Koefia e la sua Accademia Una storia di alta moda italiana

a cura di Serena Bedini e Daniele Baggiani

La contessa Koefia con Emilio Schuberth e le allieve figuriniste, nel1955

Ringraziamenti

ueste poche pagine sono il risultato di fatti che non sarebbero stati co- Q nosciuti senza il contributo di molte persone. I curatori le ringraziano infinitamente. Persone o incontrate di persona, o perché autori e au- trici di studi e ricerche, testimoni di vicende tutte a loro modo importanti per definire la figura e l’insegnamento di una grande donna: la contessa Alba Toni Brasini, in arte "Koefia". La scuola che da lei prende il nome, fondata insieme al marito Ugo nel 1951, deve a tutti loro incondizionata gratitudine. Tra co- loro che hanno vissuto e lavorato insieme alla contessa ci è d'obbligo ringra- ziare il Prof. Giuseppe Di Pasquale, attuale proprietario e Direttore dell'Ac- cademia, che negli anni ‘70 ne fu allievo modello. I suoi racconti pieni di det- tagli commoventi, sono una miniera di fatti per la storia dell’alta moda ro- mana. Bianca Maria Piccinino, storica giornalista RAI, Bonizza Giordani Ara- gno e Bianca Lami, storiche della moda, hanno pubblicato in vari tempi noti- zie intorno a Toni Alba e alla sua scuola. Le ringraziamo per il prezioso con- tributo. Così come per le loro testimonianze i giornalisti, famosi o meno, che nei loro articoli hanno ci hanno lasciato traccia dei nobili fatti di Koefia. Nominiamo idealmente tutti i collaboratori che dai decenni più lontani fino a oggi hanno tenuto alto il nome della scuola e della sua fondatrice. Que- sta storia è a loro modestamente dedicata. Infine gli studenti dell’Accademia, passati, presenti e futuri. Qualcuno stilista in prestigiose maison, tanti altri professionisti dell’alta moda e première di note sartorie. Ma tutti dediti, per sempre, a confermare, con la qualità di cui sono capaci, l’eccellenza della moda italiana nel mondo. Esattamente ciò che Toni Alba Brasini Koefia desiderava.

Sommario

MADAME KOEFIA, UNA PERSONALITÀ DELL'ALTA MODA ITALIANA 7 Grandi propositi e un metodo esclusivo 8 Dal 1913 ai primi anni '50 10 Il fascino di un nome: "Koefia" 14 L'incontro con Mya Salvati a Roma 16

1951. L'ACCADEMIA KOEFIA APRE I BATTENTI 18

GLI ANNI '50 E '60 21 Le allieve: le qualità dell'insegnamento 25 La Rassegna KOEFIA 28

L'ALTA MODA A ROMA 31 La Camera Nazionale della Moda Italiana 32

GLI ANNI '70 E '80 34

DAGLI ANNI '90 AD OGGI: LA FORTUNA DI UNA SCUOLA CUSTODE DELL'ALTA MODA ITALIANA 37

L'ATELIER, PER UNA DIDATTICA DI ECCELLENZA 39

APPENDICE FOTOGRAFICA 43

Madame Koefia, una personalità dell'alta moda italiana

«La contessa Koefia è una piccola donna con un gran ciuffo di capelli scuri com- posti, ma senza particolare cura, sulla fronte. Koefia è il suo nome di battesimo, in Romagna succede. È nata infatti a Ravenna. Il suo cognome è Toni. Da bam- bina, invece di studiare aritmetica, preferiva tagliare i modelli. Tutta la famiglia Toni si vestì per quindici anni (da quando Koefia ne aveva quattro) con modelli Koefia. A diciannove anni Koefia scoprì una nuova tecnica rivoluzionaria, quella di tagliare i modelli non sul tavolo, ma sul manichino»1.

È il 1955. Accademia Koefia è una istituzione formativa della moda a Roma, attiva da alcuni anni, di un certo successo. La giornalista racconta di un nome che affascina, proprio ciò che la contessa desiderava. Koefia, infatti, non era il nome di battesimo della fondatrice, ma il suo nome d'arte. Al secolo Alba Toni, cognome molto diffuso in Emilia-Romagna, la sua terra di provenienza, aveva scelto questo pseudonimo per il suono esotico, che rimaneva impresso. Un nome raro e prezioso, con cui Alba Toni era entrata in punta di piedi sulla scena dell'alta moda italiana. Grandi occhi marroni-verdi, il naso diritto, belle labbra e un fisico formoso, come la moda degli anni cinquanta prediligeva. Questa era ma- dame Koefia, contessa Brasini. Una donna dotata di forte temperamento, ma dai modi gentili, molto comunicativa per quel suo modo di fare, profon- damente simpatetico, tipico di coloro che provengono dall'Emilia, vuoi per l'accento, vuoi per l'atteggiamento cordiale con cui in quelle zone ci si pone rapporto con gli altri. Non pochi sono i commenti sulla personalità di Koefia reperibili ne- gli articoli dei rotocalchi a lei dedicati, in cui si dà notizia dell'apertura della Casa Creatrice di Modelli Alta Moda Koefia a Roma, nel quartiere Prati, a due passi dal Vaticano. Dalle numerose interviste di quegli anni si hanno altri particolare della sua personalità. Ne esce il ritratto di una

1 La tuta nera garantisce un avvenire alle ragazze, Roma, 30 ottobre 1955, articolo apparso su L'Europeo 524. donna sicura di se stessa, volitiva e decisa, ma anche dotata di grande gen- tilezza d'animo: «Koefia è una modellista piena di buon gusto e di volontà, che sa affrontare, con spirito sereno e tenace, una mole di lavoro non indif- ferente, quale è quello di scegliere, coordinare e unificare, secondo una di- rettrice sola, le varie creazioni di modelli che saranno sottoposti alle sar- torie d'alta moda, prima, e alle sarte secondarie, poi, per le confezioni»2. Chi la incontrava rimaneva impressionato dalla sua determinazione, cui sapeva unire fascino e mistero.

Grandi propositi e un metodo esclusivo

Questa sua salda volontà di riuscire, l'entusiastica attitudine al la- voro, la capacità di trovare sempre nuovi spunti, rendono madame Koefia un personaggio chiave nel panorama della moda italiana allora nascente. Alba Toni desiderava, infatti, creare un proprio stile italiano, pro- porre alle donne un modo di essere eleganti che fosse riconoscibile in tutto il mondo, differente rispetto alla moda transalpina allora imperante. Forte di questa ambizione, negli anni cinquanta la Casa Creatrice di Modelli Alta Moda Koefia si propose così come punto di riferimento per la moda. Riferendo del progetto di madame Koefia «per l'affermazione della "Moda Italiana"», il giornalista dava conto di quanto fosse “ indispensabile la crea- zione della "linea nuova", creazione che, per essere unitaria, ha bisogno di un ambiente estraneo e al di sopra delle singole sartorie […] Quest'anno, per la primavera-estate 1952, Koefia ha lanciato la sua "linea nuova" con la creazione della "lorica", una specie di tunica sciolta in vita, senza cinture o cuciture di corpetto a gonna, ma con la vita stretta a busti sottostanti così da apparire appena segnata nel movimento, con effetti di sciolta na- turalezza e particolare signorilità»3. La "lorica", per inciso, era un'armatura-corazza di età romana, tipica dei legionari; di cuoio o di metallo, fatta a maglie segmentate, che in alcuni tipi arrivava fino al ginocchio. Koefia aveva scelto questo nome per la sua

2 Trionfo della moda italiana. La nuova linea di Koefia, 1952, Roma. Articolo a firma "Anna", apparso su Il Commercio d'Italia, p.3. 3 Ivi.

- 8 - creazione scopi evocativi, riferendosi alla storia del costume, per comuni- care forza e determinazione. Com'era nel suo stile. Possiamo senz’altro considerare Koefia una donna manager. Una donna lungimirante e vigorosa, capace di proporre il suo stile in un mo- mento cruciale per la moda italiana. Nel 1956, indicando le tendenze della moda italiana per il “fantastico 2000”, Koefia asserisce orgogliosa: «mi sento all'avanguardia, molto all'avanguardia». Nel 2000 “ci si vestirà di bianco o turchese, con calzoni e giacchette”4. L’innovazione concerneva anche il metodo di progettazione degli abiti, il cartamodello tridimensionale, da lei inventato giovanissima, a di- ciannove anni. «Non più taglio sul tavolo […] con regole geometriche che spesso nulla hanno a che fare col soggetto che dobbiamo vestire, ma tagli direttamente sul manichino, così da non perdere di vista la figura e sapere da dove ha origine un difetto»5. Ingegnosa, vulcanica, lavoratrice indefessa, a partire dal suo trasfe- rimento a Roma Koefia riuscì a dar corpo al suo progetto, quello di affian- care all’atelier di modellistica un'Accademia di formazione, la prima nel suo genere, dimostrando un fervore e una capacità immaginifica fuori dal comune. Le interviste del tempo testimoniamo del suo furore creativo, ad esempio quando descrive l'impianto didattico della nuova scuola.

«Dopo il successo del corso per modellisti – nota l'articolista – la contessa Koefia pensò: "Chi darà ai miei diplomati modellisti ispirazione per i loro modelli? Biso- gna creare dei figurinisti". In mezz'ora tracciò i punti salienti da svolgere nel nuovo corso, istituendo un sistema del tutto nuovo. Dopo otto mesi aveva messo in giro per il mondo una cinquantina di artisti del disegno di moda. Poi occorreva chi sapesse confezionare i vestiti immaginati dai figurinisti e realizzati in carta dai modellisti (i confezionisti); chi indossasse gli abiti (le indossatrici); chi li sa-

4 Da un articolo del 1956. 5 Ivi.

- 9 - pesse esporre in vetrina (i vetrinisti). Seguì il corso per cartellonisti ("La pubbli- cità stradale, com'è fatta ora, è molto brutta" dice la contessa, "bisogna rivoluzio- narla") e quella per i costumisti»6.

L'Accademia nata nel 1951 da tanto entusiasmo fu dunque l’espres- sione compiuta del suo carattere vulcanico. Koefia, in un'altra intervista, parlando della propria filosofia di vita e di lavoro, di sé ebbe a dire:

«Io sono un'artista […] e dalla mia mente scaturiscono sempre nuove idee per nuovi abiti, pertanto la mia attività di creatrice di modelli non l'ho ancora abban- donata. Cerco con i miei modelli in carta e tela la media borghesia: quella a cui si rivolge la gran massa delle donne italiane che non può pagare le alte cifre che vengono chieste per le confezioni dai celebri atelier di alta moda. Sono certa così di contribuire al sempre maggior successo della moda italiana»7.

Dal 1913 ai primi anni '50

Alba Toni nacque il 6 aprile 1913 a Ravenna. Ancora giovanissima, ossia negli anni della sua formazione scolastica, sentì forte il desiderio di approfondire il suo interesse per la moda, iniziando a fare esperienza presso laboratori sartoriali e di modisteria, l’arte dei cappelli. È all'incirca in questo primo periodo di attività che possono collo- carsi l'incontro e il matrimonio con il Conte Ugo Brasini, di Forlì, dove la sua famiglia era proprietaria di una filanda importante e nota nel territo- rio, tanto che nel 1888 l'allora Re d'Italia Umberto I andò a visitarla sotto- lineandone il livello di l'organizzazione del lavoro e gli intenti umanitari8.

