Mensa Vescovile di Ostu- ni, con conseguenti annose liti. In ambedue i sutTeudi si esigevano anche l'erbatica e la carnatica8. Limitata alle sole olive era la decima gravante sul feudo di Cisterno, delle Donne Monache di S. Giovanni Evangelista di Lecce, in cui, come abbiamo già detto, numerosi squinzanesi possedevano appezzamenti di terre9. La legge 2 agosto 1806 abolì la feudalità e con essa le servitù personali e i diritti arbitrari, ma non tutte le decime, giacchè le Commissioni Feudali (costi- tuite per la soluzione del complesso contenzioso sorto ben presto tra privati o Comuni ex feudatari) riconobbero giuridicamente legittime quelle attestate da validi documenti risalenti ai secoli precedenti. E, in effetti, l'antichità del possesso del diritto di decimare da parte degli ex baroni, fu una legittima motivazione per il riconoscimento della conservazione di quel dirittom.

5 Cfr. P. Coco, Cenni storici di Squinzano, cit, Appendice, doc. N 9. 6 Ast_, not. Fr. Mangia, 46/74, 1720, ff. 18v-37v. 7 AsL, not. Fr. Spoti, cit. 1762, nonché P. Coco, "Memoriale della lite tra Filomarino e Pi- gnatelli...", cit., 1764. 8 Idem nota 7. 9 Da documenti risalenti alla metà del sec. XIV risulta che le Monache di S. Giovanni Evangelista erano solite, all'epoca, concedere ad enfiteusi ad meliorandum, appezzamenti macchiosi o boscosi del feudo di Cistemo in cambio di un canone annuo e della" servitù di un decimo dei frutti, l'erbatica, la monta di un giorno, la camatica e mezza libbra di cera l'an- no" (cfr. M. PASTORE, Le Pergamene di San Giovanni Evangelista di Lecce, Centro Studi Sa- lentini, 1970, Lecce, pag. 60). Già nella prima metà del sec. XVI erano perfettamente efficienti, in quel feudo, le mas- serie di Caliano e della Badessa: la prima, presso Torchiarolo; la seconda vicino al "casale Schinzani" (ivi, 1525 e 1547). 10 Furono, comunque, abolite l'erbatica e la carnatica, nonché la decima sul prezzo di alie-

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E ciò dimostra come, della feudalità, la legge suddetta abolì la facciata ma non lo zoccolo duro. Nel settembre 1810, la Suprema Commissione Feudale, esaminati i ricorsi dell'Università di Squinzano (intervenuta a nome dei proprietari di terre site nei feudi e nei suffeudi circostanti) e quelli degli ex feudatari; riconosciuto il " Ter- ritorio di Squinzano libero ed esente da qualunque prestazione di decime, cen- si o altra specie di servitù territoriali , "giacchè" tutte le carte fiscali attestano l'esenzione da qualunque peso di decima" , senten- ziò che gli squinzanesi proprietari di beni rustici negli altri ex feudi, erano sot- toposti ai seguenti pesi: • per Cisterno, alla decima delle olive, attestata da un Inventario del 1543; • per Afra e Bagnara, alla decima del grano, orzo, lino e vino, attestata da un Relevio senza data ma, presumibilmente, del sec. XV. Precisò, inoltre, che i feudatari potevano esigere, annualmente, la decima su un unico prodotto dello stesso fondo, a proprio arbitrio e che, comunque, le pre- stazioni in natura potevano essere commutate in canone redimibile (a norma del Decreto 20 giugno 1808)11. Nel 1812, in seguito a ricorso dell'ex feudataria, Marianna Filomarino, con- tro questa sentenza, furono riconosciute legittime le decime a carico dei pro- prietari squinzanesi nei due ex feudi, anche per l'avena, le fave, i fagioli e le oli- ve, al pari di quanto la stessa Commissione Feudale aveva stabilito per i pro- prietari campioti con una precedente sentenza del 180912. Le suddette decime continuavano ancora ad essere esatte all'epoca del crol- lo del Regno delle due Sicilie e dell'avvento dell'Italia Unita, che tante speran- ze radiose fecero concepire circa il futuro del Mezzogiorno. Nel 1862, al Prefetto di Lecce che, con Circolare n. 69, aveva chiesto ai Sin- daci della Provincia ragguagli sulle prestazioni feudali ancora in atto nei singo- li paesi (natura, origine, qualità, entità), il Sindaco di Squinzano rispose che i suoi amministrati proprietari di terre, sebbene con grande riluttanza e tra conti- nue liti, continuavano a versare: • la decima delle olive nell'ex feudo di Cistemo (La Badessa) alle Donne Mo- nache di S. Giovanni Evangelista di Lecce per un ammontare medio annuo

