Redazionale: “CHE FARE?”

Testimonianze: GILLO DORFLES GILBERTO ZORIO

Convegni: ART & REALITY A SAN PIETROBURGO

Docenti: CARLO MARIA ACCAME ROSARIO GENOVESE ALBANO MORANDI

Ex Studenti: ALEX PINNA ALLA FONDAZIONE MIMMO ROTELLA

Confronti: AURELIO SARTORIO E GRAZIA VARISCO

Una Mostra: VALENTINO VAGO

Fondazione Maimeri: PARTECIPANTI AL PRIMO PREMIO MAIMERI

Recensioni TRIMESTRALE DELLE ACCADEMIE DI BELLE ARTI, IDEE, TESTIMONIANZE, PROGETTI, DIDATTICA, RECENSIONI, MOSTRE, NOVITÀ. ANNO 2011 - N° 11 - EURO 6,00 - N° 11 ANNO 2011 RECENSIONI, MOSTRE, NOVITÀ. ARTI, IDEE, TESTIMONIANZE, PROGETTI, DIDATTICA, ACCADEMIE DI BELLE TRIMESTRALE DELLE

11 copertina academy - Copia.indd 1 08/01/12 08:59 GRILLO dialoghi nella città dei fiori

PALAZZO BOREA D’OLMO - MUSEO CIVICO SANREMO

febbRaIO - maRzO 2012

Sostieni Academy! con pubblicità e abbonamenti rinnova il tuo abbonamento per il 2012 contattaci scrivendo a: [email protected], [email protected] versamento tramite bonifico bancario intestato a: L’IMMAGINE S.R.L. - UNICREDIT SPA - Molfetta IBAN: IT 79 N 02008 4 1561 000010242187

11 copertina academy - Copia.indd 2 08/01/12 08:59 Sommario ragionato di Elisabetta Longari

Questo numero della rivista è particolarmente ricco di affrontare un approfondimento del lavoro di due artisti: interviste, forma che ci pare possa restituire al meglio Rachele Ferrario “legge” Albano Morandi e Rocco di un affaccio sul mondo di chi ne è protagonista: abbiamo Giudice scrive di Rosario Genovese; mentre Raffaella parlato con Gillo Dorfles, uomo colto e poliedrico, teorico Pulejo ci racconta il Padiglione delle Accademie e artista, che ha attraversato un secolo intero con la alla scorsa edizione della Biennale di Venezia. Non sua lucida intuitività; abbiamo incontrato Gilberto Zorio, mancano segnalazioni e recensioni di mostre e libri, il più giovane protagonista dell’Arte povera al momento come usualmente. globalmente celebrata; e Mario Dondero, “occhio Un evento particolarmente triste, la morte di Giovanni indiscreto” ed efficacissimo, mentre gli veniva conferito il Maria Accame, ne ha reso necessario e impellente un diploma honoris causa dall’Accademia di Brera; ci siamo ricordo a firma di Claudio Cerritelli. confrontati con Grazia Varisco, che svolge da decenni Il redazionale, dal titolo Che fare? riflette la necessità una delle più interessanti ricerche percettive, cogliendo di essere sempre più vigili e presenti al nostro destino l’occasione di una mostra che la vede esporre accanto di professori a ruolo a esaurimento all’interno di un a un suo ex allievo di Brera, Aurelio Sartorio, oggi tra i quadro generale in cui, non solo la formazione artistica, pittori “aniconici” più originali, nel cui studio ci siamo ma la pubblica istruzione tutta, sta naufragando nel recati; abbiamo parlato anche con Alex Pinna, ironico disinteresse politico. protagonista della recente arte italiana. Proseguendo Al di là dello sforzo di questa rivista per coagulare le nella lettura troverete inoltre una “zoommata” sull’opera di forze attive nelle accademie, qualcosa in più davvero Valentino Vago, prolifico pittore specializzatosi soprattutto dobbiamo provare a fare. Capiremo insieme cosa e nella decorazione di chilometri e chilometri di pareti come: questo è il mio desiderio e il mio augurio per interne ai luoghi di culto; ce ne ha fornito l’occasione l’anno nuovo. l’uscita del primo volume del suo catalogo generale. Uno sguardo è rivolto anche alla realtà internazionale attraverso il contributo di Nina Getashvili, professore all’Accademia di Mosca, che fa un resoconto di un convegno tenutosi nella splendida città russa di S. Pietroburgo. Due mostre personali sono di spunto per

DEMY A AOF FINE ARTS ACADEMY OF FINE ARTS SOMMARIO Iscritta al Tribunale di Trani 1 n.3/09 Rivista fondata da Gaetano Grillo 04 Redazionale di Gaetano Grillo NUMERO 11 / Inverno 2011 06 Nel salotto di Gillo Dorfles SEDE Viale Stelvio, 66 20159 Milano 08 Gilberto Zorio e l’Arte Povera tel. 02 87388250 fax 02 6072609 12 Art & Reality a San Pietroburgo [email protected] 14 Alex Pinna DIRETTORE RESPONSABILE Gaetano Grillo 18 Aurelio Sartorio e Grazia Varisco

DIRETTORE EDITORIALE 24 Giovanni Maria Accame Gaetano Grillo 28 Albano Morandi VICE- DIRETTORE EDITORIALE Elisabetta Longari 32 Rosario Genovese

REDAZIONE le collaborazioni si intendono a titolo gratuito *Tutte Gaetano Grillo 36 Valentino Vago Elisabetta Longari Cristina Valona 38 54sima Biennale di Venezia: Padiglione Accademie Melissa Provezza (segreteria di red.) 40 Partecipanti Premio Maimeri GRAFICA HANNO COLLABORATO* Massimiliano Patriarca 41 Conferenza Nazionale Docenti-Studenti delle Accademia Statali Claudio Cerritelli EDITRICE 42 Diploma Honoris Causa a Mario Dondero L’IMMAGINE SRL Ornella Fazzina Rachele Ferrario Zona Industriale Lotto B/12 43 Recensioni 70056 Molfetta (Ba) Italy Nina Getashvili Rocco Giudice FOTOLITO E STAMPA Kevin McManus L’IMMAGINE AZIENDA GRAFICA SRL Ornella Mignone Via Antichi Pastifici Lotto B/12 - Z.I. Francesca Pensa 70056 Molfetta (Ba) Italy Raffaella Pulejo Fanny Uselini tel. +39.0803381123 Alberto Zanchella fax +39.0803381251 William Xerra www.limmagine.net [email protected] In copertina: Gillo Dorfles

L’UNICA RIVISTA PERIODICA RIVOLTA ALLE ACCADEMIE DI BELLE ARTI, AI DOCENTI, AGLI STUDENTI E A TUTTI GLI OPERATORI DEL SETTORE.

impaginato Academy n.11.indd 1 08/01/12 22:28 ACADEMY OF FINE ARTS compie 3 anni!

grazie a tutti coloro che hanno collaborato con noi: Rosella Alberti Francesca Alfano Miglietti Adriano Altamira Alessandra Angelini Anna Maria Amonaci Maria Angelastri Pippo Altomare Barbara Ardau Antonio Battaglia Pasquale Bellini Luca Beatrice Davide Benati Antonio Bisaccia Luca Bonanno Anna Claudia Bianchi Ursula Bonetti Botto & Bruno Ana Bracic Sandro Baroni Matteo Bergamini Achille Bonito Oliva Gustavo Bonora Rolando Bellini Enrica Borghi Salvo Bitonti Maurizio Bottarelli Marco Brandizzi Tullio Brunone Ruxandra Balaci Tiziana Campi Gianni Caravaggio Fabio Cavallucci Giovanna Cassese Luigi Carboni Luciana Cataldo Mino Ceretti Giulio Ciavoliello Maurizio Coccia Ciriaco Campus Bruno Ceccobelli Giorgio Bruno Civello Francesco Correggia Guido Curto Giovanna Crescentini Giustina Coda Pietro Coletta Martina Corgnati Claudio Cerritelli Claudio Cugusi Riccardo Dalisi Michele Degan Valerio Dehò Radu Dragomirescu Fernando De Filippi Giacinto Di Pietrantonio Lia De Venere Silvia De Rosa Fabrizio D’Amico Fabio D’Aprile Edoardo Di Mauro Andrea B. Del Guercio Giulio De Mitri Claudio Delli Santi Pino Di Gennaro Carlo Di Raco Massimo Di Stefano Piero Di Terlizzi Silvia Donini Barbara Drudi Danilo Eccher Giordano Emiliazzi Silvia Evangelisti Ida Egger Federica Facchini Stefano Farcis Gian Alberto Farinella Vincenzo Ferrari Rachele Ferrario Luigi Fiorletta Anna Fucili Giovanni Ferrero Ado Franchini Eleonora Frattarolo Giuseppe Furlanis Serena Francone Ignazio Gadaleta Elisabetta Galasso Omar Galliani Renato Galbusera Alberto Garutti Fabrizio Gazzarri Patrizio Gagliardi Guglielmo Gigliotti Michele Giangrande Alessandro Gioiello Rocco Giudice Giuliano Giuman

impaginato Academy n.11.indd 2 08/01/12 22:28 Gabriele Giromella Sebastiano Guerrera Alessandro Guerriero Rocco Guglielmo Dario Fo Pietro Fortuna Carlo Franza Barbara Giorgis Caterina Iaquinta Enzo Indaco Giovanni Iovane Cosmo Laera Paolo Laudisa Gerardo Lo Russo Andrea Leuzzo Dora Liguori Laura Lombardi Elisabetta Longari Salvatore Lovaglio Paolo Lunanova Nella Lovero Mauro Mazzali Fiore Madeo Gianfranco Maraniello Giuseppe Maraniello Gianni Maimeri Dario Maina Luciano Massari Gualtiero Marchesi Lea Mattarella Kevin McManus Marco Meneguzzo Sabina Mezzaqui Miriam Mirolla Albano Morandi Nicola Maria Martino Gian Luigi Megassini Gianluca Marziani Michele Mirabella Monica Saccomandi Dario Micci Gastone Mariani Carmelo Nicosia Gianfranco Notargiacomo Riccardo Notte Hidettoshi Nagasawa Sergio Nannicola Laura Panno Rocco Pangaro Loredana Parmesani Silvia Passerini Massimiliano Patriarca Francesca Petrucci Antonella Pierno Maura Pozzati Antonello Pelliccia Lorenza Pignatti Rossella Piergallini Luca Piffero Greta Petese Stefano Pizzi Paola Poggi Arnaldo Pomodoro Elena Pontiggia Melissa Provezza Giovanni Pucciarmati Raffaella Pulejo Moira Ricci Sandro Ricaldone Maria Teresa Roberto Cesare Romiti Paolo Rosa Rosanna Ruscio Alessandro Russo Beppe Sabatino Nicola Salvatore Sandro Scarrocchia Marco Scotini Catterina Seia Vittorio SgarbiGiandomenico Semeraro Alessandro Spadari Giuseppe Spagnulo Fausta Squatriti Beppe Sylos Labini Aldo Spoldi Ida Terracciano Rita Tondo Rosanna Ruscio Valeria Tassinari Tiziana Tacconi Marco Tirelli Laura Tonanni Barbara Tosi Dario Trento Arturo Tuzzi Simona Uberto Gloria Vallese Marta Valsania Francesca Valli Cristina Valota Anna Verducci Andrea Villani Miklos N. Varga Andrea Zanella Francesca Zocchi e ...

a tutti coloro che erroneamente abbiamo dimenticato.

impaginato Academy n.11.indd 3 08/01/12 22:28 Che fare? Foto Ranuccio Bastoni

di Gaetano Grillo 4

Tre anni fa nasceva questa rivista scommettendo sulla all’autoreferenzialità è diventato un piccolo mondo che inizia necessità di creare una rete fra le varie Accademie italiane finalmente a fare sistema. al fine di informare, approfondire, far conoscere e mettere In questi tre anni però la nostra riforma è rimasta incompiuta in contatto fra loro le varie componenti di questo nostro così come le rivendicazioni di riconoscimento giuridico del circuito, per tanto tempo lasciato all’implosione individualista titolo di studio e della docenza sono rimbalzate contro un muro e attardata del caravanserraglio degli “scettici tout court”! di gomma. Fra i corridoi delle università italiane si osteggia Pensavamo che ci fosse bisogno di incontrarci in uno spazio il nostro pieno titolo d’istituti per la formazione terziaria di in cui far confluire sinergie e potenzialità inespresse. produzione e di ricerca per le arti visive. Nelle aule di Camera Come potete immaginare non è stato facile trovare la copertura e Senato si continua a pasticciare con disegni di legge che finanziaria ma ancor meno facile è stato smuovere la diffidenza rendono sempre meno chiara la nostra identità; negli uffici del nei confronti di questo progetto in cui quasi nessuno voleva Ministero si continua a rinforzare l’AFAM come unica anomalia scommettere. nel sistema universitario italiano, a tenerlo sotto una campana Grazie alla casa editrice “L’Immagine” e al rapporto di stima e di vetro che lo isola dal sistema internazionale così come nel amicizia che mi lega a loro, siamo riusciti a sfondare il muro Processo di Bologna era stato tracciato e programmato di dell’indifferenza e a consolidarci piano piano, in silenzio, sino realizzare entro il 2010. a poter festeggiare con questa uscita il dodicesimo numero di Tutto questo perché la lentezza e la miopia della politica in Academy. questi tredici anni non sono state capaci di affrontare con Abbiamo riempito 650 pagine d’idee, progetti, testimonianze, semplice volontà l’istituzione dei licei musicali differenziando immagini, abbiamo stimolato dibattiti, recensito mostre e la formazione dei nostri cugini Conservatori di Musica, fra pubblicazioni, abbiamo valorizzato figure, opere e iniziative formazione secondaria e terziaria, di conseguenza, anche la quasi sconosciute ai più. configurazione giuridica dei docenti. Così, il grande pastone Abbiamo cercato di monitorare il patrimonio storico ma anche dell’AFAM impedisce alle accademie di attestarsi come di segnalare i giovani studenti più bravi così come abbiamo Università, anche se esse hanno realizzato già da molto ricordato gli ex studenti che si sono affermati nei vari campi tempo il riordino didattico, compresa l’applicazione dell’ormai professionali. maturatissimo ordinamento dei Bienni Specialistici, ancora

redazionale Abbiamo lavorato molto e praticamente a titolo gratuito, sperimentale, e nonostante si siano avviate anche alcune talvolta ricoprendo le spese, tal altre no. La nostra ostinazione esperienze di Dottorati di Ricerca (tra cui quella faticosamente è stata spesa per vincere la scommessa ed oggi possiamo messa in piedi a Brera da Francesco Correggia). essere orgogliosi del risultato ottenuto. Si procede a piccoli passi con insabbiamenti periodici che Abbiamo cercato di dare spazio a tutte le posizioni senza sembrano finalizzati sempre a prendere tempo, ma anche nelle censurare le idee che non condividiamo ma facendo sempre aule dei Tribunali, dove pure sono arrivati i nostri ricorsi, le cose attenzione a tenere pulito il livello della qualità. non vanno meglio; gli avvocati quando analizzano la nostra Con Academy, quel piccolo mondo di accademie sparse paradossale situazione si esprimono sempre con estrema sul territorio nazionale e di docenti orientati quasi sempre fiducia nel riconoscimento dei nostri diritti ma puntualmente

impaginato Academy n.11.indd 4 08/01/12 22:28 tutto si arena con sentenze che sembrano perfino smentire i non siamo più capaci di entusiasmarci e generare nuove idee principi costituzionali. Nelle Commissioni Cultura di Camera e tutto sembra passare attraverso il denaro e il mercato ma e Senato si comprendono le nostre ragioni ma ci sono due quest’ultimo semplicemente avanza là dove arretra il valore impedimenti: la nostra imprescindibilità dall’AFAM che fondante dell’arte. ci schiaccia sull’insoluta questione dei Conservatori e la Ho più volte fatto appello, con i miei redazionali, a TORNARE mancanza di risorse economiche per adeguare le nostre ALLE ACCADEMIE. Dopo averle tanto bistrattate le nostre retribuzioni come docenti universitari. Poi ci sono i Sindacati accademie vanno invece protette e rilanciate ma in attesa che talvolta pensano a soluzioni peggiorative come la docenza che cambi la generazione politica italiana, dobbiamo farlo unica ritenendo di accontentare “clientelarmente” la seconda aprendoci al contesto internazionale. fascia arretrandoci tutti, di fatto, nell’area della docenza Dobbiamo costruire ponti con tutto il mondo e dialogare, secondaria. Sindacati che in questi anni non sono riusciti a collaborare, cooperare in una visione ampia e di grande costringere il Ministero a indire normali concorsi provocando respiro lasciando perdere le grettezze del nostro sistema un pasticcio di graduatorie (alcune ancora irrisolte come la formativo nazionale. 143) che con criteri non certo simili a quelli universitari, non Ognuno di noi deve mettere in gioco le proprie risorse e i propri hanno giovato alla selezione del corpo docente. contatti e dobbiamo ripartire dalle accademie considerandole Personalmente ripongo tutta la mia fiducia nella battaglia che come degli aeroporti, dei luoghi aperti ad una visione globale dobbiamo intraprendere a livello della comunità europea, dell’arte e delle motivazioni che sottendono alla formazione in cui, per altro, l’Italia è rimasta l’unica nazione a non aver artistica. ancora riconosciuto alle accademie il ruolo universitario. Io penso che se ognuno di noi quantificasse il tempo e Considerando che la forza delle ragioni comunitarie inizia a le attenzioni che dedica alla propria funzione docente, ci farsi sempre più sentire su quella dei singoli Stati (basti pensare accorgeremmo di superare abbondantemente il monte ore che la Merkel e Sarkozy hanno influenzato il cambiamento del sancito per contratto, ciò nonostante avanza la logica imbecille governo in Italia), possiamo capire che dobbiamo spostarci su dell’impiego da ufficio, una logica che offende profondamente quel terreno di lotta per trovare risposte adeguate alle nostre la nostra intelligenza. domande. L’arte nasce, dialoga, e si sviluppa sui terreni fertili della Oggi, la situazione finanziaria dell’Italia è precipitata e sempre cultura, non certo sugli aridi deserti della burocrazia e della più si allontana la speranza di vedere riconosciuti i nostri diritti stupidità in tempi brevi. Pochi di noi hanno intrapreso questa strada per diventare Nel frattempo tutta questa generazione si è sfibrata e “professori”, ma la maggior parte di noi sono diventati stancata, un velo di rassegnazione ha coperto il vigore delle “professori” perché hanno qualcosa da insegnare. lotte e dei sacrifici compiuti gli scorsi anni e molti scappano, Allora… il nostro primo riferimento è l’arte e da essa dobbiamo 5 altri che pensavano di scappare restano intrappolati dai nuovi ripartire per trovare la giusta motivazione a vitalizzare una provvedimenti in ambito di trattamento di quiescenza e allora… nuova stagione che sembrerebbe dischiudersi all’insegna allora…? della depressione. Che fare? Il nostro esercizio critico sulla realtà si completa con la volontà Proviamo a rovesciare il guanto e a ricordare che insegniamo propria dell’arte, di plasmarla, modellarla, prospettando in accademia perché siamo artisti, storici e critici dell’arte, soluzioni, sogni, forme ideali. L’arte non può prescindere dalla scenografi, grafici, teorici, restauratori, creativi e comunque sua esplicazione in una forma tangibile, l’arte è costruzione! operatori del settore e non siamo tali perché legittimati La battaglia per il nostro pur legittimo diritto a rivendicare dall’insegnamento in accademia. Il nostro primo riferimento è la parità di trattamento con i colleghi che insegnano nelle l’arte e tutto il suo mondo per il quale cerchiamo di formare al università non può e non deve essere l’unica motivazione; è meglio le nuove generazioni. nella continua ricerca, invece, che dobbiamo tornare a credere. Noi portiamo nell’insegnamento l’esperienza delle nostre Dobbiamo stare attenti a che la rete delle norme, della professioni e la qualità del nostro lavoro di docenti è direttamente burocrazia e delle logiche estranee alla nostra cultura, non ci proporzionale alla vitalità della nostra attività professionale; condizionino sporcando la bellezza della specificità artistica, impedirne o limitarne lo svolgimento risulterebbe impoverente questa bella parola che riempie spesso la bocca dei nostri

in termini di qualità e di aggiornamento; più siamo operativi governanti che viene usata però contro di noi, per isolarci redazionale redazionale fuori delle accademie più siamo utili all’interno di esse! sempre più nel recinto degli animali in estinzione, dei ruoli ad Che fare? esaurimento. Bisogna ripartire dall’ARTE e dalla CULTURA perché solo al D’altro canto il rispetto delle regole è anche garanzia di loro interno possiamo ancora trovare la forza e la motivazione correttezza contro l’abuso del potere di discrezione, contro per reagire all’opacità del momento che stiamo attraversando. il relativismo dilagante, contro un’idea di liberismo che ha Recentemente sono stato invitato alcuni giorni a S. Pietroburgo inquinato il corretto rapporto fra diritti e doveri dell’individuo (come direttore di questa rivista) per un Forum internazionale nei confronti del sociale. su Arte, Critica e Formazione artistica. Dobbiamo essere noi per primi i garanti della qualità didattica In quel contesto molto qualificato e davvero ampio tutti hanno anche attraverso la qualità delle forme attraverso cui essa si convenuto sulla constatazione che le esperienze più vivaci esplica. Ci vuole maggiore rigore ma senza grigiore! non vengono più dagli Stati Uniti, dall’Inghilterra, dalla Francia Dobbiamo ritrovare la gioia del nostro operare con la fiducia e comunque dai Paesi dell’occidente ma soprattutto dai piccoli che un buon lavoro fa la differenza rispetto ad un lavoro Paesi che, nella povertà dei loro mezzi, esprimono una fertile demotivato e sciatto. motivazione. Noi, con questa bella avventura di Academy of Fine Arts, in Oggi in Africa, Sud America e in oriente in generale, ci sono le questi due anni, abbiamo dato prova di credere nell’impegno sinergie per far ripartire anche il nostro stanco mondo, viziato, e abbiamo “fatto politica”. egocentrico, svuotato di valori e consegnatosi ormai ad un Iniziamo questo nuovo anno con impulso guardando alla “neo-manierismo” che lo sta svilendo. centralità dell’arte, della cultura, della civiltà, del costume e Ci siamo tanto abituati all’opulenza degli ultimi decenni che della partecipazione!

impaginato Academy n.11.indd 5 08/01/12 22:28 NEL SALOTTO DI GILLO DORFLES breve dialogo su etica, estetica, tempo, simulacro e natura con un grande testimone del nostro tempo.

A cura di Gaetano Grillo

che non hanno sostanza e di altre a cui viene attribuito immeritatamente un valore? Dorfles: Si stiamo parlando di una modalità dell’uomo, nel nostro tempo, a non approfondire le cose, a viverle nel loro aspetto più esteriore ed epidermico. Una volta le cose e anche i sentimenti erano più autentici di quanto non lo siano oggi. Attraverso la tecnologia dei nuove media l’uomo si è abituato alla contraffazione, basterebbe citare un caso per tutti: l’orrenda trasmissione televisiva del Grande Fratello. Direi che l’uomo si è abituato a vivere di contraffazione e quindi lui stesso a crearne.

Stiamo quindi parlando di una bellezza spesso contraffatta, costruita artificialmente, della diffusa tendenza a spacciare per bello ciòche non lo è. Oggi la bellezza non è quasi mai disgiunta da una dimensione edonistica e patinata, direi che sia più estetica che etica. Si, naturalmente le due cose raramente sono disgiunte perché implicano il piacere come per esempio il piacere dell’arte e il piacere della cioccolata; io devo dire di avere uno straordinario affetto per la cioccolata che mangio molto volentieri e che mi da delle sensazioni che non solo molto diverse da quelle che provo quando guardo un bel dipinto.

Benchè i modelli di bellezza siano mutevoli come lo sono quelli dell’arte può esistere una bellezza fuori dai modelli? Riusciamo ancora a 6 riconoscere una bellezza classica capace di essere avvincente comunque e al di là dei modelli estetici legati al gusto del momento? E’ molto pericoloso cercare di fare il punto sull’arte perché no c’è niente di più mutevole dell’arte, bisogna rendersi conto che tutto ciò che ha a che fare con l’arte cambia con il cambiare del tempo, il pericolo è di non accorgersi dei cambiamenti e di restare agganciati a quella che era l’arte del passato.