6 La tuta nera garantisce un avvenire alle ragazze, di Laura Bergagna, Roma, 30 ottobre 1955, articolo apparso su L'Europeo 524. 7 Cfr. Articolo a firma Lelia apparso su Orizzonti 19, 1954-1955. 8 La filanda era collocata presso Palazzo Morattini a Forlì; una lapide affissa in facciata ricorda l'avvenimento: "La maestà di Umberto I, con le su Altezze Reali, Vittorio Emanuele Principe Ereditario, Amedeo Duca d'Aosta, Vittorio Emanuele Conte di To- rino, il XXIX agosto MDCCCLXXXVIII, auspicando un miglior avvenire per gli operai dal benefico uso dei capitali, visitò quest'opificio, sorto a ravvivare ne la città nostra ove ha tradizioni antiche casalinghe la trattura della seta, prima de le industrie italiane onde hanno lavoro donne e fanciulle de la classe più umile prediletta al suo cuore augusto" (http://www.nerodichina.it/restauro/mora02.html).

- 10 - Quella con il conte Brasini fu un'unione felice. Alla capacità di astra- zione e alla vena artistica di Alba facevano riscontro le doti di organizza- zione e il senso pratico di Ugo. Insieme seppero muoversi sagacemente ne- gli anni successivi al loro incontro per promuovere l'attività di Alba con l'apertura di case di modelli di alta moda in varie città, nell'ordine a Forlì (Primaria Casa di Modelli), a Ravenna, a Firenze, infine a Roma. Madame Koefia – lo si è visto – teneva particolarmente alla sua formazione di mo- dellista e sarta, ma desiderava qualcosa di più, e infatti dichiarava sul passaporto la sua professione essere quella di "creatrice di moda". Ugo e Alba si amarono moltissimo. Lo spirito libertino e il dinami- smo di lui fu temperato dalla presenza di una donna forte e amorevole al suo fianco. Il Conte Brasini – ricorda chi li conobbe – era solito rivolgersi affettuosamente alla contessa con il nomignolo di 'gagina', a significare 'ro- magnola', donna della 'terra dei gagi', con i capelli ramati e la pelle lentig- ginosa. A vent'anni Alba Toni era già una modellista professionista, ma fu la sua ambizione a migliorarsi a farle incontrare Ugo Brasini, per poi, in- sieme a lui, operare il trasferimento a Ravenna e a Firenze, dove rimase con la sua casa di modelli negli anni della guerra. Ebbero un certo suc- cesso. La tecnica del cartamodello tridimensionale, da lei inventata, la rese nota al punto che le migliori sartorie di tutta Europa ne richiedevano i modelli. Era il momento di fare un salto di qualità. Alba Toni Koefia era fiera del lavoro artigianale fatto in atelier, dei modelli che uscivano dal suo laboratorio, del suo metodo di lavoro di cui intuiva tutto il potenziale valore, addirittura rispetto alla Francia. Era sua ferma convinzione, infatti, che non esistesse una moda francese unitaria. Sussistevano di contro – come ebbe a dire – solo grandi nomi, «imposti in virtù di abili campagne pubblicitarie, e per snobismo, alla nostra clientela meno scelta e meno scaltra, senza contare che molte di quelle cosiddette creazioni francesi sono espressione diretta di modellisti italiani di arti- giani e di artisti italiani, trasferitisi a Parigi»9. In un certo senso aveva

9 Come nasce la moda. Quattro chiacchiere con Koefia creatrice di modelli italiani, di Ful Giu, ritaglio di rivista non specificata, del 1953 (Archivio Storico Koefia).

- 11 - ragione. L'affermazione della moda italiana dei decenni successivi lo avrebbe comprovato. Fu per perfezionare il suo lavoro materiale e creativo, artigiano e sartoriale, per potenziarlo in chiave internazionale, che Alba Toni e Ugo Brasini trasferirono le loro aziende di modellistica prima a Firenze, poi a Roma. dove ebbe sede la Casa Creatrice di Modelli Alta Moda Koefia. Prima il lavoro, quindi, la proposta commerciale di modelli, poi l'Accade- mia e l'insegnamento. Fu il successo dei modelli a convincere la coppia – come racconta Koefia stessa in un'altra intervista – a «prendere e mantenere l'iniziativa del lancio della moda italiana» nella capitale; tanto «da richiamare l'atten- zione dei buyers americani e quella dei tecnici e critici di arte europei, i quali hanno dovuto riconoscere alle recenti esposizioni di alta moda inter- nazionale la superiorità e la supremazia dei modelli italiani. È ormai risa- puto e che le grandi attrici del cinema e del teatro mondiale vengono a Roma a rifornire i loro guardaroba»10. La moda italiana era in effetti in quegli anni cinquanta e sessanta sua via di diventare grande. Quanto al metodo del cartamodello tridimensionale inventato da Koefia, esso rappresenta un capitolo appassionante della storia dell'Alta Moda italiana che attende di essere scritto con dettaglio di particolari. Ac- cademia Koefia ne è attualmente la custode esclusiva. In breve, si tratta di una variante del moulage francese, del drappeggio (in inglese draping), tecnica che permette una grande libertà in termini di design11. Con il cartamodello tridimensionale la forma e il taglio del capo – a partire dal figurino disegnato – vengono realizzate sul manichino, non in

10 Ivi. 11 L'invenzione spetta a Madeleine Vionnet – fondatrice della Maison Vionnet – famosa anche per il "taglio in sbieco" che rivoluzionò il modo di vedere il corpo femminile. Nel moulage francese la tela viene drappeggiata con libertà ed equilibrio intorno al ma- nichino sartoriale, mentre il cartamodello, fedele alleato di tutte le sarte, viene comple- tamente ignorato, per passare direttamente alla confezione. Cfr. A. DUBURG, R. VAN DER TOL, Moulage. Arte e tecniche nella creazione di moda, Promopress 2016; A. DONNANNO, N. BONZI, La tecnica dei modelli. Alta Moda: 1, Ikon 2015; N.C. ILHEN-HANSEN, C. CHA- LIN-MARIOTTE, The Art of Draping / L'art Des Drapés, ESMOD 2012.

- 12 - tela ma in carta velina. Il modello di carta così scolpito viene successiva- mente tradotto in tela, dando forma a un prototipo di abito completo di tutte le componenti, pronto per passare alla fase sartoriale. I grandi capi dell'alta moda italiana sono creati ancor oggi così. Torniamo alle nostre vicende. Già deciso il trasferimento a Roma, il 21 aprile 1950, il Conte Ugo Brasini deposita il marchio d'impresa Koefia presso la Camera di Commercio di Modena e Forlì, ad uso commerciale per "figurini e modelli per abbigliamento femminile"12. Prima di questo passo lungamente ponderato, negli anni della seconda guerra mondiale, Alba e Ugo furono a Firenze, dove la loro azienda subì molti danni, per cui deci- sero di trasferirsi, rilanciando il loro progetto altrove. L'atelier fiorentino – racconta Koefia – era in tutto simile a quello che già i coniugi Brasini avevano a Forlì, come Alba Toni stessa dichiarò alcuni anni dopo: «Sono stata titolare di due case di creazione, non di abiti, ma di modelli a Forlì e a Firenze. Con la guerra subii parecchi danni e ho avuto la possibilità di ricominciare da qualche anno. Considerando il grande sviluppo che va ot- tenendo nel mondo la moda italiana, ho ritenuto che fosse opportuna e utile l'istituzione di questa Accademia»13. Fu la Guerra, quindi, a indurla a vari cambiamenti e traslochi. Bianca Maria Piccinino, famosa giornalista italiana RAI, inviata a tutte i grandi défilé che hanno fatto la storia della moda, ricorda Koefia presente alla celebre sfilata organizzata da Giorgini a Firenze14.

«Il caso la vuole a Firenze sposata con il conte Ugo Brasini. Il 1951, sarà una data importante per Koefia che vive da spettatrice il primo incontro ufficiale con la

12 http://dati.acs.beniculturali.it/oad/uodMarchi/MR099805 13 Articolo apparso su Orizzonti 19 a firma Lelia, intorno al 1954-1955. 14 Alla sfilata fiorentina del 1951 partecipano 13 case di moda italiane, che pre- sentano i loro modelli di abiti: nove per l'alta sartoria e quattro per la moda-boutique. Per l'Alta Sartoria sfilano Simonetta, Fabiani, Fontana, Schuberth, e Carosa di Roma, Germana Marucelli, Jole Veneziani, Noberasco e Vanna di Milano; per la moda-boutique Emilio Pucci, Avolio, Bertoli e la Tessitrice dell'Isola. Cfr. G. Chesne Dauphiné Griffo, G. B. Giorgini: la nascita di una moda italiana, in La moda italiana. Le origini dell'alta moda e la maglieria, a cura di G. Bianchino, G. Butazzi, A. Mottola Molfino e A.C. Quin- tavalle, Milano, Electa, 1987, pp. 66-71; G. Vergani, La Sala Bianca: nascita della Moda Italiana, Milano, Electa, 1992.

- 13 - nascente moda italiana e respira la novità dei tempi. Reagisce con entusiasmo al grande interesse suscitato intorno allo stile, alla forma e all'artigianato italiano in un momento di 'rinascita' dopo la disastrosa guerra mondiale. Sarà Roma la sua meta finale»15.

L'unione tra Alba e Ugo e l'acquisizione del titolo nobiliare per ma- trimonio saranno fondamentali per la fortuna di Koefia. Infatti, la moda italiana – nata convenzionalmente nel'51 a Firenze – fu inizialmente so- spinta dal sodalizio d'intenti tra le sartorie della tradizione italiana e gli ambienti nobiliari con saldi rapporti d'interesse oltralpe e negli Stati Uniti: si pensi al Giorgini, conte egli stesso, o ai marchesi Emilio Pucci ed Elsa Schiaparelli, tra l'altro amica della stessa Koefia durante il suo ul- timo soggiorno a Roma16. Si può dire, dunque, senza forzature, che la moda italiana nasca e si affermi proprio grazie ai rapporti d'interesse e alle pro- spettive d'internazionalizzazione cari agli ambienti aristocratici, che nel secondo dopoguerra poterono rilanciarsi guardando ai grandi mercati esteri, in primo luogo al mercato americano per il quale l'arte, la bellezza, il design e la nobiltà italiani erano motivo di distinzione.

Il fascino di un nome: "Koefia"

È del 1950 la registrazione del marchio "Koefia" presso la Camera di Commercio di Forlì da parte del conte Ugo Brasini. Un anno dopo sa- rebbe stata organizzata da Giovan Battista Giorgini la prima sfilata dedi- cata alla moda italiana presso Palazzo Torrigiani-Pitti a Firenze, alla pre- senza di un pubblico, appunto, americano interessato ad acquistare. Solo

15 Bianca Maria Piccinino (1924- ) è stata dal 1953 autrice televisiva e presenta- trice di divulgazione scientifica. Fu la prima donna a condurre un telegiornale RAI. È stata fino agli anni '90 responsabile dei servizi RAI inerenti la moda. Ha insegnato "moda come costume all'Accademia Koefia di Roma e scrive articoli per varie riviste" (https://it.wikipedia.org/wiki/Bianca_Maria_Piccinino). 16 Poco sappiamo del loro rapporto, se fossero intime o se sporadicamente si in- contrarono. Certo per un periodo si frequentarono. Elsa Schiaparelli (1890-1973) è stata un'influente figura della moda europea, insieme a Coco Chanel. Romana, figlia di intel- lettuali piemontesi, la madre proveniva da una famiglia dell'aristocrazia napoletana di- scendente dai Medici. Dopo una vita tra Londra e Parigi, rientra a Roma negli anni '50, dove apre la Maison Schiaparelli, che rimarrà attiva fino al 1954.