nazione degli immobili, ma non si volle colpire l'aristocrazia feudale in modo radicale, te- nuto conto della sua posizione nei rapporti di forza esistenti nel Regno. Per questo i france- si mirarono a salvaguardarne, in tutti i casi, la legittimità di possesso dei beni e dei diritti. ASL, Scritture delle Università e feudi, Squinzano, b43, fasc. 93/7. 12 Ibidem. La sentenza del 1812 si fondava sull'inesistenza di un legittimo motivo per cui i suddetti pesi dello stesso feudo variassero, a seconda della residenza (Campi o Squinzano) dei proprietari.

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(valutato nell'arco dell'ultimo decennio) di some 13 e pignatelle 25 e 6/10 di olio mosto13. • la decima, pari a duc. 166, 2/3, per metà dell'ex "Feudo " (Afra — Bagnara) al barone Di Stefano di Casalnuovo — Principato Citra — che, nel 842, aveva acquistato dalla Principessa di Squinzano, Marianna Filomarino, il diritto di decimare su parte di quelle terre14. • la vigesima, nell'altra metà del suddetto ex feudo, alla Mensa Vescovile di Ostuni, per un ammontare annuo pari a ducati 140; • la vigesima, pure in quest'ultima metà dell'ex feudo, all'ex principe di Fran- cavilla, Augusto Imperiale, e alla consorte Luigia Gallone, già principessa di Tricase15, per un ammontare annuo pari a ducati 16816. Nulla, quindi, era mutato in un cinquantennio e i tributi, nonostante la pos- sibilità offerta dal Decreto 1812 di commutazione in canoni, per venire incon- tro ai proprietari di terre, continuavano ad essere corrisposti in natura per l'op- posizione degli ex baroni, che giudicavano il canone pecuniario poco conve- niente perché soggetto a svalutazione. Finalmente la Legge 8 giugno 1873 n.1389 (e successive modifiche e inte- grazioni) impose la commutazione anche in Terra d', e agevolò il defi- nitivo riscatto dei terreni da qualsiasi onere decimale, mediante il versamento di un capitale con una rendita annua pari al canone dovuto17.

Rimase, comunque, fermo che le decime del feudo di Bagnara spettavano per metà agli ex feudatari (i Filomarino) e per metà alla Mensa Vescovile di Ostuni 13 Poco più di 20 quintali; a Squinzano, 1 soma (o salma) = 10 stare = Kg. 15,502,45 (cfr. G. GANDOLFI, Tavole di ragguaglio delle unità di pesi e misure con le unità di pesi e misure del sistema metrico, Napoli, 1861). 14 Cfr. AsL, not. D. Margilio, D8/13, 1886, ff. 46r-62v 15 IDEM, 1876, ff. 93r — 95r 16 Cfr. ASL, Prefettura, Demani Comunali, b85, fase 829 17 La Legge ebbe un iter particolarmente lungo e tortuoso a causa delle lungaggini buro- cratiche e della mancata approvazione dei due ramí del Parlamento, ora per lo scioglimento delle Camere, ora per la chiusura di sessione. Nel 1861, il Consiglio Municipale di Lecce approvò una petizione al Parlamento (redatta dall'on. Brimetti e sostenuta da ben 70 Consigli Comunali della Provincia) perché fosse va- rata una legge sulla commutazione in canoni delle decime feudali in vigore nella Provincia di Terra d'Otranto. Nel 1862, la Commissione preposta allo studio preliminare dei progetti di Legge, archiviò la proposta, suscitando la reazione dei parlamentari salentini che ottennero dal Ministro del- l'Agricoltura la promessa del suo appoggio di un disegno di legge da presentare alle Camere. Nel 1864 l'on. Pisanelli presentò un Progetto che fu nuovamente congelato per il trasferi- mento del Parlamento da Torino a Firenze. Stessa sorte subirono altri due Progetti per incompletezza dell'iter parlamentare. Final- mente la Legge fu approvata 1'8 giugno 1873 e pubblicata dalla Gazzetta Ufficiale I'll giu- gno successivo (cfr. , Il cittadino leccese, Annate 1863-1873).