Stai parlando di ciò che avevi detto molti anni orsono, quando scrivesti quel meraviglioso libro che si chiamava Le oscillazioni del gusto, un libro che è stato per tutti noi una pietra miliare nel percorso di comprensione dei fenomeni dell’arte e dell’estetica in generale. Si, quello è stato un libro che ha avuto il maggior numero di traduzioni, in tante lingue. Il fenomeno dell’oscillazione del gusto è spiegabile anche partendo dal fatto che spesso c’è un’incomprensione fra le persone e le cose ma anche fra una cultura e l’altra, fra paesi diversi, questo avviene da sempre. Quando si è passati dal Rinascimento a Barocco, dal Gotico al Rinascimento, durante Grillo: Gillo, vorrei iniziare parlando di “bellezza” e di questi periodi in cui sono cambiati anche radicalmente i modelli ci sono state “etica”, c’è una relazione fra le due cose? delle incomprensioni incredibili. Molto spesso l’uomo non accetta quello che Dorfles: Premetto dicendo che in genere i rapporti fra etica è nuovo. Già Vasari parlava del Gotico come qualcosa di non artistico perché ed estetica, non esistono, nel senso che l’estetica, in quanto evidentemente non aveva capito le trasformazioni che quello stile aveva studio filolosofico dell’arte non ha nulla a che fare conil compiuto. settore della moralità. Questa mi sembra una premessa indispensabile; detto questo potrei citare un mio recente Nella nostra epoca globale, con la navigazione in internet l’uomo accede libro “Dal significato alle scelte” nel quale parlo delle scelte ad un immenso bagaglio di informazioni, viaggia attraverso Google Eart ambigue che fa l’uomo d’oggi, scelte non motivate ne da e conosce il mondo sempre di più, sino al punto che si sta affievolendo ragioni di gusto, ne dalla propensione verso qualcosa la sua dimensione di sorpresa; tutto è più prevedibile e spesso la specifica ne da una ragione etica che gli faccia preferire nostra esistenza mostra delle dimensioni di ovvietà. Il mondo diventa una cosa piuttosto che un’altra. In un certo senso quindi, sempre più piccolo, si riduce la dimensione spazio-temporale e lo stesso abbiamo una deficenza, tanto nel senso della moralità, tanto viaggio perde il fascino che aveva una volta e si riduce a cannibalismo nel senso del gusto. consumista. L’uomo viaggia molto di più, fotografa, archivia e tende a possedere le esperienze piuttosto che a viverle. Tu hai parlato anche del “fatto” e del “fattoide” riferendoti

testimonianze Indubbiamente le opportunità che oggi ha l’uomo di accedere ad ogni meandro all’autenticità delle cose, vero? del sapere ha fatto sì che il piacere della scoperta sia andata perduta; oggi Viviamo in una società in cui molti elementi sono fittizi, aleatori, noi attraverso questi mezzi ci impadroniamo di molti settori che un tempo l’uomo si trova in un ambiente in cui le cose raramente sono dovevano essere faticosamente scoperti e questo significa perdere la verginità autentiche, molto più spesso sono invece contraffatte. Allora dell’immagine. questo è un pericolo notevolissimo, l’uomo prende per buono ciò che non lo è, prende per bello ciò che è tutto il contrario. La capillarità dell’informazione e l’accelerazione dei percorsi di accesso ad essa ci impedisce spesso di metabolizzare i fenomeni, siamo costretti Stiamo parlando di vuoto di senso? Di simulacri? Di cose a vivere tutto più superficialmente privilegiando la quantità alla qualità.

impaginato Academy n.11.indd 6 08/01/12 22:28 cartaceo è un dato indicativo. Leggere attraverso il computer è più facile, comodo, veloce, interattivo ma ci espropria della lentezza. Non è più possibile centellinare le pagine di un libro come si faceva una volta e questo è naturalmente molto grave come, allo stesso modo, la musica venga propinata molto spesso in forma di sottofondo che non viene neanche ascoltato, diventa tappezzeria, decorativismo; invece di ascoltare una musica la si vive come una sensazione vaga di un elemento sonoro. Come la decorazione ha sostituito la creazione del capolavoro così la stessa musica si è svuotata di senso per diventare pura sensazione.

Tu hai parlato prima di contemplazione ed oggi la contemplazione è stata quasi soppiantata dall’azione; nella nostra società tutto è movimento, manifestazione, espressione; tutto è velocità di azione mentre la contemplazione implica tempi più lenti per processi di metabolizzazione che sicuramente sarebbero più opportuni ma l’uomo occidentale non ha tempo quindi deve fare a meno della contemplazione? naturalmente senza voler sconfinare in teorie buddiste o in civiltà lontane dalla nostra, che però dovrebbero essere considerate, penso per esempio al fenomeno dello zen orientale ma, anche senza voler sconfinare, ripeto, in queste civiltà lontane, di cui il nostro occidente avrebbe sicuramente bisogno, credo che effettivamente, la mancanza di meditazione e la mancanza di pause, anche fra due fenomeni inesistenti, quindi anche semplice pause contemplative, sia molto pericoloso. Penso che anche le nuove generazioni, i giovani, sentano il bisogno di avere delle pause, persino nella loro attività motoria e nello sport. Anche nei fenomeni non artistici si ha necessità di tempi di preparazione e di meditazione, la stessa coda che fa un artista nel suo studio prima e durante la preparazione della sua opera. Vorrei dire, quindi, che abbiamo bisogno di meditazione sociale, di recuperare la dimensione contemplativa sia nella vita di tutti i giorni sia e, particolarmente nella fruizione dell’arte, di un dipinto. Dobbiamo avere il tempo per renderci conto di quello che è moralmente accettabile o meno.

Tu credi che sia ancora possibile ribaltare il costume esistenziale del nostro tempo? Che sia ancora possibile tornare indietro e trovare quello spazio, quelle pause, quel tempo rallentato di cui parli? 7 Io credo che lentamente si cominci a capire la necessità che questa cosa, in apparenza superflua sia assolutamente necessaria. Lo stesso fatto che la lettura continui ad essere meditata o il fatto che il libro continui a essere comprato, benché meno che in passato, siano un segno della persistenza di Siamo passati dalla cultura della contemplazione alla certi valori e del bisogno, anche fra i giovani, di rivolgersi alla profondità e a cultura dell’azione, dell’iperattività e della interattività. valori non effimeri. Mi viene in mente un altro libro stupendo che tu hai scritto molti anni fa: L’intervallo perduto. Oggi quei temi Cosa immagini che possa accadere nella nostra civiltà occidentale nei ci sembrano straordinariamente attuali e geniale è stato prossimi vent’anni? intuirli con così tanto anticipo. Io penso che l’occidente abbia bisogno, lo accennavo prima, anche senza Si, io sono molto affezionato a questo mio libro perché dico sperare che nelle nostre scuole medie si insegni il cinese, il che però non che oggi è venuta a mancare quella pausa, sia di tempo che credo che tarderà a venire, credo che oggi almeno una minima infarinatura di spazio, che permetteva un tempo una contemplazione e di quello che sono le grandi correnti del pensiero orientale sarebbero molto una fruizione più completa. Oggi non abbiamo più il tempo positive. Invece di continuare una tenzone fra est e ovest, fra cristianesimo sufficiente per afferrare quello che ci viene presentato, questa e maomettanesimo credo che sarebbe utile che le diverse civiltà facciano

mancanza di tempo ci impedisce anche la meditazione; esercizio di convivenza e studiassero le relative radici culturali. testimonianze questo vale sia per la cultura visiva sia per quella sonora. Se non avessimo un interculmnio, cioè uno spazio fra le In tutto questo il grande protagonista del nostro tempo è diventato il varie colonne di un tempio greco non avremmo neanche la mercato…. meraviglia di queste costruzioni, la loro bellezza ci è data Bhè! Naturalmente oggi la religione è stata deformata, quello che era l’aspetto anche dai rapporti spaziali e come dico, appunto, dal dosaggio sacro si è profanizzato e in compenso molti religiosi hanno fatto della religione fra i pieni ed i vuoti. Oggi la città manca di quella spazialità non un fatto culturale ma un fatto di fondimentalismo paradossale. che permette di contemplarla. Questa mancanza di pause e quest’eccesso di pieni e di informazione è una delle peggiori Il fondamentalismo islamico ha portato alla distruzione delle twin towers forme di paradossalità che ci presenta la società odierna. e ha segnato fortemente la nascita del nostro attuale millennio. C’è in questo momento uno scontro fra civiltà, c’è l’evidente incomunicabilità L’eccesso di densità mi porta a pensare ad un altro tema fra mondi e statuti valoriali diversi e certamente coincide con la nostra di riflessione su cui tu hai scritto molto, ovvero quello crisi di civiltà. del neobarocco contemporaneo, dell’affastellamento Non c’è dubbio! credo che l’Occidente sia in una grave crisi, è arrivato ad eccessivo di informazioni, dati, immagini, cose. Tutto si un punto in cui la tecnologia e la virtualità anno preso il sopravvento sulla contamina, si sovrappone e si stratifica sino a smarrire realtà; l’artificio ha sostituito la natura ed io a proposito ho scritto un libro che il senso di ciascuna cosa. E’ come se avessimo perso la si intitola proprio Artificio e Natura, proprio per dire che oggi il bisogno del percezione originaria e autentica delle cose e le vivessimo naturale è stato soffocato dalla smania dell’artificiale e questa è una delle tare come elementi utili a una nuova dimensione strumentale della nostra odierna civiltà. C’è bisogno di tornare a recuperare la natura ma della vita. E’ come se tutto possa essere usato come anche il senso della realtà perché viviamo in una dimensione eccessivamente oggetto, come “reperto” finalizzato a una nuova sintassi virtuale ed effimera, dovremmo guardare con nuovo interesse anche babelica. all’agricoltura e alla produzione di beni di valore, di qualità. Certo! Già il fatto che molti decretino la fine della lettura del

impaginato Academy n.11.indd 7 08/01/12 22:28 Gilberto Zorio durante l’allestimento della collettiva “Identité italienne. L’art en Italie depuis 1959” al Centre Georges Pompidou di Parigi nel 1981. Foto© Nanda Lanfranco 8 GILBERTO ZORIO e l’Arte Povera …Bisogna affrontare l’esperienza dell’accademia con la serietà del professionista e la felicità del dilettante.

A cura di Cristina Valota

Gilberto Zorio, come ricorda, da protagonista, la nascita dell’Arte Lei è stato allievo dell’Accademia Albertina di Belle Arti di povera, ora che il vostro gruppo è al centro di una serie di mostre Torino. A quale corso era iscritto? in tutta Italia, dal Castello di Rivoli al Teatro Margherita di Bari, Ho frequentato il corso di Scultura, tenuto da un professore dalla Triennale di Milano al MAMbo, solo per citare alcune sedi? straordinario, Sandro Cherchi. Il suo insegnamento era esemplare E’ un ricordo lontanissimo ma allo stesso tempo vicinissimo, perché lui non imponeva, ma mi chiedeva sempre che cosa avrei e certamente molto bello. C’è soprattutto un particolare che voluto fare, che cosa pensassi, ed ero io, continuamente sollecitato caratterizzava quell’epoca: la velocità. Allora era tutto più veloce: da lui, a spiegargli il mio lavoro. Cherchi non voleva la “Scuola” e si decideva, si poteva fare, disfare e strafare con estrema velocità tanto meno dei discepoli. I miei primi lavori con la reazione chimica li perché, rispetto ad ora, non c’erano la burocrazia, la demagogia, la esposi proprio in Accademia nel 1965, nella mostra che si teneva ad finta democrazia. ogni fine corso.

Germano Celant è considerato il teorizzatore dell’Arte Povera. Quali compagni d’accademia ricorda? Ma quale ruolo svolse effettivamente nella nascita del gruppo? Ricordo , con il quale andavo a vedere le mostre Celant non ha teorizzato l’Arte povera perché tutto esisteva nelle gallerie di Torino. Fin da subito tutti, in Accademia, capimmo già: c’erano le opere e c’erano gli artisti. Lui ha avuto la capacità che era bravissimo (ad esempio, aveva un talento straordinario nel formidabile di non spiegare che cosa noi artisti dovessimo fare (e modellare) e infatti anche lui fu lasciato libero di fare ciò che voleva. questo sarebbe stato un errore gravissimo). Inoltre Celant, e come lui il critico Tommaso Trini e il gallerista Gian Enzo Sperone, osavano Che tipo di gallerie c’erano allora a Torino? di più, cercavano e trovavano gli artisti perché a quell’epoca non Soprattutto di qualità, come la Bussola, il Punto diretta da Sperone, la esisteva ancora l’artista pubblicitario di se stesso. Galatea, dove vidi per la prima volta una personale di Pistoletto, che per me fu uno shock perché tutti quei quadri specchianti coinvolgevano La sua prima personale risale al 1963, nella Piccola Galleria fisicamente: il pubblico non era più soltanto uno spettatore acritico e testimonianze

maestri storici d’Arte Moderna di Torino, mentre nel 1967 lei espose, nella passivo, ma diventava attivo, anche in virtù della sua vanità. Ricordo stessa città, da Gian Enzo Sperone. signore che si aggiustavano le ciglia e le acconciature! A Torino, Quando esposi la prima volta da Gian Enzo, in una collettiva, avevo inoltre, potevi fare incontri importanti. 22 anni e presentai la “Torcia”, che è stata inclusa nella mostra alla Triennale di Milano da lei citata. Ma non c’era nulla di strategico: Ad esempio? ad esempio, in occasione della mostra alla Piccola Galleria d’Arte Nel 1966 conobbi Ileana e Michael Sonnabend. Moderna ebbi la fortuna di conoscere Piero Gilardi (che allora aveva vent’anni e io appena diciotto), che aveva scritto delle mie opere lì E incominciò a esporre anche con loro? esposte. Sì, nel gennaio del 1969, tenni una personale nella loro galleria di

impaginato Academy n.11.indd 8 08/01/12 22:28 Da sinistra, Giuseppe Penone, Corrado Levi e Gilberto Zorio alla Galleria Toselli di Milano nel 1973 Dal volume “Libri e documenti. Arte Povera 1966-1980”di Giorgio Maffei

9 Parigi, ma l’anno precedente esposi alcuni miei lavori nello stand che Ha insegnato anche in Accademia? Ileana curò (perché allora il gallerista era anche il curatore del lavoro Io ho fatto delle esperienze di laboratorio: nel 1995 ho insegnato dell’artista!) alla mostra-mercato “Prospect ‘68” che si tenne a fine alla Facultad de Bellas Artes di Valencia che all’epoca funzionava settembre nella Kunsthalle di Düsseldorf. Ci andai con Anselmo, con meravigliosamente ed era affratellata all’Ivam, allora diretto da Vicente il quale, oltre a Merz, Nauman e Robert Morris, dividevo lo stand, Todoli. I programmi prevedevano un perfetto equilibrio di didattica e e in quell’occasione conobbi Daniel Buren e Joseph Beuys, un di sperimentazione. A Valencia insegnavano ai ragazzi a fotografare grandissimo lavoratore. Pochi giorni dopo Anselmo e io partimmo per le loro opere, che è una cosa difficilissima. Tra l’altro, penso che sia Amalfi dove, agli Arsenali dell’Antica Repubblica, si tenne la mostra un ottimo sistema, quello di insegnare ai ragazzi a vedere il proprio “Arte Povera + azioni povere”, sempre curata da . lavoro fotografandolo o riprendendolo con la videocamera. Nel 2000, Ricordo la stanchezza di quei giorni… Poi, nel 1969, sono seguite inoltre, ho avuto un’esperienza di due mesi all’Accademia di Brera, altre grandi mostre allo Stedelijk di Amsterdam, a Berna e così via. quando ancora ci insegnava Fabro. L’esperienza mi piacque così tanto, che prolungai gratuitamente l’insegnamento per 15 giorni. Oggi si penserebbe, a fronte di una carriera così rapida e prestigiosa, a chissà quali strategie… Lei ritrova qualcosa del Suo lavoro nelle opere dei giovani artisti Non ho mai avuto tempo di farne. Del resto, non me ne sono mai contemporanei? interessato, perché gli stessi galleristi non parlavano di strategie, ma Qualche volta, ma non vedo una parentela stretta. Del resto, ci testimonianze usavano altri termini: parlavano di arte. sono sempre dei ritorni: pensi alla pittura, ad esempio. Sì, ci sono degli incroci, può capitare che veda lavori di giovani artisti nei quali Lei ha anche insegnato? una struttura, una reazione chimica mi ricordano qualcosa, ma non Sì, inizialmente ho lavorato presso una scuola privata di Alessandria, penso a influenze dirette, anche perché tutto è cambiato. E penso il Beato Angelico; poi, per un anno, ho insegnato al Liceo artistico di che sarebbe disonesto voler necessariamente riconoscere dei debiti Cuneo, prima di partire per il servizio militare a Bologna. nei miei confronti. Sa, io sono laureato con voti altissimi in scienze confuse! Che, per l’Arte povera, è stata una città importante… Ma io la conoscevo già, perché mio fratello nacque a Sasso Marconi Tornando al gruppo dell’Arte Povera, lei ha mai avvertito questo il 25 dicembre del 1940, come Gesù bambino. Quindi, spesso, da rapporto di maestro-allievo anche tra di voi? Ad esempio, tra piccoli, tornavamo là in “pellegrinaggio” con i nostri genitori. Nel e lei c’erano circa vent’anni di differenza… marzo del 1968, alla Galleria De Foscherari, si tenne la grande Chi è anagraficamente più grande è ovviamente più ricco di mostra “Arte Povera”: insomma, una serie di coincidenze incredibili! esperienza, ma non ci badavo. Non esistevano maestri.

Che tipo di professore era? Lei era sicuro del suo lavoro? Mi piaceva moltissimo insegnare e l’ho fatto anche al Liceo artistico Io ho sempre avuto il senso del dubbio e nel 1972, durante un’intervista “Cottini” di Torino. E’ stata un’esperienza positiva, perché ho avuto con Jole De Sanna per la rivista “Data”, diretta da Tommaso Trini, l’immediata percezione di essere lì per comunicare le mie esperienze affermai che, nel momento in cui un mio lavoro esce dallo studio ed tecniche. Soprattutto, mi rendevo conto che, pur insegnando, io è esposto in una mostra, ecco quel lavoro non è più mio; io rimango stesso imparavo. Ma la scuola di allora era molto diversa da quella di un osservatore privilegiato, perché lo conosco ma lui mi interroga oggi: era molto più viva, anche perché c’era molta meno burocrazia a sempre. Io mi ritengo sempre responsabile del dubbio che quel intralciare il nostro lavoro! lavoro mi pone e se l’opera continua a ispirarmi questo interrogativo,

impaginato Academy n.11.indd 9 08/01/12 22:28 Senza titolo, 1966, tubi Dalmine, poliuretano espanso colorato, corda, tondino di gomma nera, tubo di alluminio 430 x 255 x 380 cm. Collezione dell’artista, Foto© Michele Sereni 10 io ritengo che essa funzioni. Riguardo a questa mia affermazione, Fin da bambino ho sempre dipinto e anche mia madre dipingeva. Sa Trini mi disse che io ero il contrario di Duchamp, secondo il quale, che io stesso ho curato la sua prima mostra, inaugurata il 14 maggio invece, bastava l’idea. del 1995 in un bar di via Barbaroux? Scrissi anche un breve testo indirizzato a mia papà, che ringraziavo perché lui, perito edile, ma Molti lo pensano tuttora. figlio di falegnami e lui stesso ottimo falegname, fabbricava bellissime Ma questo non è vero, perché ritengo che il lavoro debba esistere cornici ma soltanto per mia madre e per me. Fece un’eccezione per fisicamente. Pensiamo a Pontormo che, a un certo punto, venne Penone, che gli era molto simpatico, realizzando cornici per una completamente dimenticato. Se ci si fosse preoccupati solo del suo serie di suoi multipli. linguaggio, della sua “grammatica” pittorica, lui sarebbe sparito, ma in realtà le sue opere, anche messe in un deposito, se ne sono fregate Che rapporto ha con i giovani? Lei ha assistenti? di noi e sono ancora vive. Per questo motivo l’opera d’arte vive e In certi momenti ho due assistenti di fiducia, che mi aiutano. Quando deve esistere fisicamente. Se un’opera d’arte non la si distrugge insegnavo, avevo uno studio con Luigi Mainolfi e Fabio Francardo. fisicamente, esisterà sempre. Molti dei ragazzi che allora ci aiutavano erano studenti del Liceo Cottini. Ma anche in quelle occasioni, io ho continuato a insegnare, L’Arte Povera può essere considerata l’ultima vera avanguardia anche se quelli non erano proprio miei allievi, ma di Gastini, di italiana? Mainolfi o di altri. Ricordo, ad esempio, Enrico Giuliano, che è stato Non considero sbagliato il concetto di avanguardia. Questo però non anche mio allievo, e che pur essendo bravissimo, non ha ancora comportava in noi alcuna intenzione di sgomitare, anche se spesso il avuto la fortuna che merita, oppure Paolo Grassino, allievo di Luigi. nostro “andare avanti” veniva interpretato come prepotenza. Consigliavo sempre loro di farsi il book, ora si direbbe un cd, con tutti i lavori ben presentati, e di viaggiare, perché allora Torino era satura Lei che cosa pensa, invece, di una parte dell’arte contemporanea, di artisti, ma con poche strutture e gallerie. Insistevo con loro sulla spesso identificata in artisti come Maurizio Cattelan, che lavora necessità di visitare le gallerie di altre città per far vedere i propri essenzialmente sulla parodia dell’avanguardia e della sua carica lavori. idealistica? Alcuni mesi fa, a New York, ho visitato con mia moglie, Grazia Toderi, Adesso consiglierebbe lo stesso a un aspirante artista? due mostre: da Gagosian, una rassegna con pezzi incredibili di Sì, ma senza esagerare, perché non si può vendere la pelle dell’orso Picasso, al New Museum, una personale di George Condo. Confesso senza prima averlo catturato. che mi ha disturbato vedere un artista molto capace, con una buona mano, che però giocava un po’ allo sfottò di un certo Picasso, con Ritiene che l’accademia sia ancora una scuola valida per un qualcosa che si avvicinava, ma solo un po’, al porno. Ne ho ricavato aspirante artista? testimonianze maestri storici una gran noia! Questo tipo di provocazione non mi interessa. Non Certo, l’importante è non avere delle prevenzioni, perché anche se ho mai capito perché si debba necessariamente fare caricatura: lo inizialmente qualche materia può sembrare noiosa, alla fine si scopre considero un atteggiamento anche un po’ vigliacco. Un conto è la che tutto può servire. Bisogna affrontare l’esperienza dell’accademia caricatura politica, ma se diventa un vizio, risulta solo noiosa, perché con la serietà del professionista e la felicità del dilettante. non rimane nulla e diventa puro pettegolezzo. L’artista deve avere una visione più ampia, e non appuntarsi solo al momento. l’allestimento dell’opera “Stella di Camogli” nella mostra “Ricostruire con l’ar- te” alla Fondazione Pier Luigi e Natalina Remotti di Camogli nel 2008-2009. La sua famiglia ha sostenuto la sua vocazione artistica? Foto © Grazia Toderi

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A San Pietroburgo, nella biblioteca Eltsin un FORUM Internazionale su arte e realtà, sul mercato, sulla formazione e sulla weltanschaung della critica d’arte. Una efficace iniziativa della Fondazione Končalovskij con il patrocinio del Ministero della Cultura della Federazione Russa. COSA C’ERA?