- 14 - due anni dopo avrebbe avuto inizio l'avventura romana di Alba Toni Bra- sini Koefia con la Casa Creatrice di Modelli Alta Moda e dell'annessa Ac- cademia. Non fu una coincidenza. I conti Brasini registrarono il marchio ben consapevoli dell'impor- tanza di un simile atto a quell'epoca, in cui l'Italia stava risalendo la china e il mondo della moda, allora nascente, era in fermento. A fronte di una simile situazione è inevitabile porsi una domanda: perché il nome Koefia? Perché la scelta di una denominazione così inusuale? In un articolo del 1954, apparso su Orizzonti19, rivista femminile e di moda, la giornalista ne rende ragione, stupendosi come noi dell'uso di un altro termine incon- sueto da parte di Toni Alba: «Le confezioniste, così la Contessa Koefia, che evidentemente ama i nomi che fanno colpo (come del resto è il suo), chiama le sarte […]»17. Koefia sapeva dare importanza alle parole. Le sceglieva per trasmettere concetti, nell'idea di rimanere impressi dischiudendo agli in- terlocutori orizzonti lontani e mitici. Aveva capito che alla moda doveva corrispondere un sogno. Koefia è un termine che ha peraltro molteplici rimandi. La "kefiah", è noto, è il copricapo tradizionale della cultura araba, usato talvolta come sciarpa. Ma più precisamente Koefia – o secondo altre denominazioni Coefia, El-Coefia, localmente Kuwayfiya – è un'oasi nei pressi di Tripoli, dove nel 1911 avvenne una famosa battaglia con esisti favorevoli all'Italia durante la guerra di Libia18. L'idea del nome, dunque, ha una connotazione eroica, coloniale e di ardimento che ben si confà allo spirito d'iniziativa caratteristico di Toni Alba Brasini e del marito Ugo. Bianca Maria Picci- nino, dobbiamo citarlo, ha un'opinione in parte differente, ma ugualmente plausibile: «Koefia infatti è il nome di un piccolo villaggio della Libia, fa- moso fin dal '700 perché tutti gli abitanti avevano una sola attività: quella

17 Cfr Articolo apparso su Orizzonti 19 a firma Lelia, presumibilmente intorno al 1954-1955. 18 Cfr. C. Stephenson, A Box of Sand. The Italo-Ottoman War 1911-1912, Ticehurst, Tattered Flag Press, 2014, p. 137. Successivamente a Coefia venne istituito un campo di concentramento, attivo tra il 1930 e il 1933, dove sono internati soprattutto civili libici nel numero di circa 300-400; civili dissidenti dediti – sembra – ad attività di confezione. Cfr. G. Ottolenghi, Gli Italiani e il colonialismo. I campi di detenzione italiani in Africa, Milano, Sugarco 1997.

- 15 - di cucire e di vestire gli abitanti di tutto il territorio circostante. Era certo un nome molto significativo per una scuola di moda!»19. In quei decenni tremendi ed epici, fatti di speranze d'anteguerra, di crisi bellica, di rinascita e di ricostruzione ha le sue radici la fortuna di un settore dell'artigianato – la moda, appunto – che darà lustro, nei decenni seguenti, all'Italia nel mondo. Certamente madame Koefia e Ugo Brasini vissero quei venticinque anni di cambiamenti politici e sociali con grande energia, senza mai abbattersi, cercando nuovi stimoli, trasferendosi più volte, ricostruendosi una vita all'insegna di tre parole d'ordine: lavoro, la- voro e ambizione.

L'incontro con Mya Salvati a Roma20

È con l'arrivo a Roma, nel 1951, che avviene il proficuo incontro di Koefia con Mya Salvati, donna poliedrica, forte e di grande spessore intel- lettuale, moglie di Igino Giordani, deputato e padre costituente21. Punto comune tra Mya e Koefia fu la passione per l'arte, per la mu- sica e il canto. Mya manifesta fin da subito grande interesse per Alba Toni e per il suo progetto di aprire un'Accademia dedicata all'alta moda, che sarebbe stata la prima in Italia. In una città distrutta ma vitale, dove l'aristocrazia cercava riscatto, e dove le sartorie storiche – Ventura, Battilocchi, Zecca, Montorsi, Botti e poi Gattinoni22 – non vedevano di buon occhio i nuovi arrivati, la vicinanza

19 Notizia citata da Bianca Maria Piccinino nel suo profilo dell'Accademia. 20 Notizie da un'intervista con Bonizza Giordani Aragno, che calorosamente rin- graziamo per disponibilità e simpatia. 21 Personaggio di grande rilievo politico, religioso e culturale, Igino Giordani (Ti- voli, 24 settembre 1894 – Rocca di Papa, 18 aprile 1980). Fu scrittore, giornalista e poli- tico italiano, direttore della Biblioteca Apostolica Vaticana e cofondatore del Movimento dei Focolari di Chiara Lubich, membro dell'Assemblea Costituente e Deputato. 22 C. Capalbo, Da sartorie e case di moda. L'evoluzione del comparto abbiglia- mento a Roma dall'Unità al secondo dopoguerra, in "Annali di Storia dell'Impresa", 19, 2008, pp. 228; 233; 236. Fernanda Gattinoni. Moda e stelle ai tempi della Hollywood sul Tevere, a cura di S. Gnoli, Silvana Editoriale 2010; I. Paris, Oggetti cuciti. L'abbiglia- mento pronto in Italia dal primo dopoguerra agli anni Settanta, Franco Angeli 2007, pp. 238; 253. E. Paulicelli, Fashion under fascism. Beyond the Black Shirt, Berg 2004, pp.

- 16 - di Mya fu di grande aiuto a Alba Toni. Mya era una donna esuberante, dai mille interessi, molto attenta alle iniziative sociali. Non restò indifferente al carisma di Koefia, al suo desiderio di ascesa, al suo progetto di forma- zione, serio e ben pensato. Le offrì quindi il suo aiuto. Forse la consigliò circa la sede di Palazzo Menotti, in Via Vittoria Colonna, dove l'Accademia avrà il suo primo domicilio. Certamente Mya l'aiutò ad arredare il nobile appartamento adattandolo per le attività didattiche. Ma l'aiuto di Mya andò oltre. Con molta probabilità offrì a Koefia anche il suo sostegno economico nei momenti difficili degli inizi. Fu in- somma Mya Salvati a schiudere a Koefia le porte della società romana, a sostenerla, a spiegarle come muoversi, a rincuorarla circa la bontà del suo progetto educativo, dedicato alle ragazze di buona famiglia, alla promo- zione dell'eleganza e dello stile a Roma. Ce n'era davvero bisogno. I tempi stavano rapidamente cambiando. Tramontava l'epoca delle "sartine indipendenti, le isolate, che abitano una periferia percorsa da treni e cuciono nella stanza da letto, misurano nella sala da pranzo (c’è sempre un grosso tavolo con tappeto di pizzo ed aspidistra in vaso d’ottone, ed il lume trema al passaggio dei camion)”, come ricorda Sofia Gnoli ci- tando la giornalista di costume e scrittrice Irene Brin23. Il mondo guarda adesso con interesse alla moda confezionata e inizia anche in Italia l'epoca delle maison. La moda e l'eleganza sono pronte per diventare materie d'insegnamento.

196-197. V. Maher, Tenere le fila. Sarte, sartine e cambiamento sociale 1860-1960, Ro- senberg & Sellier Editori 2007, p. 341. P. Battilani, D. Strangio, Il turismo e le città tra XVIII e XXI secolo: Italia e Spagna a confronto, Edizioni Franco Angeli, 2007, pp. 451- 452. C. M. Belfanti, Civiltà della moda, Il Mulino 2008, p. 246. Dizionario della Moda 2004, a cura di G. Vergani, Baldini Castoldi Dalai Editore 2003, pp. 484-486. S. Gnoli, Un secolo di moda italiana. 1900-2000, Meltemi Editore 2005, pp. 109, 134-136. 23 S. Gnoli, Eleganza fascista. La moda dagli anni Venti alla fine della Grande Guerra, Carocci 2017.

- 17 - 1951. L'Accademia Koefia apre i battenti

Sede di Cinecittà, famosa in tutto il mondo per le sue bellezze archeologi- che e artistiche, negli anni Cinquanta Roma diventa meta preferita del turismo internazionale di alto bordo: registi, attori, personaggi del bel mondo e della politica approdano nella città eterna, configurando quel vi- vace ambiente cosmopolita che Fellini chiamerà "la dolce vita" alcuni anni più tardi. L'arrivo nella Capitale di Toni Alba Brasini e la fondazione dell'Ac- cademia furono salutate con entusiasmo dalla stampa locale: «L'apertura di una sede a Roma da parte di "Koefia", modellista che pur avendo una vasta rete di lavoro nell'Urbe, aveva finora la sua residenza in altre città, può avere una grande importanza, specialmente in questo momento in cui la moda italiana è all'ordine del giorno e si va imponendo in patria e all'e- stero».24 Grandi speranze fanno da sfondo all'insediamento in Palazzo Me- notti, in Via Vittoria Colonna 39, delle attività di creazione e di modelli- stica, in una bellissima casa signorile posta nel cuore finanziario e politico della città. Vi si insedia, prima, nel giugno del 1951, la Casa Creatrice di Modelli Alta Moda Koefia, seguita pochi mesi dopo dall'Accademia, scuola per creatrici di moda, che subito si distingue in città per la vivacità dell'am- biente formativo e per l'alto livello di preparazione al quale le allieve ven- gono educate. Articoli d'epoca registrano in modo entusiastico gli esordi di queste nuove attività, nate per essere esempio del Made in Italy. Parlando con i giornalisti la fondatrice mostra una spiccata attitu- dine al marketing. «Nella bellissima sede di Via Vittoria Colonna, Koefia ha una fucina in piena attività: accanto ai salotti decorati con gusto squi- sito, ferve la vita dei disegnatori; da qui si passa nel salone adibito a scuola di taglio ispirata a metodi nuovi […]. L'organizzazione è completa e non manca la meritata affermazione perché Koefia è conosciuta anche all'e- stero; di recente s'è accordata con l'Egitto e con altri Paesi d'oltre Oceano

24 Trionfo della moda italiana. La nuova linea di Koefia, 1952, Roma. Articolo a firma "Anna", apparso su Il Commercio d'Italia, p.3.