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A Squinzano, le commutazioni delle decime relative ai feudi di Afra e Ba- gnara furono concordate tra il barone Ermenegildo Di Stefano (subentrato, co- me abbiamo già detto, ai Filomarino) e i proprietari di terre, a partire dall'apri- le 1876 (l'art.1 della Legge prevedeva la suddetta commutazione dal terzo an- no della sua promulgazione18). Alla base del contratto era la rendita di ciascun fondo, valutata per il doppio del reddito imponibile e al netto del quinto dovuto agli ex-feudatari per il pa- gamento dell'imposta fondiaria. A garanzia del versamento dei canoni entro il 31 dicembre di ogni anno, il Di Stefano si riservò l'ipoteca sui fondi. Dal giugno dello stesso 1876 ebbero inizio le commutazioni in canoni delle vigesime gravanti sul medesimo Feudo Comune "Afra-Bagnara", di cui erano titolari, come abbiamo già visto, i coniugi Imperiale-Gallone. Per questi contratti, punto di partenza fu la rendita catastale "semplice", cioè non raddoppiata, trattandosi di vigesima; i canoni andavano versati entro no- vembre di ciascun anno e, anche gli Imperiale-Gallone, a garanzia, imposero l'iscrizione ipotecaria19. Così, dal 1876 al 1884, il notaio squinzanese Domenico Margilio, con tre- dici atti per lo più collettivi, ratificò, complessivamente, 195 commutazioni e 45 affrancazioni da parte di suoi concittadini20. Optarono per l'affrancazione definitiva quasi tutti i più ricchi possessori di terre del paese; gli altri, proprietari di microfondi, preferirono per lo più la com- mutazione in canoni annuali. Nello stesso anno 1876, altri protocolli collettivi furono redatti dall'altro no- taio operante nel paese, Michele Antonio Calabrese, tutti relativi a commuta-

18 H Di Stefano, dopo aver presenziato alle prime stipule, nominò suo procuratore Salva- tore Taranto; a partire dal maggio 1878, nominò suo rappresentante in loco Giovan Battista Longo, un prete squinzanese, abile procacciatore di affari (AsL, prot. not. D. Margilio, cit., 1876, ff. 63r-64v e 1878, ff. 57r-58v). 19 Rappresentante degli Imperiale-Gallone fu il loro amministratore, Luigi De Contj, resi- dente a ; esattore in loco fu da costui nominato lo squinzanese Pietro Valzano, con un contratto sessennale e un compenso pari al 6% degli importi esatti, da versare all'Ammini- strazione entro il 31 dicembre di ogni anno (not. D. Margilio, cit. 1876, ff. 165v-168v). AsL, 98/3, 1876: ff. 46r-62v; 70r-71v; 80r-81v; 93v-98v; 111r-113v; 143r-144v; 174r- 181v. 1877: ff. 41v-50r; 57-64v, 103v-116v; 117r-125v. 1878: ff. 59r-60v. 1879: ff. 63r-82v. 1884: ff. 35r-40v. Le contrade interessate alle suddette operazioni furono: Cantoro, Pepe, Secreti, Afra, Abate- maci, Ngallo, Cava, Bianchi, Laccorusso, Buja, Arcore, Manna, Capapi, Paticchi, Giandovi- co, Fiaschi, Torremele, Gallipolina, Petrelli, Insite, Vecchi, Buonerba, Pezzuti, Montecoco, Bagnara, Portantino, Madonna dell'Alto, Scarpagna, Ospedale, Arcipretato, Abbrizzi, Man- nicella, Abaticella, Torre Pezzuta, Cava, Regina, Muccio, Cucaro, Cleopazzo, Renna, An- nunziata.