Di Nina Getashvili *

A San Pietroburgo si è svolto il primo Forum internazionale «Arte e riferimenti diretti, la temperatura del confronto si è talvolta impennata. 12 realtà». Su iniziativa del Fondo Petr Končalovskij e con il patrocinio A inaugurare il Forum è intervenuto Andrej Končalovskij, Presidente del Ministero della Cultura della Federazione Russa, il Forum si del Fondo. Pronipote dell’illustre pittore russo Vasilij Surikov, nipote propone di discutere, nell’arco di cinque anni, le questioni più attuali dello straordinario artista Petr Končalovskij, le cui opere nel decennio dell’arte di oggi. L’inizio del nuovo decennio, e del nuovo millennio, 1910-1920, sono state esposte con grande successo in Italia (anche offre una propria constatazione della situazione nel mondo artistico in un’esposizione personale tenutasi all’interno della Biennale ed esige una risposta a domande quali: c’è stato un mutamento del di Venezia nel 1924), le cui retrospettive oggi attirano numerosi sistema di coordinate, della mentalità e della portata nell’arte e nella spettatori, Andrej Končalovskij, regista di fama mondiale, ha parlato riflessione su di essa? Quali conclusioni offre l’esperienza storico- del mutamento delle priorità nell’arte contemporanea, della perdita culturale odierna? di punti di riferimento in un mondo polimorfo. La totale political Ogni anno il Forum si concentrerà su un singolo problema correctness affermata dalla coscienza occidentale contemporanea «strategico», ma analizzato da un’estesa cerchia di partecipanti (la Russia, naturalmente, si presuppone inserita in tale contesto) non legati in un modo o nell’altro all’arte contemporanea. L’estensione accetta definizioni e orientamenti univoci. Il fatto di per sé non deve del pubblico partecipante non è soltanto geografica (realmente suscitare alcuna protesta. Nelle sue forme estreme però i timori di internazionale, ma potenzialmente globale, tramite l’uso di Internet), infrangere le «convenzioni» accettate non permettono nemmeno di ma anche professionale e generazionale. La partecipazione dei «distinguere il grano dall’olio». In particolare nelle recensioni critiche giovani al fianco di esperti professionisti con diverse qualifiche è si incita alla riconciliazione con la palese falsificazione, il logoramento fondamentale. o la mancanza di criteri realmente artistici. L’incontro del 2011, dedicato alla critica d’arte, ha riunito i Nelle discussioni seguenti i partecipanti al Forum hanno messo in rappresentanti di quindici Paesi. Pertanto i programmi degli relazione questo stato delle cose anche con la stretta aderenza organizzatori e il regolamento delle sedute non sono stati sempre dei critici a una pratica propriamente artistica in qualità di curatori, attesi: non si è riuscito infatti a parlare soltanto della critica. Il dibattito con la loro totale dipendenza, in questo ruolo, dai propri diktat si è spostato nella direzione di un’analisi dell’arte contemporanea concettuali, che sottomettono la creazione spontanea dell’artista al vera e propria, verso la quale molti partecipanti hanno espresso mercato dell’arte e talvolta alla situazione extra-estetica (il Forum del importanti domande. È tuttavia evidente che sia avvenuto un proficuo 2012 sarà dedicato proprio ai problemi legati all’attività dei curatori scambio critico. moderni). E se è vero che nel XX secolo è nato il concetto di “arte Ecco alcuni temi annunciati nel programma del Forum: «La senza qualità” che presuppone uno slittamento del senso dell’opera correlazione ‘Arte e critica’. Aspetti filosofici, storici e attuali»; «La d’arte dalla qualità plastica all’invenzione e alla creatività, suscitano formazione della Weltanschauung e della professionalità del critico qualche dubbio le intenzioni spesso davvero primitive di molte opere d’arte»; «Critica d’arte e mezzi di informazione contemporanei»; attuali e la loro apologia da parte dei critici. convegni «Il ruolo della critica nei processi del mercato artistico di oggi»; Sorge una domanda: tali opere possono essere definite una «Il destinatario della critica d’arte» e la «formazione artistica nelle manifestazione di arte radicale che aspira alla supermodernità e Accademie e Università». all’attualità quando alle loro spalle hanno già cento anni di storia? maestri storici In qualità di una delle organizzatrici del Forum, mi piacerebbe vedere In questo modo continua a essere presente anche un certo sin dal principio una maggiore concretezza nei futuri interventi. “tradizionalismo”, di cui vengono accusati coloro che propongono di All’inizio è infatti sembrato che essa mancasse nei discorsi pronunciati considerare arte anche i concetti oggi dimenticati dell’estetica. Non e nelle repliche a seguire. si può certo accusare di essere un passatista il milanese Gaetano Come è già stato sottolineato, nel Forum si è parlato di arte Grillo che è invece un artista di ricerca contemporanea, eppure contemporanea, ma tolte pochissime eccezioni, non soltanto dal questo rappresentante della cultura italiana (un pittore!) ha ricordato punto di vista valutativo, e in generale non sono stati menzionati i i concetti dell’arte rinascimentale italiana di “armonia” e “bellezza” nomi degli artisti, le scuole, gli indirizzi. Tuttavia, anche senza tali che l’arte contemporanea sta del tutto perdendo. La reazione della

impaginato Academy n.11.indd 12 08/01/12 22:28 sala alle sue affermazioni è stata energica, anche se fondata, naturalmente sollevata la questione della situazione linguistica e purtroppo, su concezioni storico-filosofiche brillanti, ma a mio parere terminologica legata alla cancellazione di contesti nazionali di senso 13 ormai sorpassate. È tuttavia il caso, oggi, di incoraggiare un pathos nell’arte moderna. di protesta così poco compreso e di accettare la distruzione sociale L’esperienza di lavoro con il pubblico, in questo modo, è stata riferita come l’unica in grado di rispondere alla modernità? non soltanto nella seduta conclusiva. Il vicerettore dell’Università Ca’ Non è forse invece la posizione di Grillo a rappresentare nel contesto Foscari di Venezia Silvia Burini ha parlato della pratica di consulenza odierno la protesta più radicale e coraggiosa? individuale dei visitatori delle mostre attraverso giovani mediatori, il Dei compiti dell’AICA (Associazione Internazionale di Critici d’Arte), titolare della cattedra di storia dell’arte Giuseppe Barbieri è invece ha parlato Marek Bartelik, da poco nominato presidente di questa intervenuto parlando delle ampie possibilità di formazione e diffusione organizzazione: Bartelik ha sottolineato la necessità per l’AICA di di programmi multimediali. Olesja Turkina, collaboratrice scientifica abbracciare con uno “sguardo critico” l’arte delle regioni periferiche della sezione delle correnti più recenti dell’Istituto Statale di Arte (per l’Occidente) e di includerla in un contesto mondiale. russa di San Pietroburgo ha presentato alcuni programmi speciali di L’AICA venne creata nell’ambito dell’UNESCO dopo la Seconda storia e teoria dell’arte moderna per gli studenti. Guerra Mondiale nel riconoscimento della responsabilità del pensiero E infine sono stati un elemento di pregio per il Forum gli interventi critico per il destino dell’arte moderna. La creazione dell’AICA di cinque giovani specialisti (Julia Kaganskiy, Hrag Vartanian, fu preceduta dalla tragica esperienza della diagnosi mortale di William Brand, Samantha Culp, Astrid Mania), che hanno fatto di “arte degenerata” (“entartete Art”) mossa contro il modernismo e Internet il principale strumento di riflessione sull’arte contemporanea. l’avanguardia. Durante il Forum sono stati ricordati anche “soggetti” Figure virtuali in grado di esercitare un’influenza reale sui gusti meno tragici ma indicativi, tratti dalla storia della critica (Baudelaire e sulle preferenze di molte migliaia di utenti che s’interessano e Zola sostenevano Manet, ma non capirono Cezanne, Ruskin mise di arte contemporanea, apparivano in carne e ossa scrutandosi al riparo dagli attacchi l’Accademia dei Preraffaelliti, ma non capì attentamente e con aria incuriosita. convegni Whistler, e altri esempi). Il fatto che questi giovani ragazzi, competenti e già autorevoli, Questi modelli di “soggettivismo” storico nella discussione abbiano espresso la loro mission con ponderazione e delicatezza dei problemi della modernità sono stati svolti soltanto per non e il fatto che, più in generale, al Forum uno spettro così ampio assolutizzare e non universalizzare una singola posizione (sono di professionisti abbia portato avanti un discorso su problemi risultati del tutto categorici talvolta nella retorica della discussione). sufficientemente complessi dell’arte contemporanea permette di Inoltre questi esempi hanno forse sottolineato la concezione azzardare una rischiosa conclusione sulle prospettive di un inizio necessaria e romantica della responsabilità individuale persino nello culturalmente edificante. spazio di gioco del postmodernismo. Questo è stato il tema degli interventi del professor Andre Dombrowski La critica d’arte ontologica che costituisce il vivere moderno è stata della Pennsylvania University e di Aleksandr Konov, direttore del mostrata negli interventi di Jennifer Francis, direttrice dell’ufficio Fondo Končalovskij. Mi permetto inoltre di ricordare a me stessa stampa e marketing della Royal Academy of Arts di Londra (che ha e ai lettori i prossimi incontri delle future edizioni del Forum nelle dato prova di una sorta di master-class); della sua collega Ann Dumas, quali sarà forse possibile escludere il “rischio” e la pericolosità di una curatrice presso la Royal Academy of Arts; del curatore presso la conclusione così ottimistica. Tate-modern Nicholas Cullinan; dei francesi Judith Benhamou, esperta d’arte, critica e analista esperta del mercato dell’arte, e Denis Coutagne, direttore del Fondo Paul Cézanne; dei galleristi Dmitrij Chankin e Leonid Šiškin; del direttore della Biennale di arte moderna di Mosca Josif Bakštejn; del direttore della sezione delle correnti * Nina Getashvili, PhD, Professore più nuove Aleksandr Borovskij; dei critici Valentina D’jakonova, Direttore dei programmi formativi e scientifici della Milena Orlava; della redattrice di “Art Ukrain” Alice Lozhkina. È stata Fondazione Petr Konchalovsky

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“Big Pinocchio” 2009 ferro zincato e vernici epossidiche, cm 1600 x 400x 200 collez. perm. Museo di Arte Contemporanea Su logu de s’iscultura, Tortolì (Og)

vicino a Giuseppe è stato il vero inizio per il mio lavoro, fu una vera ALEX PINNA fortuna per me quell’incontro perché mi fece riflettere concretamente sulle capacità che avevo e sulla possibilità di scommetterci sopra. A cura di Gaetano Grillo Quale era il clima di quegli anni? Chi erano i tuoi compagni di strada? L’ambiente era molto positivo, ricordo ancora le mostre di Palazzo Probabilmente oggi gli artisti Reale, come le uniche veramente di respiro internazionale che Milano abbia prodotto; per noi studenti una gran parte del lavoro consisteva sono rimasti tra i pochi a potersi nel vedere tutto quello che la città ci offriva e non era poco. Poi ci fu l’occupazione della Pantera e il collegamento che instaurammo con permettere il lusso della lentezza le altre accademie ci portò a vivere per dei periodi in altre situazioni culturali. Tra queste ricordo Roma o un popoloso accampamento e della rielaborazione delle idee, io all’accademia di Venezia nei giorni d’inaugurazione della Biennale, almeno cerco di farlo. se non ricordo male era il 1990. Dei ragazzi di allora molti hanno cambiato percorso, tra quelli che ancora lavorano nel mondo dell’arte ricordo Vanessa Beecroft, Giuliano Guatta e sporadicamente Gianluca Codeghini Alex, ci conosciamo da oltre venticinque anni, da quando eri Ricordo ancora i tuoi primi lavori fatti con gli occhietti di plastica, ex studenti studente all’Accademia di Brera, iscritto al corso di Pittura poi quelli con la corda, la scoperta del bronzo, ma tu utilizzi tenuto da Giuseppe Maraniello di cui sei stato anche assistente anche la pittura, il disegno e tanti altri linguaggi e materiali in maestri storici nel suo studio. Quanto ha inciso nel tuo percorso artistico una sorta di percorso solitario e avventuroso in cui sembra l’Accademia e le stesse lezioni di Maraniello? che ti diverta ogni volta a confrontarti con problemi e soluzioni Dopo aver studiato al liceo artistico di Savona, sono arrivato a Milano nuove, è così? Perché ti muovi fra le pieghe dei linguaggi? nell’85 per frequentare i corsi all’Accademia di Brera e fu per me La varietà dei materiali che uso si è creata col tempo, è dovuta come iniziare a respirare, allora c’erano insegnanti straordinari tra cui soprattutto alla mia insofferenza nel rimanere troppo a lungo su Leonetti, Fabro, Pestalozza, Sanesi, le loro lezioni erano degli eventi, uno di essi, finisce che perdo concentrazione e quindi qualità; poter degli happenings irrinunciabili; loro, per la prima volta mi hanno fatto saltare continuamente da uno all’altro mi rende più libero e creativo, sentire la possibilità di pensare in modo libero. Lavorare poi in studio poi per molti materiali sono costretto a collaborare con un artigiano e

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“Iosonote” 2007 bronzo patinato, cm 66 x 210 x 30, ed 6+1

finisce per forza che imparo sempre qualcosa di nuovo… da noi, qui ormai è dagli anni ‘70 che ogni generazione per essere Sin dalle prime apparizioni i tuoi lavori hanno avuto un curioso considerata “contemporanea” deve disconoscere e seppellire quella tono fra nostalgia e autoironia, leggerezza e precarietà. Quasi precedente. come se non prendessi veramente sul serio la realtà ed essa La prima figura con le gambe lunghe la feci perché volevo desse divenisse gioco e commedia della vita sconfinando nel l’idea che corresse veloce, della materia m’interessa il limite, quando paradosso. Cosa raccontano i tuoi personaggi? trovo il punto in cui un artigiano o io stesso diciamo “non si può Forse raccontano le mie difficoltà nel credere che la struttura fare” allora inizia una sfida, che se vinta sposta di un poco il confine politica, sociale e culturale che stiamo vivendo in questo periodo linguistico. ex studenti storico sia veramente seria, a volte penso che l’uomo nel sociale Tu credi che esista ancora l’avanguardia? Cosa pensi della sia infinitamente più primitivo di quanto lo sia nel privato, forse per pittura, della scultura e del disegno? questo i miei personaggi tendono all’isolamento o al silenzio. Maraniello, giustamente, ci ripeteva spesso che un’opera è composta Le tue figure allungate spesso vengono erroneamente viste di due parti: ricerca linguistica continua e il contenuto che non è altro come una sorta di ricorso alla nostalgia esistenzialista di Alberto se non il pretesto per sviluppare il linguaggio. Io ho nelle mie corde la Giacometti benché quest’ultimo spappolava la materia in una manualità, quindi lavoro in questa direzione; poi presuntuosamente frammentazione della forma, animata dalle impronte nervose penso che riuscire a far ricerca, quindi spostarne il limite linguistico delle sue dita sull’argilla. Perché allunghi gli arti delle tue figure con i materiali “classici” sia infinitamente più complesso di quanto e cos’è per te la materia? lo sia con linguaggi più “moderni” che troppo spesso si rivelano Esattamente così, quando citano Giacometti circa il mio lavoro, mi trappole in cui gli artisti rimangono imprigionati. chiedo se l’interlocutore, il suo lavoro lo abbia mai visto sul serio. Giacometti manipolava continuamente e dolorosamente la materia Io penso che l’arte contemporanea abbia dato troppa importanza sia in pittura che in scultura, mentre io cerco figure in equilibrio tra al linguaggio e troppo poca alla poetica (ciò che tu chiami leggerezza e forza di gravità. “contenuto”) tant’è che molte opere accreditate e presenti nei Trovo molto superficiale che in Italia il primo approccio al lavoro di un musei hanno contenuti che spesso io trovo non solo banali ma artista stia nel rintracciare elementi di vicinanza col lavoro di chi l’ha anche miseri; poi penso che molti di questi linguaggi non hanno preceduto facendogliene una colpa, mentre in realtà penso sia una neanche cambiato il mondo ma casomai lo hanno recepito e sua forza. Prendi ad esempio la cultura inglese, lì puoi rintracciare un allora cosa resta? Non pensi che dovremmo riconsiderare filo continuo nel lavoro tra le generazioni: tra David Hockney e Gary l’importanza del messaggio dell’artista? Hume oppure tra Richard Long, Tony Cragg e Rachel Whiteread. È possibile che dopo l’avvento dei linguaggi massmediali e Questo fa sì che gli artisti siano molto meno isolati, quindi più forti che performativi degli anni 70, durante i quali agli artisti era ancora

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chiesto un ruolo di preveggenza, l’avvento dell’estetica postmoderna Che muovendosi spesso in ambienti culturalmente poco limpidi, degli anni 80 ci abbia lasciato in eredità la possibilità di un ruolo insieme agli artisti sono quelli che hanno pagato maggiormente più riflessivo. Ovviamente questo influisce molto sui nostri percorsi l’assenza e il tradimento della critica negli ultimi vent’anni, in cui la individuali e sulle poetiche. Probabilmente oggi gli artisti sono maggior parte dei critici ha smesso di pensare e tessere una vera rimasti tra i pochi a potersi permettere il lusso della lentezza e della struttura d’idee, accontentandosi di ambire a curare degli eventi più o rielaborazione delle idee, io almeno cerco di farlo. meno importanti e più o meno remunerativi.

Cosa pensi di Duchamp e cosa di Cattelan? Le tue immagini esili e spesso curve, senza gravità e leggere, L’eccezionalità della ricerca di Duchamp è stata nel creare uno scarto talvolta anche umili e smarrite, mi fanno pensare alla forma linguistico assolutamente coincidente con quello sociale e scientifico della Liguria da cui tu vieni, senti di avere delle radici in quella del suo tempo, producendo una deflagrazione così potente, che regione? Credi che esista ancora oggi un’identità legata ai ancora oggi la sentiamo. Di Cattelan all’inizio trovavo interessante territori di provenienza? l’atteggiamento provocatorio, il suo riuscire a farmi pensare che Sì, i vent’anni che ho vissuto davanti a quel mare hanno lasciato la soluzione l’avrei potuta trovare nel suo lavoro successivo, ma un’impronta fortissima nel mio modo di vedere e di sentire, come dopo una decina di anni mi sono stancato di aspettarlo; gli ultimi ha ben scritto Fossati “noi (i liguri) non ci sappiamo vestire e non ci lavori edulcorati dalla patina glamour mi sembrano davvero poco sappiamo spogliare”. coinvolgenti. Mi auguro di cuore sia ancora possibile per gli artisti poter mantenere un’identità specifica. L’idea e il tentativo di globalizzare i giovani artisti Quali sono gli artisti (i Maestri) che senti più vicini a te? E quali italiani, promuovendo soprattutto quelli il cui lavoro più si prestava a sono gli artisti (i giovani) a cui guardi con interesse? ciò, per me è stato un errore enorme e goffo da parte di una certa Penso che per forza di cose, ognuno di noi sia impregnato di tutte la parte del sistema italiano: i risultati sono sotto gli occhi di tutti, ormai cultura del passato che abbiamo in qualche modo assorbito, per cui in ambito internazionale c’è quasi l’idea che qui non ci sia quasi nulla potrei dirti che i maestri per me sono un po’ tutti; poi nelle varie fasi del dopo la transavanguardia, che guarda a caso faceva proprio della

ex studenti lavoro e della vita ci sono artisti che sento più vicini, in questo periodo sua identità culturale un punto di forza. mi piace una certa idea di assenza che trovo nel lavoro di Gastone

maestri storici Novelli o Rudolf Schwarzkogler, ma anche l’aspetto più nostalgico Questa mostra a Catanzaro, in quella che fu la casa di Mimmo rispetto ad un’idea di natura di Piero Manzoni, Luigi Mainolfi e Pino Rotella ma anche negli spazi della città, mette in relazione il tuo Pascali. Tra i ragazzi più giovani ammiro molto Andrea Mastrovito, lavoro con il contesto urbano ma le tue opere pur essendo in mentre spero che si riprenda a guardare il lavoro di alcuni bravissimi bronzo non sono certo monumentali, quale relazione vuoi creare scultori della generazione precedente la mia, rimasti un po’ in ombra con il fruitore che scopre ad esempio una tua figura in bronzo negli ultimi anni. che si poggia con la mano ad una parete come per scaricare la fatica dopo una corsa? Cosa pensi dei galleristi italiani e quali sono quelli che stimi? Credo che la natura più intima del mio lavoro sia comunque la

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“Alias” 2010, corda annodata e acciaio, misure variabili, collezione privata, Catanzaro

comunicazione, per questo mi sforzo di rimanere in territori in cui i probabilmente non riuscirei a finirla, però è da un po’ che lavoro su codici siano accessibili: dal fumetto, alle favole, alla figura umana; un testo e una rappresentazione teatrale, chissà… spero sempre che un po’ tutti trovandosi di fronte a un mio lavoro possano instaurare un dialogo, purtroppo non avendo io verità da Alex… Pensi che oggi abbiamo bisogno di azione, interazione o enunciare credo di poter soprattutto porre domande a chi guarda. contemplazione? Insieme alla riflessione che secondo me è il ruolo naturale dell’artista Ricordo che una ventina di anni fa, in compagnia di Mimmo in studio, spero sia arrivato il momento di agire maggiormente Rotella, Franco Imbrogno, Francesca Alfano Miglietti, Cesare anche nel sociale, bisogna aprire le finestre e rinnovare l’aria, da Fullone e Arcangelo eravamo in un bellissimo agriturismo troppo tempo sottostiamo a una classe politica/decisionale formata immerso nella natura in val Seriana e ad un certo punto Mimmo da gerontocrati, che hanno soprattutto la colpa di aver pressoché ci disse: amici mi sono rotto le palle di tutta questa noiosa eliminato la meritocrazia, hanno quasi spento l’energia e le idee di un natura, andiamo a Monza, all’autodromo a sentire i rumori dei paese, che ha sempre avuto cose importanti da dire in tutti i campi motori e a respirare l’odore della benzina bruciata! culturali. ex studenti Esporre nella casa che fu di Mimmo Rotella ti emoziona? Ti ha portato a pensare a un allestimento speciale? Cos’è per te la bellezza? Certamente, la mostra è pensata nel massimo rispetto del luogo e Un’idea importante che assume una forma in modo semplice quasi della sua storia, per questo ho concordato con il presidente della spontaneo. fondazione di lasciare esposti molti lavori di Rotella insieme ad altri contributi del suo percorso, cercherò in questo caso di instaurare un dialogo tra la sua gestualità e la mia materia pensierosa…in più installeremo cinque grandi sculture nelle strade della città, mi piace molto l’idea di andare in giro a dar fastidio senza aspettare che il pubblico venga in galleria.

In una mia recente visita a Catanzaro ho visto in casa di Rocco Guglielmo un tuo lavoro con la corda che sembra essere la balaustra della scala ma in verità è installato a parete e le figure salgono come se fossero in equilibrio instabile. La scala, la corda, l’oscillazione, i volti enigmatici e i corpi sempre stanchi, abbandonati, quasi coscienti del loro destino in continua sospensione, sono certo un evidente segno dell’attenzione che tu rivolgi al racconto; hai mai pensato di fare un video? Sì, ma l’unico modo per me, sarebbe un’animazione a passo uno, Foto di Andrea Corbellini, studio 3GK, Milano

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Debordante 1, 2011, acrilico su tela, 30 x 40 cm Aurelio Sartorio e Grazia Varisco a confronto Una mostra alla Galleria Fabbri contemporary art, curata da Federico Sardella, pone l’opera dei due artisti in dialogo. Un ex allievo e un’ ex docente di Brera

a cura di Elisabetta Longari

Nello studio di Aurelio Sartorio due sono le peculiarità dei “nuovi quadri” che saltano subito agli occhi: i bordi laterali della tela parzialmente dipinti e i colori saturi posati in piccole porzioni strette e lunghe che instaurano tra loro rapporti particolarmente attivi, mercuriali.

Ma da quando dipingi i bordi? Sì, questi ultimi lavori sono tutti caratterizzati dal fatto che dipingo in dialogo dialettico tra me e il dipinto; per questo la realizzazione anche il bordo e non solo la parte frontale del quadro, non mi piaceva richiede tanto tempo, perchè il quadro non lo posso pensare prima e più il lato bianco della tela: usando tele preparate era troppo bianco. poi realizzare. Tutto ciò si autodichiara nel bordo e questo mi sembra In principio ho esitatato, il mio timore era che così facendo la tela un passo importante dell’autonomia dell’opera. Quando le opere si diventasse un “oggetto dipinto”, cosa che non mi interessa perchè io autoidefiniscono... tengo al fatto che il quadro sia su tela e telaio, lo considero un supporto che si è nel tempo ottimizzato per ospitare la pittura. Mi piace che Si autoenunciano... Tu accennavi al quadro come il luogo della confronti un quadro sia il quadro, un supporto perfetto, immediatamenente pittura per eccellenza, ma c’è pittura e pittura e la pittura per te riconoscibile da tutta la cultura occidentale come il luogo della da ormai tanto tempo è identificabile con il colore e la riga. pittura. Invece dipingere anche i bordi senza andare fino in fondo Esattamente spazio e colore. Per me la pittura è questo, sono queste maestri storici ha funzionato: lasciare una porzione della tela del bordo non dipinta due componenti che giocano l’intera partita, non c’è altro. Così come consente di vedere tutte le varie stratificazioni dalla preparazione fino la scultura è spazio e forma, andando proprio all’essenza. all’ultima campitura, questo non solo ha reso il quadro più piacevole da vedere ma ha anche introdotto una sorta di registro cronologico... Ma il tuo spazio è gestito da righe. Le righe vengono percepite come porzioni di spazio non come forme. Certamente si rende più leggibile il processo... Questa cosa delle righe che è poi diventata una mia peculiarità Sì, certo… mi sono liberato dal dover spiegare il processo, si chiarisce ha un’origine tecnica: poiché uso I colori acrilici, che asciugano anche che non realizzo un progetto ma lavoro passo dopo passo rapidamente, quando dipingevo grandi superfici restavano I segni

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Debordante 3, 2011, Acrilico su tela, 50 x 70 cm

tra una campitura e l’altra che sembravano le “giornate” degli perchè li riutilizzo in base alla loro lunghezza, al’inizio non sapevovo affreschi, erano quasi impercettibili ma non mi piacevano; ho così cosa farnmene però mi piacevano e così li appicicavo sui muri per un cominciato a delimitare lo spazio a compartimentarlo; poi, dato che po’ prima di buttarli, poi ho avuto l’idea di riutilizzarli per realizzare dei mi piaceva, l’espediente tecnico è diventato elemento costitutivo del lavori su carta, che piano piano si sono strutturati in piccole serie di mio linguaggio fino ad enfatizzarsi. 20 pezzi con la stessa struttura ma diversi per colore.