- 18 - per l'invio di modelli che saranno le staffette avanzate della moda italiana in terra straniera dove porteranno il nostro messaggio di grazia e di buon gusto.»25 In un vivace articolo apparso su L'Europeo si tratteggia il contrasto con le altre attività di Palazzo Menotti: «In via Vittoria Colonna, a Roma, all'angolo con Piazza Cavour, c'è un palazzo assai dignitoso d'aspetto, con colonne alla porta e marmoreo scalone. Dev'essere stato dimora di qualche antica aristocratica famiglia, i busti dei cui componenti guardano dalle ap- posite nicchie nell'atrio e nei piani, tra una porta e l'altra. Vi abitano due commendatori, un cavaliere avvocato, un fotografo e tre signori non tito- lati. C'è poi un'agenzia commerciale e una confederazione»26. Accanto a loro Madame Koefia, donna manager ante litteram, si adopera instanca- bilmente per promuovere la propria Casa Creatrice di Modelli e i corsi di formazione professionale di alta moda istituiti a pochi mesi dall'apertura. Modellistica, creazione, formazione si integrano in un unico processo che dà luogo a un originale metodo accademico di lavoro e apprendimento in atelier. Ne scaturisce un team di disegnatori e modellisti ispirati dalla personalità di Koefia a lavorare insieme per soddisfare, mentre gli allievi imparano, una clientela internazionale. Come nasce la moda, intitola un giornalista attento a capire i nessi tra lavoro, progetto e insegnamento

«Accanto alla scuola c'è poi il laboratorio vero e proprio ed è quello che prepara due collezioni all'anno per la primavera-estate e autunno-inverno. Questi modelli si dividono in due tipi, uno dedicato alle Case d'alta moda e un altro alle sartorie. Naturalmente un'intesa sotterranea corre fra la Casa produttrice di modelli e le grandi industrie tessili acciocché si raggiunga una sintonia della produzione più che necessaria, indispensabile. Figurini-campione sono poi inviate alle più grandi sartorie d'Italia, d'Europa e d'America le quali manderanno poi i loro rappresen- tanti a Roma per l'acquisto dei modelli in esclusiva»27.

25 Ivi. 26 La tuta nera garantisce un avvenire alle ragazze, di Laura Bergagna, Roma, 30 ottobre 1955, su L'Europeo 524. 27 Come nasce la moda. Quattro chiacchiere con Koefia creatrice di modelli ita- liani, articolo a firma Ful Giu, del 1953.

- 19 - La Casa di Moda facente parte del laboratorio è descritta con dovizia di particolari in un articolo, degli stessi anni, firmato Ruth Finzi, dal quale traspare la riservatezza e la professionalità con cui si lavora. Infatti, alla domanda della giornalista che chiede conto della "segretezza" con la quale tutti sembrano comportarsi all'interno della realtà lavorativa di Koefia, la Contessa risponde: «Non è segretezza, è serietà di lavoro. […] L'organizza- zione della Casa è molto complessa; il lavoro che noi facciamo si divide in due grandi gruppi ben distinti l'uno dall'altro, noi creiamo modelli per molte Case di moda straniere ed italiane, grandi e piccole: alle grandi Case noi diamo l'esclusiva assoluta del Modello, alle piccole assicuriamo il Mo- dello più elegante, più perfetto e più in voga»28. La Casa Creatrice di Modelli Alta Moda Koefia si articola in due set- tori distinti: la sezione amministrativa e organizzativa e i laboratori.

«In un appartamento semplice e tranquillo non molto lontano dagli uffici della Casa Madre, quasi un santuario, dove nessun occhio profano può penetrare, una ventina dei nostri migliori disegnatori italiani danno il loro apporto artistico per la creazione dei più inediti, nuovi ed eleganti disegni, che i creatori di modelli direi quasi plasmano sui corpi snelli e duttili delle indossatrici o sui rigidi man- nequin; poi abili tagliatori tagliano le bianche tele che le cucitrici montano accu- ratamente; in altre stanze gli aerografi per le copie dei figurini a colore ronzano dolcemente e così via via, stiratrici, piegatrici, speditrici, una vera fucina d'arte. La vita nell'altro appartamento, quello di rappresentanza, dove hanno sede solo alcuni uffici, è quasi fatata, un'atmosfera raccolta tranquilla silenziosa, qui vi sono pochissime persone e alcuni dirigenti, si vaglia il materiale artistico, si sce- glie, si classifica, si destina, si decanta il miele raccolto nell'altra arnia operosa. Qui ogni Casa di Moda può trovare quanto desidera e quanto abbisogna per le sue più opulenti ed eleganti creazioni. Le Case di moda non sono mai conosciute col loro vero nome, ma solo con un numero, con una sigla; ognuno entra silenzio- samente, gli viene ogni volta mostrato un centinaio di disegni di modelli che poi nessun'altra casa rivedrà mai più poiché acquistata l'esclusiva di quelli scelti, si

28 Cfr. Rivoluzione italiana nel campo della moda. Signore porterete la lorica!, articolo di Ruth Finzi, apparso su Il Popolo di Roma, Domenica 13 gennaio 1952, Anno III, n.25.

- 20 - ha la sicurezza che tutti gli altri visti non saranno più presentati alle altre grandi Case di Moda»29.

Gli anni '50 e '60

È sempre a Palazzo Menotti che ha sede anche l'Accademia, realtà non certo di minore importanza agli occhi della Contessa, che vi si dedica in- stancabilmente, dando prova di notevole attenzione a ogni esigenza delle proprie allieve. L'apprendimento avviene sulla scorta di un metodo di cui Koefia è l'ispiratrice, con un insegnamento mirato alle diverse attitudini delle studentesse.

«È un lavoro un poco complesso, che si basa sulla particolarità del mio metodo pratico e originale. Io ho pensato che non basta disegnare un figurino, ma occorre realizzarlo su tela e quindi era necessario fondere in una le due attività, disegno e sartoria. […] Ho infatti organizzato una scuola con una trentina di allieve, molte delle quali provengono dall'Accademia d'Arte, altre dalle Scuole Professio- nali, Scuola che si suddivide in: a) Corso per modelliste d'alta moda; b) Corso per modelliste costumiste; c) Corso per figurini d'alta moda; d) Corso per figuriniste costumiste, queste ultime destinate alla realizzazione dei costumi per cinema e per teatro. […] Tornando alla mia scuola, le ragazze eseguono figurini ad acque- rello, a tempera e ad aerografo, riproducendo con esattezza i tessuti in tutte le loro caratteristiche, e avvantaggiandosi nelle esecuzioni dell'applicazione delle varie materie. Il figurino viene poi riprodotto in tela»30.

I corsi duravano da uno a due anni e preparavano delle autentiche professioniste di alto livello. «Nel 1955 la struttura formativa vanta 400 allieve italiane e straniere che seguono i corsi improntati alle regole del "Metodo Koefia"; in un elenco degli allievi idonei alla sessione d'esame, anno accademico 1959-60, si fa menzione del 30% di allievi provenienti da vari paesi esteri (Persia, Finlandia, Venezuela, Egitto). L'Accademia In- ternazionale d'Alta Moda e d'Arte del Costume Koefia è stata la prima in

29 Ivi. 30 Come nasce la moda. Quattro chiacchiere con Koefia creatrice di modelli ita- liani, articolo di Ful Giu, del 1953 (Archivio Storico Koefia).

- 21 - Italia ad operare nell'ambito del settore sotto il Patrocinio del Ministero della Pubblica Istruzione».31 Ma non solo. All'interno dell'Accademia era anche proposto il primo e unico corso di studi in Italia per diventare indossatrici.

«La sola scuola italiana del genere, regolarmente autorizzata dal Ministero della Pubblica Istruzione, è a Roma, in un vecchio ed aristocratico palazzo nei pressi di Piazza Cavour; un edificio molto dignitoso, con colonne alla porta, scaloni di marmo e nicchie nelle quali fanno bella mostra busti di gesso impolverati. In questa scuola, ogni anno, una ventina di graziose ragazze imparano la difficile arte di essere donne eleganti e affascinanti in ogni momento della giornata e, cosa più importante, apprendono la maniera di "far vivere" il vestito che indos- sano»32.

Le materie del corso si suddividevano in: portamento, comporta- mento in società, educazione fisica, danza, galateo, trucco, pratica di in- dossare vestiti, accessori e gioielli. Il portamento consisteva in un'auten- tica armonizzazione di tutte le parti del corpo, compresa l'espressione fac- ciale, in modo da saper indossare con eleganza qualsiasi capo e saper po- sare con grazia. Inoltre, il portamento si differenziava per gli abiti da mat- tina, pomeriggio e sera. In questo senso l'educazione fisica diveniva mate- ria fondante per rendere più fluidi i movimenti del corpo, abbandonare at- teggiamenti goffi e impacciati. Le lezioni di trucco, tenute da Arden33, in quegli anni di passaggio a Roma, erano poi essenziali per apprendere le ultime novità in campo di cosmetica e realizzare un attento maquillage che fosse adeguato alle di- verse occasioni e non risultasse grottesco o pesante. La Pratica di indossare era poi la materia base e finale del corso: le ragazze dovevano apprendere come indossare in passerella e in sala, due

31 Così nel in Dizionario della Moda 2004, a cura di G. Vergani, Baldini Castoldi Dalai Editore 2003, p. 9. 32 La scuola italiana delle indossatrici, articlo di Enrico M. Ricciuti, 1954 (con- servato in Archivio Storico Koefia). 33 Elizabeth Arden, al secolo Florence Nightingale Graham, creò dal nulla in Ca- nada un impero nel campo dei cosmetici, a tutt'oggi marchio e multinazionale. Alla fine degli anni '50 è a Roma, e sempre frequentare, lei o il suo staff, l'Accademia Koefia.

- 22 - evenienze completamente diverse che richiedevano abilità contrapposte. Se infatti in sala occorreva camminare di più, in pedana lo spazio più ri- stretto riproponeva una situazione simile al palcoscenico, dove quindi l'e- spressività giocava un ruolo di primo piano. È un articolo del Paese della Sera a porre l'accento su cosa ci sia dietro al sogno del diventare indossatrici negli Anni Cinquanta, sogno ol- tremodo comprensibile vista la facilità con cui dai successi di indossatrice si passava ad un fulgido futuro cinematografico:

«dietro la rilucente facciata c'è la dura realtà di un continuo, silenzioso lavoro, di una preparazione a volte molto sacrificata. […] Oggigiorno per diventare indos- satrici non basta avere una bella figura ed è per questo che ad esempio in Roma esiste un'autentica "Accademia di alta moda ed arte del costume" diretta dalla Contessa Koefia. Anche le aspiranti indossatrici, dunque, vanno a scuola; fre- quentano una Università che ha molteplici corsi, regolarmente autorizzati dal Ministero della Pubblica Istruzione. I corsi principali sono quattro e cioè: figuri- nista Alta Moda, Modellista Alta Moda, Confezionista Alta Moda e Indossatrice Alta Moda. Ogni corso dura otto mesi, al termine del quale ogni candidata ottiene un regolare diploma. Per quel che riguarda le indossatrici, materie di insegna- mento sono: l'educazione fisica, la ginnastica artistica, la danza classica, lo studio del portamento, e la pratica di indossare abiti, mantelli o pellicce. […] Le scale sono teatro di lezioni giornaliere, sia per scenderle con grazia sia per eseguire lezioni di ginnastica»34.