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zioni e affrancazioni di pesi decimali o vigesimali da parte di 71 squinzanesi proprietari di terre nei due ex suffeudi21. Pure agli anni 1876-77 risalgono le commutazioni e le affrancazioni relati- ve alla decima dell'olio mosto versata, come già abbiamo detto, dagli squinza- nesi proprietari di terre nel feudo di Cisterno, esatta dopo l'Unità e l'incamera- mento dei beni ecclesiastici, dall'Amministrazione del Fondo per il Culto22. Quest'ultima, fatti eseguire tutti i calcoli23, affidò al notaio Guglielmo Fras- sanito la stesura dei relativi atti24. Così, dall'agosto 1876 al dicembre 1877 il suddetto notaio rogò 21 proto- colli collettivi, comprendenti 279 commutazioni e 93 affrancazioni25. I canoni decimali annuali continuarono a sopravvivere per decenni, ma già dagli anni Ottanta dell'Ottocento, in tutta la Terra d'Otranto, molti dei proprie- tari che inizialmente avevano optato per la commutazione, affrancarono nel tempo i propri appezzamenti da qualsiasi peso decimale26. Le clausole contrattuali, comunque, variarono a seconda della fertilità dei terreni, dello stato delle colture e dell'ubicazione delle contrade. In ogni caso, le quote di riscatto furono piuttosto elevate specialmente nella Piana a nord di Lecce, dove il diffondersi della viticoltura e l'incremento del com- mercio del vino avevano fatto ascendere vertiginosamente il valore delle terre. Così, nel 1881, il Pio Monte della Misericordia di Napoli (subentrato alla feudataria Marianna Filomarino) concesse l'affrancazione dai canoni decimali di alcune terre a ridosso del feudo di Bagnara, alla ragione di £ 100 per ogni 5 lire di rendita 27); lo stesso Ente, invece, nel 1884, ne impose 75 per ogni 5 li- re di rendita catastale per altre contrade, pure a ridosso del feudo di Bagnara, evidentemente perché meno produttive28.

21 ANDL, not. M.A. Calabrese, 1876, ff. 58r-70v; 194r-198v; 269r-278v; 296v-306v; 344r -360v. 22 Detta prelazione in natura gravava su tutti i fondi alla ragione di decima, fatta eccezio- ne per un appezzamento, sottoposto a vigesima. 23 Per le commutazioni si tennero presenti i canoni dell'ultimo decennio, ripartiti in pro- porzione dell'imponibile catastale e del numero di piante di olivo nei singoli fondi; per le af- francazioni si fissarono degli importi la cui rendita annuale fosse pari alla decima da riscat- tare. 24 ASL, not. G. Frassanito, , 1876- 77. 25 1876: 20 agosto (2 atti); 3 settembre (2 atti); 24 settembre; 8 ottobre (2 atti); 22 ottobre; 29 ottobre (2 atti); 11-13-19 novembre; 3-18 dicembre 1877: 11 gennaio; 4 marzo; 7 aprile (2 atti); 20 maggio; 16 dicembre. 26 Not. G. FRASSANITO, cit.: 1881, ff.194r-196v; 1882, ff. 45r-46v; 1886, n. 25 del reperto- rio; 1896, n. 1643; 1899, n. 1856; 1901, n. 2223. Not. G. D. BORELLI, Campi S.: 1884, n. 859 e 921 del repertorio. 27 Noi. G.D. BORELLI, cit.: 1881, n. 538. 28 i, 1884, n. 830.

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Il versamento di £ 100 di capitale per ogni 8 lire di canone impose il Baro- ne Di Stefano, nel 1887, per l'affrancazione delle terre di Afra-Bagnara29; più alto il tasso (£100 per ogni 5 lire di canone) imposto dagli Imperiali-Gallone per i riscatto del canone vigesimale nello stesso feudo, nel 1895, al pari di quello imposto da Michele Astuto, uno spezzino subentrato alla Mensa Vescovile di Ostuni30: evidentemente, le terre vignate, negli anni Novanta del sec. XIX, si erano accresciute di valore e pochi erano i proprietari disposti a cederle.

29 i , prot. not. M.A. CALABRESE, 1887, n. 1601. 3° Not. G. D. BORELLI, 1895, n. 2604 e 2705 del repertorio.

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