E la superficie si è ulteriormente complicata... anche grazie Il tuo modo di lavorare per progressivi aggiustamenti dei rapporti all’accensione maggiore dei colori, molto saluri e contrastanti. tra gli elementi cromatico-spaziali mi ricorda il metodo di lavoro Quando e perchè hai iniziato a usare la palette osée di colori di Matisse, al di là di tutte le vistose differenze sintetizzate da “esagerati e esagitati” degli ultimi lavori? quelle tra arabesco e linea retta. Certamente sono i colori che rendono il dipinto più “complesso” non Sì certo… tra l’altro un artista che amava molto il colore. la struttura. Come spesso mi accade questi colori e queste tonalità Ci tengo però a chiarire che l’aprogettualità non è quella cosa di

sono il tentativo (riuscito) di elaborare una nostalgia. mettersi nel fare senza sapere bene dove si andrà a finire ma è un confronti Mi spiego meglio: tutto è cominciato con l’invito alla mostra “Vado metodo di lavoro serio in cui il momento progettuale coincide (quasi) fuori all’aperto” in quell’occasione ho dovuto pensare un lavoro da con la realizzazione, è un metodo che amo perchè permette un installare in un giardino e per la prima volta ho utilizzato i colori fluò. dialogo continuo tra artista e opera e in cui il tempo diventa una delle Questi particolari colori, che hanno la caratteristica di emettere una varianti del lavoro. parte della luce che assorbono, sono stati perfetti in quel contesto, Fino alla fase finale dove diventano importantissime le variazioni erano infatti gli unici in grado di competere con i colori della natura, minime: le tonalità di uno stesso colore, la qualità materica, la ma su di me hanno avuto l’effetto di una droga. dimensione della riga; anche se devo fare tre righe rosse non posso La faccio breve... non ho potuto usare (se non con parsimonia) le farle contemporaneamente, devo farne una per una, perchè devo tinte fluorescenti per i quadri perchè non sono resistenti nel tempo poter vedere... alla luce ma sopratutto perchè la loro particolare brillantezza spegne quasi tutti gli altri colori. L’effetto che fa! Parliamo ancora un attimo della tua tavolozza... Per questo motivo ho cominciato ad usare tonalità molto sature Cambia nel tempo a seconda degli interessi, ma non ho colori prediletti e contrastate per ricreare il più possibile con i colori “normali” la e colori detestati e banditi: io uso tutti i colori, nessuno escluso e in stessa immagine brillante e instabile di quelli fluò. tutte le possibili varianti, anche se ho un particolare interesse ber Questi colori sono anche responsabili dell’introduzione dell’uso dello quei colori generalmente definiti “difficili”. Il lavoro si basa sulla sfida scotch per tirare le righe, non tanto per essere più preciso, lo ero di tenere insieme istanze cromatiche differenti. anche a mano libera, ma perché rende più tagliente lo stacco, più Tutti i colori alla fine possono stare assieme se si trova il l’accordo incisivo e dunque più funzionale alla “cattiveria” di questa tavolozza. giusto. Alla fine lavoro prorio sulle variazioni di tono, di texture o di L’uso dei nastri adesivi ha anche un risvolto creativo… dato che li consistenza; raramente due campi dello stesso colore sono identici, uso due volte vengono dipinti in due colori, l’accostamento è casuale ci tengo che ognuno abbia una sua specificità.

impaginato Academy n.11.indd 19 08/01/12 22:28 Quadri comunicanti, 2008, metallo verniciato e alluminio Alulife, 41x53 cm ciascun elemento. Fotografia di Cesare Chimenti 20 Hai lavorato spesso anche opere composte da più pezzi, in Invece dopo, in Accademia a Brera, c’è stato qualche stimolo forma di dittito, di trittico, di polittico. preciso, più preciso di altri? In passato ho lavorato molto su uno spazio frammentato anche In realtà ho frequentato il primo anno da con cui non del supporto, e in quel caso le tele bianche venivano posizionate sono andato d’accordo perché lui aveva un’idea dell’insegnamento l’una accanto all’altra o alle altre e dipinte insieme. In quella stessa quasi di come di setta esoterica. A me la cosa andava stretta e presto posizione dovevano poi essere rimontate una volta terminate e ho capito che, nonostante Fabro fosse un artista di grandissima spedite a un’esposizione o venute a qualche collezionista. Adesso qualità intellettuale, che non poteva essere d’aiuto a quella che invece sto dipingendo i pezzi singolarmente, quando li espongo sentivo dovesse essere la mia crescita. Per questo ho smesso di però posso decidere di raggrupparli temporaneamente o dislocarli seguirlo per poi passare con Diego Esposito, che ha avuto il grande in composizioni sulla parete. A volte invece dipingo quadri pensando pregio di lasciarmi la libertà di coltivare e sviluppare quella che volevo già che andranno mostrati con accanto i loro piccoli satelliti, magari fosse la mia direzione, che lui ha riconosciuto e rispettato, con lui ho dislocati in modo eccentrico rispetto al quadro più grande e centrale, potuto continuare a dipingere. ma allora sono uno stesso lavoro e procedo contemporaneamente Non ha influito direttamente sull’impostazione del lavoro ma nella realizzazione di ciascuno. attraverso un assiduo confronto, mi ha dato spazio e fiducia, mi ha perfino selezionato per esporre i miei lavori di fine corso in un’aula Affrontiamo adesso il discorso dei maestri, sia le persone reali che ricordo ancora perfettamente per la sua bellissima luce e la che hai incontrato che hanno inciso sulla tua idea e pratica perfetta cubatura spaziale, insomma, mi ha dato l’opportunità di dell’arte, sia i maestri ideali, quelli della storia dell’arte e crescere e consolidarmi. Quell’esposizione a Brera “La stanza di dell’occhio, quelli del fare, quelli della concezione dello spazio e Narciso” è stata la mia prima mostra “seria”, curata da Giovanni M. dell’uso del pennello. Accame, mio amato professore di Storia dell’Arte, per me è stato un Quelli storici sono i maestri delle Avanguardie, in particolare Mondrian grande riconoscimento, il titolo che Accame aveva dato alla mostra e Malevic... Ma anche, come dici tu, i manieristi, certamente. Infatti derivava dal titolo di un mio lavoro “Narciso” appunto e dal’opera l’atteggiamento con cui mi rapporto alle Avanguardie è simile a di un altro allievo che aveva disseminato il pavimento di specchi. quello con cui Lotto o Rosso Fiorentino si riferivano a Raffaello e Accame era molto vicino a questa pittura che io andavo facendo e Michelangelo: come per loro il mio lavoro ha come riferimento il cercando e inoltre era un insegnante con un ottimo metodo didattico, l’opera di altri artisti non la natura, per questo sì che posso definirmi molto serio strutturato. A Brera sono stato anche studente di Grazia un manierista, e ne sono fiero. Varisco che insegnava Teoria della Percezione e con lei il confronto

confronti Tra i maestri in carne e ossa certamente Carmengloria Morales, mia è stato spesso duro ma utilissimo, i confronti aiutano a crescere. insegnante al Liceo, mi ha dato un imprinting indelebile rafforzato L’unico 29 che ho sul libretto (nel senso che gli altri sono tutti 30) è il poi quando sono stato suo assistente di studio, dove ho avuto modo voto del suo esame.

maestri storici d’imparare proprio il mestiere... Tra gli amici artisti che hanno avuto un peso nella mia formazione un ruolo particolare spetta a Franco Pardi. Sì, infatti condividete la concezione del quadro come un campo di forze, anche se da Morales agito per via di pennellate, in modo Parleresti adesso di quegli inciampi che hanno influito magari profondamente diverso dalle tue linee ortogonali, e l’idea che indirettamente ma profondamente sulla tua idea di pittura ogni dipinto è un precipitato di fenomeni fisici che si porta la sua o sull’idea di quello che si può fare con la pittura? Qualche storia leggibile nella carne della superficie e la esibisce. suggestione diversa dalla pittura? Certo, ma anche l’attenzione per ai formati mi derivano da Morales. Una forte suggestione ha esercitato una quindicina d’anni fa la

impaginato Academy n.11.indd 20 08/01/12 22:28 Dilatazione di spazio. Spazio potenziale, 1974, tavola di legno, chiodi e telai in ferro, dimensioni variabili. Tre elementi, installation view, Rotonda di via Besana, Milano, 2006. Fotografia di Thomas Libis 21 scoperta casuale in una libreria del libro di Michel Pastoreau, “La Sarebbe bello che avessi anche tu, come Klee, il tuo Boulez che stoffa del diavolo, una storia delle righe e dei tessuti rigati”. Per me generasse una partitura dalla trascrizione di un tuo dipinto e lo è stato un ritrovamento importante,. Questo piccolo saggio di storia suonasse! del costume e sui significati simbolici legati alla riga nel tempo e in Il compositore Marco di Bari aveva in mente di farlo ma fino ad ora diversi contesti ha rafforzato e reso maggiormente consapevole la non è successo! Chissà…. mia istintiva inclinazione verso le righe. Pastoreau ha scritto anche sul colore cose davvero interessanti che Speriamo che accada presto! ho continuato a seguire, ma l’incontro folgorante è stato proprio con La stoffa del diavolo. Anche i colori della la computer grafica ma anche la logica dei Nello studio di Grazia Varisco con Aurelio programmi ha lasciato dei segni. Sartorio. Vediamo insieme i lavori che saranno Poi anche alcuni film, per esempioIl Mago di Oz o Kill Bill di Tarantino esposti, una scelta degli ultimi due cicli di a cui ho anche dedicato un quadro... esperienze: I quadri comunicanti (2008) e Ma perché? Vibrazioni/Risonanze (2009). Intanto perché anche lui è un “manierista” in un certo senso fa con il cinema quello che io faccio con i quadri, secondo me lui ha usato Come d’abitudine, le opere di ciascuna serie nascono e si per la prima volta nel cinema tutti i colori del cinema di genere tipo sviluppano secondo il criterio della variazione all’interno confronti quelli dei B movie in un film “alto”, ma la sua operazione è estesa a di un diverso insieme di dati essenziali e regole stabilite. tutti gli aspetti, narrazione compresa, ha smontato e rimontato con Sempre esperienze del rapporto tra il pieno e il vuoto, elementi maestria tutti questi elementi. Ma quello che mi ha colpito soprattutto, fondamentali della scultura. è chiaro, è l’uso del colore in Kill Bill, così innaturali (citano altri film non la natura) e manieristi; non dimenticherò mai la tuta gialla di Uma G.V. La composizione a parete dei Quadri comunicanti è variabile, Turman, pensa che è per quello che dopo anni ho ricominciato ad dipende dallo spazio in cui andranno ad “agire”, le opere si possono usare il giallo. Un’altra suggestione proviene da Glenn Gould, dal suo susseguire con un ritmo scandito regolarmente oppure sistemarsi a modo così “preciso” di suonare ad esempio Bach, sezionando le note gruppi isolati. al punto che non sembra neppure più Bach ma un brano di musica contemporanea. Anche a lui avevo dedicato un quadro proprio quando E.L. Come sei arrivata a concepire e realizzare questa serie? avevo incominciato a separare e rompere maggiormente questi campi attivi contigui sulla superficie e ho cercato di portarli verso un G.V. È un’esperienza trattata in Teoria della Percezione... io voglio livello di tensione sempre più alto, quasi sul punto di esplodere, tanto esaminarne la componente di ambiguità e tentare una versione che proprio tu una volta hai definito le mie righe “elastici in tensione”. espressiva che nella didattica-divulgativa sui testi fondamentali viene Ed è proprio la musica di Gould, dove ogni nota suonata ha una però illustrata in modo arido; al dunque questa serie è dimostrativa tensione autonoma, ad avermi indicato la strada. Purtroppo Pur della regola dell’allineamento. amando molto la musica non l’ho mai studiata non conosco l’alfabeto Si chiama Quadri comunicanti perché sono portatori di un’ipotesi di né la sua intima struttura: non la so leggere e quindi non posso disordine che si organizza secondo un taglio che è l’allineamento apprezzare fino in fondo le relazioni che le persone che invece la orizzontale nello spazio. conoscono trovano tra i miei quadri e la musica contemporanea. Quando qualche tempo fa Napolitano ha accennato alla metafora

impaginato Academy n.11.indd 21 08/01/12 22:28 Grazia Varisco alla’Accademia di Brera, nell’aula con Achille Funi, Milano 1959

del sistema dei vasi comunicanti nel parlare di politica, mi è sembrata Sono diversi anni che guardo il tuo lavoro pensando che in fondo mi quasi la conferma nel trattare un argomento valido non solo dal punto è affine, o meglio, che partiamo da presupposti simili e operiamo in 22 di vista visivo ed estetico. aree non distanti. Entrambi attraverso le nostre opere facciamo delle In ogni modo questa serie nasce da un lavoro più evanescente e riflessioni su come si guarda... sul come si vede e sui meccanismi giocoso dal titolo Strappo alla regola, composto da molte buste di percettivi che vengono di volta in volta implicati. carta oleata di formato quadrato, che mi sono procurata dalla galleria A.S. Con gli occhi si guarda ma con il cervello si vede. Hoffmann di Friedberg dove avevo esposto precedentemente. Ricordo Heidi, la gallerista, curiosa della mia richiesta, e il marito E.L. Ma ti manca l’insegnamento, Grazia? che avevo conosciuto per una mostra di Gianni Colombo, come due persone straordinarie, fuori dal comune, lui era un “filosofo” G.V. No, perché ormai le mie riserve non riguardavano lo specifico che mentre svolgeva gesti quotidiani e pratici raramente parlava ma della materia, o il mio metodo di proporre Teoria della Percezione o sempre sorprendeva con le sue considerazioni davvero colte e di una il mio rapporto con gli studenti interessati ma più diffusamente, mi profondità rara. Lui adesso purtroppo non c’è più... sentivo inadeguata a comunicare qualcosa di utile ai ragazzi di oggi. Sentivo di parlare un’altra lingua e di essere interessata a cose che E.L. Torniamo alle buste... magari non avevano più a che fare con i giovani... di oggi. Il mio metodo prevedeva che, proprio perché in una Accademia di G.V. Ho infilato in tante di queste buste un cartoncino di colore diverso, Belle Arti, non si studiasse solo la teoria sui libri ma si dovesse fare molto intenso e vivace che la carta oleata attutisce, poi ho fatto degli esperienza pratica di ciò che si studiava, quindi chiedevo un riscontro strappi casuali su ogni busta e le ho esposte a parete allineandole operativo di quanto acquisito sul piano teorico. Facevamo quindi tenendo costante la posizione del buco, dello strappo vivace... Così il anche laboratorio. mio Strappo alla regola è stata la premessa dei Quadri comunicanti. Quando Accame mi invitò, proprio in quanto artista, per il corso di Gli ultimi lavori, Vibrazioni, o anche Vibrazioni/Risonanze, di cui uno è Comunicazione e Didattica, indirizzo di studi da lui impostato, mi esposto a Roma all’Accademia di San Luca, di cui io sono membro... sono sentita più che mai convinta del mio metodo e ritrovandomi con 20 - 40 studenti, invece del numero a tre cifre che avevo prima, E.L. Un riconoscimento davvero importante che pochissime finalmente ero in grado di seguirli passo per passo e non di trovarmeli donne possono vantare... agli esami, in molti casi, solo come dei numeri.

G.V. Si poche purtroppo. Forse sono l’unica scultrice. E.L. Forse il gap che sentivi a tratti era lo scarto tra il vocabolario modernista che è il tuo e anche di Aurelio, e lo spirito E.L. Dici scultrice, ma questi lavori sono tutti a parete! postmoderno che è si è diffuso in questi ultimi vent’anni... Ma non è il caso di addentrarci in queste macro-categorie, torniamo confronti G.V. Però sono sculture a parete, variazioni sul pieno e il vuoto. a noi. Abbiamo parlato di te “maestra”, adesso parliamo per E spesso anche sull’ombra. Questa ultima serie richiede ancora favore dei tuoi maestri. Quali sono gli imprimatur nella fase della

maestri storici qualche accorgimento per risolvere la qualità della vibrazione: non tua formazione? vorrei sentire il rumore del metallo contro la parete, ma solo la vibrazione aerea, sto provando lo spessore giusto di un distanziatore. G.V. Per quel che riguarda l’apertura mentale il nome è Guido Ballo. Attraverso di lui abbiamo capito che c’era molto altro in giro A.S. Tra l’altro proprio quest’ultima serie che lavora sulla vibrazione per il mondo rispetto a quello che avevamo sotto gli occhi. Allora della superficie non è dissimile da ciò che faccio io con il colore in l’informazione artistica e le riviste di settore quasi non esistevano, pittura. Con due sensibilità diverse, tu da scultrice e io da pittore... comunque scarseggiavano ed erano di difficile reperibilità.Ricordo ancora un piccolo opuscolo sull’opera di Klee che trovai a Brera e G.V. Certamente, ecco perché l’abbinata funzionerà. fu un avvenimento nel nostro corso di studi. Ho fatto con Ballo, nel

impaginato Academy n.11.indd 22 08/01/12 22:28 1959-60, la tesi d’Accademia sul valore del segno in Kandinskj, Klee l’amicizia e la frequentazione si è intensificata e impreziosita nel e Wols ma non ti dico gli sforzi a reperire materiale. Insomma, Giudo tempo. Ballo ci ha aperto la testa, non ci “inculcava” certezze... ci portava a Munari ci mise in contatto con L’Olivetti, e io, con quell’esperienza vedere le opere e ci trasmetteva un interesse autentico per la ricerca sono passata all’uso dei motorini negli oggetti cinetici. Poi voglio artistica. Soprattutto ci ha fatto capire che preferiva avere vicino ricordare che c’era Fontana, generosissimo e semplice, cordiale nei persone pensanti; non gli interessava impartire nozioni e dogmi a contatti. A me, come ad altri giovani, ha comprato la prima piccola soggetti passivi. Voleva un confronto attento e intelligente. opera. È stato importante per tutti noi proprio perché lo si incontrava Per esempio Funi, il mio professore di Decorazione, con la sua in giro per gallerie e insieme si vedevano e commentavano le mostre pittura accademica, ci educava alla disciplina nel metodo di lavoro viste. proponendo di esercitarci 6,sì, 6, - mi sembra che anche il sabato Ho anche un ricordo a proposito di Fontana che non so se è un ricordo si andasse a Brera-, giorni alla settimana sulla copia della modella. effettivo o un falso ricordo: sono convinta che siamo stati, noi del Ogni mattina per 4 ore, dal disegno, passando poi all’acquarello o Gruppo T, in studio da lui... a un certo punto per un allestimento forse alla tempera, si faceva copia dalla modella, la cui figura a fine anno irrealizzato, altrimenti sarebbe documentato, Fontana scarabocchia veniva riprodotta poi nell’affresco su muro. Quella disciplina mi è con penna stilografica su un piccolo foglio una specie di schizzo molto servita. Tra l’altro Funi ci aveva anche preso un po’ nelle sue progettuale e me lo consegna da conservare da qualche parte... grazie... l’ho cercato da più di trent’anni senza mai trovarlo. L’avrò perduto o soltanto immaginato? E.L. Ci sta per chi? Eppure... era lo schizzo di una parete mossa al cui centro c’era il segno di un grande taglio orizzontate che andava illuminato G.V. Io, Gianni Colombo e Davide Boriani. Non solo eravamo iscritti dall’interno; forse la ragione del nostro coinvolgimento era che insieme da Funi allo stesso anno, ma venivamo insieme anche dallo avremmo dovuto curarne l’illuminazione variabile? stesso liceo. Funi nel pomeriggio passava dall’aula, dove noi liberi Tengo molto a dire che nel mio lavoro, vedo che la premessa e la da lezioni facevamo tentativi materici,e con la pipa in bocca diceva matrice sono state esattamente quelle messe a fuoco in quel giro qualcosa che proponeva di seguirlo nel suo studio che era attiguo di anni. Il coinvolgimento del pubblico che non è più spettatore, non all’aula, dove ci faceva accomodare in un silenzio di tomba... mentre rimane inerte a contemplare ma è invitato a toccare, a partecipare dipingeva..Mi ha anche ritratto in un suo dipinto... all’opera che cambia e vive della partecipazione degli altri è tuttora Un giorno ho visto arrivare un topo, mangiare la carta del sapone che una costante ricorrente nel mio lavoro. era appoggiata sul cavalletto... L’atmosfera della Accademia di Brera di una volta era incredibile e non è più rintracciabile se non attraverso E.L. Il tuo lavoro verte sul rapporto tra vuoto e pieno, ma a volte alcune fotografie tra cui ne ricordo una scattata da Cesare Carabelli entra anche del colore, pochi, quando sono tanti sono tre e in cui io sono nell’aula di Funi con il muro pronto per l’intonaco comunque i primari... Anzi, sono tentata di dire che i tuoi sono dell’affresco. per lo più non colori, a parte il rosso che si carica di tutte le Funi veniva alle nostre prime mostre alla Galleria Pater...ma separava valenze del colore... la sua didattica dai nostri esperimenti. Da Funi ho imparato l’importanza della disciplina nel lavoro. La G.V. In effetti sento il rosso come qualcosa che si oppone... qualche 23 disciplina, questo fare e rifare per 4 anni tutte le mattine una stessa volta ho fatto anche i telai rossi. Lo sento proprio come l’alternativa cosa; lì per lì mi generava dubbi “ma che andrò a fare dopo? non avrò al non colore dei grigi dei metalli. Spesso c’è il color minio, a volte sbocchi da affreschista di chiese, anche perché sono una donna”... stranamente fa capolino anche un azzurro, e in Strappo alla regola Questi pensieri affioravano durante l’Accademia, ma in seguito mi ci sono molti colori... sono resa conto dell’importanza di quella formazione alla disciplina, quando sono passata in Rinascente a lavorare come grafica. In quegli E.L. Ma di Strappo alla regola appunto trattasi! anni, dal 1960 al 1967, in Rinascente la situazione era eccezionale, un periodo fantastico con incontri importanti, formativi, con consulenti G.V. Le regole, le geometrie segrete, non è importante che vengano esterni, primo fra tutti Bruno Munari, e Bob Norda, oppure interni rivelate o rilevate. come Augusto Morello, direttore del nostro settore, Mario Bellini che era al tecnigrafo a fianco al mio, Italo Lupi che coordinava noi grafici. E.L. Esclusi i presenti, ci sono dei giovani artisti che stimi Ero entrata in Rinascente senza quasi avere esperienza, ero stata particolarmente? solo per 6 mesi a Brugherio in una fabbrica di materia plastica dove ricordo che stampavano anche il posacenere di Munari, il tempo G.V. Fammi pensare... Vorrei dire il nome di alcuni che a volte mi sufficiente per capire che la grafica aveva un suo linguaggio di cui sorprendono con prove interessanti ,ma al momento non ricordo... io ero completamente digiuna perché in Accademia non venivano qualche mio ex studente? Salvatore Cuschera (1958), anche lui affrontati minimamente questi ambiti di comunicazione visiva. L’infinita uscito da Brera, e, di una generazione diversa, Lorenzo Taini (1977), varietà dei caratteri tipografici, il loro corpo e la composizione... mi che ha frequentato a Brera il corso di Comunicazione e Didattica si spalancava un mondo affascinante, soprattutto in Rinascente, dell’arte insieme a Federico Sardella, che curerà la mostra di Aurelio confronti quando dovevo portare a compimento lavori che dovevano essere e mia alla Galleria Fabbri contemporary art. risolti dal punto di vista della comunicazione espressiva, dell’ordine e della correttezza grafica; allora mi fu di grande aiuto il bagaglio di disciplina messo insieme con fatica quotidianamente con Funi. In Rinascente lavoravo solo la mattina mentre il pomeriggio trafficavo sui miei cinetici. L’impegno di lavoro alla Rinascente poi alla Kartell, al Piano Intercomunale e sporadicamente per Abitare e aziende private mi hanno fornito esperienze in cui la grafica era l’elemento linguistico portante Intorno al 1964 maturando questa attività che considero complementare alla formazione accademica ho avvertito concluso il periodo di frequentazione quasi quotidiana con il gruppo T, anche se ho continuato a fare mostre Miriorama, ritenendo importante l’esperienza comune e irrinunciabili i concetti alla base della nostra ricerca. Eravamo “cresciuti” anche individualmente... Nel ‘64 poi, mi sono sposata e ho avuto figli... e gli impegni che ne conseguono si sono moltiplicati. Con Gianni Colombo, che aveva lo studio vicino e amici comuni,

impaginato Academy n.11.indd 23 08/01/12 22:28 24 Giovanni Maria Accame

un intellettuale plurale Riflessione storica, critica militante, impegno didattico

Di Claudio Cerritelli

Il percorso intellettuale di Giovanni Maria Accame è tra i più limpidi a Lucio Saffaro, incontri che hanno contribuito ha chiarificare il suo e coerenti che sia dato di conoscere nel contesto della critica degli complesso arco di scelte. ultimi cinquant’anni, un viaggio condotto in stretta relazione con gli Nei primi anni Settanta gli interessi si amplificano e, oltre alle arti visive artisti e con le opere come fonte primaria di conoscenza dell’arte, specificamente intese, si avvertono interessi legati all’architettura, senza mai perdere il rapporto con la storia, soprattutto quella delle all’urbanistica e al design, in un fervido intreccio di discipline che avanguardie della prima metà del ‘900. dilatano il raggio di riflessione e l’impegno rivolto a testimoniare il Inizialmente impegnato in studi musicali, l’avvicinamento di fondamentale rapporto tra uomo e ambiente, uomo e società, uomo e Accame verso le arti visive avviene negli anni Sessanta, sia trasformazione del linguaggio come tramite di un progetto collettivo. con la frequentazione delle mostre pubbliche e private in Italia e Lontano dal rischio di false o illusorie dialettiche tra arte e politica, all’estero, sia attraverso la verifica storica e teorica legata -da un Accame va maturando fin dagli anni Settanta l’idea che il lavoro lato- all’apprezzamento delle posizioni teoriche di Giulio Carlo Argan, sull’arte è un modo specifico di essere nel presente e di partecipare e dall’altro, alla seduzione esercitata dalla visione storico-critica di alla costruzione del futuro, a patto di non snaturare la propria funzione, Francesco Arcangeli. Si tratta di due modi di intendere il rapporto con mai rinunciando alla capacità individuale di selezionare e trasformare le opere sostanzialmente differenti – per non dire contrapposti-, due i modelli culturali esistenti con nuovi progetti di comportamento universi di riflessione che per Accame sono decisivi per comprendere capaci di tenere in equilibrio esigenze interiori e bisogni collettivi. il valore umano dell’arte che oscilla tra il piano ideologico dell’utopia Nel 1975, con la mostra “Pittura Museo Città”, organizzata presso estetica e l’appassionata esplorazione delle idee nel corpo delle la Galleria d’Arte Moderna di Bologna e dedicata a una particolare opere, dunque nelle poetiche degli artisti. situazione artistica della città, emerge un tipo di prassi che accomuna In una recente intervista curata da Gisella Vismara (pubblicata artisti e critici in un quotidiano confronto di esperienze. Si afferma sull’ultimo numero di Nuova Meta) Accame ricorda a proposito degli soprattutto l’esigenza – sottolineata con puntualità da Accame- “di insegnamenti ricevuti frequentando gli artisti: “Una vera e propria spezzare la fissità dei ruoli, l’isolamento corporativo che si ritorce e scuola è stata la frequentazione di Enzo Mari, tra il 1968 e il 1969, incide come limitazione culturale”.

maestri storici per un anno consecutivo, nel suo studio di Milano. Ho collaborato con Si tratta di un’iniziativa che punta sull’auteticità di una situazione lui (relativamente ai testi) per il libro “Funzione della ricerca estetica”, artistica legata alla cultura di una città, dove “la ricerca artistica non che stava preparando per le Edizioni di Comunità. Ho compreso si esaurisce tra le mura di uno studio o di un museo, ma vive e si cosa significa svolgere una ricerca, cos’è il metodo, la disciplina e la alimenta negli accadimenti quotidiani. La possibilità di intervenire sul responsabilità del lavoro”. quotidiano anche con gli strumenti specifici della cultura è legata ai Al ricordo di questa esperienza fondamentale segue la memoria di problemi di gestione della cultura stessa”. ex docenti ed studenti altri rapporti che hanno segnato nel corso del tempo il dialogo con gli La riflessione sulle modalità degli strumenti artistici è uno dei artisti, da Giuseppe Sanfilippo a Emilio Vedova, da Concetto Pozzati problemi critici su cui Accame insiste chiarificando il ruolo del fare

impaginato Academy n.11.indd 24 08/01/12 22:28 Rodolfo Aricò, courtesy A arte Studio Invernizzi, Milano 25

arte all’interno della più generale struttura produttiva della società. desiderio di analizzare criticamente i meccanismi del pensiero visivo. Tale orizzonte è affrontato al fine di sperimentare comportamenti Contribuiscono a questa soglia di attenzione anche molteplici che possano incidere coscientemente sul processo globale di riferimenti letterari e filosofici, da Rilke a Montale, da Kafka a Joyce, trasformazione, anche solo riferito ai limiti ristretti di una città. da Bachelard a Merleau-Ponty, da Wittgenstein a Derrida, da Deleuze Successivamente, intorno al 1978, Accame affronta situazioni a Gargani, senza dimenticare le relazioni con lo scrittore-entomologo percettive di fenomeni artistici che si relazionano in modi diversi Giorgio Celli o, per altri versanti teorici, con il filosofo Mauro Ceruti nello spazio espositivo, indicando quanto complesso e intrigante con il quale dirige – a metà degli anni Ottanta- la rivista “La Casa di sia il processo temporale che accompagna la lettura delle opere. Dedalo”.