C'erano poi le lezioni di galateo, di "attesa" e di "disinvoltura". Que- ste ultime due venivano impartite nell'atrio del palazzo: a un gruppo di ragazze veniva insegnato come attendere con grazia il proprio fidanzato o un'amica, senza guardare continuamente l'orologio, senza passeggiare in su e giù, senza dondolarsi sulle gambe, bensì mantenendo un atteggia- mento sorridente e una posizione "morbidamente eretta"35. La lezione di disinvoltura consisteva invece nell'attraversare senza imbarazzo un locale

34 Un'Accademia per le indossatrici, articolo apparso su Paese della Sera il 15-16 ottobre 1955. 35 La scuola italiana delle indossatrici di Enrico M. Ricciuti, 1954 (conservato in Archivio Storico Koefia)

- 23 - affollato, sapendo sopportare gli sguardi degli uomini con "distinta noncu- ranza"36. Nel 1955 l'Accademia ha ormai preso pieno slancio ed annovera cen- tinaia di iscritte:

«ai sette corsi diretti dalla Koefia, sono iscritti circa quattrocento allievi. L'acca- demia è riconosciuta dallo Stato. Gli insegnanti, data la novità dei metodi, sono tutti ex-allievi, i migliori di ogni corso, il primo del quale è sempre tenuto dalla signora Koefia; la signorina Rita Androsoni, di diciott'anni, campionessa di nuoto e proveniente da una scuola di danza classica, insegna alle indossatrici37; la si- gnorina Mirella Paoletti, di ventidue, che ha vinto di recente un importante con- corso mondiale di figurino, si occupa delle figuriniste, e Bianca Montagna, pure di ventidue anni, fa il corso di modelli. C'è poi un insegnante di ginnastica, uno di storia del costume, e uno di storia dell'arte, materie complementari insegnate da professori di ruolo esterni. Tutti gli altri corsi hanno per maestra la contessa Koefia. […] In un'altra aula si studia anatomia, osteologia, morfologia; nomi dif- ficili che scoprono agli allievi figurinisti l'interna, e inattraente, composizione dei corpi che essi dovranno rivestire, adornare. Altri ancora, i costumisti, appren- dono la storia dell'abito, dagli egiziani fino ad oggi.»38

Da un'intervista rilasciata da Koefia, probabilmente già nei primi anni Sessanta, si coglie poi tutta la cura che viene dedicata all'insegna- mento e l'enorme importanza che i risultati di ogni singola allieva rive- stono persino nel pensiero della fondatrice stessa: «Per la prima cosa […] le ragazze che vengono qui scoprono la loro personalità. Inoltre ogni gio- vane è un mondo a sé e quindi per noi è molto difficile lavorare. Non si può applicare lo stesso metodo a tutte»39. Dunque un apprendimento mirato fin da subito a rilevare le necessità delle discenti, una per una, dando vita a un metodo didattico anch'esso senza precedenti.

36 Ivi. 37 Rita Androsoni (Roma, 1937-) è stata nel 1953 campionessa d'Italia juniores nei 100 stile libero (http://www.laziowiki.org/wiki/Androsoni_Rita). 38 La tuta nera garantisce un avvenire alle ragazze, di Laura Bergagna, Roma, 30 ottobre 1955, su L'Europeo 524. 39 Carlo Fino, L'indossatrice questa sconosciuta. Chilometri in passerella per una moda molte volte discutibile, articolo in ritaglio s.d.n.l. (Archivio Storico Koefia).

- 24 - Bianca Cimiotta Lami dichiara il 22 aprile 2010, durante la Gior- nata di Studi tenutasi a Roma Gli archivi raccontano la moda:

«Nel 1955 la struttura formativa vanta 400 allieve italiane e straniere che se- guono i corsi improntati alle regole del "Metodo Koefia"; in un elenco degli allievi idonei alla sessione d'esame, anno accademico 1959-1960, si fa menzione del 30% di allievi provenienti da vari Paesi (Persia, Finlandia, Venezuela, Egitto). L'Ac- cademia Internazionale d'Alta Moda e d'Arte del Costume "Koefia" è stata la prima in Italia a operare nell'ambito del settore sotto il patrocinio del Ministero della Pubblica Istruzione»40.

Le allieve: le qualità dell'insegnamento

Se è vero che la qualità di una scuola è fatta indubbiamente dai do- centi, bisogna dire che anche gli allievi giocano un ruolo altrettanto impor- tante ed è per questo che è interessante leggere sui giornali dell'epoca le vivide descrizioni delle prime studentesse che si avvicendarono nelle aule dell'Accademia Koefia di Roma. In tute nere attillate e comode le giovani che studiavano per essere indossatrici, in divise a quadrucci bianchi e blu coloro che seguivano il corso per modelliste,

«[…] disinvolte giovani donne, assai diverse, nell'aspetto, dalle curve, macilenti e agucchianti sartine dei romani di un tempo. Le "accademiste" (ma ci sono anche nella proporzione di uno a dieci, degli accademisti, per il corso di figurinisti, car- tellonisti e vetrinisti) erano tutte in aula, raccolte sotto le volte di un aristocratico appartamento dai mobili stile Impero. In una sala, una trentina di fanciulle, al- lieve modelliste, in vaporosi grembiuli a quadretti bianchi e rossi, lavoravano intorno ai manichini, vestendoli, svestendoli, sforbiciando, incollando. Chi, tra queste giovanette, darà il suo nome ad una grande sartoria e detterà la moda?»41

40 B. Cimiotta Lami, La Moda, archivio di memoria storica. La Formazione stru- mento di continuità: 1912- 2012 la tradizione dell’Haute Couture di Toni Alba Koefia Contessa Brasini, in occasione della Giornata di studi: Gli archivi raccontano la moda. Testimonianze, immagini e suggestioni, Roma, 22 aprile 2010; http://moda.san.benicul- turali.it/wordpress/wp-content/uploads/2011/07/Lami1.pdf. 41 La tuta nera garantisce un avvenire alle ragazze, di Laura Bergagna, Roma, 30 ottobre 1955, su L'Europeo 524.

- 25 - Che il livello qualitativo dell'Accademia sia notevole, si coglie anche dai numerosi riconoscimenti: è del 1961 ad esempio l'assegnazione della medaglia d'oro per il Concorso Nazionale del Costume per il Primo Cente- nario dell'Unità d'Italia, promosso dalla F.I.N.S.E.I. sotto l'Alto Patronato del Ministero della Pubblica Istruzione42. Allieve particolarmente motivate, tutte giovani e ognuna con la sua storia, con i propri sogni, soprattutto ciascuna allieva con obbiettivi diversi dall'altra per decidere di frequentare un corso presso l'Accademia Koefia:

«Le allieve che frequentano il corso per indossatrici sono tutte molto giovani; al- cune studiano all'università come Nargis, una bellissima triestina bionda che è al secondo anno di Matematica; altre sono sposate come Nicoletta e Lidia. Certe ragazze frequentano la scuola non per esercitare poi la professione, ma solo per acquistare garbo e disinvoltura. È il caso di Silvia, una bellissima ragazza dagli occhi celesti, che studia pianoforte. Altre poi, e lo dicono chiaramente, intendono dedicarsi alla carriera di indossatrici perché può rendere bene. […] Tutte infine sognano di "far vivere l'abito che indossano", sia su una passerella sia in un sa- lotto»43.

Tuttavia nella mente di ciascuna allieva, sembra che proprio questo sia quello che più conta: "far vivere il vestito", ossia interpretare il perso- naggio giusto per il vestito che in quel momento indossano e, sebbene gio- vanissime, non è la determinazione che sembra mancar loro:

«Vivere nel vestito" è un'espressione che ho sentito ripetere molte volte da queste giovani donne; da Anna Maria, una diciassettenne bruna, che ha un solo sogno, quello di far carriera; da Silvia, appassionata di pittura, che spera di viaggiare molto come indossatrice, per presentare i suoi quadri; da Nicoletta, che vuol far teatro; da Giglia, che ha già fatto del cinema; dalle studentesse universitarie Anna ed Elvi; insomma da tutte le "jeunes filles" che ho visto strette nella tuta nera di maglia far gli esercizi alla sbarra o sottoporsi, pazientemente, al trucca- tore. Fra qualche mese, finito il corso, le case di moda se le disputeranno. Su una

42 Cfr. articolo del 15 dicembre 1961 su La Voce della Scuola Libera. 43 La scuola italiana delle indossatrici di Enrico M. Ricciuti, cit.

- 26 - illuminatissima passerella, queste ragazze mostreranno i modelli più squisiti, che "vivranno" sui loro corpi aggraziati solo per pochi minuti»44.

Non erano anni facili e l'essere giovani non sempre è sinonimo di spensieratezza. Questo è forse il motivo che induceva i docenti a richiedere alle "aspiranti indossatrici" di sfilare con espressioni serene, che non tra- dissero il turbinio interiore dei pensieri, perché la moda non deve essere contaminata dalle preoccupazioni:

«Ed ecco le indossatrici. Sono alla loro prima lezione, cioè all'inizio dell'arte del sapersi muovere. Una fanciullona sedicenne se ne sta seduta a guardare le altre, con i piedi l'uno all'altro convessi, la schiena arrotondata più di un melone. Un'al- tra si appoggia allo stipite della porta, ha i capelli, le spalle, le braccia a salice piangente. Ci sono anche due graziose straniere: Carmi Plazi, nata in Ecuador, e Cristina Rieekhoff, nata a Pietroburgo. Una alla volta sono invitate a camminare su e giù per la sala. "Signorina, lei ha un'espressione che rivela gravi pensieri. Ma si può pensare anche sotto un volto sereno", dice dolcemente la giovane inse- gnante ad un'allieva. La interpellata si scuote come da un lungo sonno. Ha ap- preso il primo segreto fondamentale. Fra meno di un anno, la rivedremo, forse, senza riconoscerla, sulla copertina di Harper's Bazaar.45».

Aule ampie, luminose ed ariose, con grottesche sui soffitti e porte decorate in oro caratterizzavano l'Accademia Internazionale Koefia, nella sede di Palazzo Menotti. I manichini delle confezioniste erano posti in cir- colo in modo che ciascuna allieva potesse vedere le altre e il docente po- tesse agevolmente sorvegliare il lavoro delle discenti. Per le figuriniste lo schema non differiva dal precedente: sedute tutte allo stesso tavolo pote- vano osservare ciascuna il lavoro delle colleghe, seguite dallo sguardo at- tento della docente in capotavola. Era questo un inedito approccio educativo e didattico per l'epoca, volto a non stabilire gerarchie tra gli allievi, bensì a farli sentire parte di un gruppo, tutti uguali tra loro agli occhi dell'insegnante, abbassando il filtro comunicativo-affettivo, per creare un'atmosfera di inclusione di cui,

44 Ivi. 45 La tuta nera garantisce un avvenire alle ragazze, di Laura Bergagna, cit.

- 27 - in didattica, si sarebbe parlato solo molti anni dopo, riconoscendone l'effet- tiva importanza. Le indossatrici si esercitavano su una passerella allestita ad arte per ricreare fin da subito le classiche condizioni delle sfilate. Anche in questo caso, si notano nelle foto i gesti rilassati delle allieve, il sorriso a fior di labbra e gli ampi spazi nei quali erano invitate a muoversi, prendendo con- fidenza con lo spazio circostante, posizionandosi senza temere il senso di vuoto e l'insicurezza dell'essere osservate, ma imparando a occuparlo in modo corretto. Lezioni di forma e di eleganza in un'Italia che risorge e che sogna di emulare, come al cinema, la bellezza e lo stile delle attrici ameri- cane.

La Rassegna KOEFIA

Nel 1954 l'Accademia pubblica il primo e unico numero della rivista Rassegna di Alta Moda dalla Casa Creatrice di Modelli di Alta Moda Koefia. Il volume, di grande formato, di oltre 100 pagine, è inviato ai labo- ratori delle sartorie che ne avevano fatto richiesta, ma anche a scuole in- ternazionali, ai giornalisti e ai visitatori della scuola. Su in un articolo del 1955 apparso su Orizzonti 19 si legge che la Contessa Koefia ha fatto omag- gio alla redazione di una pubblicazione «lussuosa, dal titolo, e non poteva essere diversamente, Koefia. Vi sono raffigurati 110 modelli grandi e 50 minori, tutti creati dalla Contessa»46. Una rivista sicuramente di alto livello stilistico e grafico che, oltre ai modelli già elencati, ospita numerose e vivide fotografie delle realizza- zioni e delle creazioni di quegli anni. L'introduzione alla rivista prefigura un'ambiziosa dichiarazione d'intenti.

«Questa rivista viene a Voi, gentili Signore, per dire una parola nuova nel mondo della Moda. Quando la bionda Afrodite nacque dalla spuma del mare e le Oreidi ricoprirono le sue dolci membra di leggeri zendadi, allora nacque anche la Moda. Essa ha lasciato l'impronta in ogni secolo, anzi di ogni secolo è stata lo specchio più limpido e profondo. E lo è anche di questo nostro "900", che ormai comincia

46 Cit.

- 28 - ad invecchiare e che vuole rinnovarsi. La moda è la prima a dire che bisogna creare un'anima nuova, che si addica al nuovo millennio che sta per iniziare, e la cui vita sarà tutta sintetizzata in queste due parole: DINAMICITÀ e VELOCITÀ. Così la Moda si prepara al grande urto. Essa rompe tutti i ponti con il passato per proiettarsi nello sconosciuto, ma intuito mondo futuro. Tutto nuovo quindi! "Rinnovarsi o morire"! Il passato è morto, i secoli che furono sfumano in un oriz- zonte nebuloso che contempliamo con occhi patetici, soffusi di romantica nostal- gia. La moda avrà quindi un carattere tutto suo, libero da ogni legame con il passato e ripulito dalla polvere dei secoli. La Moda del 2000, che noi vivamente auspichiamo, avrà una forma tutta sua, che rispecchierà i caratteri di questa nostra epoca, la quale ben a ragione vien definita ATOMICA»47.

Un testo che sembra scritto dalla titolare, dove si colgono accenti futuristi, ben caratterizzato e che evoca vividamente l'immagine della sua ispiratrice, forte, volitiva, decisa, sicura e proiettata verso il futuro. I modelli in figurino presentati, oltre un centinaio, sono raggruppati in sei titoli: (1) Linea 1955; (2) Abiti da Sera, (3) Abiti da Matrimonio, (4) Abiti da Mattino e Pomeriggio; (5) Tailleurs da Mattino e Pomeriggio, (6) I mantelli. Impossibile darne conto qui. Rimandiamo all'appendice foto- grafica per qualche esempio. Ma è interessante citare qualcosa; una colle- zione è presentata con queste parole:

"La linea 1955 viene chiamata LINEA NATURALE. Tutto il corpo è messo in evidenza, nella sua naturale morbidezza e grazia, in ogni particolare. I colli dei mantelli con bordure di pelliccia, o con ricami in rilievo sono piatti e morbidi sulle spalle naturali. Le maniche, con o senza prevalentemente intiere al corpetto, pre- sentano sempre un piccolissimo chimono quasi aderente a tutto il braccio";

o ancora;

"gli abiti da sera sono a forme molto ricche. Le gonne di velo hanno linee flut- tuanti aperte davanti, spesso staccabili dal minuscolo bustino, mediante piccole cinture. Queste gonne sono trasformabili in cappe fluttuanti, annodando al collo le cinture […]".

47 Passo tratto dall'introduzione alla rivista Alta moda Koefia, 1954, con autoriz- zazione n.4098 del Tribunale di Roma del 7 agosto 1954.

- 29 - Parole che palesemente mostrano come l'interesse per le differenti soluzioni, per i diversi capi, si concentri sulle caratteristiche strutturali dei modelli, sui volumi e sulle forme, da cui le fogge e la bellezza di un abito principalmente scaturiscono. Quasi una lezione d'innovazione for- male. Oltre a ciò sulla Rivista KOEFIA spiccano due approfondimenti de- dicati gli stilisti, intitolati a E.F. Schuberth e il suo regno, e a Il prisma ed i raggi astratti di Aurora Battilocchi, pionieristica creatrice di moda della vecchia guardia romana, “che incanta chi si reca nel suo salone”, dove sem- bra di "trovarsi in una sala da giuoco smagliante di luci attorno a un tavolo affollatissimo, dove un audace giocatore affida al capriccio della pallina d'avorio un patrimonio favoloso. Aurora Battilocchi conosce molto bene il giuoco della moda, tanto da sapere in precedenza qual è il numero ed il colore dove la frivola pallina andrà a fermarsi […] le sue creazioni, mera- viglie di un gusto finissimo, realizzate in tessuti preziosi e con manodopera d'eccezione"48. Un'iperbole simbolica tesa a sottolineare il rapporto orga- nico tra bellezza e stile, tra eleganza e qualità sartoriale del capo. Il volume si chiude con la Favola di Aracne dalle Metamorfosi di Ovi- dio, a "simboleggiare nella fanciulla del mito, resa immortale da Minerva, la Moda stessa, che è anch'essa immortale".

In ultimo si dà lista dei corsi attivi presso ACCADEMIA ALTA MODA DEL MODELLO E DEL FIGURINO KOEFIA:

 Modelliste di Alta Moda – Storia del Costume (dal 3000 a.C. al 1952 d.C.);  Modelliste Costumiste – Idem.  Figuriniste Alta Moda – Idem;  Figuriniste Costumiste - Idem;  Confezioniste perfezionate – Il classico  Confezioniste perfezionate – Sartoria elegante  Confezioniste Costumiste – Perfezionamento costumi.

48 Idem.

- 30 - Sette corso distinti, quindi, ai quali sono da aggiungere quelli di por- tamento e per indossatrici, non citati perché eccentrici rispetto ai conte- nuti reclamistici di Rassegna KOEFIA, mirata alla proposta di figurini, modelli e collezioni alla clientela internazionale.

L'alta moda a Roma

L'Accademia Koefia, le cui pratiche per il riconoscimento ministeriale ini- ziarono presumibilmente fin dal 195449, si contraddistinse da subito per l'insegnamento dei migliori e più noti docenti, tra cui Emilio Federico Schuberth, lo staff di Elizabeth Arden – allora di passaggio a Roma – per il corso di trucco, e altri notevoli nomi, di cui fa menzione Bonizza Giordani Aragno, giornalista e scrittrice di tanti libri dedicati alla moda:

«Furono da subito coinvolte personalità della cultura e dell'arte, in questo "can- tiere del fare": ricordiamo l'eclettica Mya Salvati, la sua amica stilista Elsa Schia- parelli, la mecenate americana Caresse Crosby, ecc… Per lo stile, sarà il maestro di tutti Emilio Federico Schuberth, docente, severo giudice nelle selezioni e valido rappresentante dell'Alta Moda. Sarà presente, insieme ad altri colleghi, nei grandi saloni del palazzo Menotti, dove sfilavano abiti preziosi, creati e cuciti dagli allievi e indossati dalle indossatrici del corso di Portamento: un "Work in Progress" inedito in una Roma che si risvegliava felice dopo un lungo torpore»50.

Come ricorda Bianca Cimiotta Lami, altri nomi di valenti donne ro- mane, attive nell'ambito della moda, dell'arte e della scrittura, sono ideal- mente unite a quello di Koefia: la giornalista di costume e scrittrice Irene

49 Cfr. articolo apparso su Orizzonti 19 probabilmente tra il 1954 e il 1955 in cui Koefia, intervistata dalla giornalista che si firma Lelia, afferma: «Ora stiamo cercando di trasformare questa scuola in Accademia di Stato, come ne esistono in altri rami e pertanto svolgiamo tutte le pratiche necessarie». La datazione dell'articolo tra il 1954 e il 1955 è dovuta al fatto che Lelia menziona la rivista che le sarebbe stata donata al momento dell'intervista, rivista il cui unico numero è uscito nel 1954. 50 Dal profilo di Accademia Koefia redatto da Bonizza Giordani Aragno.

- 31 - Brin, la costumista, stilista e storica italiana Rosanna Pistolese, la critica e storica dell'arte Palma Bucarelli51. Particolare menzione accanto a madame Koefia merita Emilio Fede- rico Schuberth52, grande sarto romano, ma di Napoli, frequentatore assi- duo, come docente e giudice, negli anni Cinquanta e Sessanta, dell'Acca- demia. Amico personale della Contessa, il "sarto delle dive", come Schuberth fu soprannominato, vestì la principessa Soraya, Rita Hayworth, , Bette Davis, Brigitte Bardot, , Gina Lollo- brigida e . L'amicizia con Schuberth si rivelò centrale per l'evoluzione dell'Accademia e della didattica. Divulgare l'eleganza dei modi e degli abiti era una missione. Con Schuberth Koefia condivideva il gusto per abiti sfarzosi, ele- ganti, eccessivi. La Contessa era solita vestirsi in modo singolare, fuori dal comune, perché quello stile fatto di sbuffi, perle, pennacchi e strascichi rappresentava il sogno, rappresentava libertà, un anelito di femminilità che le donne italiane per troppo tempo avevano soffocato. Apprezzato negli anni '60 per il suo stile eccentrico e onirico, Schuberth è colui che ha rivo- luzionato, complice la spettacolarizzazione della moda grazie al cinema e a i rotocalchi, il ruolo invisibile del "sarto", trasformandolo nella figura dello "stilista" moderno53. Schuberth fu intimo della Contessa Koefia, che frequentò assiduamente durante gli anni '50 e '60. Portava e traeva ispi- razione dal lavoro di Accademia, luogo del bello, dove ferveva la creatività degli insegnanti e delle allieve. In tante fotografie lo vediamo accanto all'austera Contessa, sorridente e in posa, attorniato dalle accademiste, sicuro del suo fascinoso talento.

La Camera Nazionale della Moda Italiana

Sull'onda di un crescente riconoscimento personale, non a caso, pro- prio in quei primi anni Cinquanta, Schuberth fu tra i fondatori a Roma,

51 Cfr. intervento di Bianca Cimiotta Lami cit. 52 Emilio Schuberth (Napoli, 1904-1972). 53 G. Benati, Emilio Schuberth: the Tailor of the Stars, La Dolce Vita., "Emme magazine", 27 aprile 2016.