Per esempio, nella mostra “Le designazioni del senso” organizzata Il raggio d’azione di questi interessi vede Accame in sintonia con ex docenti ed studenti presso la Pinacoteca di Ravenna, il percorso disseminato dei materiali un altro critico, Filiberto Menna, con il quale condivide forti interessi sollecita un’attenzione che amplifica il rapporto tra lo sguardo, teorici e una pratica militante con diversi artisti, da Griffa a Pinelli, da la mente, i sensi e i tempi di ricezione relativi alle operazioni, alle Morales a Verna, da Aricò ad Accardi, fino al più giovane Asdrubali. installazioni, alle posizioni anche di una superficie delimitata come è Si tratta di un viaggio intellettuale parallelo, intessuto di riflessioni che quella della tela dipinta. “La consapevolezza di un diverso rapporto dall’astrattismo storico si aprono verso ampi percorsi dell’attualità, con le cose dell’arte – scrive Accame- permette di ricongiungersi con una mappa di saperi costruita all’insegna della pluralità di forme, una sostanza rimasta troppo spesso trascurata, come può essere della molteplicità di processi sospesi tra pittura e scultura, inesauribile appunto verificare che la pittura corrisponde più a un’idea di pittura soglia d’immaginazione. che ad una presenza fisica realizzata secondo certe tecniche e nel La superficie è il luogo in cui il pensiero interroga la pittura come rispetto di determinati canoni.” superamento di ciò che appare, come rivelazione e svelamento dei Vengono in tal senso indicate procedure più ampie di quelle con cui processi infiniti legati all’identità della superficie medesima. Una si è soliti intendere la pittura, come codice istituzionale in cui viene precisa coscienza del differente modo di pensare il futuro della riconosciuto lo statuto della superficie dipinta come oggetto a se pittura si ricava dalle riflessioni che Accame propone intorno ai stante. Su questa lunghezza d’onda il pensiero critico di Accame termini di ragione e azzardo, di razionalità e inquietudine, attraverso si misura con la complessa presenza del dipingere che va oltre i un ripensamento dell’ideologia delle avanguardie non più in confini delle tecniche e dei materiali. Per farsi luogo di incontro tra le grado di reggere la nuova situazione delle arti. Viene in tal senso intenzioni dell’artista e le possibilità di senso che le opere stimolano evidenziato soprattutto “il passaggio dalla dimensione delle idee a attraverso indicazioni che scaturiscono dal loro organizzarsi nello quella del pensiero, intendendo con ciò proprio un cambiamento spazio. nell’organizzazione concettuale, da un procedere per convinzioni a Dopo queste esplorazioni, la consapevolezza critica del fare arte si un procedere per situazioni”. sviluppa nella visione di Accame verso un orientamento di ricerca All’interno di questo passaggio acquista un ruolo positivo l’esperienza che predilige l’astrazione, l’aniconismo, la costruttività, categorie non dell’incertezza come dimensione di un sapere fluttuante e tutto dogmatiche ma sempre guidate dall’esercizio del dubbio, strumento incentrato sulla frammentazione e sulle differenze, un sapere dunque positivo che consente di cercare il senso e il fondamento delle cose. in grado di rivolgersi al futuro come territorio di pluralità, incerto Se è vero che l’arte aniconica è il terreno più connaturale alle sue crinale tra ragione e trasgressione. attitudini conoscitive, è anche necessario sottolineare che questo “Nell’universo frammentato delle immagini la forma può costituire tipo di scelta non è mai stata vissuta come campo di verità esclusiva, oggi non la definizione di un modello, ma l’indicazione di una scelta”. piuttosto come luogo di conoscenza di problemi più rispondenti al Così dichiara Accame, aggiungendo: “Dalle forme della ragione,

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K inaugurazione SABATO 17 DICEMBRE 2011 ORE 18.00 In mostra dal 17 dicembre al 25 febbraio 2012 orari 9,30 - 13,00 / 16,30 - 20,00 martedì / domenica

GiuseppeUncini, Cementoarmato, 1960 Sede: La Casa della Memoria strutturate gerarchicamente e in continua ricerca di una stabilità, Infine, un particolare sentimento è quello che accompagna Fondazione Mimmo Rotella passiamo ora alle ragioni della forma, che reclamano non solo ogni l’esperienza di insegnamento di Storia dell’arte contemporanea Catanzaro, Vico delle Onde, 7 possibilità di mutazione, ma anche di rottura”. che Accame svolge con crescente passione e rigore (dal 1980 in tel +39 0961 745868 All’interno di questa complessità di sguardo la pittura vive poi) nelle Accademie di Belle Arti (Urbino, Firenze, Torino, Milano). d’inquietudine, esplora la luce e l’ombra del colore, i dubbi della Il suo particolare modo di intendere l’impegno didattico è vissuto Informazioni: geometria, gli equilibri incerti della forma, le oscillazioni continue parallelamente all’attività di critico d’arte militante, due versanti [email protected] complementari che segnano in modo fondamentale la vita di Accame dentro e oltre i perimetri delle opere. www.fondazioneroccoguglielmo.it Per comprendere più a fondo le ragioni degli artisti Accame tiene e la sua generosa attitudine a trasmettere ai giovani i fondamenti in grande considerazione gli scritti di poetica come “altro fonte di delle sue tensioni conoscitive condotte sempre con grande qualità conoscenza” per avvicinare altri punti di vista di ricerca, in tal senso di scrittura. Opere in esterno: pubblica nel 2007 una preziosa antologia intitolata “Parola d’artista” Non vi sono parole più adatte ad esprimere il significato del suo Corso Giuseppe Mazzini (Ed. Charta) con scritti di artisti italiani che ripercorrono i temi più insegnamento che quelle espresse nell’intervista già ricordata: “E’ Chiostro Municipio - Palazzo Santa Chiara maestri storici significativi del dibattito dagli anni Sessanta in avanti (da Bonalumi chiaro che nelle mie indicazioni didattiche, l’esperienza diretta ha Chiostro Presidenza Giunta Regione Calabria - Palazzo Alemanni a Carrino, da Castellani a Massironi, da Pardi a Pozzi, da Spagnulo un posto insostituibile, ma ho anche messo in guardia come questa Piazza Giuseppe Garibaldi - Complesso Monumentale del San Giovanni a Staccioli, da Uncini a Lorenzetti, da Varisco a Verna, ai più giovani possa essere ingannevole, se non si è in possesso degli strumenti Iacchetti, Caracciolo, De Marco, Morganti, Rizzo, Sartorio). interpretativi necessari. Ancora una volta, affermo che gli strumenti interpretativi si formano più nella frequentazione dei fatti e delle L’intento è di confrontare le differenti procedure pratico-teoriche in Mostra prodotta Con il patrocinio Con il sostegno

ex docenti ed studenti relazione alla capacità di dare ampio respiro culturale alle specifiche cose, che tra le pagine dei libri, per altro assolutamente utili, ma non scelte di campo da parte degli artisti, con coerenza metodologica e decisivi come l’esperienza diretta”. REGIONE ricchezza di riferimenti filologici.

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K inaugurazione SABATO 17 DICEMBRE 2011 ORE 18.00 In mostra dal 17 dicembre al 25 febbraio 2012 orari 9,30 - 13,00 / 16,30 - 20,00 martedì / domenica

Sede: La Casa della Memoria Fondazione Mimmo Rotella Catanzaro, Vico delle Onde, 7 tel +39 0961 745868 Informazioni: [email protected] www.fondazioneroccoguglielmo.it

Opere in esterno: Corso Giuseppe Mazzini Chiostro Municipio - Palazzo Santa Chiara Chiostro Presidenza Giunta Regione Calabria - Palazzo Alemanni Piazza Giuseppe Garibaldi - Complesso Monumentale del San Giovanni

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ALBANO MORANDI

A Brescia in varie sedi, una grande antologica dedicata all’opera di Albano Morandi in occasione del traguardo dei trent’anni di carriera. Un percorso artistico, il suo, che è esemplare per la capacità di parlare al mondo, all’internazionalità, ma restando ancorato saldamente alle proprie origini. Una liricità mai esibita, un’ironia lieve, una poesia delle forme e dei colori, degli oggetti e dei significati, una vena di sognante straniamento

Uniti, dalla Francia, dal Canada e dai paesi dell’Europa dell’est. La corsa dell’occhio Albano Morandi viene scelto tra tutti gli altri per la mostra finale nelle sale del castello che ospita il museo d’arte contemporanea e di Rachele Ferrario realizza il ciclo di sculture Il banchetto di Erode: fiori e foglie secche su basi (che a volte evocano sarcofagi, altre busti femminili) o su Lago di Garda, sponda lombarda. Albano Morandi vive in un piccolo colonne di carta e gesso, cestini in vimini con un lungo tubo da cui

docenti paese non distante da Salò. Per arrivare nel suo studio si devono nascono petali rosati o irriverenti grandi piume di uccelli a evocare attraversare tortuosi e stretti muri in pietra che chiudono fuori un tratto la passione e la tragedia di Salomé e il Battista... . Impossibile non di campagna pura, non ancora deturpata dal minaccioso abusivismo pensare a una scenografia e allo stesso tempo a una partitura edilizio. L’aria è chiara, l’orizzonte pulito. All’ingresso, ad accogliere, musicale: anche se l’artista dichiara d’essersi ispirato all’affresco con maestri storici c’è una catasta di legna ordinata, che Albano ha già tagliato e lo stesso soggetto dipinto da Filippo Lippi nella cattedrale di Prato, preparato per l’inverno. L’introduzione non appaia retorica: il dove nel dove il pittore fiorentino lavora sotto la protezione dei Medici alla suo caso è fondamentale. Lo è ancora di più quando della sua opera metà del Quattrocento. Le sculture del Banchetto di Erode (alcune si prendono in considerazione le sculture e le carte – straordinarie di esse, Pallidi Gigli che in me sono e Jokanan tornano ad essere – che espone allo Spaziotemporaneo di Milano, in quest’occasione esposte qui oggi insieme ad altre più recenti) sono composte da “collaterale” alla più ampia antologica di Brescia. oggetti semplici, che Morandi recupera nelle cantine del castello a Repubblica Ceka, Castello di Klatovy Klenová. Tra l’estate e l’autunno Praga (e per le sculture successive in giro tra robivecchi, mercatini, del 2000 si svolge un simposio internazionale con artisti dagli Stati discariche): lampade, brande, pezzi di mobili con motivi a spirale, che

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gli restituiscono quell’idea di movimento e danza consono al tema sarebbe stato un materiale consono al metallo. Il nastro adesivo del San Giovanni Battista e della Salomé.1 Linee e ritmi verticali e era perfetto. È nata così l’idea del Cammino di Santiago, 10 metri di orizzontali disposti come nel piano delle ascisse e delle ordinate, mensole e scotch colorato”.3 come sulle pagine dei quaderni di scuola elementare – una dolce Tornando alle sculture: “Sono fatte con le cose che trovo e che ossessione per Albano Morandi – o, ancora, come nella serie assemblo” - spiega Albano - “Il mondo ti mette a disposizione delle con la tela dei materassi o con i nastri adesivi di colori e misure cose e tu devi saperle vedere”. Viene in mente il racconto dei carciofi diverse, come la catasta di legno all’ingresso dello studio. L’artista di Cy Twombly, raccontato da Giosetta Fioroni.4 Quando arriva a raccoglie i materiali più disparati – scatole ovali di un noto formaggio Roma Twomby non ha denaro, ma è ricco di immaginazione e sa che saranno poi il ciclo dei “gesti quotidiani” o opere decorate in guardare. Vive vicino al Colosseo in una casa che ha finestre, ma modi diversi, cartoni, stampe, vecchie fotografie incorniciate, telai senza infissi: invece di andare dal falegname, Cy va al mercato e da ricamo comprati a Bangkok e maschere africane – e che prima compra carciofi romani grandi e tondi. Tornato a casa prende un o poi torneranno utili alla sua ispirazione e al suo immaginario. secchio e prepara un composto di gesso e carta. Immerge i carciofi Stipa tutto sotto i tavoli o in cassettiere lasciandoli in attesa anche uno a uno e poi li mette sulle finestre come fossero sculture davanti dieci anni prima che un’intuizione glieli renda indispensabili. Dopo alla quinta scenografica dell’Anfiteatro Flavio. È un colpo di genio. averli manipolati e trasformati li rinomina Gesti quotidiani, portandoli Le sculture bianche di Albano Morandi, solo apparentemente leziose,

all’origine. Essi sono parte di una fenomenologia dell’esistenza e per in realtà lievi e sospese tra ironia e lirismo, cominciano a germinare docenti questo esprimono l’idea di gioco, di ironia e dissacrazione. Sono un negli anni Novanta, quando l’artista le espone da Piero Cavellini. altro modo di guardare la realtà.2 All’inizio sono stucchi e grafite, accenni di “maschere” e forme “Le cose che trovo sono quelle che mi indicano la strada da percorrere geometriche che somigliano a fossili di fragile pietra. Esse segnano – racconta -. Sono un curioso del mondo, quello che vedo lo devo un momento di rottura, delimitano il confine tra una storia già mettere nel lavoro, come emozione e come ricerca di materiali nuovi, conosciuta e il desiderio di sorprendersi di nuovo. Vale la pena fare da sperimentare. Quando ho scoperto il nastro adesivo è stato un cenno alla sua formazione all’Accademia di Belle di Roma – “figlio quasi per caso, ma stavo cercando una nuova soluzione. Avevo unico, volevo andarmene, così scelsi il posto più lontano” – dove c’è trovato delle vecchie mensole di metallo. Mi piaceva la loro forma, ancora Toti Scialoja, che ha saputo parlare a generazioni di giovani intuivo il ritmo che avrebbero avuto una volta messe in sequenza: le artisti. La scenografia è dunque un punto di partenza. A Roma Albano volevo usare a tutti i costi. In quel periodo studiavo le tele astratto frequenta Ceccobelli, Nunzio, Tirelli, che condividono lo studio messo geometriche di Mondrian, ma stavo pensando, in realtà, a quale a disposizione dal gallerista Ugo Ferranti. La vita, però, lo porta da un’altra parte: il terremoto in Irpinia chiama i ragazzi di leva e per un 1 M. Panzera, Albano Morandi: due decenni dopo, in Albano Morandi, Il ban- chetto di Erode, Edizioni Nuovi Strumenti, Brescia, 2002 (catalogo a cura di anno lui gira l’Italia prestando servizio nell’esercito. Quando riceve il P. Cavellini), p. 16; F. Lorenzi, Eternamente precario, dall’embrione al gesto congedo si ferma vicino a Salò. È il 1983. La musica, la scenografia, quotidiano, in Albano Morandi, Manifesto per un dadaismo lirico, quaderni il teatro, sono funzionali al suo pensare e al suo agire come artista: dell’accademia numero “0”, La compagnia della Stampa, Massetti Rodella per un periodo organizza concerti di Misha Mengelberg, compositore Editore, 2006, pp. 97-108; 2 Sui Gesti quotidiani cfr. A. Madesani, Écouter le monde. Note sur le travail 3 Testimonianza rilasciata all’autore, 3 ottobre 2011. d’Albano Morandi, in Albano Morandi, Le 19, Centre Règional d’Art Contem- 4 G. Fioroni, I nostri giorni felici tra Roma e Sperlonga, in “Alias”, inserto de “Il porain, Montebéliard, 2006, p. 7 Manifesto”, 16 luglio 2004, A. 14, n. 28.

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e pianista jazz vicino a Fluxus e alla performance “improvvisativa”, immagini e ricollocarle nella realtà. É la corsa dell’occhio che porta al teatro e con studi di architettura. Ancora oggi Albano è vicino alla Albano Morandi a concepire le sculture-reliquie e i calchi di gesso musica, tanto che alcuni titoli di sue opere come La passione delicata come luoghi, come isole nel tempo (ecco perché è importante il dove, è ispirata a un brano di Monteverdi, e Ossessiva, si rifà al Jesus il silenzio e l’isolamento dello studio, il gesto di spaccare la legna e blood never failed me yet di Gavin Bryars, il compositore che aveva collocarla con precisione). Si tratta in fondo di un pellegrinaggio della registrato la voce di un barbone per 73 minuti, mentre ripeteva per mente e dello spirito.5 Tappe di un cammino intellettuale e pratico centocinquanta volte la stessa strofa di un canto religioso. Negli allo stesso tempo, queste opere sono un’ora et labora laico che stessi anni Morandi fonda Il teatro dell’evidenza, che è arte totale, Albano Morandi compie come esperienza di meraviglia in una sorta contaminazione tra linguaggi diversi, teatro, musica, danza, arti di autoritratto si se stesso. Perché si fa un pellegrinaggio se non per visive. salvarsi e ritrovare un punto da cui ripartire? Vent’anni dopo le prime forme “fossili” in stucco e grafite e dieci C’è un’eleganza e un’intelligenza dello spirito nel suo continuo andare dopo Il Banchetto di Erode, le nuove sculture - Servo di scena, Rosa e tornare, nell’uso semplice del gesso, nell’approccio antitecnologico canina a cavallo, Porta di Brandeburgo e Sacra famiglia – evocano e distaccato degli ultimi lavori, che segnano la maturità e la una coralità, ma suonano come note sparse di consapevolezza. consapevolezza e un senso di libertà. Per questo Albano non teme le Esse sono l’altra faccia delle Forme del vuoto, calchi in gesso di commistioni – “se vedo una mostra di un altro che mi piace, poi metto oggetti d’uso comune, ma anti pop, che ci raccontano il mondo delle ciò che ho visto nel mio lavoro” – con altri, Lucio Pozzi o Vincenzo cose come fossero i protagonisti di un bozzetto scenografico. Essi Cecchini, o con compositori come Antonio Giacometti, cui affida il rimandano, però, a ciò che normalmente non si vedrebbe, allo spazio suono, tenendo per sé le “forme”. Il cerchio si chiude, ma la storia che occupano: ne raffigurano l’anima. Bottiglie dell’acqua Panna, potrebbe ripartire dall’inizio, svolgendosi sempre con una trama tagliate, rovesciate, modificate e poi sparse sapientemente su una diversa. Un ultimo dettaglio: “le forme del vuoto” sono nate dalla superficie diventano parti di un paesaggio architettonico inventato. sperimentazione dei materiali, in un’aula dell’accademia di belle arti, Ricordano da una parte la ricerca di Rachel Whiteread – ma con spiegando agli alunni l’importanza del volume e del suo contrario. I toni meno monumentali -, dall’altra la frammentazione dei “reperti” e nostri corpi, le case, le macchine, i cellulari e i nostri I-pad occupano

docenti delle sagome di Tony Cragg. Ma cosa sono queste creature in gesso uno spazio. Il vuoto, come il suono, ha una forma. compatto, liscio come la plastica che ha dato loro forma? Minareti, ciminiere, grattacieli, paesaggi urbani bloccati nel tempo (e nei nostri rifiuti)? Sono le nostre fantasie, le nostre paure o i nostri tabù? Con

maestri storici un po’ di distaccata ironia e senso del gioco Le forme del vuoto si possono mischiare o si possono fare interagire con altri dettagli; possono diventare reliquiari se Morandi sopra ci mette una cupola di plastica simile a quelle con le Madonne e i Santi nelle cappelle con gli ex voto o sulle credenze delle case in campagna e in città. Come le mensole di metallo con i nastri adesivi queste opere nascono dalla curiosità per materiali nuovi, dalla visione e dalla modifica dello sguardo dell’artista, dalla sua necessità assoluta di giocare con le 5 La suggestione del pellegrinaggio è di Patrizia Serra.

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La mostra antologica di Rosario meglio dire, che non si può definire quotidiana, ma ai margini dello spettro visivo abituale: talvolta, un effetto da ‘quadro nel quadro’ o Genovese (Palazzo della Cultura di fuori del quadro, per le crepe che affioravano percorrendo di sottili Catania), abbraccia un arco di tempo che incisioni la superficie come si trattasse delle tele e sacchi di Burri e Fontana – però, allo stato ‘naturale’. Palinsesti con la calligrafia del va dagli anni settanta ad oggi. L’artista tempo, unico messaggio di esso e insieme, un ritratto dal vivo della presenta un corpus variegato di opere città, vista specularmente nel negativo di una fotografia, attraverso due tele accostate: una, col muro e la via prescelti; la seconda, una esprimendosi attraverso la fotografia, tela emulsionata in cui era presentato il negativo dell’immagine. In il disegno, la pittura, l’installazione, la effetti, un realismo così perspicuo trovava un riscontro anche nell’uso dell’immagine fotografica come punto di partenza per il disegno: in scrittura poetica. maniera tale che il ricorso alla fotografia segnava per Genovese il punto di distacco, non di semplice calco della immagine reale, perché, emulsionando la tela come una pellicola da impressionare, Di Rocco Giudice Genovese ritornava sulla stessa immagine replicandola in bianco e nero con i mezzi del disegno e della pittura. La fotografia come L’opera di Rosario Genovese si è sviluppata lungo un itinerario pittura; la pittura come negativo fotografico. Pertanto, la riproduzione coerente, pur nel mutare di soggetti, referenti, tecniche utilizzate, della realtà data nell’immagine fotografica costituiva l’oggetto della allargando il proprio campo di osservazione e applicazione a sua esplorazione del visibile, non la realtà letterale di un muro come discipline diverse, dalla pittura alla fotografia alla poesia, infine. Come modello e punto di partenza: benché quella realtà, in definitiva, fosse un viaggio nello spazio dell’espressione, spazio analogo e parallelo evocata come risultato di una duplice appropriazione: attraverso il a quello fisico, entrambi esplorati da Genovese con gli strumenti, disegno e la pittura, prima; tramite la foto, poi. rispettivamente, della sperimentazione di materiali e tecniche Al di là delle intenzioni che ne guidavano la ricerca, dunque, Genovese

docenti differenti e dall’altro lato (e in funzione di ciò), con le risorse della non si limitava a tracciare o a ‘riprendere’ l’immagine tale e quale di conoscenza scientifica: così da integrare, come avveniva in altre un frammento della città e delle sue trasformazioni; non ne offriva di epoche, i diversi aspetti del sapere e del fare in un’unica immagine, scorcio lo ‘stato di salute’ attraverso la radiografia dei muri di essa: in cui i vari ambiti di esperienza confluissero e si intrecciassero. l’interesse per i segni che si intrecciavano, che vi apparivano come maestri storici Genovese era partito da opere inscrivibili nell’alveo del realismo, su una pagina cancellata o sovrascritta, era prevalente e alla fine, seppure originale quanto alla individuazione del referente: certi l’impegno dell’artista ne era assorbito totalmente. Quella attenzione angoli e scorci delle vie del centro storico della sua città, Catania, su un particolare che acquisiva connotazioni e direi, proporzioni i muri delle case visti a altezza di semaforo o di un lampione, autonome e fisionomia propria, finiva per assumere un valore scrostati dell’intonaco e ricoperti di scorie e muffe depositate nel svincolato da ogni istanza realistica in senso stretto. Erano come tempo. A popolarli, oltre a macchie, sedimentazioni e crepe, erano ricognizioni a distanza ravvicinata per evidenziare una sorta di mappa contatori, cavi e fili elettrici, piastrelle con l’indicazione delle strade astrale di un processo naturale di degrado di cui non si potevano o di numeri civici. Una sorta di poesia urbana, anzi, di poeticità, per diagnosticare le conseguenze leggendovi la ‘pagina’ di una biografia