- 32 - insieme ad altri nomi celebri della moda dell'epoca – le sorelle Fontana, Alberto Fabiani, Vincenzo Ferdinandi, Jole Veneziani, Giovannelli- Sciarra, Mingolini-Heim, Garnet, Simonetta – del SIAM, il Sindacato Ita- liano Alta Moda, con il quale i sarti romani presero le distanze dal progetto fiorentino del conte Giorgini. L'alta moda italiana si sarebbe trasferita a Roma definitivamente54. L'idea ricalcava quanto fatto a Parigi, dove addirittura nel 1868 era nata la Chambre Syndicale de la Haute Couture55, ente statale a prote- zione dei mestieri sartoriali, idealmente collegato alla funzione tutelare delle antiche corporazioni medievali. In Francia, la formazione nel settore moda fu nazionalizzata nel 1919, per dare vita nel 1927 all' Ecole Syndi- cale de la Couture Parisienne (ECSCP) – ancora importantissima – che riscosse subito grande successo di iscritti. Analogamente si credeva in Italia sulla scia di quanto pensato negli anni Trenta. Ma in Italia un ente di formazione nel settore moda non vedrà mai la luce. L'avviamento ai mestieri della creazione sartoriale prenderà da noi una strada privata. È pregio di Accademia Koefia essere stata la prima istituzione educativa privata italiana di settore a proporre un pro- getto unitario di formazione, a nascere a Roma. In ogni caso, l'alta moda italiana divenne un affare nazionale, con sede nella città eterna, mentre negli anni Sessanta Firenze si imporrà

54 Cfr. A. Merlotti, I percorsi della moda. Quattro città, su Treccani, 2013; C. Ca- palbo, Storia della moda a Roma., Donzelli, 2012, p. 142-146. In sintesi: https://it.wiki- pedia.org/wiki/Sindacato_italiano_alta_moda. Il passaggio del testimone tra Firenze e Roma nel mondo dell'alta moda avvenne alla metà degli anni Sessanta, con la complicità del Centro Romano Alta Moda, che volle fortemente, dopo l'istituzione della Camera Sin- dacale della Moda Italiana, l'11 giugno 1958, la fondazione della Camera Nazionale della Moda Italiana, con sede in Piazza di Spagna; da quel momento in poi la CNMI fu l'unico ente organizzatore statale delle sfilate, così da svincolare il settore da eventi, che se pur prestigiosi, erano stati fino a quel momento, legati alla libera e discontinua iniziativa dei privati. Cfr. http://www.cameramoda.it/it/associazione/cosa-e-la-cnmi/. 55 In France, the term haute couture is protected by law and is defined by the Chambre de commerce et d'industrie de Paris based in Paris. C.B. Shaeffer, Couture sewing techniques, Taunton Press 2001: "Originating in mid- 19th-century Paris with the designs of an Englishman named Charles Frederick Worth, haute couture represents an archaic tradition of creating garments by hand with painstaking care and precision".

- 33 - nella promozione di complementi per la moda – borse, cinture, scarpe… - e del prêt-à-porter. Milano arriverà poi. A partire dal 1967, i ruoli tra Roma e Firenze sono chiari; nella capitale l'alta moda esclusiva e la sartoria su misura, a Firenze il pronto moda e gli accessori56.

Gli anni '70 e '80

Nei primi Anni Settanta l'Accademia Koefia passa nelle mani di un nuovo proprietario, l'ex-pilota di Formula1 Massimo Natili57. Di Ronciglione – dove la contessa e il conte Brasini hanno nel frattempo acquistato una re- sidenza – Natili rileva la scuola, mentre la contessa continua a dirigerla, aiutata da una collaboratrice di nazionalità greca. Nel 1973 l'Accademia si trasferisce in via Cola di Rienzo 203, sua attuale sede. La nuova gestione fu però assai breve. Interviene a rompere l'inerzia di quegli anni difficili l'attuale direttore di Accademia Koefia Giovanni di Pasquale, allievo dell'Accademia, come lo era stata qualche anno prima anche la sorella Giuseppa. Madame Koefia si recava in Accademia ogni quindici giorni per seguire la scuola, mentre i fratelli Di Pasquale lavora- vano in atelier per dare alle attività formative un assetto nettamente in- centrato sulla couture, e sempre ancorato ai principi di eccellenza cari alla fondatrice, così sintetizzati in una pubblicazione di settore: "sviluppare ar- monicamente le qualità artistiche degli allievi, educarne il gusto e susci- tare in loro il senso creativo, onde farne dei validi professionisti che ten- gano alto nel mondo il gusto e la creatività della moda italiana"58.

56 Dal 1963 alcune Case di Alta Moda cominciano a proporre le loro collezioni a Roma; e nel 1966 la maggior parte delle Case vi si sono già trasferite. Per un approfon- dimento: E. Merlo, Le origini del sistema moda, in Storia d'Italia. La moda, Annali, 19, a cura di C.M. Belfanti e F. Giusberti, Einaudi 2003; I. Paris, Oggetti cuciti. L'abbiglia- mento pronto in Italia dal primo dopoguerra agli anni Settanta, Franco Angeli 2006. 57 Ronciglione 28 luglio 1935 - Viterbo, 19 settembre 2017. 58 Così in "Doc: documentazione", Editoriale italiana 1978, pp. 37-38; e ancora: "Organizzazione: Sig. Giovanni Dipasquale [sic]. Direttore dei Corsi: sig.a Toni Alba Koefia […] Corsi per figurinisti di Alta Moda; Cartellonisti pubblicitari; Indossatrici;

- 34 - Scomparso nel 1976 il Conte Ugo Brasini, l'amatissimo marito, lo scoraggiamento e il dolore incisero sul morale di madame Koefia, che ri- dusse drasticamente le sue presenze a Roma. In quella fase, non avendo la scuola più a disposizione l'ampio salone del Palazzo Menotti, la nuova sede dove organizzare le sue sfilate fu tro- vata presso Hotel Excelsior. Si deve a madame Koefia la brillante idea di farvi presenziare i ricchi americani che frequentavano l'albergo, cosa che contribuì a dare alla scuola una certa risonanza internazionale. Il successo fu notevole. Del resto a Roma, in ambito formativo moda, vi era oramai la con- correnza di altre scuole, anche di un certo nome. Se Koefia non era più l'unica Accademia, essa continuava a distinguersi per la qualità della sua didattica, dei suoi abiti sartoriali e degli eventi organizzati, sempre mirati alla perfezione delle forme e della manifattura, in linea con lo spirito fon- dante dell'alta moda. L'Accademia continuò ad essere scelta da molti stu- denti stranieri residenti a Roma o che vi si trasferivano per studiare le discipline della moda. Certamente la gestione Di Pasquale dà ai corsi dell'Accademia un assetto più definito, centrato sul disegno e la manifattura, sul cartamo- dello tridimensionale tagliato sul manichino e sull'alta sartoria, secondo una prospettiva nettamente professionalizzante. La didattica inclusiva e partecipata del metodo accademico Koefia si consolida così come tratto di- stintivo della scuola, unica nel panorama italiano; similmente a quanto in Francia viene praticato ancora oggi dalla École de la Chambre Syndicale de la Couture Parisienne. Il risultato di tale orientamento didattico, coe- rente con la l'evoluzione sartoriale italiana, fu duplice: da un lato tantis- simi inserimenti lavorativi di studenti presso maison importanti; dall'altro vittorie in prestigiosi concorsi. Negli anni '80, quando tante scuole di fashion design prendono piede, la giornalista Pia Soli, importante giornalista e scrittrice, attenta alle circostanze della moda italiana, si schiera manifestamente a favore

Confezionisti d'Alta Moda. I metodi d'insegnamento sono stati ideati dalla sig.a Toni Alba Koefia".

- 35 - della dimensione sartoriale di Accademia Koefia. La fortuna non tradisce la scuola, che nel 1981 trionfa nell'importante Concours International de Jeunes Créateurs de Mode. Il concorso si tiene ogni anno a Parigi, sponso- rizzato da Air France e patrocinato dalla Chambre Syndicale. Invitata da Pierre Cardin, Accademia Koefia sale alla ribalta inter- nazionale, con in giuria stilisti del calibro Paco Rabanne, Sonia Rykiel, Christian Lacroix. La manifestazione ha un palcoscenico grandioso: l’ Opéra di Parigi. Vince il koefiano Sergio Milioni – oggi stilista con un suo marchio – autore di un meraviglioso abito nero, premiato da Christian La- croix e da Stefania di Monaco sul palcoscenico degli Champs-Élysées. Così si legge in un articolo uscito su L'Espresso:

"Giovanissimo, minuto e apparentemente molto calmo. Misurato nei gesti e nelle parole. Ma deciso, tenace soprattutto. In effetti, Sergio Milioni di tenacia deve averne avuta tanta per brillare, a soli vent'anni, nell'Olimpo della moda. Prima il Liceo Artistico, poi tre anni all'Accademia Koefia di Roma. Sempre su e giù con Viterbo, dove abita. E poi ore di studio, lesioni, centinaia di schizzi e di disegni. Ora, finalmente, per Milioni è arrivato il grande momento: il trionfo al prestigioso "Concorso Internazionale per Giovani Creatori di Moda" di Parigi. Al Pavillon Gabriel, Sergio Milioni c'è arrivato con un vestito mozzafiato: una soffice piovra di tulle che si trasforma in un tubino ricco di dieci code, "tutto cucito da me", precisa il vincitore"59.

Alba Toni Brasini "Koefia" si spegne a Ravenna nel 1987, in malat- tia, confortata dall'affetto della sorella. La sua eredità e il suo insegna- mento dimorano intatti in coloro che l'hanno conosciuta. Donna e impren- ditrice, forte e altera, innovatrice in molti campi, ha lasciato una traccia profonda nella storia della moda italiana. Alla sua scuola di moda, l'Acca- demia Internazionale di Alta Moda e d'Arte del Costume Koefia, l'onore di seguitare ciò che lei ha incarnato: la passione totale per l'Alta Moda, la distinzione e lo stile. I trionfi di Koefia le rendono giustizia al suo insegna- mento, mirato all’eccellenza del prodotto.

59 Dall'articolo: Parigi, a noi due, colloquio con Sergio Milioni, L'Espresso, nn.1- 7, 1987, pp. 81 sgg.

- 36 - Nei secondi anni '80 Accademia Koefia prosegue il suo lavoro forma- tivo votato alla qualità totale. L'infaticabile formazione dei giovani ai se- greti della couture viene apprezzato, tra gli altri, da Annamaria Moretti, giornalista di tendenze progressiste, che accompagna l'Accademia in varie manifestazioni. Nel 1987, la Moretti è presente al secondo trionfo di Koefia al Con- cours International de Jeunes Créateurs de Mode, vinto da una giovanis- sima Raffaella Frasca, studentessa di Koefia, premiata in persona da Chri- stian Lacroix, Sonia Rikyel e Jean-Charles Castelbajac sul palco dell’Opéra di Parigi. Raffaella Frasca è oggi una stilista affermata. Ha fatto esperienza in primarie maison del calibro di Gattinoni e Rocco Ba- rocco, di cui è stata direttore creativo per venti anni. Fino alla soddisfa- zione, in tempi più recenti, d’inaugurare un proprio brand, improntato allo stile e alla couture di Koefia.

Dagli anni '90 ad oggi: la fortuna di una scuola custode dell'alta moda italiana

Negli anni '90 Accademia Koefia continua la sua missione formativa con determinazione e impegno instaurando rapporti di collaborazione con isti- tuti blasonati; ad esempio, con il Fashion Institute of Design & Merchan- dising di Los Angeles, con scambi di studenti che perdurano a tutt'oggi60. In varie scuole straniere in Francia, Stati Uniti, Finlandia, Germania e Inghilterra gli allievi di Koefia possono effettuare periodi di studio e spe- cializzazione. L'Accademia consolida, inoltre, estende la sua presenza in Cina, dove offre dei corsi di haute couture partecipando anche, ripetuta-

60 FIDM di Los Angeles dà la possibilità di studiare in Italia da Marangoni e da Koefia, e in altre importanti scuole di moda europee; cfr. Two-Year Colleges. Find the Right Two-Years College for You, Peterson's 2013, s.p.