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anonima della città, il ‘romanzo di formazione’ di una visione della fine dei Settanta e gli Ottanta del secolo scorso, Genovese scontava città o di uno dei suoi angoli. Piuttosto, vi si ravvisa la trascrizione di semplicemente trovandosi a vivere in un periodo di sperimentazioni e un orizzonte in un altro, senza che ne sia decifrata l’ampiezza: come contaminazioni di ogni genere; fosse pure allo scopo di non sottostare se ogni ‘lastra’ di una geologia di sole superfici fosse il panorama a quegli indici, per prescinderne, non già per consentirvi. di un mondo a sé. In questa topografia elementare, il processo di Ma anche questo, in definitiva, può essere solo un modo per trovare astrazione dell’immagine isolata dal contesto urbano spostava il una spiegazione che vale per tutti e per tutto. Diremo, allora, che limite del campo d’osservazione, l’orbita e il ‘centro di gravità’ dello il lavoro successivo di Rosario Genovese ci sembra già delineato sguardo: i muri, come sostrato dell’immagine di un mondo cui nessun con chiarezza nei dipinti che prendevano spunto dai muri delle case, mito sarà richiesto, alludevano o rinviavano alla città come luogo dagli angoli delle vie con l’intestazione e le macchie, le incrostazioni, nascosto o perduto. Questo vuoto indicava una strada verso l’altrove le abrasioni e escoriazioni sulle facciate/facce delle case, sulla pelle – luoghi e paradigmi di luoghi meno circoscrivibili, perché trasfigurati della città – butterata come la superficie della luna o di un pianeta miticamente. sconosciuto. Anche il presupposto tecnico, la fotografia, ha perduto, Per Genovese, dunque, andare oltre le misure consuete significava se mai lo ebbe, il senso di paradigma da cui distanziarsi o da evocare ritrovare i suoi vulcani e le sue isole: ma, appunto, come luoghi per sottrazione o assimilazione di questo o quel particolare, dell’uno simbolici, come spazi mitici – fuori del mondo. Infatti, in questa o dell’altro effetto – di distorsione e contrasto, più spesso, che non di

fase, successiva a quella dei muri della città, Genovese si dedica a adesione a un dato certificato dai sensi. docenti opere che mettono a tema vulcani e isole, in cui la ‘cosa così com’è’ Rosario Genovese ha, insomma, sempre visto il mondo da una viene posta in interazione col simbolo; anzi, non è distinta dalla certa angolazione e distanza, cercando numero e misura delle metamorfosi archetipica o mitologica, come risulta evidente dalla cose, fondamento di queste e del rapporto fra di esse nell’ambito stilizzazione o allusività totemica di carattere fallico o nella metafora della nostra esperienza come negli spazi cosmici. A questo occorre di una femminilità sublimata e insieme, tanto più tellurica. Qualunque aggiungere un aspetto ulteriore e d’altra parte, intrinseco al suo riferimento a luoghi e terre conosciute, insomma, diveniva, per lavoro di mobilitazione delle diverse strategie e strumenti di indagine Genovese, un’occasione per interagire con gli spazi del profondo: e prima ancora, della attitudine conoscitiva e contemplativa che onirici, psichici, mitici, innanzi tutto; e quindi, senza tralasciare questi hanno finito per caratterizzare l’opera di Genovese: vale a dire, le orizzonti, la stessa forza di suggestione simbolica proiettava verso relazioni che scaturiscono dall’incontro fra immagine e parola, intesa gli spazi siderali, a luoghi ignoti e irraggiungibili, quella pulsione come mito e come poesia. La sua visione, aperta in direzione dei fantastica. diversi e concorrenti mezzi in cui esprimersi, dalla foto, al disegno, Pertanto, se, agli inizi, si poteva intravvedere, nella visione e nei alla pittura, alla serie numerica di Fibonacci, include, infine, la parola principi operativi come nelle modalità di lavoro di Genovese, un poetica nel passaggio o meglio, nel mutuo implicarsi della cosmologia qualche influsso derivante dall’Iperrealismo, con il ricorso all’immagine e della mitologia, impressa nei nomi che designano i principali astri fotografica come input o magari, riflesso di una visione chenon del nostro sistema solare e galattico. Le poesie che accompagnano si lasciava esaurire nella rappresentazione o nella riproduzione la mostra antologica di Genovese a Palazzo Platamone, a Catania, fotografica; col tempo, è venuto chiarendosi e definendosi il rapporto sembrano obbedire a questa logica di accumulo quanto più la sua con le esperienze artistiche che Genovese aveva privilegiato o nel cui pitto-scultura sembra distanziarsi dalla realtà a portata di mano. clima si era formato e con le tendenze artistiche contestuali che, fra la Nuovi cieli e nuove terre per le immagini con cui il passato rivestì

impaginato Academy n.11.indd 33 08/01/12 22:29 Giove e i satelliti Galileiani , 2010, Installazione 34 di nomi e di parole il firmamento, per lo stupore e lo sgomento di sé di antico artigiano non devono ingannare: nessuna (stucchevole proiettati nell’enigma del cielo stellato. e risaputa) apologia del passato, richiamato in servizio dalle fibre Questo ampliarsi della visione comporta che l’opera, adesso, debordi vegetali; e viceversa, nessuna apoteosi della modernità, attraverso dai limiti del quadro, dalla bidimensionalità propria della pittura, per il ricorso al fiberglass come all’alluminio anodizzato sono implicate espandersi in una pitto-scultura che, quanto più sofisticate si fanno le nel lavoro di Genovese. Che, piuttosto, sembra invitare a un viaggio ricognizioni e riproduzioni in scala della volta celeste, tanto più vedono nelle possibilità del presente, di cose da sognare o da realizzare qui, l’artista puntare sul ricorso a materiali ‘poveri’. La tela emulsionata, secondo le necessità prescritte dall’articolazione stessa dell’opera. in una prima fase, era una sorta di passaggio da cui scivolare fuori Nei lavori recentemente realizzati, molti dei quali esposti nella mostra del quadro e della stessa pittura: verso le strutture lignee a calotta, catanese a Palazzo della Cultura, Rosario Genovese chiama a le ellissoidi e i tondi, ricoperti o meno da carta vetrata catramata interagire, si diceva, tutte le possibilità offerte dai riferimenti moderni come da liste di alluminio anodizzato, che, ritagliato e applicato sul e passati, mitici e scientifici, materiali e intellettuali che vi concorrono. supporto, ricalca la forma dei corpi celesti. La struttura così ottenuta Le mie stelle parlanti, come Genovese ha intitolato la silloge poetica viene dipinta con pigmenti sparsi con una pennellata che screzia la pubblicata contestualmente alla mostra Antologica, una specie di superficie analogamente a quanto le immagini dei satelliti o dei radio- libretto d’opera o diario di bordo dell’esplorazione di questo spazio telescopi consentono di rilevare. Altri lavori, dalla struttura a gabbia, dell’immaginazione, intrecciano un dialogo con l’anima mundi di vengono fasciati con corde di fibre vegetali o ricoperti di strofinacci ogni corpo celeste che si proietta in un teatro della memoria i cui sovrapposti alla superficie. Alcune di queste opere sono disposte a personaggi rinviano a reminiscenze che vanno dai bestiari a Bosch, terra; altre, a parete o in sospensione: in questi casi, le opere sono dalle mappe figurate alle allegorie di continenti e Paesi – che, qui, modulari, talvolta, in modo che, nel corso di esposizioni diverse, sono aree dell’immaginario, plaghe oniriche le quali si ergono come possano riconfigurarsi secondo l’ordine corrispondente in cui, al paesaggi delineati dalle fattezze di un inafferrabile profilo, da una momento dell’inaugurazione, sono disposte nel firmamento. morfologia in cui è trascritto un processo termodinamico o somatizzata Genovese recupera, con il volume dello spazio reale, anche la fatalità che la determina, da metamorfosi dettate dal caso, in cui oggetti del passato, come le nasse che si ponevano sui bracieri per un volto non è differente da una configurazione astrale o da una asciugarvi i panni; o perlomeno, trae spunto da essi, oltre che per caleidoscopica fusione di sfaccettature telluriche impercorribili. Ogni costruire, per dare consistenza e familiarità di oggetti d’uso a pianeti mondo si anima, pertanto, di presenze intersecate alle suggestioni e costellazioni: memoria di un vissuto come mondo scomparso più diverse che ne sono evocate, richiamate in una sorta di eco che

docenti e visione di nuovi mondi sono connessi in una continuità che trascorre da figuratività a astrazione, l’una sconfinando nell’altra, fra poeticamente promette di non tralasciare o rinnegare il senso, ma simboli zoomorfi, calcaree effigi satiresche, sfioriti emblemi floreali, solo di accrescere la consapevolezza di appartenenza a una realtà arcimboldiane o ariostesche creature beffardamente assemblate da dove la molecola e la supernova, le simbologie mitiche e zodiacali un inganno ottico o da un gioco dell’immaginazione in cui convergono

maestri storici come le nebulose sono inscindibili e perciò, possono suscitare le monti e distese di putredine, polvere e vapori, coaguli ondosi con stesse emozioni, sollecitare l’immaginazione, suggerire accostamenti incastonate chimere, l’impronta assiderata di una folgore secolare che Genovese trae dalla pennellata, dal suo incresparsi, addensarsi e fossili tenuti in incubazione fra la palpebra e l’occhio come una e balenare in una stesura copiosa o fluida nella levità quasi lacrima. ‘stenografica’, evanescente dei cromatismi o in un pointillisme che, Genovese fa di ogni suo astro e pianeta una sorta di borgesiano a volte, nello stesso dipinto, richiamano le onde e la pioggia. Ma aleph, non dei ricordi che vivono nella luce che emanano nella la riscoperta di oggetti e consuetudini dimenticate così come del memoria del mondo, ma del mito come ‘orizzonte degli eventi’ che è rapporto fra conoscenza scientifica, visione artistica e manualità luce a sé, del nome come pianeta abitato dai ricordi che evoca.

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Era così per i nomi delle vie fotografate da Genovese in una personale riconosciamo la coerenza, la serietà e qualità. Esse sono attestate versione della ripetizione differente della fine anni Settanta, dove il dalla critica che si è occupata di Rosario Genovese, che ne ha pulsare di energie latenti segnava la fuga dalla superficie della parete seguito lo svolgersi lungo un arco di tempo significativo rispetto e del quadro verso la tridimensionalità delle pitto-sculture. Ora, i segni agli sviluppi dell’arte contemporanea: basterà fare i nomi di Enrico docenti sulla superficie di un astro irradiano un potenziale immaginativo che Crispolti, Marisa Vescovo, Giorgio Di Genova, Demetrio Paparoni, percorre le vie celesti lungo cui splendono queste ‘città invisibili’: Marco Meneguzzo, Carmelo Strano, Piero Montana, Francesco Alnitak, in cui fluttuano selenitiche sirene idrosolubili e incombono Gallo, Giuseppe Frazzetto fra gli altri. arci-nuvolose posidonie; Mintaka, come una colonia penale in cui Ma basta, a convincerci della validità di questo lavoro, la capacità, sono ammassati incubi che scontano le stesse ansie di cui sono i che Rosario Genovese dimostra come dato della sua sensibilità messi, un incastro in cui si dibattono strenui basilischi e ignei tritoni personale e della sua identità di artista, di ‘puntare verso una stella’, rassegnati alla fase di raffreddamento cui è avviata la stella giunta di cercare una strada verso l’altrove senza, perciò, rinnegare o allo stadio di gigante blu; Callisto, ribollente fondale o labirinto di dimenticare l’origine terrestre, cioè, la dimensione umana dello spazio lame e gorgo di fauci e rostri acerrimi, incessantemente rigurgitati e di visione e di emozione che spinge lo sguardo allo stesso senso di risucchiati; il paesaggio desolato e glorioso come contrade andaluse avventura in cui si ritrovano le figure insuperabili della mitologia e le che si affastellano in una cartografia fantastica suIo , che, non a caso, inesauste ricognizioni della scienza. sembra il pianeta più donchisciottesco di tutti. Genovese evoca l’astrofisica per farne epopea, le dimensioni su scala cosmica sono una sfida all’immaginazione di cui anche il mondo che conosciamo ha bisogno per essere tollerato, per sentircene parte. Per l’artista, questa sfida dell’immaginazione si presenta come viaggio. Dove contano i punti fermi: che non sono solo quelli di partenza e di arrivo, anche perché il paesaggio che delimitavano ne ha alterato i contorni, pur senza mutare i connotati di fondo di un’opera di cui

impaginato Academy n.11.indd 35 08/01/12 22:29 Diagonale rossa, 1978, olio su tela, 200x360 cm VALENTINO VAGO 36 Sono nato il 16 dicembre 1931 a Barlassina, in Brianza, da una famiglia di artigiani del legno; ho studiato al Liceo artistico e fatto pittura all’Accademia di Brera, diplomandomi nel 1955; vivo a Milano dal 1958; non sono mai stato a New York. Di Ornella Mignone

Valentino Vago stesso suggerisce questo breve cenno biografico allo immagini. Dove lo spazio è un archetipo e la luce è un grado di colore storico Marco Valsecchi nel 1969 per una monografia edita da Vanni che lo percorre come un suono che si espande lentamente. Scheiwiller. Visitando l’antologica di Valentino Vago, curata da Paolo Biscottini, Un motivo ben chiaro spinge Vago a rilasciare questa dichiarazione, in corso fino al 12 febbraio al Museo Diocesano di Milano, è però poiché agli albori la sua pittura è spesso accostata per similitudini a inevitabile pensare all’arte americana, a Rotko e Newman. Nel quella di Mark Rothko. percorso allestito nei magnifici spazi del museo, il colore ele Il mondo pittorico fatto di silenzi e calme sensazioni, che si cadenzano dimensioni delle opere di Vago sembrano appartenere al più a Color con una pittura tutta intessuta di luce sommessa che invade le forme Field che alla pittura italiana del dopoguerra. geometriche, ha suggerito alla critica il nome di Mark Rothko. Nel 1960 La mostra è divisa in due sezioni. La prima sezione parte dalle all’interno del testo di presentazione alla personale all’Annunciata, coloratissime opere datate 1960 e si chiude con il grande polittico Guido Ballo, ipotizza già il paragone fra Vago e Rothko, cogliendo intitolato La bellezza dell’invisibile, composto di dodici impalpabili di Vago di sorpresa, poiché all’epoca ancora non conosce l’opera tele datate 2009-2010. Questa sezione secondo il curatore muove dell’artista americano. “dalla consistenza delle cose al loro smaterializzarsi, fino a divenire Anche se molti critici hanno scritto nel tempo che questo paragone lo spazio e luce, allegoria di una dimensione nuova e altra dell’esistere, fortificò, in realtà Vago vive subito una profonda crisi e, per un certo capace di attribuire alla bellezza senso relativo, sviluppando una periodo, si astiene persino dal proseguire la sua riflessione astratta, sorta di forma intuitiva della conoscenza capace allo smaterializzarsi

una spaventato dall’idea che il suo lavoro sia ricondotto a quello di altri, degli elementi”. e preferendo tornare alla natura e al paesaggio in piccole guache su Nella seconda parte la mostra diventa antologica, e si riscopre Vago carta che tradiscono di fatto suoi dubbi sull’autenticità della propria figurativo. Molte delle opere esposte sono state dipinte a Brera, riflessione. dove Vago frequenta prima il liceo e poi prosegue iscrivendosi

una mostra La realtà è che Vago ha imboccato da solo quella strada, perché le all’accademia in un periodo veramente fortunato. Sono, infatti suoi premesse di una pittura di luce-colore, sono quelle naturali dell’arte compagni di corso Aricò, Della Torre, Banchieri, Romagnoni, Azuma, lombarda, o ancora meglio nel caso di Vago, barlassinese. In Adami solo per citarne qualcuno. Per Vago l’accademia diventa un qualche modo, anche se lontano per stile e concezione Vago sembra luogo speciale, dove confrontarsi e soprattutto sfogare la sua frenesia raccogliere l’eredità del “compaesano” Emilio Longoni. Facendo creativa. Nei primi anni di Brera, la docente di storia dell’arte è Eva riferimento a quei paesaggi ariosi, spesso malinconici della maturità Thea, poi sostituita da Guido Ballo, già insegnante di Vago al Liceo di Longoni per il giovane barlassinese possono essere definiti il che, conoscendone le origini provinciali, sembra nutrire pregiudizi naturale approdo da cui partire. Sviluppando poi la sua espressione sulle sue capacità. Vago non si lascia intimorire e dimostra il suo pittorica verso la profonda sostanza luminosa che dà corpo al colore amore per la pittura ricorrendo a ogni astuzia pur di dipingere. Con che si fonde con la spazialità per creare la concretezza delle sue la complicità dei bidelli riesce persino a trascorrere l’ora del pranzo

impaginato Academy n.11.indd 36 08/01/12 22:29 di trovare spazi sempre più ampi da dipingere. Se negli anni settanta sono tele monumentali di oltre quattro metri, negli anni ottanta diventano vere e proprie opere abitabili come Le stanze in scala tonale di Palazzo Reale a Milano (1980) o la Camera Picta (1987) all’Annunciata. Barilli che cura l’istallazione a Palazzo Reale descrive così questo intervento «Quelle stanze furono per Vago il miglior stimolo per occupare lo spazio, ma pur sempre nel suo modo leggero e aereo. Le pareti di ciascuna di esse si tinsero di uno dei tre colori-base in cui si esprime da sempre la sua sensibilità, l’azzurro, il giallo e il rosa, e fu come riempirla, ciascuna di un etere sottile e penetrante, attuando un “massaggio psichico” quasi alla Yves Klein, ma più umano-terreno, mentre i soliti elementi grafici sferzano lo spazio animandolo». Guido Ballo con lungimiranza nel 1960 anticipa quello che Vago farà con gli anni; definendo la sua arte “da grande pittura murale” dove “la luce ha risonanze e inquietudini di sensibilità emotiva, in vaste superfici che si richiamano e si muovono nella dinamica degli spazi”. A partire dal 1979, infatti, Vago si è dedicato con continuità alla pittura murale, dipingendo ambienti pubblici e privati in Italia e all’estero. Molti di questi interventi sono all’interno di chiese, a partire dalla prima, quella si San Giulio a Barlassina del 1982, a quella di Nostra Signora del Rosario, consacrata nel 2008 a Doha, Qatar. Chiude il percorso espositivo una proiezione video relativa agli Nei cortili di Brera, 1951 interventi murari all’interno di chiese. Le opere abitabili rappresentano chiuso in aula, benché l’Accademia chiuda regolarmente i battenti. per Vago un lavoro pulito, infatti afferma che un muro non si può Punto nodale della sezione storica il piccolo quadro Orizzonte Nero spostare, vendere e rivendere. All’interno delle opere abitabili da lui del 1965, una vera e propria Icona che apre verso altri, profondi ideate il colore genera il creato, affermando – come conferma Caramel territori dell’anima. La prima tappa del suo lungo viaggio di verso nell’intervista all’interno di uno dei video – la contemporaneità in l’infinito. Per Valentino Vago, la sfida alla bellezza sembra essersi termini desueti, incarnando aspetti dell’arte medioevale. compiuta nel segno della riduzione, nell’eliminazione delle linee a favore di zone ampie di colore e nella scelta, a questo punto, di un La mostra, intitolata Valentino Vago. Dal Visibile all’Invisibile: colore che appartenesse a una dimensione tutt’altro che terrena. A un un viaggio verso l’infinito si tiene in occasione dell’ottantesimo riferimento più lontano, piuttosto che a Rothko, va allora ricondotta la compleanno dell’artista milanese, copre un arco cronologico di sua pittura all’opera del suo maestro ideale, il Beato Angelico, padre sessant’anni e anticipa la pubblicazione del Catalogo Generale delle putativo dei suoi studi profondi, nelle sue austerità spirituali, nella opere prevista agli inizi di marzo. Il catalogo, in tre volumi, è edito da 37 perenne elevazione dell’anima a Dio, così manifesta negli orizzonti Skira. I testi sono a cura del comitato scientifico presieduto da Flavio ampi e sconfinati delle sue immagini sacre.. Caroli e costituito da Flavio Arensi, Claudio Cerritelli, Chiara Gatti, La mostra prende inoltre in esame la necessità di Valentino Vago Ornella Mignone e Giancarlo Santi. E.1, 1973, olio su tela, 260x400 cm una mostra

impaginato Academy n.11.indd 37 08/01/12 22:29 nelle opere e soprattutto nella visione del mondo che mette in scena. Un enorme contributo è dovuto al raffinato allestimento di Carlo Di 54th BIENNALE Raco e dell’Accademia di Venezia. Un allestimento che esprime intelligenza e sensibilità nel mettere ogni opera in condizione di parlare in una polifonia di voci che avrebbe potuto essere frastornante nella DI VENEZIA Babele dei linguaggi ed è invece armonica, mettendo in relazione 152 anime e visioni. Il suggestivo spazio industriale delle Tese si articola in sezioni entro cui i lavori sono raccolti secondo assonanze linguistiche o affinità di narrativa, accostando modalità espressive e Padiglione Accademie tecniche differenti. Dalla pittura e dalla fotografia, passando per la scultura e l’istallazione, fino al video e alle nuove tecnologie digitali, Tese di San Cristoforo, Venezia le opere in mostra declinano tutti i codici del contemporaneo. Pur senza proporre momenti di frattura o di novità eclatanti, le opere di Raffaella Pulejo selezionate rivelano la genealogia con i protagonisti dello sceanario artistico, senza aspetti di devozione e con l’attitudine di chi “verifica” Negli edifici delle Tese di San Cristoforo di fronte all’Arsenale, sono la tenuta di un metodo sulle proprie personali poetiche. Così il bel presentati 152 artisti diplomati nelle Accademie di Belle Arti negli video di Luana Perilli (ABA Roma) ricorda Nathalie Djurberg; le ultimi dieci anni, segnalati dai direttori e dai docenti delle istituzioni e proieioni di interni familiari su facciate di palazzi di Elisa La Raia (ABA selezionati da un comitato presieduto da Vittorio Sgarbi, a cui si deve Bologna) rimandano alle proiezioni su palazzi pubblici di Krzysztof l’iniziativa di presentare a Venezia le istituzioni AFAM nell’ambito del Wodiczko; i cantieri deserti nelle foto di Primoz Bizjak fanno eco agli suo progetto di ricognizione nazionale dell’arte contemporanea. scenari della Bagdad bombardata di Gabriele Basilico; il collettivo Per quel che concerne le Accademie, è un’impresa scoraggiante S.O.S. WORKSHOP ( ABA Brera ), formato da artisti di diverse curare una esposizione con un così alto numero di artisti, senza nazionalità, in questo caso Laura Cazzaniga e Elisa Franzoi, rimanda un tema che faccia da filo conduttore e i cui partecipanti “alla fonte” una ad interventi artistici militanti sul sociale, richiamandosi alla scultura siano stati indicati dai docenti di 25 diverse istituzioni facenti capo ad sociale di Beyus e all’arte relazionale di Nicolas Bourriaud… altrettanti direttori di gusti e indirizzi artistici disparati! A questo criterio Si potrebbe continuare a lungo, in una analisi che intreccia i discorsi di “dissennata democrazia” ( è d’altra parte la cifra provocatoria e i temi degli artisti proposti con la trama di possibili rimandi ad impressa da Sgarbi a tutte le sezioni da lui curate) vanno forse imputate altri protagonisti dell’arte contemporanea. Nella tensione tra molte assenze tra gli artisti usciti dalle Accademie negli ultimi 10 anni, tradizione e sensibilità contemporanea, tra novità ed epigonismo, tra anche già affermati nel sistema dell’arte internazionale, cosicchè la accademismo e rottura dei codici si collocano, infatti, gran parte mappa non è certo da considerarsi esaustiva. Per altro verso, a parte delle opere. Ritengo essere questo un merito della “formazione le accademie statali, delle 24 accademie legalmente riconosciute, accademica” poiché mette in rapporto la “volontà individuale” di risultano presenti solo artisti provenienti dalle 5 accademie civiche, fare arte con la persistenza, e talvolta con la tirannia, del codice

accademie in biennale cosiddette “storiche”, di Bergamo, Genova, Perugia, Ravenna e trasformadola nei migliori dei casi in “capacità di relazione” con la Verona ( sono escluse quindi le istituzioni private più recenti facenti storia e con il mondo. parte del sistema AFAM). Lo slogan che frequentemente definisce le Accademie come il luogo Il panorama che l’esposizione delinea, quindi, nasce da una selezione dove il “fare” si unisce al “pensare”, risulta per chi scrive fuorviante, “istituzionale” ma, a dispetto della premessa, rivela grande qualità come d’altra parte dimostra questa esposizione, in cui la qualità non

impaginato Academy n.11.indd 38 08/01/12 22:29 è sicuramente data dal talento tecnico (che diamo per scontato), ma accompagnati da giochi di parole di Dario Agrimi (ABA Bari) stanno dal concetto e dall’idea che l’opera porta alla luce. Che in Accademia stretti nella categoria della scultura. si apprendano le tecniche artistiche, non costituisce ragione Un tema declinato secondo varie sensibilità è quello che “ mette in sufficiente a creare né l’artista, né l’opera. Le accademie nascono scena” il corpo dell’artista/autore/soggetto, secondo una prospettiva con una vocazione teorica e solo molto più tardi, nel diciannovesimo ampissima che va dal video ossessivo di Marco Antonecchia (ABA secolo inoltrato, la pratiche di bottega entrano a far parte e a prendere Urbino) , sino al bondage che sadicamente tende le linee della figura sempre più spazio nel curriculum formativo. femminile sulla grande tela di Melissa Provezza (ABA Brera), o alla Il rapporto con la storia dell’arte e le sue icone è un filo rosso che autobiografia grottesca delle esilaranti foto di attraversa, secondo modalità diversissime e interessanti la riflessione Se si trattava di verificare se l’Alta formazione artistica regge il di molti artisti. Dalla copia virtuosistica della Bete, di Alessio Bogani confronto con il sistema dell’arte la risposta è duplice. Le accademie (ABA Venezia), all’ironia di Laurina Paperina ( ABA “Cignaroli”, formano artisti a dispetto dell’indifferenza che, con poche eccezioni, Verona) contro il diffuso concettualismo, e che nei suoi fumetti dal hanno mostrato i governi di tutte le stagioni. segno minimo mostra gli artisti contemporanei uccisi dalle loro La seconda questione riguarda la capacità degli artisti formatisi stesse opere, a partire da Duchamp che finisce scagliato contro il nelle accademie di confrontarsi nel “sistema dell’arte”. Qui i termini Grande Vetro da un custode di museo che lo malmena per averlo andrebbero capovolti rispetto al tormentone corrente, in particolare scoperto a fare i baffi alla Gioconda. sulla stampa di settore, che insiste sull’idea della coincidenza di arte Fortunatamente la pratica delle arti se ne infischia delle etichette e e mercato come se si trattasse di una scoperta rivoluzionaria! Caso non costituisce motivo di stupore che Pittura, Scultura, Decorazione, mai è vero il contrario: il sistema dell’arte è una delle funzioni (o Grafica, Nuove Tecnologie da più di un secolo non siano ambiti variabili) dell’arte. Le accademie ne fanno parte, a dispetto di tutto. separati dell’arte, mentre tali vincoli ottocenteschi sussistano nella denominazione delle Scuole dell’Accademia, confondendo le tecniche con le poetiche in un ambito del sapere, quello artistico, che (pagina precedente) Marco Maria Giuseppe Scifo, Scala in alluminio, legno, oggi assimila qualunque materiale e qualunque tecnica alla legge plastica, iceberg in ghiaccio, congelatore a pozzetto, proiettore luce, 84,79 che di volta in volta l’opera impone. m3

Così il quadro formato francobollo di Flavio De Marco (ABA Courtesy Z2O - Galleria di Sara Zanin, Coproduzione - NEONLAURO Bologna) deve alle sue minuscole dimensioni lo scantonamento (sotto) Melissa Provezza, BDSP-Bondage Señorita Pintura, olio, alluminio, da ogni definizione, mentre i topi “in love” nella teca su piedistallo cuoio suTela, dimensioni della tela: 242,5 x 167 cm

39 accademie in biennale

impaginato Academy n.11.indd 39 08/01/12 22:29 ELENCO DEI PARTECIPANTI AL PRIMO PREMIO MAIMERI (studenti di varie Accademie d’Italia):

Silvia Benincasa – Loredana Bertelli - Bordin Davide - Paola Stella Bongar- zoni - Anna Catizone - Cinzia Busto - Fabio Castellano - Silvia Catino - Rob- erto Ciardo - Maria Rosaria Cozza - Angelo Crazyone - Elisabetta Cuccaro - Claudio D’angelo - Francesco Di Traglia - Debora Fella - Alessandro Fenu - Fabio Fidanza - Giulia Forza - Stela Korreshi - Liana Ghukasyan - Annita Nisida Giannieri - Sara Siami Gorji - Cristina Grazioli - Lucia Guadalupe – Francesca Guerini - Noemi Guidi - Guillen - Adi Haxhiaj - Letizia Lanzarotti

40 - Ester Latorre Izquierdo - Anna Lorenzini - Benedetta Macrì - Elvira Maly- sheva - Claudia Mazzola - Silvia Mei - Sara Mofateh - Marta Montin - Serena Morina - Francesca Mussi - Isabella Nazzarri - Juan Eugenio Ochoa Múnera - Gabriella Paloschi - Lorenzo Perin - Sonia Petruccelli - Claudia Piatti - Vin- cenzo Luca Picone - Giorgia Pilozzi - Melissa Pirolo - Mimì Ranalletta - An- tonella Rocca - Marco Romano - Isabella Annamaria Scaringi - Kayo Shi- rato - Maddalena Spina - Morgana Spiriticchio - Yi Sun Jo Taiana - Annibali Tecla - Angela Tedesco - Simona Tolone - Tabita Valsecchi - Elisabeth Wiatr Sul prossimo numero di Academy pubblicheremo i vincitori

impaginato Academy n.11.indd 40 08/01/12 22:29 IV ASSEMBLEA NAZIONALE DEI PROFESSORI E DEGLI STUDENTI DELLE ACCADEMIE STATALI DI BELLE ARTI Roma, 14 dicembre 2011 - Accademia di Belle Arti di Roma

Documento conclusivo

A conclusione della Quarta Assemblea dei Professori del CNPABA e degli Studenti del CNSRUA, svolta in data 14 dicembre 2011 presso l’Aula Colleoni dell’Accademia di Belle Arti di Roma, alla presenza dei rappresentanti sindacali dell’Unams e di CGIL, CISL e UILRUA, assente la Conferenza dei Direttori delle Accademie, tenuto conto delle risultanze positive dello sciopero estivo e del pieno successo della petizione pubblica in favore della Riforma Universitaria delle Accademie Statali di Belle Arti, si è convenuto di elaborare proposte emendative dell’AS 1693, all’indirizzo della Camera dei Deputati, sui seguenti ineludibili principi: 1) attuazione senza se e senza ma dell’articolo 33 della Costituzione; 2) istituzione delle Accademie statali di Belle Arti in Facoltà di Arti Visive o Belle Arti, sulla scorta del Regio Decreto 3123 del 1923 e del Real Decreto 988 del 14 aprile 1970, nell’ambito di Politecnici delle Arti o di un ateneo territoriale di riferimento, disciplinate dalla normativa 41 universitaria per ciò che riguarda autonomia didattica scientifica statutaria e regolamentare, ordinamenti didattici, strutture e rappresentanze, status giuridico ed economico del personale docente accademico, fondi e progetti di ricerca nazionale e internazionale; 3) trasformazione dei Diplomi accademici di primo e di secondo livello e dei Corsi di formazione alla ricerca rispettivamente in Lauree triennali, magistrali e Dottorati di ricerca ex DM 270 del 2004 e successive modiche e integrazioni, nel rispetto del principio costituzionale della parità di trattamento, senza alcun ricorso a complicate

e inarrivabili equipollenze/equivalenze/equiparazioni; conf. naz. docenti e studenti 4) istituzione di nuove Classi dl Laurea e Laurea magistrale per gli ordinamenti didattici accademici di I e Il livello che non trovano corrispondenza con le classi di laurea vigenti; 5) riconoscimento, a partire da gennaio 2013, dello status giuridico ed economico di Professore universitario Ordinario e Associato per i Docenti di Prima e Seconda fascia delle Accademie Statali di Belle Arti, nel rispetto dei principio costituzionale della parità di trattamento, utilizzando a tal fine anche i risparmi di spesa derivanti dalla soppressione del comparto AFAM; 6) procedimenti di chiamata per il nuovo personale accademico ex L 240 del 2010, fatta salva in prima applicazione un’esplicita riserva di posti per i Professori di seconda fascia e per i precari ex L 143 del 2004; 7) tutte le modifiche alla Legge 508/99 devono essere prodotte tramite legge primaria, senza alcun rinvio a decreti e regolamenti attuativi, al fine di evitare gli ostruzionismi e gli impedimenti in qui verificatisi alla piena e concreta realizzazione della Riforma Universitaria delle Accademie statali di Belle Arti; 8) eliminazione di tutti gli articoli dell’AS 1693 che configurano commistioni istruzione superiore universitaria/ istruzione secondaria scuola per le Istituzioni di Alta Cultura, in violazione dell’articolo 33 della Costituzione.

Roma, 14 dicembre 2011

Il Consiglio Nazionale Professori Accademie Statali di Belle Arti

Il Consiglio degli Studenti per la Riforma Universitaria delle Accademie

impaginato Academy n.11.indd 41 08/01/12 22:29 foto ci fa capire che sta piangendo dentro. Quante parole ci vogliono a raccontare un’impressione del genere, e quanto ci si avvicina a rendere l’idea? La fotografia arriva molto più in profondità, maha una sua etica precisa: Il fotografo deve immortalare ciò che racconta qualcosa, ciò che mostra anche un prima e un dopo. Troppo spesso invece si fanno foto per puro gusto estetico, con l’idea di nobilitare la realtà anziché raccontarla. Io sono per la foto-verità, e in questo senso Robert Capa è sicuramente il mio maestro. Questa capacità di raccontare si vede soprattutto nei suoi ritratti, dai quali s’impara sempre qualcosa sul soggetto, anche il più sconosciuto. Eppure sono fatti nella massima spontaneità, senza un progetto. Il famoso ritratto di Pasolini con la madre, che tutti citano, l’ho fatto in tre secondi. Proprio per questo motivo, ci sono migliaia di foto che non ho mai scattato, o che ho perso l’occasione di scattare; sopravvivono come ricordi, ma sono così squisitamente visivi da essere vere e proprio foto mancate. Faccio un esempio: mi trovavo a Civitavecchia, Dire più delle parole. in un giorno di sciopero delle navi. C’era solamente il ferry-boat delle F.S., con duemila persone che aspettavano innervosite, sudate e Mario Dondero in Accademia. stanche; a un certo punto una ragazza alle nostre spalle chiama “Mario!”, e ci giriamo in ottocento, contemporaneamente. Questa A cura di Kevin McManus* girata di teste collettiva non l’ho fotografata, sarebbe stato uno scatto bellissimo. Ma ce ne sono tante così, le chiamo “foto non consumate”. Poi ce ne sono altre non fathte per pietà, nella consapevolezza che Abbiamo incontrato Mario Dondero in occasione con una foto si può rovinare una persona; la tentazione viene, ma del conferimento del Diploma di II Livello Honoris è troppo facile giudicare con una foto. In ognuno c’è qualcosa di Causa in Arti Visive. Prima di ricevere il titolo etico, che casomai si perde o si maschera per una serie di cause. Il fotografo deve innanzitutto rispettare gli altri, al contrario di quanto dalle mani del prof. Gastone Mariani, il grande fanno molti paparazzi di oggi. Quelli di un tempo avevano un loro fotografo ci ha concesso una chiaccherata modo di rispettare i propri soggetti, mentre oggi quell’etica non scritta informale sulla sua particolare visione del fare si è perlopiù persa. A tale proposito, Roland Barthes scrive la famosa frase: “Ciò che devo fotografia e sulle possibilità di formazione dei difendere è il mio diritto politico ad essere un soggetto”. Le nuove giovani fotografi al giorno d’oggi. tecnologie digitali, che rendono i processi manipolatori accessibili 42 anche all’amatore meno esperto, rischiano di aprire una questione morale sulla fotografia? Ascoltare Mario Dondero e guardare le sue fotografie sono quasi la Certamente. Il fotografo deve sempre essere onesto e moralmente stessa cosa. La scelta delle informazioni, degli aggettivi, dei dettagli integro, a prescindere dalla tecnologia che usa, cosa che del resto si che animano i suoi racconti – sempre affascinanti, anche quando si può dire di qualsiasi artista o letterato. Come dicevo, la fotografia è è perso l’inizio e non si sa bene di chi o di cosa si stia parlando – è sempre uno strumento di “giudizio”, e va usata con rispetto. Le nuove per molti versi analoga alla scelta degli scatti, delle espressioni, dei tecnologie presentano sicuramente un problema in più, perché la particolari che danno vita alle sue foto. Perché forse la fotografia, fotografia non è più esclusivamente “foto-grafia”, e quello spazio che per Dondero, è proprio questo: suggerire la complessità, la totalità rimane aperto è suscettibile di manipolazioni. Ma credo che l’onestà di senso a partire da un dettaglio, senza che chi guarda sia sia sempre necessaria, e sia sempre alla base di questo lavoro, a necessariamente informato della relazione tra i due. La fotografia prescindere da quanto sia tecnicamente facile essere disonesti. Detto appare in Dondero come una grande sineddoche, e per questo questo, il digitale offre molti vantaggi tecnici e qualitativi, oltre che implica tutte le responsabilità che gravano sullo scrittore – o sul accelerare in modo utile ed efficace il processo comunicativo legato narratore – quando costruisce una figura retorica. alla foto, che spesso è la ragione principale per cui si fotografa. Se io Dondero è quello che dice di essere. Accoglie tra le sue mani il non lo uso, in fin dei conti, è soprattutto per l’affetto che provo ancora Diploma di II livello honoris causa dell’Accademia di Brera, e lo fa verso le vecchie macchine. nella piena consapevolezza che si tratta di un titolo di studio, e non Domanda da “neo-dottore”: come può formarsi oggi un di un banale premio. I ringraziamenti vanno alla realtà e alle persone fotografo? Cosa si sentirebbe di dire a un giovane che vuole che popolano quell’ “università alternativa” di cui parla spesso. Non esprimersi tramite la fotografia? ama parlare per grandi concetti astratti: per lui non c’è pensiero, non Oggi ci sono molte più possibilità di formazione “strutturata” rispetto c’è filosofia che non sia incarnata in un aneddoto, in un volto o in ai miei tempi. Io allora avevo poco da studiare e molto da imparare un luogo. Fotografo fino al midollo, senza smentirsi. Ci avviciniamo sul campo. Credo che il fare, il metodo empirico, sia ancora la risorsa a Dondero mentre parla dell’ambiente romano, dei locali che lo principale, e in questo il digitale aiuta molto, perché libera il fotografo animavano ai tempi, delle personalità che era possibile incontrarvi dall’ansia dell’errore. Oggi esistono ad esempio i workshop, nei quali il – da Pasolini a Flaiano, da Berto a Moravia, da Monicelli a Scola. processo di apprendimento consiste, in pratica, nel guardare un altro Del clima milanese del Bar Jamaica, di Bianciardi e Fusco, di Crippa fotografo che scatta, prima ancora di rivolgersi alla realtà; può essere e Dova, di Manzoni e Lucas, parlerà la sua voce registrata qualche utile come avvio, ma è bene che ciascuno impari presto a vedere anno fa, nel documentario di RaiSat che ha scelto come vero e la propria verità, che è quello che alla fine si vede in una fotografia. proprio “discorso ufficiale” per l’occasione. Consiglio ai giovani di andare a scuola per imparare la tecnica, per conoscere i materiali e l’aspetto “artigianale” della fotografia. Quello Gli faccio notare – chissà quante volte se l’è sentito dire – come “artistico”, la capacità di dire e raccontare tramite la foto, si impara sia piacevole e icastica la sua vena narrativa nel parlare; ma

maestri storici studiando altro, facendosi una cultura generale, coltivando la propria come si fa a raccontare così tramite la fotografia? formazione intellettuale e il proprio interesse verso il mondo. M.D.: Credo che entrambe le cose siano importanti. Quello che conta è la predisposizione e la disponibilità a raccontare e descrivere, * Kevin McManus collabora con la cattedra di Storia dell’arte contemporanea a condividere con gli altri la propria esperienza delle persone, dei dell’Università Cattolica; è docente di “Modern and Contemporary Art” presso luoghi e delle cose. Detto questo, la fotografia consente sicuramente la sede milanese dell’Institute for the International Education of Students di dire cose che a parole non si riescono a comunicare. Prendiamo ad (IES). diploma accademico h. c. esempio la foto recente di Anne Sinclair, la moglie di Strauss-Kahn, all’uscita dal tribunale: le si vede il pianto nel volto, non piange ma la * foto di Eraldo Misserini

impaginato Academy n.11.indd 42 08/01/12 22:29 ero solito lamentarmi per la scarsa persistenza dei motivi macabri nell’iconografica più recente, ma, a dispetto delle mie iniziali e ormai datate supposizioni, nella prima decade del Terzo millennio il mio disinganno si è alquanto mitigato. Proprio per questo motivo ho deciso di rimettere mano ai vecchi appunti nel tentativo di ripercorrere le vicissitudini cui il teschio è stato sottoposto negli ultimi anni, sia per comprenderne più a fondo il significato sia per cercare di capire quale fosse il destino che l’attende. La prima stesura del libro risale al 2001, si trattava di una bozza ancora molto acerba che ho ripreso in mano diverse volte nei successivi dieci anni, con continui rimaneggiamenti, approfondimenti, correzioni che ne hanno modificato la forma e la sostanza. L’assiduità di tornare sui miei passi ha influito sullo sviluppo del saggio critico, trasfondendo nella scrittura quello che accadeva durante la ricerca bibliografica e iconografica: inseguendo le connessioni tra la tradizione ela contemporaneità, così come tra gli stili e le epoche, ogni spinta in avanti era controbilanciata da un’altra a ritroso. Creando una simbiosi tra la nostra nevrotica modernità e il gusto per lo scavo nella storia passata, ho preferito non adottare un criterio cronologico né un rigido ordine classificatorio, privilegiando semmai uno sviluppo rizomatico. Lavorando per concetti e cortocircuiti, l’organizzazione testuale ha infatti favorito uno scorrimento (dal generale al particolare) e uno sconfinamento (culturale, geografico, temporale) che mi ha permesso di orchestrare i generi e i simboli macabri secondo gradi di affinità e consanguineità. Nella sua perpetua trasformazione, il teschio mi ha obbligato a riflettere sul senso della vita, e più precisamente sul “senso della morte”, che è uno dei topoi più frequentati dall’uomo. Ben lungi dall’aver perso o esaurito la propria carica dirompente, i teschi hanno riacquistato buona parte del loro officio nel corso del Novecento, ma è soprattutto sul volgere del nuovo millennio che abbiamo assistito a un loro sostanziale incremento demografico. Più onnipresenti che onniscienti, i teschi hanno ripreso a vessare e vezzeggiare le arti visive, prolungando le loro sembianze con un nutrito ventaglio di possibilità; rimestando il sacro nel profano, il rituale della messa a morte è 43 stato dissepolto dall’immaginario collettivo con tanta e tale enfasi da falsarne la genealogia. A causa delle vicissitudini storiche, il teschio corre oggi il rischio di perdere o confondere la sua funzione teologica per diventare un simbolo accessorio, modificando così il nostro stile Un libro e una mostra: di vita in uno “stile di morte”. Ciò che una volta conservava la vita, e che a essa rimandava inequivocabilmente, sembra ora inerte, quasi inerme, impossibilitato ad arrecare dolore o a imporre una morale. MEMENTO MEI Suo malgrado, il teschio è diventato un oggetto devitalizzato? È forse FRENOLOGIA E CRANIOSCOPIA DELL’ARTE stato fossilizzato e privato d’ogni facoltà o qualità? Come mai l’arte contemporanea è stata investita da una psicosi legata al memento mori? A questi e a molti altri interrogativi cerca di rispondere la mia Di Alberto Zanchetta “Frenologia della vanitas”.

Il leitmotiv del teschio, divenuto di stringente attualità negli ultimi un libro, una mostra Nelle arti visive esiste una provocazione rivolta a colui che guarda cinque anni, mi ha inevitabilmente portato a organizzare delle mostre e viene a sua volta osservato: è l’effigie del teschio, che con le sue sul tema. Caso a parte è il progetto che ho ideato su invito di Paolo vuote fosse orbitali ci fissa e non smette di ammonirci dall’oltretomba. Galli, che è condirettore della sede di Milano della galleria Rubin. Pur incutendo una certa soggezione, il suo sguardo ha la facoltà di Confrontandoci ci siamo posti il problema di adottare un criterio unire il mondo di quaggiù con quello di lassù; lungi dal voler urtare che esulasse dalla comune prassi espositiva. Era nostra intenzione la sensibilità e il buon gusto, il teschio non è una scheggia strappata mettere in evidenza un progetto curatoriale che nel momento in al passato, bensì una scheggia conficcata nell’eterno presente, cui mostrava (le opere) si mostrasse a sua volta. In altre parole “volto plurisecolare” che ha saputo disfarsi della carne così come si volevamo realizzare una mostra che fosse in grado di interrogare se farebbe con una maschera che cela la sostanza delle persone. Ben stessa, e quale migliore simulacro del – proprio – cranio, custode di più che una semplice terminazione del corpo ossuto, il cranio umano memorie e di conoscenze che sono più intuite che comprese? Posto è una vera e propria monade, una reliquia antica quanto l’infanzia che il teschio umano è un grand maître à penser, ci siamo resi conto dell’uomo. della necessità di ripensare le dinamiche espositive, sia del curatore Simbolo per eccellenza della vanitas e del memento mori, la che della galleria. La rêverie suggerita dalle teste di morto si è testa di morto racchiude un presagio sulla fatuità della vita e sulla concretizzata quindi in una sorta di autoritratto che aveva il compito di futilità di ogni conoscenza, concetti che sono all’origine del libro indagare la genesi e le derivazioni del libro. Non quindi una semplice “Frenologia della vanitas” pubblicato dalla Johan&Levi (il titolo allude esposizione d’arte bensì un approfondimento e un “accanimento alla pseudoscienza frenologica, metafora della critica d’arte che terapeutico” che mi ha permesso di sondare i meandri della mente, si trova alle prese con il simbolo per eccellenza della morte, ossia o più precisamente del mio cranio. Da questo presupposto è nato il il teschio). La genesi di questo saggio risale agli anni in cui ero progetto “Cranioscopia”, il cui obiettivo era di mettere in evidenza (più ancora un semplice studente. A quei tempi alternavo le visite nelle che “in mostra”) uno stile di vita, di lavoro e di ricerca non limitabile pinacoteche a quelle nei musei di anatomia comparata, frequentavo alla lettura del libro. In altre parole urgeva mostrare ciò che il testo i cimiteri monumentali e transitavo dai musei archeologici verso quelli non dice dell’autore, ossia le sue ossessioni, la sua maniacalità, la d’arte contemporanea. In questo disinvolto e curioso vagabondare lo sua “affezione” verso gli oggetti. Contrariamente al monito intimato sguardo si soffermava spesso sull’emblema del teschio, dapprima dalle vanitates, che condannano il morboso attaccamento alle cose in modo passivo, in seguito ricercandolo con sistematicità. Allora terrene, il progetto alla galleria Rubin fa leva proprio su questo

impaginato Academy n.11.indd 43 08/01/12 22:29 paradosso: se da un lato i lussi e i bisogni materiali non valgono nulla di stato pensato come un liber mortuorum cum figures, vale a dire: fronte alla morte, dall’altra è anche vero che ogni uomo ha la facoltà di senza parole). Mantenendomi in bilico tra la nuda documentazione accumulare esperienze che lo rendano sazio e appagato della propria e una libera re-invenzione del materiale a mia disposizione, ho esistenza. voluto così compiere un’indagine esistenziale, alla maniera di una In virtù di ciò, nella galleria sono state esposte opere d’arte provenienti “cranioscopia sul vivente”, conscio del fatto che non è possibile dire dalla mia collezione privata, tutte collegate ai temi e all’iconografia tutto in una volta soltanto. macabra. Incisioni, xilografie e calcografie di artisti del passato si sono mescolate con una selezione di autori ignoti o di artisti contemporanei. Alberto Zanchetta è critico d’arte e curatore indipendente. Diplomatosi Oltre agli accostamenti tra il passato e il presente, ho creato anche dei all’Accademia di Belle Arti di Bologna, attualmente insegna Storia dell’Arte alla LABA di Brescia. Nel 2006 ha pubblicato il pamphlet Antologia del tavoli di lavoro – sull’esempio dei tavoli d’obitorio – in cui inanellare Misogino, nel 2007 il saggio Humpty Dumpty Encomion e nel 2011 il libro reperti, documenti e oggetti che potessero interagire con la mia opera Frenologia della vanitas. Scrive per le riviste Flash Art, Exibart.on paper, saggistica. Radiografie, teste frenologiche, atlanti d’ossa, vertebre e Espoarte. Ha curato e presentato oltre duecento mostre in spazi pubblici frammenti di crani umani hanno fatto da corollario ai diciotto Taccuini e privati. tanatologici composti da immagini che ho collezionato, ritagliato e Paolo Galli si è diplomato in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel incollato su dei quaderni durante la stesura di “Frenologia della vanitas”, 2002 entra a far parte dell’organico della galleria Rubin, di cui è condirettore quasi fossero una propaggine del mio saggio (ogni taccuino è però dal 2009, seguendo prevalentemente la scultura e le giovani proposte.