- 37 - mente, uscendone talvolta vincitrice, all'Hempel Award, il concorso inter- nazionale per giovani creatori di moda che si svolge durante il Fashion Week di Pechino61. Continua con Annamaria Moretti, accompagnatrice del Direttore Giovanni Di Pasquale – la partecipazione di Koefia a varie manifestazioni, come il Fashion & Technology a Firenze, alla Fortezza da Basso, dove le creazioni degli studenti ottengono altri riconoscimenti. Intanto Accademia Koefia stringe molteplici collaborazioni con part- ner in Italia e all'estero. Eccone alcune. Dal 2000 per vari anni realizza corsi di figurino croquet presso l'Università di Firenze. Dal 2007 e tutt'ora tiene corsi analoghi all'Università di Roma La Sapienza. Nel 2009 inizia a collaborare strutturalmente con Istituto Secoli di Milano, riconosciuto a livello mondiale per la modellistica prêt-à-porter. Nel 2012, viene attivato un programma di scambio studenti col BIFT, Beijing Institute of Fashion & Technology. È il 2014 quando Accademia Koefia consegue l'accreditamento euro- peo dei suoi corsi di punta presso E.A.B.H.E.S.62, istituto che approva i titoli di studio rilasciati dai propri membri e li accredita, introducendo il sistema di capitalizzazione dei crediti formativi. In specie, i corsi triennali post-diploma European Bachelor (equivalente Laurea Triennale EQF6) in Science in Design - Project & Research e Professional Studies – Patternma- king & Tailoring; e il corso biennale post-laurea European Master (equi- valente Laurea Magistrale 3+2 EQF7) Italian Haute Couture Production. Da vari anni Accademia Koefia è indicata come un istituto educativo di eccellenza nel campo della moda e della couture. Giovanni Agresti – co- gliendo la caratteristica della scuola – nota che "Le Accademia in Italia sono moltissime e conosciutissime […] ma le più rappresentative sono: il Polimoda di Firenze, e la Marangoni di Milano per il prêt-à-porter, anche sotto l'aspetto manageriale e produttivo; mentre a Roma l'Accademia Koefia che ha oltre cinquanta anni di storia è unica nel suo genere per la

61 Cfr. biografia www.koefia.com 62 European Accreditation Board of Higher Education Schools.

- 38 - specifica preparazione nell'alta moda"63. Ancora insieme solo a Marangoni e Burgo, Accademia Koefia è tra le scuole da frequentare in Italia secondo l'autorevole Fashion Design Reference & Specification Book64. Inserita stabilmente in graduatoria tra le migliori scuole di moda, Koefia nel 2016 figura al 30° posto al mondo, e al 18° in Europa secondo la valutazione del Ceoworld Magazine65.

L'atelier, per una didattica di eccellenza

Diretta dal professor Giovanni Di Pasquale Accademia Koefia si rivolge a un numero chiuso di studenti. Dagli anni Ottanta in avanti essa propone un triennio di studio, una formazione completa nell'ambito di varie disci- pline tra loro collegate: stilismo di moda, disegno, modello couture, confe- zione, guidando l'allievo in un percorso formativo – centrato sul metodo Koefia – che ne potenzia e sviluppa le doti naturali, offrendogli la concreta possibilità di sviluppare una base professionale di solide competenze. Il corpo insegnante è stabile ed affiatato, fatto di professionisti con decenni di esperienza. I loro assistenti di laboratorio sono scelti dopo lunga pratica quando dimostrino assoluta padronanza dei metodi del cartamodello tridi- mensionale e della didattica Koefia. Bianca Cimiotta Lami, una vita per la comunicazione della moda, si pone domande fondamentali circa i legami tra il passato e il futuro della moda italiana, sottolineando il valore universale della formazione.

63 G. Agresti, Est modus in rebus. Parola e abito, in "Bérénice. Quadrimestrale di studi comparati e ricerche sulle avanguardie", XXIV, 2000, p. 97. (numero monografico: Abbigliamento e moda dalla guardia all'avanguardia, a cura di Eugenio Gianni e Laura Aga-Rossi). 64 J. Calderin, L. Volpintesta, The Fashion Design Reference & Specification Book: Everything Fashion, Rockport 2013, p. 266. Accademia Koefia è citata anche nell'impor- tante volume di M. Rak, La moda in Italia: il Novecento, Palombi 2003, p. 198. Anche F. Sterlacci, J. Arbuckle, Historical Dictionay of Fashion Industry, Bowman & Littlefield 2017, p. 581. 65 http://ceoworld.biz/2016/05/18/top-100-fashion-schools-world-2016-ranking/

- 39 - "Ma a chi è rivolta la "formazione" e la sua azione pedagogica, cosa presuppone e da dove attinge le sue forze? Questa materia così duttile e fragile, che poggia su imponenti leggi, si rivolge all'uomo e ai suoi processi formativi. Il "formare" è infatti sostenuto da un'azione progettuale guidata dal pensiero, ovvero un atto e gesto formativo pensante. La parola 'formazione' contiene in sé sia il concetto che l'atto del formare e per questi suoi alti compiti è un'espressione importante che porta in sé il più alto senso di responsabilità. Forma il piano fisico formale dell'i- dea creato dalla sua azione: nell'azione c'è l'idea ispiratrice, il germe del pro- getto"66.

Il fare, la manifattura, il metodo dell'atelier sono la chiave del suc- cesso. L'Accademia Koefia è uno dei luoghi depositari del sapere dei mae- stri che con le mani fanno dando forma al pensiero. Una storia lunga cento anni non tradisce mai. "Un capo – continua Bianca Lami – nasce attra- verso un'azione sia reale sia creativa", e la trasmissione del sapere nel campo della moda e della sartorialità è allo stesso tempo, contestualmente, tecnica e scientifica, materiale e culturale, inscindibilmente: "così forma e azione si compenetrano in un unico processo ed è nell'unità di questi gesti che le due forze si unificano fino a creare un progetto completo"67. La contessa Koefia è stata colei che ha intuito per prima nel campo della moda in Italia il valore assoluto della pratica formativa di atelier, trasferendola su di un piano più alto, accademico; in accademia si realizza il confronto tra uguali, tra allievi che guidati dai maestri competono per l'eccellenza; allievi che pensano mentre fanno, sollecitati costantemente da stimoli culturali interni ed esterni. In Accademia Koefia non si seguono corsi ma si vive full immersion l'alta moda. Il pensiero è nell'azione. L'alta moda è un'arte del fare e una disciplina creativa al tempo stesso, che nasce da doppio confronto con il mondo esterno (la moda), e con se stessi (la creatività, e la capacità manuale). Una disciplina di vita che

66 Intervento di B. Cimiotta Lami, La Moda, archivio di memoria storica. La Formazione strumento di continuità: 1912- 2012 la tradizione dell’Haute Couture di Toni Alba Koefia Contessa Brasini, cit.

67 Ibidem.

- 40 - insegna a diventare homo artifex, negli stessi termini recentemente indi- cati, a partire dalla lezione di Hanna Arendt, da Richard Sennet nel suo meraviglioso volume L'uomo artigiano; un libro prezioso che "esplora da un particolare punto di vista le dimensioni dell'abilità tecnica, dell'impe- gno e del giudizio. Si concentra sull'intimo nesso tra la mano e la testa. Ogni bravo artigiano conduce un dialogo tra le pratiche concrete e il pen- siero"68 in fondo. È questa la dote propria del craftsmen, del sarto-stilista, del creatore di moda che sa realizzare con perfezione assoluta i propri abiti a partire da un impulso creativo. È in fondo quello che c'insegnano i vecchi maestri. "La conoscenza della composizione del capo, l'architettura del corpo, le sue parti e le sue armonie, i vuoti, i pieni, i materiali adatti e la conoscenza delle tecniche sartoriali" sono ciò che hanno fatto grandi "Balenciaga, Capucci, Yves Saint Laurent, Ferrè. Sono conoscenze indispensabili per poter far nascere una vera creazione, fatta ad opera d'arte, per il rigore che nelle leggi della matematica fonda la sua forma nell'architettura del corpo"69. Sono parole ancora di Bianca Cimiotta Lami. Accademia Koefia propone oggi ai suoi studenti una formazione nel campo dello stilismo, della modellistica e della sartoria completa – arric- chite da materie attuali come, ad esempio, il Trend Forecsting e la Grafica Digitale per l'Abbigliamento; corsi e contenuti in ogni caso ispirati ai grandi maestri, come la contessa desiderava. Una formazione che fosse per la vita, non superficiale ma assoluta, profonda, professionale in senso pieno. Perché ogni studente di alta moda possa essere artefice di un capo, di una collezione, e di se stesso. Non a caso in Koefia il lavoro di atelier non avviene sulla base di testi scritti. Lo studente-artefice non ha un libro di testo su cui studiare, ma produce esso stesso il proprio testo a partire dal suo vivere l'accademia

68 R. Sennet, L'uomo artigiano, Feltrinelli 2008, cit. p. 18. Ancora: "Il termine "maestria", con il suo rimando ai maestri artigiani, evocherà forse un modo di vivere tramontato con l'avvento della società industriale; ma questo è fuorviante. La maestria designa un impulso umano sempre vivo, il desiderio di svolgere bene un lavoro per se stesso. E copre una fascia ben più ampia di quella del lavoro manuale specializzato" (Ivi). 69 B. Cimiotta Lami, cit.

- 41 - quotidianamente con gli altri. Segue le lesioni, si esercita all'infinito, sod- disfa i compiti assegnati dagli insegnanti, trascrive gli appunti e gli schizzi preparatori realizzando il proprio compendio didattico, da portare all'esa- me di verifica, che sarà solo suo. A quel punto egli avrà imparato per sempre ciò che gli serve per es- sere un artigiano dell'alta moda, un couturier capace di trasmettere con il suo lavoro, con i suoi capi, agli altri, i valori dell'eccellenza italiana nel mondo. Siamo ciò che facciamo. La perfezione è una lunga e minuziosa conquista.

- 42 - Appendice fotografica

Toni Alba e il marito conte Ugo Brasini

La contessa Koefia negli anni '50

Al lavoro con il cartamodello tridimensionale

Koefia con la classe di modellistica

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L'aula di modello a Palazzo Menotti

Emilio Schuberth e le accademiste nel 1955

Le accademiste a lezione di anatomia

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Mya Salvati e Iginio Giordani

Rita Androsoni, campionessa di nuoto e docente di portamento in Koefia negli anni '50-'60

Emilio Federico Schuberth, il sarto delle dive

Elsa Schiaparelli, amica di madame Koefia

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1951, modello presentato alla sfilata fiorentina a Palazzo Torrigiani presso il conte Giorgini

École de la Chambre Syndicale di Parigi, modelliste al lavoro, anni '60

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Esercitazione di modellistica tridimensionale con il metodo KOEFIA, anni '50-'60

Madame Koefia e le figuriniste in una lezione di coquet

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Le accademiste in divisa a lezione di disegno ad acquerello, anni '50

Una classe di allieve negli anni '60

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Un abito e una modella Emilio Schuberth, la contessa Koefia di Accademia Koefia, anni '60 e l'attore Gino Cervi premiano la vincitrice del concorso per il costume cinematografico

n. 905 – Mod. SERENA. Copertina della Rivista KOEFIA, Modello di linea sportiva oro su fondo ciano con manica intera davanti e dietro

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La stupefacente modernità dei modelli Koefia del 1955

I modelli "MOTOSCOOTER" e "NOVITA' DUEMILA": completo da moto e abito da pomeriggio in "Tessuto a grandi quadri di velluto felpato su fondo pieno di tinta antracite, la manica è piena".

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Via Cola di Rienzo 203 00192 Roma, Italy

www.koefia.com