mettere in scena la forza delle sue congiunzioni, fotografia, pittura, oggetti trovati e forme costruite. “La sua città è fuori dalla storia – precisa in catalogo Jacqueline Ceresoli - è immobile, metafisica e immanente, rappresentata con fotografie simili a quelle che si trovano sulle tombe dei cimiteri ‘gotici’, dove tutto è ordine, calma, stabilità, e l’atmosfera e di triste e poetica bellezza”. Alternandosi tra spazi aperti e piccole stanze allestite come nicchie dell’inconscio le immagini inconfondibili di Squatriti diventano dispositivi visivi, verbali, tattili e persino olfattivi. Luoghi dell’immaginario urbano regolati dal persistente accostamento di materiali e materie diverse: guanti bitumati, stoffe ritagliate, velluti e sete modellate, utensili di recupero, reperti di natura imbalsamata, fiori, rami, conchiglie, e ancora: corde, filo di ferro, zolle diterra, oggetti di mutevole consistenza formale. 44 Si tratta di un sistema variabile di accostamenti tra foto, pigmento, resina e gesso che si amalgamano con questa varietà di elementi giocando sul filo di un rischioso calcolo immaginativo, come se dal “Ascolta il tuo cuore, città”, istallazioni cuore di ogni accostamento potessero determinarsi altre insorgenze espressive, inesplorate misture percettive. Ciò che conta per 2010-2011 e sculture degli anni ‘60 Squatriti è fermarsi sempre al punto giusto, essere consapevole che A proposito della mostra di Fausta Squatriti l’eccesso è un’arma della ragione che va vissuta senza pentimenti, presso Assab One tanto è vero che la logica dei tre linguaggi simultanei garantisce ex stabilimento GEA, Milano (novembre/dicembre 2011) all’immagine un flusso perpetuo di sensazioni visive e mentali che si sovrappongono anche se possono vivere anche separatamente. Nella costruzione di ogni recente istallazione l’artista sembra Di Claudio Cerritelli ripercorrere le modalità operative della sua storia, con la sapienza del fare e la qualità del pensare ogni immagine come sintesi di una Con un allestimento irripetibile negli spazi dell’Ex stabilimento Gea di visione attiva, imperterrita. Milano, Fausta Squatriti ha proposto un duplice orizzonte di ricerca L’identità di ogni opera slitta dal dettaglio fotografico verso presente nel suo complesso percorso operativo, da un lato un gruppo l’emozione geometrica del piano pittorico, per poi materializzarsi di sculture policrome degli anni ’60 e, dall’altro, le opere poli/materiche nelle suggestive teche di legno, costruzioni elementari e artigianali e pluri/linguistiche della recente stagione creativa. dove le materie diventano tramiti di espansione del pensiero tattile. I due periodi distanti nel tempo si mescolano e si confrontano nel primo “In questo ciclo di opere – ha osservato Elisabetta Longari- Squatriti tratto espositivo giocando con evidenza sulle tensioni espressive adotta per la prima volta la tecnica di ingessatura degli elementi contrapposte. Se negli anni sessanta la fantasia plastico-cromatica organici rivestiti di un bianco innaturale, e in questa personale aleggia nell’atmosfera radiosa di puri valori sensoriali, nel recente rivisitazione della Natura morta l’artista immobilizza la vita”. decennio sono le contraddizioni drammatiche della vita a condurre Questo significa che a distanza di anni – nel corso di esperienze il lettore nei meandri del visibile, attraverso correlazioni di immagini che oscillano dalla fredda perfezione dell’astrazione formale che raccontano la solitudine umana e il progressivo straniamento all’irriducibile drammaticità del realismo critico – l’artista intende disarmonico tra l’essere e il mondo. rivelare gli stati di permutazione di una diversa idea di bellezza, Per le opere che occupano l’altro versante dello spazio è l’ingombro la bellezza delle contaminazioni, con inevitabili connessioni con dilaniato del presente a essere protagonista, con tutto il carico l’amata avanguardia dada e surrealista, oltre che con i canoni del di memorie, progetti e utopie sinestetiche che la città comporta, costruttivismo. soprattutto se è immaginata – come efficacemente avviene nell’arte Si rinnova in questo tipo di concezione una dimensione del valore di Squatriti - come territorio frantumato in molteplici orizzonti di senso, recensioni estetico che può nascere dalle scorie della perduta armonia, dai e ricomposto attraverso contaminazioni e ibridazioni che il disagio detriti della storia sociale, dagli stati di violenza e di sopraffazione, dell’artista contemporaneo inevitabilmente comporta. maestri storici dagli istinti di sopravvivenza dentro un mondo in sfacelo, finanche Il titolo della mostra (“Ascolta il tuo cuore, città”) è la diretta citazione sensazioni putride di materie intrise di morte. del romanzo di Alberto Savinio dedicato a Milano (1944), evocazione Infatti, quello che sembra essere nell’arte di Squatriti una visione letteraria di sottili addentramenti nei segreti delle cose, tra fantasmi della vita senza prospettiva e senza scampo indica invece profonde concreti e figure magiche che precedono i bombardamenti dell’agosto e sconosciute soglie per il riscatto dell’immaginazione, per la 1943 di cui lo scrittore ha voluto dare testimonianza nelle ultime presenza di nuovi bagliori emotivi, per prodigiose invenzioni della pagine del libro. Per Squatriti questo riferimento non significa calarsi materia capaci di rigenerare ogni volta il pensiero dell’arte dai suoi in quell’ordine di visionarie percezioni, esso diventa uno splendido stati di depressione creativa. pretesto per verificare i meccanismi compositivi del suo linguaggio e

impaginato Academy n.11.indd 44 08/01/12 22:29 Nel processo di desertificazione in corso delle aree tradizionalmente riservate alla “colta manualità”, questo libro sembra essere una panacea. Sento di consigliare a tutti l’acquisto di questo volume, per la propria cultura e curiosità ma anche come guida indispensabile in ogni aula di Accademia e in ogni studio d’artista.

Pino Di Gennaro, Manuale di Scultura, Ulrico Hoepli Editore S.p.a.

PINO DI GENNARO con il suo nuovo “Mmanuale Di Scultura”, un libro che ci insegna a capire e a praticare la scultura dalle forme più basilari ai linguaggi più complessi. 45 di Gaetano Grillo

Pino Di Gennaro, collega a Brera, scultore con tanta esperienza e tanto impegno profuso per la didattica, ha da poco pubblicato con Hoepli un’edizione aggiornata del Manuale di Scultura che già era stato, negli anni passati, un libro di riferimento per i Licei Artistici e per le Accademie. Una pregevole edizione di 222 pagine che trattano la scultura, le sue tantissime tecniche e la complessità del suo linguaggio, attraversando la storia, l’approccio scientifico, la metodologia, la spazialità, le Di sguardi sognanti risentiti inquieti materie e i materiali, la sapienza e la sensibilità, i temi del primordiale Maria Jannelli e quelli del primario, gli aspetti tribali e i riti dell’arte contemporanea. Il lettore può trovare numerosissimi spunti e indicazioni, di tale Spazio Hajech, Milano chiarezza che anche un neofita sarebbe stimolato a cimentarsi con la scultura. di Francesca Pensa Un’edizione davvero efficace che ci accompagna per mano spiegandoci tutto con paziente completezza, sia gli aspetti teorici La produzione artistica di Maria Jannelli si è sempre più orientata,

sia quelli pratici, le ragioni delle scelte dei materiali in funzione agli in questi ultimi anni, verso il tema del ritratto: questo antichissimo recensioni obiettivi, i motivi per cui la scultura spesso sconfina in altri linguaggi genere della storia dell’arte trova infatti nei lavori della pittrice una soprattutto installativi, oggettuali, performativi e addirittura digitali declinazione moderna, che ne dimostra le interessanti possibilità e virtuali; il tutto con una ricchezza davvero pertinente di materiale espressive in una dimensione di contemporaneità. iconografico. La Jannelli: alcune sono le amiche di Maria e rappresentano il suo Si può passare dal Canova a Tony Cragg, dagli egizi a Oldenburg, mondo, mentre altre sono personaggi rilevanti della cultura più da Giacometti a Cattelan, dalla terracotta invetriata alla Cattedrale recente, come, ad esempio, Virginia Woolf, Frida Kahlo, Patti Smith. Vegetale di Giuliano Mauri; da Lucio Fontana con il suo Spazialismo E se per ciascuna è evidente la ricerca della fisionomia individuale, alla scultura di paesaggio come il cimitero di Urbino progettato da che si concretizza nella definizione di una forma originale e unica, Arnaldo Pomodoro. per tutte vale quella particolare trasfigurazione che, pur mantenendo Gli antichi filosofi greci parlavano dell’arte come tecné, ovvero come salda la riconoscibilità del soggetto, la trasporta in una dimensione indissolubile rapporto fra teoria e pratica e questo libro risulta utile particolare, che è quella tipica della pittura dell’artista. e piacevole alla lettura soprattutto perché affronta ogni esempio di Questa idea mostra un evidente approfondimento negli ultimi lavori scultura da entrambi i punti di vista. dell’artista, nei quali i visi delle ritrattate, ripetuti anche più volte sulla Pino Di Gennaro è stato mio compagno di corso, nei primi anni stessa tavola, perdono ogni riferimento con il corpo e galleggiano, ’70 all’Accademia di Brera, iscritti alla mitica Scuola di Scultura solitari e metafisici, nello spazio neutro dello sfondo. di Alik Cavaliere. In quegli anni snobbavamo le tecniche perché E tale interessante confronto viene proposto in questa esposizione privilegiavamo i temi ideali e anche politici dell’arte, il suo ruolo nella comparazione con i ritratti delle Belle di Villa Ghirlanda Silva di sociale e le sperimentazioni. Ciò nonostante l’esercizio dell’arte ci Cinisello Balsamo, presentati, seppur nel lavoro interpretativo degli ha portati anche ad approfondire con percorsi individuali, tutti quegli studenti del Liceo di Brera, nella mostra gemella che nella Biblioteca aspetti del linguaggio che gli artisti conoscono e che la critica d’arte della sede di via Papa Gregorio affianca la manifestazione dello ormai quasi ignora. Spazio Hajech.

impaginato Academy n.11.indd 45 08/01/12 22:29 E IL TOPO PERIODICO D’ARTISTA EDIZIONI NUOVI STRUMENTI OPEN CALL E IL TOPO, in collaborazione con CARE OF DOCVA, Milano, e SUPPORTICO LOPEZ, Berlino, indice un concorso per la pubblicazione del numero 12 della rivista, intitolato: “Re-Birth”:

E IL TOPO – rivista d’artista nata da un’idea di Gabriele Di Matteo, Piero Gatto, Franco Silvestro e Vedova Mazzei, pubblicata tra il 1992 e il 1996 assieme a Piero Cavellini e la sua “Edizioni Nuovi Strumenti”, – ha proposto progetti inediti, pensati appositamente per essere fruiti attraverso le pagine della rivista. Con i contributi di artisti quali Art Club 2000, Stefano Arienti, Massimo Bartolini, Maurizio Cattelan Vanessa Beecroft, Mark Dion, Dominique Gonzalez Foerster, Eva Marisaldi, Grazia Toderi e molti altri, E IL TOPO ha profeticamente registrato lo spirito e l’attitudine di una generazione di artisti i quali, all’epoca, stavano per ricevere il definitvo riconoscimento da parte di critica e pubblico.

Il numero 12 della rivista verrà realizzato nel 2012, dopo sedici anni dalla pubblicazione dell’ultimo numero, in collaborazione con CARE OF DOCVA e SUPPORTICO LOPEZ. Questo nuovo numero vuole mostrare sin dall’inizio un forte senso di continuità, ma allo stesso CONTROCORRENTE tempo di innovazione, nei confronti della precedente edizione. Il concorso è volto a ricercare materiale fotografico, precisamente ritratti di persone del mondo dell’arte che sono decedute negli ultimi L’eterno presente della pittura italiana 16 anni, il periodo di tempo in cui E IL TOPO era sparito senza lasciare tracce. Ogni partecipazione deve esplicitare la fonte dalla quale si è reperita l’immagine proposta; si informa che saranno privilegiate 46 Un particolare evento espositivo si è presentato a Siracusa, in per la pubblicazione le immagini di tipo privato, di alta qualità (300 quell’area del sud-est della Sicilia orientale tutelata dall’UNESCO, dpi) e mai pubblicate. Il materiale raccolto verrà successivamente quasi una leggera riflessione sulla pittura tra artisti e operatori delle selezionato e pubblicato nella rivista, la quale verrà presentata il 27 Marzo dopo un workshop e una serie di eventi della durata di un Accademie italiane, da Brera a Foggia, da Reggio Calabria a Noto, mese a Milano presso CARE OF DOCVA. A partire dal 29 febbraio, secondo la curatela di Maurizio Coccia, docente di Storia dell’arte fino al 27 marzo la sede si trasformerà nella redazione di E IL TOPO. all’Albertina di Torino. Il file rouge conduttore della manifestazione è quella apparente E’ possibile scaricare il regolamento completo del concorso e la riflessione sull’unitarietà culturale e tutta italiana della pittura come domanda di partecipazione sul sito www.careof.org modello di esportazione internazionale, non a caso Coccia afferma Le immagini devono essere inviate entro il 26 Febbraio 2012 nel suo saggio introduttivo Cielo di stelle, cielo color del mare, che all’indirizzo e-mail [email protected] una più intensa indagine sulla relazione tra musica e pittura italiana, tra canzonette e decorazione sono state e saranno probabilmente “… CAREOF è un’organizzazione no profit italiana per la promozione uno strumento privilegiato per interpretare l’identità di un popolo…”. della ricerca artistica contemporanea fondata nel 1987 a Cusano Il connubio tra gi artisti presenti nasce inizialmente da una identità Milanino (MI). Fin dall’inizio l’attività di Careof si è concentrata su comune, essere Normanni d’origine, dalla Puglia alla Sicilia, da due elementi che sono andati a svilupparsi con il passare degli Foggia a Palermo, rivivere questa unitarietà federiciana comune anni. Da una parte Careof si è delineato come uno spazio aperto come propulsore di una successiva diversità nella produzione alla sperimentazione artistico-culturale, dall’altra parte è un centro artistica del contemporaneo. In uno spazio, non propriamente ad hoc, di archiviazione e documentazione di diversi materiali d’artista nella città della ricostruzione industriale, nei quartieri commerciali disponibili per la consultazione da parte del pubblico presso DOCVA suburbani di Siracusa e non più nel ben tutelato centro storico della Documentation Center for Visual Arts. Un traguardo molto importante mitica Ortigia, gli artisti nella loro complessità hanno mostrato una è stato raggiunto nel 2006 quando il Ministero per i Beni e le Attività diversità propositiva di segni e riflessioni. Dalla eterea leggerezza Culturali ha incluso Careof tra gli Archivi Storici di rilevanza nazionale. cromatica e acerba di Nicola Maria Martino che dedica un frammento Nel 2001 Careof si è spostato presso Fabbrica del Vapore, un della sua cifra pittorica a Tripoli alle simmetrie stellari e della memoria centro culturale multidisciplinare a Milano, dove, oltre alle attività di Letterio Consiglio, come particolare è l’intervento a difesa della di promozione e documentazione dell’arte contemporanea, natura di Delfo Tinnirello, che istaura un dialogo spaziale con l’organizzazione ha iniziato un programma di residenze. www.careof. il visitatore, mentre Gaetano Grillo si mostra con dei Palinsesti di org www.docva.org cifre culturali dalla policromie mediterranee, partiture di una identità culturale o per chi legge col cuore. Si succedono poi i frammenti Supportico Lopez nasce a Napoli nel 2003 dal progetto di due artisti e un curatore i quali decidono di dedicare una stanza del loro

recensioni di una pittura simbolica nell’opera di Piero Di Terlizzi, oggetti di un’apparente quotidianità che si velano di un’aura quasi sussurrata, appartamento a mostre pubbliche di artisti internazionali. Negli anni affini alle etiche ed intrinseche narrazioni segniche di Angelo Cortese il progetto viene portato avanti da Gigiotto Del Vecchio – uno dei maestri storici e non per ultimo le particolari tridimensionalità pittorico-luministiche fondatori – e da Stefania Palumbo come uno spazio curatoriale per di Sebastiano Altomare. la diffusione dell’arte, prende il nome dalla via in cui aveva sede a Un’occasione culturale che ha permesso di guardare alla complessità Napoli, in uno dei più vecchi, caratteristici e contraddittori quartieri degli operatori cultuali delle Accademie italiane, un evento ideato dal della città: “la Sanità”. Nel 2008 Supportico Lopez comincia una nuova vita spostandosi a Berlino. Qui, nel PDA polo didattico accademico Val di Noto con il patrocinio della nuovo spazio sito in Graefestrasse 9 a Kreuzberg, l’obbiettivo è quello Provincia Regionale di Siracusa. di essere una galleria all’interno della quale le attitudini di entrambi i curatori diventino sempre più peculiari. www.supporticolopez.com. Ornella Fazzina (Accademia di Belle Arti di Catania)

impaginato Academy n.11.indd 46 08/01/12 22:29 RACHELE FERRARIO

David Tremlett. The Thinking in Space.

“Stanza d’artista”, Nomos edizioni, 2011.

di Elisabetta Longari

Lo studio, l’atelier, il luogo proprio del fare arte, l’ambiente fisico ma anche e soprattutto lo scenario mentale e metaforico, è l’argomento su cui si basa la collana, ideata e diretta da Rachele Ferrario, che fin qui ha anche firmato ogni titolo uscito. La collana va a colmare un vuoto conoscitivo e a illuminare un risvolto fondamentale della creazione, sondando le fonti, le condizioni e le modalità con cui i diversi protagonisti mettono in movimento il processo creativo. Il primo volume è dedicato a , il secondo a David Tremlett, portatori di poetiche e atteggiamenti distanti, in certa maniera si potrebbero dire quasi opposti: per comodità riassumendoli in due grandi categorie quali il “classicismo” per l’artista italiano, in cui è l’opera a creare lo spazio attorno a sé, e l’”empirismo” per l’inglese, in cui è l’ambiente a suggerire l’opera. Il prossimo volume della serie in preparazione è su Mimmo Paladino.

Le opere di Mazzucchelli annientano l’idea della monumentale staticità della scultura, per calare quest’ultima nel flusso dell’esistenza, dando vita a forme semplici – piene d’aria, gonfie di vita – che invadono lo spazio invitando lo spettatore ad 47 interagirvi, attivando il contesto che le ospita, sia esso naturale o urbano. In mostra, accanto alla produzione più recente dell’artista, sono visibili fotografie che illustrano installazioni a partire dagli anni Sessanta. Sono di quel periodo e del decennio successivo le serie Abbandoni, A. TO A., Sostituzioni, Riappropriazioni: interventi ambientali e sociali in spazi cittadini o nel paesaggio naturale. Quell’aria prigioniera che negli anni Sessanta veniva abbandonata in tubi di p.v.c. lungo spiagge o sulle acque di un lago, in piazze o parchi, all’interno di gonfiabili su cui adulti e bambini si sedevano, prende oggi la forma di quadro, pezzo da parete, aria da appendere. Gli Abbandoni e le Riappropriazioni di allora diventano nell’ultima produzione dell’artista preziose opere a parete,

come preziosa è l’aria, quasi un bene di lusso. recensioni Gonfiabili neri, rossi, argentei, trasparenti, PNEUMA. Dentro e attorno all’aria. Franco respiranti dai muri scompongono e muovono l’immagine riflessa dello spettatore, attirata e Mazzucchelli. risucchiata in vortici sinuosi. Non solo l’occhio Opere 1964-2011. viene catturato tra i riflessi, ma il tatto vorrebbe sfiorare le lucide superfici che proteggono l’afflato. Galleria Il Milione, Milano Realizzata appositamente per la mostra è Pneuma 2011: grande scultura a parete che ogni di Melissa Provezza dieci minuti lentamente gonfia le tre sezioni di cui è composta. Si tratta di un processo ritmico Pneuma. Dentro e attorno all’aria è il titolo della mostra personale di Franco Mazzucchelli, che culmina dopo cinque minuti, momento dopo a cura di Matteo Galbiati, presso la Galleria Il Milione di Milano. il quale inizia a sgonfiarsi per tornare allo stato L’esposizione propone un’accurata selezione di opere dal 1964 ad oggi, rappresentative iniziale. delle diverse fasi del percorso dell’artista milanese. Con ammirevole spirito autoironico Franco Centrali nella ricerca di Mazzucchelli sono l’utilizzo di materiali sintetici non tradizionali Mazzucchelli intitola questi quadri e sculture della scultura (resina poliestere, poliuretano espanso, termoretraibili, p.v.c. gonfiabile) e a parete Bieca decorazione, in contrasto con la relazione tra l’opera e lo spazio nel quale questa viene inserita. la monumentalità delle opere che da sempre È il materiale plastico – di origine industriale, ma vicino al quotidiano per via dell’uso realizza. comune che se ne fa – ad essere privilegiato quale contenitore di aria, di respiro, in definitiva di vita. Prendono corpo volumi talvolta ingombranti, talvolta appena visibili come sottili membrane di memoria organica.

impaginato Academy n.11.indd 47 08/01/12 22:29 molteplici suggestioni morali e spirituali, dai temi sociali a quelli religiosi, senza mai rinunciare a trasformare la verità dei soggetti nella magia della loro trasfigurazione fantastica, come nella visione della “Biblioteca magica” dove i personaggi della storia vengono incontro al presente.

USELLINI E I SUOI ALLIEVI A BRERA

Di Fanny Usellini

Insegnare per mio padre includeva molti aspetti positivi che rendevano il suo rapporto con gli allievi particolarmente interessante e piacevole ad un tempo. Nel corso degli anni, nelle mostre a lui dedicate dopo la sua scomparsa, ho avuto modo di incontrare ex-allievi che ancora si commuovono e sorridono nel ricordarlo. Si commuovono per le sue doti di generosa umanità, comprensione, impegno nel porgersi come professore affabile, amico, quasi compagno esperto che offre la sua competenza a parità di livello, senza con questo mai perdere d’autorevolezza; sorridono poi al ricordo di episodi ed aneddoti con cui amava rallegrare le ore di lezione rendendole più piacevoli e coinvolgenti. Come figlia so che non perdeva un giorno di lezione anche se non si sentiva bene; ogni mattina usciva presto di casa per andare a Brera, anche se io stessa lo invitavo a riguardarsi di più. Il suo mondo artistico era là, tra la gioia di dipingere i suoi quadri e il piacere di insegnare. I suoi due studi erano aperti agli allievi, specialmente quello nel sopralzo da lui fatto costruire nella grande aula dove insegnava, a cui si saliva con una comoda scala. Dall’alto della balconata in legno egli poteva osservare l’impegno dei ragazzi che lavoravano e richiamare 48 scherzosamente qualcuno negligente o distratto. A volte invitava anche gli alunni a salire per mostrare i suoi dipinti e per meglio metterli a contatto con la sua raffinata antica tecnica pittorica della tempera grassa all’uovo che egli usava abitualmente. Per l’amico scultore Pietro Coletta ricordare Usellini a Brera significa rivederlo camminare a capo di un seguito di allievi che ricollega alle lunghe file di educande o seminaristi tipiche dei suoi dipinti: anch’io ritengo che OPERE SU CARTA DI GIANFILIPPO USELLINI questa immagine di Maestro-guida vada figurativamente PRESSO LA BIBLIOTECA DELL’ACCADEMIA DI all’essenza della sua personalità. BRERA PER IL MAESTRO USELLINI Di Claudio Cerritelli Di Willam Xerra A quarant’anni dalla sua scomparsa l’Accademia di Belle Arti di Brera ha reso omaggio alla figura di Gianfilippo Usellini (Milano 1903- Arona 1971) con una All’Accademia di Brera, dove ora c’è la biblioteca, ai miei mostra di opere su carta (1923-1971) che documenta le fasi salienti della sua tempi v’era l’aula di copia dal vero. Il Maestro Usellini,che ricerca, dai primi fogli disegnati nelle aule di Brera (dove si diploma nel 1927) amava molto la cucina, quando entrava per tenere la lezione come allievo di Ambrogio Alciati fino agli ultimi cicli della sua attività disegnativa. al mattino, raccontava spesso in modo semplice e simpatico, Nel 1926, a soli ventitré anni, Usellini è invitato alla Biennale di Venezia, la cena della sera prima. Nel raccontare era talmente calato dal 1931 al 1941 ha la cattedra di Decorazione Applicata presso la Scuola nei particolari che riusciva quasi a farci sentire il profumo Superiore d’Arte Applicata del Castello Sforzesco di Milano. Nel corso della sua del cibo. Ci divertiva, poi, improvvisamente, via al lavoro di attività artistica è invitato a numerose edizioni della Triennale di Milano, della fronte alla modella nuda. Durante la lezione un giorno mi Quadriennale di Roma e della Biennale di Venezia. Dal 1942 al 1960 insegna al si avvicina, si ferma, lo sento dietro le mie spalle, sbuffa e Liceo Artistico di Brera, nel 1961 diventa titolare della cattedra di Decorazione e mi dice: “Xerra sei bravo, ma... fammi sedere, te la vedet la Affresco all’Accademia di Brera, dove insegna pittura fino al 1971. man? Se fa inscì.” e in silenzio, con particolare applicazione, Le opere di questa esposizione, selezionate in collaborazione con l’Archivio comincia a correggere la mano della modella che io avevo curato dalla figlia Fanny Usellini, si riferiscono a tutti i temi iconografici che il disegnato...”vedet, la man la se fa inscì.” Nel frattempo maestro ha distillato nel corso del tempo guardando con lo stesso interesse un gruppetto di allievi si era avvicinato per osservare la recensioni l’antico e il moderno, attraverso la dimensione classica di uno stile sempre correzione del maestro. A un tratto si leva un coro di voci: attento alle visioni della contemporaneità. L’arguzia, lo stupore e l’ironia sono “ma professore la mano che sta disegnando ha sei dita!”. La maestri storici tramiti inconfondibili del suo singolare mondo figurale dove i modelli del passato risposta fu: “Sei dita ?... ha sì.... ma la va ben inscì, te vedet e i legami con le forme del reale si intrecciano nella dimensione onirica e surreale la cumpusisiun? “ del visibile, come infinita ricerca dei ritmi segreti delle cose. Che vitalità quel Usellini, con che entusiasmo seguivamo le La sapiente misura del disegno è esercitata da Usellini in funzione della pittura, sue lezioni, ci sentivamo come le sue patate, con gli occhi infatti la maggior parte della sua opera grafica è costituita da disegni bozzetti e rivolti all’infinito. progetti intesi come prime idee che preludono alle opere pittoriche e ai cicli di affreschi realizzati in diversi luoghi di carattere sacro o civile. Il mondo visionario dell’artista si esprime nella libera scelta di temi che restituiscono all’osservatore

impaginato Academy n.11.indd 48 08/01/12 22:29 ARTISTI SI NASCE DA NOI SI DIVENTA

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